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E. Pavione Lo sviluppo dei cluster innovativi nel campo Pharma-Biotech: esperienze internazionali a confronto 2009/1 UNIVERSITÀ DELL'INSUBRIA FACOLTÀ DI ECONOMIA http://eco.uninsubria.it In questi quaderni vengono pubblicati i lavori dei docenti della Facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria. La pubblicazione di contributi di altri studiosi, che abbiano un rapporto didattico o scientifico stabile con la Facoltà, può essere proposta da un professore della Facoltà, dopo che il contributo sia stato discusso pubblicamente. Il nome del proponente è riportato in nota all'articolo. I punti di vista espressi nei quaderni della Facoltà di Economia riflettono unicamente le opinioni degli autori, e non rispecchiano necessariamente quelli della Facoltà di Economia dell'Università dell'Insubria. These Working papers collect the work of the Faculty of Economics of the University of Insubria. The publication of work by other Authors can be proposed by a member of the Faculty, provided that the paper has been presented in public. The name of the proposer is reported in a footnote. The views expressed in the Working papers reflect the opinions of the Authors only, and not necessarily the ones of the Economics Faculty of the University of Insubria. © Copyright E. Pavione Printed in Italy in April 2009 Università degli Studi dell'Insubria Via Monte Generoso, 71, 21100 Varese, Italy All rights reserved. No part of this paper may be reproduced in any form without permission of the Author. LO SVILUPPO DEI CLUSTER INNOVATIVI NEL CAMPO PHARMA-BIOTECH: ESPERIENZE INTERNAZIONALI A CONFRONTO Enrica Pavione∗ Aprile 2009 Abstract Lo sviluppo della scienza biotecnologica, soprattutto in campo sanitario, ha favorito lo sviluppo di modelli organizzativi d’impresa originali, in cui fattore di successo è la capacità di unire intorno a progetti complessi una pluralità di attori dotati di competenze distintive diverse e complementari. Ciò ha portato alla nascita di cluster innovativi tra soggetti diversi attivi in ambiti ad alto potenziale di ricerca, che permettono di superare l’incertezza e la complessità dei percorsi di R&S. Nel quadro internazionale, le esperienze maturate negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei (Francia e Germania in primis), pur con differenze significative, si sono tradotte nella ricerca di forme originali di cooperazione tra soggetti pubblici e privati, in cui spicca il ruolo di una cabina di regia, specie nelle fasi di avvio delle iniziative di aggregazione. In questo quadro, il paper, dopo un approfondimento dei caratteri distintivi dei cluster biotecnologici e dell’esperienza americana, focalizza l’attenzione sull’analisi del caso francese e tedesco, le cui soluzioni istituzionali e imprenditoriali spesso innovative e mirate ad una logica strategica di lungo periodo offrono interessanti spunti di riflessione per l’avvio di una politica industriale europea per il settore biotecnologico, sorretta da strategie comuni. 1. Lo sviluppo delle biotecnologie in ambito sanitario Negli ultimi decenni, le biotecnologie hanno conosciuto un forte sviluppo nell’ambito dei paesi industrializzati1. In alcuni settori esse svolgono un ruolo centrale. È il caso della sanità, dove le moderne tecniche biotecnologiche possono trovare diverse modalità di applicazione: la realizzazione di metodi di produzione innovativi per i farmaci, ∗ Dipartimento di Economia, Università degli Studi dell’Insubria, via Monte Generoso 71, 21100 Varese, Italia – e-mail: [email protected]. Il presente lavoro si inserisce in un più ampio progetto di ricerca dal titolo “Lo sviluppo dei cluster tecnologici nel campo delle biotecnologie: modelli strategici innovativi a confronto”, finanziato dal Centro Studi sul Federalismo di Moncalieri (Torino). 1 L’OCSE definisce la biotecnologia come “l’applicazione delle scienze e della tecnologia ad organismi viventi, nonché a parti, a prodotti e a modelli di organismi viventi, per modificare materiali viventi o non viventi per la produzione di conoscenza, di merci e di servizi”. Fonte: http://stats.oecd.org/glossary/index.htm. attraverso lo studio dei meccanismi cellulari delle malattie, la scoperta di molecole con proprietà terapeutiche innovative, la diagnostica, la terapia genica e l’utilizzo di cellule staminali a fini terapeutici. Lo sviluppo della scienza biotecnologica si è affermata con una velocità ed intensità tale da mettere in discussione i tradizionali percorsi di sviluppo di molte grandi imprese farmaceutiche, chiamate a reperire nuove risorse umane qualificate, a modificare, almeno in parte, le proprie procedure di ricerca e a ridefinire l’organizzazione delle attività ad alto potenziale di innovazione. Ciò si verifica sia per la complessità e la multidisciplinarità delle nuove tecnologie2, sia per le difficoltà incontrate dalle imprese farmaceutiche tradizionali, focalizzate, nel corso del tempo, intorno a competenze firm specific, nel procedere con rapidità all’adozione delle nuove tecniche di scoperta dei farmaci. In questo quadro, la maggiore complessità delle nuove metodologie di R&S3 pone una serie di interrogativi relativi alla definizione di nuovi modelli di impresa e nuovi sistemi di organizzazione del lavoro4. L’impatto sui processi di scoperta dei farmaci e sulla struttura delle imprese si risolve in un processo di continua trasformazione e ristrutturazione. La possibilità/necessità di affidarsi a competenze esterne per molte delle attività tradizionalmente integrate verticalmente in un’unica impresa5 porta, in prima approssimazione, allo sviluppo di due percorsi strategici, non alternativi6. Da un lato, la multidisciplinarità delle nuove metodologie di R&S biotecnologica accentua il percorso di crescita attraverso le fusioni e le acquisizioni; si afferma progressivamente il cosiddetto modello bio-farmaceutico, attraverso l’acquisizione di aziende biotecnologiche da parte delle imprese farmaceutiche. Dall’altro lato, si 2 M. HOPKINS, P.A. MARTIN, P. NIGHTINGALE, A. KRAFT, S. MAHDI, “The Myth of the Biotech Revolution: an Assessment of Technological, Clinical and Organisational Change”, in Research Policy, no. 36, 2007, pp. 566-589. 3 Il paradigma biotecnologico consente di applicare un metodo innovativo per la generazione e lo sviluppo di nuovi farmaci, in contrapposizione al tradizionale metodo della sintesi chimica. Quest’ultimo è incentrato sulla realizzazione di nuove molecole chimicamente possibili da provare successivamente sul modello biologico con uno screening casuale di migliaia di composti, mentre con la biotecnologia si utilizzano sostanze naturali derivate organicamente, per sintetizzarle in farmaci. 4 Per approfondimenti si veda E. PAVIONE, L’impatto delle biotecnologie sulla struttura del settore farmaceutico: verso nuove forme di impresa, Insubria University Press, Varese, 2007. 5 Si fa riferimento ad una molteplicità di attività che vanno dallo screening delle molecole attive, ai test su animali, al process development, ai clinical trials. 6 O. GASSMANN, G. REEPMEYER, M. VON ZEDTWITZ, Leading Pharmaceutical Innovation, SpringerVerlag, Heidelberg, 2004. 2 affermano modelli organizzativi d’impresa originali, in cui elemento centrale è la capacità di unire intorno a progetti complessi una pluralità di attori dotati di competenze diverse e complementari: grandi imprese farmaceutiche, imprese biotecnologiche, università, istituzioni pubbliche, centri di ricerca, etc. Vengono a delinearsi, in questo modo, cluster innovativi7 tra soggetti diversi dotati di elevate competenze distintive e attivi in ambiti ad alto potenziale di ricerca. L’aggregazione delle imprese farmaceutiche e biotecnologiche nell’ambito di cluster innovativi permette di superare contemporaneamente i limiti intrinseci nel modello di sviluppo tradizionale delle imprese farmaceutiche e quelli propri delle aziende biotecnologiche. Per le prime, la collaborazione con le imprese biotecnologiche permette di attingere ad un patrimonio importante di risorse e competenze distintive e di superare la crisi di produttività che sta caratterizzando il settore negli ultimi anni. Per le imprese biotecnologiche, le tendenze che stanno emergendo a livello internazionale - in primis i cambiamenti scientifici e tecnologici e l’evoluzione della domanda e dell’offerta di salute -suggeriscono la necessità di superare i tradizionali modelli di business in favore di forme collaborative maggiormente strutturate. Il grado di conoscenza sviluppato in ambito biotecnologico è infatti tale da rendere sempre più difficile la gestione dei processi in unità autonome ed autosufficienti, ma comporta il necessario coinvolgimento di una pluralità di attori, con differenti tipologie di competenze e livelli di specializzazione. 