Esercizi di Revisionismo

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Esercizi di Revisionismo
interviste
Esercizi di
Revisionismo
CONVERSAZIONE CON DEMETRIO PAPARONI
di Lucia Spadano
Foto di Valentina Glorioso
In alto: Demetrio Paparoni fotografato da Timothy Greenfield Sanders.
A sinistra: Dionisio González, Elegia 1938, 2008; Txomin Badiola, All
Redness into Blood, All Water Into Tears, 2005, 325 x 137 x 300
Nella foto in basso, da sinistra: Antoni Tàpies, Amor, A mort, 1980 (200,5
x 376 cm); Antoni Tàpies, Creu negra y diagonal, 1973 (270 x 200,5
cm); José Maria Sicilia, Black Flower, 1986 (270 x 270 cm); Antonio
Saura, Ponteja, 1962, 162 x 130 cm; Antonio Saura, Tani, 1962, 162 x
130 cm.
a mostra di arte spagnola España 1957-2007 curata
Probabilmente in Spagna cercavano un critico che non
fosse coinvolto in squadre, lobby o gruppi di amici, ma
da Demetrio Paparoni a Palermo, a Palazzo Sant’Equesta è solo una mia supposizione. L’incarico mi è stato
lia, è un progetto ambizioso nato dalla volontà del
dato per l’interesse che ha suscitato la mostra di arte itaMinistro de Cultura Spagnolo César Molina quando queliana che ho curato al Tel Aviv Museum of Art. Per
sti era ancora direttore in capo del “Cervantes”. Le opeEspaña ho avuto un supporto straordinario nel ministro
re, tutte di valore storico e di grande formato provengono
Cesar Molina, in Xosé Luis Canido, allora direttore de culquasi esclusivamente dai maggiori musei spagnoli. Quantura del Cervantes a Madrid, e in Anton Castro, allora dido ha optato per Palermo come sede di España 1957-2007
rettore del Cervantes a Milano. È anche grazie a loro che
(nell’idea originale il luogo prescelto avrebbe dovuto esho potuto avere opere gigantesche come quelle di Tàpies
sere Milano) Paparoni ha posto la condizione che la moo Millares, o di ottenere prestiti dal Reina Sofía e dai tanstra avesse un biglietto d’ingresso di sette euro (a poco
ti musei coinvolti. Il limite quando curi una mostra è semmeno di un mese dalla sua apertura sono già stati certifipre lo stesso: non riuscire ad esporre le opere che vorrecati diecimila visitatori paganti, un vero record in Sicilia).
sti.
Purtroppo in Sicilia, dove non esistono ancora veri musei
d’arte contemporanea regoLa tua scelta di ordinare e
larmente attrezzati e con un
Ormai i testi sui cataloghi sono
presentare grandi artisti cofacility report in linea con le
considerati sempre più spesso
nosciuti in tutto il mondo ed
istituzioni espositive museali
di tutto il mondo, non è scon- semplici decorazioni. Se vuole tornare altri un po’ meno noti, ma
senza dubbio significativi se
tato che si paghi per vedere
ad essere una figura credibile il
non irrinunciabili, entro raguna mostra. Questo spiega
tematici non
perché Paparoni, siciliano
critico deve porsi il problema della gruppamenti
può certo essere detta un
emigrato a Milano nel 1994,
senza dubbio il critico che comprensibilità di quello che scrive. espediente espositivo, o una
più ha fatto in Italia e all’este- Personalmente detesto il ricatto delle trovata curatoriale.
ro per l’immagine della sua
regione nel mondo dell’arte, avanguardie, basato sul principio che Anche la mostra di arte itaabbia voluto che la mostra da
se la gente non capisce è perché è liana al Tel Aviv Museum of
Art non suddivideva gli artisti
lui curata avesse un biglietto
ignorante.
