Abstracts convegno

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Abstracts convegno
Pratiche didattiche tra centro e periferia nel Mediterraneo tardoantico
Convegno internazionale
Sapienza Università di Roma, 13-15 maggio 2015
Abstracts degli interventi
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Rita Lizzi TESTA
La scuola tardoantica in una società in transizione. Note introduttive
Considerando i temi che saranno sviluppati nel corso del convegno, queste note intendono far
riflettere sul contesto storico in cui cambiamenti, adattamenti ma pure una decisa transizione si
produssero nel corso del V-VI secolo in Occidente. Forme d’insegnamento, docenti e discenti,
luoghi, ove la cultura nelle sue forme più varie era comunicata, cambiarono lentamente fino a
mostrare volti del tutto diversi da quelli che, ancora nel corso del IV secolo, mostravano in modo
omogeneo nelle due partes Imperii.
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Giovanni Alberto CECCONI
Indottrinamento pagano nella scuola di Massimino Daia? A margine di Eus. H. E. IX 5, 1; IX 7, 1
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Il contributo analizza i riflessi scolastici della politica religiosa di Massimino Daia, nel periodo
successivo all’editto di Galerio del 311, con particolare riguardo alla testimonianza di Eusebio di
Cesarea secondo la quale l’imperatore avrebbe chiesto ai responsabili delle amministrazioni locali di
imporre come lettura obbligatoria nelle scuole degli hypomnemata spurii di Ponzio Pilato,
patentemente offensivi nei confronti della figura di Gesù.
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Jean-Luc FOURNET
Dioscore d’Aphrodité et l’école
Cette communication tentera de faire le bilan sur la place de l’école dans les archives de Dioscore
d’Aphrodité (Égypte, VIe s.). Certains des textes émanent directement d’un contexte scolaire et
documentent un enseignement dispensé par Dioscore ou dans le cadre de sa famille. Par ailleurs, la
production poétique que celui-ci a laissée témoigne, de façon indirecte et parfois originale, de la
formation scolaire qui a été la sienne et des choix littéraires opérés par l’école de l'Antiquité tardive.
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Paolo FIORETTI
Un libro di scuola tra tarda antichità e alto medioevo: il codice Neap. lat. 2
Sottoposto a una approfondita indagine paleografica, codicologica e testuale, il manoscritto Lat. 2
della Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli si rivela una miscellanea di testi
grammaticali e patristici ad uso scolastico, allestita mediante l’unione di fascicoli recuperati da un
codice tardoantico (V secolo) e altri prodotti durante l’altomedioevo (secoli VII-VIII), alcuni dei
quali possono essere considerati in parte di restauro perché colmano lacune testuali dei materiali più
antichi. Lo studio dei fascicoli tardoantichi consentirà di proporre alcune considerazioni sui libri di
scuola scaturite da confronti con materiali greci più o meno coevi. Una speciale attenzione, infine,
sarà dedicata al recupero di quella tradizione scolastica nell’alto medioevo, recupero avvenuto in un
contesto che ben si presta anche a una riflessione sul rapporto tra centro e periferia, dal momento
che coinvolge alcuni ambienti dell’Italia settentrionale e altri di origine insulare.
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Mariella MENCHELLI
Dal codice al rotolo.
Considerazioni sul ‘nuovo’ rotolo di Patmos del commento di Proclo al Timeo platonico
Il contributo intende proporre un’analisi della minuscola informale con cui è stato vergato il rotolo
di Patmos, con lo scopo di presentare elementi di datazione del manufatto, che sembra debba essere
collocato nell’ultimo quarto del secolo XI, alle soglie dell’età Comnena, e una riflessione sulle
questioni poste dal reperto e sulle prospettive di ricerca aperte.
L’anonimo scriba del rotolo di Patmos trascrisse da un esemplare librario provvisto di ricco apparato
di scoli un ampio brano del commento di Proclo al Timeo su fogli cartacei uniti da kolleseis a
formare un rotolo lungo nella sua parte superstite oltre sette metri. Sotto il profilo testuale gli ampi
brani del libro terzo, inframmezzati di scoli, appartengono alla linea tradizionale rappresentata in età
paleologa dal Marc. gr. 195, frutto di una trascrizione da un codice in minuscola antica (scambi
beta/my, secondo l’analisi di Diehl): il rotolo permette di attingere a questa stessa linea tradizionale
ad una data assai più alta.
Sotto il profilo bibliologico, il rotolo sembra rappresentare un unicum per l’adozione, per un autore
quale Proclo, di una morfologia ‘libraria’ tipica piuttosto dell’ambito documentario. Del resto, la
trascrizione pare doversi riferire a un ambiente aduso alla prassi dei documenti, quello dei
funzionari e/o professori studiosi e lettori di Proclo, che per il terzo libro venne ampiamente
utilizzato da Michele Psello nel suo trattato sulla generazione dell’anima, come puntualmente
rilevato già da Diehl, e che conobbe una fortuna significativa anche in età Comnena.