7 Nel mutato scenario competitivo dominato dalla knowledge economy, uno dei fenomeni che sta emergendo con forza è quello della concentrazione spaziale di attività ad alto contenuto tecnologico, che si sta affermando non solo nei paesi più avanzati, ma anche in quelli emergenti. Per identificare queste aree di concentrazione di attività high-tech, la letteratura utilizza diverse espressioni: distretto tecnologico, cluster tecnologico o innovativo, innovative milieu, valley, etc. Le diverse espressioni presentano significati similari e, al di là delle differenze nominali, rimarcano soprattutto l’aspetto della concentrazione geografica. Nel presente lavoro viene utilizzata l’espressione cluster tecnologico e/o innovativo, per sottolineare sia l’aspetto della contiguità territoriale, che il carattere innovativo delle attività svolte. Per approfondimenti, si vedano: R. CAMAGNI, “The Concept of Innovative Milieu and its Relevance for Public Policy in European Lagging Regions”, in Papers in Regional Science, 4 (317), 1995; P. COOKE, “Regional Innovation Systems, Cluster and the Knowledge Economy”, in Industrial and Corporate Change, 10 (4), 2001, pp. 945-974; A. ISAKSEN, E. HAGUE, Regional Clusters in Europe, European Community, Luxembourg, 2002; C. LAWSON, Territorial Clustering and High-Technology Innovation: from Industrial Districts to Innovative Milieux, ESRC Centre for Business Research, University of Cambridge, Working Paper, no. 54, 1997. 3 In questo quadro, l’aggregazione intorno a cluster innovativi permette di superare l’incertezza e la complessità dei percorsi di ricerca e sviluppo, attraverso l’attivazione di un fitto tessuto di legami e di risorse tra soggetti diversi. 2. I cluster biotecnologici nell’esperienza internazionale A livello internazionale, pur con differenze sostanziali, spicca quale peculiarità dei cluster biotecnologici (e, in generale, di tutti i cluster attivi nei settori knowledge intensive) la presenza di una cabina di regia che ne governa lo sviluppo, specie nelle fasi iniziali del ciclo di vita. A differenza dei distretti manifatturieri tradizionali, nati spontaneamente secondo logiche di tipo bottom up, il fattore di innesco dei cluster tecnologici è spesso rappresentato dall’intervento dell’attore pubblico o dall’iniziativa di un’impresa, in una prospettiva di tipo top down. Elemento chiave che accomuna i cluster innovativi e i distretti manifatturieri è la dimensione territoriale, che permette di valorizzare le specificità locali, sfruttare le economie che derivano dall’agglomerazione e accrescere l’attrattività di un territorio. La concentrazione geografica favorisce inoltre lo sviluppo della dimensione relazionale tra i vari attori economici e promuove la diffusione di nuove conoscenze8. L’analisi delle esperienze internazionali suggerisce la presenza, con qualche approssimazione, di due modelli di sviluppo dei cluster innovativi: il primo, di matrice anglosassone, vede nella presenza di imprese e/o di università il motore di avvio delle esperienze innovative; il secondo, tipico dell’Europa continentale, riconosce un ruolo chiave all’iniziativa pubblica. Gli elementi di contaminazione tra i due modelli sono numerosi. Il primo modello comprende, in modo particolare, le esperienze maturate negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Negli Stati Uniti, il ruolo di cabina di regia è stato svolto soprattutto dalle università, e in particolare dalle iniziative degli studiosi e dalla loro capacità di tradurre le ricerche scientifiche in attività imprenditoriali di successo. I legami che storicamente le università hanno con il tessuto produttivo e il contesto istituzionale nel quale esse operano sono alla base del successo dei cluster tecnologici. La Gran Bretagna presenta 8 M. STORPER, “Le economie locali come beni relazionali”, in Sviluppo locale, no. 5, 1997, pp. 5-42. 4 una situazione per molti versi simile agli Stati Uniti; l’analisi delle principali esperienze di cluster innovativi, non solo biotecnologici, testimonia il ruolo chiave delle università come volano per l’avvio di iniziative nei settori ad alta intensità di conoscenza. Nell’ambito del modello anglosassone, va comunque sottolineato, in molti casi, il ruolo dell’iniziativa pubblica, che interviene con strumenti differenziati, che spaziano dalla leva fiscale, alla mobilitazione di risorse dedicate alla ricerca nei settori di punta. L’Europa continentale, pur presentando situazioni differenziate, vede, in generale, la presenza di cluster innovativi, in cui il fattore di avvio viene largamente a dipendere dall’iniziativa pubblica. Si tratta di una soluzione organizzativa che trae origine dalla visione che storicamente è stata assegnata all’attore pubblico, come soggetto responsabile della tutela dell’interesse generale. I cluster originati su iniziativa dell’attore pubblico, secondo logiche di tipo top down costituiscono spesso il frutto dell’intersezione di diverse tipologie di intervento pubblico: le politiche di gestione del territorio e di sviluppo locale e/o regionale, le politiche di supporto alla ricerca e all’innovazione, le politiche volte al miglioramento della competitività delle imprese. In alcuni casi, dopo una fase iniziale caratterizzata dall’avvio spontaneo di iniziative di aggregazione, l’intervento pubblico si pone come strumento per sostenere lo sviluppo del cluster e per guidarne le traiettorie strategiche. In questa prospettiva, i cluster tecnologici si pongono come strumenti integrati di sviluppo del territorio, che coinvolgono il pubblico e il privato nella creazione, diffusione, apprendimento e applicazione di nuova conoscenza. In questa ottica i cluster e le regioni da essi interessate assumono la funzione di beni collettivi, sia dal punto di vista delle imprese, che da quello del soggetto pubblico9. La concezione di cluster tecnologico come strumento di politica industriale si trova al centro delle iniziative avviate da alcuni Stati e regioni europei, che vedono tali realtà quali strumenti privilegiati per il rilancio dell’innovazione nei sistemi territoriali. 9 W.R. BARNES, L.C. LEDEBUR, “Toward a New Political Economy of Metropolitan Regions”, in Environment and Planning C: Government and Policy, vol. 9, 1991, pp. 127-141. 5 3. Le strategie di sviluppo dei cluster biotecnologici negli Stati Uniti Gli Stati Uniti sono attualmente i leader mondiali nel campo delle biotecnologie. Già nel 1998, nel paese si contavano 1.283 imprese attive nel settore, con un numero di addetti pari a 153.000 unità e un fatturato di oltre 13 miliardi di dollari10. Nel 2006, il numero complessivo di lavoratori nel comparto delle bioscienze raggiungeva 1,3 milioni di unità, con un incremento del 17,8% rispetto al 200111. Attualmente le imprese biotecnologiche sono oltre 1.50012. Le biotecnologie si sviluppano tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, con la nascita delle cosiddette lighthouse imprese, quali Amgen, Genentech e Genzyme, che hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del settore nel paese. Già nelle fasi di avvio, le imprese biotecnologiche statunitensi si sono organizzate intorno a cluster innovativi, il cui sviluppo è stato favorito dal contesto istituzionale, sociale ed economico propri degli Stati Uniti. Rilevano, in particolare, alcuni caratteri distintivi che, interagendo tra di loro, hanno creato un humus particolarmente favorevole alla crescita delle imprese. La presenza di un sistema universitario competitivo, con un numero importante di atenei privati dotati di elevate capacità di autofinanziamento e di centri di ricerca multidisciplinari impegnati nella ricerca di base costituisce un importante retroterra di conoscenze, che ha supportato lo sviluppo delle biotecnologie13. In molti casi il sistema universitario si è posto come agenzia di promozione dell’innovazione, svolgendo un ruolo essenziale nell’esplorazione di nuove traiettorie tecnologiche che, essendo caratterizzate da elevati livelli di incertezza e rischiosità, difficilmente possono rientrare nelle logiche del puro investimento privato. Parallelamente, la presenza di un’ampia e solida rete di collaborazioni, che riguardano sia il settore pubblico che quello privato, ha costituito un ulteriore elemento di incentivo al settore. A ciò si aggiungono i finanziamenti derivanti sia dal venture capital, sia da 10 Va sottolineato che il carattere multidisciplinare delle biotecnologie, la loro applicazione a diversi settori e il fatto di avere confini non ben definiti, rendono i dati quantitativi di settore (numero di imprese, addetti, etc.) spesso di difficile comparazione, in quanto fortemente dipendenti dall’accezione di biotecnologia di volta in volta considerata. 11 BIOTECHNOLOGY INDUSTRY ORGANIZATION, Technology, Talent and Capital: State Bioscience Initiatives 2008, 2008. 12 ERNST &YOUNG, Beyond Borders. Global Biotechnology Report, 2008. Il dato è riferito alle imprese biotecnologiche attive in tutti i comparti, non solo quello sanitario. 13 D. MOVERY, N. ROSENBERG, The US National Innovation System, in R.R. NELSON (ed.), National Innovation Systems: a Comparative Analysis, Oxford University Press, Oxford, 1993. 