SETTEMBRE MUSICA

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SETTEMBRE MUSICA
CITTÀ
DI TORINO
ASSESSORATO
PER LA CULTURA
domenica 15 settembre 1991, ore 21.30
Conservatorio
SETTEMBRE MUSICA
Solisti
dell’Orchestra del Settecento
e del Coro da camera Olandese
Frans Briiggen
d ir e tto re
L’Orchestra del Settecento è stata fondata nel 1981 da Frans
Bruggen con l’aiuto di un gruppo di amici sparsi in tutto il mondo
e grazie alle sovvenzioni del Governo Olandese e del Prins
Bernhard Fond. Composta da 55 musicisti di diverse nazionalità,
quasi tutti gli stessi della formazione originaria, si riunisce ad
Amsterdam tre volte l'anno per l’effettuazione delle prove e intra­
prende quindi Fattività concertistica, nel cui corso effettua inoltre
registrazioni discografiche in presa diretta durante le esecuzioni.
Dediti in particolare al repertorio barocco, per la cui riproposizione
si avvalgono di strumenti dell’epoca o di copie, i componenti il
complesso ritengono tuttavia importante, ma non fondamentale, la
ricerca storica sulla prassi esecutiva, considerando inoltre “antiqua­
te” le dispute sulla musica “antica”. Già ospite delle maggiori sale
concertistiche di Europa, Stati Uniti, Giappone e Australia, l’orche­
stra ha recentemente festeggiato ad Amsterdam, alla presenza di un
pubblico convenuto da varie parti del mondo, i dieci anni di
attività ed ha quindi intrapreso la tournée di 24 concerti denominata
“In corteo per Mozart”, nel cui corso propone gran parte del
repertorio mozartiano.
Solisti del Coro da camera Olandese
Sascha Hunnego,
Barbara Borden, soprani
Peter Dijkstra, baritono
Fondato nel 1937 da Felix de Nobel e dallo stesso guidato per oltre
trent’anni, il Coro da camera Olandese (Nederlands Kamerkoor)
è stato quindi diretto dai maestri Van der Flombergh e Woodward
fino al 1980, anno in cui ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla
realizzazione di progetti specifici e di cicli tematici collaborando di
volta in volta con direttori specialisti. Più volte in tournée in Canada,
Stati Uniti, Europa e Giappone a fianco di direttori quali, tra gli altri,
Nikolaus Hamoncourt, Ton Koopman, René Jacobs e John Alldis,
ha nel corso della sua attività eseguito opere di un repertorio che
parte dal ’300 per arrivare a compositori quali Madema, Nono,
Dallapiccola e Scelsi. Specializzato nelle esecuzioni “a cappella”,
oltre che con l’Orchestra del Settecento collabora regolarmente con
l’Amsterdam Baroque Orchestra, il Schònberg Ensemble e l'Or­
chestra del Concertgebouw.
Compiuti gli studi musicali e umanistici ad Amsterdam, sua città
natale, a soli 21 anni Frans Briiggen è diventato docente di flauto
dolce presso il Conservatorio Reale dell’Aja. Caposcuola di un’in­
tera generazione di flautisti, ha al suo attivo un’intensa carriera
come strumentista a fianco di Gustav Leonhardt e Anner Bylsma
oltreché come componente del trio Sour Cream. Dedito anche alla
musica contemporanea, è tuttavia considerato musicista fondamen­
tale nell’opera di riscoperta e valorizzazione del repertorio “anti­
co”, ambito nel quale viene considerato uno dei massimi specialisti
e come tale invitato regolarmente a tenere seminari nelle Università
di Harvard e Berkeley. Nel 1973 direttore di una delle prime
orchestre da camera di strumenti antichi, il Mozart Ensemble
Amsterdam, nel 1981 ha fondato una formazione stabile sua
propria, l’Orchestra del Settecento, e in seguito ha collaborato, tra
gli altri, con i complessi sinfonici di Chicago, della RIAS di Berlino,
della Welsh BBC e del Concertgebouw di Amsterdam.
