La Sicilia_15 novembre 2012

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La Sicilia_15 novembre 2012
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GIOVEDÌ 15 NOVEMBRE 2012
LA SICILIA
lo SPETTACOLO
LA SESIÓN CUBANA
IN TOUR . In scena insieme dopo
7 anni, chiuderanno a Catania il
10 e l’11 aprile. Nel 2013 lo
show in 3 puntate su Canale 5
Zucchero
“baila” a Cuba
«Realizzato
un sogno»
“Ammutta muddica”
«Facciamo ridere
anche con Equitalia»
ANDREA SPINELLI
Il ritorno in teatro di Aldo, Giovanni e Giacomo
«Niente satira politica, parliamo della gente»
MARIELLA CARUSO
MILANO. Inequivocabilmente siciliano. Ammutta muddica è un modo di
dire che oltre lo Stretto si fatica a capire. Per questo Aldo, Giovanni e Giacomo, che lo hanno scelto come titolo
del loro nuovo lavoro teatrale che ne
segna il ritorno sulle scene dopo sette
anni di assenza, hanno passato tutta la
prima parte del pranzo conferenza a
spiegare ai non siculi (praticamente
tutti) cosa volesse dire.
«L’alternativa era “desciulati” che,
in dialetto milanese, è un modo per dire “datti una mossa”. Aldo, invece, ha
proposto “Ammutta muddica” che in
siciliano ha quasi lo stesso significato.
Abbiamo indetto una sorta di primarie
per il titolo e, in una votazione più o
meno regolare, ha vinto il titolo in dialetto siculo», hanno spiegato i tre comici in una tipica osteria sui Navigli e
davanti a un menù a base di risotto alla milanese.
Il surreale, però, è la loro cifra comica sin da quando sono approdati in
teatro con I corti nel lontano 1995. Da
allora sono cambiate tante cose nella
vita di Aldo, Giovanni e Giacomo che,
in teatro, hanno replicato con Tel chi el
Telùn nel 1999 e poi con Anplagghed
nel 2005, e al cinema hanno inanellato un successo dopo l’altro fino alla
Banda dei Babbi Natale uscito nel
2010. «Abbiamo lasciato passare tanto
tempo per aspettare lui che è sempre
in giro per il mondo», hanno spiegato
tra il serio e il faceto i tre indicando il
“quarto”, sempre presente nei loro
spettacoli. Ovvero Arturo Brachetti, il
trasformista, genio della visual performing art, che ha curato la regia di tutti i loro spettacoli. «È uno che non ci dice mai di no quando gli proponiamo
qualcosa di apparentemente irrealiz-
zabile – rivelano candidamente -. E
anche colui che riesce a vedere quello
che noi scriviamo e gli dà una forma».
La “forma” di Ammutta muddica,
per esempio, è quella di un camion
con il quale, idealmente, i tre per via
della crisi portano in giro il loro spettacolo. «Una specie di carro di Parnassus che vomita scenografie, rigorosamente metropolitane e padane, e tante sorprese», chiarisce Brachetti.
Lo spettacolo, invece, come al solito
è una serie di sketch. Che, stavolta
LOU REED FOTOGRAFO
«Se esiste, Dio deve
avere una Leica»
PARIGI. Lou Reed fotografo: la
leggenda del rock, 70 anni, ha
presentato ieri a Parigi un libro che
riprende 300 fotografie scattate su
un arco temporale di 46 anni. «Sì,
penso che Dio, se esiste, dovrebbe
possedere una Leica», ha
affermato il cantante, riprendendo
la citazione che figura in testa al
volume. «È un piccolo omaggio»
alla celebre macchina fotografica,
ha aggiunto. A chi gli chiede il
motivo per cui abbia scattato
tante foto del cielo, Lou Reed ha
risposto con l’ironia: «Perche le
nuvole sono gratuite».
Ammiratore di Cartier-Bresson,
Nan Golding e Cindy Sherman,
l’artista assicura di «non
pianificare le sue foto», ma di
«lavorare d’istinto», tenendo
sempre in tasca la sua piccola
macchina fotografica.
Troppo bella per te ritratto di una donna che utilizzava la sua bellezza, per dare, nutrire, creare, anche
sedurre, la bellezza non era una cosa mortificante.
