Il Jobs Act e le collaborazioni sportive
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Il Jobs Act e le collaborazioni sportive
LAVORO E PREVIDENZA Il Jobs Act e le collaborazioni sportive di Ernesto Russo - avvocato Nella seduta del 20 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri ha approvato i primi decreti legislativi per il settore privato in attuazione della L. n.183/14 (meglio nota come “Jobs Act”). La previsione di specifico interesse per il mondo dello sport è contenuta all’art.47 dello schema di decreto legislativo (“Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni”) che, al momento, è stato esaminato dal CdM solo in via preliminare (l’approvazione in via definitiva, prevista per aprile, avverrà dopo il parere non vincolante delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato). I tratti salienti della riforma Per i licenziamenti discriminatori resta la reintegrazione nel posto di lavoro. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo nel caso in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi (ad es. motivi economici) in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti licenziamenti ingiustificati, non si avrà diritto alla reintegra ma viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del Giudice (risarcimento in misura pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi). Per le piccole imprese (sino a 15 dipendenti) la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio (con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità). Prima di analizzare nello specifico la previsione che riguarda le prestazioni rese in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche, pare opportuno delineare - seppur brevemente - le linee direttrici della nuova politica del lavoro attuata dal Governo. Sin qui la competitività del mercato del lavoro italiano è stata perseguita agendo sui rapporti di tipo flessibile senza che mai vi fosse un intervento deciso sul contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ciò ha fatto sì che le imprese fossero incentivate all’utilizzo di forme contrattuali sì flessibili e meno onerose ma, al contempo, precarie e con scarse tutele. Il Governo Renzi sta cercando di ribaltare la prospettiva passando dalla flessibilità delle forme contrattuali alla flessibilità nell’organizzazione delle imprese. E per farlo sta incentivando l’utilizzo del contratto a tempo indeterminato ritenendo che con esso possa aumentare la produttività anche in considerazione degli investimenti formativi che il datore di lavoro può così programmare. Per raggiungere l’obiettivo si è fatta leva su una forte riduzione del costo del (solo) contratto a tempo indeterminato ed una nuova flessibilità interna alla gestione del rapporto. Ci si riferisce, in particolare, alla possibilità di assegnazione a mansioni del livello di inquadramento inferiore - senza modifica del trattamento economico salvo trattamenti accessori - in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore o a mezzo di contrattazione collettiva (riscrittura dell’art.2103 cod.civ.). La novità di maggiore rilievo è, però, costituita senz’altro dal c.d. “contratto a tutele crescenti” la cui disciplina è contenuta nel D.Lgs. n.23/15 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.54 del 6/03/15. La disciplina si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto (7 marzo 2015) e prevede un nuovo regime dei licenziamenti individuali e collettivi. Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata per cui viene prevista una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad 1 mese per ogni anno di servizio (non inferiore a 2 e sino ad un massimo di 18 mensilità). V’è da considerare, inoltre, che la Legge di Stabilità 2015 aveva già introdotto delle importanti agevolazioni per le nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2015 e per cui è stato previsto uno sconto dei contributi Inps per una durata massima di 3 anni per un totale massimo di 8.060 euro all’anno. Lo sgravio non comprende, e quindi lascia a carico del datore, il Tfr e i premi e i contributi Inail. Il bonus potrà essere fruito dal datore di lavoro a patto che assuma un lavoratore che: a) non abbia