Incontro tra Rachid Benhadj e gli studenti dei quattro istituti Rachid

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Incontro tra Rachid Benhadj e gli studenti dei quattro istituti Rachid
Incontro tra Rachid Benhadj e gli studenti dei quattro istituti
Rachid:
Vedo che ci sono i nostri ragazzi... vorrei avere a caldo una loro opinione sull'incontro di oggi, più tardi.
Giovanna:
Ci puoi dire qualcosa del film, dell'idea che hai avuto e di quello che stai facendo, in modo che i ragazzi
possano orientare le domande? Qui ci sono ragazzi di Monte San Savino ma anche di alcuni paesi vicini. Ci
puoi dire brevemente come è questo film, come è la storia che hai intenzione di raccontare?
Rachid:
All'inizio sono venuto a Monte San Savino per ragioni non inerenti il film in questione, ma per parlare del
mio film “Il pane nudo”; qui ho scoperto esserci una banda che fa un lavoro molto particolare. Dal
momento che io amo lavorare con le scuole, fatto sta che uno dei miei film è stato girato con l'aiuto di una
cinquantina di esse, tra secondarie e primarie, ho preso questa abitudine: quella di ritenere i ragazzi le
persone più interessanti. Gli adulti non lo sono così tanto. Avendo trovato intrigante poi, il modo di questi
giovani di percepire il mio film, secondo un'ottica più occidentale della mia, ed avendo ricevuto delle
domande che non mi aspettavo, data la loro età, ho capito che sarebbe stata un'esperienza molto
significativa, quella di poter lavorare con loro.
Mi sono avvicinato agli studenti, ed è stato appassionante perché da un po' di tempo non avevo più contatti
con persone della loro età. Mi ha colpito venire a conoscenza del fatto che un grande maestro d'orchestra
sarebbe giunto fino a qua, per dirigere un'orchestra di una scuola non dissimile da tante altre... mi è balzata
all'improvviso in mente la trama!
Sono venuto qui con tante difficoltà, perché per fare un film servono delle cose concrete, fortunatamente
però tutto il paese si è impegnato, sono stati trovati sponsor e in tanti hanno dato una mano, perché
credono in questo film.
Ma comunque film non è la parola più giusta, non mi sono comportato come se scrivessi il copione di un
film; in questo paese avevo la band a disposizione, il direttore d'orchestra e la storia che li vede incontrarsi,
ma ciò non mi è bastato. Chiaramente non avevo il tempo di venire qui e cominciare a far domande per
capire l'essenza di questa realtà, come farei per altri progetti cinematografici: in questo caso sono i ragazzi
che mi hanno semplicemente ispirato, sono loro che mi hanno spinto a voler raccontare.
Quindi mi si è posto davanti un bivio: mi servivano degli strumenti musicali; per sceglierli abbiamo fatto un
provino in poco tempo, senza la sinergia che abbiamo avuto, attuarlo non sarebbe stato possibile.
Abbiamo scelto cinque ragazzi, a ciascuno dei quali corrisponde uno strumento che abbiamo deciso di
sviluppare; il momento delle prove è il momento che li unisce, il momento nel quale suonano in armonia,
tutti insieme, a dispetto delle loro vite esterne, radicalmente differenti. Racconto inoltre della loro scuola,
che permette loro di impiegare al meglio questa energia viva che hanno.
Il film dipende dalle persone che ho scelto, io stesso dipendo da loro: racconto la loro vita, la loro realtà. Il
film è un film costantemente in costruzione.
Ancora non è finito, e ogni volta che mi trovo dietro la cinepresa scopro cose nuove e mi dico: “Cavolo! Mi
piacerebbe sviluppare questo elemento oppure quest'altro”, ma non si può sviluppare ogni idea purtroppo.
Il film sarà visto in tutto il mondo e far vedere la vostra zona, mostrare la vostra energia, e i vostri
insegnanti che fanno il possibile per voi, ragazzi, è la mia ambizione!
