Roberto Bigano, creatività e progetti speciali
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Roberto Bigano, creatività e progetti speciali
Professione Roberto Bigano, creatività e progetti speciali Il biglietto da visita di Roberto Bigano riporta “Progetti speciali” e questo descrive perfettamente la sua capacità di affrontare i lavori più diversi e di sperimentare punti di vista e soluzioni di ripresa innovative; in questo modo riesce a fare quello che i colleghi non fanno, o a farlo in modo originale. Ultimamente si è distinto nel campo della fotografia di beni artistici, con lavori notevoli sia dal punto di vista estetico, che per valore culturale. Fotografare un affresco nascosto da un muro? Allestire un set di ripresa per automobili in un museo? Fotografare i dettagli del timpano del Duomo di Orvieto che si trova a 33 metri dal suolo? Per queste e tante altre sfide Roberto Bigano riesce a trovare le soluzioni adatte. Come hai trovato la tua strada nella fotografia? Nella mia vita cʼè stata lʼuniversità piantata a metà e un pò di politica, ma la strada era tracciata fin da quando avevo speso tutti i miei risparmi in una Canon AE-1. I miei inizi come fotografo sono caratterizzati da un lungo periodo di confusione e scarsi risultati, ma la mia voglia rimaneva irremovibile. Mi riferisco agli ultimi anni settanta, quando mi arrabattavo da professionista sgangherato e occasionale, con lavori incerti e mal pagati. Poi un giorno, quasi allʼimprovviso, ho realizzato di aver fatto quel salto di qualità, ho capito che facevo fotografie come non ne avevo mai fatte e, quasi incredulo, mi sono visto assegnare compiti che qualche tempo prima avrei ritenuto al di sopra delle mie possibilità. Ero conteso da clienti così importanti, prestigiosi e competenti in materia di fotografia che mai avrei immaginato scegliessero proprio me. Naturalmente la mia maturazione era avvenuta per gradi, ma lʼanno della svolta definitiva resta il 1992, quello dellʼincarico per Bugatti. Quel progetto mi ha spalancato le porte di Franco Maria Ricci e Manfrotto, tanto per citare due nomi di riferimento nei rispettivi settori. Ne sono derivati tanti altri lavori prestigiosi e ben remunerati, che mi hanno dato la fondamentale libertà di poter scegliere i progetti più stimolanti e impegnativi nei settori più svariati. Quindi non sei per la specializzazione in fotografia? Io sfuggo come la peste la specializzazione merceologica e addirittura cerco di non rimanere confinato in un genere di ripresa, quindi fotografo dalle automobili allʼarte, dalle donne al classico still-life di prodotto, cercando di portare sempre qualcosa di inusuale. Sviluppare una cultura dellʼimmagine è fondamentale. È importante studiare i maestri della fotografia, della pittura, del cinema e di tutte le arti figurative. Partendo da una solida cultura dellʼimmagine, puoi approfondire la tecnica fotografica e digitale. È sempre indispensabile un approccio rigoroso, la competenza e la professionalità. A questo punto puoi affrontare qualunque settore fotografico, travasando con convinzione metodologie e approcci di ripresa. Questo ti permette di dire qualcosa di diverso anche in generi considerati molto specialistici, che proprio per questa ragione tendono ad essere troppo ripetitivi. Una volta la Mondadori mi ha scelto per un libro sulle piante proprio perché affrontavo questo soggetto per la prima volta e quindi riuscivo a fare cose più originali rispetto alle classiche ed anonime riprese in orto botanico. Una provocazione: fotografare soggetti statici pare semplice, visto che non scappano e non ci si litiga. Indubbiamente il fatto che i soggetti siano tranquilli offre certi vantaggi rispetto ad esempio al reportage, dove lʼazione non aspetta certo il fotografo. Lo still-life in tutte le sue forme è più adatto ad un fotografo che abbia un approccio meditativo, che voglia costruire gradatamente la luce, Queste straordinarie armature sono state realizzate in unʼepoca in cui non cʼera la possibilità di saldare e tutti i pezzi erano tenuti insieme da ferro battuto e rivetti. Si tratta perlopiù di armature da cerimonia e molto spesso erano una specie di esame finale di un apprendista della bottega del mastro armaiolo. Lavorando anche per un anno allʼarmatura, che poi veniva magari regalata al signore locale, lʼartigiano dimostrava il proprio valore e da quel momento entrava sotto la protezione del nobile. A volte