cronologicamente o per lind’ingresso. Questo senso di
guaggi. Attribuendo un ruolo
responsabilità Paparoni se
centrale alla metafisica, la mostra comprendeva tre sel’è assunto ovviamente anche sul piano critico. Nella mozioni: Metafisica letteraria (che muove da Giorgio De Chistra España, piuttosto che dividere gli artisti e i loro linrico), Metafisica analitica (che muove Giorgio Morandi),
guaggi cronologicamente, per decenni – come normalMetafisica ironico-tragica (che muove Alberto Savinio).
mente avviene in questo tipo di mostre – ha individuato
Nell’opera d’arte il modernismo ha considerato il linalcuni tratti comuni del loro lavoro e li ha accostati per teguaggio (la sperimentazione linguistica) prioritario rispetmatiche. Le sezioni della mostra sono: Esistenzialismo bato al contenuto. Ma sono almeno settant’anni che gli arrocco, Chisciottismo tragico, Misticismo pagano, Tenetisti rielaborano i linguaggi delle avanguardie storiche, ribrismo ispanico e Astrazione simbolico formale. In tal
proponendoli in chiave diversificata ma non per questo
senso la mostra è il punto di arrivo di un percorso vigorosempre originale. Nella pittura degli anni ottanta questo
samente radicato nei secoli, che i grigi anni della dittatufenomeno è stato reso evidente per stessa volontà degli
ra franchista hanno a suo tempo parzialmente frenato in
artisti, ma l’arte dei decenni successivi, proprio perché
superficie, ma non certo arrestato o deviato. Perché è
aspirava a muoversi nuovamente nel solco tracciato dalstato scelto un critico italiano per curare una mostra di
le avanguardie storiche più sperimentali, ha preteso senarte spagnola?
L
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za riuscirci di sviluppare linguaggi “innovativi”. Il vero
elemento di novità è nel modo in cui l’arte risente degli
effetti della rivoluzione telematica, cioè delle strategie di
comunicazione di Internet e delle nuove concezioni di
marketing rivolte al mercato globale. Ma come tutti sanno la cosiddetta avanguardia è diventata sempre più di
massa, lo dimostra il fatto che la gente fa la fila per vedere una mostra di Matthew Barney o di Damien Hirst, che
sono artisti bravi ma non innovativi. In questo contesto, in
cui gli spostamenti linguistici sono minimi, il “contenuto”
dell’opera assume la stessa dignità del linguaggio, che di
sperimentale ormai ha ben poco. L’idea di una cultura
globale tende a trasformarci tutti in nordamericani. Ma
non è pensabile che la cultura di un popolo possa trasformarsi al punto da diventare estranea alla propria tradizione religiosa, alle proprie vicissitudini politiche, al
pensiero dei propri artisti, narratori e filosofi. In Spagna
l’arte di tutto il Novecento, così come quella dei nostri
giorni, fa spesso riferimento al lavoro di Velázquez o di
Cervantes, in Italia mai a nessun artista, che io sappia, è
venuto in mente di riferirsi a Caravaggio, Dante o a Petrarca. Se si vuole trovare un riferimento in una figura del
passato è a Machiavelli che dobbiamo guardare, ma più
che altro per la sua idea della politica.
La tua è un’idea affascinante sulla quale ci sarebbe molto da discutere, anche per via delle sue implicazioni sociologiche.