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Nathan CARLIG
Christianisme et paideia dans l’Égypte byzantine: 2l’apport des papyrus scolaires grecs à contenu
composite profane et chrétien (fin du IIIe-1ère moitié du VIIIe s.)
Documentée par des milliers de papyrus, restes de livres ou de documents, dont les plus anciens
remontent à la fin du IIe siècle de notre ère, la christianisation de l’Égypte a profondément modifié le
rapport des populations à la paideia hellénique, sans pour autant se substituer à elle. L’examen du
matériau, de la forme, de la mise en page, du contenu, ainsi que de la provenance des papyrus
scolaires grecs à contenu composite profane et chrétien (fin IIIe-1ère moitié VIIIe s.), permettra
d’illustrer cette problématique en relevant les continuités et les ruptures dans les stratégies
d’enseignement par rapport à la paideia de tradition hellénique.
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Rosa OTRANTO
Sacerdoti e custodi del tempio demostenico nell’Egitto tardoantico
Commenti antichi e tardoantichi alle orazioni demosteniche, ὑποθέσεις, lessici, esercizi scolastici –
testimoni dei diversi usi, dello studio e della ricezione di Demostene – hanno contribuito alla
fortuna della tradizione del testo, di cui restituiscono tappe intermedie, lasciando altresì intravedere
un pubblico di lettori costituito da eruditi, maestri e studenti.
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Francesca Romana NOCCHI
Scelesti magistri: per un’antipedagogia nel mondo antico
Accanto a maestri irreprensibili e competenti, la scuola antica annovera anche docenti insipienti e
cialtroni, che millantano una cultura vacua, caratterizzata da mera esteriorità. Da Seneca Retore a
Libanio passando per Luciano e la poesia epigrammatica, si registra una sottile, ma costante satira
nei confronti di quei maestri di retorica che, nei metodi e nei contenuti, si mostrano del tutto
inadeguati al loro compito. I principali motivi di recriminazione riguardano la mancanza di
preparazione e la presunzione: in particolare ai retori si rimprovera di commettere barbarismi e
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solecismi, di ostentare una cultura che non possiedono e di essere del tutto demotivati. Stanchi,
infatti, della routine quotidiana questi sedicenti maestri preferiscono sostituirsi ai loro allievi, mossi
da una sorta di autocompiacimento istrionico che li spinge a mettersi in mostra, a declamare con
eccessiva enfasi, piuttosto che esercitare la propria pazienza assolvendo al ruolo di revisori. A questo
si aggiunge l’atteggiamento di chi, spinto dall’ambizione e dal desiderio di guadagno, propone una
via di apprendimento più breve, che si fa scherno della lenta, ma solida e progressiva assimilazione
dei progymnasmata, introducendo subito l’allievo alle declamazioni e dandogli l’illusione di un facile
ed immediato successo. Arroganza, insipienza e sfrontatezza caratterizzano questi maestri
improvvisati, che, fautori del primato dell’ingenium sull’ars, si presentano come il rovesciamento del
magister di quintilianea memoria. Con questo intervento si intende chiarire quali critiche siano
realmente attribuibili al temperamento e alla preparazione individuale dei ‘cattivi maestri’ e quale
fosse, piuttosto, l’incidenza di ragioni di natura sociale. È possibile, infatti, che il differente ruolo
della retorica nel tardoantico abbia richiesto un ripensamento anche dei metodi e dei contenuti del
suo insegnamento: un cambiamento che venne erroneamente interpretato come la perdita di quel
rigore e di quella disciplina che in passato aveva caratterizzato e giustificato il primato
dell’educazione.
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Riccardo CHIARADONNA
La Scuola di Pergamo e la storia del neoplatonismo
Il periodo tra la morte di Giamblico (325 ca) e quella di Giuliano Imperatore (363) è tra i meno noti
e studiati nella storia del neoplatonismo. Dagli studi di Karl Praechter in poi, esso è associato
principalmente alla cosiddetta “Scuola di Pergamo”, fondata da Edesio, allievo di Giamblico, tra i cui
esponenti vi furono Prisco di Tesprozia e Massimo di Efeso, i filosofi legati a Giuliano. Si è talvolta
pensato che la scuola di Pergamo sia stata fondata in un momento di repressione del neoplatonismo
pagano che portò i discepoli di Giamblico ad abbandonare Apamea. Inoltre, tradizionalmente si
ritiene che la scuola di Pergamo abbia impresso una svolta di tipo esclusivamente religioso e
irrazionalistico al neoplatonismo, svolta che trovò piena espressione nel progetto di restaurazione del
paganesimo promosso da Giuliano. In realtà, un esame attento delle poche fonti disponibili
(particolarmente Eunapio, Temistio, Giuliano), anche alla luce dei recenti e fondamentali studi di R.
