Notiziario 2016 - Piccole Sorelle del Vangelo

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Notiziario 2016 - Piccole Sorelle del Vangelo
SCEGLIERE DI AMARE
E DI SERVIRE
Le Piccole Sorelle del Vangelo
di Charles de Foucauld
marzo 2016
“Cristo ci ha dato un comandamento nuovo che chiama anche il “suo”
comandamento: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. C’è dunque
qualcosa di nuovo riguardo all’amore, dal momento in cui Cristo è nato in
questo mondo. Questa novità consiste precisamente nel fatto che Dio si è
incarnato e che in conseguenza di questo, l’uomo si trova elevato, trasfigurato, in una dimensione che non poteva supporre prima.
Quando si parla di amore bisogna ricordare che nessuno saprebbe amare
se, prima, a sua volta, non fosse stato amato. Ora Cristo, specialmente
con la sua agonia sulla croce, ci rivela l’amore misericordioso con cui Dio
ci ama. Il cuore ferito di Cristo morente per noi, ci rivela un amore immenso, infinito, pieno di tenerezza e di misericordia, che raggiunge ciascuno personalmente … E’ la rivelazione di Dio-Amore, di un amore di
misericordia, di un amore che si fa vicino agli uomini, di un amore che
non respinge nessun peccatore, perché è nella sua stessa natura di salvare quelli che cadono, di guarire i malati e di confortare i deboli.
Una nuova dignità riveste la persona umana in Cristo, perché l’uomo è
diventato figlio di Dio, questo è il suo destino. L’uomo non può più essere
amato come lo era prima: deve essere amato con la forza e il rispetto
dovuto a Dio, semplicemente perché è uomo. E’ una cosa molto grande,
ma estremamente rara, il saper amare un uomo semplicemente perché
è uomo.
Quando amiamo qualcuno, lo amiamo per le sue qualità che ammiriamo, o per gratitudine, o perché ci dà qualcosa, o perché abbiamo avuto qualcosa da lui, o perché siamo attirati verso di lui da un sentimento
spontaneo e sensibile di simpatia. Ma quant’è difficile amare un uomo
semplicemente perché è uomo!
E’ questo che fonda l’universalità del precetto dell’amore. L’uomo, al di
là della sua razza, della sua cultura, delle sue qualità, anche quello che ci
odia, quello per cui non proviamo che antipatia, quello con cui non abbiamo alcun punto in comune e che parla un altro linguaggio, quest’uomo,
perché è uomo, merita il nostro amore e porta in sè qualcosa di infinito.”
(P. René Voillaume “Dov’è la vostra fede”)
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Amici carissimi,
dal 13 novembre 2015, decimo anniversario della beatificazione di
Charles de Foucauld, fino al 1° dicembre 2016, celebriamo il centenario
della sua morte.
La sua vita completamente donata, colma di amore appassionato per
Dio e per gli uomini, ha avuto come origine una forte esperienza della
misericordia di Dio. Al momento della conversione, fr. Charles si è sentito inondato, avvolto dalla misericordia divina. Da quel momento due
desideri l’hanno guidato: rendere a Dio tutto l’amore possibile, consolando il cuore di Gesù, e testimoniare a tutti gli uomini, in particolare i
più poveri, la tenerezza misericordiosa del Signore.
Anche in noi, piccole sorelle, abita lo stesso desiderio: parlare della misericordia di Dio, essere segno del suo amore nei nostri luoghi di missione, alle periferie del nostro mondo, nei sobborghi di Kinshasa o nel
quartiere inondato di Antananarivo, con i pigmei in Camerun come anche nelle molte situazioni di precarietà che troviamo in Europa.
La nostra presenza e le nostre attività sono piccole gocce in un oceano
di bisogni, ma si sommano a tanti altri gesti di solidarietà che scopriamo
intorno a noi. Dove il bisogno è grande, è grande anche la generosità!
Papa Francesco ci indica il cammino nella bolla d’indizione del Giubileo
della Misericordia: “In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare le ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, a fasciarle con la misericordia e a curarle con la solidarietà e l’attenzione … La
Chiesa sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il
nostro, colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il
volto di Cristo”.
Unite a voi in questo cammino di amore e di servizio, vi ringraziamo per
i vostri segni di amicizia e di solidarietà che rendono possibile la nostra
missione.
Le Piccole Sorelle del Vangelo.
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IL BALSAMO DELLA MISERICORDIA
Per il centenario della morte di CHARLES DE FOUCAULD piccola sorella
Marie Christine, della fraternità di Azet, in Francia, ha scritto un certo
numero di articoli che presentano vari aspetti della vita e della personalità del beato Charles.
Dato che siamo nell’anno della misericordia, vi proponiamo alcuni
estratti dell’articolo che tratta di questo tema.
“Coloro che sperano nel Signore saranno avvolti nella sua misericordia“
(commento al Salmo 31)
L’esperienza della misericordia di Dio è un tema centrale nella vita di
frère Charles. In quest’anno in cui Papa Francesco ci ripropone la figura
di un Dio d’amore, è interessante osservare il posto che ha avuto la misericordia nella vita e negli scritti di Charles de Foucauld.
In primo luogo, è bene chiarire il significato della parola Misericordia.
Lo farò alla luce di una frase di Paolo VI che ha ricordato le tre M che
bisogna percorrere per un vero e proprio cammino cristiano:
M come miseria
M come misericordia
M come magnificat
In realtà frère Charles ha unificato queste tre realtà. La misericordia di
Dio per lui non può essere separata dalla confessione della propria miseria, quella di uomo peccatore. Ma essa conduce, poi, alla gioia del
ringraziamento, la gioia del Magnificat; la sua anima era piena di ringraziamento perché aveva fatto l’esperienza di una nuova nascita: “Avvolto
nella misericordia divina”.
Frère Charles ha vissuto con una coscienza sempre più acuta della sua
miseria, “del fango”, come dice lui: una vita lontana da Dio, una vita
egoista, edonista. Poi a 28 anni, è stato preso per la mano e sollevato dal
fango. È stata un’esperienza travolgente di conversione, allora Dio gli si è
avvicinato meravigliosamente, la distanza che li separava è scomparsa.
Non si può parlare di misericordia nella spiritualità di Charles de Foucauld, senza menzionare la devozione al Sacro Cuore che era molto diffusa alla fine del XIX secolo. Frère Charles ha assorbito questa devozione
a cominciare dalla sua famiglia.
Nell’immagine-ricordo di Prima Comunione di frère Charles c’era questo messaggio: “Perditi volentieri nel cuore di Gesù: è il nostro rifugio,
il nostro asilo, il nido della tortora, la barca di Pietro per attraversare
il mare in tempesta”. Un programma significativo, come un assaggio di
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paradiso.
Bambino, frère Charles accompagnava sua cugina Maria di Bondy in una
piccola cappella vicino a Evreux, dove poteva contemplare una statua
del Sacro Cuore con le braccia aperte. Questo l’ha profondamente influenzato e l’ha portato un giorno a dipingere il famoso Cristo, che era
nella cappella di Béni Abbès, con le braccia aperte sul mondo e sul petto
il disegno del cuore e della croce, che la famiglia spirituale di Charles de
Foucauld ha adottato, in seguito, come proprio simbolo.
La Basilica del Sacro Cuore di Montmartre è stata per lui un luogo significativo. Il 6 giugno 1889, in questa chiesa, si è consacrato al Sacro Cuore
di Gesù.
Più tardi, in una lettera a sua cugina del 21 marzo 1902, la informa che
ha fondato “canonicamente una confraternita del Sacro Cuore associata
a quella di Montmartre”. E poi il 16 aprile 1902 entra a far parte dell’Associazione “Preti-Apostoli del Sacro Cuore di Gesù”, legata a Montmartre.
A Gerusalemme, poco prima della festa del Sacro Cuore, prende la decisione di diventare sacerdote. Tutto ciò dimostra quanto fosse radicata
in frère Charles la devozione al Sacro Cuore. L’8 luglio 1913 in una lettera al suo amico J. Hours, racconta di essersi iscritto all’Associazione
degli Amici Vittime del Sacro Cuore. Questa connotazione espiatoria era
una caratteristica della spiritualità praticata nella Basilica di Montmartre. Charles de Foucauld è anche convinto che da questo luogo, che gli
è caro, Gesù irraggerà le sue grazie sul mondo intero e soprattutto sul
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Marocco, che Charles sogna di convertire alla fede cristiana.
Esprime anche un Magnificat di riconoscenza per quello che deve a sua
cugina circa questa devozione: “Altri possono aver contribuito, Padre
Huvelin soprattutto, a farmi del bene per cose diverse; ma la devozione
al Sacro Cuore, la devo solo a te, assolutamente solo a te, per grazia di
Dio” (a Marie de Bondy 20 settembre 1900).
L’emblema del cuore con la croce che
egli sceglie di applicare sulla sua tunica nel Sahara e che mantiene fino
al 1913, è in linea con il desiderio di
visibilità dell’amore di Dio in un mondo da cui Dio è spesso emarginato. Il
cuore e la croce manifestano questa
profonda convinzione di frère Charles: Dio è Amore, soprattutto amore.
Infatti chiede che sia applicato “sulla
gandura, il cuore in modo che si sappia dappertutto che Dio ha un cuore”.