E quello è stato sempre il rapporto fra il corpo del
personaggio e il mio». In quel film la sua rivale non
era granchè bella, era Josiane Balasko, ma riusciva
a far innamorare Gerard Depardieu che nelle vita
invece s’innamorò di Carole. Amore tempestoso
ma che fece approdare la coppia a Pantelleria dove, dopo la rottura con l’attore, Carole è rimasta dedicandosi alle cure del vigneto e creando una sua
etichetta di vini “Sangue d’oro”, produzione di nicchia venduta all’estero, 14 mila bottiglie l’anno. E di
.21
però, pur mantenendo la loro dimensione surreale entrano un po’ di più
nei problemi reali della gente. Aldo,
Giovanni e Giacomo, insieme con Silvana Fallisi (nella vita la moglie di Aldo, ndr) che si considera un po’ «badante» del trio, diventano patiti della
maratona e clienti di un tatuatore per
prendere in giro due delle mode del
momento e pazienti di un ospedale. «E
pure prigionieri nello scantinato di
una sede di Equitalia per colpa di Aldo
che non ha pagato una multa e artificieri in una New York in preda alla
paura degli attentati», raccontano all’unisono.
E a chi gli fa notare che di surreale in
queste situazioni sembra esserci davvero poco, loro rispondono a tono. «Il
nostro mestiere è quello di far ridere,
non quello di fare satira politica – sottolinea Aldo - Se dovesse capitare che
parlando di problemi di tutti i giorni
facciamo anche della satira e la gente
oltre a divertirsi viene a dirci che la
facciamo pensare, noi siamo contenti». Ma nulla più.
Dalla politica, infatti, si tengono debitamente lontani sorvolando serenamente sulle domande che riguardano
l’ascesa politica di Grillo e facendo
tornare subito il discorso sullo spettacolo che debutterà a Pavia il 30 novembre con una diretta internet di otto minuti sul canale youtube del trio
(youtube. com/aldogiovanniegiacomo) al debutto in questi giorni, girerà
in tutto il Nord con qualche puntata al
Centro, ma non a Roma, e un’unica
escursione al Sud, a Catania dove il 10
e l’11 aprile si concluderà la tournée.
«Perché Catania e non Palermo?
Perché a Catania è più facile ottenere il
teatro», spiega l’organizzatore Paolo
Guerra. «Catania è una città più disponibile – rimarca il palermitano Al-
Pantelleria l’attrice ama parlare diffusamente.
Come mai lei così parigina, è diventata così meridionale?
«E’ una passione che ho scoperto molti anni fa e
sono venuta a mettere le mie radici. Ho dovuto imparare a coltivare le viti per amore di questa terra,
l’ho imparato facendolo. Camminando sulle mie
pietre vulcaniche di Pantelleria, ho scoperto che
questa è terra molto paradossale, violenta ma anche voluttuosa, forse molto femminile».
Il Progetto Amazzone affronta il tema della femminilità e del rapporto delle donne operate di
cancro al seno con il proprio corpo. Lei come ha
imparato a gestire la sua femminilità?
«La femminilità? Certo sono nata donna, ma ho imparato lavorando con il corpo, grazie anche alla mitologia e alle tante figure femminili cariche di secoli. Oggi sono sorpresa di essere ancora qua facendo questo lavoro e avendo in Sicilia un pezzo di terra, un pezzo di cuore. Qui ci sono secoli di storia ed
è anche la mia storia. I personaggi della tragedia
antica portano un’idea sulle donne e sul corpo
delle donne come fa paura».
C’è un ruolo che le piacerebbe?
«Medea, una donna che fa molto paura agli uomini. Ci lavoro in teatro da un anno. Uno dei più
grandi choc della mia vita teatrale è stato andare
nel teatro Greco di Siracusa».
Certo il concetto di femminililtà e il rapporto col
corpo delle donne cambia nelle diverse epoche. La
bellezza non sfugge alle logiche di mercato. Lei per
esempio è stata il volto di Chanel.
«Sono fortunata essere nata 50 anni fa. Quando in
scena si mette un costume del 19° secolo, lo si trova di una rigidità tale che il mondo non ti appartiene e il corsetto ti da il senso della distanza dalla
realtà. E’ un fatto fisico ma anche culturale. Il corpo che abbiamo col corpo noi donne dalla seconda metà del Novecento in poi è una cosa nuova».
