Il PASSAGGIo del mare - Suore della Carità Cristiana

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Il PASSAGGIo del mare - Suore della Carità Cristiana
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Il passaggio del mare
Dopo aver accompagnato Mosé dal Monte Sinai fino all’Egitto dove JHWH ha
mostrato la sua potenza con le dieci piaghe, dopo essere entrati nelle case
d’Israele dove nella cena pasquale si celebrò il passaggio del Dio liberatore, ci
apprestiamo ad accompagnare il popolo eletto nella sua uscita dalla terra di
schiavitù. L’epopea del Mar Rosso diventa uno degli eventi fondanti della storia di
salvezza in cui sono coinvolti i figli di Abramo.
A
l passaggio di Dio che difende il
suo primogenito Israele dall’angelo
sterminatore, il libro dell’esodo fa
seguire il gesto potente con cui JHWH
conduce il popolo-figlio nel deserto assistendolo nel passaggio del mar Rosso.
Solo quando il mare si interpose tra il
popolo in fuga e l’esercito egiziano inseguitore, il «figlio di Dio» si sentì davvero
custodito e salvato
L’episodio originariamente ebbe certo
una sua sobria consistenza: giunti probabilmente là dove il mar Rosso s’incuneava profondamente nella terra, creando
stagni e paludi pericolose al guado, Dio
mandò per tutta la notte un forte vento
d’oriente, quello scirocco che dissecca le
paludi: così passarono di notte gli ebrei
fuggitivi.
Quando il vento cessò e la palude invase nuovamente il territorio, i pesanti carri
egiziani, lanciati all’inseguimento, affondarono miseramente.
La Bibbia da un lato lascia intravedere
una provvidenza divina miracolosamente
semplice che si allea con la scaltrezza e
l’esperienza di Mosè; dall’altro vuole che
questo definitivo «passaggio» verso la
libertà abbia la sua solenne celebrazione.
Non solo le antiche tradizioni raccolte
nel libro dell’Esodo, ma anche numerosi
Salmi insistono così nel tratteggiare un
grande scenario di guerra: da una parte
Dio e il suo popolo di poveri con Mosè
condottiero, dall’altra Faraone e il suo superbo esercito. In mezzo una parete che
brilla come il fuoco dal lato degli ebrei
ed è buia come la caligine dal lato degli
egiziani.
Gli uni camminano all’asciutto tra due
pareti d’acqua tenute a freno dalle mani
dell’Altissimo, gli altri vengono travolti da
flutti che si rovesciano tumultuosi.
Ma nessuno combatte «davvero»; tutta
la regia è in mano a un Signore glorioso:
«Sul mare passava la tua via e i tuoi sentieri sulle grandi acque e le tue orme rimasero invisibili. Guidasti il tuo popolo come
un gregge per mano di Mosè e di Aronne»
(Sal 77,20-21).
«Minacciò il mar Rosso e fu disseccato,
li condusse tra i flutti come per un deserto,
li salvò dalle mani di chi li odiava, li riscattò dalle mani del nemico» (Sal 106,9-10).
Ma occorre notare che questo divino
trionfo non era tanto rivolto contro gli
egiziani persecutori, quanto verso gli
israeliti che la schiavitù del faraone se
la portavano dentro, nel cuore: pronti a
rifiutare quella divina libertà ogni volta
che essa costasse qualche rischio.
Dio aveva a che fare con un popolo
che, al solo apparire dei carri egiziani,
aveva cominciato a dire a Mosè: «Forse
non c’erano abbastanza sepolcri in Egitto,
che ci hai portato a morire nel deserto?
Non te lo avevamo detto...: ‘lasciaci stare
che vogliamo servire gli egiziani! è sempre meglio per noi servire in Egitto che
morire nel deserto’».
Anche in seguito, quando del Faraone
non resterà più traccia, la voglia d’avere un padrone che rende sì schiavi, ma
almeno dà qualche sicurezza, resterà a
lungo nel cuore del popolo eletto.
A liberarli da questo «dominatore
interiorizzato» non basterà neppure la
lunghissima peregrinazione nel deserto
del Sinai.
L’epopea
del Mar
Rosso
LA BIBBIA - 131
Dal libro dell’Esodo
Capitolo 13, 17-22
Verso il Mar Rosso
Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada del territorio dei Filistei, benché fosse più
corta, perché Dio pensava: «Che il popolo non si penta alla
vista della guerra e voglia tornare in Egitto!».
18
Dio fece deviare il popolo per la strada del deserto verso il
Mar Rosso. Gli Israeliti, armati, uscirono dalla terra d’Egitto. 19 Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi
aveva fatto prestare un solenne giuramento agli Israeliti,
dicendo: «Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi porterete
via le mie ossa».
