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EX-CAMPO DI CONCENTRAMENTO E TRANSITO DI FOSSOLI
E
MUSEO MONUMENTO DEL DEPORTATO DI CARPI
Le ragazze e i ragazzi della classe II A raccontano un'esperienza particolare: la visita all'excampo di concentramento e transito di Fossoli e al Museo monumento del deportato di Carpi.
"La nostra classe, la II A del Liceo artistico Klee Barabino di Genova, durante la gita
scolastica del 7 e 8 aprile 2016, dopo aver visitato le città d'arte di Parma e di Modena, si è
recata all'ex-campo di concentramento e transito di Fossoli e al Museo monumento del
deportato di Carpi, entrambi in provincia di Modena." "Questa esperienza è stata realizzata
anche grazie al contributo dell'Aned (Associazione nazionale ex-deportati nei lager nazisti) di
Genova, che desideriamo ringraziare. Un pensiero speciale va all'attuale Presidente dell'Aned
di Genova, signor Gilberto Salmoni, che durante la Seconda guerra mondiale è stato internato
a Fossoli, prima di essere deportato a Buchenwald."
L'ex-campo di concentramento e transito di Fossoli
immagine: il campo di Fossoli durante l'occupazione tedesca
"Il campo di Fossoli venne costruito inizialmente come campo di prigionia militare, situato
nell'Emilia Romagna, allestito dagli Italiani nel 1942. Fu successivamente utilizzato dalla
Repubblica di Salò e poi direttamente dalle SS come principale campo di concentramento e
transito per la deportazione in Germania e Polonia di ebrei e oppositori politici." [Diego G.]
"Oltre alle docenti prof.sse Cristina Limoli e Valeria Ghiron, ci ha accompagnati nella visita
un'ottima guida, Paola, che ci ha fornito numerose informazioni sul campo ed è riuscita a
farci comprendere – anche attraverso fotografie d'archivio e altri strumenti – come fosse quel
luogo durante la Seconda guerra mondiale. Questa operazione di ricostruzione storica non è
stata affatto semplice, poiché, al primo impatto, il sito dell'ex-campo di concentramento e
transito non appare particolarmente tetro, in quanto ha subito molte trasformazioni dalla fine
della Seconda guerra mondiale ad oggi; in particolare nel primo Dopoguerra ha ospitato molti
bambini orfani di guerra (Nomadelfia) e, successivamente, nel secondo Dopoguerra, i
profughi istriani; ciò che rimane tutt'oggi, inoltre, si sta rapidamente deteriorando a causa
della crescita della vegetazione, degli agenti atmosferici e delle recenti scosse sismiche."
"Al primo impatto il campo di Fossoli sembrerebbe un luogo tranquillo, piacevole, a causa
della vegetazione lasciata crescere volontariamente e per le transenne di legno al posto del filo
spinato, ma se si pensa a ciò che è stato si trasforma in un ambiente drammatico,
angosciante." [Sara S.]
"Quando abbiamo visitato il campo di Fossoli è stato "difficile" per me pensare che fosse
stato un campo di concentramento per come è tenuto attualmente, senza recinti di filo spinato,
con prati fioriti e poche rovine." [Lorenza S.]
immagine: l'ex-campo di concentramento e transito di Fossoli oggi
"E' stata una gita toccante: visitando il campo di concentramento di Fossoli possiamo capire
quanta sofferenza hanno subito famiglie, persone, non solo adulti ma anche bambini.[...] Il
campo, anche se non era di sterminio, ha portato molti morti, perché da lì gli internati sono
stati deportati nei lager nazisti." [Valeria S.]
immagine: schizzo del campo di Fossoli di Araike S.
immagine: la planimetria di Fossoli quale campo di concentramento e transito
"Ricordiamo che dal campo di concentramento e transito di Fossoli vennero deportate nei
lager nazisti circa 5.000 persone, tra antifascisti ed ebrei, tra cui lo scrittore Primo Levi. Sul
periodo di internamento a Fossoli rimane oggi la sua testimonianza nelle prime pagine del
memoriale Se questo è un uomo."