sono istoriate, per raccontare le gesta del signore, altre volte servivano ad impressionare il popolo ignorante, facendo apparire il nobile come una sorta di essere sovrumano. Queste foto risalgono ad alcuni anni fa e sono ancora su pellicola. È uno dei lavori a cui tuttora sono più affezionato; lʼho realizzato al Kunst Historische Museum di Vienna per Franco Maria Ricci, in un anno tremendo nel quale mi ha travolto di progetti. Lavoro volentieri con spot Arri in luce continua, ma in questo caso mi ero portato i flash pensando alla presenza di luce ambiente nel museo; invece era tanto grande la considerazione di FMR, che avevano chiuso unʼala del museo per una settimana espressamente per me. Sono soddisfatto dei risultati, ma nellʼinsieme avrebbero potuto essere ancora migliori; infatti lʼultimo giorno ero riuscito a trovare una luce assolutamente fenomenale, solo che a quel punto avevo finito il tempo, la pellicola e i soldi e dovevo quindi “accontentarmi” di quanto fatto. Questo lavoro ha avuto un grande successo. Le foto sono state eseguite con obiettivo 300mm Rodenstock Macro Sironar su Velvia 50 4x5 pollici. PC PHOTO 23 Questʼopera di epoca longobarda è datata intorno al 980. Nessuno aveva più visto veramente lʼaffresco da secoli, dato che 200 anni dopo la sua realizzazione gli avevano costruito davanti un muro ad appena 35cm di distanza. Il cliente aveva già rinunciato alla possibilità di fotografarlo di fronte, sono io che ho insistito per fare questa foto. Per riuscirci è stato necessario realizzare unʼattrezzatura apposita: dati i vincoli di spazio, alla fine ho utilizzato una Canon G7 opportunamente adattata. Sono stati eseguiti diversi scatti, poi montati insieme, e così il cliente ha potuto vedere lʼaffresco per la prima volta, in dimensioni tre volte più grandi dellʼoriginale. studiarsela, fare delle modifiche… Però questo punto di forza è anche una debolezza, perché indubbiamente una bella ragazza o una situazione dinamica riescono a coinvolgere emotivamente e a stimolare il fotografo più di uno still-life. Quindi potremmo dire che le difficoltà stanno 24 PC PHOTO proprio nella necessità di riflessione ed approfondimento; se non riesci a trovare ogni volta una strada interessante, ne risulta per forza di cose una foto banale. Prendi il caso degli avori del Museo Diocesano di Salerno: si tratta di oggetti di piccole dimensioni (una ventina di centimetri sul lato lungo) e ben accessibili, quindi si direbbe uno still-life facile. Sono talmente fini di fattura, talmente ricchi di dettagli che ingranditi sono assolutamente straordinari. Purtroppo però in questo modo vengono ingranditi anche i segni del tempo. Con la tecnica Louvre: Medusa. È un quadro del Louvre di 7 metri per 5, molto scuro e rovinato, con zone illeggibili. Avevo a disposizione una mezza giornata per fare tutto, comprese le formalità burocratiche come badge e simili. Ho usato il flash scattando in tutto 25 foto, 12 delle quali negli ultimi tre minuti disponibili. Per chi conosce il quadro è un risultato clamoroso, perché è difficilissimo da fotografare. più appropriata e un pò di sperimentazione sono riuscito a mantenere in pieno il contenuto descrittivo dei soggetti e quindi il valore documentario delle immagini, producendo al contempo foto entusiasmanti da guardare. Spesso la soluzione passa per la realizzazione di un accessorio speciale, magari per ottenere un metodo di illuminazione inconsueto. Anche nella riproduzione dei quadri possono esserci problemi non da poco, soprattutto con quelli molto scuri dove è facile che le lievi differenze di tonalità sprofondino in un nero assoluto. Invece ci sono tecniche, rese possibili o facilitate dalla tecnologia digitale, che possono dare risultati davvero di rilievo. In questi aspetti entra in gioco un software dellʼHasselblad che per queste cose è davvero stratosferico. Cosa puoi dirmi del tuo passaggio al digitale? Finché non ho ritenuto che il digitale avesse raggiunto un livello adeguato alle mie necessità, ho aspettato. Quindi il passaggio è avvenuto relativamente tardi, si parla di quattro o cinque anni fa. Quando però è arrivato il momento, sono passato completamente alla nuova tecnologia. Prima facevo le scansioni da pellicola e quindi avevo già pratica nel trattare le immagini in post-produzione; da quando sono passato al digitale anche in ripresa, il taglio è stato netto e non ho più fotografato a pellicola. Le sole