Gli effetti della rivoluzione telematica sono entrati nella
strategia delle ultime generazioni di artisti. In una logica
da marketing concentrasi su tematiche culturali non paga, perché non “buca” in tv e non trova spazio sui giornali a grande tiratura. Anche una parte della critica, vecchia e nuova, si adegua: preferisce inventare e alimentare finti litigi che servono solo a mettere in primo piano gli
autori e non le proprie idee. Il litigio e l’insulto sono stati
sin qui troppo spesso la strategia che consente di far parlare di un libro o di una mostra. Queste polemiche sono
vere e proprie armi di distrazioni di massa, servono a distogliere l’attenzione dalla mancanza di idee e dal fatto
che spesso la maggior parte dei testi critici sono vuoti di
contenuto o incomprensibili. Tutto questo ha screditato il
ruolo del critico, al punto che una rivista come Arte, che
è la più letta in Italia, quando recensisce una mostra di
gruppo non cita il curatore. All’inaugurazione di España
ne ho chiesto il motivo a Mario Pagani, caporedattore
della rivista Arte. Quando gli ho chiesto come mai la sua
rivista aveva pubblicato un servizio di sei pagine sulla
mostra, entrando nel dettaglio del progetto correttamen-
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interviste
larità, lo dimostra il fatto che nei suoi cataloghi e nelle
sue mostre prevede schede di spiegazione delle singole
opere che sono molto chiare e utili a tutti. Una scelta che
dimostra rispetto per il pubblico, e che per questo è apprezzabile. Tuttavia, la sua visione curatoriale implica che
egli non considera l’opera l’espressione di una visione
del mondo ma un incidente felice nella vita dei singoli autori. Io sono tra quanti pensano invece che la storia è fatta da singoli uomini con un preciso progetto che abbraccia ogni loro gesto e scelta: il concetto di Storia implica
contrapposizioni tra le diverse visioni del mondo. Nel modernismo il linguaggio è stato sempre l’espressione di
una visione del mondo e il fatto che negli ultimi trent’anni sono venuti meno i vecchi sistemi ideologici non significa affatto che il lavoro degli artisti si sia di colpo estraniato dalla Storia. Non a caso l’arte degli ultimi decenni
ha inglobato temi etici legati alla religione o alla biogenetica, che sono temi che dividono gli animi.
Da quello che dici si capisce
che non consideri la scelta di
Bonami – uso le tue stesse
parole – un incidente.
Da sinistra: Mateo Maté, Comodín, 1992 (170 x 240 x 100 cm); Rafael Canogar, El castigo, 1969 (169 x 110 x 54,5 cm); Javier Pérez, Un sueño largo (240 x 1.200, 200 cm).
te senza però dire che la moni del concettualismo. Sul
Bonami considera l’opera un
stra è curata da me, Pagani
piano della propria identità
mi ha risposto che tale scel- incidente felice nella vita dei singoli nazionale negli anni settanta
ta è dovuta al fatto che la riartisti spagnoli diventano
autori e non visione del mondo. Io gli
vista ritiene l’evento più imanonimi, diversamente da
portante di chi lo produce. sono tra quanti pensano invece che la quanto accade nei decenni
Se ci pensi bene la tesi non è storia è fatta da singoli uomini con un precedenti e successivi.
molto distante da quella di
Bonami quando sostiene che preciso progetto che abbraccia ogni Tu sei sempre stato una perè interessato alle singole
sona coraggiosa. Dividere la
loro gesto e scelta.
opere e non alla visione
mostra per temi e non per secomplessiva dell'intera produzione del suo autore. A chi
zioni cronologiche indica una presa di posizione teorica
verrebbe in mente di recensire un romanzo o senza citardotata di una buona dose di intuitività creativa e fondata
ne l’autore o un film senza citarne il regista? E perché insu una conoscenza approfondita della cultura non solo fivece questo può avvenire per una mostra di gruppo? Il
gurativa spagnola. C’è chi considera il curatore una sorta
fatto che una rivista con una così alta tiratura segnali modi nuovo soggetto, una sorta di figura monca in quanto instre con un progetto critico complesso senza citare chi le
capace di dare una lettura critica dei fenomeni. Nel precura è un segno che dovrebbe farci riflettere. Anche perparare España 1957-2007 ti sei sentito più un critico o più
ché aggiungere il nome di un curatore non cambia in
curatore?