immagine: l'unica baracca del campo di Fossoli sottoposta a restauro conservativo
Il Museo monumento del deportato di Carpi
"Prima di entrare nel Museo monumento del deportato, Paola la guida ci ha fatto sostare in
un cortile interno, ove sono collocate 13 stele in cemento alte sei metri, che recano incisi i
nomi di 60 campi di concentramento e sterminio nazisti. "
immagine: il cortile con le stele commemorative dei lager nazisti
"La guida ci ha spiegato che gli architetti Belgiojoso, Banfi, Peressutti e Rogers hanno voluto
usare colori neutri, come il grigio, per comunicare una sensazione di freddo e umido. In ogni
stanza c'erano delle frasi e ricordo che erano strazianti perché erano state scritte pochi attimi
prima di morire. [...] Oltre alle frasi nelle stanze c'erano delle teche che contenevano oggetti
provenienti dai campi, per esempio il filo spinato, la divisa di un prigioniero e oggetti
quotidiani. Mi ha emozionato tanto vedere quel posto e ci ritornerei volentieri, con più calma,
per poter leggere le altre frasi." [Francesca M.].
"Il Museo del deportato – realizzato nel 1973 - presenta un allestimento semplice ma efficace:
una o due teche al massimo per stanza e alle pareti le frasi delle persone imprigionate e
condannate a morte per aver partecipato alla Resistenza europea contro i nazisti. [...] Le frasi
scritte sui muri mi hanno fatto percepire un senso di speranza, anche se la maggior parte di
chi le ha scritte non è sopravvissuto." [Martina M.]
"Il museo del deportato a parer mio è un museo strutturato molto bene e molto suggestivo. Le
luci e le frasi scritte dai condannati a morte della Resistenza europea e trascritte, anzi, scalfite
nei muri rendono bene la tristezza e le sofferenze di queste persone innocenti." [Greta R.]
Riportiamo di seguito alcune frasi dei condannati a morte della Resistenza europea e, di
seguito, la riflessioni di alcuni compagni:
<<Mia cara mamma, è così difficile scrivere le ultime righe; tutti i ricordi si risvegliano e i più
belli danno qui una sofferenza maggiore.>> Anka – Cecoslovacchia. Riflessione:"In questo
momento di grande difficoltà Anka scrive a sua madre perché probabilmente, come quando
lei era bambina, pensa che sua madre sia l'unica persona che le possa dare un po' di conforto,
pensa a sua madre e ai ricordi con lei, alle carezze e agli abbracci. Pensa a sua madre in quei
momenti in cui sente vicina la sua fine." [Alexandra V.]
<<Sono morte le foglie dinanzi alla mia finestra, l'ultima è caduta e anche l'ora mia estrema è
giunta. Certo, le foglie torneranno. Tutto sarà come prima. Solo io non ci sarò più.>> Hermann –
Germania. Riflessione: "Questa frase mi ha toccato: [...] la natura, definita come qualcosa di
bello e duraturo nel tempo ma accostata al significato della morte, come qualcosa che finisce
in contraddizione." [Nader Z.]
<<Vivrò gli ultimi minuti della mia vita con fierezza e coraggio. Metto in questi brevi, troppo brevi
minuti, intere montagne, decine di anni non vissuti. In questi minuti voglio essere l'uomo più felice
del mondo, perché la mia vita è terminata nella lotta per la felicità dell'intera umanità.>> Stepan,
URSS. Riflessione: "Abbiamo visitato il Museo Monumento del Deportato di Carpi e mi
hanno colpito le frasi che sono state scritte da persone che erano consapevoli di star per
morire: per la maggior parte dei casi erano ragazzi giovanissimi." [Araike S.]
<<Porto con me nella tomba tanti sogni.>> Willi, Francia. Riflessione: "Penso che morire in
quel modo sia una delle cose più brutte. Mi immedesimo perché anche io ho molti sogni che un
giorno vorrei realizzare." [Marcelo E.]