Vetrata della cappella della fraternità di Azet
Vuole correggere un’immagine di Dio
che anni di giansenismo avevano diffuso in tutto il mondo; vuole porre
fine a un Dio lontano, inflessibile, che giudica, che fa paura. (Ai tempi di
Charles de Foucauld e di Teresa del Bambino Gesù la presentazione del
messaggio cristiano andava spesso in questa direzione!)
Per controbilanciare la spiritualità di un Dio che ci sovrasta con la sua
ira, il culto del Sacro Cuore si concentra su ciò che è il nucleo del Vangelo: l’amore che perdona, un Dio che è Padre, ma con viscere di Madre.
“Cuore di Gesù, più che materno”, dirà frère Charles nel commento al
Salmo 65.
Charles, cosciente della propria condizione di peccatore, fa l’esperienza
di sentirsi amato follemente dal suo Dio. La misericordia che egli, creatura indegna, ha ricevuto, lo mette in cammino per la missione.
Potremmo così aggiungere una quarta M alle tre M di Paolo VI: è la
parola MISSIONE. Questo “monaco-missionario” (come verrà definito
inseguito), Spinto dallo Spirito Santo, si sente inviato ai suoi fratelli, specialmente i più abbandonati.
Frère Charles, che dice di aver bisogno di una guarigione radicale, esulta
con questo canto lirico sulle misericordie che Dio gli concede: “Ne ha
di misericordie il mio Dio! Misericordie di ieri, di oggi, di ogni momento
della mia vita ... Se sto affogando, se annego, la misericordia mi copre e
mi avvolge da ogni parte” (Ritiro a Nazareth 1897).
Può dire solo grazie per “la carezza paterna di Dio alle anime afflitte,
una carezza che trascende ogni dolcezza umana” (Commento al Salmo 33).
La misericordia di Dio è il balsamo che può guarire le ferite, è la solle6
citudine di un Dio Sposo dell’anima; è questo il linguaggio dei grandi
mistici: “Prendi il mio cuore, o mio Sposo, mettilo nel tuo e fanne un
tutt’uno con il tuo”.
Un aneddoto della vita di frère Charles esprime in modo semplice la
forza della relazione con il suo Sposo: il 20 Settembre 1900, mentre si
prepara ad essere ordinato sacerdote, scrive a sua cugina per chiederle di confezionargli una casula. Descrive molto minuziosamente ciò che
vuole: “Falla tutta bianca, tranne il cuore rosso, la piccola croce marrone, con le fiamme che escono dal Cuore intorno alla croce, e raggi gialli
che irradiano lontano tutto intorno: fai un cuore raggiante che irradi su
tutta questa povera terra, sui nostri cari e su noi stessi …”. Un paramento liturgico che, da solo, è tutto un programma missionario!
Impossibile citare tutti i testi in cui Frère Charles si lascia andare a esternare la gratitudine che è in lui, un continuo Magnificat di un uomo che
non può credere di essere tanto amato: “Sulla strada di Gesù, troviamo
un Cuore che ci ama, siamo amati, ci ha amato da sempre, prima che noi
esistessimo, un Cuore che ci ha amato di un amore eterno, per tutta la nostra vita, questo cuore ci abbraccia con immenso calore”. (Béni Abbès 1903)
Una particolarità che è propria di frère Charles e che raramente si trova
in altri grandi mistici è: “fare tutto per consolare il cuore di Cristo.” E’ un
leitmotiv ricorrente nei suoi scritti. Di solito succede il contrario: chiediamo a Dio amorevole di confortarci; invece, in frère Charles, la sua
empatia con il partner divino fa sì che “com-patisca” nel senso etimologico del termine “consoliamo il Cuore di Gesù, questo sia lo scopo di
tutta la nostra vita”. (commento al Salmo 67)
Charles vibra alla sofferenza del fratello Gesù, ma sa anche gioire per la
felicità eterna del Risorto: “Tu sei felice, anch’io sono felice. Come potrei
rattristarmi quando il mio Amato è infinitamente felice?” (In una lettera a
sua sorella del 19 novembre 1898).
L’esperienza vissuta della misericordia di Dio porta in Frère Charles il
desiderio di essere come Colui che ama, vuole rispondere a tanta misericordia, diventando a sua volta seminatore di misericordia.
Questo vale anche per il perdono, così importante nella spiritualità cristiana.
Essere discepolo di Cristo e figlio del Padre vuol dire
• Essere “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di verità”, avvicinarsi al fratello, diventare il suo prossimo.
• Manifestare un’attenzione molto concreta al piccolo, al debole, al povero malato, amato di un amore preferenziale da Dio.
• Nel grande Cuore di Dio, nella sua misericordia, arrivare ad amare il
fratello, con cui Gesù si è identificato. “Bisogna amare le persone nel
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cuore di Dio” “noi abbiamo un cuore che è caldo o freddo: se è caldo
per Dio, lo è anche per gli uomini; se è tiepido, freddo per Dio, è tiepido,
freddo anche per gli uomini e viceversa”.
Consiglia così il suo amico Massignon: “Datevi al prossimo, questo è il
modo migliore per progredire davanti a Dio” (15 agosto 1916)
“Consoliamo, confortiamo ... con tenere, delicate, piccole attenzioni”.
Per terminare vorrei citare questo testo di Padre Voillaume che esprime
perfettamente come il Padre de Foucauld ha voluto vivere la misericordia: “Se amiamo il cuore di Gesù nella verità e sopra ogni cosa, sentiremo nascere nel profondo di noi stessi un grande sentimento di tenerezza
per tutti gli uomini e soprattutto per gli esclusi “. Faremo, come frère
Charles, della religione un amore.
“Diffondere il buon odore del Cuore di Cristo“
(Regolamento dei Piccoli Fratelli del Sacro Cuore di Gesù)
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ITALIA - VICENZA
Piccola sorella Maria Cristina ci racconta il sentimento di misericordia
che ha la grazia di vivere sia nel suo luogo di lavoro, sia attraverso l’associazione di clown, che opera in ospedale.
Quando sento la parola misericordia vedo con gli occhi del mondo
invisibile un immenso cuore rosso che avvolge tutta la terra e si
espande in tutte le galassie … un
cuore pulsante di vita … In effetti
l’amore è il “campo gravitazionale” in cui Dio ci ha posti, è lui che ci
sostiene, ci dà movimento e vita.
L’invito di Gesù a rimanere nel
suo amore, è un invito a non fare
un passo senza rimanere in Lui e
nella forza del suo amore. Il suo
amore è diverso da tutto il resto,
è l’origine di tutto, è la frequenza
generatrice di ogni cosa. Gesù venendo sulla terra ci fa sperimentare la gioia di ricollegarci con Dio e
ritornare in armonia con LUI.
Il vocabolo amore-misericordia viene da una parola ebraica “hèsed”,
che è compassione, tenero affetto, fedeltà, profonda commozione, gesti di meravigliosa bontà. “Hèsed” è il modo viscerale con cui Dio ama,
ci ama, con una benevolenza senza limiti. Vivere la misericordia significa
scegliere ciò che Dio desidera per noi: perdono, pace, benessere, condivisione. Allora come non mettere le ali a questo cuore perché il suo
amore si diffonda intorno a noi, nel nostro quotidiano…?
Quando, quasi dieci anni fa, sono entrata a far parte di un’associazione
clown che presta servizio in ospedale, desideravo, e desidero tuttora,
entrare in contatto con questo mondo sofferente attraverso il mio cuore,
più che con le parole e la mente. Facendo animazione teatrale ho avuto
la conferma che sono clown “dentro”, cioè comunico e faccio vibrare il
cuore con i gesti, col sorriso più che con il trucco e i vestiti strani …
Per esempio, quando entro in una stanza d’ospedale, dove uno o più
malati sono alla vigilia di un intervento, l’atmosfera è pesante, piena
di tensione e di timori, ben fondati, certo. Con il mio collega clown ci
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presentiamo come i nuovi dottori che interverranno il giorno seguente
… È una “gags” per rendere più leggera l’atmosfera. Io, dopo un po’ di
battute, aggiungo: “Domattina sarò presente anch’io all’operazione, ma
non è uno scherzo questo! Sarò veramente vicino a voi in modo invisibile ma reale”. E il nostro naso rosso – a volte gliene regaliamo uno – sarà
un modo di ricordare la nostra vicinanza piena di umanità.
Realizzando l’angelo della gioia, un’icona, ho disegnato un naso rosso
appeso al collo dell’angelo, messaggero di gioia appunto. Un amico mi
ha detto: “Bello aver appeso un cuoricino rosso”.
Il naso rosso di noi clown è un segno del messaggio che desideriamo
portare: la gioia trasmessa da cuore a cuore …
Maria Cristina nei suoi panni di clown
I bambini sono attratti dal colore, dal gioco, dai suoni magici e i loro occhi brillano … I genitori si sentono sollevati vedendo che i bambini, pur
in un ambiente estraneo al loro quotidiano, come può essere l’ospedale,
non perdono questa capacità di meravigliarsi della vita.
