Il digestato non è uno scarto

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Il digestato non è uno scarto
Il digestato non è uno scarto
È quanto emerso dal Biogas Day di Treviglio: tutti i relatori sono concordi nel considerarlo uno
dei prodotti della digestione anaerobica, allo stesso modo del biogas
Il digestato non è uno scarto, ma un vero sottoprodotto, con un valore economico ben preciso e che, come tale, deve
essere sfruttato.
È questo, in sintesi, quanto emerso dal Biogas Day organizzato da Vogelsang a Treviglio, presso la sede della Banca
di Credito Cooperativo. La giornata, che ha avuto il patrocinio della regione Lombardia, è stata l’occasione per fare il
punto sullo stato dell’arte del biogas in Italia e soprattutto sulle recenti modifiche al regime degli incentivi.
Tra le novità più importanti emerse nel corso del convegno, oltre alla necessità – imprescindibile – di considerare il
digestato come un bene di valore, va senz’altro ricordato l’obiettivo che la regione Lombardia si è data in merito alla
copertura delle vasche: entro quattro anni, ha sottolineato Gabriele Boccasile, dovranno essere tutte coperte, per
evitare che l’acqua piovana vada ad aumentare il volume del chiarificato da smaltire e che, d'altra parte, si abbiano
dispersioni di ammoniaca nell'atmosfera. Infine, sempre dalla Regione arriva l’impegno ad adoperarsi per far sì che il
digestato sia considerato un fertilizzante e dunque utilizzabile dagli agricoltori senza alcun vincolo.
Di seguito, in sintesi, gli interventi dei relatori
Guido Bezzi (Servizio agronomia – Consorzio Italiano Biogas). Il consorzio raggruppa oggi 289 produttori di
biogas per un totale di 230 Mw di potenza, oltre a un buon numero di soci sostenitori e istituzionali.
Il decreto sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (D.M. 6 Luglio 2012) ha riformato il regime degli
incentivi, stabilendo che gli impianti che entrano in funzione a partire dal gennaio 2013 accedano a tre diversi sistemi
di incentivi: diretto, per siti fino a 100 kW; metodo dei registri (fino a 5 mW) e aste al ribasso (oltre 5 megawatt). Gli
incentivi, che avranno durata di 20 anni, potranno essere rivisti e non dovranno comunque superare una quota
massima di 5,8 miliardi di euro l’anno. Come noto, il decreto tende a favorire i piccoli impianti che usino sottoprodotti
nel processo di digestione; pertanto l’incentivo decresce all’aumentare della potenza installata e, in secondo luogo,
per ottenere il regime di incentivi più alto (Sottoprodotti di origine biologica di cui alla tabella 1-A) un impianto non
deve usare più del 30% di colture dedicate, nel caso sia alimentato con un mix di prodotti.
Sono inoltre previsti premi sull’incentivo, come noto, per impianti ad alta efficienza e per chi riduce l’azoto presente
nel digestato. In quest’ultimo caso si ha possono ottenere ulteriori 30 euro per mW nel caso si rimuova il 60%
dell’azoto senza ricorrere a fonti energetiche non rinnovabili e si abbia l’accortezza di avere le vasche coperte e non
disperdere ammoniaca in atmosfera. Il premio scende a 20 euro per impianti fino a 600 kW che operino in regime
cogenerativo e recuperino il 30% dell’azoto totale in ingresso.
Per quanto riguarda il regime dei registri, inoltre, si darà precedenza agli impianti di minor potenza, procedendo in
ordine di presentazione della domanda. Il primo registro è stato reso noto il 15 gennaio scorso e vede in graduatoria
205 impianti. Ventisei impianti, rimasti esclusi, saranno inseriti a titolo straordinario nel secondo registro. Il bando per
quest'ultimo sarà pubblicato il 31 marzo. A fine aprile si aprirà il registro, che resterà aperto fino a giugno compreso.
Entro i primi di settembre si conosceranno le graduatorie.
Per finire, Bezzi è intervenuto sulla funzione del digestato, da considerarsi come una parte del processo di
produzione del biogas e non uno scarto del medesimo. Pertanto è necessario un corretto e razionale utilizzo di
questo materiale, anche per ottimizzare l'uso dell'azoto da effluente organico come risorsa virtuosa.
Secondo i primi risultati del progetto “Nero”, finanziato dalla regione Lombardia, infatti, l’uso di digestato come
fertilizzante consente di ottenere produzioni di mais analoghe e talvolta superiori rispetto alle tesi concimate con
urea.