Zaira:
Quando stava girando, ha trovato il rapporto giusto coi ragazzi scelti e con quelli della band?
Rachid:
Il feeling non è importante solo quello con i ragazzi protagonoisti della storia... è importante ci sia in
generale una bella energia. La sincronia dipende dallo stato d'animo dei ragazzi spesso, e questo dipende
dalla famiglia che i giovani hanno alle spalle. Quando sono venuto a casa tua, per esempio, tua madre ha
preparato il cuscus ed è nata una certa intimità, una certa atmosfera... del tutto eterea... Il film parla di
ragazzi che si trovano di fronte a tanti bivi, sono alla ricerca di qualcosa di positivo e i ragazzi che
interpretano i personaggi principali lo sono allo stesso modo per cui di attriti non ce ne sono stati; poi
ovviamente siamo esseri umani, i rapporti diventano di conseguenza, molto umani!
Alessia Amatucci (2^B IC Secondario di primo grado, città di “Castiglion Fiorentino”):
Volevo chiederle la ragione per la quale “Aspettando il maestro” è un titolo provvisorio e se quello definito
sarà proposto dagli alunni o sarà scelto dal regista.
Rachid:
Il titolo è necessario: quando si comincia un lavoro si deve dargli un nome, come con i personaggi di fiction.
Il titolo “Aspettando il maestro” ricorda innanzitutto “Aspettando Godot”: nella vita aspettiamo sempre
qualcuno che ci venga a salvare, senza contare che nella nostra cultura il maestro è un caposaldo; è il vostro
insegnante. Poi passiamo continuamente da un maestro ad un altro maestro: incrociamo, viviamo con dei
maestri, e non siamo mai saturi di conoscenza. Il tempo passa e aspettiamo sempre un qualcuno che ci
faccia scoprire cose nuove.
Nel documentario vediamo una band che aspetta il maestro, ma è concettualmente secondario questo
maestro... Addirittura abbiamo discusso tanto tempo sul filmarlo oppure no.
Porto avanti un esempio: abbiamo fatto una scena con Nicola Orlacchio, del quale il nonno suona la tromba
esattamente come Nicola, e in quella situazione il nonno è anche un maestro.
Dobbiamo prendere il maestro nel senso più lato possibile, non è solo il direttore d'orchestra.
Fino alla morte aspetteremo sempre il maestro, cercheremo sempre qualcuno che ci stimoli e ci dia
energia; qualcuno che ci cambi la vita...!
Leonardo Sabadini (3^A, IC “A. Sansovino”):
Quindi i ragazzi attraverso i maestri che incontrano nel loro cammino, diventano maestri di loro stessi?
Rachid:
In un certo senso sì... a scuola ho cominciato a disegnare perché c'era una maestra a cui io volevo bene, che
amava il disegno e vivevano con me dieci fratelli con caratteri ed idee diverse; io son diventato un miscuglio
di tutte queste persone, belle e brutte, ed ho insegnato a me stesso le cose belle e brutte che ho appreso
dai rapporti avuti con loro. Il maestro è quindi, anche un cammino.
Francesco Zucchini (2^E IC “Città di Castiglion Fiorentino”):
Perché nel titolo non ha usato la parola musica, come “La musica arriva a scuola”, ma ha invece usato
invece la parola maestro?
Rachid:
Perché la parola musica è riduttiva. La musica siete voi, sono questi ragazzi. La musica permette di uscire
dalla solitudine. La musica è un pretesto e anche la band è un pretesto. È qualcosa che unisce e dà energia.
Questa band è un modo per unirvi, che vi insegna a vivere insieme, a suonare insieme, e questa unione è
bella. La band è un pretesto più per parlare di voi, che andate a scuola, che cercate il vostro futuro. Per
questo la parola musica è riduttivo.