niente nell’impaginazione di una recensione, dunque si
tratta di un segnale che porta in sé una precisa visione
In una mostra di questo tipo devi essere per forza le due
del ruolo teorico della critica. Ruolo che, a quanto pare,
cose insieme, altrimenti non puoi farla. Purtroppo l’aspetviene considerato del tutto superfluo. La questione rito curatoriale assorbe la maggior parte del tempo, non laguarda la perdita di credibilità della figura del critico. Se
scia molto spazio per scrivere un buon testo. La prima favuole tornare ad essere una figura credibile il critico dese del lavoro è (dovrebbe essere) elaborare un progetto
ve porsi il problema della comprensibilità di quello che
critico: se non hai un’idea di cosa cerchi è come andare
scrive. Personalmente detesto il ricatto delle avanguara tentoni nella speranza dell’incontro giusto. Sono stato
die, basato sul principio che se la gente non capisce è
rinchiuso per più di un mese nella biblioteca del Reina
perché è ignorante. La critica non è l’arte, il critico non
Sofìa e ho parlato molto con gli artisti. È sempre una lotgioca lo stesso ruolo dell’artista. Quando la gente non cata contro il tempo, che porta a una sorta di cannibalismo
pisce un testo è perché il critico non è capace di farsi catra l’energia che metti nell’elaborazione del progetto cripire. Fare della scrittura una nebulosa impenetrabile è la
tico (che dovrebbe precedere la ricerca delle opere) e
strategia che consente di sottrarre al giudizio il contenuquella che metti nel lavoro curatoriale vero e proprio. Ho
to dei testi. Bisogna riflettere sul fatto che se un romanconsiderato l’incarico di curare la mostra di arte spagnoziere non acchiappa il lettore può smettere di scrivere,
la l’equivalente di una borsa di studio che mi ha consenmentre un critico d’arte può permettersi di scrivere quatito di occuparmi per un anno solo di questo. Una mostra
lunque cosa perché sa che i testi sui cataloghi sono conimplica sempre un grande impegno e tanta energia.
siderati sempre più spesso semplici decorazioni.
Cosa pensi della mostra di arte italiana curata da FranceTorniamo alla tua mostra España. Non c’è il pericolo che
sco Bonami a Palazzo Grassi?
il tuo modo di procedere rischi di far diventare l’arte spagnola ancora più spagnola, dunque un po’ meno parteciPenso che le scelte di un curatore vanno sempre rispetpe di un percorso sovranazionale i cui tratti salienti, al di
tate, tuttavia questo non vuol dire che debbano essere
la di ogni facile accusa di hegelismo, sono oramai univerper forza condivise. Bonami ha poco meno di cinsalmente riconosciuti e altrettanto persuasivi quanto le
quant’anni e ha sviluppato una visione critica originale
tue fascinose categorie spirituali?
(ma, insisto, non per questo necessariamente condivisibile). Affermando che il suo interesse è concentrato sulLa forza dell’arte spagnola sta nel suo continuo ripiegare
la qualità delle singole opere e non sul lavoro complessisu se stessa. Il periodo meno interessante dell’arte spavo degli autori, Bonami fa un’affermazione forte. Egli cregnola è quello legato agli anni Settanta, che sono gli ande realmente che l’opera vada giudicata nella sua singo28 -
Penso a lui come a una persona intelligente e per questo ritengo il suo un progetto
lucido, inserito in un preciso
contesto socio-politico. Con
le sue scelte e con le sue dichiarazioni Bonami nega il
ruolo centrale dell’artista e
afferma che quel ruolo spetta oggi al curatore, cioè a chi
ha il potere di scegliere. È
chiaro che a suo avviso è il contenitore a conferire importanza al contenuto e non viceversa. Egli stesso accetta la tesi secondo cui c’è una distinzione tra il ruolo del
critico e quello del curatore, e secondo cui i ruoli non necessariamente devono convivere. È da anni che con le
sue scelte Bonami ci dà segnali precisi in tal senso. Il suo
principale punto di riferimento è Cattelan, artista il cui lavoro sul piano formale è molto interessante. Cattelan ha
sempre dichiarato che quello che fa è frutto di una strategia elaborata insieme a un gruppo del quale fanno parte anche Bonami e Gioni. Te l’immagini Jasper Johns o
Michelangelo Pistoletto che dichiarano che il proprio lavoro è frutto dell’elaborazione strategica di un gruppo di
lavoro? Una cosa del genere con quegli artisti non ti verrebbe mai in mente, e non perché questi non hanno avuto un’idea di marketing a sostegno del lavoro.