6 enti pubblici e la definizione puntuale di un sistema di protezione dei diritti di proprietà sui risultati delle attività di ricerca biotecnologica14. Se la fase di avvio dei cluster vede nelle università il principale volano di sviluppo, nelle fasi successive del ciclo di vita, determinante è stato il ruolo delle istituzioni pubbliche, che si è dipanato lungo due direzioni fondamentali: gli incentivi fiscali e i programmi specifici di supporto allo sviluppo dei cluster15. Per quanto riguarda il primo aspetto, si evidenziano spiccate diversità tra i vari stati federali: a titolo di esempio, la California ha introdotto, tra le diverse misure, un’esenzione specifica per le imprese biotecnologiche; nello Stato di Washington le imprese high tech ricevono un credito di imposta relativo alle spese di R&S. Sul piano dei programmi pubblici di finanziamento, spicca, in particolare, il ruolo del National Institute of Health (NIH)16, i cui finanziamenti erogati hanno conosciuto sostanziali incrementi, negli ultimi dieci anni. Nel 1999 il budget a disposizione dell’NIH era pari a 15,6 miliardi di dollari, contro 30,8 miliardi di dollari nel 2008. I programmi di ricerca finanziati dal NIH riguardanti il campo delle biotecnologie sono molteplici e spaziano dalla biodifesa alla scoperta dei fattori genetici ed ambientali causa di malattie. Esistono altri programmi di finanziamento, tra cui i cosiddetti progetti complementari a quelli promossi dal NIH, che vengono scelti in base a criteri differenti, permettendo, in tal modo, l’esplorazione di numerosi ambiti di ricerca. La ricerca di base nelle scienze biologiche e biotecnologiche è stata altresì supportata da altre agenzie federali, i cui trasferimenti sono andati aumentando nel corso degli anni: la National Science Foundation, il US Department of Agricolture, l’Office of Life and Microgravity Sciences della NASA, l’Office of Biological and Environmental Research del US Department of Energy. Nell’ambito dei cluster, un’importanza crescente ricoprono le associazioni di imprese biotecnologiche, operanti a livello statale; la Washington Biotechnology and Biomedical Association (WBBA), per esempio, ha avuto un ruolo importante nelle fasi di avvio del 14 Le prime imprese biotecnologiche statunitensi sono sorte per lo più come spin-off di laboratori universitari e di istituti di ricerca, costituiti sulla base di meccanismi di collaborazione tra scienziati e manager e con l’apporto determinate dei venture capitalist. Si veda W.W. POWELL, K.W. DOPUT, L. SMITH-DOERR, “Interorganizational Collaboration and the Locus of Innovation: Network of Learning in Biotechnology”, in Administrative Science Quarterly, Vol. 41, 1996, pp. 116-145. 15 Y.S. SU, L.C. HUNG, “Spontanoeus vs. Policy-Driven: the Origin and Evolution of the Biotechnology Cluster”, in Technological Forecasting & Social Change, 2008. 16 D.B. AUDRETSCH, “The Role of Small Firms in U.S. Biotechnology Clusters”, in Small Business Economics, no. 17, 2001, pp. 3-15. 7 cluster di Seattle, facendo pressioni sul governo federale per ottenere incentivi fiscali e dotazioni infrastrutturali. Agli aiuti statali, si aggiunge un quadro normativo favorevole alla protezione della proprietà intellettuale; significativo, a tale riguardo, è un provvedimento risalente agli anni Ottanta - il Bayh-Dole University and Small Business Patent Act -, successivamente integrato, che ha l’obiettivo di promuovere la commercializzazione dei risultati della ricerca e di permettere alle università di trattenerne gli introiti17. Per quanto riguarda la promozione del trasferimento tecnologico, va inoltre menzionato lo Stevenson Wydler Technology Innovation Act, che consentiva, già dagli anni Ottanta, ad ogni agenzia o centro di ricerca federale di elaborare azioni per diffondere le scoperte e le innovazioni; nel 1986, con il Technology Transfer Act il governo ha fornito alle organizzazioni dedite alla ricerca gli strumenti per promuovere il trasferimento tecnologico, mediante i Cooperative Research and Development Agreements (CRADA), che agevolano le collaborazioni di ricerca tra il settore pubblico e quello privato. L’insieme di queste circostanze ha favorito la concentrazione delle imprese biotecnologiche in particolari aree del paese, dando origine a cluster innovativi spesso di fama mondiale. La maggiore presenza di cluster biotecnologici si registra nello Stato della California, dove si concentra circa un quarto delle imprese biotecnologiche del paese, nel Massachusetts e nel North Carolina. Seguono il New Jersey, il Maryland e il Texas, in ognuno dei quali si concentra circa il 5% delle imprese biotecnologiche statunitensi. Nell’ambito di questi stati, la localizzazione dell’industria biotecnologica è geograficamente concentrata in aree spesso molto ristrette. Nel Massachusetts, spicca il cluster di Boston che rappresenta un caso di eccellenza a livello mondiale. La rilevanza del cluster è testimoniata dal fatto che nelle immediate vicinanze sono presenti le filiali delle più importanti case farmaceutiche: Novartis, Merck, AstraZeneca, Abbot, Pfizer. Il cluster è particolarmente attivo nelle ricerca biotecnologica di base. 17 L. NELSEN, “The Rise of Intellectual Property Protection in American University”, in Science, no. 279, 1998. 8 In California si rileva la presenza di diversi cluster biotecnologici, localizzati in zone ben precise: San Francisco, Santa Clara, Los Angeles, San Diego, Sacramento. Il forte sviluppo delle biotecnologie nell’area di San Francisco è dovuto all’esistenza, nella regione, di alcuni fattori di contesto favorevoli all’innovazione biotecnologica: la presenza di importanti e qualificate università e di laboratori di ricerca pubblici, il ruolo attivo dei venture capitalist, già sviluppati nella Silicon Valley, la forte mobilità della forza lavoro. Sulla costa occidentale, la bay area di San Francisco rappresenta un importante centro universitario di fama internazionale, che ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo delle biotecnologie. L’importanza delle iniziative di spin off e l’elevato numero di start up attive nei settori di punta confermano il ruolo di ponte dell’università nell’avvio delle reti tecnologiche. Questo contesto ambientale ha favorito, nell’area in esame, fin dai primi anni Ottanta, la nascita delle imprese biotecnologiche pioniere a livello mondiale: Cetus, Chiron, Genentech, Hybritech. Da sottolineare, inoltre, il Research Triangle Park nel North Carolina, le cui origini risalgono all’inizio degli anni Sessanta. Attualmente il cluster comprende circa 130 imprese high tech, nell’ambito delle quali è possibile annoverare alcune grandi imprese farmaceutiche e biotecnologiche: GlaxoSmithKline, Lilly, Sygenta Biotechnology, Bayer, Biogen. La vicinanza di importanti centri medici e di alcune sedi universitarie di eccellenza - la Duke University a Durham, la North Carolina State University a Raleigh e la University of North Carolina a Chapel Hill - costituiscono il principale fattore di sviluppo del cluster18. 4. I cluster biotecnologici in Europa In ambito europeo, le moderne biotecnologie ricoprono attualmente un ruolo chiave: complessivamente, esse generano circa l’1,5% del valore aggiunto lordo e contano 47.000 addetti diretti, concentrati per lo più in piccole e medie imprese. Si tratta di un settore ad elevata intensità di conoscenza, dove oltre il 40% degli addetti è impiegato in 18 B. BERGERON, P. CHAN, Biotech Industry, A Global, Economic and Financing Overview, John Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey, 2004. 9 attività di ricerca. Statistiche riferite al 2007 contano in Europa oltre 1.700 aziende specializzate nel comparto in esame19. Le biotecnologie hanno conosciuto uno sviluppo tardivo rispetto agli Stati Uniti; la relativa giovinezza dell’industria biotecnologica europea si traduce nella presenza di forti eterogeneità di strategie e approcci a livello nazionale. Negli ultimi anni, diversi paesi e regioni europei stanno dedicando particolare attenzione alle politiche di rilancio dell’innovazione, attraverso la ricerca di forme originali di cooperazione tra soggetti pubblici e privati, nell’ambito di cluster innovativi. Questa tendenza appare peraltro confermata dal recente interesse delle istituzioni comunitarie, che indicano la costituzione dei cluster tecnologici come una delle priorità per rilanciare l’economia europea e favorirne il recupero, soprattutto in termini di produttività, rispetto al contesto americano20. Significative, sotto questo punto di vista, sono la recente comunicazione della Commissione Europea avente ad oggetto le strategie di rilancio dei cluster europei21, la presentazione del Memorandum sui cluster in Europa e l’istituzione dell’European Cluster Observatory22. Nei documenti della Commissione Europea viene sottolineata la necessità di promuovere lo sviluppo di cluster di eccellenza e di dimensione transnazionale, in grado di incrementare il grado di competitività dell’Europa e di superare, nel contempo, la frammentazione propria dei distretti manifatturieri tradizionali. A tale scopo, la Commissione sottolinea anche l’opportunità di ricorrere agli strumenti giuridici più idonei, quali il gruppo europeo di cooperazione territoriale, strumento in origine sviluppato per gestire i programmi delle politiche di coesione. Al fine di supportare i singoli Stati nell’avvio delle politiche nazionali più consone allo sviluppo di cluster innovativi, le istituzioni comunitarie hanno, negli ultimi anni, avviato un’indagine capillare dei cluster e delle loro caratteristiche salienti. Lo European Cluster Observatory costituisce lo strumento più importante in tal senso, cui 19 ERNST &YOUNG, Beyond Borders. Global Biotechnology Report, op. cit. EUROPEAN COMMISSION, Raising Productivity Growth: Key Messages from the European Competitiveness Report 2007, COM (2007) 666, Bruxelles, 2007. 