Camilla … (2^B IC “Città di Castiglion Fiorentino)
Qual è la ragione profonda che l'ha spinta a girare un film in una scuola della Valdichiana?
La vita è fatta spesso di incontri. Sono venuto ad assistere alla proiezione de “Il pane nudo”, e ho fatto un
dibattito con i ragazzi e poi ho partecipato a successivi altri incontri in zona, con persone che fanno un
lavoro straordinario e però anche quotidiano, che non risalta come un film, non trova festival dedicati ad
esso; sono persone che fanno tutto il giorno un lavoro faticoso che può sembrare noioso: ho pensato che
bisognasse dare valore a questo lavoro.
Io insegno, e quando mi chiedono perché insegno, rispondo che lo faccio per non perdere il contatto con le
nuove generazioni e perché gli studenti mi insegnano tante cose. Per questo volevo mettere in risalto il
lavoro svolto in questo istituto, perché cerca sempre di raggiungere il meglio. Ho voluto dare risalto alle
persone che si danno da fare in questa realtà, che non vanno in televisione, ma che compiono azioni, a mio
avviso assolutamente poetiche.
Laura Palma (Foiano della Chiana)
Secondo lei, solo le persone possono essere maestri o anche le esperienze della vita possono esserlo?
Rachid:
Vi racconto una storia. Avevo diciannove anni e facevo un viaggio in un'isola sperduta in Grecia, assieme ad
un'amica. In quel posto non c'era proprio niente. Trovammo un vecchio signore che abitava in una
rientranza nella roccia e aveva delle scatole di sardine. Gli chiedemmo se poteva darci da mangiare e ci
rispose che poteva prepararci una minestra, ma era agosto! Potete immaginarvi che caldo fosse e che poca
voglia avessimo di una minestra... Comunque ci fece sedere sotto un albero, nei pressi del quale si trova
una fontana e vi era stato posto una specie di tavolo. Mentre parlavo con la mia amica mi versò dell'acqua.
Io nel frattempo bevevo e continuavo a parlare. Ogni volta che bevevo qualche sorso, il vecchio versava
l'acqua dal mio bicchiere e lo riempiva nuovamente alla fontana. Dopo averlo fatto per ben cinque volte, la
mia amica gli chiese il perché di quella strana consuetudine e lui rispose spaventato che voleva darmi
dell'acqua fresca ogni volta che avessi voluto bere. Non possedeva niente, ma voleva darmi almeno
dell'acqua fresca: per lui era importante!
A volte, nemmeno un'esperienza, ma solo un piccolo gesto diventa un maestro: nella vita non contano i
beni materiali, ma contano le persone.
Quell'anziano aveva i vestiti stracciati, era povero, eppure è rimasto dentro di me... con un gesto.
Melissa Meta e Anna Chiara Ceccherini, (Castiglion Fiorentino):
Quale è stata la scena più impegnativa da girare?
Rachid:
Non sono arrivato con un copione, non conoscendo i ragazzi per cui giro le scene andando ad intuizione e
ad incontro. Mi vengono raccontate delle cose e cerco di capire come poterne trarre l'idea per costruire
delle belle scene.
Leila:
In effetti non poteva esserci un copione, perché non giriamo un film, ma raccontiamo voi.
Rachid:
Quando lavori con più persone, ognuna ti da qualcosa di bello, qualcosa di diverso. Stai lì come un
pescatore e aspetti che qualcosa abbocchi, ergo che qualcuno abbia una bella idea e rispondergli
istintivamente: “Questa cosa mi interessa, perché non svilupparla maggiormente?”
Riprendendo un discorso precedente, io non sapevo che il nonno di Nicola suonasse la tromba all'inizio, ma
poi Nicola disse per caso: “Io suono la tromba perché mio nonno la suonava” e allora immediatamente
replicai: “Ma perché non giriamo una scena mentre suoni con lui?”.