avuto nei 6 mesi precedenti all’assunzione rapporti di lavoro a tempo indeterminato, presso qualsiasi datore; 34 Associazioni e Sport n. tre 2015 LAVORO E PREVIDENZA b) non abbia avuto negli ultimi 3 mesi del 2014 un contratto a tempo indeterminato con lo stesso datore che realizza l’assunzione agevolata (anche attraverso società collegate). Va rilevato che sempre nella recente Legge di Stabilità è stato previsto che la base imponibile dell’Irap venga ridotta tramite l’integrale deduzione del costo sostenuto in riferimento ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Restano escluse dal beneficio le imprese che hanno alle proprie dipendenze collaboratori a progetto e lavoratori assunti con contratti a tempo determinato: per tali categorie di lavoratori, a decorrere dal 2015, continueranno ad essere applicate le “vecchie” deduzioni forfetarie. Da segnalare, infine, che nelle disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali (anch’esse già vigenti) viene prevista (al momento solo per il 2015) un’indennità di disoccupazione per i co.co.co iscritti alla Gestione separata Inps (denominata Dis-Col - Disoccupazione per i collaboratori). Per aver diritto all’indennità è necessario aver versato almeno 3 mesi di contributi nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento. L’importo della Dis-Col è rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità, come le altre che sono state introdotte (v. Naspi e Asdi), è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive tese al reinserimento lavorativo. Tale disposizione iniziale orienta la lettura dell’intero testo sul presupposto che eventuali profili di illegittimità comporteranno la necessaria riconduzione al lavoro a tempo indeterminato. Il Titolo II dedicato alle collaborazioni coordinate e continuative è rubricato, per l’appunto, “Riconduzione al lavoro subordinato” e si apre con l’art.47 che prevede, a far data dal 1° gennaio 2016, l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni con prestazioni esclusivamente personali, continuative di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. La disciplina mira chiaramente al “superamento del contratto a progetto” - tant’è che gli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n.276/03 (c.d. “Legge Biagi”) rimangono in vigore esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto all’entrata in vigore del decreto - ma introduce un meccanismo presuntivo di non esemplare chiarezza laddove non viene disposta un’automatica riconversione contrattuale (tipica invece della “riforma Fornero”). Vengono meno, inoltre, le presunzioni di riqualificazione per le c.d. “false partite Iva”. Vengono escluse dalla “presunzione” di subordinazione: • le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi sul piano nazionale; • le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali con iscrizione all’albo; • le attività prestate dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi o commissioni; • nonché le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche. Riordino delle tipologie contrattuali e superamento del contratto a progetto Nei 55 articoli di cui si compone lo schema di decreto attualmente all’esame delle Commissioni Parlamentari c’è spazio praticamente per tutte le tipologie contrattuali (lavoro a tempo parziale, intermittente, a tempo determinato, somministrazione, apprendistato, co.co.co. e lavoro accessorio). A una prima lettura può dirsi che l’unica tipologia contrattuale abrogata tout court è l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro (fattispecie invero utilizzata di frequente nei centri sportivi per la gestione dei posti di ristoro), facendo comunque salvi i contratti in essere fino alla scadenza. Il decreto si apre con una norma di principio per cui: Fatta eccezione, dunque, per i casi sopra riportati, si ha - di fatto - un ritorno all'originaria collaborazione coordinata e continuativa che per essere genuinamente tale non avrà necessità di alcun progetto (o programma di lavoro) ma non potrà essere di contenuto ripetitivo ed etero – diretta pena l’applicazione della disciplina propria del lavoro subordinato a tempo indeterminato (a tutele crescenti). Secondo la giurisprudenza di legittimità: • la continuità ricorre quando la prestazione perduri nel tempo e comporti un impegno costante del prestatore a favore del committente; “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”. 