21 EUROPEAN COMMISSION, Vers des clusters de caisse mondiale dans l’Union Européenne: mise en œuvre d’une stratégie d’innovation élargie, COM (2008), 652, Bruxelles, 17 ottobre 2008. 22 EUROPEAN COMMISSION, The European Cluster Memorandum. Promoting European Innovation through Clusters: an Agenda for Policy Action, prepared by The High Level Advisory Group on Clusters (chaired by P. Laffitte), Bruxelles, 2007; Innovation Clusters in Europe. A Statistical Analysis and Overwiew of Current Policy Support, DG Enterprise and Industry Report, Bruxelles, 2007. 20 10 si accompagna l’iniziativa Europe Innova, osservatorio specificamente rivolto ai cluster biotecnologici. I primi risultati resi disponibili dall’European Cluster Observatory e relativi al 2007 indicano, in Europa, la presenza massiccia di imprese organizzate in cluster23. In particolare, si contano circa 2.000 cluster, nei quali trova occupazione oltre il 32% dei lavoratori. La stessa fonte conta in Europa la presenza di 36 regioni nelle quali si rileva la presenza di cluster bio-farmaceutici. Queste aree presentano tratti anche molto differenti, sia in termini dimensionali24, che di grado di innovatività (Tabella 1). L’elemento che sembra accomunarle è la capacità di esportare i risultati delle attività produttive, il che indica un grado importante di apertura internazionale. Un ruolo fondamentale nello sviluppo dei cluster gioca il contesto istituzionale nel quale le attività biofarmaceutiche trovano collocazione e le iniziative di politica industriale intraprese dai singoli paesi. Tab. 1 - Biopharmaceuticals Regional Clusters in Europe Cluster Employees* Nordwestshweiz (Basel), 21,741 CH Île de France (Paris), FR 47,493 Lazio (Rome), IT 21,990 Istanbul, TR 20,563 Darmstadt (Frankfurt am 16,459 Main), DE Kozep Magyarorszag 14,197 (Budapest), HU Centre (Orléans), FR 13,960 Karlsruhe, DE 13,207 Mazowieckie (Warszawa), 11,522 PL Berlin, DE 10,350 Stockholm, SE 10,325 Tübingen, DE 9,650 Freiburg, DE 9,591 Lodzkie (Lodz), PL 4,618 Toscana (Florence), IT 8,655 Ireland, IE 11,584 Attiki (Athens), GR 13,180 Auvergne (Clermont3,550 Size 2.64% Specialisation 8.87 Focus 3.97% Innovation N/A Exports Very strong 5.78% 2.67% 2.50% 2.00% 2.27 2.40 2.66 2.64 1.01% 1.07% 1.19% 1.18% High High N/A High Very strong Strong Weak Strong 1.73% 2.62 1.17% High Weak 1.70% 1.61% 1.40% 4.36 3.11 2.27 1.95% 1.39% 1.01% Medium High Medium Very strong Strong Weak 1.26% 1.26% 1.17% 1.17% 0.56% 1.05% 1.41% 1.60% 0.43% 2.27 2.39 3.68 3.09 2.09 1.34 1.63 1.81 2.17 1.02% 1.07% 1.65% 1.38% 0.94 0.60% 0,73% 0,81% 0,97% High High High High Low Medium N/A Medium Medium Strong Strong Strong Strong Weak Strong Very strong Weak Very strong 23 Lo European Cluster Observatory definisce i cluster come aggregazioni regionali di industrie e servizi concentrati in un medesimo luogo. 24 I dati dimensionali e, in particolare, quelli relativi al numero di addetti vanno considerati con particolare cautela, in quanto, come già sottolineato, risentono delle caratteristiche insite nel concetto di biotecnologia e, nel caso specifico, dell’accezione più o meno ampia di cluster, cui si fa riferimento. 11 Ferrand), FR Rhône Alpes (Lyon), FR 14,077 1.71% Haute Normandie (Le 7,488 0.91% Havre), FR Picardie (Amiens), FR 4,592 0.56% Danmark, DK 17,327 2.11% Schleswig-Holstein (Kiel), 7,405 0.90% DE Dessau, DE 1,497 0.18% Düsseldorf, DE 8,405 1.02% Kassel, DE 4,741 0.58% Giessen, DE 3,283 0.40% Oberbayern (München), 11,755 1.43% DE Ticino, CH 1,283 0.16% Vlaams Gewest, BE 10,787 1.31% Tirol (Innsbruck), AT 3,315 0.40% Région Wallonne, BE 9,454 1.15% Rheinhessen Pfalz 9,060 1.10% (Mainz), DE Lombardia (Milan), IT 34,808 4.23% Cataluňa (Barcelona), ES 25,485 3.10% Madrid, ES 19,397 2.36% Fonte: European Cluster Observatory, 2007. 1.64 3.17 0,73% 1,41% High Medium Very strong Very strong 2.09 1.48 2.16 0,93% 0,66% 0,96% Medium High Medium Very strong Very strong Strong 2.48 1.14 2.85 2.45 1.67 1,11% 0,51% 1,27% 1,09% 0,74% Low Medium Medium High High Strong Strong Strong Strong Strong 2.02 1.22 2.69 2.31 3.45 0,90% 0,54% 1,20% 1,03% 1,54% N/A High Medium Medium High Very strong Very strong Weak Very strong Strong 1.91 1.78 1.54 0,85 0,80% 0,69% Medium Medium High Strong Strong Strong Va sottolineato come lo sviluppo dei cluster biotecnologici evidenzi sostanziali disparità tra singoli paesi; a fronte di situazioni di strutturale debolezza, è possibile evidenziare la presenza di realtà che mostrano livelli di competitività crescente. A tale proposito, risulta interessante analizzare i primi risultati riportati da Europe Innova relativi ad un campione significativo di cluster biotecnologici europei, individuati come esperienze di eccellenza (Tabella 2). 12 Tab. 2 - Caratteri distintivi di un campione di cluster biotecnologici europei Cluster Cluster nationality Aarhus Cluster Atlantic Biotherapies Bio Dundee Biotech Region Munich Biotech Umeà Bio Valley The Life Science Network Denmark France Scotland Germany Sweden Germany, France, Switzerland Sweden Great Britain France Czech Republic France Germany Italy Hungary Biotechvalley.nu Cambridge Paris Ile de France Czech Bioinformatics Cluster Geographical area of influence Stage of development Number of biotech companies (product oriented) Number of biotech companies (technology oriented) Number of research organisations Number of industrial associations and/or institutional organisations Number of support infrastructures (incubators and science parks) Regional Regional Regional Regional Regional Super-national Initial Growth Growth Maturity Growth Maturity 25 13 9 96 12 30 4 18 7 74 14 - 4 7 4 6 3 6 1 1 5 2 1 n.a. 2 2 4 3 2 12 Inter-regional Regional National Inter-regional Growth Maturity Maturity Growth 4 225 7 12 197 14 3 13 29 15 3 1 4 n.a. 1 13 12 5 Grenoble Alpes BioNetwork Regional Initial 4 10 14 1 Heidelberg BioCluster Regional Maturity 90 31 8 4 MI-TO Biotech Cluster Inter-regional Growth 67 47 25 4 Szeged Neurobiological Inter-regional Initial 2 5 3 n.a. Knowledge Center Uppsala BIO Sweden Regional Growth 18 19 6 1 Vaccine Therapy Cluster Hungary Inter-regional Initial 2 1 4 0 TOTAL 604 453 150 28 Fonte: EUROPE INNOVA, NETBIOCLUE NETWORK, Biotech Cluster Development: Constraints and Good Practices Affecting Companies and Clusters in their Development, 2007. 13 3 3 6 0 2 0 70 La maggior parte dei cluster biotecnologici oggetto dello studio si trova nelle fasi iniziali del ciclo di vita, avendo avuto origine negli ultimi sei anni ed ha un’area di influenza per lo più regionale. Tra le realtà che presentano un periodo più prolungato di attività, spiccano Cambridge e, in generale, i cluster tedeschi; in entrambi i casi, le regioni considerate presentavano, già dagli anni Ottanta, condizioni ambientali di partenza particolarmente favorevoli allo sviluppo dell’innovazione nel campo biotecnologico. I cluster biotecnologici considerati presentano alcune caratteristiche comuni, che ne hanno guidato la nascita e lo sviluppo: la forte base scientifica di partenza, il supporto delle infrastrutture di base (costituite soprattutto dai parchi scientifici e dagli incubatori) e la centralità delle imprese biotecnologiche. Tra queste ultime, rileva la presenza di imprese cosiddette product oriented, vale a dire imprese integrate, di grande dimensione che operano lungo l’intera catena del valore. Strettamente legata all’importanza della base scientifica e/o industriale spicca, nelle esperienze considerate, la massa critica degli attori del network (centri di ricerca, imprese biotecnologiche, strutture di supporto) e la capacità di sviluppare significative relazioni sia tra gli attori del cluster, che al di fuori dei confini dello stesso25. Nel considerare l’impulso all’avvio dei cluster biotecnologici, va sottolineato il ruolo dell’attore pubblico. In tutte le esperienze considerate, il finanziamento pubblico e gli incentivi di natura fiscale giocano un ruolo importante. A ciò si aggiungono, in alcuni casi, specifici incentivi previsti dalle autorità regionali e l’accesso ai fondi strutturali previsti dall’Unione Europea. Al di là degli interventi specifici, l’elemento che sembra accomunare tutti i cluster considerati è la centralità di una sorta di long term commitment tra l’attore pubblico e i diversi operatori coinvolti. Questo aspetto presenta peculiarità proprie a seconda delle singole realtà ed appare particolarmente evidente nei cluster più maturi. Sotto questo punto di vista, risulta particolarmente significativo l’approfondimento delle strategie di intervento pubblico attuate in alcuni paesi europei; ci si riferisce, in particolare, ai casi della Francia e della Germania, che negli ultimi anni, hanno avviato 25 A titolo di esempio, nel caso del cluster di Aarhus si sono sviluppate nel tempo significative relazioni tra l’Università e gli ospedali; Atlantic Biotherapies evidenzia invece un legame molto forte tra gli attori interni al cluster, circostanza che ha portato al potenziamento della conoscenza e dell’innovazione. 