foto analogiche qui presenti sono quelle delle armature e quelle delle Bugatti, perché me le hai chieste, ma non sono lavori recenti. Per quanto riguarda la tipologia e la quantità di luci, diffusori, accessori, ecc., non ci sono stati grandi stravolgimenti, mentre è cambiato completamente lʼapproccio operativo. Con lʼanalogico, per quanto tu potessi essere esperto, per quanto tu usassi Polaroid, lʼesposizione su pellicola era pur sempre unʼaltra e nella migliore delle ipotesi la vedevi dopo unʼora o due. Per il fotografo analogico, lo scatto era sempre il momento decisivo, direi quasi drammatico, mentre adesso la ripresa è molto più facile e controllata. Un esempio pratico: sono attrezzato con stativi speciali fino a 15 metri di altezza e faccio spesso riprese a molti metri dal suolo. In analogico, con le macchine in alto e io a terra, cʼerano problemi anche solo per fare lʼinquadratura. Adesso esaPC PHOTO 25 Questo è stato uno dei lavori che mi ha portato più reputazione in assoluto e mi ha aperto molte porte. Avevo già fatto in precedenza foto al museo di Mulhouse in Alsazia, dove ci sono più di 150 Bugatti e mi ero già fatto unʼidea di come illuminarle adeguatamente. Il libro si sarebbe chiamato “Divina Bugatti” ed era co-prodotto da Bugatti Automobili (allora in fase di rilancio con la EB110 prodotta a Campogalliano) e Franco Maria Ricci. Io venni incaricato da Artioli, allora boss di Bugatti, contro la volontà di Franco Maria Ricci che avrebbe preferito un suo fotografo. Franco Maria Ricci mi accolse con lo stesso entusiasmo del padre che dice bravo al figlio che gli porta il disegnino dallʼasilo, senza nemmeno guardarlo. Poi invece, dopo aver guardato le diapositive, è rimasto sconvolto: per un anno mi ha pressato con offerte di lavoro di tutti i generi. Le foto di backstage danno lʼidea della situazione, anche se cambiavo la posizione delle lampade per non farmi rubare i segreti. Ho utilizzato dei telai Butterfly della Avenger, che possono portare teli neri per schermare la luce, bianchi per rifletterla, oppure traslucidi per diffonderla. In questo caso ho impiegato dei teli di scena, che sono gli unici tessuti che si possono trovare con larghezza di dieci metri senza cuciture. 26 PC PHOTO Questa fotografia, che fa parte del lavoro Divina Bugatti, allʼepoca passò inosservata e non venne utilizzata per il libro; io però lʼho digitalizzata ugualmente insieme alle altre con un software particolare degli scanner Imacon che consente di ricavare dei file di tipo simile al Raw anche in scansione. Un giorno mi telefona unʼazienda francese che stava lanciando il profumo Bugatti, con la confezione disegnata prendendo spunto dalle linee di questa automobile e mi chiede il prezzo per una foto adatta alla pubblicità. Io gli propongo la silhouette. Alla fine questa foto lʼho venduta due volte a loro e una volta a Manfrotto per la copertina del catalogo Lighting Control, come esempio di controllo delle luci. Nellʼarco di due mesi questa sola foto mi ha fruttato 4700 euro, più dellʼintero libro Divina Bugatti. mino subito la foto ad alta risoluzione, se non mi soddisfa correggo qualcosa e ripeto lo scatto. Cʼè poi la straordinaria comodità di lavorare con la stessa qualità e senza complicazioni con qualunque tipo di luce: tungsteno, neon, flash, come ti pare. Un errore che ho visto fare da parte di molti fotografi è quello di sfruttare in modo improprio lʼampia latitudine di posa del digitale, sottovalutando il problema dellʼesposizione. Invece lʼesposizione precisa è ancora importante, perché un file correttamente esposto ti dà sempre di più. Un altro aspetto da capire bene è quello della risoluzione. Io uso risoluzioni molto elevate, 88 megapixel è un caso normale e vado anche oltre, ma mai come semplice esercizio di muscoli. Intanto cʼè la comodità per lʼeditor, che può ritagliare un dettaglio da unʼimmagine più grande, e poi cʼè il fatto di documentare veramente una realtà nel modo più completo possibile. A me interessa la risoluzione quando ti dà davvero maggiori informazioni sul soggetto ripreso; ad esempio sto facendo per conto mio una serie di foto sullʼoriginalità di certi centri storici, soprattutto nel meridione, dove ci sono stratificazioni di epoche e stili. In questi casi la risoluzione significa ricchezza di informazioni; nelle mie foto puoi vedere se il pesce sulla bancarella di un mercato è fresco. Segui pochi progetti importanti oppure ci