Matematica e poesia…
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Matematica e poesia…
Matematica e poesia… … alla ricerca di un numero misterioso Il sonetto È possibile fare uno studio di tipo matematico su una poesia? C'è un rapporto fra i numeri di cui si serve la matematica e le parole che usa la poesia? Indubbiamente sì. Entrambe le discipline sono basate su un principio di ritmo e quello dei versi poetici è computabile. Facciamo l’analisi della struttura formale di un sonetto attraverso cui svelare il rapporto che intercorre fra metrica e relazioni matematiche. Io m’aggio posto in core a Dio servire Io m’ag[g]io posto in core a Dio servire, com’io potesse gire in paradiso, al santo loco ch’ag[g]io audito dire, u’ si manten sollazzo, gioco e riso. Sanza mia donna non vi vorria gire, quella c’ha blonda testa e claro viso, ché sanza lei non poteria gaudere, estando da la mia donna divis. Ma non lo dico a tale intendimento, perch’io pec[c]ato ci volesse fare; se non veder lo suo bel portamento. e lo bel viso e ’l morbido sguardare: ché lo mi teria in gran consolamento, veg[g]endo la mia donna in ghiora stare Giacomo da Lentini I versi delle quartine, accoppiati a due a due, sono disposti su quattro righi, e quelli delle terzine, sempre accoppiati a due a due, sono distribuiti su tre righi. Con un calcolo semplicissimo osserviamo che se dividiamo il numero delle sillabe di un doppio verso (endecasillabo), 22, per i versi, 7, del sonetto nella versione che si diceva, otteniamo un numero 3,142857 …. esattamente corrispondente a quello stabilito da Archimede per la misurazione del cerchio, insomma al pi greco. Osserviamo una concordanza numerica: nella composizione in 7 righe di 22 sillabe possiamo riconoscere le misure di un cerchio determinato dal raggio r = 7 e dalla semicirconferenza C/2 = 22. Partendo dai numeri basilari che definiscono il sonetto, è possibile quindi disegnare un cerchio, ovvero, la figura geometrica le cui misure sono compresenti con il "metro" poetico nella forma di 7 righe per 22 sillabe. La figura illustra che i numeri caratteristici del sonetto risultano uguali alla metà del diametro (=d/2=r) e alla metà della circonferenza (=c/2) Le misure del sonetto e del corrispondente cerchio, cioè il 22 e il 7, formano rispettivamente il numeratore e il denominatore della frazione 22/7. La relazione 22:7, che i manuali di geometri descrivono come uno dei risultati formulati da Archimede nella sua famosa Misurazione del cerchio, rappresenta un valore approssimato per quella grandezza che nella matematica moderna, a partire dal '700, sarà chiamata pi greco, il numero irrazionale che risulta dal rapporto di circonferenza e diamentro Il cerchio del sonetto A causa di questa compresenza aritmetica, proponiamo di chiamare il cerchio di raggio r = 7 e semicircoferenza C/2 = 22 cerchio del sonetto. Alla ricerca del numero misterioso I matematici definiscono il numero π (pi greco) come il rapporto fra la circonferenza del cerchio ed il suo diametro. Questa definizione si sintetizza per la ormai nota formula C = 2πr, nella quale C è la circonferenza del cerchio ed r il suo raggio. I primi lavori di rilievo per calcolare il π risalgono ad Archimede. Nel 3° secolo prima di Cristo, il siracusano aveva dato, nel celebre testo intitolato “La misura del cerchio”, il primo metodo matematicamente corretto per determinare delle approssimazioni abbastanza precise del numero. La ricerca del “pi greco” è radicata profondamente nello spirito umano. Il rapporto fra una circonferenza e il proprio diametro, simbolicamente rappresentato dalla lettera greca p, interviene spesso in matematica, fisica, statistica, ingegneria, architettura, biologia, astronomia e persino nella poesia. Il pi greco è nascosto nei ritmi delle onde acustiche, nelle onde del mare ed è onnipresente sia in natura che in geometria. Il matematico inglese Augustus De Morgan scrisse una volta, a proposito del p: “questo misterioso 3,14159…che entra da ogni porta e da ogni finestra e che si trova sotto ogni tetto»