Così non solo hanno suonato insieme, ma il nonno ha regalato a Nicola la sua tromba che non aveva mai
fatto toccare a nessuno, in quanto suo bene più prezioso.
Leila:
È come se noi riunissimo tutte le vostre vite, non raccontiamo solo di cinque ragazzi, bensì raccontiamo la
storia di tutti voi; potevano essere altri cinque i ragazzi... ognuno di noi ha la propria vita infondo.
Rachid:
Non vogliamo chiuderci solo in quei cinque ragazzi: difatti non solo qui, ma anche negli altri paesi, i giovani
potranno rivedersi in voi.
Leila:
Infondo raccontiamo una generazione intera, non solo i ragazzi, gli insegnanti o i genitori.
Zaira:
Nel lavorare coi ragazzi, cosa vi siete sentiti dentro?
Leila:
Lavorare con i ragazzi per me non è stata un'esperienza nuova, ma non è nemmeno come un lavoro; è un
processo umano e non lavorativo. Ci accogliete, ci fate vedere la vostra vita, mangiamo insieme: sono stata
felice di incontrarvi.
Inoltre non servono attori professionisti per questo progetto, ma semplicemente ragazzi che vivono
un'esperienza reale, come la vostra.
Karim:
Sono sette anni che faccio questo lavoro...
Rachid:
Sono più anni che ti muovi in questo settore... da quando avevi dodici anni per la verità!
Vi racconto la storia di Karim.
Stavo dirigendo un film con grandi attori come Gérard Depardieu ed eravamo in cerca di ragazzi; per questo
compito c'era una signora che mi aiutava. Quando mi incontrò con mio figlio Karim, lei pensò che fosse un
attore, per questo gli facemmo un provino ed io per primo rimasi colpito dalla sua naturalezza. Portato il
video a Depardieu, che non conosceva Karim, ed era anche uno dei produttori del film, mi disse “L'hai
trovato il ragazzo giusto!” ed io risposi “Ma è mio figlio...” e lui ribatté “E cosa cambia?”... fu così che il film
vinse il Golden Globe per il migliore attore.
Karim:
Successivamente ho scelto di stare dall'altra parte della macchina da presa.
Prima volevo dire che quando si tratta di lavorare con dei bambini, come con gli anziani o con gli animali, fai
più fatica, generalmente. Invece parlando con Leila dopo che abbiamo fatto i provini, siamo rimasti stupiti:
noi non saremmo riusciti ad avere la stessa sicurezza, invece voi siete andati spediti,
tranquilli...Probabilmente la vostra generazione in confronto alla nostra, ha una marcia in più!
Leila:
Forse anche per il posto in cui vivono, per gli insegnanti... ma comunque c'è più immediatezza.
Studente:
oltre a Mirka nell'omonimo film, che ruoli hai interpretato, Karim?
Rachid:
Avete visto “Il pane nudo”? Ha interpretato l'amico del protagonista. Perché l'ho scelto? Non perché è mio
figlio ma solo perché sono andato a girare le scene con una troupe ridotta all'osso. Avete visto un set,
tantissime persone. Io ne volevo poche: si lavora di più e di Karim potevo fidarmi.
Studente:
Come si fa a riconoscere i maestri cattivi da quelli buoni?
Rachid:
Alla vostra età è tutto bianco o tutto è nero. Poi cominciate a mettere un po' di grigio in mezzo, attraverso
la maturazione, e scoprite che in ogni persona c è del buono e del cattivo; per me non esiste una persona
ideale, e contemporaneamente ognuno di noi ha dentro delle cose straordinarie. I vostri maestri tirano
fuori il meglio di voi, con tutte le difficoltà che possono incontrare, ma voi dovete essere aperti, non
chiudetevi dentro di voi!
Leila:
Non esiste un male e un bene specifico, molte volte esiste un bene e un male personale. Però è vero, la
responsabilità non è sempre dell'altro. Bisogna crescere per capire quale è il tuo bene e quale è il tuo male.