Wolfgang Amadeus Mozart
(1756-1791)
Adagio in si bemolle maggiore K. 411
“Due pupille amabili”
notturno in fa maggiore K. 439
“Ecco quel fiero istante”
notturno in fa maggiore K. 436
“Mi lagnerò tacendo”
notturno in sol maggiore K. 437
“Se lontan, ben mio, tu sei”
notturno in mi bemolle maggiore K. 438
“Più non si trovano”
canzonetta in si bemolle maggiore K. 549
“Luci care, luci belle”
notturno in fa maggiore K. 346
Serenata in si bemolle-maggiore K. 361
(Gran Partita)
L a rg o . A lle g r o m o lto
M in u e tto
A d a g io
M in u e tto . A lle g r e tto
R o m a n z a . A d a g io
T e m a c o n v a ria zio n i
R o n d ò . A lle g r o m o lto
Wolfgang Amadeus Mozart
Adagio in si bemolle maggiore K. 411
fa parte dei numerosi pezzi
composti da Mozart espressamente per clarinettisti professioni­
sti quali i fratelli Anton e Johann Stadler, Vincent Springer e
Anton David, questi ultimi membri della stessa loggia massoni­
ca cui apparteneva Mozart: di qui l’ipotesi avanzata da alcuni
studiosi secondo la quale questo Adagio avrebbe dovuto far parte
di una più ampia composizione, concepita da Mozart ma mai
realizzata, destinata ad entrare nel novero delle altre musiche
“massoniche”.
A confutare questa suggestiva ipotesi vi è il fatto che, oltre a
questo A d a g io , esistono numerosi abbozzi di composizioni per
lo stesso organico strumentale, il che induce a pensare che
Mozart, per un certo periodo, si fosse occupato alla sperimen­
tazione di insiemi di strumenti a fiato tali da costituire una sorta
di “pendant” al classico quartetto o quintetto d’archi.
L’autografo dell’opera, un tempo in possesso della Preussische
Staatsbibliothek di Berlino, è andato perduto; di' conseguenza,
adducendo le più disparate argomentazioni, gli studiosi hanno
proposto una ridda di ipotesi sulla datazione del brano, attual­
mente collocabile in un arco di tempo, invero ampio, che va dal
1782 al 1790. Più prudente e forse vicina alla realtà è la
datazione proposta dai curatori della sesta edizione del catalogo
Kochel, secondo i quali il brano fu composto a Vienna verso la
finedell785.
Strutturalmente V A d a g io sembra costruito secondo lo schema
classico della forma sonata.
Nell’”esposizione” vengono presentati due temi, di cui il se­
condo, dall’iniziale tonalità di fa minore, nel giro di poche
battute modula nel modo maggiore; l’episodio si conclude con
una “coda” modulante che riconduce il discorso alla tonalità di
impianto. Un breve “a solo” del primo corno di bassetto intro­
duce la sezione centrale, una sorta di “sviluppo” che nell’arco
di quindici battute esaurisce le possibilità di elaborazione tema­
tica. Nella “ripresa” il primo tema viene riproposto integral­
mente e nella tonalità originale, mentre il secondo tema si
presenta trasposto di una quarta (si bemolle maggiore).
Conclude l ’A d a g io una “coda” piuttosto estesa nella quale
ancora riecheggiano frammentari spunti tematici dell’esposi­
zione.
L ’A d a g io in s i b e m o lle m a g g io re ,
Notturni e Canzonette
Questo piccolo gruppo di composizioni vocali risale al periodo
in cui Mozart, stabilitosi definitivamente a Vienna (1781), era
divenuto amico del conte Joseph Franz von Jacquin, noto
botanico e raffinato cultore di musica. Lontano finalmente dalla
“n o io s a e p r o v in c ia le S a lis b u r g o ” - come egli stesso ebbe a
dichiarare - e dall’insopportabile sudditanza all’arcivescovo
Colloredo, Mozart poteva finalmente esprimere al meglio il
proprio genio. Anche se la recente rottura con il padre, causata
dal matrimonio con Konstanze Weber nel 1782, aveva profon­
damente amareggiato Mozart, tuttavia il crescente successo che
egli andava riscuotendo negli ambienti musicali viennesi e la
calorosa accoglienza nella cerchia di amici di Jacquin lo ripaga­
vano ampiamente dei dissapori famigliari. I due figli di Jacquin,
Franziska e Gottfried, divennero suoi allievi ed in particolare
con quest’ultimo, buon intenditore di musica e dotato di una
bella voce di basso, Mozart ebbe un rapporto di profonda
amicizia. A lui è dedicata l’aria da concerto M e n tr e ti la sc io , o
fig lia K . 5 1 3 e probabilmente, nelle serate musicali di casa
Jacquin fu proprio Gottfried ad eseguire la parte di basso dei
N o ttu rn i e delle C a n zo n e tte .