20
Partirono da Succot e si accamparono a Etam, sul limite
del deserto. 21 Il Signore marciava alla loro testa di giorno
con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco, per far loro luce, così
che potessero viaggiare giorno e notte.
22
Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista
del popolo, né la colonna di fuoco durante la notte.
17
LA NUBE E IL FUOCO (v. 22)
Il tema della “nube”, associata alla “gloria del
Signore”, è tipico del linguaggio sacerdotale.
La nube, con la cosiddetta colonna di fuoco, è
una presenza misteriosa che accompagna il popolo nella partenza dall’Egitto e poi nel deserto,
ponendosi alla testa della carovana, tappa dopo
tappa.
Per cogliere il senso di quest’immagine della
nube, dobbiamo ricordare che Dio abita nei cieli
e sembra quindi ovvio che possa manifestarsi
attraverso gli elementi della sua stessa creazione:
la folgore, il tuono, il vento, l’uragano, la pioggia, la neve. Ovvero ogni evento meteorologico
(“che viene dal cielo”) .
In una regione in cui il sole è d’obbligo, le manifestazioni meteorologiche altre rispetto al sole
sono normalmente lette come un segno.
La nube di cui si parla è identificata dal termine ‘anan’, quasi sempre riferito, nell’A.T., ad una
nube che ha a che fare con una teofania, ossia
con una manifestazione divina.
132 - LA BIBBIA
DUE TRADIZIONI
CHE SI INTRECCIANO (13,17 - 15, 21)
Israele in fuga è inseguito e, durante una sosta al Mar Rosso, è assediato dall’esercito egiziano: stretto
da tutte le parti, il mare davanti e
l’Egitto alle spalle, viene liberato
dal suo Dio attraverso un fenomeno
portentoso. Secondo la versione più
antica (J), Dio prosciuga il mare con
un forte vento d’oriente; secondo
una versione più recente (P), dai
chiari intenti apologetici e teologici, Dio opera invece un prodigio
grandioso, com’è la divisione delle
acque. Il racconto sacerdotale dà
importanza all’aspetto dottrinale.
Sottolinea i temi dell’indurimento
del faraone e della rivelazione della
gloria di Dio. Dà risalto alla realtà
degli avvenimenti con espressioni
altisonanti.
LA STRADA DELLA LIBERTà (v. 17)
Dio non condusse Israele per
la strada del territorio dei Filistei:
lasciando l’Egitto, gli Ebrei potevano imboccare la cosiddetta via dei
Filistei, la più breve e settentrionale,
lungo la quale si trovavano diversi
posti di blocco egiziani. Mosè, allora,
scelse la via meridionale, detta del
Il termine ‘colonna’ è la traduzione letterale
della parola ‘amud’ che indica qualcosa che sta
dritto in piedi come una colonna.
Dal complesso dei testi si vede che questa
particolare nube è segno della venuta/presenza
del Signore, guida del popolo nel cammino. Allo
stesso tempo essa è tenebre-e-luce, nuvola-efuoco.
Proprio come la presenza di Dio nella storia,
chiara e oscura ad un tempo, che deve essere
continuamente cercata, colta nelle sue manifestazioni e interpretata.
La ‘anan’ è una nuvola temporalesca, che
spaventa ed evoca una realtà non umana, come
accade anche a noi per i grandi fenomeni naturali (terremoti, tifoni e simili), che ci colgono
di sorpresa e suscitano in noi, pur razionalisti e
moderni, il senso di forze sconosciute, incontrollabili, “forse” divine.
A quest’immagine della nube che percorre tutto l’A.T., dunque, accade come a ciò che non ci
riesce a capire sino in fondo. La nube ci rimanda
a quanto del mistero di Dio ed ella nostra vita è
realmente inconoscibile.
Capitolo 14, 1-31
Il Faraone e il suo Esercito
Il Signore disse a Mosè: 2 «Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achiròt, tra Migdol
e il mare, davanti a Baal-Sefòn; di fronte a quel luogo vi accamperete presso il mare. 3 Il faraone penserà degli Israeliti:
“Vanno errando nella regione; il deserto li ha bloccati!”. 4 Io
renderò ostinato il cuore del faraone, ed egli li inseguirà; io
dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore!». Ed
essi fecero così.
5
Quando fu riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito,
il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele
si sottraesse al nostro servizio?». 6 Attaccò allora il cocchio e
prese con sé i suoi soldati. 7 Prese seicento carri scelti e tutti
i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. 8 Il
Signore rese ostinato il cuore del faraone, re d’Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano
alzata. 9 Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre
essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri
del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso PiAchiròt, davanti a Baal-Sefòn.