Però le strade non sono univoche, devi riuscire a capire, piano piano, chi sei tu davvero.
Angela Cecconi (Castiglion Fiorentino):
In quale modo la vita della scuola e la vita della comunità si intrecciano grazie alle vicende dei cinque
protagonisti?
Rachid:
Penso che il ruolo dei tuoi genitori sia di educarti e di darti tutto quello che possono, ma quanto
tempo passiamo a scuola? Tantissimo.
Quando ero piccolo conoscevo meglio alcuni insegnanti dei miei genitori.
I maestri diventano più importanti a volte, perché passiamo molto tempo con loro. Ma uno naturalmente,
non esclude l'altro: una maestra o maestro non è un genitore.
I genitori hanno la funzione di educarvi, ma un maestro ha un suo ruolo, complementare, per questo la
scuola è molto importante.
Non capisco in Italia come facciano ad ostinarsi a non dare importanza agli insegnanti, che sono considerati
l'ultima ruota del carro, pagati male, trattati male!
Sono loro che formano il futuro, siete voi il futuro ragazzi!
Il paese che non dà importanza agli insegnanti è un paese debole, perché darà vita a una generazione
debole.
A dodici anni ho scoperto che mio padre fosse analfabeta: non sapeva leggere, non sapeva scrivere... Ma
prendeva in mano un libro e mi faceva leggere e poi mi diceva che ancora non sapevo leggere bene e tutto
questo solo per spingermi a fare meglio!
Antonio Scatragli (Castiglion Fiorentino):
Quali sono le caratteristiche principali dei personaggi?
Leila:
Asia è una ribelle molto forte sia interiormente che esteticamente, poi c'è Zaira, una ragazza molto
energica, un ponte tra due culture, come me de resto; ha genitori marocchini ma è nata qui in Italia. La
nostra fortuna è riuscire a vivere in due mondi e comprendere le loro emozioni e la loro particolarità allo
stesso tempo. Nicola è un ragazzo che ci fa vedere il rapporto tra diverse generazioni, come raccontavamo
prima, tra nipoti e nonni.
Poi c'è Patrik, un ragazzo introverso che cerca la sua strada, si cerca attraverso un rapporto con uno
strumento difficile da sopportare in una casa: la batteria. Si cerca attraverso la musica.
Elisa invece oltre che suonare, danza, è un personaggio che vive accanto alla musica cineticamente.
Sono tutti ragazzi che vivono la musica in modi posti agli antipodi.
Roberto Donnini (Castiglion Fiorentino)
Se avesse scelto attori professionisti il risultato sarebbe stato lo stesso?
Rachid:
Per questo lavoro sarebbe assurdo contattare attori professionisti. Anche se gli attori sono in grado di
simulare una spontaneità e una bellezza tecnica di alto livello, questo lavoro non è una fiction che
costruisco, al contrario mi metto a disposizione della realtà. Anche io mi stupisco!
La realtà è talmente bella e complessa e straordinaria che non è possibile da ingabbiare.
Ognuno di voi ha bellezze nascoste e basta andarle a prendere per tirare fuori che voilà... siete tutti attori!
Chiara Serantini (Castiglion Fiorentino):
Nel film, che lezione imparano i cinque alunni protagonisti?
Rachid:
Sarebbe una bella domanda da fare a Zaira, siccome presente.
Zaira:
Ciao, sono Zaira, di Monte San Savino. La lezione che imparo è che devo essere più unita coi miei amici, con
la band e con la musica e soprattutto che devo rispettare le volontà e i desideri dei miei genitori. Durante la
litigata con mia madre che avviene nel film mi sono sentita molto coinvolta. Mi sono sentita ferma lì e ho
scoperto che mia mamma sa recitare, cosa che io non lo sapevo. Io e mamma siamo molto unite, ma
questo non lo sentivo prima e questo film me lo ha fatto capire...!