Sicuramente collocabili nella tradizione della “Flausmusik”
intrattenimento musicale privato tipico della borghesia austria­
ca, queste composizioni videro la luce nel 1783 (ad eccezione
della K. 549 datata 1788). Di esse sfortunatamente non posse­
diamo l ’autografo ma soltanto poche copie manoscritte nelle
quali sono talora indicate come C a n z o n e tte ita lia n e , talora come
N a c h tstà n d c h e n (Notturni). Sulla paternità di queste opere gli
studiosi ancora oggi sono divisi: alcuni pensano che siano state
composte da Gottfried von Jacquin (su alcune copie compare
infatti il suo nome), altri, basandosi su un manoscritto conser­
vato a Berlino che reca l ’annotazione (in italiano) «composti da
Wolfango Amadeo Mozart», non hanno dubbi in proposito.
I cinque N o ttu r n i e la C a n z o n e tta (questa è la dicitura apposta,
nel manoscritto viennese, sul frontespizio della K . 5 4 9 (“P iù
non si tr o v a n o ”) sono brevi composizioni a tre voci (due soprani
e basso) con accompagnamento di clarinetti e corni di bassetto.
Quattro di esse sono su testo del Metastasio: più precisamente
i n o ttu rn i K . 4 3 8 “S e lo n ta n . b en m io , tu s e i ” (da “Strofe per
musica”), K . 4 3 6 “E c c o q u e l fi e r o is ta n te ” (dalla canzonetta
La partenza”), K. 4 3 7 “M i la g n e r ò ta c e n d o ” (dall’opera “Sir°e, re di Persia”) è la canzonetta K . 5 4 9 “P iù non s i tr o v a n o ”
(dall’opera “L’Olimpiade”). Nella copia conservata a Vienna i
e la C a n zo n e tta sono sprovvisti di accompagnamento
strumentale: una prassi indubbiamente insolita per questo gene­
re di composizioni. Probabilmente per la loro prima esecuzione
Mozart, come era solito fare, accompagnò i cantanti improvvi­
sando al pianoforte e solo successivamente creò per essi un
accompagnamento di clarinetti e corni di bassetto pervenutoci
nella copia di Berlino. Scevri dei virtuosismi belcantistici di
operistica ascendenza, tuttavia i N o ttu r n i e la C a n zo n e tta mo­
strano chiaramente quel gusto per la frase musicale cesellata
con elegante e ariosa cantabilità che è caratteristico della voca­
lità italiana. Opere di “occasione”, come molte altre composi­
zioni vocali dello stesso periodo (canoni, arie da camera, ecc.),
esse rivelano, pur nella contenuta dimensione e nella semplicità
della forma (generalmente tripartita), la ricchezza dell’inven­
zione melodica unita alla garbata quanto efficace aderenza
all’espressività testuale. Anche in queste pagine, in cui la dolce
cantabilità della melodia vocale è soavemente impreziosita
dalla morbidezza timbrica dei clarinetti e dei corni di bassetto,
si manifesta l’inconfondibile e sublime impronta del genio
mozartiano.