35 Associazioni e Sport n. tre 2015 LAVORO E PREVIDENZA • la coordinazione, quando vi è una connessione funzionale derivante da un protratto inserimento nell’organizzazione aziendale o, più in generale, nelle finalità perseguite dal committente; • la personalità quando vi è la netta prevalenza del lavoro personale del collaboratore rispetto ad altri fattori. sposizione. L’articolo 61, co.3 D.Lgs. n.276 (che oggi verrebbe abrogato) esclude già oggi dal campo di applicazione delle norme riservate alle collaborazioni a progetto: “le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali é necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, nonché i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal CONI, come individuate e disciplinate dall’art.90 della L. n.289/02. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente capo i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia”. Ed il comma 1 fa comunque salva “la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché delle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center outbound”. Pertanto, anche se le co.co.co. non avranno più bisogno del “progetto”, le stesse dovranno presentare tutti i requisiti, di autonomia ed effettività, che consentono di sottrarli alla sfera del lavoro subordinato e ricondurli quindi alla tutela giurisdizionale di cui all’art.409 c.p.c.. Viene, inoltre, previsto che se i datori di lavoro privati stabilizzeranno sino al 31 dicembre 2015 con assunzioni a tempo indeterminato co.co.pro. e titolari di partita Iva in sostanziale monocommittenza, vedranno estinte le violazioni previste in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali (non si fa riferimento alle sanzioni amministrative) derivanti dall’erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso. La stabilizzazione dovrà essere suggellata da atto di conciliazione da sottoscrivere in sede protetta con il divieto per il datore di lavoro di recesso nei 12 mesi successivi (salvo che per comprovati motivi disciplinari). Le collaborazioni svolte in questi ambiti specifici, pertanto, non hanno sinora avuto necessità di essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente. Tale esonero, dunque, ha già consentito a tali collaborazioni di non venire sin qui attratte nella disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato pur in assenza di progetto. In prima approssimazione può affermarsi che, sotto questo profilo, poco o nulla è cambiato rispetto a quanto sin qui previsto dall’art.61, D.Lgs. n.276 cit. (fatta eccezione per mini co.co.co. e pensionati di vecchiaia e considerando che per agenti e operatori di call center esistono degli specifici accordi collettivi nazionali). E anche per le collaborazioni in ambito sportivo dilettantistico può sommariamente affermarsi che nulla sia sostanzialmente mutato. Ma, nonostante qualcuno tirerà un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di venire attratti nella disciplina generale, io credo che si stia rischiando di perdere un’occasione per fare definitiva chiarezza ed evitare il perpetrarsi di interpretazioni strumentali. A dire il vero, però, nel testo pare cogliersi un primo sforzo in questa direzione. Le collaborazioni sportive dilettantistiche L’articolo 47, come detto, ha fatto salve dall’applicazione della disciplina del lavoro subordinato: “le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI come individuati e disciplinati dall’art.90 L. n.289/02”. Una prima considerazione può essere fatta, senza possibilità di smentita. Il Legislatore, ancora una volta, si appresta a riconoscere la specificità dello sport e delle prestazioni svolte in questo settore. Lo ha fatto a suo tempo con la L. n.91/81 in ambito professionistico ma specifica attenzione ha mostrato a più riprese anche alle prestazioni rese in ambito dilettantistico. Da ultimo, si citano l’art.67, co.1, lett.m) Tuir e l’art.61, co.3, D.Lgs. n.276/03. Ebbene, la norma che il Consiglio dei Ministri si appresta a