Luca Riducci (Castiglion Fiorentino):
Lei si rispecchia nella personalità dei protagonisti?
Rachid:
Io vengo da un altra realtà, sono nato e cresciuto ad Algeri, ma mi vedo in loro, certo mi vedo anche in voi!
Quando siamo ragazzi piccoli così non ci sono frontiere, siamo uguali, aspettiamo le stesse cose,
pretendiamo le stesse cose.
Nicola Casucci (Monte San Savino):
Quali emozioni vorrebbe suscitare nello spettatore attraverso il lavoro che hanno svolto i ragazzi?
Karim:
Ogni personaggio susciterà un'emozione diversa. Ogni spettatore si identificherà in un personaggio in
particolare. Come quando vedi un film... ognuno di noi si può emozionare o non emozionare vedendo il
documentario. Noi ci mettiamo la nostra passione, insieme ai ragazzi e alle loro famiglie. Purtroppo non
dipende solo da noi. Mentre nel film costruisci quasi tutto, in questo contesto è molto più difficile, anche se
è un documentario con elementi di fiction.
La mattina non sappiamo che parole verranno dette dagli attori, non sappiamo affatto cosa accadrà!
Sara Ghezzi e Chiara Borghesi (Castiglion Fiorentino)
Le indicazioni che vengono dal film possono ispirare i nostri insegnanti? Come possiamo stimolare i nostri
insegnanti ad essere maestri?
Rachid:
Io penso di sì, perché un documentario fa riflettere tutte le persone intelligenti. Una reazione ci sarà. Come
lo sto vivendo io: vedo una tale energia in voi mi sento vecchio, anche nel modo di raccontarvi. Così i vostri
insegnanti, vedranno l'energia che emanate e le vostre aspettative.
Comunque non dovete aspettare tutto dalle altre persone!
Dovete essere anche voi a stimolare gli insegnanti, non aspettare tutto dal maestro. Anche voi dovete
andare a cercare le cose insieme al maestro, e se lui vede che voi reagite, che non state solo ad ascoltare
passivamente le loro cose, per loro è uno stimolo. Così quando faccio l'insegnante. Se voi date il minimo,
loro vi daranno il minimo. Ma se voi li scuotete, avverrà il contrario!
Zaira:
vi è piaciuta l'accoglienza dei genitori e dei parenti dei cinque ragazzi?
Rachid:
Attraverso i ragazzi puoi immaginare come è la loro famiglia. Se avessimo girato questo lungometraggio a
Roma o Milano, o comunque in una città più grande di questa, non avremmo avuto la stessa accoglienza.
Qui si conoscono davvero le persone.
Nel palazzo dove abito non conosco il vicino, ci incrociamo tutte le mattina ma non ci scambiamo una sola
parola.
Domanda:
Visto che il film parla di una band, la colonna sonora è composta dai ragazzi?
Rachid:
Una bella domanda...
Alunne di Foiano della Chiana:
Volevo chiederle se avete un maestro e cosa vi ha lasciato queste maestro. L'altra: E lei si sente maestro?
Rachid:
Il maestro lo troverete in classe ma anche nelle vostre case, tutto dipende da come ponete il vostro
sguardo; quante persone incontriamo? Ognuna di esse può essere il nostro maestro, anche solo per un
attimo!
Leila:
Bella quella storia del maestro che hai incontrato nel deserto.
Rash:
Volevo costruire una casa di rose del deserto per un film e scoprì che solo una persona le sapeva costruire,
non è facile poiché nel deserto le cose non sono ferme come pensiamo: nella notte le dune si spostano e
certi oggetti di lavoro venivano ricoperti dalla sabbia e la mattina non riuscivamo a trovarli! La persona che
sapeva costruire queste case, ad ogni modo era un vecchio.