Per questo due anni fa’ ho cominciato con un’altra associazione - i “Tessitori di voce”- ad andare in pediatria. A due a due proponiamo dei momenti di lettura ai giovani pazienti. È un modo di far entrare la vita in
ospedale, di collegare l’esterno con le stanze dei bambini malati. Leggendo si tessono relazioni; per un momento i bambini lasciano il personal computer o la televisione, i genitori “staccano la spina”, escono per
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una boccata d’aria o un caffè, i bambini esprimono cosa interessa loro
di più in quel momento … libri d’avventure, di viaggi, favole magiche,
storie d’animali. Un giorno siamo entrati in una stanza con la mascherina sul volto perché il bambino proveniva da un reparto oncologico ed
aveva delle cure speciali. Mi ha accolto subito con queste parole: “Ma tu
sei un clown!”. La mascherina nascondeva il mio sorriso ma non poteva
impedire ai miei occhi di sorridere … Abbiamo trascorso un’ora serena,
intensa, in cui il bambino in presenza della mamma ci ha mostrato tutto
quello che gli interessava della vita, quanto lo appassionava … Ora è nelle braccia del Padre, in cielo, dove esiste, vive e rimane solo ciò che è visitato dall’amore, ciò che fa scaturire amore, ciò che conduce all’amore,
che risveglia amore, che canta amore, che semina amore, che illumina
amore, che ama l’amore, che ama e si appassiona per la vita.
A volte ai più piccoli chiedo se hanno paura del lupo, c’è tutta una simbologia dietro … Ricordo le mie paure infantili di fronte al buio, all’ignoto …
Allora propongo loro il libro del lupo diventato amico di san Francesco,
scritto da Chiara Frugoni. Un vecchio lupo, solo, si avventura nel bosco e
razzia e terrorizza animali e uomini sino a quando gli abitanti del paese
si rivolgono al frate d’Assisi che passa di lì. Il futuro santo promette di
aiutarli e si avventura, a sua volta, nel bosco. Anche Francesco ha paura
ma ha promesso e rimane. Prosegue il suo cammino, ormai avvistato
dal lupo (ma lui non lo sa). Si addormenta ignaro … Ma quando la belva
si avvicina all’incauto frate, sente che emana un odore così buono (è
quello della bontà ) che ne rimane stregato. Quel profumo ha il potere
di trasformarlo in un mansueto cucciolone che vivrà nel paese, amato
da tutti …
Oppure propongo il libro di Asa Lind “Il lupo sabbioso ”. Racconta la storia di Zackarina, una bambina dolce e
sveglia
che
abita una casa
vicina al mare
con la mamma e il papà –
e di lupo sabbioso, il suo
impalpabile
amico dorato,
venuto fuori,
chissà come,
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dai granelli di sabbia. È una bambina curiosa che fa tante domande.
Tra loro nasce un’amicizia straordinaria che si consolida in un rapporto
reale fatto di giochi, di sogni, di aspettative … Sorretta dalla saggezza del
lupo, la bimba vince le sue paure, supera le sue incertezze e affronta con
coraggio le difficoltà della vita.
C’è un altro splendido libro per tutte le età, poiché tocca il cuore di tutti quelli che l’ascoltano: “ Tu sei speciale ” scritto da Max Lucado. Un
piccolo popolo di legno, scolpito da un falegname di nome Eli, passa il
tempo ad appiccicare stelline agli altri come apprezzamento e bollini
grigi in segno di disapprovazione. Il protagonista, Pulcinello, riceve solo
bollini grigi fino a quando scopre la possibilità che i bollini non rimangano attaccati al suo corpo. Il Pulcinello che è in ciascuno di noi scoprirà
il segreto incontrando Eli: “Conosco il tuo nome … ti ho fatto io … non
giustificarti con me, figlio mio … non mi importa di quello che pensano
gli altri di te.
E non dovrebbe importare nemmeno a te … Importa solo quello che
penso io. E io penso che tu sia davvero speciale. Gli adesivi si attaccano
solo se per te vogliono dire qualcosa. Più sarai sicuro del mio amore e
meno ti importerà dei loro giudizi … Ricordati quanto sei importante per
me. Tu sei speciale perché ti ho fatto io.
E io non faccio errori.”
Il mio quotidiano sono anche le sei ore di pulizie giornaliere per sei giorni alla settimana nella casa famiglia dove lavoro da dieci anni. Grandi
pulizie, ma anche piccoli gesti di attenzione alle persone anziane private
della casa in cui hanno vissuto una vita, dei loro spazi, delle loro abitudini, conoscenze e interessi. Nei ritagli di tempo cerco di soddisfare
quello che fa loro piacere: curare una piantina ornamentale, procurare
un oggettino simpatico, intonare un canto degli anni ’30 o una melodia
gregoriana, cercare qualcosa di dolce o appetitoso o un caffè. Piccoli
gesti che li fan sentire vivi, con cui esprimo quello che ho nel cuore: tu
sei prezioso ai miei occhi …
Non è quello che faceva Gesù accettando un invito a cena, un profumo,
preparando la colazione ai suoi amici stanchi dopo una notte infruttuosa? Che sia questa la misericordia? Una attenzione ai piccoli, a chi è
stanco, preoccupato, con un peso sul cuore o sulle spalle … Venite a me,
ci dice, e io vi dono sollievo, riposo, ristoro, vi faccio entrare nella vibrazione dell’amore, nel mio cuore.
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M. Cristina al lavoro
Signore dolcissimo,
tu che sei il cuore stesso dell’amore e della gioia,
tu che stai alla porta del nostro cuore e bussi, entra,
ti preghiamo, entra e abita in noi.
Quando tu abiti il nostro cuore
abbiamo la forza, l’umiltà e l’intelligenza
di aprire la porta del nostro cuore
solo al perdono, alla compassione, alla gratitudine, alla gratuità, al sorriso.
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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO – Kinshasa
Piccola sorella Bruna ci dice le sue impressioni a seguito della visita fatta
alla fraternità di Kinshasa, fondata nel 2008.
Eccomi per la prima volta immersa nella realtà della fraternità del Congo, che si trova in un quartiere della periferia est di Kinshasa, città che
si estende su una superficie di 10.000 km2. Una città che mi ha colpito
per le sue contraddizioni. Immaginate una città di più di 12milioni di
abitanti con pochi palazzi, salvo in centro; per il resto si tratta di piccole
case ovunque …
Quello che mi è sembrato sproporzionato sono i viali. Ce n’è uno a quattro corsie per ogni senso di marcia che va dall’aeroporto al centro città;
molti viali a due corsie uniscono tra loro i quartieri … e ciò che è incredibile è che a qualsiasi ora sono intasati di minibus, macchine, moto. Ma
c’è anche gente che cammina, che vende, che coltiva ai bordi dei grandi
viali … il tutto in mezzo a un continuo rumore di sottofondo, perché i
colpi di clacson sono ininterrotti.
Nel quartiere della
fraternità il paesaggio
cambia. I piccoli appezzamenti sono circondati da muri abbastanza
alti che impediscono
di vedere le case e i
piccoli cortili interni. In
certe zone del quartiere le case danno direttamente sulla strada;
sono, per la maggior
parte, piuttosto piccole
e coperte da un tetto in
lamiera. Le strade del quartiere non sono asfaltate. Si scopre così che la
città è costruita sulla sabbia, più o meno compatta, mista a sacchi per
rendere la strada più “solida”.
Sabbia, dunque polvere quando c’è il vento, e il più impressionante sono
le enormi pozzanghere (anche se non piove) in mezzo a certe stradine
che diventano difficilmente praticabili. E’ la conseguenza della mancanza di scolo dell’acqua sporca; la gente è obbligata a vuotare i propri secchi sulla strada…mentre i sacchi di plastica, sotterrati un po’ ovunque,
impediscono lo scolo dell’acqua.
Piccoli negozi, dove si trova un po’ di tutto, “ornano” i vicoli.
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Ecco il Nazareth delle nostre sorelle, ma potete immaginare che l’appezzamento della fraternità è bello: una piccola oasi con alberi da frutta,
piccole coltivazioni, fiori, un cortile ben spazzato, il pollaio, la lavanderia, l’angolo cucina, un’oasi nascosta dietro il portone e il muro di cinta,
in mezzo al quartiere.
Questo risulta subito evidente quando si arriva per
la prima volta; la fraternità
è ben situata … e quando si
riparte, dopo aver visto vivere le sorelle e le giovani,
si constata che è una bella
presenza nella Missione
della Chiesa locale e nella
realtà della vita religiosa
della città.
Le tre sorelle della fraternità: Valeria, Eveline e Roswita
Sì, la Fraternità mette radici a Kinshasa. La casa è sempre molto animata; nei fine settimana la tavola si allunga per accogliere le studenti (sei
giovani iscritte a scuole professionali, a tappe diverse) che abitualmente
abitano in città vicino alla loro scuola.
In cappella si prega al
ritmo del tam tam …
specialmente il mercoledì sera quando il
parroco viene a celebrare in fraternità.
Durante il mio soggiorno ho potuto vedere l’appezzamento
di terreno che si trova
vicino, nel vicolo di
fronte alla fraternità.
L’abbiamo acquistato per costruire un
piccolo centro polivalente con la scuola
materna. In attesa
che questo spazio sia
pronto, le sorelle, aiu-
La “piccola banda”
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tate dalle giovani, accolgono cinque bambini di condizioni difficili e di
età differenti, per aiutarli nei compiti. Una vera “piccola banda”.
Nell’intento di avere un’attività produttiva che aiuti ad autofinanziarsi,
siamo andate a qualche kilometro da Kinshasa. Accompagnate dal parroco di quella zona, abbiamo visto dei terreni in diversi luoghi della sua
comunità. Ce n’è piaciuto particolarmente uno che si trova a Maluku,
un villaggio lungo la strada principale. Si tratta di due appezzamenti
abbastanza grandi con piccole case (alcune ancora in fango e paglia)
circondate da una semplice siepe. Il terreno costeggia quello del capo
villaggio, è un po’ ritirato rispetto alla grande strada, ci è piaciuto e …
speriamo che le giovani studenti in agronomia, e non solo loro, possano
farci le loro esperienze!