In questo processo di crescita c’è un film che l’ha
“
“
Oggi durare
non conta, se
il pulcino Pio
fa milioni di
contatti la
gavetta non
serve più
Il titolo?
L’alternativa
era
“desciulati”,
datti una
mossa, ma
ha vinto il
siculo
Sono qui per
raccontare cosa
posso fare con il
mio corpo. Sogno di
interpretare
Medea. In Sicilia ho
un pezzo di cuore
do -. Non è un caso che Ficarra e Picone hanno girato a Catania e non a Palermo (il riferimento è al film La matassa, ndr) ». Dopo la tournée teatrale
Ammutta muddica avrà una coda televisiva su Canale5, rete sulla quale
verrà trasmesso in tre puntate nel novembre 2013. «Registreremo otto serate al teatro degli Arcimboldi di Milano
con l’aggiunta di alcuni sketch che teniamo in panchina perché in tv c’è l’esigenza di allungare», spiegano i tre
comici che stanno sperimentando anche una registrazione del backstage
da mandare in onda su alcuni schermi.
Un modo per arricchire il “prodotto”
in un momento di crisi in
cui il teatro soffre, la gavetta è scomparsa e gli «impresari hanno poca cultura».
«Noi non soffriamo la crisi perché siamo privilegiati,
abbiamo avuto modo di fare palestra. Magari i prossimi Aldo, Giovanni e Giacomo si faranno le ossa su internet», dice Aldo. «Magari
ormai non interessa più a
nessuno durare nel tempo.
Conta più l’intensità della
performance. Se è tutto vero quello che ci dicono e un
video come Il pulcino Pio fa
milioni di contatti, allora la
gavetta non è più necessaria», aggiunge amaramente Giacomo.
Ma, probabilmente, non ci crede
davvero. Sennò perché avrebbe deciso
di lavorare un anno e mezzo coi suoi
compagni di avventura per tornare a
sentire la passione della gente in teatro? «In realtà il teatro continua a piacerci molto – conclude Aldo – Ci si ritrova, ci si diverte… anche se poi dopo
la cinquantesima replica non ci sopportiamo davvero più».
aiutata di più?
«Quello di Buñuel. Avevo 19 anni e una paura tremenda ma dovevo andare avanti. Dovevo apparire a seno nudo e non volevo. Il regista non parlava
ma si era spazientito. Disse “Ora mi allontano a
prendere un aperitivo, ci vediamo tra mezz’ora, fate voi”. Ci siamo guardati io e la troupe e alla fine ho
dato io il “Si gira” e abbiamo girato».
E’ più difficile ad un’età matura avere bei ruoli?
«Neanche la vita è la stessa a 40 anni e a 50. Faccio
quello che posso. Per fortuna ho avuto la libertà di
realizzare un pezzo di sogno».
Cosa pensa della sfida all’età, della chirurgia estetica, del botox e dell’aspirazione di molte donne a
mantenere un aspetto giovane?
«Ognuno fa quello che crede. Sfida all’età? Non ce
la posso fare. L’età non si sceglie».
IL TESTO DI LINA PROSA
“Ecuba & Company” con Massimo Verdastro
i fili della memoria e un Coro speciale di donne
PALERMO. Con « Ecuba & Company», al Nuovo Montevergini, Lina Prosa rievoca Euripide e
il suo mondo tragico e umanissimo per riallacciare i fili della memoria mitica nel percorso
multidisciplinare, dedicato appunto alla memoria, che caratterizza questa edizione del
Progetto Amazzone. Il lavoro, di respiro corale e supportato da una singolare ricerca
musicale, prende avvio dalle prove dell’Ecuba di una compagnia di attori che, incalzati dal
regista (Massimo Verdasto nel doppio ruolo di se stesso e di Ecuba), si interrogano sul loro
ruolo e sul senso delle parole, prive di significato se non provenienti da lontano, dalla
memoria, appunto, nostra e del nostro passato, parole con le quali prendersi cura del
corpo dell’infelice regina come se fosse il proprio. I validi interpreti si confrontano con un
Coro speciale di donne (alcune delle quali operate di cancro al seno) che imporranno sulla
scena un ospite imprevisto, un moribondo da curare con la forza terapeutica della finzione
teatrale. La missione impossibile, ovviamente, sarà compiuta.
