Gaetano Rinaldi Presidente Sezione Italia Nostra - arpa

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Gaetano Rinaldi Presidente Sezione Italia Nostra - arpa
Convegno nazionale
PERCORSI VERDI e TURISMO SOSTENIBILE
FERMO, Centro Studi Polizia di Stato - sabato 14 maggio 2005
Il turismo culturale: problemi e opportunità*.
È di sicura evidenza che il fenomeno turistico rappresenta una delle attività economico sociali più
complesse. Pure, per una sorta di malefico incantesimo, si continua a considerarlo come un evento
naturale, quasi come lo scorrere delle stagioni, che non richiede un approccio scientifico e di tipo
sistemico alle relative problematiche, ritenendo, invece, sufficienti interventi episodici, spontanei e,
sovente, superficiali e scoordinati.
Le conseguenze sono immaginabili: calo della competitività, crisi più o meno accentuate, limitata
redditività delle risorse investite.
Nel nostro paese questo atteggiamento errato viene confermato anche nel settore del turismo culturale,
dove si aspettano strabilianti successi, assicurati dall’asserito possesso della maggiore quantità di beni
culturali a livello mondiale. Così, senza che ci sia stata mai una indagine sistematica e affidabile, si arriva
ad affermare che l’Italia deterrebbe addirittura oltre il 70% del patrimonio culturale dell’umanità. Si tratta
evidentemente di affermazioni fantasiose, che non corrispondono certamente alla realtà. D’altronde,
anche se non si può negare la ricchezza del nostro patrimonio culturale, non si può non rilevare che viene
destinato alla sua tutela e conservazione una percentuale del PIL di gran lunga inferiore a quella destinata
da paesi, come la Francia o la Germania, che teoricamente avrebbero un patrimonio inferiore.
Le conseguenze sono evidenti: l’Italia che negli anni 70 era il primo paese turistico del mondo, si vede
ora retrocesso al quinto posto, dopo Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina, mentre altre nazioni fanno sentire
alle spalle il loro pericoloso fiato, preannunciante ulteriori arretramenti del nostro paese.
D’altra parte non è sicuro che il solo trovarsi al primo posto per numero di turisti sia un fatto positivo. Si
tratta, infatti, di stabilire se sia preferibile e sostenibile un aumento del flusso turistico, che si basi solo
sulla quantità, o se non sia preferibile una opzione, che privilegi la qualità, non dimenticando, comunque,
di precisare quali sono le condizioni che potenzialmente sono in grado di favorire l’afflusso di molti
visitatori.
Bisogna preliminarmente precisare che la sola presenza dei beni culturali non è sufficiente per attivare un
flusso turistico continuo e consistente oltre che di qualità. È necessario, a riguardo, stabilire che tipo di
turismo culturale si vuole favorire.
Se si opta, infatti, per quello di tipo escursionistico, è evidente che il fenomeno assumerà il carattere dei
grandi numeri solo per quelle località che da sempre fanno parte del cosiddetto itinerario del “Grand
Tour”, in cui, come è noto, sono comprese Venezia, Firenze e la Toscana, Roma, Pompei, parte della
Sicilia. Possono svilupparsi, poi, rilevanti correnti di visitatori in quelle località in cui siano presenti o un
monumento eccezionale, che bisogna almeno visitare una volta nella propria vita (come il Duomo di
Orvieto o la Torre di Pisa con la Piazza dei Miracoli), o un personaggio eccezionale (come Padre Pio a
San Giovanni Rotondo), o un evento eccezionale (per esempio Spoleto con il Festival dei Due Mondi).
Ma non si sa sino a che punto convenga lo sviluppo di un turismo culturale di tipo escursionistico, il
cosiddetto “mordi e fuggi”.
Infatti la grande quantità di visitatori, che si riversano in località estremamente delicate per una
permanenza estremamente veloce e superficiale, determina una forma di inquinamento, il cosiddetto
“inquinamento turistico”, che provoca effetti molto negativi sul contesto urbano soggetto ad una
pressione antropica sovente eccessiva.
Le conseguenze sono note: espulsione dei vecchi abitanti dalle zone più pregiate dei centri storici,
proliferazione di strutture commerciali, di ristoro, di pernottamento, caratterizzate dalla bassa qualità e da
una forma di omogeneizzazione spersonalizzante, che tendono a far perdere alle località stesse la propria
originaria fisionomia ed individualità.
Un eventuale sviluppo in tal senso del turismo culturale nel Piceno, nel territorio di Fermo e di Ascoli,
anche se di difficile realizzazione nelle dimensioni, tenendo conto della necessità di un minimo di 400
mila visitatori annui per assicurare un accettabile ritorno economico al fenomeno, sarebbe sicuramente
letale per la conservazione di un tessuto urbano, sociale e naturale, che fortunatamente è rimasto integro,
ricco delle sue specificità e delle secolari tradizioni.