Le giovani mentre zappano il tereno di Maluku
Il mio soggiorno, ricco di incontri e di scoperte, mi ha permesso di constatare che la spiritualità di fr. Charles parla e interroga la Chiesa congolese. Affido al Signore la fraternità, che possa crescere secondo i suoi
desideri.
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MADAGASCAR - Antananarivo
La vita della fraternità di Antananarivo nel 2015 è stata segnata dal passaggio del ciclone Chezda; le piccole sorelle Dety, Lydya e Cylvie ce ne
parlano.
Il passaggio del ciclone Chezda, il 17 marzo 2015, ha portato molta pioggia ed ha continuato per diversi giorni in tutto il Madagascar. All’inizio
del ciclone l’Ufficio Nazionale Gestione Rischi e Catastrofi (BNGRC) ha
dato l’allerta: tutti i quartieri bassi della città dovevano essere evacuati
per la crescita dell’acqua. Verso le 23 la radio nazionale ha annunciato
la rottura della diga sul fiume Sisaony, il quartiere di Anosizato, situato
nelle vicinanze del fiume, era in pericolo. Sono stati mobilitati i militari
per soccorrere la popolazione con i mezzi più rapidi.
Sono arrivati presto.
Nel nostro quartiere Ampefilhoa – Ambodirano, una parte delle case
era già invasa dall’acqua perché era piovuto molto, già prima
del ciclone. La gente
era rimasta nelle case
mettendo mattoni e
pietre per sollevare
i letti e i mobili. Non
osavano lasciare la
casa prima che il capo
del quartiere non
avesse trovato una soluzione. Diversi giorni dopo, il capo del quartiere con i suoi collaboratori ha proposto alla
gente di spostarsi nella scuola elementare pubblica. Poiché la gente era
tanta, era difficile accogliere tutti nella scuola; per fortuna sono arrivate
delle tende del BNGRC e una parte di loro ha potuto esservi accolta.
Nei giorni seguenti la pioggia non finiva di scendere e l’acqua continuava
a salire e a invadere le case. Un venerdì sera eravamo in chiesa per la
Via Crucis e uscendo, verso le 18, abbiamo visto l’acqua entrare come un
torrente nella nostra casa, la fraternità. Abbiamo subito sollevato tutte
le cose (riserve di cibo, medicinali…) per evitare che si guastassero.
Anche il giorno dopo l’acqua ha continuato ad aumentare. Speravamo
che non entrasse nella casa vicina dove avevamo fatto costruire delle
piccole dighe. Delusione: il mattino dopo l’acqua era entrata anche lì!
Stessa constatazione per la chiesa e la scuola dove l’acqua era entrata in
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Le sorelle sulle passerelle poste nel cortile della fraternità
tutte le aule al pian terreno.
La gente era triste vedendo che anche noi eravamo nell’acqua. Visto
che quasi tutto il quartiere era invaso dall’acqua , con la Chiesa abbiamo fatto appello a organismi e associazioni internazionali (Programma
Alimentare Mondiale, Croce Rossa, Caritas …) per richiedere degli aiuti.
Il PAM ha subito risposto dando riso, cereali, biscotti, olio … ad ogni famiglia, erano circa 195.
E’ stato decretato lo stato d’emergenza: tutte le scuole sarebbero rimaste chiuse per alcuni giorni, sia nei quartieri bassi, sia negli altri, per il
rischio di frane e crolli. Noi ne abbiamo approfittato per costruire delle
passerelle per la scuola e per la fraternità perché i bambini potessero tornare presto a scuola. La casa vicina, usata in parte per i bambini
dell’alfabetizzazione, ha permesso di accoglierne alcuni.
La gente del quartiere ha molto sofferto per questo disastro; la maggior
parte è rimasta in casa fin quando la Croce Rossa, il BNGRC, e altre associazioni non sono arrivate e hanno rizzato delle tende lungo il canale.
In seguito gli operatori di questi organismi hanno portato delle pompe per togliere l’acqua, e, coinvolti dalla gravità della situazione, hanno
aggiunto un loro contributo personale a quello dato dallo Stato per il
carburante.
Il vicolo era pieno d’acqua e l’accesso alla strada principale era difficile.
Un servizio di carretti si è messo a disposizione della gente. Nel frattempo, dei gruppi hanno preso coscienza che l’acqua, che si stava accumulando, proveniva da canali di scolo che erano stati tappati al momento
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L’entrata della fraternità
della costruzione della grande strada, su cui dà il nostro vicolo. Hanno
deciso allora di far valere i loro diritti con un sit-in, la sera, sulla strada
principale. Vi hanno partecipato in molti ed è arrivata la polizia: temevano che scoppiassero disordini, ma la gente li ha invitati ad andare nel
quartiere a constatare la situazione. Più tardi, a causa della manifestazione, è arrivata anche la Ministra degli Affari Sociali; ha voluto entrare
nel quartiere, passando anche da noi e alla chiesa, accompagnata dalla
televisione. Dopo questa visita, ne abbiamo avute altre, di Deputati o di
personalità della pubblica amministrazione. E … finalmente … il giorno
seguente il Comune ha dato ordine di aprire i canali. Lo scopo era stato
raggiunto! L’acqua è defluita più in fretta del previsto. Ma nel frattempo
molti avevano perso giorni di lavoro, proprio nel momento in cui i prezzi
dei prodotti di base erano molto aumentati.
Appena l’acqua è diminuita, la gente ha cominciato a ritornare nelle proprie abitazioni. Molti hanno dovuto riparare la propria casa.
Una cosa che ci ha colpito profondamente è il fatto che la gente ha preso in mano la situazione smuovendo le autorità. Tutti i nostri amici più
prossimi, insegnanti volontari per i corsi di francese e per il Centro di
Recupero Nutrizione (CRENAM) ci sono stati vicini, senza preoccuparsi
della sporcizia e delle difficoltà per entrare nel quartiere. Abbiamo avuto anche altre manifestazioni di solidarietà, specialmente da parte di
Congregazioni religiose e di organismi internazionali.
E’ stato duro per noi e per la gente, vedere i piedi dei bambini, e anche
degli adulti, coperti di piaghe. La cosa più grave è che l’inondazione ha
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provocato la morte di otto persone, tra cui una nonna, un bambino di
10 anni e un papà …
Malgrado tutto questo la vita riprende a poco a poco, alcuni ritrovano il
loro lavoro quotidiano (fabbricare mattoni o trasportarli, lavare la biancheria, vendere per strada, …)
Noi, Piccole Sorelle e giovani in formazione, siamo state molto scosse da
questi avvenimenti, ma siamo state tutte unite per vivere la situazione
difficile e sostenerci reciprocamente.
Il vicolo dove si trova la fraternità (la casa sulla destra)
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CAMERUN – Salapumbe
Piccola sorella Elisa ci dà qualche notizia della fraternità di Salapumbe.
Continuiamo il nostro lavoro di accompagnamento delle diverse comunità umane e cristiane situate lungo la pista. Nelle nostre visite raduniamo i Baka (una etnia di pigmei) per la celebrazione domenicale, l’ascolto
della Parola di Dio e la catechesi degli adulti che si preparano a ricevere
i sacramenti. Poi visitiamo la gente interessandoci agli avvenimenti degli
uni e degli altri.
Sovente siamo sollecitate davanti a casi di malattia; quando diventa indispensabile un ricovero ospedaliero, nella misura del possibile, aiutiamo
finanziariamente e nello stesso tempo cerchiamo di responsabilizzare i
famigliari del malato. Infatti un membro della famiglia assiste il malato,
gli prepara e gli porta il cibo; altri cercano di economizzare almeno una
piccola somma di denaro che noi in seguito integriamo.
Purtroppo le condizioni di vita della nostra gente sembrano peggiorare
e la loro salute è più fragile che nel passato. Per loro è praticamente impossibile accedere a cure adeguate solo con i loro mezzi; allora, per noi,
rispondere a questo genere di urgenze è diventato una priorità.
Continuiamo a seguire cinque centri prescolari e da un anno, in quello di
Salapumbe, di fronte
alla fraternità, abbiamo cominciato una
nuova “attività”.
Da un po’ di tempo
avevamo constatato
che i bambini, iscritti a settembre, dopo
qualche mese abbandonavano la scuola
mettendo fine ad un
percorso
scolastico essenziale. Infatti
questo permette loro,
Bambini di un centro prescolare
nel giro di due anni,
di accedere alla scuola primaria con le stesse basi dei bambini di altre
etnie più avvantaggiati di loro. I bambini pigmei, piuttosto di venire a
scuola, preferiscono andare in foresta; come in un grande gioco divertente: danno la caccia a piccoli uccelli con la fionda, raccolgono dei
tuberi, o, nel periodo delle piogge, cercano delle grosse e gustose lumache; mettono delle trappole per prendere piccoli roditori o raccolgono
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frutti … Il loro stomaco, quasi mai sazio, li spinge costantemente a cercare qualche cosa da mettere sotto i denti.
Constatato questo, abbiamo pensato di offrire ai bambini un buon pasto
alla fine della mattinata. Per fare questo abbiamo assunto due mamme
baka come cuoche. Una volta alla settimana, come loro contributo, i
bambini portano della legna o delle verdure per insaporire il cibo.