N o ttu r n i
Serenata in si bemolle maggiore K. 361
Tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell’Oitocento incontrarono grande favore, segnatamente in Austria,
Francia ed Inghilterra quegli insiemi di strumenti a fiato, che nei
paesi di lingua tedesca furono denominati “Harmonien”. Presso
la corte imperiale e le famiglie aristocratiche austriache, in
particolare, divenne di moda concedersi il lusso di avere alle
proprie dipendenze una Flarmonie il cui compito era di provve­
dere all’intrattenimento musicale dei festeggiamenti privati
quali banchetti, matrimoni, genetliaci, ecc. L'organico, formato
quasi sempre da musicisti professionisti, poteva variare da
quattro strumenti (due clarinetti e due corni) fino a un massimo
di tredici: è questo il caso della S e r e n a ta K . 361 il cui organico
prevede due oboi, due clarinetti, due corni di bassetto, quattro
comi, due fagotti e un contrabbasso. Gli strumenti, sempre a
coppie, erano di norma clarinetti, corni, comi di bassetto e
fagotti; più raramente flauti e corni inglesi. Data la “debolezza
della sezione grave della Harmonie, formata da fagotti e corni,
a questi si affiancavano, perlopiù con funzione di mero raddop­
pio del basso, un controfagotto o, più frequentemente, un
contrabbasso, unico strumento ad arco ammesso nella Harmonie.
Prima della S e r e n a ta K . 3 6 1 Mozart aveva già composto alcuni
brani per Harmonien : tra questi basti ricordare i S e i d iv e r tim e n ti
per due oboi, due fagotti e due corni, composti a Salisburgo tra
il 1775 e il 1777, recanti sul frontespizio della partitura l’indi­
cazione “Tafelmusik” (musica da banchetto) espressamente
creati per i fastosi ricevimenti dell'arcivescovo Colloredo. Ma
anche le S e re n a te K . 3 7 5 e 3 8 8 così come i D iv e r tim e n ti K . 1 6 6
e 1 8 6 furono composti verosimilmente per una formazione di
questo tipo. In una lettera al padre Mozart aveva manifestato
l’intenzione di trascrivere per Harmonie un buon numero di arie
de « Il r a tto d a l s e r r a g lio » , ma a quanto pare questo progetto non
fu mai realizzato.
Un alone di mistero avvolge questa S e re n a ta , sia per quanto
riguarda la data di composizione che la sua destinazione.
L’ascrizione all’anno 1781, così come il sottotitolo “Gran
Partitta” (sic!) sono sicuramente posteriori alla scomparsa del
compositore. Le vicende di cui fu oggetto il manoscritto auto­
grafo costituiscono addirittura un “giallo” musicologico. Dopo
la morte di Mozart, la moglie Konstanze mise all’asta tutte le
partiture rimaste in suo possesso. Nel 1803 il manoscritto della
S e re n a ta sparì dalla circolazione e invano, per oltre un secolo,
i musicologi si prodigarono nella sua ricerca. Soltanto nel 1917
il manoscritto, a quel tempo in possesso della principessa Marie
von Erbach-Schtìnberg, ricomparve per essere nuovamente
messo in vendita e, dopo ulteriori passaggi, nel 1941 fu acqui­
stato dalla Library of Central Congress di Washington, dove
attualmente è conservato. E finalmente, nel 1979, potè essere
realizzata un’edizione critica dell’opera a cura della fondazione
per la “Neue Mozart Ausgabe”.
Se, come abbiamo visto, il 1781 è improbabile come anno di
composizione dell’opera, la sua datazione copre un arco di
tempo che va dal 1780 (secondo Einstein e Abert) al 1784, anno
in cui la serenata venne eseguita in un concerto pubblico
organizzato dal clarinettista Anton Stadler a Vienna il 23 marzo.
Dalle memorie di Johann Schinck, che aveva assistito al concer­
to, risulta che la S e r e n a ta era divisa in quattro movimenti, pro­
babilmente gli stessi che Mozart trascrisse per il Q u in te tto K .4 6
(secondo Abert risalente al 1780). Ne dobbiamo dedurre che i
movimenti centrali, il secondo M in u e tto , la R o m a n z a i il T em a
con v a ria zio n i, o non vennero eseguiti per deliberata scelta di
Stadler o furono composti in epoca successiva. Una curiosità:
Georg Nissen. primo biografo di Mozart, affermò che durante il
banchetto nuziale di Wolfgang e Konstanze (1782) “/« e se g u ita
u n a a rm o n ia a se d ic i v o c i (sic!) d i su a c o m p o s iz io n e ”, senza
dubbio la K. 3 6 1 .