Qual è dunque secondo te il vero elemento di svolta tra le
generazioni precedenti e la nuova?
L’Italia va a destra, l’occidente va a
destra. E la destra da tempo ripete che
bisogna riscrivere i libri di storia, che
quelli in uso nelle scuole sono settari
e maldestramente di parte, dunque
falsano la verità degli eventi. Questa
stessa richiesta sul piano dell’arte
equivale a richiedere di riscrivere la
storia dando un ruolo importante ad
artisti come Annigoni.
Come ho già detto molti artisti dagli anni novanta in poi
non si propongono di prevedere e progettare il futuro,
ma seguono le indicazioni
che vengono loro dalla società, dalla politica, dalla filosofia. Pensa al lavoro di
Cattelan che mostra Hitler
che prega in ginocchio. È un
lavoro molto forte, visionario
perché mostra una situazione assolutamente improbabile. Un Hitler di cera è da
tempo esposto al Madame
In primo piano: Francisco Leiro, Capítulo XV Don Quijote apaleado por unos arrieros, 2005 (429 x 400 cm);
Sul fondo: MP & MP Rosado, Han dormido mucho tiempo en el bosque, 2002 (misure variabili).
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interviste
Tussaud di Londra ma non ha sollevato polemiche. La
mente la notizia è finita su tutti i giornali e, manco a dirlo,
questione si è posta invece nel momento in cui se n’è vosull’argomento sono stati invitati a esprimersi intellettualuto mettere uno anche a Berlino, nel nuovo museo delle
li e politici importanti. E più ne parlano i giornali più la
cere di Madame Tussauds. Cattelan mostra Hitler in gigente ne parla. Questa dinamica, presente nel lavoro di
nocchio mentre chiede perdono a Dio, nel museo delle
Cattelan, rimanda fortemente al lavoro di Gino De Domicere di Berlino siede alla scrivania del suo bunker pennicis (basti pensare al ragazzo mongoloide da lui esposto
sieroso, sconfitto. Alle sue spalle la mappa dell’Europa
alla Biennale di Venezia del 1972 ), ma anche a quello di
del ’44 indica che i russi stanno mettendo in scacco BerBoetti, e dimostra che esiste in arte una precisa tradiziolino. È interessante notare che il museo ha deciso di inne italiana.
cludere la figura di Hitler sulla base di una ricerca di mercato che ha stabilito che la maggior parte dei tedeschi la
In sostanza stai dicendo che Cattelan si muove nel solco
voleva in mostra, ma in una
della stessa tradizione di Piluce negativa. Sbaglia quindi
stoletto e De Dominicis.
chi pensa a Cattelan come a Ci sarà pure un motivo per cui artisti
un provocatore. Se fosse
Esattamente. Cattelan ha il
come Kounellis, Pistoletto, Merz,
stato un provocatore avrebmerito di dare continuità una
Paolini,
Boetti,
De
Dominicis
o
Fabro
be mostrato Hitler mentre
tradizione importante. Per
brinda all’ennesima strage di
hanno sempre preso le distanze da questo non comprendo come
ebrei, al posto del papa collui, Bonvicini, Airò o Gennari
pito da una meteorite ci Guttuso o Annigoni. Mettendoli nello possano accettare di esporavrebbe messo Khomeini. Il stesso calderone Bonami chiede loro re accanto ad Annigoni e
lavoro di Cattelan è invece
Guttuso. Si può dire che, per
di rinunciare alla proprie
strettamente correlato a
la sua impronta fenomenoloconnotazioni culturali.