Mi recai allora presso il paese nel quale viveva per cercalo; lo trovai seduto per terra e aveva una teiera e
beveva il suo tè. Giunto al suo cospetto, con capelli lunghi e jeans, gli vomitai la mia preoccupazione
addosso senza pensare agli usi o ai costumi: credo che mi vide come fossi un marziano.
Mi versò allora del tè che io bevvi in un sorso e ricominciai a parlare. Per questo mi versò del tè ancora e
così via fino a quando la mia lingua iniziò a rallentare. Mi accasciai allora raggiungendo la sua altezza e me
ne stetti in silenzio, mi ero persino dimenticato perché mi trovassi là.
Parlando, il vecchio mi porse davanti una borsa che conteneva oltre duecento denti!
Era il dentista che era solito spostarsi di paese in paese. Ciò che fece mi ricorda “Le mille e una notte”
perché quel signore prese un dente alla volta e per ognuno di essi mi iniziò a raccontare una storia, quasi
rivedesse i volti delle persone alle quali appartenevano e potesse così rammentare ogni particolare: quei
denti erano come un libro.
Sono rimasto tre o quattro ore e mi ha detto infine che ci saremmo visti un altro giorno. Ero totalmente
confuso che mi alzai con la mente offuscata e inizia ad allontanarmi, ma ritrovata un po' di lucidità mi voltai
e gli chiesi come avremmo fatto a rivederci, e fu così che lui mi rispose che lui mi avrebbe trovato e così
dopo qualche giorno, lui venne presso il set e costruì la casa di cui avevo bisogno! Sono maestri questi
uomini che incontri e che vengono a fare parte di te.
Antonio De Corso (Foiano della Chiana):
ome mai ha ripreso il carnevale di Foiano?
Rachid:
Bella domanda. Quando sono venuto in questa zona mi hanno detto che c'è un carnevale bellissimo. Ho
pensato di filmarlo e poi di trovare un modo per inserirlo nella trama. Non voglio svelare altro però, voglio
che lo scopriate guardandolo!
Leonardo Angoli (Castiglion Fiorentino)
L'allievo che supera il maestro è un fatto positivo o negativo?
Rachid:
Si deve imparare a prendere il massimo dal proprio maestro. Tu puoi cambiare, ma ciò non vuol dire che
diventi migliore del maestro. Quel maestro ha una parte di te e tu hai una parte di lui.
Non è un rapporto di competizione, dobbiamo ringraziarlo, perché già se lo riconosciamo come maestro ci
ha dato qualcosa, e quello è un valore in sé. Se cresco sarò meglio di lui? No, sarò diverso. Rimane il mio
maestro, anche se diverso più importante.
Ho incontrato un mio vecchio insegnante che mi ha detto essere fiero del fatto che sono diventato regista.,
ma io lo guardavo come quando ero piccolo: rimane il mio maestro.
Se non lo avessi incontrato, non sarei diventato quello che sono.
Il mio maestro era felice, perché c' era una parte di sé in me, come se anche lui fosse diventato regista!
Giovanna Barzanò:
Ieri i temi che alcuni di voi hanno fatto. Una frase di un ragazzo mi ha colpita: “i maestri che abbiamo ci
aiutano a far uscire i maestri che abbiamo dentro per rendere maestri noi stessi”; una concezione dinamica.
Domanda:
Quindi quando ci viene impartita una lezione da una esperienza personale o da una persona dovremo
cercare di insegnarla a nostra volta?
Rachid:
Se hai un fratello più piccolo, ovviamente egli si fida di te ed è così che tu devi insegnarli ciò che di buono
hai.
Francesco:
Come possiamo esercitare la nostra leadership nelle varie realtà in cui viviamo?
Rachid:
C'è un proverbio in arabo che recita: “colui che ti ha preceduto di un giorno ha qualcosa in più, perché ha
vissuto più di te”: dovete prendere, vivere, e poi potrete trasmettere, ma se non vivete voi queste stesse
cose, avrete il vuoto e non potrete trasmettere nulla!