Paolo Corbari (Vogelsang Italia). “È stato scientificamente provato che si incrementa il rendimento di gas e si
riduce il fabbisogno energetico, attraverso il dosaggio di materiali solidi alimentati sottoforma di “purea” liquida,
una miscela solido-liquido ottimale per i batteri anaerobici”, ha esordito Paolo Corbari, responsabile di Vogelsang
Italia. I metodi per ottenere una miscelazione ottimale tra i vari elementi che compongono la dieta del digestore sono
diversi. Per esempio, si può usare una vasca di miscelazione, oppure un sistema come Turbomix di Vogelsang: uno
skid trasportabile che contiene in un unico blocco il sistema di triturazione, miscelazione e pompaggio e e può
pertanto essere installato senza alcun cantiere. Semplice da gestire, è adatto per qualsiasi tipo di prodotto ed è
dotato ovviamente di controllo elettronico, oltre a sistema di triturazione adatto per solidi e liquidi e completo di
sicurezza per sassi e corpi estranei. Al suo interno può contenere il Rotacut, trituratore efficiente anche su fibre sottili
e caratterizzato da un minor assorbimento di energia rispetto ai frantumatori.
Per miscelare scarti solidi o liquidi senza ricorrere alla prevasca, invece, si può utilizzare QuickMix II, che
omogeneizza qualsiasi tipo di materiale purché di lunghezza inferiore a 10-15 cm. Dunque, nel caso di letame
proveniente da allevamenti è necessario rivedere le pratiche di stalla, per esempio usando paglia tritata in luogo di
quella comune.
Nel caso invece si debbano trattare materiali con probabile presenza di pietre, sabbia o altri corpi estranei (insilati di
erba o mais, letame, pollina, tuberi fino al 25% del volume totale) Vogelsang consiglia l’ultimo nato in materia di
miscelazione: Energy Jet. Il suo principio di funzionamento, infatti, fa in modo che la componente solida della
miscela non entri in contatto con la pompa, ma sia mescolata alla frazione liquida in un’apposita sezione del condotto
e immediatamente dopo inviata al digestore. Non è tuttavia adatto per miscele che vedano una prevalenza di prodotti
liquidi, perché richiede che la frazione solida formi un “tappo” che evita il deflusso del liquido in pressione verso la
coclea principale.
Per finire, BioCrack è un sistema che sfrutta un campo elettrico ad alto voltaggio per intaccare le membrane cellulari
del substrato rendendole temporaneamente permeabili e favorendo in questo modo l'attacco da parte dei batteri
digestori. BioCrack è costituito da un trituratore, una pompa volumetrica e due elettrodi. Movimentando il materiale
presente nel digestore per 4-10 ore al giorno può incrementare la resa in biogas fino al 15%, ridurre i tempi di
miscelazione fino al 30% e abbattere i consumi per la miscelazione all'interno del digestore del 10% circa.
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Matteo Ferrari (Vogelsang Italia). Vogelsang non realizza soltanto pompe e sistemi per la miscelazione del
substrato, ma anche apparecchiature per la distribuzione del digestato in campo. Queste ultime sono state descritte
da Matteo Ferrari, responsabile del settore agronomico per Vogelsang Italia. Partendo dalla constatazione che per il
suo contenuto in azoto, fosforo e potassio il digestato contiene elementi nutritivi per un valore di 9,45 euro a metro
cubo, Ferrari ha ricordato l'importanza della valorizzazione di questo sottoprodotto attraverso una distribuzione
intelligente, ben diversa dal semplice smaltimento. La tecnica più sofisticata offerta da Vogelsang è senz'altro XTill,
un rivoluzionario attrezzo che effettua, in una sola passata, la distribuzione controllata del liquame e una lavorazione
a strisce del terreno secondo i principi dello strip tillage. Vale a dire una tecnica nata oltre mezzo secolo fa negli Stati
Uniti e che prevede di lavorare soltanto la striscia di terreno dove sarà depositato il seme. Secondo diversi studi, lo
strip tillage migliora la capacità di assorbimento e immagazzinamento dell’ acqua, migliora la struttura meccanica del
terreno e inoltre previene l’ erosione e il dilavamento. Oltre a effettuare la lavorazione suddetta, XTill, fornito in
larghezze di lavoro fino a 6 metri (8 file, regolabili a partire da 45 cm, ma con la 12 file in fase progettuale), nella
versione S (slurry, ovvero liquame) distribuisce anche il digestato con precisione garantita dai rinomati dosatori
Vogelsang.