quello di De Dominicis, Pistogica, il lavoro di Cattelan sta
letto e Boetti, è un lavoro fea quello di Pistoletto come
nomenologico.
quello di Pistoletto, inglobando lo spazio nell’opera, sta a
quello di Fontana. È proprio perché tiene in vita questa
Cioè?
tradizione che mi sorprende il fatto che Cattelan abbia
accettato di partecipare a una mostra accanto ad AnniPrendiamo come esempio i quadri specchianti, costituiti
goni, avallandolo e legittimandolo.
da una figura scontornata incollata a una superficie di
acciaio lucidata a specchio. La figura è l’elemento fisso,
Ma la statua nel museo delle cere non è un’opera d’arte!
tutto ciò che si riflette nello specchio è l’elemento variabile attraverso cui lo spazio, il tempo, le persone e il loro
Perché no? Perché non è esposta in un museo d’arte e
comportamento vengono incluse nell’opera. In questo
non è firmata? Chi l’ha realizzata ha studiato che espresmodo l’opera ingloba e studia i fenomeni. Consideriamo
sioni dargli, ha fatto precisi studi di fisiognomica, ha coora l’Hitler di Cattelan in rapporto a quello che è accadustruito un’ambientazione capace di stimolare delle riflesto recentemente a Berlino: dalle diverse reazioni del pubsioni. Ha agito cioè come un artista concettuale. Per non
blico, aiutate dal solito idiota perfettamente funzionale
dire che sul piano formale l’installazione è impeccabile.
alla pubblicizzazione dell’evento, possiamo studiare il
comportamento delle persone. Dunque sia la statua di
Va bene, ma questo cosa c’entra con le indicazioni che la
cera del museo di Madame Tussauds di Berlino sia quelpolitica dà all’arte?
la di Cattelan sono il pretesto per un’analisi fenomenologica dei comportamenti. Il giorno dell’inaugurazione del
C’entra eccome. L’Italia va a destra, l’occidente va a demuseo delle cere di Berlino c’è stato un tipo che ha fatto
stra. E la destra da tempo ripete che bisogna riscrivere i
saltare la testa a Hitler urlando “Mai più guerre”. Ovvialibri di storia, che quelli in uso nelle scuole sono settari e
Da sinistra: Carmen Calvo, En el centro, 1996, 250 x 4000 400 cm; Jordi Bernadó, Manolete, 2007, 180 x 230 cm.
Da sinistra: Juan Uslé, Rizoma mayor, 1998-1999, 244 x 305 cm; Juan Miró, Mujeres y pajaros, 1968, 245 x 125 cm; Juan Miró, Escritura sobre fondo rojo, 1960, 195 x 130 cm; Juan Miró, Personnage et oiseau, 1968; Juan Miró, Le Guerrier, 1970; Juan Miró, Personnage, 1970.