La S e re n a ta si apre con un ' introduzione dal tono solenne {L argo)
che richiama immediatamente i modelli sinfonici haydniani; gli
accordi scanditi con perentorio vigore dal “tutti”, separati da
brevi ma espressivi interventi solistici del 1° clarinetto, prelu­
dono ad un intenso e serrato dialogo, introdotto dagli oboi e dai
comi di bassetto, che si allarga progressivamente a coinvolgere
tutti gli strumenti, fino ad una sorta di “coda”, dalle ariose
movenze, esposta dal 1° oboe e subito ripresa ¿al 1° clarinetto,
suggellata da un ulteriore vigoroso accordo del “tutti”. L 'a lle g r o
seguente - che delio stesso movimento fa parte - esordisce con
un brioso e repentino inciso melodico - tratto da un’aria del­
l’opera “Maréchal ferrant” di André Philidor (1725-1795) - che
costituisce il nucleo tematico intorno al quale gravitano, in
caleidoscopiche e variegate elaborazioni, l’esposizione, lo svi­
luppo e la coda del brano. Sin dalle prime battute de l i ’A lle g r o
è chiaramente avvertibile la propensione del compositore alla
sperimentazione “coloristica” che tale organico strumentale gli
consentiva e che si manifesta nei raffinati e policromi impasti
timbrici presenti in ogni movimento della S e re n a ta .
Il M in u e tto seguente è tutto condotto all’insegna di marcati
contrasti armonici chiaroscurali: all’episodio iniziale, nella
luminosa tonalità d’impianto di si bemolle maggiore, si con­
trappone la “risposta” nel cupo tono di fa minore che, in un
breve giro modulante, perviene nuovamente alla tonalità prin­
cipale. I due tr ii presentano anch’essi forti contrasti stilistici e
armonici: il primo, in mi bemolle maggiore, si sviluppa in un
elegante ed articolato dialogo tra clarinetti e corni di bassetto;
diversamente, il secondo, in sol minore, si presenta come una
sorta di brioso “divertimento” giocato dal 1° oboe e dal 1° corno
di bassetto su un insistente accompagnamento in terzine puntate
del 1° fagotto ed un bordone dei corni, solo a tratti interrotto da
brevi e secondari interventi degli altri strumenti .
L ’A d a g io è giustamente considerato il movimento di maggiore
rilievo della Serenata: un accordo “spezzato” di mi bemolle
maggiore intonato dagli strumenti gravi introduce immediata­
mente nel clima misterioso e inquieto che permea l’intero
movimento. Ad un motivo in crome dei fagotti e del contrabbas­
so si sovrappone un fitto ed ininterrotto accompagnamento dal
ritmo puntato/legato e su questo compatto e ossessivo fondale
ritmico-armonico si staglia, affidata vicendevolmente ai “soli”
dell’oboe, del clarinetto e del corno di bassetto, una melodia di
straordinaria bellezza, intessuta di luminosa serenità solo a tratti
screziata da una vena nostalgica.
Nel secondo M in u e tto , in tempo “allegretto”, l’insieme stru­
mentale è presente al completo e questo dà luogo ad una
compattezza timbica del tutto estranea al primo minuetto. Il
piglio brillante ed energico della compagine strumentale ben
poco spazio lascia alla cantabilità della melodia affidata al 1°
oboe e al contempo conferisce al brano un andamento risoluto
quasi marziale mitigato soltanto dal limpido e incessante flusso
musicale del II trio.
La R o m a n z a è formalmente tripartita; ad un a d a g io (in mi be­
molle maggiore) soffuso di intenso e profondo lirismo si con­
trappone un a lle g re tto (nel relativo tono minore) caratterizzato
da brillanti contrasti dinamici dei “soli” e del “tutti” su di un
vivace e ininterrotto accompagnamento dei fagotti in una sorta
di “moto perpetuo” che si esaurisce poche battute prima della
ripresa integrale A tW a d a g io . Una breve c o d a , nella quale il
discorso musicale si stempera in ultimi frammentari echi tema­
tici, conclude in un clima di rarefatto lirismo questa stupenda
pagina.