L'insegnamento non si basa su un rapporto di parlatore ed uditore, è un rapporto dialettico che si svolge tra
due parti che interagiscono attivamente le une con le altre.
Domanda:
Lei che è molto ottimista ha trovato la positività dalla sua cultura o da cosa l'ha trovata nelle soddisfazioni
della vita?
Rachid:
Non credo che l'ottimismo derivi da una cultura particolare. Visito sposso innumerevoli posti in Francia e vi
sto a contatto con ragazzi della vostra età che hanno la stessa voglia di vivere, ed incontrando queste
persone mi sono detto che è importante l'ottimismo: se non fossi stato ottimista, non sarei qui a fare un
film.
Tra due mesi ne devo fare uno più importante, ma questo non toglie valore a questa esperienza.
L'ottimismo comincia da dentro, se sei pessimista invece tutto si spegne dentro di te.
Leila:
Quando sei ottimista ti apri ad ogni possibilità che la vita ti riserva, mentre se tu sei pessimista ti chiudi le
possibilità da solo.
Luca:
La realizzazione del film servirà a rafforzare nell'opinione pubblica, l'immagine e l'importanza del ruolo
educativo che ha la scuola?
Rachid:
Penso sì, ed è anche lo scopo del mio lavoro attualmente. Pochi documentari si sono interessati a quello
che fa la scuola in tutto il mondo ed in Italia ancora peggio!
Per questo vedo i presidi che si massacrano per poter trovare un minimo di soldi per i progetti scolastici
come questo. Mi sento responsabile come regista di far vedere cosa viene fatto in una scuola come questa.
A pochi interessa documentarsi e documentare circa la situazione della scuola in Italia, a me personalmente
interessa moltissimo.
Leila:
Siamo abituati a una struttura americana in quanto a cinematografia, nella quale la spettacolarità fa da
padrona, noi abbiamo voluto utilizzare un canone che giochi più sulla persona e sulla semplicità.
Maria Biasca (Castiglion Fiorentino)
Che ruolo ha per lei la musica che ha deciso di introdurre nel suo film?
Rachid:
La musica è importante perché in questo documentario parlo della band.
La musica è un dialogo che tutti capiscono, più delle lingue. La musica può unire tutti i ragazzi fra di loro,
nonostante le possibili differenze. Cerchiamo armonia nella musica, cerchiamo armonia nella vita!
La musica la possiamo udire la prima volta che ci baciamo, la udiamo quando ci sposiamo...!
Vi faccio io una domanda.
Queste iniziative che stanno facendo i vostri professori, i presidi, eccetera, servono o non servono, hanno
effetto su di voi?
Zaira:
Innanzitutto servono a tenerci a contatto con il mondo... come il progetto “Face to Faith”.
Abbiamo tanti progetti diversi oltre che questo ed il documentario, abbiamo il progetto sulla rilegatura dei
libri, quello dell'orchestra scolastica, e tante uscite che ci hanno mostrato contesti vari e di forte attualità...
tutte esperienze dedite a farci crescere!
Iacopo Maccioni:
Bene, io credo che possiamo concludere; avete passato una mattinata interessante e anche molto
impegnativa. Ma sulla base delle domande e delle risposte io proporrei un'immagine conclusiva.
Quanti sono i punti cardinali? Quattro?
Eppure i Maya sosteneva che i punti cardinali non fossero quattro ma cinque.
Quale potrebbe essere il quinto? ...Il centro.
Se quel centro non fosse l'uomo , non esisterebbe nessuno dei punti cardinali.
I punti cardinali esistono perché esiste l'uomo! La figura del maestro è l'uomo, nella sua globalità. Siamo
maestri gli uni degli altri. Voi siete maestri nel momento in cui noi cerchiamo di esservi maestri.
È l'uomo nella sua esistenza che crea l'esistenza delle cose, nelle nostre interazioni.
Siamo noi che cerchiamo di essere il centro, insieme agli altri.