L'attrezzo è formato da un coltro a disco dentato che incide la superficie, seguito da due rastrelli che sminuzzano le
stoppie e altri residui, un vomere a doppio taglio fornito (nella versione S) di iniettore del liquame e infine due dischi
ondulati e due rulli pressori, per formare e compattare il controsolco. Lavorando un terzo della normale superficie,
XTill fa rispamiare gasolio e mantiene la tessitura del terreno, prevenendo l'erosione e il compattamento. Inoltre,
inietta i liquami (digestato, ma anche talquali, volendo) direttamente a 20 cm di profondità, annullando il problema dei
cattivi odori.
Il secondo sistema di distribuzione realizzato da Vogelsang è SwingUp, una barra sospesa con larghezza di lavoro
da 6 a 18 metri, da quest'anno in produzione anche in Italia. È dotata di calate per la Il secondo sistema di
distribuzione realizzato da Vogelsang è SwingUp, una barra sospesa con larghezza distribuzione del liquame sul
terreno o a pochi cm da esso. Grazie a questo sistema e all'efficienza dei dosatori Vogelsang, SwingUp ha un
coefficiente di variazione – indice di errore nella precisione di spandimento laterale e longitudinale – del 5%; vale a
dire una precisione del 95%.
Depositando il liquame direttamente sul terreno è possibile lavorare su colture già sviluppate senza contaminare le
foglie; per questo motivo, ha sottolineato Ferrari, le barre Vogelsang possono essere impiegate su piante alte fino a
80 cm. Inoltre la distanza di 30 cm tra i tubi di distribuzione è tale da permettere alle radici delle piante di raggiungere
in ogni caso il fertilizzante.
Sia XTill sia SwingUp, pertanto, sono soluzioni in grado di sfruttare al meglio il valore nutrizionale del digestato,
evitando dispersioni di azoto ammoniacale che, nel caso della distribuzione per aspersione, possono arrivare al 70%
del totale.
Gabriele Boccasile (DG Agricoltura, regione Lombardia). Il funzionario della direzione generale Agricoltura ha
voluto ricordare, nel suo intervento, la necessità che anche l'agricoltura faccia la sua parte nella lotta
all'inquinamento. A questo proposito, ha sottolineato che la Lombardia ha intenzione di richiedere la copertura delle
vasche di stoccaggio per tutti gli impianti, entro i prossimi quattro anni. Si comincerà dai digestori più grandi (oltre 250
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kW) che hanno come scadenza per la copertura il 2015; dopo altri due anni, ha spiegato Boccasile, tutti gli impianti,
anche i più piccoli, dovranno avere la copertura delle vasche.
I numeri dell'ammoniaca in agricoltura, forniti dal funzionario, sono significativi: 385mila tonnellate di gas (il 60%
proveniente da stabulazione e stoccaggi) ogni anno si disperdono nell'atmosfera a causa di allevamento e
coltivazioni e sono corresponsabili della formazione del particolato, nella forma del Pm 2.5. In questo ambito la
Lombardia, con un milione e mezzo di bovini, quattro milioni e mezzo di suini e 35 milioni di avicoli (tutti assieme
producono 3 milioni di metri cubi di effluenti palabili e 12 di liquami) deve senza dubbio giocare un ruolo di primo
piano. Il problema, come si dice, deve diventare opportunità e la digestione anaerobica, ha aggiunto il relatore,
rappresenta una parte della soluzione, visto che il digestato è migliore degli effluenti talquali: meno odori, meno
emissioni, meno batteri patoidi al suo interno. Per questo motivo la Regione ha fatto sua la proposta di equiparare il
digestato al fertilizzante chimico, a patto di effettuare una distribuzione razionale e di convertire almeno il 70%
dell'azoto nella forma ammoniacale.
Gli effetti del biogas sull'agricoltura regionale, ha continuato Boccasile, sono positivi per molti aspetti: si sta
reintroducendo la rotazione e, assieme, la pratica della doppia coltura, si inizia a proporre soluzioni per il recupero
dell'azoto (una per tutte, lo strippaggio), ed esiste una correlazione chiara tra gli allevamenti e i digestori (il 7% del
patrimonio bovino e il 20% di quello suino conferisce gli effluenti a un digestore).
Con pochi sforzi – ha concluso il funzionario regionale – si potrebbero avere effetti molto evidenti sull'inquinamento e
sui danni che le polveri sottili provocano alla popolazione. L'agricoltura non può chiamarsi fuori dalla sfida.
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