"Orlando furioso", canto 29-30 - Aula Virtual Maristas Mediterránea

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"Orlando furioso", canto 29-30 - Aula Virtual Maristas Mediterránea
Orlando furioso, canto XXIX-XXX
Rodomonte, Orlando pazzo, Angelica
Il guerriero saraceno Rodomonte è un colosso dall’anima sensibile. Non ha paura di nessuno al
mondo, ma le donne si fanno beffe di lui. Isabella, per esempio, che non lo ricambia e lo inganna per
farsi uccidere, sconvolge talmente la sua scala di valori che da quel momento la sua vita di cavaliere
è votata a un compito assurdo e sublime: onorare la tomba della giovane che egli ha scioccamente
trucidato.
In riva a un fiume profondo costruisce un mausoleo, al di là di uno stretto ponte. Egli si batterà contro
ogni cavaliere che vorrà passarlo, lo vincerà e ne appenderà le armi in trofei sulla tomba di Isabella.
Proprio di qui si trova a passare un giorno Orlando, divenuto pazzo…
Leggi il testo nella versione di Calvino e nelle parole originali di Ariosto, che hanno accanto la
parafrasi.
Un giorno sul ponte si presenta, non un guerriero a cavallo, ma un uomo nudo e scarmigliato e
ossesso. È Orlando. Quel campione d’ogni virtù si trova faccia a faccia col campione d’ogni
arroganza, ora invasato dall’ansia del sublime. Una qualità è rimasta intatta in entrambi, ed è la
forza. S’azzuffano sul ponte e finiscono in acqua tutti e due: Rodomonte, gravato dall’armatura,
fatica a tenersi a galla; Orlando nudo nuota a riva e riprende il suo cammino come se non si fosse
accorto di niente.
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L'acqua gli fece distaccare in fretta.
Orlando è nudo, e nuota com'un pesce:
di qua le braccia, e di là i piedi getta,
e viene a proda; e come di fuor esce,
correndo va, né per mirare aspetta,
se in biasmo o in loda questo gli riesce.
Ma il pagan, che da l'arme era impedito,
tornò più tardo e con più affanno al lito.
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L’acqua li fece subito staccare l’uno dall’altro. Orlando è
nudo, senza impedimenti, e nuota come un pesce:
slancia le braccia da una parte ed i piedi dall’altra,
e giunge a riva; e non appena esce fuori dall’acqua, inizia a
correre, senza soffermarsi a considerare
se ciò gli procuri più critica o lode.
Al contrario il pagano, con i movimenti impediti dalle armi,
tornò a riva più lentamente e con più affanno.
[…]
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Pazzia sarà, se le pazzie d'Orlando
prometto raccontarvi ad una ad una;
che tante e tante fur, ch'io non so quando
finir: ma ve n'andrò scegliendo alcuna
solenne et atta da narrar cantando,
e ch'all'istoria mi parrà oportuna;
né quella tacerò miraculosa,
che fu nei Pirenei sopra Tolosa.
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Sarebbe una pazzia, se le follie di Orlando
promettessi di raccontarvi tutte una ad una;
poiché furono tante e tante, che io non saprei quando
finirei di raccontarle; andrò invece a sceglierne qualcuna
memorabile e degna di essere raccontata in versi,
e che mi sembrerà meglio adatta al racconto;
non eviterò di raccontare quella follia incredibile,
che accadde sui Pirenei sopra Tolosa.
Il pazzo va a zigzag per fiumi e selve, dal Rodano ai Pirenei, e se un somaro gli capita tra le mani lo
scaglia in aria mulinandolo per una zampa, e se acchiappa un boscaiolo lo strappa in due pezzi come
fosse carta.
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Si vennero a incontrar con esso al varco
duo boscherecci gioveni, ch'inante
avean di legna un loro asino carco;
e perché ben s'accorsero al sembiante,
ch'avea di cervel sano il capo scarco,
gli gridano con voce minacciante,
o ch'a dietro o da parte se ne vada,
e che si levi di mezzo la strada.
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Si incontrarono con lui al varco
due giovani boscaioli, che dinnanzi a loro
avevano un asino carico di legna;
e poiché ebbero subito evidente, guardandone l’aspetto,
che Orlando aveva la testa priva di cervello sano,
gli gridarono con voce minacciosa
di andarsene o indietro o da parte,
e che si levasse da in mezzo alla strada.
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Orlando non risponde altro a quel detto,
se non che con furor tira d'un piede,
e giunge a punto l'asino nel petto
con quella forza che tutte altre eccede;
et alto il leva sì, ch'uno augelletto
che voli in aria, sembra a chi lo vede.
Quel va a cadere alla cima d'un colle,
ch'un miglio oltre la valle il giogo estolle.
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Orlando non risponde in altro modo a quanto è stato detto,
se non tirando con violenza un calcio,
che giunge preciso sul petto dell’asino
con una forza che ha poche eguali;
e vola in alto l’asino, così in alto da sembrare un uccellino
che voli in cielo a chi lo osserva.
L’animale va a ricadere sulla cima di un colle,
che innalza la propria vetta un miglio al di sopra della valle.