Potete immaginare come i bambini abbiano accolto favorevolmente l’iniziativa e come siano diminuiti quelli che abbandonano la scuola.Inoltre abbiamo pure voluto sostenere gli sforzi dei pochi che frequentano
la scuola primaria a Salapumbe. Anche loro, alla fine della mattinata,
possono venire a mangiare da noi, però a queste condizioni: portare
un piccolo contributo in natura, frequentare regolarmente la scuola e
partecipare al doposcuola alla fraternità.
Ci sentiamo responsabili dell’accompagnamento dei bambini e dei ragazzi nel percorso scolastico, più o meno a lungo termine, perché è la
sola possibilità che hanno per un avvenire migliore. Quest’anno due
bambine sordo mute, di 6 e 7 anni, hanno potuto cominciare, a Bertua,
una scuola primaria per sordomuti; nella stessa città un altro ragazzo
continua la sua formazione professionale da meccanico.
La mensa per i bambini che frequentano la scuola
La casa di legno vicino alla fraternità, che in passato era servita come
pensionato, ci è molto utile. Composta da: due sale, una grande e una
piccola, tre dormitori, una cucina esterna e due bagni con doccia, ha già
potuto accogliere due gruppi di bambini per il catechismo o per tempi di
ritiro. I lettori e i catechisti baka dei villaggi lontani vi abitano per due o
tre giorni quando li riuniamo per la formazione e la cucina esterna viene
adoperata ogni giorno per preparare i pasti della refezione scolastica.
Ecco qualche flash sulla nostra vita nella foresta del sud est del Camerun, con i nostri amici Baka.
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Non avremo mai finito di capire
a che punto il credente ha bisogno di essere lavorato,
purificato dalle beatitudini …
per essere degno di essere apostolo
per essere sensibile alla richiesta supplichevole del Cristo,
per essere la possibilità che il Signore si è riservato:
servirsi cioè del cuore di un povero uomo,
un cuore afflitto dalla croce,
spezzato dall’amore,
un cuore sciolto di umile tenerezza per i suoi fratelli
per farsi conoscere dagli uomini attraverso di lui …
No, non sarà mai troppa la povertà, la piccolezza e l’umile dolcezza
nel cuore dei discepoli di Gesù!”
(René Voillaume, Lettere alle Fraternità)
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ITALIA- Bari
Piccola sorella Anna racconta di un viaggio a Roma … inatteso e ricco di
incontri, scoperte, meraviglia ….
All’inizio di maggio una amica, volontaria al carcere come me, mi parla
del papa che vuole incontrare i figli dei detenuti. Per saperne di più mi
manda poi una mail con il comunicato del ministero della giustizia, dove
non si spiega gran che, però si dice che i bambini di persone detenute
in carcere sono invitati in Vaticano il 30 maggio, accompagnati da un
parente. Penso subito alle donne che incontro ogni settimana alla prigione. I loro figli però sono tutti lontani, alcuni sono in affido presso
altre famiglie e altri sono persino adottati. No, questa proposta non le
riguarda, anzi non ne parlerò nemmeno con loro, non voglio aprire delle
ferite molto dolorose !….
Però, ripensandoci, nel nostro quartiere ci sono parecchie famiglie con
un membro agli arresti domiciliari. Forse i loro bambini potrebbero partecipare …. Telefono al carcere e parlo con l’assistente sociale incaricata
della questione ed ecco che mi ritrovo di punto in bianco referente per
il nostro quartiere.
Bisogna far conoscere l’iniziativa, prendere le iscrizioni, dare le informazioni. Chiedo aiuto a due comunità religiose che abitano nel nostro
quartiere e che conoscono molte famiglie, e ad un’altra suora che è pure
volontaria al carcere. Abbiamo solo due settimane di tempo per prendere le iscrizioni e passarle all’ufficio del carcere.
Comincio a dirlo a
qualcuna delle nostre
vicine, ma le sento un
po’ diffidenti … prendono delle scuse per
non venire … Sono
tentata di lasciar cadere … e poi qualche
giorno dopo arriva
a casa una giovane
donna che, incoraggiata dalle suore di
San Vincenzo, vorrebbe iscriversi con i suoi
due bambini. Dopo di
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lei ne arriva un’altra … e poi la sua amica … e poi sua cugina. Alla fine
arriviamo ad avere una quarantina di nomi, fra bambini e parenti accompagnatori, di cui la maggior parte sono delle giovani mamme.
Seguono una serie di telefonate … l’ufficio del carcere ha qualche difficoltà organizzativa … è un susseguirsi di informazioni e contro-informazioni, che io a mia volta devo trasmettere alle mamme dei bambini. Poi,
in seguito alla visita di una delegata del Vaticano, cambiano ancora le
regole per partecipare e devo chiamare di nuovo le famiglie ….
Ma il giorno si avvicina, l’emozione cresce, tutti sono impazienti e felici di andare a Roma … quasi quasi mi dispiace di non avere parenti in
carcere, per poter avere diritto anch’io di partecipare a questo viaggio
speciale!
Ma ecco che una telefonata dal carcere mi domanda se sono disponibile
per essere referente per un vagone del treno. Certo che sì !!! E anche
Carla, la mia consorella, che pure visita i detenuti, potrà partecipare !
Nel frattempo incomincio a capire un po’ di più in quale faccenda sono
andata a ficcarmi. Da tre anni il “Pontificio Consiglio della Cultura” organizza delle visite per bambini svantaggiati, perché possano incontare
il Papa (Benedetto XVI il primo anno e poi il papa Francesco nei due anni
seguenti). Le Ferrovie dello Stato mettono a disposizione gratuitamente
un treno e forniscono i pasti. Il primo treno del 2013 è partito da Milano,
passando da Bologna e da Firenze e portava bambini separati per vari
motivi dalle loro famiglie, accolti in comunità e accompagnati dai loro
educatori. La seconda volta, nel 2014, sono stati invitati i bambini delle
scuole del quartiere Sanità di Napoli, accompagnati dai loro insegnanti.
Quest’anno il “treno dei bambini” trasporterà i figli dei detenuti della
Puglia, accompagnati da un familiare. Partenza: Bari, arrivo direttamente in Vaticano, senza altre fermate intermedie.
Queste donne e questi
bambini, che tanto spesso si vergognano della
loro situazione familiare, per questa volta si
sentono veramente privilegiati!
Eccoci dunque alle cinque e mezza del mattino
alla stazione di Bari. I referenti dei vagoni hanno
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una maglietta rossa (e dunque anche io e Carla!) e poi ci sono gli animatori con la maglietta gialla ; loro hanno il compito di far giocare i bambini
durante le quattro ore e mezza di viaggio. Ogni bambino ha il suo badge
appeso al collo con un nastro rosso, mentre il badge degli adulti accompagnatori ha il nastro blu.
Sul treno c’è un gran numero di ferrovieri sorridenti, pronti a rendere
servizio, a offrire aiuto e leccornie in abbondanza. Distribuiscono a ciascuno un cappellino rosso con il logo delle Ferrovie dello Stato.
Le oltre quattro ore di viaggio, che sembravano tanto lunghe passano in
un batter d’occhio, fino a quando il treno si ferma …. proprio dietro la
basilica di S. Pietro. C’è un sacco di gente ad aspettarci. Ci sono i figli dei
detenuti di Rebibbia, venuti con i pulman, poi dei prelati, dei monsignori
con i bottoni rossi, dei frati e dei laici francesi con una maglietta dove c’è
scritto « Parvis des Gentils » (Cortile dei Gentili).
Ci accompagnano dentro a uno dei tanti cortili e offrono ai bambini degli aquiloni, con i quali potranno accogliere il Papa.
Poi entriamo nell’atrio della sala Nervi, allestito per accoglierci, siamo
poco più di 300, non molti rispetto alle grandi folle di piazza S. Pietro !
C’è uno spazio in mezzo per i bambini e poi tutt’intorno delle transenne dietro le quali ci sistemeremo noi adulti. L’attesa è un po’ lunga, ma
ecco che alle 12 in punto arriva il Papa. Per tutti è una grande emozione
vederlo così vicino, così abbordabile, che si lascia toccare e abbracciare
dai bambini! C’è una levata generale di cellulari, ognuno vuole fissare
con una foto questo momento memorabile, per la Storia
Anche fra i bambini i più grandicelli fanno delle foto, ma i piccoli non si
preoccupano della Storia, gli vanno incontro, lo vedono come un nonno,
gli parlano … non ci è dato sapere che cosa si dicono … Poi il Papa fa un
piccolo discorso, semplice, dialogando con i bambini, dice la bellezza di
volare alto come gli aquiloni … poi vuole incontrare ciascuno degli adulti. Dietro le transenne, ognuno può stringergli la mano, dirgli una parola,
chiedergli una preghiera, sui volti di queste giovani mamme scendono
le lacrime, di gioia … quelle che hanno i bimbi più piccoli in braccio glieli
porgono, il Papa li bacia, fa una carezza o una piccola croce sulla fronte.
Per ciascuno ha un sorriso, una esclamazione, una parola.
Io mi tengo un po’ dietro, non voglio buttarmi nella calca, questo incontro
è per loro, ma mi rallegro di vedere la gioia che li abita, benedico il Signore
per questo uomo che mostra così bene il suo Amore e la sua Misericordia.
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Qui non sono le parole che contano, ma è la qualità dell’incontro, un incontro che dona dignità. Ciascuno si sente amato e accettato per quello
che è.