MILANO. Alla fine perfino Mick Jagger ha dovuto
aspettare. «Ma mica tanto, solo un paio di giorni» si
giustifica Zucchero parlando de “La sesión cubana”,
album registrato nel cuore del Caribe al fianco di Don
Was, storico produttore degli Stones in cabina di regia
anche ai tempi di “Fly” e di “Chocabeck”. «Le
registrazioni si sono protratte un po’ e lui, che doveva
entrare in studio con la band inglese per incidere i due
inediti da inserire nell’antologia “Grrr! ”, ha
cominciato a sentire un po’ la terra mancargli sotto ai
piedi». Alla fine, però, i Rolling Stones hanno avuto i
loro due singoli e Adelmo questo album sognato da
ventidue anni anni. «E’ dai tempi del concerto al
Cremlino che inseguivo l’idea di un lavoro così; legato
a quell’esperienza da un filo ideologico che forse
allora aveva pure un senso» prosegue, nell’attesa che il
20 novembre l’album arrivi sul mercato. «Anche per
questo ho voluto farlo ora. Prima che Cuba diventi
un’altra cosa». Nostalgia? Non solo. «Per anni il mio
vecchio manager, temendo le reazioni dell’industria
americana, mi ha detto: se suoni a Cuba puoi scordarti
di fare carriera negli Stati Uniti. Ma 57 anni sono
un’età buona per fare quel che mi pare. E poi i tempi
sono un po’ cambiati se è vero che il disco verrà
regolarmente distribuito pure negli Usa». Un primo
assaggio di questa nuova fatica l’ha dato la versione
riveduta e corretta di “Guantanamera”, il
Il progetto. «L’8 dicembre un
concerto a L’Avana con i
musicisti di Chucho Valdez e
dedica a John Lennon. Sarà
trasmesso in tv sotto Natale»
popolarissimo bolero creolo portato al successo negli
anni Trenta da José “Joselito” Fernández Diaz dietro ai
microfoni di Radio CMQ de L’Avana. Il repertorio
scivola tra passato e presente affastellando classici
altrui come “Never is a moment” di Jimmy LaFave o
“Nena” di Jorge Santana e dei suoi Malo a super hit del
songbook fronaciariano come “Baila (sexy thing) ”,
“Un Kilo”, “Così Celeste”, la cover dei Korgis “Indaco
dagli occhi del cielo”. C’è pure “L’urlo”, ripulita nel
testo rispetto alla versione originaria. «Fu Vasco Rossi
a farmi capire che forse in quella canzone ero andato
un po’ troppo in là con le parole, dicendomi:
“Zucchero, la prossima volta il testo te lo scrivo io”.
Provai a consolarmi pensando che, in fondo, certe
espressioni le aveva usata pure De André in “Un
giudice”; poi però mi resi conto che lui l’aveva fatto
con più poesia». “Pana”, altro standard dei Malo,
Zucchero lo condivide con Bebe, mentre “Ave Maria
no morro”, preghiera in musica firmata settant’anni fa
da Herivelto Martins ma ancora estremamente
attuale, la canta con Djavan. «Quella cubana è una
musica bellissima e molto storicizzata, caratteristica
che oggi a volte appesantisce un po’ l’ascolto. Basta
modernizzarla, anche perché il suo bagaglio ritmico è
enorme, straordinario, e il successo di progetti pop
come “Rhythm del mundo” sta lì a dimostrarne la
grande efficacia». Naturale che un’avventura del
genere dovesse avere pure un risvolto live. «L’8
dicembre, anniversario del concerto al Cremlino,
suonerò a L’Avana con i musicisti di Chucho Valdez.
Quel giorno cade pure l’anniversario dell’assassinio di
John Lennon e per questo ho in animo di rendergli
omaggio con uno dei suoi ultimi successi: “Beautiful
boy”. D’intesa con le autorità cubane abbiamo scelto il
parco dell’Istituto Superiore dell’Arte, uno spazio
enorme che può contenere decine di migliaia di
persone. Ci saranno pure le telecamere della Rai o di
Mediaset (stiamo ancora trattando), che
trasmetteranno l’evento sotto Natale in prima serata.
E’ il mio omaggio ad un popolo meraviglioso e al mito
rivoluzionario di un paese che in fondo al mio cuore
va molto al di là del culto di quelli che attualmente lo
governano».
AGATA MOTTA
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