Se si vuole sfruttare l’opportunità turistica ed uscire dal mondo dell’utopia, è necessario elaborare altre
strategie, individuare obiettivi più intelligenti, forme più innovative e più moderne di turismo.
Il tutto partendo da una considerazione preliminare delle quattro caratteristiche, che connotano
attualmente il turismo: globalizzazione, complessità, mutevolezza, competitività. Riferendoci, in
particolare, al fenomeno della globalizzazione, dobbiamo riconoscere che non è più possibile usufruire
delle cosiddette “rendite di posizione”. La facilità e la libertà degli scambi e dei movimenti delle persone
hanno reso ormai tutti gli angoli della terra facilmente raggiungibili, consentendo, quindi, una
competizione ormai universale. Per tanti aspetti sono le nuove località a trovarsi in una condizione di
vantaggio competitivo rispetto alle mete tradizionali del turismo. Le prime, infatti, oltre a poter sovente
offrire luoghi dal fascino esotico ed intatti dal punto di vista naturalistico, sono in grado di offrire il loro
prodotto a prezzi estremamente convenienti rispetto a quelli praticati dai paesi con una lunga tradizione
turistica.
La risposta a questa sfida appare particolarmente difficile. È evidente che, solo valorizzando al meglio le
caratteristiche del proprio territorio e cioè quegli elementi che abbiamo ereditato da una millenaria forma
di civilizzazione, potremo competere con i nuovi soggetti presenti sulla scena turistica internazionale. Si
tratta, cioè, di tutelare rigorosamente e valorizzare, con intelligenza, con accortezza, direi con amore,
quanto i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità.
Ma l’opera di tutela non è sufficiente. A questa bisogna aggiungere un’azione in positivo mirante ad
individuare tipologie di prodotto turistico dirette verso particolari nicchie di mercato e di utenti.
Avendo cura, in ogni caso, di evitare una discrasia tra qualità dell’offerta turistica e qualità della vita dei
residenti. È indiscutibile, infatti, che solo in un contesto urbano ed ambientale qualificato, dove i residenti
vivano in una condizione di elevato standard, sarà possibile richiamare un numero sempre maggiore di
turisti.
E ciò, in particolare, se, in luogo del turismo escursionistico e cioè del “mordi e fuggi”, si privilegerà
una forma di turismo in cui dal semplice “vedere si passa al partecipare e cioè al trinomio comprendere,
coinvolgersi, dialogare”. Così da consentire di fare esperienza in una cultura come modo diverso di vivere
e da far diventare il turismo occasione di incontro e di dialogo interculturale.
Si tratta, cioè, di favorire lo sviluppo di una forma di turismo, che trovi come elemento di promozione
quella che potremmo definire la cultura del territorio, in modo da creare un vero e proprio distretto
culturale.
Cultura del territorio non è certamente quella che prevede l’utilizzazione degli spazi favorendo
l’insediamento di attività non eco compatibili e non rispondenti alle caratteristiche e al valore degli
ambienti utilizzati, frutto di una secolare civilizzazione.
Significa, invece, tutelare con intelligenza le risorse naturalistiche, ambientali, urbane, storico artistiche e
monumentali del territorio per valorizzarle adeguatamente in modo da creare una vera e propria massa
critica da utilizzare per la fornitura di servizi innovativi che, basandosi sulle qualità complessive dei beni
utilizzati, consentano contemporaneamente sia la realizzazione di economie esterne sia un più consistente
potenziale d’impatto.
La realizzazione di un progetto così impegnativo presuppone la presenza dei tre elementi, talento,
tecnologia e tolleranza (le famose tre T del sociologo economista americano Richard Florida), che sono
presenti in tutti i paesi caratterizzati da un elevato livello di sviluppo.
Si tratta, cioè, di affrontare queste problematiche con capacità creativa, utilizzando tutti gli strumenti
offerti dalla tecnologia e accettando le nuove idee e la collaborazione di soggetti provenienti anche da
diverse realtà.
Se saremo capaci di questa vera e propria rivoluzione nei comportamenti, potremo riacquistare quella
posizione di preminenza, che ha caratterizzato il nostro paese per tanto tempo.
Questo sforzo dovrà, a maggior ragione, essere effettuato nelle due splendide realtà del territorio di Ascoli
e di Fermo, in cui sono presenti in maniera diffusa grandi quantità di pregiate risorse culturali, che
abbisognano di un intelligente progetto integrato per produrre concretamente effetti positivi, ora solo
potenziali.
* Gaetano Rinaldi, presidente sezione Italia Nostra di Ascoli Piceno