Dopo un’oretta, il Papa se ne va. Saluta con la mano, la gente applaude.
Nella stessa sala ci hanno preparato un buffet, c’è da mangiare in abbondanza per tutti … mi ricordo le feste ad Haiti e in Madagascar!
Poi andiamo fuori, a fare una passeggiata nei giardini vaticani, fino alla
grotta di Lourdes, in cima alla collina. Tutto è pulito e ordinato, gli alberi,
i prati, i fiori … i bambini portano un po’ di scompiglio, ma anche tanta
vita! Credo che non succeda spesso, qui, di veder correre dei bambini e
di sentire le loro grida!
Verso le 15 eccoci di ritorno al treno, che è sempre là, dietro San Pietro, ad aspettarci da questa mattina. Col cuore colmo di gioia ciascuno
riprende il proprio posto. I più piccoli si addormentano, ma la maggior
parte dei bambini gioca, hanno dei nuovi amici, compagni di un viaggio
che probabilmente resterà unico nelle loro vite.
Anche le mamme hanno superato le diffidenze iniziali e ora si raccontano le loro storie: i lunghi viaggi per raggiungere il carcere, le violenze del
marito, la fedeltà che dura malgrado gli anni di separazione, i problemi
con i figli, le difficoltà con le assistenti sociali, con la scuola, la mancanza
di lavoro … Ma ora si sentono meno sole, altre donne portano gli stessi
pesi ed hanno le loro stesse preoccupazioni … E il papa, sicuramente
oggi pregherà per loro, come loro pregheranno per lui.
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FRANCIA – Mulhouse
Piccola sorella Franca racconta del suo servizio di volontariato accanto
ai carcerati.
Appena arrivata alla fraternità di Mulhouse (in Alsazia), mi é stata offerta la possibilità di una presenza alla prigione, dove ci sono 800 detenuti. In equipe con altre 6 persone, incontriamo ogni settimana, una
quindicina di donne, un centinaio di uomini e qualche giovane minorenne, sia
nelle loro celle che in cappella, per una
condivisione della Parola di Dio o per la
Messa.
É Pasqua alla prigione di Mulhouse : durante tutta la settimana, le celebrazioni
ci fanno camminare verso la luce di Cristo risorto.
Zona-donne
La comunità sui 2 settori si riunisce, canta, prega, condivide
Zona-uomini
Per approfittare di un raggio di sole, in
questa bella giornata, bisogna guardare ben in alto: delle finestre con sbarre
«tagliano» il cielo blu di questa mattinata.
La cappella « splende »: ci sono bei mazzi di fiori dappertutto, una bella tovaglia sull’altare, il cero pasquale al
centro, circondato dai fiori, brilla, direi
quasi…… «con forza»: la Luce penetra
le tenebre di questo luogo dove tutto é
chiuso con catenacci, oscuro.
Ma, più scura é la notte e più la luce
splende!
La preghiera esce dal cuore: nella notte del dubbio, della paura …..nasce una
luce!
Lascio loro la parola ………
Z “ Nella vita, si sa cosa si perde, ma non
ciò che si guadagna”……
Z “ Mi rendo conto che sono solo in que28
sto luogo di tenebre, dove solo il mio sbaglio mi ha fatto cadere”…..
R«Qui alla cappellania, che uno sia cristiano, ebreo o musulmano, tutti
sono accolti a braccia aperte … senza essere giudicati »….
R«Quando sono alla cappellania mi sento bene: non ho più voglia di
rientrare in cella »…..
Cristo É risorto : alleluia !
Z « La mia vita é come un campo minato: tutte le difficoltà sono le mie
mine »…..
R « Ma é anche semplice credere che una piccola luce basta per illuminare la mia vita. Questa luce brilla in ciascuno di noi ».
Vincitore delle tenebre, Gesù risorto !
Z« Sono arrivata in prigione e mi sono sentita umiliata, sporca. Ero separata dai miei bambini, da mia mamma, da mio marito. Ho subito la
vergogna delle manette, le perquisizioni corporali degradanti, l’essere
chiusa in cella, il rumore delle chiavi e delle porte. Non credevo più in
niente, volevo morire: l’impressione che tutto fosse finito. »
R« Qui ho fatto degli incontri arricchenti. Ho condiviso delle forti emozioni »
R« Con la mia compagna di cella, abbiamo fatto un cammino insieme.
Le ho insegnato un po’ di francese, le ho insegnato a contare, e anche
il rispetto. »
É vittorioso, risorto ! alleluia, Cristo é vivo !
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Z «Noi stessi costruiamo le nostre tenebre, perché la felicità non é in
ciò che desideriamo conquistare »…..
R «Quando sono in cappella, piango di gioia, la musica mi commuove.
Non capisco le parole, ma so che la musica parla del Vangelo di Gesù. »
Perchè cercare tra i morti ? …….. É vincitore, risorto ! alleluia !
É una mattinata segnata dalla gioia e dalla luce, dai canti, dalla cordialità, dalla condivisione.
Dietro la porta, (chiusa a chiave) nel corridoio, c’é chi grida, chi piange: il
rumore delle porte che sbattono e delle chiavi che imprigionano. Tutto
sembra dare ragione a coloro che pensano che la speranza é vana, persino « sepolta », che la vita é un fallimento, che la solitudine, il tradimento, l’esperienza del vuoto, la paura, paralizzano.
Poco a poco, cerchiamo di lasciarci invadere da questa Luce che scalda
il cuore, dà un senso nuovo a tutto, ci incoraggia e ci spinge verso un
altro avvenire: nulla é impossibile! Questa é la sfida della «risurrezione»
dietro le sbarre, giorno dopo giorno !
Celebriamo la tua vittoria, oh Figlio del Dio vivo!
Tu sei nella nostra Storia, Colui che dà un senso a tutto !
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FRANCIA – Pierrefitte
Le piccole sorelle Anne Marie e Catherine vivono nella fraternità di Pierrefitte, alla periferia di Parigi.
Ci narrano uno stralcio del loro quotidiano
Anne Marie: “Sono arrivata a Pierrefitte alla fine del mese di gennaio.
Questa fraternità non è nuova per me, ma ora la vivo dall’interno, ne
condivido la missione, la vita fraterna e tutto quello che fa la banalità
della vita quotidiana. Dopo questi primi mesi, posso dire che sto entrando a poco a poco in una realtà che sto imparando ad amare. Sto
scoprendo certi aspetti, per es. la parrocchia; mentre per altri mi trovo
su un terreno completamente conosciuto. Mi piace molto l’ambiente
della periferia: ambiente multiculturale… multi religioso… multi… per
me è un piccolo angolo del Regno da costruire, nella continua ricerca del
“vivere insieme”, della fraternità universale.
Ho conservato le attività che avevo, in particolare il volontariato con gli
ammalati. All’ospedale Delafontaine, da diversi anni, visito regolarmente un reparto e rispondo alle chiamate d’urgenza del reparto rianimazione. Questo richiede una certa disponibilità perché ogni volta tutto è
nuovo e inaspettato. L’ospedale non è lontano, ci vado a piedi; questo
tempo di cammino, prima o dopo le visite, per me è importante. E’ tempo di preghiera, per non andare sola ad incontrare i malati e per affidarli
a Dio, quando li lascio … Questa missione, vissuta con altri volontari della pastorale dei malati, prevede degli incontri regolari e dei momenti di
formazione, in diocesi o a Parigi.
Da qualche anno, accompagno i malati a Lourdes in occasione del pellegrinaggio diocesano, come membro del “servizio ospedaliero”. Amo Da
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Da qualche anno, accompagno i malati a Lourdes in occasione del pellegrinaggio diocesano, come membro del “servizio ospedaliero”. Amo
questi giorni vissuti in un’atmosfera familiare e di servizio, dove certamente si è confrontati con grandi sofferenze, ma anche con splendidi
gesti di solidarietà e di fraternità. Durante il pellegrinaggio si tessono
anche legami di amicizia e si rafforzano relazioni di fedeltà con persone
sole, isolate dalla malattia mentale o handicappate (per es. aiuto una
signora non vedente a compilare i suoi documenti). Sono relazioni semplici ma impegnative, che aprono a domande sulla sofferenza, che obbligano ad andare all’essenziale.
Col “Secours catholique” (Caritas Francia), durante l’inverno, aiuto a distribuire la colazione a persone senza fissa dimora o in situazione di grande
precarietà. Si tratta di una trentina di persone, soprattutto uomini, accolti
nei locali messi a disposizione dalle Piccole Sorelle dei Poveri. E’ un momento forte per fare conoscenza, un tempo in cui le persone possono sostare
e trovare qualcuno che le ascolti, una piccola parentesi in cui la vita sembra essere più umana … Però è anche il momento in cui la sofferenza può
esplodere, a volte anche con aggressività o con violenza … Sono impressionata nel constatare quanto tutte queste persone abbiano semplicemente
bisogno di essere ascoltate, riconosciute, … come ognuno di noi. E sono
commossa quando, passando vicino alla piazzetta dove si rifugiano durante
la giornata, o in qualche strada di St. Denis, mi chiamano e si precipitano per
scambiare qualche parola … con in mano la lattina della birra.”