varare pare ricalcare proprio tale ultima di- 36 Associazioni e Sport n. tre 2015 LAVORO E PREVIDENZA La previsione di cui all’art.61, D.Lgs. n.276/03 e quella dell’art.47 dello schema di decreto sul riordino delle collaborazioni, infatti, sono sul punto sostanzialmente sovrapponibili ma vi è qualche differenza terminologica a mio avviso non casuale e non trascurabile. Laddove la Legge Biagi parlava di rapporti ed attività di collaborazione coordinata e continuativa, il testo odierno è senz’altro più “coraggioso” e si riferisce esplicitamente a “prestazioni di lavoro”. Proprio tale riferimento esplicito al “lavoro” parrebbe allontanare il dettato normativo in commento dalla disciplina di cui all’art.67, co.1, lett.m) Tuir. L’articolo 67 prevede che siano redditi diversi: ed assistenza. Si intravedono, poi, anche altre ragioni che suggeriscono cautela nel riferire immediatamente il dettato di prossima emanazione al già vigente art.67 Tuir. Una la si individua nel testo dello schema di decreto laddove questo si riferisce alle sole ASD/SSD non citando le FSN/DSA/EPS ed il CONI se non in relazione al necessario riconoscimento dei sodalizi dilettantistici da parte di questi Enti. Così avveniva già nell’art.61, D.Lgs. n.276/03 a differenza di quanto, invece, previsto nell’art.67 Tuir che, riferendosi a prestazioni per “esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” fa riferimento primario agli emolumenti erogati dal CONI, dalle Federazioni, Discipline ed Enti di Promozione e, solo in secundis, agli organismi da questi riconosciuti (ASD/SSD). A chi scrive non pare una differenza di scarso rilievo e non può non evidenziarsi che, a stretto rigore, quanto previsto nel decreto attuativo del Jobs Act non può riferirsi anche a CONI, FSN, DSA ed EPS. Ulteriore motivo è da riferirsi al dettato dell’art.67 che prevede il medesimo regime analizzato in relazione alle prestazioni sportive dilettantistiche anche per “se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni … né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente … le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi … erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto”. “le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche”. E, come noto, tale fattispecie, oltre ad avere una fascia di neutralità fiscale pari a 7.500 euro, è esonerata dal versamento di qualunque forma di contribuzione proprio in virtù del fatto che il reddito deriva da una prestazione diversa da quella di lavoro (subordinato o autonomo). Sostenere, dunque, che la fattispecie esonerativa prevista nello schema di decreto, oltre a non far correre il rischio di una trasformazione in rapporti di lavoro dipendente, sia anche riferibile al regime fiscale (e previdenziale) di cui agli art.67-69 Tuir pare allo stato abbastanza ardìto. Appare arduo sostenere che le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore di ASD/SSD possano mantenere una loro legittimità costituzionale in riferimento all’art.38, che dispone la copertura previdenziale ed assistenziale di tutti i lavoratori, laddove le si ritenesse rientranti sic et simpliciter nell’ambito di applicazione dell’art.67 cit. estraneo a qualunque forma di contribuzione. E parrebbe quantomeno singolare che una riforma che ha il dichiarato intento di dare tutele (anche sotto il profilo degli ammortizzatori sociali) a chi sinora ne è stato privo, possa riconoscere una categoria di “lavoratori” esonerati da ogni forma di previdenza Qualora la norma oggetto di odierno studio avesse voluto riferirsi all’art.67, co.1, lett.m) Tuir avrebbe più correttamente dovuto far riferimento anche alle prestazioni rese in favore di cori, bande e filodrammatiche dilettantistiche al fine di evitare ingiustificabili disparità di trattamento. Così non è e, forse, non potrebbe neanche essere laddove all’art.67 Tuir si fa riferimento esplicito alle “prestazioni di natura non professionale” mentre all’art.47 del nuovo schema di decreto il riferimento altrettanto esplicito è alle “prestazioni di lavoro”. Il “lavoro sportivo dilettantistico” V’è, però, un orientamento giurisprudenziale affatto trascurabile che potrebbe condurre anche a differenti conclusioni