sono anche tanti piccoli lavori? Non ho alcuna preclusione per i lavori piccoli, se mi stimolano. Però è difficile che succeda, per cui la tendenza generale resta verso i progetti di un certo rilievo, che ti portano via come minimo una settimana. Mi possono capitare anche impegni che richiedono un mese di lavoro, solo che non riesco a stare così a lungo sullo stesso progetto, un pò per la mia indole e un pò per le richieste degli altri clienti. Ultimamente poi sono molto impegnato nella zona di Salerno, con attività legate al restauro di opere dʼarte. Ho anche costituito una partnership con Massimiliano Sanpaolesi, un apprezzato restauratore napoletano e una società denominata Acme21, che fornisce servizi multimediali avanzati per i Beni Culturali. Nonostante sia attiva da pochi mesi ha già ottenuto importanti successi. Ad esempio gli avori salernitani di cui ti ho parlato sono stati inseriti nel progetto “Magnifico” (http://www.magnifico.b eniculturali.it/) per promuovere lʼarte italiana nel mondo. Qual è il lavoro più importante di questi ultimi tempi? Oltre a quello degli Avori Salernitani, il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, di proprietà della Pinacoteca Ambrosiana. Era stato fotografato ventʼanni fa dalla Giunti e tutto quello che si trova in circolazione è riconducibile a quelle foto. Adesso sto curando la digitalizzazione ad altissima risoluzione dei disegni, che poi verranno chiusi in condizioni controllate per proteggerli da un grave deperimento. Lʼobiettivo è quello che, se ad esempio uno studioso della Yale University vuole studiare un disegno di Leonardo, questi non debba venire a Milano e non si debba tirare fuori il Codice Atlantico con tutti i problemi di sicurezza e deperibilità che si avrebbero. In questo progetto ho ottenuto risultati assolutamente sbalorditivi, non soltanto come ricchezza di dettaglio dal punto di vista fotografico, ma proprio dal lato della conoscenza. Attraverso una tecnica di ripresa particolarmente sofisticata nella normale luce visibile, sono stati rivelati aspetti sconosciuti della tecnica di Leonardo. Si vedono cose che in condizioni normali sono invisibili perfino sullʼoriginale, anche con luci appropriate e lente dʼingrandimento. Parlandone col direttore della Pinacoteca, mi sono reso conto che attraverso le mie foto avevo notato in modo inequivocabile cose sconosciute agli studiosi. Ad esempio, ho scoperto che Leonardo per rendere i colpi di luce sui suoi disegni usava qualcosa di simile allʼattuale correttore “bianchetto”, con una particolare tecnica tuttʼaltro che evidente. È un disegno molto famoso; se lo vedi su qualsiasi libro percepisci il risultato finale di questa tecnica di Leonardo, ma non sospetti come abbia potuto ottenere lʼeffetto. Un esempio di lavoro difficile, per il PC PHOTO 27 Anche queste riprese del Duomo di Orvieto sono state eseguite in digitale per Franco Maria Ricci. Si doveva realizzare un volume di grande formato sulle cattedrali, con dimensioni di 70x50cm per la doppia pagina. Sul Duomo di Orvieto era già stato fatto di tutto e la sua facciata è uno dei soggetti più fotografati al mondo, eppure dovevo fare qualcosa di particolare. Mi sono documentato ed ho scoperto che non esistevano foto della facciata senza linee cadenti, probabilmente a causa del poco spazio davanti alla cattedrale, per cui mi sono proposto di fare questa foto, compresi dettagli come il timpano che si trova a 33 metri dal suolo. La ripresa è avvenuta a 12 metri di altezza, perché non potevo andare più in alto a causa di ostacoli vari, quindi non ero in posizione perfettamente ortogonale. Lʼimmagine della facciata è un mosaico di più scatti eseguiti col grandangolo più spinto che avevo. Ho anche dovuto eseguire molti scatti, per il continuo via-vai di gente sul sagrato, li ho messi a sandwich e poi ho cancellato dai vari livelli le parti dove cʼerano persone. quale hai dovuto inventare una tecnica? Lʼaffresco del Pisanello, nella chiesa di Santa Anastasia a Verona. Si voleva mettere a disposizione del pubblico un grande monitor che potesse far vedere lʼopera da vicino, in dimensioni reali e ad altissima qualità. Si era valutato uno schermo al plasma da 50 pollici, ma la qualità non sarebbe stata paragonabile allʼoriginale, per cui ci siamo orientati su un monitor grafico di almeno 30 pollici, con lʼidea di far vedere lʼaffresco intero oppure dare al pubblico la possibilità di scorrere