Anne Marie con due amiche
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Catherine: “Continuo ad andare all’associazione “Aux captifs la libération”1
Raggiungo Valgiros,la casa dove convivono, insieme ai volontari, persone che cercano di uscire dalla “vita di strada” . I volontari sono spesso
dei giovani professionisti che, pur mantenendo la loro professione, vivono a Valgiros e, alla sera e nei fine settimana, seguono le persone che
vi sono ospitate. L’accompagnamento educativo è svolto da assistenti
sociali o educatori, durante gli orari diurni, dal lunedì al venerdì. Il mio
compito è quello di essere a disposizione delle persone che desiderano
parlare, inoltre assicuro una presenza nel grande soggiorno o nel giardino, durante la giornata. Sovente si tratta anche di smorzare la violenza,
quando sento che sta per scatenarsi; bisogna proprio essere presenti
per incontrare le persone durante tutta la giornata, oppure, in altri giorni, si tratta solo di essere disponibili e di aspettare.
Continuo anche il mio impegno nel quartiere con una Associazione che
propone corsi di Francese per persone straniere. Quest’anno mi hanno
dato un gruppo di donne che sono proprio al primo livello di conoscenza
della lingua, il che è molto impegnativo, per me e per ciascuna di loro!
Però questi incontri settimanali mi entusiasmano moltissimo. Dopo
qualche mese si crea uno spirito di gruppo e nasce spontaneo l’aiuto
reciproco tra tutte le partecipanti. Questi scambi tra donne magrebine,
asiatiche, bulgare, serbe, turche, sono una vera benedizione per me,
una vera esperienza del vivere insieme. Penso che, attraverso questo
genere di attività e di incontri, nei nostri quartieri possono crescere
la pace e la tolleranza. Certo, siamo differenti, ma siamo anche tutte
donne con gli stessi problemi, per i figli, per le difficoltà economiche e
tutte godiamo della gioia di incontrarci. Per alcune i progressi in francese sono evidenti, per altre si tratta piuttosto di un primo passo in un
ambiente sconosciuto, dove si deve imparare tutto e cercare di capire
qualcosa. Quest’anno quasi tutte le mie “allieve” sono del nostro quartiere, ci incontriamo al supermercato, sul tram, per strada … ed è gioia
reciproca! Confesso che la partecipazione al centro sociale e gli incontri
occasionali che faccio nel quartiere mi aiutano veramente a vivere la dimensione interculturale che, sotto diversi aspetti, è comunque difficile
da vivere nel quotidiano.
Continuo anche ad accompagnare il gruppo di catecumenato degli adulti, con una laica e il prete della parrocchia. E’ motivo di gioia, ma anche
di preoccupazione, quando vedo che qualcuno non partecipa o si ritira.
Però, vedere l’azione dello Spirito e della Parola di Dio nei cuori che si
aprono, è veramente motivo di grande ringraziamento. Durante la veglia Pasquale, sei giovani donne, provenienti da paesi e situazioni diverse, hanno ricevuto il battesimo, dopo una buona preparazione. E’stato
veramente bello!
1 Associazione
fondata nel 1981 con lo scopo di incontrare e accompagnare le “persone della strada”
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Catherine con una neo-battezzata ed il sacerdote della parrocchia
Infine sono abbastanza presente nella parrocchia perché ho l’incarico di
seguire i lettori delle liturgie e il gruppo di animazione pastorale, tutte
occasioni di relazione e di incontri.”
Se vuoi andare di fretta, va da solo,
ma se vuoi andare lontano, va “insieme”
proverbio africano
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EL SALVADOR – Mejicanos
Le piccole sorelle hanno potuto partecipare alla beatificazione di monsignor Romero, un avvenimento che ha segnato la Chiesa d’America Latina.
Zussel, piccola sorella peruviana, in fraternità in Salvador, ci racconta di
quel giorno, col tipico calore latino-americano.
Ci sono avvenimenti indimenticabili, per il loro significato particolare e per la comunione di spirito e
di fraternità che suscitano in un popolo.
Il 23 maggio scorso fui testimone di un avvenimento
che non dimenticherò mai.
Vorrei farvi partecipi di ciò che ho vissuto il giorno
in cui Monsignor Romero ha proclamato la sua vittoria finale, e, come qualcuno ha detto: giorno in
cui ha potuto portare a compimento la sua Messa,
interrotta il giorno del suo assassinio. La maggior parte dei latino-americani che, come me, conoscono la sua eredità spirituale, non potevano
credere a ciò che stava avvenendo quel giorno.
Ci sono stati 35 anni
di lotta prima che
la parola e l’opera
di Monsignore fossero
riconosciute
dalla nostra Madre
Chiesa. Per il popolo latino americano
Monsignor Romero è
sempre stato, dal suo
martirio, “il Santo di
America”, ma oggi è
la Chiesa universale
che lo proclama beato.
Parte della grande piazza, dove è avvenuta la beatificazione
Ho conosciuto la persona di Monsignor Romero nei miei primi anni di vita religiosa, durante
gli studi universitari, quando vidi il famoso film “Romero”, interpretato
da Raul Julia … e mi ricordo quanto mi avesse toccato !!! Poi la sua immagine è scomparsa dalla mia vita. La diocesi dove abitavo non si è mai
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preoccupata di parlare di lui. Al contrario … è stato fatto tacere … era un
modo sottile per censurare il suo messaggio. Non si è mai dato posto al
suo pensiero. E’ per questo che molti giovani e adulti della mia città non
hanno conosciuto la sua opera. Quanto bene avrebbe fatto loro approfondire le sue omelie e le sue lettere!!!
Il giorno della beatificazione ho pensato a loro e mi sono detta: è giunto
il momento per voi di conoscerlo! Ho ringraziato il Signore di averlo conosciuto, quando sono entrata nella vita religiosa e anche ho ringraziato
per essere stata mandata a cominciare il mio cammino di Fraternità in
Salvador, la sua terra, … non l’avrei mai immaginato!
Sono cinque anni che “respiro” Romero intorno a me. Sto conoscendo
un uomo toccato da Dio, eccezionale come ce ne sono pochi. Quale gioia nel poter approfondire la sua eredità spirituale!
Romero del popolo, Romero
del povero, Romero della vittima, Romero degli scomparsi, Romero della madre che
piange i suoi figli, Romero
dei migranti,Romero dei rifugiati, Romero della speranza,
la VOCE DEI SENZA VOCE, la
tua voce non si è potuta far
tacere!
Quando il suo ritratto è stato scoperto, dopo la lettura della Bolla Papale che lo
proclamava beato, nei miei
pensieri si sono intrecciate
scene di un popolo che saltava di gioia per aver ottenuto
giustizia. Nel mio cuore sono
risuonate due parole: giustizia e verità. Un auspicio che
noi, come popolo latino americano, portiamo nel cuore, a
causa della nostra situazione
di povertà e di ingiustizia, di
violenza e di corruzione, che ci impedisce di vivere come veri fratelli e
sorelle, tutti figli di Dio.
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Nel profondo del mio cuore ho pianto e le lacrime non finivano mai. E’
stato un momento inspiegabile in cui ho visto compiersi le parole che
Maria ha proclamato nel Magnificat: “Rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, colma di beni gli affamati, rimanda a mani vuote i ricchi”.
Grazie a monsignor Romero! Con lui i poveri hanno recuperato la loro
dignità, persa a causa dell’oppressione dei potenti, perché ha saputo
difenderli rischiando la vita.
In questo giorno era incredibile vederli arrivare da molto lontano. Certe
comunità sono arrivate dopo aver camminato tutto il giorno precedente, per trovare posto sulla “Piazza del Divino Salvatore” e poter partecipare insieme alla celebrazione. Anche se non hanno potuto occupare i
primi posti (riservati alle autorità), nello spirito di Romero, si è compiuta
la frase del Vangelo: “Gli ultimi saranno i primi”… Sì, nel cuore di Monsignore, i poveri hanno sempre occupato i primi posti. Molti di loro hanno
detto che la beatificazione di Romero ha reso giustizia alle numerose
persone morte o scomparse durante la guerra civile; è per questo che
non potevano rimanere a casa, dovevano venire a ringraziare Dio per la
vita e l’opera di Monsignor Romero.
Per diverse ore (si può dire tutta la giornata del 23) il paese è stato paralizzato e non è stato commesso nessun assassinio2. E’ stato un altro
miracolo di Monsignore dopo l’unità vissuta durante le settimane di preparazione di questo grande giorno.
Se Romero vivesse ancora, davanti a questa realtà di violenza3, continuerebbe a gridare in difesa della vita. Ora più che mai le sue parole
entrano nel vivo e ci danno la speranza che un paese diverso è possibile.
Nelle sue omelie ha denunciato con forza: “… l’egoismo che si nasconde
nel cuore dell’uomo, il peccato che disumanizza, che divide le famiglie,
che fa del denaro, del profitto e del potere uno scopo per gli uomini. La
Chiesa deve denunciare ciò che giustamente si chiama “peccato strutturale”, cioè quelle strutture sociali, economiche, culturali e politiche che
marginalizzano la maggioranza del popolo.” (2a lettera pastorale: “La
Chiesa Corpo di Cristo nella storia”, 6 agosto 1977).
Al tempo stesso sento un richiamo per la nostra Chiesa latino-americana perché non si fermi alle forme esterne del culto e della fede, ma
perché vada all’essenziale, che è l’annuncio della Buona Notizia di Gesù,
come messaggio di liberazione per i nostri popoli.
2 Cosa
3 Ci
veramente rilevante, in un paese con un altissimo tasso di violenza! (n.d.t.)
sono oggi più assassini nel paese che durante la guerra civile.