10
Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi:
ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. 11 E dissero
a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci
hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? 12 Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi
servire l’Egitto che morire nel deserto”?». 13 Mosè rispose:
«Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi
oggi vedete, non li rivedrete mai più! 14 Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli».
1
Rese ostinato il cuore del faraone
deserto, in direzione del Mar Rosso.
Il Mar Rosso (v. 18) nel testo
ebraico è chiamato Mare dei Giunchi
(Yam-Suf); è stata la traduzione dei
LXX a usare l’espressione greca che,
sebbene si riferisse originariamente
a un mare molto più esteso, in seguito è venuta ad indicare l’odierno
Mar Rosso.
Il Mare dei Giunchi va localizzato
probabilmente nella regione paludosa dei laghi attualmente assorbiti
dal canale di Suez.
LE OSSA DI GIUSEPPE (v. 19)
Giuseppe, il patriarca che aveva accolto le tribù di Giacobbe in
Egitto, era morto carico di anni nel
paese straniero. Ora che è venuta
l’ora della liberazione, le sue ossa
sono portate via per essere sepolte anch’esse nella terra promessa.
Niente di Israele deve rimanere nella
terra della schiavitù.
I protagonisti
I protagonisti dell’epopea di Israele sono quattro.
1). Innanzitutto il faraone. La
sua resistenza è stata vinta, egli ha
lasciato la presa ma poi, qui all’inizio
del cap. 14, si pente della sua decisione e ritorna in scena.
2. Poi c’è il Signore (JHWH) che
conduce il suo popolo.
3. Il popolo d’Israele è disposto secondo i numeri dati da Es. 12,37
- come un esercito di seicentomila
uomini in ordine di marcia, senza
contare le donne, i bambini e i vecchi. Una scena gigantesca!
4. Infine c’è Mosè che appare
(13,19) con il ruolo modesto di
«becchino» trasportando le ossa
del patriarca Giuseppe. Il suo ruolo
abbastanza nascosto indica che egli
(Mosè) non è il personaggio principale. Questa storia, infatti, non è
una semplice storia umana. Essa si
svolge sotto l’iniziativa e la guida di
JHWH. Ma Mosè, con il suo gesto,
lega l’uscita dall’Egitto alla promessa fatta da Dio ai patriarchi.
Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina
agli Israeliti di riprendere il cammino. 16 Tu intanto alza il
bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. 17 Ecco, io rendo ostinato
il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io
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LA BIBBIA - 133
UNA NUOVA NASCITA
Sul cammino della liberazione
risorge l’antico nemico: il faraone
ha cambiato parere. Come il Signore
aveva previsto, il popolo si scoraggia
e si schiera dalla parte dell’Egitto: «È
meglio per noi servire l’Egitto che
morire nel deserto» (14,12).
Mosè interviene allora non come
un generale che galvanizza le sue
truppe prima dello scontro, ma
come il profeta che parla in nome
di Dio e che dice al popolo ciò che
deve fare. Il suo invito a non temere
non è un appello alla resistenza ma
a confidare in Dio, il solo Salvatore:
«Il Signore combatterà per voi e voi
starete tranquilli» (v.14).
La lotta contro le acque
Ciò che avviene nel Mare dei
Giunchi è il combattimento decisivo
condotto da Dio contro l’Egitto.
Ricorda la lotta primordiale
narrata nella prima pagina della
Bibbia dove il soffio creatore di Dio
aleggiava sulle acque e Dio divise la
terra ferma dalle acque affinché la
vita potesse apparire.
Le «grandi acque» nella Scrittura
sono il simbolo del male; evocano il
mostro preistorico.
Quando Dio non le tiene più
imbrigliate, le acque infatti sommergono la terra e annegano i suoi
abitanti come al tempo del diluvio.
Nel seno delle grandi acque abitano
dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui
suoi carri e sui suoi cavalieri. 18 Gli Egiziani sapranno che io
sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il
faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».
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L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele,
cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si
mosse e dal davanti passò dietro. 20 Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte;
così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta
la notte.
La strada aperta nel mare
Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante
tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente,
rendendolo asciutto; le acque si divisero. 22 Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro
un muro a destra e a sinistra. 23 Gli Egiziani li inseguirono, e
tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
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Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo
mise in rotta. 25 Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento
riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro
contro gli Egiziani!».