lʼimmagine in scala 1: 1 ed oltre. Il Pisanello aveva una tecnica pittorica che riusciva davvero a dare lʼidea dei capelli, oppure del broccato negli abiti, creando un eccezionale effetto di tridi- 28 PC PHOTO mensionalità rispetto ai particolari dello sfondo. Lʼilluminazione artificiale si è subito rivelata del tutto inadeguata a rendere questi effetti, per cui ho scelto la luce naturale. Lʼidea iniziale prevedeva 24 scatti in multi-shot Hasselblad, ma ho subito incontrato problemi tecnici più pesanti del previsto. Il dorso digitale prevede una tecnica denominata Micro-step per la quale, a fronte di sedici scatti, si ottiene unʼimmagine quattro volte più grande. Il problema è che è richiesta una stabilità assoluta tra i vari scatti e lʼilluminazione deve essere assolutamente costante, altrimenti si ottengono artefatti inaccettabili. Purtroppo la luce ambiente variava come intensità e qualità anche nellʼambito del minuto o due richiesti per effettuare questa ripresa multipla. Alla fine ho trovato un metodo per cui, con soli cinque scatti eseguiti in orari diversi, sono riuscito a fare il lavoro completo. Lʼaspetto interessante è che se avessi fatto la foto fedele allʼoriginale, come unʼunica istantanea, non sarebbe stata veramente soddisfacente. Infatti lʼaffresco non è mai illuminato in modo uniforme e quindi in sostanza non avrei rappresentato lʼopera nella sua essenza, bensì la sua percezione in una data ora di un dato giorno. Invece sono riuscito ad ottenere una foto omogenea, dove tutte le zone dellʼaffresco sono illuminate in modo ideale. Lʼimmagine totale si avvicina ai 200 milioni di pixel, ma non è una semplice questione di numeri per stupire. Qui lʼimmagine è veramente bella anche visualizzata al 100%, a differenza di A 50 Km da Parigi, si trovano le rovine di unʼabbazia (Abbazia di Chaalis) e una chiesetta apparentemente modesta, imbiancata a calce. Sotto la calce sono stati scoperti affreschi del Primaticcio. Lo stativo Manfrotto visibile nella foto di backstage, è stato da me modificato più volte per arrivare ad altezze crescenti, ma adesso è disponibile anche a catalogo; è lo strumento che uso maggiormente. Nellʼimmagine si vede anche la normale prospettiva che si ha fotografando ad altezza dʼuomo. Nella foto ripresa dallo stativo si nota invece la prospettiva quasi aerea e originale, quindi più interessante perché nessuno la vede mai. altre foto da record che mi è capitato di vedere. I dirigenti di Hasselblad, di cui sono photo partner per lo sviluppo dei nuovi prodotti, non credono che lʼabbia fatta in quel modo, da terra. Mi par di capire che non devi fare troppi sforzi di promozione e pubbliche relazioni. Zero. A suo tempo avevo fatto qualcosa del genere, ma a parte lʼimbarazzo di andare a chiedere, i risultati erano stati praticamente nulli. Così, per non dovermi sempre andare a presentare, avevo cominciato ad accettare qualunque lavoro mi venisse richiesto. Per fortuna ho capito presto quanto fosse importante poter scegliere. Grazie a Dio, nel mio caso funziona benissimo il passaparola tra gli addetti ai lavori nei settori che ho deciso di affrontare e quindi da molti anni ho lavoro più che a sufficienza, al punto da poter scegliere cosa mi interessa fare e cosa no. Non parlo solo dal punto di vista economico, perché a volte il criterio di scelta si basa più su quanto è intrigante un certo lavoro che sul compenso. Ci sono anche lavori che, tenuto conto delle spese, come guadagno ti lasciano poco o niente, ma li prendi perché capisci che ti aprono delle porte e quindi ti faranno guadagnare bene le volte PC PHOTO 29 Arantzazu è un moderno santuario francescano nei paesi baschi, direi il secondo più importante al mondo dopo Assisi. È una struttura interessante, ma con aspetti problematici. Ad esempio, questo ambiente, dove mi sembrava obbligatoria una vista con questa prospettiva. Intanto cʼè una quasi totale assenza di luce e poi occorre una copertura di quasi 180 gradi senza distorsioni. Ho fatto sei scatti da 22 megapixel col grandangolo più spinto che avevo (cosa che non ti aiuta assolutamente ad unire le immagini). Per chi ha visto il posto, il risultato è sbalorditivo, sia per lʼeffetto dʼinsieme che per il dettaglio presente nellʼimmagine alla massima risoluzione. Un aneddoto divertente: in fondo alla cripta cʼè un armadietto che ad un primo esame non mi piaceva del tutto come resa delle venature del legno. Poi però mi sono reso