37
Vorrei terminare dicendo che Romero mi provoca: come essere la voce
di chi non ha voce in questo momento storico in cui viviamo? … Tempo
storico dominato dalla cultura della violenza e della morte … In una realtà in cui il fenomeno delle migrazioni è una voce che continua a gridare
… dove gli ideali di lotta per la giustizia e per la dignità umana, sembrano essersi spenti nel cuore di tanti giovani … E’ una sfida, ma anche un
richiamo ad essere attenta a ciò che Dio mi domanda attraverso queste
voci …
“Da un po’ di tempo il Signore sta lavorando nelle Fraternità, nel senso dell’amore vero, quello che vi strappa dai vostri piani, dalle vostre abitudini, dalle vostre previsioni umane, che vi consegna vinti,
schiacciati, incompiuti, alla volontà di Gesù, presente nelle sollecitazioni importune degli avvenimenti, del lavoro, della fatica. Gesù è
presente soprattutto nelle sofferenze degli uomini, che vi obbligano a
rinunciare al desiderio di fare qualcosa di efficace, perché non avete
il potere di guarire ogni sofferenza. Tutto questo disorienta le vostre
idee sul modo di realizzare l’ amore..
Saper amare come Gesù è la nostra vocazione ed è il comando del
Signore.
In fondo non avete altro da imparare: è questa la perfezione.
Che senso può avere una vita regolare, un orario osservato diligentemente, la vostra tranquillità, se tutto questo non dovesse contribuire
a strapparvi dal vostro egoismo e a consegnarvi, mani e piedi legati,
ad un amore che deve prendere tutto in voi, senza lasciarvi neppure
un angolino dove riposare. L’amore a cui Gesù vi vuole portare, l’ha
vissuto, Lui, nell’agonia, nel totale esaurimento delle forze umane e
nella morte sul legno (della croce). La vostra vita sarà dura, difficile,
sballottata, ma Dio – ne sono sempre più convinto, con una totale
certezza - non vuole metterci al riparo. La nostra vocazione è di vivere l’amore attraverso questa strada.”
(P. René Voillaume, “Come loro”)
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VITA DI FAMIGLIA
Questi ultimi mesi sono stati segnati da incontri importanti in ognuna
delle nostre tre regioni:
Nella regione Africa - Madagascar4, abbiamo vissuto una sessione di
tre settimane (organizzata con gli animatori del CEFOC – Belgio) su “Il
vivere insieme e l’interculturalità”. Si è trattato di un bell’incontro tra
tutte le sorelle della regione, con la possibilità di conoscersi, di riannodare relazioni e di costruirne delle nuove. Imparare a parlare in prima
persona (mettendosi personalmente in causa), ascoltare l’altra fino alla
fine, senza giudicare; cercare insieme, partendo dal vissuto, dalla realtà,
dall’esperienza di ognuna e del gruppo, ciò che ci permetterà di crescere
in Fraternità … ecco tutto ciò che ha caratterizzato questa esperienza
significativa!
Questo momento di
formazione ci ha preparate molto bene al
dialogo sulle questioni importanti della
vita delle regione e
ad ascoltare le domande che ciascuna
porta in sé. In modo
particolare: la disponibilità di ognuna per
la vita della regione,
l’autofinanziamento,
la formazione professionale, umana e spirituale delle giovani che si af-
4 Madagascar,
Congo Kinshasa, Camerun
39
facciano alla Fraternità, e su tanto altro …
Della riunione della regione Europa5, possiamo dire che il tema forte
dell’incontro è stato “accogliere la realtà come si presenta oggi”; questo “acconsentire” ci ha permesso di ritrovare lo slancio legato al dono
di noi stesse al Signore e il dinamismo di una missione che sentiamo
urgente, oggi, nei contesti in cui viviamo e a cui rispondiamo generosamente, ognuna con quello che è e là dove si trova.
Davanti alla presa di coscienza della media delle nostre età, piuttosto
elevata nella regione, è maturata la convinzione di dover dare alle sorelle più giovani la possibilità di fare progetti nuovi, di vivere tra giovani,
magari per un periodo di tempo, magari in collaborazione con altre giovani religiose della famiglia spirituale …
Sovente abbiamo
parlato di “intercongregazione”: infatti non possiamo
realizzare da sole
tutti i nostri progetti, perché non
provare allora delle
possibili collaborazioni? … con altri
membri della famiglia spirituale, con
altre congregazioni, con dei laici ?…
5 Francia,
Italia, Belgio
40
In Guatemala, dove abbiamo vissuto la riunione regionale di America
Latina e Caraibi6, abbiamo avuto la grande gioia di cominciare con la
celebrazione dei voti perpetui di una nostra sorella. Poi abbiamo chiesto ad un padre Gesuita di accompagnarci in alcuni momenti importanti
di discernimento, necessari per l’avvenire della regione. Ci ha invitate a
fare una rilettura della nostra vita, sotto lo sguardo di Dio, di fronte al
mistero della croce. Ognuna ha potuto esprimere qualcosa della propria
vita, delle proprie attese …; ci siamo ascoltate, nell’accoglienza fiduciosa
dell’altra, tutto in clima di preghiera.
Questa preparazione ci ha aiutate in seguito a vivere delle scelte difficili:
il raggruppamento delle nostre due fraternità del Salvador, la ricerca
di una collaborazione con altre congregazioni per continuare la nostra
missione ad Haiti … Ripartiamo con molte domande, ma sappiamo che
possiamo contare le une sulle altre e ripartiamo con la fiducia e la speranza che i sacrifici di oggi porteranno frutti domani. Dobbiamo seguire
i passi di Dio su questo cammino pieno di imprevisti e di distacchi.
6 Venezuela,
Salvador, Guatemala, Haiti, una sorella in Guyana
41
VOTI PERPETUI DI IRIS – Jalapa (Guatemala)
42
25 anni di professione
di Maryse
re a Tarres
a alla fraternità di Azet, prima di anda
Le piccole sorelle novizie con Paol gna) dove hanno trascorso 40 giorni nel desero
(Spa
43
Padre mio mi abbandono a Te …
Le nostre sorelle Gilberte e Marie Therese hanno raggiunto la
casa del padre. Nate tutte e due il 23 febbraio 1926 ci hanno
lasciato a qualche mese di distanza l’una dall’altra.
44
A cento anni dalla morte di Charles de Foucauld
Un logo da scoprire nelle
sue diverse sfaccettature,
logo che ci aiuta a cogliere
la ricchezza del vissuto di
frère Charles ...
Al centro il cuore sormontato dalla croce, che con la
scritta Jesus Caritas è stato
l’emblema di frère Charles.
Iniziava con questo simbolo ogni sua meditazione,
ogni sua lettera, ogni suo scritto.
Il cuore, sormontato dalla croce, diventata
simbolo dell’amore con cui Gesù ha amato
l’umanità. Charles, innamorato di Gesù, vuole imitarlo in questo folle amore per Dio e
per gli uomini.
La croce nel suo braccio orizzontale si trasforma quasi in freccia, poi in spiga di grano, il cui chicco cade nella
terra dell’umanità, simbolizzata dal mondo.
Il chicco di grano ci ricorda
la morte di frère Charles,
che aveva sperato di avere fratelli e sorelle riuniti in
piccole comunità per portare il Vangelo ai più lontani ed emarginati. Invece è
morto solo !
Scriveva il 1° dicembre 1916
(Lettera a Marie de Bondy ):
« Il nostro annientamento è
il mezzo più potente che abbiamo per unirci a Dio e fare
del bene alle anime”;
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ed in una lettera a Suzanne Perret:
“Quando il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo, se
muore porta molto frutto; io non sono morto, così anch’io sono solo...
Pregate per la mia conversione affinché morendo porti frutto”
La sua vita donata per amore, ha portato frutto, attraverso i numerosi
gruppi di religiosi, religiose, laici e sacerdoti che sono sorti dopo la sua
morte e vivono del Vangelo seguendo le intuizioni di Charles de Foucauld.
L’arcobaleno, come una pennellata di colori, parte dal nome di colui
che festeggiamo, Charles de Foucauld, attraversa il cuore e il chicco di
grano mettendo in risalto la data della sua morte « 1916 » e quella del
centenario.
L’arcobaleno, ricorda anche la bellezza della varietà di carismi di tutti
coloro che vivono seguendo la spiritualità foucauldiana, nei diversi stati
di vita.
Il mondo, rappresenta l’umanità intera e il desiderio di frère Charles di
portare il Vangelo “fino agli ultimi confini della terra”.
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SOMMARIO
3 Inroduzione delle Piccole Sorelle
4 Il Balsamo della Misericordia
9 Italia - Vicenza
14 Repubblica Democratica del Congo - Kinashasa
17 Madagascar - Antananarivo
21 Camerun - Salapumba
24 Italia - Bari
28 Francia - Mulhouse
31 Francia - Pierrefitte
35 El Salvador - Mejicanos
39 Vita di Famiglia
42 Voti Perpetui di Iris - Jalapa (Guatemala)
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Piccole Sorelle del Vangelo
Strada Attolini, 2 - 70122 BARI
tel. 080 5585286
e.mail: [email protected]
Viale Riviera Berica 790 - 36100 VICENZA
tel. 044 248171
e.mail: [email protected]
Petites Soeurs de l’Evangile
Fraternité Générale
31, Rue Georges Politzer
93200 SAINT-DENIS - FRANCIA
Tel. 0033/148233228
Fax 0033/148211954
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SITO INTERNET: www.piccole-sorelle-del-vangelo.org
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