laddove la specificità chiaramente riconosciuta alle prestazioni in ambito sportivo si spingesse sino a prestazioni di natura prettamente “lavorativa”. In questo senso si è espressa recentemente la Corte d’Appello di Milano (sent. C.d.A. Milano, Sez. Lav., 37 Associazioni e Sport n. tre 2015 LAVORO E PREVIDENZA n.1172/14 pubblicata il 16/01/15) laddove ha statuito che: Tra le tante lucide ricostruzioni e statuizioni circa la normativa in materia di attività sportiva dilettantistica, la Cassazione - annullando con rinvio la sentenza impugnata in accoglimento del ricorso - ha avuto modo di affermare “la necessità di verificare quando un’attività resa nell’ambito delle associazioni sportive dilettantistiche abbia carattere professionale” facendo riferimento a giurisprudenza di legittimità in questo senso4. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale fatto proprio dalla Suprema Corte, andrebbe valoririzzato l’incipit dell’art.67 cit. laddove si ritengono rientranti nei redditi diversi le prestazioni che non abbiano i connotati della subordinazione né della professionalità. Assumerebbero, dunque, “il requisito della professionalità è richiesto dalla legge solo per le manifestazioni di cori, bande musicali e filodrammatiche, mentre nella seconda parte della norma (art.67, lett.m cit.) – dedicata alle attività sportive vere e proprie – non vi è alcun riferimento alla non professionalità della collaborazione (vedi C. App. Firenze, n.6383/14)”. Ad avviso delle Corti milanese e fiorentina1, dunque, il Legislatore avrebbe già ritagliato il perimetro del professionismo (L. n.91/81) e, quindi: “tutte le collaboraziomi svolte nell’ambito dello sport dilettantistico, seguono il regime agevolato a prescindere dalla continuità e abitualità della prestazione svolta da chi collabora in tale ambito. Ciò che conta è che le collaborazioni vengano svolte a favore di organismi che perseguono finalità sportive dilettantistiche riconosciuti dal CONI o dagli Enti di Promozione Sportiva”. “specifica rilevanza l’abitualità e/o ripetitività dell’attività, l’utilizzazione di particolari e specifiche conoscenze tecniche e la non irrisorietà o marginalità delle somme percepite rispetto al reddito medio”. Conclusioni Si è sin qui cercato di fornire l’interpretazione sistematica della norma di prossima emanazione dando corpo a due possibili interpretazioni che hanno anche il conforto di autorevole giurisprudenza. Permangono, dunque, delle criticità che auspichiamo possano essere sollevate nel corso del dibattito parlamentare ed auspicabilmente risolte dal Legislatore delegato prima della definitiva approvazione. Si dovrebbe partire, probabilmente, da un chiarimento circa il riferimento all’art.90, L. n.289/02. L’attuale testo parla di “prestazioni di lavoro … come individuati e disciplinati dall’art.90 L. n.289/02”. Non si vuole in questa sede fare l’esegesi letterale della norma ma è sufficiente rileggerla con attenzione per capire che il riferimento al “maschile” (individuati e disciplinati) risulterebbe riferibile solo agli Enti di Promozione Sportiva che non hanno, invece, alcuna specifica attinenza alla norma citata. Il riferimento sarebbe, invece, più opportunamente da farsi al “femminile” (individuate e displinate) ma andrebbe, comunque, chiarito se in relazione alle associazioni e società sportive dilettantistiche o alle prestazioni di lavoro (o ad entrambe). Nel primo caso, infatti, si ribadirebbe il riferimento ad ASD/SSD riconosciute dal CONI (previa affiliazione a FSN, DSA o EPS) nel rispetto di quanto previsto ai commi 17 e 18 dell’art.90, L. n.289/02. Nella seconda ipotesi, invece, si potrebbe legge- Secondo tale autorevole orientamento giurisprudenziale, il mancato riferimento alla non professionalità per le prestazioni sportive dilettantistiche sarebbe singnificativo della voluntas legis di non attribuire alcuna rilevanza a detto requisito. Ci sarebbe “una sorta di presunzione del carattere non professionale delle prestazioni in esame”2. Tale tipo di rapporti si porrebbe al di là ed al di fuori dei rapporti di lavoro (subordinati o autonomi che siano) in quanto ne è diversa la causa intesa quale ragione giuridica che concretamente