<<Ancora poche ore dunque e tutto sarà finito. Finito? Non lo so, ma allora lo saprò. Saprò se
realmente esiste una migliore vita dopo questa. In fondo non ha neanche tanta importanza.>>
Robert, Olanda. Riflessione: "Questa frase è testimone di una paura e di una realtà che si
divide tra la vita e la morte. La frase finale dice -In fondo non ha neanche tanta importanza-:
questo secondo me perché il peggio è già passato." [Alberto E.]
"All'interno del Museo del deportato abbiamo potuto capire, attraverso frasi, e abbiamo potuto
vedere, attraverso fotografie d'archivio e oggetti, lo stato in cui sono vissuti e hanno sofferto tutte
quelle persone innocenti. Moralmente mi ha aiutato a capire realtà che ora non sono più presenti."
[M. Chiara A. D'E.]
"[...] Le teche contengono reperti dei campi di concentramento, tipo divise, posate, filo spinato, che
fanno capire quanto possa essere stato terribile vivere in quelle condizioni, evocando un senso di
tristezza ma anche di paura. [Anna L.]
"Nella sala dei bambini mi sono commossa perché, avendo una sorella piccola, ho immaginato lei in
quelle condizioni; nella sala dei nomi più che commossa sono rimasta scioccata dal fatto che c'erano
più di 4000 nomi e solo italiani." [Valentina M.]
"Ci hanno mostrato anche una stanza molto particolare, dove le pareti sono riempite di nomi di
persone morte nei campi." [Aurora B.]
immagine: la stanza dei nomi
"Il graffito di Alberto Longoni, la foto della scala della morte a Mauthausen, le foto dei morti sui fili
spinati... sono riusciti a imprimersi nel mio cuore, mi hanno fatto sentire impotente... provare
sdegno e dolore di fronte a tanta disumanità."[Silvia C.]
immagine: il contenuto di una teca del Museo monumento del deportato
immagine: il graffito di Alberto Longoni
Appendice 1: Sul recupero di Fossoli come sito storico di interesse nazionale:
L’attenzione prodotta dall’apertura del Museo Monumento del Deportato (1973) e lo stato di abbandono e degrado
in cui si trovava allora il Campo alla chiusura del Villaggio San Marco spinsero l’amministrazione di Carpi a
richiedere allo stato l’acquisto dell’area dell’ex campo di Fossoli, concessa solo nel 1984 (a titolo gratuito). Dopo
una fase di riflessione, il difficile problema del recupero del sito è oggi improntato, sulla base degli orientamenti
individuati dalla Federazione dell’ex Campo di Fossoli, ad interventi di rispetto e salvaguardia del sito storico. Dal
2001 è in atto un lavoro di recupero, mantenimento e conservazione dell’area che tiene conto anche delle nuove
modalità ed esigenze di fruizione dei luoghi della memoria. Nel 2004, grazie al contributo del ministero della
Difesa e al sostegno della fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, è stata completata la ricostruzione filologica di
una delle baracche del settore ebrei: - l’ala ovest è stata adibita ad attività didattiche, esposizioni, iniziative
culturali; - nell’ala est si è allestita una mostra permanente storico-documentaria che ripercorre la complessa storia
del campo e indaga la costruzione della memoria della deportazione nel dopoguerra. Dal 2011 l’ex campo di
concentramento di Fossoli è stato dichiarato bene di interesse storico a sensi del decreto legislativo n°42 del 22
gennaio 2004 [a cura di Silvia C.].
Appendice 2: La memoria porta con sé altra memoria: Greta R., dopo la visita a Fossoli e a Carpi, ha reso
partecipe la sua classe della tragedia di cui fu vittima una sua antenata, uccisa nella brutale strage nazista della
Bettola, nell'Appennino Reggiano. Ecco la testimonianza della nonna come e' stata trascritta dall'alunna.
<<L'eccidio della Bettola avvenne il 24.06.1944, fu una vera strage di uomini, donne e bambini.