Giunto sulla spiaggia di Tarragona, per ripararsi dal sole [Orlando] si scava una tana nell’arena e ci
ficca dentro la testa come uno struzzo.
Una bella donna in ricche vesti se ne veniva al trotto in riva al mare. Il suo cavallo, una puledra,
inciampa nell’uomo nudo e orrendo che balza dalla sabbia. Il cavallo s’imbizzarrisce. La bella
amazzone dà un grido! L’incontro che stavamo aspettando dall’inizio del poema, ecco, è avvenuto.
Orlando si trova di fronte ad Angelica.
È il momento fatale, ma i protagonisti non se ne rendono conto. I due non si riconoscono. E come
potrebbe Angelica ravvisare in quell’energumeno dalla pelle nera, in quella faccia da teschio, in
quella barba e chioma piene di foglie secche e d’alghe marine, il capitano dalla risplendente
armatura che per lei è sempre stato Orlando? E quanto a Orlando, l’apparizione d’Angelica è solo
un baluginare di colori in movimento seducente sì, ma come un riflesso del sole su un ruscello o il
dispiegarsi della coda d’un pavone.
Medoro, che seguiva Angelica dappresso, al vedere il selvaggio che rincorre la sua sposa, sprona il
cavallo contro di lui cercando di travolgerlo sotto gli zoccoli e sotto i fendenti della spada. Ma
Orlando, da pazzo, aveva la pelle ancor più dura che da sano. Si volta come chi si sente toccare con
due dita su una spalla, e nel girarsi urta il muso del cavallo di Medoro con un pugno: il cavallo cade
come avesse avuto la spina dorsale di vetro.
Angelica corre per la spiaggia inseguita dal matto, lei sulla sua puledra, lui a piedi ma coi suoi passi
da cavallo. Orlando spicca un salto, sta per afferrare la puledra per la coda; Angelica si ricorda in
quel momento dell’anello magico che ha al dito, lo ficca sotto la lingua e diventa invisibile.
Un momento prima che la principessa del Catai sparisca definitivamente alla nostra vista, la puledra,
trattenuta per la coda, inciampa. Angelica vola via di sella e finisce giù nel sabbione a gambe all’aria.
Questa è l’ultima immagine che ci resta dell’irresistibile seduttrice.
Orlando ha preso per la coda la puledra: per lui, puledra o principessa ora è lo stesso. Salta in arcioni
e galoppa per le spiagge della Spagna; tanto la fa correre e digiunare e precipitare in burroni che la
uccide. Ma non l’abbandona: ancora se ne trascina dietro la carogna per le briglie, dicendole: “Dài,
cammina!”.
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e così la strascina, e la conforta
che lo potrà seguir con maggior agio.
Qual leva il pelo, e quale il cuoio porta,
dei sassi ch'eran nel camin malvagio.
La mal condotta bestia restò morta
finalmente di strazio e di disagio.
Orlando non le pensa e non la guarda,
e via correndo il suo camin non tarda.
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e così prosegue trascinandola, e per confortarla
le dice che così potrà seguirlo con un maggiore agio.
Le levano il pelo e le asportano la pelle
i sassi che incontra lungo quel difficile cammino.
La bestia, così malamente trascinata, morì
finalmente per lo strazio ed il disagio.
Orlando non pensa a lei e non la guarda nemmeno,
procede di fretta senza rallentare il cammino.
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Di trarla, anco che morta, non rimase,
continoando il corso ad occidente;
e tuttavia saccheggia ville e case,
se bisogno di cibo aver si sente;
e frutte e carne e pan, pur ch'egli invase,
rapisce; et usa forza ad ogni gente:
qual lascia morto, e qual storpiato lassa;
poco si ferma, e sempre inanzi passa.
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Non smise di trascinarsela dietro benché ormai morta,
continuando il proprio veloce viaggio verso occidente;
saccheggia continuamente ville e case,
quando sente di aver bisogno di cibo;
sia frutti che carne che pane, per ingozzarsi,
ruba agli altri; ed usa anche la forza contro le persone:
qualcuna la lascia morta, altre le lascia storpie;
per poco tempo si ferma, procede continuamente oltre.
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Avrebbe così fatto, o poco manco,
alla sua donna, se non s'ascondea;
perché non discernea il nero dal bianco,
e di giovar, nocendo si credea.
Deh maledetto sia l'annello et anco
il cavallier che dato le l'avea!
che se non era, avrebbe Orlando fatto
di sé vendetta e di mill'altri a un tratto.
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Avrebbe agito allo stesso modo, o poco meno,
con la sua donna, se non si fosse nascosta alla sua vista;
poiché non era in grado di distinguere il bianco dal nero,
e credeva di fare del bene, facendo in realtà del male.
Sia maledetto quell’anello magico ed anche
il cavaliere, Ruggiero, che a lei lo aveva donato!
Poiché se non fosse stato per quell’anello, Orlando avrebbe
potuto vendicare sé stesso ed altri mille in un solo colpo.
Svanita Angelica, finiti gli strazi della puledra espiatoria, Orlando obbliga un pastore a dargli il suo
ronzino in cambio della carogna, cavalca fino a Malaga e vi semina la strage; poi s’inabissa al galoppo
nello stretto di Gibilterra e riemerge a nuoto sulla costa del Marocco.