14 significative iniziative di politica industriale, volte a supportare lo sviluppo dei cluster nel campo delle biotecnologie26. In entrambi i paesi considerati, le biotecnologie hanno potuto contare sul loro riconoscimento da parte delle istituzioni come settore prioritario sul quale fondare una decisa politica di innovazione. L’incremento, nel tempo, delle risorse finanziarie destinate al settore testimonia, con evidenza, l’interesse per le scienze della vita in generale e, in particolare, per le biotecnologie, interesse che si è tradotto nel tentativo di introdurre meccanismi di protezione della proprietà intellettuale e di ricercare formule di cooperazione pubblicoprivato per promuovere lo sviluppo del settore. Sotto quest’ultimo punto di vista, va sottolineato come le due esperienze presentino peculiarità molto diverse tra loro. La Francia, coerentemente con l’approccio colbertista che storicamente anima l’intervento pubblico nell’economia ha avviato una politica industriale di stampo statalista, incentivando la creazione di grandi cluster biotecnologici a vocazione nazionale (o transfrontaliera). La Germania, seguendo un approccio orientato al federalismo, ha attuato interventi su scala regionale, incentivando la competizione/collaborazione tra i singoli Länder. Pur nelle loro differenze, le esperienze considerate rivestano particolare interesse, in quanto orientate a ricercare soluzioni istituzionali ed imprenditoriali innovative, secondo una logica strategica di lungo periodo, in grado di favorire il coordinamento e la cooperazione tra gli operatori, sia pubblici che privati27. 4.1. L’esperienza francese: biopôles e pôles de compétitivité Nel quadro della politica industriale sviluppata in Francia negli ultimi decenni, l’industria biotecnologica riveste una posizione di rilievo28, testimoniata dai molteplici interventi statali di valorizzazione del settore. 26 B. ZECHENDORF, "La politique d’innovation dans trois pays européens: le cas de la biotechnologie", in Education & Formation, no. 73, 2006, pp. 9-21. 27 D. VELO, La grande impresa federale europea, per una teoria cosmopolitica dell’impresa, Giuffrè Editore, Milano, 2004. 28 Il numero di imprese biotecnologiche supera le 300 unità. France Biotech, 2006; L. ALARY-GRALL, F. PIJAUDIER-CABOT, "L’avancée des biotechnologies", in Cahier Industries, no. 77, 2002. 15 Il ruolo che le istituzioni pubbliche hanno svolto nella promozione e valorizzazione delle biotecnologie appare coerente con la tradizione politico-economica francese che storicamente assegna allo Stato la responsabilità di assicurare la creazione e il mantenimento dello sviluppo socio-economico del paese29. Questo approccio trae origine dalla tradizione colbertista che anima il paese e riconosce nella pianificazione lo strumento principale per la definizione e la realizzazione di una politica di investimenti orientati sul lungo periodo e capaci di supportare lo sviluppo di grandi campioni nazionali nei settori considerati strategici30. In questo quadro si colloca il comparto biotecnologico, al quale il governo francese, a partire dagli anni Novanta, ha dedicato particolare attenzione, promuovendo un ampio ventaglio di programmi nazionali di sviluppo delle biotecnologie e incrementando i finanziamenti destinati al settore31. In questa cornice trovano spazio molteplici progetti di matrice biotecnologica finanziati da organismi pubblici di ricerca (le Centre national de la recherche scientifique, le Commissariat à l’énergie atomique, l’Institut national de la santé et de la recherche médicale). La necessità di accelerare la diffusione e la commercializzazione dei risultati derivanti dalle biotecnologie si è tradotta nello sviluppo del programma BioAvenir che, tra il 1992 e il 1997, ha catalizzato 230 milioni di ECU di finanziamento pubblico32. Le misure di incentivazione del comparto biotecnologico sono culminate, alla fine degli anni Novanta, con l’istituzione dei poli biotecnologici (i cosiddetti biopôles), cluster costituiti da imprese a forte intensità di ricerca ed istituzioni pubbliche, focalizzati su specifici ambiti di ricerca. I biopôles, che si configurano anche come incubatori proiettati ad accogliere nuovi progetti nel settore, si sono concentrati in particolari aree del paese e in specifici ambiti di ricerca, quali Parigi (genomica, bioinformatica, terapia genica, sequenziamento), Rennes/Nantes (boinformatica, biologia umana) e Lille 29 D. VELO, op. cit. D. VELO (a cura di), L’Europa dei progetti. Imprese, innovazione, sviluppo, Giuffrè Editore, Milano, 2007. 31 Nel 2002, il governo francese destinava circa 350 milioni di euro alle biotecnologie. A. ROCHEPEAU, The Pharmaceutical Biotechnology Industry in France, French Ministry of Research and New Technology, Bio-Engineering Department, 2004. 32 P. MONSAN, “Twenty Years of Biotech in France”, in Biofutur, spec. issue, 2000, pp. 27-31. 30 16 (patologie genetiche multifattoriali e terapie innovative)33. La specializzazione dei cluster in materia di genomica trova giustificazione nell’avvio del programma Genomique che, con un finanziamento di 300 milioni di euro per 5 anni, favorisce progetti di ricerca pubblica/privata e sostiene lo sviluppo dei centri nazionali e di una rete di cluster dedicati, i cosiddetti génopôles. Nel suo complesso, lo sviluppo dell’industria biotecnologica è stato favorito da un insieme di misure, avviate dal governo francese, volte a creare condizioni economiche e finanziarie favorevoli all’innovazione34. In questo quadro si colloca il ruolo dell’ANVAR, l’Agenzia Nazionale per l’Innovazione che, tra il 1997 e il 2000, ha triplicato i fondi per le biotecnologie, con particolare attenzione al sostegno alla creazione di nuove imprese, all’avvio di programmi innovativi e alla valorizzazione dei ricercatori. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, dal 1999, un provvedimento specifico consente ai ricercatori pubblici di partecipare alla creazione di nuove imprese. In questo quadro, si inserisce uno strumento giuridico innovativo, lo Statut de Jeune Entreprise Innovante (JEI), per il quale hanno optato oltre i due terzi delle imprese biotecnologiche francesi, che assicura loro, a patto di mantenere gli investimenti in R&S ad un livello superiore al 15% delle spese complessive, agevolazioni fiscali per il personale coinvolto in programmi di ricerca35. Sul piano delle agevolazioni, vanno inoltre ricordate l’attivazione di numerosi fondi di investimento ad hoc36, la riforma del credito di imposta sulla ricerca e l’istituzione di strumenti giuridici dedicati, come la société unipersonnelle d’investissement à risque (SUIR)37. La strategia francese di valorizzazione del settore biotecnologico, attraverso programmi di incentivo pubblico nell’ambito di cluster innovativi, ha trovato il naturale completamento nella recente creazione dei poli di competitività (pôles de compétitivité), 33 Sul ruolo della localizzazione dei cluster francesi si veda E. AVENEL, F. COROLLEUR, C. GAUTHIER, C. RIEU, Start-ups, Firm Growth and the Consolidation of the French Biotech Industry, Université Pierre Mendès-France, 2005. 34 DGE/UBIFRANCE, Biotechnologies in France, 2006. 35 CAISSE DES DEPOTS, "PME et innovation technologique. Pour une relation plus naturelle", in Regards sur les PME édité par OSEO services, 2006. 36 Tra i più significativi, va ricordato il fondo di investimento per le giovani imprese (Fonds de Coinvestissement pour les Jeunes Entreprises), particolarmente attivo nel campo delle scienze della vita. 37 Questo strumento, introdotto a partire dal 2004, permette alle persone fisiche di apportare i loro capitali e la loro esperienza a giovani imprenditori, beneficiando di esenzioni fiscali. 