Goulet, non conferma queste conclusioni. La fondazione di una scuola neoplatonica a Pergamo non
sembra presupporre, come talora supposto, una repressione dei discepoli di Giamblico sotto
Costantino. Le ricerche recenti hanno ridimensionato questa ipotesi portando a una nuova
valutazione del resoconto di Eunapio. Egli, infatti, presenta la dispersione dei discepoli di Giamblico
positivamente, come un segnale della loro influenza in tutto l’Impero. Il quadro che ne emerge è
quasi trionfale. Come osserva Goulet, la società degli intellettuali di cui parla Eunapio è ristretta,
«mais elle a la prétention de couvrir toute l’oikouménè». La fondazione della scuola di Edesio a
Pergamo s’inserisce in questa presentazione d’insieme, per quanto agiografica e tendenziosa essa
possa essere. È inoltre interessante soffermarsi sulle dottrine e i metodi dei filosofi giamblichei. Se ne
proporrà una ricostruzione all’interno del dibattito filosofico e culturale del IV secolo. Come si
tenterà di mostrare, gli esponenti della scuola di Pergamo svilupparono non solo gli aspetti religiosi
e teurgici del platonismo di Giamblico, ma anche il suo lavoro esegetico sui testi normativi di
Platone e, in particolare, di Aristotele. Inoltre, vi furono posizioni diverse tra gli stessi allievi di
Giamblico (una situazione ben esemplificata dal dissidio tra Eusebio e Massimo). In ogni caso, il
platonismo giamblicheo non ebbe vita facile: è ad esempio notevole la polemica di Temistio
(anch’egli un neoplatonico) contro i filosofi giamblichei. Ne emerge un quadro filosofico e culturale
molto più sfaccettato di quanto non si sia spesso supposto.
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Giulia MARCONI
L’attività didattica del diacono Ennodio. Alcuni spunti
Il presente contributo propone una nuova interpretazione dell’attività svolta da Ennodio nella
formazione dei giovani, tenendo conto delle testimonianze offerte dal suo corpus letterario e da
alcune altre fonti contemporanee. L’opera ennodiana non contiene espliciti riferimenti
all’auditorium, nei pressi di Milano, del retore Deuterio ma si può pensare che tale istituzione sia
stata una delle ultime scuole municipali della tradizione romana, tenuta in vita anche grazie dalla
collaborazione offerta dal diacono al retore. L’esperimento potrebbe sembrare insolito, se non si
tenesse conto del fatto che il contesto educativo di Roma e dell’Italia tardoantica fu caratterizzato da
una serie di innovazioni nelle istituzioni e nei processi educativi (si pensi alle scholae christianae di
Cassiodoro e Agapito, nonché alle cosiddette ‘scuola parrocchiali’ citate nel concilio di Vaison del
529), per la necessità di formare un personale – sia laico, sia religioso – dotato di competenze
retorico-giuridiche e di abilità tecnico-amministrative da impiegare nelle strutture ecclesiastiche.
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Elena SPANGENBERG YANES
Materiali lessicografici greci e latini nell’insegnamento di Prisciano
Nell’ambito della Quellenforschung sull’Ars Prisciani un ruolo particolare è occupato dai materiali di
origine lessicografica utilizzati dal grammatico. La presente indagine, rivolta in primo luogo alla
selezione degli autori greci e latini citati quali esempi, alla Zitierweise del grammatico e alle
formulazioni di contenuto dottrinale da lui adottate, mira a chiarire alcuni aspetti della prassi
didattica di Prisciano e delle modalità compositive della sua Ars.
Sul versante greco si intendono esaminare le modalità secondo le quali Prisciano ha impiegato una
fonte atticista non solo nel lessico sintattico greco-latino che occupa la seconda metà del XVIII libro
della sua opera, bensì anche in alcune precedenti sezioni dell’Ars. Particolarmente interessante
risulta lo studio delle interazioni di questa fonte greca, nella sua rielaborazione ad opera del
grammatico di Cesarea, con materiali di diversa provenienza (tratti, ad esempio, da Apollonio
Discolo o da altri scritti dello stesso Prisciano).
Il grammatico sembra inoltre aver adoperato, soprattutto nei libri XVII-XVIII dell’Ars, una fonte
lessicografica latina, consistente in un repertorio di esempi relativi a costruzioni sintattiche, che
mostra significative affinità con gli Exempla elocutionum di Arusiano Messio e con alcune sezioni del
De compendiosa doctrina di Nonio Marcello: il confronto con le opere di questi due autori fornisce
elementi utili alla ricostruzione della struttura della fonte impiegata anche da Prisciano.