conto che su pellicola lʼintero armadietto sarebbe stato un semplice rettangolo di colore ed ho capito che anchʼio stavo cadendo nella trappola del digitale che ti consente ingrandimenti assurdi fino a trovare sempre qualcosa che non è del tutto soddisfacente. A questo punto lʼangoscia mi è passata. successive. Lʼesempio migliore è il lavoro per il libro “Divina Bugatti”: mi ha portato un compenso di sette milioni e mezzo di lire, mentre di spese mi è costato sette milioni e trecentocinquantamila lire. Però essere lʼautore di queste fotografie mi ha aperto tante porte e mi ha procurato tanti altri lavori ben remunerati e ancora oggi ricevo richieste da tutto il mondo che fanno riferimento a quel lavoro. E poi naturalmente ho i clienti storici, come ad esempio il Gruppo Manfrotto, che seguo da molti anni. Anche se a me piacciono sempre nuove sfide, come fai a mollare Manfrotto? È unʼazienda solida, un riferimento nel nostro settore, sono sempre in corso anche collaborazioni tecniche che hanno portato alla realizzazione di nuovi prodotti e alla possibilità di sperimentare in anteprima le novità… Quindi cʼè anche questo aspetto di collaborazione tecnica. Oltre al solidissimo rapporto con Hasselblad e Manfrotto, di cui ti ho già accennato, ho collaborato anche con Durst, ma la mia attenzione non è rivolta solo allʼindustria. Da un paio dʼanni dedico anche un quarto del mio tempo 30 PC PHOTO alle consulenze e ai corsi di formazione; mi rivolgo alle aziende che hanno problematiche legate alla fotografia come le case editrici, oppure direttamente ai fotografi, sia i giovani che si affacciano in questo settore che altri fotografi navigati, quindi miei concorrenti diretti. Le mie consulenze riguardano principalmente lʼapproccio al digitale: ripresa, Photoshop, FlexColor (il software di Hasselblad) e tutte le problematiche del colore. Questo ti arricchisce molto, intanto perché per insegnare sei costretto a capire bene, poi perché vieni a contatto con le realtà più disparate e cʼè sempre qualcosa da imparare, anche dalle situazioni meno qualificate di te. Quali aspetti tocchi in occasione di questi corsi? I miei corsi risolvono i problemi concreti dei fotografi. Quando li svolgo insieme ai “professori” di Photoshop, la differenza è che loro ti spiegano per filo e per segno cosa fanno i vari strumenti, cosʼè il metamerismo, la teoria del colore, gli spazi colore e cose del genere, mentre io racconto cosa farsene di queste cose. Ad esempio illustro come una certa tecnica può rappresentare opportunità per nuovo lavoro, come riuscire ad essere meno maltrattati dai clienti, la tecnica di ripresa da punti di vista insoliti perché automaticamente rende più originali le tue foto, così che risultino meglio accette e meglio pagate. Nei miei corsi insegno che il digitale non è solo un altro modo di fare la stessa foto, perché ti dà delle possibilità nuove che possono essere determinanti per fare qualcosa di più interessante per i clienti. Tanti colleghi hanno problemi a sfruttare le straordinarie possibilità offerte da questo sistema, hanno difficoltà con la gestione del colore e la fedeltà della stampa. È anche comune il caso di fotografi che dicono che col digitale non riescono più a mettere a fuoco, oppure gli trema la mano. Naturalmente non è vero, semplicemente con lʼanalogico non si erano mai accorti di questi problemi, mentre oggi col digitale li vedono molto più facilmente. Per via dellʼassenza di grana e di velo e grazie alla possibilità di ingrandire lʼimmagine a piacere, il digitale è veramente spietato. Adesso i fotografi si trovano costretti a mettere a posto delle cose che già avrebbero potuto e dovuto sistemare anche con lʼanalogico, solo che non se ne rendevano conto. Spesso ti chiamano perché hanno un Si tratta di una settantina di piccoli avori di scuola amalfitana del dodicesimo secolo, che rappresentano temi dellʼantico e del nuovo testamento. Hanno un fascino unico, la lavorazione è di una finezza straordinaria, eppure sono totalmente sconosciuti al grande pubblico. Per questa ripresa digitale ho usato una risoluzione molto elevata, da 64 a 88 milioni di pixel, per fare in modo che le foto siano più godibili e diano più informazioni allʼosservatore rispetto agli originali. Da un lato volevo rendere lʼeffetto della materia, ma lʼingrandimento spinto ad alta risoluzione metteva troppo in evidenza le crepe e le offese del tempo, fino a trasfigurare