17 definiti come “la combinazione, su un dato spazio geografico, di imprese, centri di formazione e di unità di ricerca pubbliche o private”38. La strategia francese di rilancio dei settori innovativi, attraverso i poli di competitività, si fonda su alcune linee di azione prioritarie: - l’identificazione e valorizzazione dei cluster esistenti attraverso una procedura di labelisation; - la valorizzazione delle reti di imprese; - l’investimento in risorse umane; - la promozione dei legami tra l’industria e la ricerca; - l’incentivo alla creazione e sviluppo di imprese innovative; - lo sviluppo di infrastrutture di supporto ai poli di competitività. Nel processo di costituzione dei cluster, coerentemente con la tradizione colbertista francese, lo Stato gioca un ruolo centrale, sia per quanto riguarda la programmazione, sia sul piano del finanziamento39. Viene attribuito esclusivamente al governo centrale il compito di assumere la decisione finale sui soggetti ammessi ad ottenere lo status di polo di competitività. Vi è inoltre un unico ente, la DIACT (Délégation Interministérielle à l’aménagement et à la compétitivité des territoires) competente in materia di coordinamento, ideazione e sviluppo delle politiche territoriali, nonché rappresentante della Francia in sede comunitaria nelle fasi di negoziazione per l’attribuzione dei fondi strutturali. Sul piano della governance, la formula giuridica che associa imprese, laboratori, centri di formazione nell’ambito di un polo di competitività può risultare la più varia, e prevede, in ogni caso, un soggetto capofila (association), responsabile del coordinamento dei progetti operativi. I compiti cui è chiamato il soggetto capofila consistono nella definizione della strategia generale dei poli, nel coordinamento e selezione dei progetti di ricerca da sottoporre al vaglio delle autorità pubbliche per i 38 In tal senso, si ricordano i recenti bandi emanati dall’ANR (Agence Nazional de la Recherche): il bando RIB (Recherche et Innovation en Biotecnologie) e EMPB (Emergence et Maturation de Projets de Biotecnologie à Fort Potentiel de Valorisation). 39 S. BRUZZI, Politica energetica e modello di sviluppo industriale francese nel periodo 1945-2005. le prospettive per una politica energetica europea, in D. VELO (a cura di), La cooperazione rafforzata e l’Unione economica. La politica europea dell’energia, Giuffrè Editore, Milano, 2007, pp. 65-104. 18 finanziamenti, nella determinazione delle strategie di comunicazione soprattutto verso l’esterno, nella ricerca di collaborazioni con gli altri poli francesi e con cluster stranieri. Sul piano del finanziamento, il ruolo del governo francese è fondamentale: la dotazione finanziaria stabilita per i pôles de compétitivité ammontava a circa 1,5 miliardi di euro, nel triennio 2006-2008; accanto agli aiuti concessi direttamente dal governo centrale, un ruolo importante giocano i finanziamenti erogati dalle diverse agenzie pubbliche. La responsabilità del controllo delle politiche e dei finanziamenti relativi ai poli di competitività spetta ad un gruppo di lavoro interministeriale, il GTI (Groupe de Travail Interministériel), che raggruppa i ministeri competenti e le agenzie pubbliche che forniscono supporto ai poli stessi: l’Agenzia nazionale per la ricerca (ANR, Agence National de la Recherche), l’Agenzia per l’innovazione industriale (AII, Agence de l’Innovation Industrielle), il gruppo Oseo40, la Cassa depositi e prestiti (CDC, Caisse des Dépôts et Consignations). L’Agenzia nazionale per la ricerca (ANR), in particolare, sostiene i progetti a forte contenuto di R&S, in primis quelli di frontiera, rivolgendosi sia ai centri di ricerca, che alle imprese. L’Agenzia per l’innovazione industriale (AII) è un’agenzia di finanziamento di grandi programmi di innovazione industriale realizzati dalle imprese, che sostiene i progetti aventi come obiettivo l’ideazione e lo sviluppo di prodotti innovativi a spiccata componente tecnologica. Oseo rappresenta un’ulteriore agenzia di sviluppo, specializzata nell’appoggio alle piccole e medie imprese, attraverso il sostegno a progetti innovativi, che presentano concrete possibilità di commercializzazione. Infine un ruolo di rilievo spetta alla Cassa depositi e prestiti, che realizza tre linee di azione nei confronti dei poli di competitività: o il rafforzamento dei patrimoni delle imprese che fanno parte dei poli, nel quadro del programma PME-Innovation; o il sostegno, anche agli enti territoriali, per l’acquisto di attrezzature tecnologiche per lo sviluppo del territorio; o il finanziamento di opere destinate ad organismi di ricerca, nell’ambito della politica di cambiamento urbano e territoriale. 40 Il gruppo Oseo viene costituito nel 2005 e sostituisce l’Agenzia Nazionale per l’Innovazione (ANVAR). Esso rappresenta un’agenzia pubblica, legata a tre ministeri (Ricerca, Industria e PMI), fondi di investimento pubblici e banche private. 19 I fondi stanziati dal governo centrale e dalle citate agenzie riguardano prioritariamente i progetti di ricerca e sviluppo. Gli enti pubblici territoriali possono concedere ai poli di competitività finanziamenti aggiuntivi o agevolazioni, sotto forma di esenzione fiscale41. Attualmente i cluster biotecnologici avviati, operanti in campo sanitario, sono sette, tre dei quali a vocazione internazionale. La localizzazione territoriale, le specializzazioni settoriali e l’orientamento domestico o mondiale dei singoli poli incidono significativamente sulle loro caratteristiche distintive, soprattutto in termini di numerosità delle imprese e di partnership avviate (Tabella 3). Sul piano dei finanziamenti, la tabella 4 mostra la dimensione dell’intervento pubblico per ciascun polo biotecnologico: in tal senso, accanto agli stanziamenti interministeriali, spicca l’apporto derivante dall’Agenzia nazionale per la ricerca, dal gruppo Oseo e dalle collettività locali, con impegni differenti a seconda delle caratteristiche dei progetti innovativi finanziati. 41 Va sottolineato come dei finanziamenti complessivi erogati, abbia beneficato un numero importante di piccole e medie imprese, pari a circa il 40% del totale. 20 Tab. 3 - I cluster biotecnologici in Francia Pôle Régions principales Alsace Biovalley Alsace Réseau tri-national: Suisse, Allemagne Catégorie Domaines Sectoriales Mondiale - Biotechnologies, santé, pharmacie - Technologie et dispositifs médicaux Atlantic Biotherapies Pays de la Loire Nationale Biothérapies Cancer Bio-Santé Midi-Pyrénées Limusin Nationale - Santé - Biotechnologies - Cancer LyonBiopole Rhône-Alpes Mondiale Santé Medicen Région Paris Ile de France Mondiale Nutrition Longévité Santé Nord Pas de Calais Nationale Thématiques principales - Nouvelles molécules thérapeutiques (du gène et de la chimie au médicament) - Outils innovants pour la médecine (imagerie et robotique médicale et chirurgicale) - Télémédecine - Thérapie cellulaire et génique - Immunologie et immunothérapie - Ingénierie moléculaire, tissulaire et cellulaire - Prévention alimentaire - Cibles thérapeutiques - Innovations thérapeutiques - Outils biomédicaux - Maladies infectieuses - Infectiologie - Virologie - Parasitologie - Bactériologie - Immunologie Haute technologie pour la - Neurosciences santé et les nouvelles - Cancérologie thérapies - Infectiologie - Imagerie biomédicale - Médecine moléculaire et cellulaire - Sciences et techniques du médicament - Agroalimentaire - Nutrition - Biotechnologie - Maladies métaboliques - Santé et cardiovasculaires - Maladies liées au vieillissement 21 Grandes entreprises PME (< 250 salariés) Centres de recherche 81 Centres de formation Autres partenaires 55 14 Conectus, Rhénaphotonics, Iconoval, Semia, Neurex 15 20 28 3 CHU de Nantes et Angers, Centre de lutte contre le cancer 7 3 4 5 8 4 1 CHU, ICR, GSO, GIPSO, CCRRDT, CCI, CESR, collectivités territoriales 2 Grand Lyon, Région RhôneAlpes, Grenoble Alpes Métropole 11 78 10 10 15 42 25 10 11 10 Orpheme - PACA - Languedoc Roussilon Nationale - Pathologies émergentes - Maladies orpheline - Maladies tropicales et infectieuses - Cancers rares et émergents - Soins et accompagnement du vieillissement, des pathologies neurologiques et du handicap - Dispositifs médicaux et bio-ingénierie 40 34 41 collectivités, 2 clusters (Biomèditerranée et Holobiosud) Fonte: elaborazione da www.competitivite.gouv.fr. Tab. 4 - Finanziamenti pubblici dei cluster biotecnologici francesi, 2006 Financements publics des projets labellisés (en k€) Alsace Biovalley Atlantic Biotherapies TOTAL 5.682 Fonds unique 1.717 interministériel (FUI) Collectivités locales 1.340 Oseo-Anvar 1.122 Agence nationale de 1.503 la recherche Fonte: elaborazione da www.competitivite.gouv.fr. Pôle de compétitivité LyonBiopôle Medicen Paris Région Cancer Bio-Santé Nutrition Santé Longévité Orpheme 4.261 2.134 6.344 2.944 13.137 3.179 23.960 8.107 6.036 2.011 1.032 532 531 250 1.346 250 325 2.825 4.894 2.281 2.783 7.498 3.133 5.222 0 4.025 0 500 0 0 22 4.2. L’esperienza tedesca delle Bioregioni Lo sviluppo delle biotecnologie in Germania è il frutto di una precisa strategia di politica industriale, che non ha conosciuto sostanziali deviazioni, nonostante