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Serena AMMIRATI
Apprendere il latino ai confini dell’impero tra antichità e tarda antichità.
Un approccio paleografico
Attraverso l’esame di alcune testimonianze scritte, e mettendo in luce analogie e differenze di
carattere diatopico e diacronico, si propone una rilettura del fenomeno di apprendimento della
lingua e soprattutto della scrittura latina in alcune aree marginali della Romania latamente intesa, tra
antichità e tarda antichità.
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Carlo PERNIGOTTI
Come si trasmette un testo scolastico antico: il caso delle Menandri Sententiae
Testo ‘scolastico’ per definizione, le Menandri Sententiae vedono convivere, in ogni momento della
loro vicenda tradizionale, una multiformità redazionale ed una stabilità testuale a loro modo
esemplari: il primo problema di chi si accosti allo studio della tradizione del testo è infatti trovare il
modo di definire i contorni di un contenitore (la forma del testo) che sembra mostrarsi assai più
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resistente del contenuto (il materiale testuale in sé). Ma è proprio a partire dalle diverse realizzazioni
mostrate dai testimoni diretti che traiamo lo spunto più produttivo per capire quanto quelle che oggi
definiamo Menandri Sententiae abbiano saputo conservare un’identità propria nonostante le costanti
modifiche, gli adattamenti e le molteplici manifestazioni testuali che hanno conosciuto.
Selezionando un nucleo significativo di testimoni papiracei di ambito cristiano e concentrando
l’attenzione soprattutto attorno al celeberrimo quaderno scolastico di P.Bouriant 1, si vedrà quanto il
patrimonio testuale del singolo testimone sappia interagire con il contesto di origine e con il resto
della tradizione, antica, tardo-antica e medievale. Con indicazioni metodologiche di portata anche
più generale.
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Lucio DEL CORSO
Insegnare ai margini.
Libri e strumenti didattici nell’Egitto tardoantico
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Lo studio delle testimonianze papiracee ed epigrafiche si è rivelato, specialmente nel corso
dell’ultimo decennio, di fondamentale importanza non soltanto per ricostruire le modalità di
apprendimento e insegnamento nell’antichità, ma in generale per riflettere, su basi più solide, sul
radicamento e sul ruolo della scuola. Le rassegne e le sintesi finora realizzate hanno avuto il merito,
inoltre, di illustrare la permanenza di determinati fenomeni culturali in un periodo molto ampio,
dall’età ellenistica sino ai primi secoli di Bisanzio e oltre. Partendo da queste premesse, il contributo
presenterà alcuni materiali papiracei ed epigrafici particolarmente significativi, provenienti da
diverse zone dell’Egitto e riferibili all’arco cronologico compreso tra il III secolo d.C. e il periodo
arabo, con lo scopo di mettere in luce gli elementi di continuità con i secoli precedenti e soprattutto
le innovazioni e le discontinuità nelle pratiche didattiche, come riflesso di evoluzioni morfologiche
più profonde intercorse nella società.
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Marco RIZZI
Le scuole cristiane dalla periferia al centro del sistema scolastico tardoantico
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La relazione prende in esame il posizionamento delle scuole cristiane dall’epoca di Giustino e
Taziano a quella di Clemente e Origene (II-III secolo d.C.): si passa da una condizione di marginalità
e di disturbo rispetto al panorama tradizionale delle attività didascaliche letterario-filosofiche ad una
sempre maggiore centralità e rilevanza delle scuole cristiane, anche sul piano dei contenuti e delle
forme della filosofia antica, sancita dal ruolo svolto dal Didaskaleion origeniano nell’ambito della
successione di Ammonio Sacca.
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Henrik RYDELL JOHNSÉN
Repentance and Conversion: Teaching Practice in Ancient Philosophy and Early Monasticism
In a recent book from 2013 on repentance in late antiquity, Alexis Torrance rightly asserts that “the
rise of monasticism was pivotal to the development of repentance in the Christian world from the
fourth century onwards.” With monasticism followed a ‘renewal’ of the earlier Christian practice
with great importance for the later tradition. But were these changes just the result of earlier
Christian practices being adjusted to new circumstances? Or were the new impulses dependent on
other external sources? In this paper the pedagogical practice related to repentance and conversion
in a number of early monastic sources is compared with teaching practice within late antique
philosophy. In contrast to scholars who have rather underscored the difference between theses two
traditions, this paper argues that the essential new monastic contribution to the earlier Christian
practice of repentance can be explained by a dependency on pedagogical practice within late antique
philosophy.
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