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Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cava21
IL MOMENTO DECISIVO
«Mosè stese la mano sul mare. E il Signore
durante tutta la notte risospinse il mare con un
forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le
acque si divisero. Gli israeliti entrarono nel mare
sull’asciutto, mentre le acque erano per loro una
muraglia a destra e a sinistra».
Ma è proprio successo così?
Gli avvenimenti sono stati forse più modesti,
ma il ricordo li ingrandisce, la gioia li abbellisce e
la fede offre la loro vera interpretazione, presentandoli come un meraviglioso intervento di Dio.
Il racconto, redatto alla luce della fede e sotto
l’ispirazione dello Spirito del Signore, mette davanti ai nostri occhi uno straordinario intervento
divino. Per il credente si tratta di un vero e proprio miracolo, un prodigio del Signore a favore
134 - LA BIBBIA
dei poveri perseguitati.
Comunque siano andate le cose, l’importante
è che «Israele vide la mano potente con la quale
il Signore aveva agito contro l’Egitto... e credette» (14,31). Si è trattato di una parola che Israele
ha «visto» e ha compreso nel suo profondo
significato di manifestazione unica della potenza
di Dio.
lieri». 27 Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del
mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani,
fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così
in mezzo al mare. 28 Le acque ritornarono e sommersero i
carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano
entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure
uno. 29 Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto
in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a
destra e a sinistra.
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In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli
Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; 31 Israele vide la mano potente con la quale il Signore
aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e
credette in lui e in Mosè suo servo.
i mostri marini che fanno affondare
le navi.
Ma il Signore domina le acque,
egli le abbatte e le divide in due.
Attraverso questo gesto creatoreegli fa nascere il suo popolo a una
esistenza nuova.
Il popolo, sulla riva, è chiamato
a lasciarsi guidare da Dio attraverso Mosè. È una nuova nascita, un
battesimo che il popolo accetta
pienamente: «Il popolo temette il
Signore e credette in lui e nel suo
servo Mosè» (14, 31).
L’Egitto, anch’esso, è al suo posto
nel mare. Dio, infatti, ha sconfitto il
mostro dell’abisso e trafitto il dragone dell’Egitto per aprire un cammino nuovo al suo popolo.
BATTEZZATI IN CRISTO NELL’ACQUA E NELLO SPIRITO
I Padri della Chiesa hanno commentato ampiamente il passaggio del Mar Rosso, intendendolo
come la Pasqua cristiana: il battesimo che è segno
della nostra dedizione a Cristo. Questo avvenimento viene ricordato anche nell’Exsultet, cioè nella
Veglia pasquale, momento dal quale tutto il resto
della vita cristiana dipende, che dice così:
«Questa è la notte
in cui hai liberato i figli d’Israele, nostri padri,
dalla schiavitù dell’Egitto, e li hai fatti
passare illesi attraverso il Mar Rosso;
questa è la notte
in cui hai vinto le tenebre del peccato
con lo splendore della colonna di fuoco; questa è la notte
che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo
dall’oscurità del peccato
e dalla corruzione del mondo,
li consacra all’amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi».
Questo è uno splendido commento al nostro testo di fronte al quale si rimane come sopraffatti per
ciò che ha significato in tutte le generazioni cristiane, dai commenti dei Padri alle catechesi battesimali della Chiesa antica, fino a noi.
Già san Paolo faceva meditare su di esso i suoi
cristiani in 1 Cor. 10, 1-2: «Non voglio infatti che
ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti
sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti
furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola
e nel mare».
Egli ritiene che tutto Israele sia passato di là.
Perciò i cristiani, rievocando l’aggadà della Pasqua
ebraica, dovrebbero aggiungere: «Anche noi eravamo là, anche noi siamo stati battezzati con i padri»;
insomma, l’esperienza del battesimo che abbiamo
ricevuto in Cristo si collega con quella che è stata
l’esperienza dei padri. Meditando il loro battesimo,
non meditiamo un’esperienza a noi estranea, ma
quella che è l’inizio, la spiegazione e il tipo della
nostra esperienza battesimale fondamentale.
Gli Israeliti, seguendo Mosè, non fanno niente
se non decidere di lasciar fare a Dio: si lasciano
portare come «su ali di aquila». E noi, seguendo
Gesù, decidiamo di lasciarci salvare da lui: facciamo
fiducia alla sua potenza infinita, alla sua capacità di
guidarci; ci lasciamo immergere in lui.
Comprendiamo allora l’importanza della frase «il
Signore combatterà per voi e voi starete tranquilli»: la decisione fondamentale è presa dal Signore; l’opera è sua; essere battezzati in lui vuol dire
lasciarsi invadere dalla potenza dello Spirito.
LA BIBBIA - 135