i cambiamenti intervenuti nelle coalizioni governative e che ha sostenuto diverse iniziative di valorizzazione della ricerca e del trasferimento tecnologico. Coerentemente con la tradizione federalista e improntata alla sussidiarietà che storicamente anima il paese, lo Stato svolge un ruolo attivo nella programmazione e regolamentazione dell’attività economica, lasciando alle regioni responsabilità in termini di azioni di politica economica. Questo orientamento trae origine dalla tradizione ordo-liberista42, che ha avuto grande influenza sulla politica economica tedesca post-bellica, portando alla definizione della cosiddetta Soziale Marktwirtschaft43 (economia sociale di mercato), che prevede l’intervento dello Stato nell’economia con l’obiettivo di garantire lo sviluppo stabile del sistema economico nel lungo periodo. In questo quadro, il ruolo chiave nella programmazione delle strategie di R&S in campo biotecnologico è stato giocato dal Bundesministerium für Forschung und Technologie e, più recentemente, dal Bundesministerium für Bildung und Forschung, dove sono concentrati gli sforzi del governo federale di promozione della ricerca biotecnologica. Le azioni puntuali di sviluppo del settore sono invece direttamente demandate alle singole regioni; i Länder infatti sostengono finanziariamente le università e contribuiscono in larga misura ai fabbisogni finanziari dei grandi centri di ricerca. Lo spiccato orientamento regionale ha portato la Germania, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, ad adottare un piano di sviluppo del settore biotecnologico su base regionale, denominato BioRegio Competition. Tale iniziativa ha consentito lo sviluppo delle cosiddette Bioregioni, ovvero di cluster biotecnologici molto attivi e ha costituito un volano importante per incentivare gli investimenti locali. Gli obiettivi del programma BioRegio sono molteplici: - il trasferimento di innovazione nei prodotti e servizi; - il supporto alle attività imprenditoriali; - il supporto alla commercializzazione dei prodotti biotecnologici; - la creazione di occupazione; 42 A. PEACOCK, H. WILLIGERODT, German Neo-Liberals and the Social Market Economy, Macmillan, London, 1989. 43 A. MÜLLER ARMACK, Wirtschaftslenkung und Marktwirtschaft, Hamburg, 1946. 23 - lo sviluppo delle regioni industriali; - l’attrazione di investimenti pubblici e privati. Il programma risponde ad un originale disegno di politica industriale, che pone al centro degli interventi sia la cooperazione che la competizione interregionale e intraregionale44. L’obiettivo specifico è quello di rafforzare la posizione competitiva della Germania a livello internazionale, nel campo delle biotecnologie, attraverso una cabina di regia statale e finanziamenti pubblici, diretti a sostenere specifici progetti, orientati sul lungo periodo. Nella sostanza, il programma BioRegio Competition consiste in un bando pubblico promosso dal Ministero federale per la scienza e la formazione, cui ciascuna regione interessata può partecipare, presentando un progetto specifico, in seguito giudicato da un comitato indipendente. I criteri attraverso i quali sono stati selezionati i progetti e allocati i finanziamenti alle Bioregioni sono molteplici (Tabella 5) e tengono conto, tra le diverse variabili, sia di elementi intrinseci al tessuto imprenditoriale (tra cui la scala di produzione delle imprese esistenti), che di aspetti legati al contesto ambientale. Tab. 5 - Criteri di selezione dei progetti presentati dalle Bioregioni 1. Number and scale of existing companies oriented towards biotechnology in the region 2. Number, profile and productivity of biotech research facilities and universities in the region 3. Interaction (networking) of different branches of biotech research in the region 4. Supporting service facilities (patent office, information networks, consulting) 5. Strategies to convert biotechnology know-how into new product, processes and services 6. A regional concept to help the start up of biotechnology-based companies 7. Provision of resources through banks and public equity to finance biotechnology companies 8. Cooperation among regional biotech research institutes and clinical hospital in the region 9. Local authorities approval practice with regard to new biotech facilities and field experiments Fonte: Bundesministerium für Bildung und Forschung, 1996. Le aree geografiche ammesse a partecipare al programma di finanziamento coprono tutto il paese, con un focus particolare sulle regioni di Munich, Heidelberg, Rhineland e Jena. 44 D. DOHSE, “ Technology Policy and the Regions: the Case of the BioRegio Contest”, in Research Policy, no. 9, 2000, pp. 1111-1133. 24 Nella fase iniziale di avvio del programma Bioregio, i cluster biotecnologici individuati erano 17, con investimenti anche molto differenziati a seconda dei contesti; la tabella 6 mostra l’ammontare complessivo degli investimenti realizzati dalle singole Bioregioni nei primi due anni. Degli investimenti complessivi, una percentuale variabile dal 40% al 50% è stata finanziata dal governo federale. Tab. 6 - Investimenti nelle 17 Bioregioni (gennaio 1997- dicembre 1998) Name of BioRegio Project volume Million DM DM per inhabitant 93,064 42.99 82,172 133.40 49,064 39.70 29,206 4.86 28,162 278.83 24,549 19.81 18,468 20.50 14,905 6.86 11,341 20.66 10,586 18.10 3,668 31.90 3,653 4.86 3,551 12.33 2,946 23.57 2,434 11.37 1,777 11.93 1,614 8.11 BioRegio Rheinland* BioRegion Rhein-Neckar-Dreieck* Initiativkreis Biotechnologie München* Bio-TOP Initiative Berlin Brandenburg BioRegio Jena** BioRegio Rhein-Main BioRegio N Bioinitiative Nord Region Bremen BioRegion Stuttgart-Neckar-Alb BioTechnologie Ulm BioRegion Halle-Leipzig BioRegio Greifswald-Rostock BioRegio Regensburg Region Nordwestliches Niedersachsen BioMIT Mittelhessen BioRegio Freiburg * Winning region. ** Special vote. Fonte: Bundesministerium für Bildung und Forschung. Negli anni successivi sono stati approvati e finanziati altri progetti biotecnologici; attualmente le Bioregioni sono 26 (non necessariamente corrispondenti ai Länder) e alcune hanno una collocazione di frontiera45. I risultati prodotti dal programma Bioregio Competition sono stati positivi sotto molteplici punti di vista: innanzitutto esso ha favorito le aggregazioni territoriali tra attori pubblici e privati e le alleanze strategiche con partner internazionali. Il programma si è inoltre concretizzato in un incremento dei finanziamenti pubblici diretti alle nuove imprese biotecnologiche, circostanza che, oltre ad incoraggiare l’aumento delle imprese start up, ha avuto l’effetto di incrementare i fondi di venture 45 Per una descrizione dettagliata del profilo delle singole Bioregioni, si veda FEDERAL MINISTRY OF RESEARCH, BioRegions in Germany. Strong Impulses for the National Technological Development, Berlino, 2006. EDUCATION AND 25 capital destinati al settore46. Basti ricordare, a tale proposito, che nelle attuali Bioregioni sono presenti oltre 600 start up, di cui più della metà attive nel settore biomedico47. In alcune regioni, come ad esempio Heidelberg e Munich, il programma BioRegio ha mobilitato, in maniera significativa, gli stanziamenti destinati alle biotecnologie: circa 1 milione di euro, provenienti da fonti regionali e private è infatti stato destinato allo sviluppo dei cluster in questione. Il programma BioRegio è stato negli ultimi anni affiancato da altre iniziative pubbliche, volte al potenziamento delle biotecnologie e dei cluster. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di programmi volti a garantire la continuità e la valorizzazione delle Bioregioni. Rilevano, in particolare, i programmi BioChance, BioChancePlus, BioProfile, BioFuture. Il programma BioChance, lanciato per finanziare i progetti di ricerca delle imprese biotecnologiche nelle fasi iniziali del ciclo di vita, offre supporto alle piccole e medie imprese impegnate in progetti di ricerca applicata, contribuendo alla creazione di start up. A tale proposito, nel 2003 il Bundesministerium für Wirtshaft und Arbeit ha riconosciuto la necessità di stimolare le piccole e medie imprese, attraverso l’istituzione di un fondo di 500 milioni di euro investiti nel capitale di rischio. A questa iniziativa è seguito il programma BioChancePlus, che prevede finanziamenti pubblici a progetti di ricerca applicata che presentano un profilo di rischio elevato e realizzati in collaborazione con università e/o centri di ricerca. Il programma, nel periodo 20042006, si è avvalso di un budget di 100 milioni di euro, indirizzati soprattutto verso progetti di ricerca applicata di ampio respiro. Il progetto Bioprofile, con una continuità di impostazione rispetto al programma BioRegio, ha lo scopo di estendere le competenze ed affinare i profili di specializzazione di determinate Bioregioni. Infine, il programma BioFuture (1998-2010), con un finanziamento di 75 milioni di euro, prevede il sostegno a giovani ricercatori tedeschi o stranieri, intenzionati a portare avanti progetti di ricerca in Germania. Tra le aree di specializzazione del comparto biotecnologico, la genomica rappresenta per la Germania un’area di ricerca prioritaria, alla quale vengono dedicate misure di 46 C.G. SCHROPP, J. CONRAD, “Biotechnology in Germany. Five Years after BioRegio” in Geno.Eng.News, vol. 21, no. 16, 2001. 