Il tema utilizzato per le 6 variazioni del sesto movimento della
S e re n a ta è tratto dal secondo tempo del Q u a rte tto K . A n h . 171
per flauto, violino, viola e violoncello composto nel 1781. In
questo movimento si manifesta pienamente la vulcanica capa­
cità di Mozart di far scaturire da uno spunto melodico semplice
e lineare una serie di episodi in cui l’arte della variazione si
esprime non solo nella consueta ornamentazione ed elaborazio­
ne tematica ma coinvolge tutte le componenti armoniche, tim­
briche, dinamiche e agogiche del discorso musicale. Dalla
prima variazione, ove è ancora riconoscibile nella sua integrità
la linea melodica del tema, passiamo, attraverso le due variazio­
ni seguenti, alla sua progressiva trasformazione, fino alla com­
pleta trasfigurazione nella quarta variazione, avvolta in una
sofferta quanto inquietante atmosfera.
Su di un sussurrante accompagnamento dei clarinetti e dei corni
di bassetto, il tema ricompare, nella quinta variazione (a d a g io )
in forma di melodia, dal carattere “arioso”, spiegata dalla
penetrante sonorità dell’oboe. Un frizzante “allegretto” in tempo
ternario - quasi in forma di minuetto - propone l’ultima elabo­
razione del tema che, sortito da un labirintico percorso, ricompare
rinvigorito con tutta la sua forza ed immediatezza espressiva.
Conclude la S e r e n a ta un brillante R o n d ò (allegro molto), nello
stile classico mozartiano, condotto all’insegna della più pro­
rompente vitalità creativa. Gli strumenti, nel vorticoso susse­
guirsi di episodi estremamente variegati per carattere e stile,
concertano con la massima libertà, in un vertiginoso e inarresta­
bile gioco timbrico nel quale ogni strumento, evidenziando
pienamente le proprie risorse coloristiche, contribuisce a creare
una tavolozza sonora dai toni sempre cangianti; e, pur conside­
rando dovutamente la perfetta realizzazione creativa che carat­
terizza ogni movimento della S e re n a ta , proprio la raffinata e
“sperimentale” ricerca timbrica compiuta da Mozart in que­
st’opera ha fatto sì che essa, a pieno diritto, sia considerata
l’assoluto capolavoro della musica per strumenti a fiato.
Alberto Olivero
Wolfgang Amadeus Mozart
“D u e p u p ille a m a b ili”
Due pupille amabili m’han piegato il cuore
E se pietà non chiedo a quelle luci belle,
Per quelle, sì, per quelle io morirò d’amore.
“E c c o q u e l f i e r o is ta n te ”
Ecco quel fiero istante:
Nice, mia Nice addio!
Come vivrò ben mio,
Così lontan da te.
Io vivrò sempre in pene
Io non avrò più bene;
E tu chissà se mai,
Di me ti sovvertirai
“M i la g n e r ò ta c e n d o ”
Della mia sorte avara,
Ma ch’io non t’ami, o cara,
Non lo sperar da me.
Crudele! In che t'offendo,
Se resta a questo petto
Il misero diletto
Di sospirar per te
“S e lo n ta n , b en m io , tu s e i”
Se lontan, ben mio, tu sei,
Son eterni i di per me:
Son momenti i giorni miei,
Idol mio, vicino a te.
“P iù n o n s ì tr o v a n o ”
Più non si trovano
Fra mille amanti
Sol due belFanime
Che sian costanti,
E tutti parlano
Di fedeltà.
E il reo costume
Tanto s’avanza,
Che la costanza
Di chi ben ama.
Ormai si chiama
Semplicità.
“L u c i c a re , lu c i b e lle ”
Luci care, luci belle,
Cari lumi, amate stelle,
Date calma a questo core!