I partigiani tentarono di far saltare un ponte che collegava due sponde, in modo da far rallentare
l'avanzata dei tedeschi verso il Valico del Cerreto. Purtroppo la dinamite fu messa nella ghiaia ed il
ponte non fu distrutto completamente. I1 giorno seguente ritentarono l'operazione ma i tedeschi, che
avevano il campo a Casina, un paese vicino, tenevano sotto controllo la situazione e ci fu uno scontro
a fuoco. Morirono alcuni partigiani ed alcuni tedeschi, uno di questi riuscì a raggiungere il campo
dando l'allarme, fu allora che tornarono con i rinforzi arrabbiati più che mai. Presero tutti quelli che
trovarono, fucilarono una parte, violentarono le donne ed accesero un rogo dove gettarono tutti i morti
ed anche tutti i VIVI, che arsero tra le fiamme con grida indescrivibili. Nel silenzio della notte il loro
dolore echeggiava in tutta la valle. In un primo tempo fu risparmiato un bambino, ma poi anche lui fu
gettato vivo nelle fiamme dicendogli: "BRUCIA ANCHE TE FIGLIO DI UN PARTIGIANO". Aveva 18
mesi. Tra queste persone vi era una nipote del mio bisnonno materno "Emma Marziani", di anni 23 ed
incinta di 7 mesi. Nella zona tra Casina e Busana vi è stata una delle violenze più grandi fatte dai
tedeschi, forse dovuta anche dal fatto che proprio in quelle zone vi erano le basi dei partigiani. I
tedeschi non avevano pietà di nessuno e dove non trovavano partigiani uccidevano civili. La popolazione
di quei posti veniva saccheggiata di tutti i suoi averi, bruciavano le loro case, le loro stalle, persone
bruciate dentro alle loro case. Il prete di Monteduro (dove viveva mia nonna) era fascista, e comunicava
ai tedeschi dove trovare i partigiani e dove trovare g1i uomini che poi venivano portati in
Germania.Tutte le sere passava un aereo basso basso quasi sfiorava il suolo, la gente lo chiamava
"PIPPO", lanciava bombe ovunque vedesse una casa, per questo nel piccolo paese di REGNOLA si
rinchiudevano tutti nella casa più piccola e più nascosta, con poche finestre, sigillavano ogni fessura in
modo che non uscisse nemmeno un filo di luce. Mia nonna era una bambina, nata nel 1939, ma pur
così piccola come tanti altri bambini, faceva "Borsa Nera” di notte nei boschi, per portare il cibo alle
famiglie sfollate.Nella pineta sopra la Sparavalle vi era un altro campo dei tedeschi un giorno arrivarono
nella casa della zia di mia nonna con i fucili spianati cercando i partigiani, saccheggiarono ogni cosa
poi li rinchiusero nella stalla, erano lo zio e la zia con tre bambini piccolini e due persone anziane.
Diedero fuoco a tutto, casa e stalla, fortunatamente andati via i tedeschi, dalla parte di sotto dove vi
erano i boschi, passò un uomo e li liberò. Attraversarono i boschi ed andarono a Regnola dove furono
ospitati un pochino per famiglia. I tedeschi portavano via tutti gli uomini quindi quando arrivavano tutti
si davano alla fuga. I paesi cercavano di aiutarsi, ed avevano dei metodi di avviso per l'arrivo dei
tedeschi. Quando arrivavano nel paese di Cerreti, una donna stendeva un lenzuolo bianco in un punto
prestabilito, ed a Regnola vi era una persona di vedetta che quando vedeva il lenzuolo dava l'allarme: a
quel punto tutti gli uomini fuggivano e si nascondevano, ma le case venivano saccheggiate di ogni cosa.
Un giorno stavano arrivando i tedeschi e la nonna di mia nonna aveva messo zucchero, olio, caffè,
farina sul letto in un canovaccio, lo stava preparando per andare a nasconderlo, ma non fece in tempo,
entrarono in casa, fucili spianati. Fu un momento di terrore, ma forse il fatto di trovare una vecchietta
con una bambina piccola li fece desistere e non toccarono niente.>>
A cura degli Alunni della classe II A e della prof.ssa di Storia Valeria Ghiron - L.A. Klee Barabino di Genova