47 EUROPEAN CLUSTER OBSERVATORY, Country Report: Germany, 2007. 26 sostegno specifiche; tra il 2002 e il 2004 le università, i centri di ricerca e le istituzioni che hanno partecipato al National Genome Research Network hanno fruito di finanziamenti che si aggirano intorno ai 145 milioni di euro48. Vi è unanimità di consensi nel ritenere che i programmi in questione, che rappresentano il completamento dell’iniziativa BioRegio, abbiano rappresentato un importante volano per lo sviluppo dei cluster tedeschi49. La costante attenzione e il supporto dell’attore pubblico costituiscono il punto di forza del modello di cluster tedesco, che negli anni, ha sviluppato alcuni caratteri distintivi: la concentrazione geografica, lo sviluppo delle imprese in prossimità dei centri di ricerca, l’attenzione alla fase della commercializzazione. Tra i cluster biotecnologici più significativi, le esperienze di Rhineland, Munich, Heidelberg, Berlin meritano particolare attenzione50; nei quattro cluster considerati si registra un’elevata concentrazione di imprese, come mostra la tabella 7. Di grande importanza strategica risulta inoltre il triangolo Rhein-Neckar-Dreieck, inizialmente selezionato dal programma Bioregio come cluster pilota, al quale sono stati attribuiti ingenti finanziamenti pubblici51. L’elevata concentrazione di istituti di ricerca pubblici e privati e di industrie chimiche e farmaceutiche costituiscono i principali fattori che hanno permesso lo sviluppo del cluster. Tab. 7 - Imprese presenti nei cluster biotecnologici tedeschi Year Rhineland 2002 29 2003 28 2005 26 Fonte: Ernst & Young, 2005. Number of Firms Heidelberg Munich 31 63 27 63 27 59 48 Berlin 55 50 54 R. KOENIG, “A Big Boost for Post-Genome Research”, in Science, vol. 292, 2001, pp. 29-30. P. COOKE, “European Asymmetries: a Comparative Analysis of German and UK Biotechnology Clusters”, in Science and Public Policy, vol. 34, no. 7, 2007, pp. 454-474; S. GIESECKE, “The Contrasting Roles of Government in the Development of Biotechnology Industry in the US and Germany”, in Research Policy, no. 29, 2000, pp. 205-223; D. DOHSE, T. STAEHLER, BioRegio, BioProfile and the Rise of the German Biotech Industry, Working Paper, Kiel Institute for the World Economy, no. 1456, 2008. 50 C. ZELLER, “Clustering Biotech: a Recipe for Success? Spatial Patterns of Growth of Biotechnology in Munich, Rhineland and Hamburg”, in Small Business Review, no. 17, 2001, pp. 123-141. 51 G. KRAUSS, T. STAHLECKER, “New Biotechnology Firms in Germany. Heidelberg and the BioRegion Rhine-Neckar Triangle”, in Small Business Economics, no. 17, 2001, pp. 143-153. 49 27 I programmi avviati dal governo e, in particolare, la costituzione delle Bioregioni, hanno fatto della Germania il paese leader europeo nel campo delle biotecnologie: il paese conta attualmente oltre 500 imprese biotecnologiche, che impiegano un numero di addetti superiore a 14.000 persone52. 5. Conclusioni Negli anni recenti, lo sviluppo della scienza biotecnologica, soprattutto in campo sanitario, ha favorito, nei paesi industrializzati, lo sviluppo di modelli organizzativi d’impresa originali, in cui fattore di successo è la capacità di unire intorno a progetti complessi una pluralità di attori dotati di competenze distintive diverse e complementari. Ciò ha portato alla nascita di cluster innovativi tra soggetti diversi attivi in ambiti ad alto potenziale di ricerca, che permettono di superare l’incertezza e la complessità dei percorsi di ricerca e sviluppo, attraverso l’attivazione di un fitto tessuto di legami e di risorse. A livello internazionale, i cluster biotecnologici appaiono concentrati in due aree geografiche: gli Stati Uniti e l’Europa. In entrambi i contesti, le peculiarità dei cluster biotecnologici, caratterizzati da livelli elevati di rischio finanziario e operativo, necessità di investimenti ingenti e orientamento strategico di lungo periodo, rendono fondamentale l’apporto specifico di una cabina di regia, che ne governi lo sviluppo, specie nelle fasi iniziali del ciclo di vita. Negli Stati Uniti, il ruolo di cabina di regia è stato svolto soprattutto dalle università, e in particolare dalle iniziative degli studiosi e dalla loro capacità di tradurre le ricerche scientifiche in attività imprenditoriali di successo. Se la fase di avvio dei cluster biotecnologici statunitensi vede nelle università il principale volano di sviluppo, nelle fasi successive del ciclo di vita, determinante appare il ruolo delle istituzioni pubbliche, che si concretizza lungo due direzioni fondamentali: gli incentivi fiscali e i programmi specifici di supporto e finanziamento allo sviluppo dei cluster. L’integrazione tra università e imprese, unita ai finanziamenti pubblici e privati e ad un contesto 52 FEDERAL MINISTRY OF EDUCATION AND RESEARCH, op. cit. 28 normativo favorevole all’innovazione ha portato allo sviluppo di cluster biotecnologici di grande o grandissima dimensione e a forte vocazione internazionale. L’Europa continentale, che solo negli ultimi anni sta recuperando il ritardo rispetto al contesto statunitense in termini di numerosità delle imprese biotecnologiche, addetti e spesa per la ricerca, vede, in generale, la presenza di cluster innovativi, dove il fattore di avvio viene largamente a dipendere dall’iniziativa pubblica. Tale soluzione trae origine dalla visione che storicamente è stata assegnata all’attore pubblico, come soggetto responsabile della tutela dell’interesse generale. In questa prospettiva, i cluster tecnologici si pongono come strumenti integrati di sviluppo del territorio, che coinvolgono il pubblico e il privato nella creazione e diffusione di nuova conoscenza. Sotto questo punto di vista, diversi paesi e regioni europei hanno avviato significative iniziative di politica industriale, volte a sviluppare cluster nel campo delle biotecnologie. Particolarmente significative appaiono le strategie di intervento pubblico attuate in Francia e Germania, nei quali è presente la maggior parte delle imprese europee organizzate in cluster. In entrambi i paesi considerati, le biotecnologie hanno potuto contare sul loro riconoscimento da parte delle istituzioni come settore prioritario sul quale fondare una decisa politica di innovazione. Gli interventi di politica industriale hanno inizialmente trovato attuazione in una dimensione tradizionale, che si è concretizzata con l’adozione di misure volte a garantire condizioni di contesto favorevoli alla competitività industriale: l’incentivo alle attività di ricerca e sviluppo e le azioni tese al miglioramento nel funzionamento dei mercati e della proprietà intellettuale rappresentano gli strumenti principali in tal senso. Tali interventi hanno consentito di catalizzare le risorse e le competenze necessarie per realizzare progetti innovativi, spesso collocati lungo la frontiera tecnologica. Accanto a queste misure, la politica di rilancio dell’innovazione nei paesi considerati si è tradotta nella ricerca di forme originali di cooperazione tra soggetti pubblici e privati, che rappresenta la via più innovativa di sostegno ai settori di punta, sottendendo l’ipotesi di una politica industriale concertata di ampio respiro, che permette il superamento degli interventi meramente settoriali. 29 La Francia, coerentemente con l’approccio colbertista che storicamente anima l’intervento pubblico nell’economia, ha avviato una politica industriale di stampo statalista, incentivando la creazione di grandi cluster biotecnologici a vocazione nazionale (o transfrontaliera). La Germania, seguendo un approccio orientato al federalismo, ha attuato interventi su scala regionale, incentivando la competizione/collaborazione tra i singoli Länder. Pur con le opportune differenze, le esperienze considerate rivestono particolare interesse, in quanto il loro orientamento teso a ricercare soluzioni istituzionali e imprenditoriali spesso innovative, mirate ad una logica strategica di lungo periodo, può offrire interessanti spunti di riflessione nella direzione dello sviluppo di una politica industriale europea per il settore biotecnologico, sorretta da strategie comuni. 30 Bibliografia ALARY-GRALL L., F. PIJAUDIER-CABOT, "L’avancée des biotechnologies", in Cahier Industries, no. 77, 2002. AUDRETSCH D.B., “The Role of Small Firms in U.S. Biotechnology Clusters”, in Small Business Economics, no. 17, 2001, pp. 3-15. AVENEL E., F. COROLLEUR, C. GAUTHIER, C. RIEU, Start-ups, Firm Growth and the Consolidation of the French Biotech Industry, Université Pierre Mendès-France, 2005. BARNES W.R., L.C. 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