il materiale originario. Per questo motivo ho lavorato le immagini con alcuni filtri particolari molto efficaci che hanno restituito lo splendore originale senza pregiudicare il contenuto. Le foto sono state presentate con lʼaccompagnamento di un suggestivo sottofondo musicale, e il successo è stato incredibile. Lʼinstallazione è presso il Museo Diocesano di Salerno e la mostra durerà fino al 30 aprile 2008. www.avorisalerno.it marasma di problemi e tu devi cominciare a separarli per risolverli uno per uno. Oppure cʼè il caso di Franco Maria Ricci, che ha il problema della digitalizzazione dellʼarchivio e del coordinamento dei fotografi, in modo che il passaggio dalla pellicola al digitale avvenga nel modo più corretto e coordinato. Come cambia il mercato della fotografia? A mio giudizio, il mercato nel suo complesso è diventato enormemente più selettivo. Intanto perché si tratta di un mercato molto meno ricco: i lavori vengono pagati meno e cʼè una fortissima selezione. Si assiste ad un calo di considerazione e di rispetto nei confronti della categoria; questo è dovuto in parte ad un imbarbarimento del mercato ed in parte allʼavvento del digitale, che ha reso possibili risultati di rilievo per chiunque abbia un minimo di sensibilità. Chi fa foto alla portata di molti colleghi ha dei grossi problemi, perché allora diventa solo questione di chi pratica il prezzo più basso. Dʼaltra parte ci sono anche clienti che si sono attrezzati e fanno foto più adatte alle loro esigenze di quanto farebbe un fotografo. Quando si deve ripetere sempre la stessa foto, perché ci si dovrebbe servire di un fotografo esterno? Ad esempio, prendi il caso di un catalogo di scarpe da aggiornare in continuazio- ne, qui serve essenzialmente una buona qualità (ma non stratosferica) e la fedeltà di riproduzione del colore. In questi casi basta acquistare una buona reflex, farsi fare da uno specialista un set tarato per le proprie esigenze, un profilo colore per la stampante e via andare. Non ci vuole estro e sperimentazione, quindi non è questo il lavoro che devono cercare oggi i fotografi. Per fortuna ci sono ancora committenti molto esigenti, o con bisogni molto specifici. Riuscendo ad inserirsi in questi settori si può star bene anche adesso. Oggi affronto problematiche molto diverse, in buona parte con clienti diversi, rispetto a solo cinque anni fa; questo perché ho sempre spinto sul concetto “servizi speciali”. Io faccio quasi sempre foto molto particolari, che gli altri non sono in grado di realizzare o semplicemente non hanno mai pensato di fare; ad esempio, nel settore auto, mi sono attrezzato già parecchi anni fa con uno studio molto grande e con la possibilità di effettuare riprese dallʼalto. Non sono in molti a poterlo fare. Oppure, anche parlando di foto da punti di ripresa normali, puoi trovare abbastanza facilmente un fotografo che sia in grado di accontentarti se gli porti lʼauto in studio; io invece mi sono attrezzato per dare la qualità da studio anche in location. Se devi allestire un set di ripresa completo al Musée National de lʼAutomobile di Mulhouse, è veramente difficile trovare chi possa fare un lavoro del genere. Oppure se cʼè un affresco anteriore allʼanno mille, che di fatto nessuno ha più visto negli ultimi otto secoli perché nel 1200 gli hanno costruito davanti un muro ad appena 35cm di distanza, chi mai potrebbe fotografarlo di fronte? Io faccio cose di questo genere. Riesci a lavorare con tempi adeguati o anche nel tuo settore la fretta è diventata la regola? Purtroppo cʼè sempre una grande frenesia, spesso per cattiva organizzazione. Una volta, senza digitale e senza posta elettronica, certi tempi erano imposti a causa di forza maggiore. Adesso che tutti i passi si sono velocizzati, i tempi si sono ristretti di conseguenza. Anche di più: capita che se Manfrotto presenta sei modelli di treppiede, non ci sia nemmeno il tempo di fare i prototipi, così ricevo un prototipo (nemmeno definitivo) e i disegni tecnici dei sei modelli. Da questo materiale devo fare cinque foto (aperto, chiuso, dallʼalto, ecc.) per un treppiede che ancora non esiste. In situazioni del genere, anche chi è bravo con Photoshop fa fatica; però lo accetti, anche perché in questo modo diventi indispensabile per il cliente. Hai collaboratori? In teoria lavoro da solo. Però, dato che PC PHOTO 31 Padula. Paliotto alla base dellʼaltare, realizzato in scagliola, lapislazzuli e madreperla. Qui