Se per voi sospiro e moro,
Idol mio, mio bel tesoro,
Forza è solo del dio d’Amore.
leggere di musica
D icevano di sé i m onaci filo s o fi d el M edioevo: ‘‘R ispetto a g li a n tich i noi sia m o
com e nani su lle sp a lle di giganti: sia m o p iù p icco li, m a vediam o p iù lo n ta n o " .
E p e r questa ragione che, se i capitoli fo n d a m e n ta li d ella storiografia
m ozartiana so n o sta ti d etta ti g ià da d ecen n i (1-2), anch e n u o vi contributi
fo c a lizz a ti (specie se con g ra n d e a ttenzione a ll’a p p a ra to ico n o g ra fico ) (3) o
nuovi a p procci ideologici su l livello di a u to co scien za creativa (4) appaiono
quanto m ai utili. L a p ro p o sta de! M u lino d i tred ici sa g g i testé tra d o tti (5)
richiede n ozioni tecniche e d a nalitiche scaltrite, m entre in so stitu ib ili p e r la
conoscenza d e ll' uom o -M o za rt appa ion o le lettere, d isponibili in italiano in
vecchie (6) e recen ti (7) raccolte. R ecen tem en te è ricom parso il dittico d el
necrologio di S chlich teg ro ll e d ella biografia (scritta con n o tizie a vu te dalla
vedova K onstanze) con cui il p ra g h e se N iem etsch ek si p re se su g l’ingrati
viennesi la rivincita di p rim o eseg eta (8). S u l rap p o rto M o za rt-M eta sta sio si
sono versati fiu m i d ’inchiostro, da! m onu m en ta le K u n ze (9) a ll’a g ile dossier
(10): in realtà, fu o r i da p ro b le m i dram m a tu rg ici, q u esti “N o ttu rn i” non ne
rappresentano che le briciole. P e r le Seren a te (11) e il ruolo cen tra le ch e g li
strum enti a fia to , e seg n a ta m en te i legni, in esse rivestono, fo r s e , una volta
tanto, oltre a l T oeplitz (12), p o ssia m o to rn a re Col p en siero a lla ra p ita
descrizione che d e ll’A d a g io d ella “G ran P a rtita ’’ fa c e v a S a lieri in .“A m a ­
d e u s” e a ll’ ineffabile p la sm a rsi d a l silenzio d el su o tem a p u lsa n te.
Nicola Gallino
(1) H. ABERT, W. A. Mozart, 2 voli. + indici, Milano, Il Saggiatore,
1984-85.
(2) B. PAUMGARTNER, Mozart, Torino, Einaudi, 1978.
(3) H. C. ROBBINS LANDON, Mozart. Gli anni d'oro (1781-1791),
Milano, Garzanti, 1989.
(4) G. CARLI BALLOLA, R. PARENTI, Mozart, Milano, Rusconi, 1990.
(5) S. DURANTE (a cura di), Mozart, Bologna, Il Mulino, 1991.
(6) E. RANUCCI (a cura di), Wolfgang Amadeus Mozart: lettere, Milano,
Guanda, 1981.
(7) E. CASTIGLIONE (a cura di), Mozart. Epistolario, Roma, Edizioni
Logos, 1991.
(8) F. NIEMETSCHEK, F. von SCHLICHTEGROLL, Mozart, Torino, EDT,
1990.
(9) S. KUNZE, Il teatro di Mozart, Venezia, Marsilio, 1991.
(10) G. PUGLIESE, Mozart, Idomeneoe l’opera seria, inM u sica e D ossier,
46, 1990.
(11) E. SMITH, Mozart Serenades, Divertimenti and Dances, London, BBC,
1982.
(12) U. TOEPLITZ, Die Holzbläser in der Musik Mozarts und ihr Ve­
rhältnis zur Tonartwahl, Baden-Baden, Körner, 1978.
i: T ip o lito f
La maggior parte delle pubblicazioni indicate può essere consultata presso la Civica
Biblioteca Musicale “Andrea Della Corte” - Villa Tesoriera - Corso Francia, 192.
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Nell’intento di dare un contributo alla salvaguardia deH’amblente, i programmi di sala di Settembre Musica vengono stampati su carta riciclata.
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