induce una persona a svolgere una determinata prestazione in favore di un determinato soggetto ed in un particolare contesto organizzativo. Il “lavoro sportivo”, del resto, è sempre stato di difficile qualificazione se solo si pensa al regime previsto dalla L. n.91/81 per gli sportivi professionisti (essi certamente lavoratori) che ha fatto ritenere che tale prestazione possa considerarsi alla stregua di un “tertium genus”. Le prestazioni d’opera nello sport dilettantistico sarebbero, dunque, caratterizzanti un modello contrattuale che non può avere altri o diversi contenuti se non quelli previsti e tipizzati dalla legge speciale. Per completezza, però, non si può non riferire di quanto affermato recentemente, pur in maniera incidentale, dalla Suprema Corte3. Oltreché di altri Tribunali – v. sent. Trib. Venezia, Sez. Lav., n.1060/10. Così in sent. C.d.A. Milano, Sez. Lav., n.1172/14. 3 Cass., Terza Sez., sent. n.31840/14. 1 2 V. Trib. Roma, Sez. Lav., 11/07/13 e Trib. Firenze, Sez. Lav. 6/06/13. 4 38 Associazioni e Sport n. tre 2015 LAVORO E PREVIDENZA re la norma in relazione a quanto disposto al co.3 dell’art.90 che ha previsto che il regime di cui all’art.67, co.1, lett.m. (c.d. 7.500 euro) fosse applicabile anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale rese in favore di ASD/SSD (e poi esteso anche a FSN, DSA ed EPS dalla L. n.14/09). La differenza è, evidentemente, di non poco momento e comporterebbe un mutamento di scenario nel panorama delle collaborazioni sportive dilettantistice. Speriamo, dunque, che ci possa essere margine per correggere e chiarire il testo onde evitare di perpetuare il dibattito interpretativo che dalla sede dottrinale si è già spostato da anni in sede giudiziaria all’esito di numerosissime ispezioni. Se il Jobs Act ha l’intento di dare tutele certe e ridurre il ricorso ai Tribunali, auspichiamo che ciò possa avvenire anche nel mondo dello sport dando la possibilità ai tanti operatori del settore di poter finalmente pianificare con maggiore tranquillità l’inquadramento delle risorse umane. Vi è, poi, un ultimo aspetto che, più probabilmente, sarà chiarito in sede di prassi amministrativa. Si è già detto sopra che la riconduzione al lavoro subordinato non avverrà, oltreché, per le prestazioni di lavoro rese in favore di ASD/SSD anche per i collaboratori iscritti ad albi professionali. Sul punto si rileva che, all’epoca della “riforma Fornero” (L. n.92/12) i professionisti iscritti ad albi professionali tenuti o control- lati da una Pubblica Amministrazione non vennero ricompresi nel regime presuntivo di cui all’art.69-bis D.Lgs. n.276/03 (c.d. “false Partite Iva” - che oggi verrebbe abrogato). Con D.M. del 20/12/12, il Dicastero del Lavoro chiarì che la presunzione non si applicava nei confronti degli iscritti agli albi tenuti dalle Federazioni Sportive Nazionali. Pur con un regime e delle conseguenze diverse in termini di trasformazioni del rapporto si riproporrà il medesimo problema e, pertanto, si dovrà chiarire se anche i tecnici iscritti agli albi federali siano da ritenersi ricompresi nella fattispecie esonerativa in questione. Ricordiamo, infatti, che pur essendo le Federazioni Sportive Nazionale dei soggetti di diritto privato svolgono delle funzioni pubblicistiche delegategli dall’Ente Pubblico CONI e, tra queste, vi è la formazione dei quadri tecnici. Può conclusivamente affermarsi che le disposizioni sopra esaminate necessiterebbero di un ulteriore approfondimento da parte del Parlamento, e in particolare del Governo, stante la specificità dello sport ed il coacervo di norme ad esso riferibili e di non univoca interpretazione. Per quanto riguarda il disegno politico più complessivo, è innegabile che vengano offerte nuove opportunità per incentivare assunzioni e “stabilizzazioni”. L’effettiva “convenienza” verrà valutata dal mondo dello sport solo allorquando si farà definitiva chiarezza sul fronte delle “collaborazioni sportive” in sede di emanazione del decreto sul riordino delle forme contrattuali. Seminari di specializzazione 1 giornata LE PRESTAZIONI D’OPERA NEGLI ENTI NO PROFIT Bologna 14 aprile 2015 Verona 08 aprile 2015 ACCEDI AL SITO 39 Associazioni e Sport n. tre 2015