la difficoltà era “rendere la materia”, dare cioè il senso del materiale per non farlo sembrare dipinto. Anche se credo di saper usare bene le luci, in questo caso ho preferito la luce naturale. Il risultato, nonostante la scarsità di luce disponibile, è merito in larga parte della tecnologia digitale. i miei lavori sono spesso complessi, in genere ho almeno un assistente e spesso più di uno. Si tratta di collaboratori di fiducia, mai scelti a caso. La scelta può dipendere dal tipo di progetto e quindi dalle caratteristiche di questi collaboratori. Che attrezzature impieghi? Con rarissime eccezioni dovute a motivi particolari, lavoro con Hasselblad serie H e relativi dorsi digitali. Il mio obiettivo preferito è lʼHC 80mm f/2,8, ma uso anche il grandangolo HC 35mm f/3,5, il macro HC 120mm f/4 e lo zoom HC 50110 f/3,5-4,5. Ho sempre diffidato degli zoom, ma questo fa eccezione perché è veramente straordinario. Tornando allʼ80mm, è talmente utile che mi capita spesso di fare più scatti con 32 PC PHOTO questo e di unirli per ottenere una foto grandangolare; anche se ho il 50mm, a volte preferisco unire quattro scatti con lʼ80mm, per quel tipo di qualità e di prospettiva. Così quando nei miei corsi dico che le foto supergrandangolari si fanno coi normali, capita che i miei allievi rimangano sconvolti. E invece è proprio così, perché in questo modo si superano le problematiche della fotografia supergrandangolare. A queste relativamente poche attrezzature fotografiche abbino una grande varietà di accessori speciali. Certe attrezzature ho dovuto realizzarle appositamente, come stativi altissimi, butterfly di grandi dimensioni, telai realizzati col sistema componibile Manfrotto Multitube. Realizzando attrezzature particolari occorre considerare tutti i dettagli, ad esempio sui diffusori occorre grande attenzione alle cuciture, che poi si rifletterebbero sulle parti lucide del soggetto. Come sistemi di supporto, utilizzo tanto gli stativi Manfrotto, quanto vari treppiedi. Fuori dallo studio utilizzo i Gitzo Leveling e Traveler. Cosa preferisci come software? Uso molto FlexColor, che è il software di gestione e trattamento delle immagini di Hasselblad ed ha delle possibilità straordinarie. Vedo come viene usato dalla maggior parte dei fotografi e mi rendo conto che io lo sfrutto veramente molto più a fondo della media. Poi naturalmente uso Photoshop, corredato di tutta una serie di plugin prodotti da terze parti. Credo che nessuno al mondo conosca veramente Serge Roche. È un altro lavoro praticamente impossibile, commissionato recentemente da FMR. Era già stato fatto da un fotografo francese con risultati terribili. Sono oggetti alti una trentina di centimetri e le difficoltà della ripresa sono costituite dai riflessi delle superfici a specchio e dallo sfondo nero, richiesto dal committente. In questi casi non è possibile scattare su fondo bianco per poi scontornare i soggetti col nero, lʼocchio esperto se ne accorgerebbe. Roberto Bigano ritratto da Francesco Piras, un suo allievo durante un corso. Francesco è diventato uno dei suoi allievi più promettenti. www.francescopiras.eu tutto Photoshop, per le sterminate potenzialità di cui è dotato. Guardando come lo usano gli altri, scopri che per arrivare ad un certo risultato ci sono più strade e ciascuno usa quella che ha scoperto o che più gli piace per qualche ragione. Però non è detto che tutti i metodi portino a risultati davvero simili. Essendo arrivato al digitale relativamente tardi, ho dovuto imparare tanto in poco tempo ed ho scoperto che per raggiungere livelli elevati devi conoscere molto bene certi meccanismi. Quindi direi che devi identificare dieci aspetti che sono fondamentali per il tuo lavoro e poi li devi approfondire veramente. Ad esempio, allʼinterno di Photoshop, cʼè Photomerge che serve ad unire le immagini. Molti fotografi lo considerano troppo limitato e quando faccio loro vedere cosa riesco a fare, non ci credono. In realtà non è il software ad essere limitato, ma la loro conoscenza. Oppure cʼè un plug-in di ottimizzazione dellʼimmagine che si chiama Key-flow; è a chiavetta ed è molto costoso. Fino a poco tempo fa costava 4900 euro e adesso è “sceso” a 2900 euro, ma ti garantisco che tra averlo e non averlo cʼè una bella differenza. Con FlexColor e Photoshop dotato dei plug-in che mi interessano ci faccio il 90% del lavoro. Per lʼarchiviazione uso MediaDex. Dario Bonazza PC PHOTO 33