maldestramente di parte, dunque falsano la verità degli
eventi. Questa stessa richiesta sul piano dell’arte equivale a richiedere di riscrivere la storia dando un ruolo importante ad artisti come Annigoni. Nello stesso tempo,
esporre Guttuso accanto a Kounellis equivale ad annullare le forti contrapposizioni formali che hanno caratterizzato un epoca. Non va dimenticato che mentre Kounellis
o Pistoletto operavano sul linguaggio e sul contenuto in
chiave sperimentale, Guttuso, con il suo picassismo di
seconda mano dopo gli anni quaranta, è stato più funzionale al mercato che al dibattito culturale. Ma concentriamoci su Annigoni, che è un artista emblema, quanto me-
no tale è riuscito a farlo diventare Bonami tra giovani che
prima che lui lo ripescasse non lo avevano mai sentito
nominare. Con le sue scelte formali Annigoni si è messo
fuori dal modernismo, ma lo ha fatto per nostalgia. Anche
un artista come De Chirico ha dichiarato di voler stare
fuori dal modernismo, ma nello stesso tempo la sua arte
faceva riferimento alla psicanalisi. Ora, chiunque sa che
la svolta modernista ci viene dagli effetti della rivoluzione
industriale e dagli effetti della scoperta dell’inconscio. De
Chirico non era affatto un nostalgico, ed infatti, quando
purtroppo ha deciso di diventare la copia di se stesso,
quando ha avuto nostalgia di ciò che era stato, ha perso
ogni energia. Annigoni invece avrebbe voluto stare dentro il Louvre, ma per affermare che è possibile fermare il
tempo, bloccando le variazioni dei linguaggi. Bada bene
che ho detto “variazioni” e non “evoluzioni”. La questione non riguarda l’essere figurativi o astratti, usare la pittura o il video. Quello non c’entra nulla. La scelta di Bonami in tal senso è sottile, risponde a un progetto di revisione della storia dell’arte nello stesso modo in cui vorrebbe farlo la politica di destra oggi. Questo ritengo porterà a Bonami un consenso tra i politici di destra, e magari qualche incarico. Ma a quale prezzo per noi tutti?
Soprattutto Bonami rischia di creare un brutto precedente che porterebbe a un grave danno alla libertà del critico.
Sarebbe a dire?
Io non sono affatto convinto che artisti che credono ancora fortemente in se stessi accetteranno di essere accostati ad altri che vedono come una sorta di nemico di
classe. Se qualcuno di questi artisti dovesse adire alle vie
legali per difendere la propria reputazione, da quel momento ognuno di noi nel curare mostre perderebbe una
larga fetta di libertà.Una libertà che ci eravamo conquistati lavorando nel rispetto della dimensione culturale
dell’artista.
Quindi secondo te il fatto che Bonami abbia escluso dalla sua mostra artisti come Paladino e inserito Annigoni o
Guttuso, più che una scelta di qualità delle opere risponde a un progetto critico autorevole.
A rendere autorevole il progetto è la sede espositiva, Palazzo Grassi. Il discorso sulla qualità delle opere è un pretesto, o se preferisci una strategia critica. Penso che se
questa mostra avrà luogo così come è stata progettata
segnerà una svolta radicale avallata dal silenzio degli artisti coinvolti. Continuo a chiedermi com’è possibile che
personaggi dello spessore di Kounellis, Pistoletto, Paolini, Anselmo, Penone o Cattelan possano accettare una
cosa del genere. Continuo a chiedermi come avrebbero
reagito Emilio Vedova, Mario Merz, Luciano Fabro, Gino
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interviste
Ovvio che un curatore debba motivare le sue scelte.
Non è poi così scontato. Mi sono imbattuto in dichiarazioni di critici che mi sono sembrate strumentali. La valutazione del lavoro degli artisti non dovrebbe mai essere
dettata dalle nostre miserie personali. Non si può attaccare Cattelan quando in realtà si vuole attaccare Bonami,
così come si commette un gesto altrettanto ignobile se si
attacca Paladino per colpire Bonito Oliva. Il concetto di
qualità è soggettivo e non mi stancherò di ripetere che le
scelte di un curatore vanno rispettate, però nelle scelte
di Bonami per la sua mostra a Venezia c’è molta violenza.
Violenza?
In alto, da Sinistra: Antoni Tàpies, Grande Toile grise pour Kassel, 1964, 280 x 400 cm; Jaume Plensa, Freud's Children, 2002; Juan Muñoz, Dos
figuras, 1997; Jorge Barbi, Utensilo, 1989, 105 x 520 cm. In basso, da sinistra: Luis Gordillo, Alunizando, 2002, La fiebre verde, 2001, dittico, insieme 400 x 350 cm; Daniel Verbis, El ojo del huracán, 2006, tecnica mista e dipinto murale, cm 5 x 16 metri.
Ma certo! Gente come Kounellis, Pistoletto, Merz, Paolini, Boetti, De Dominicis, Fabro e tanti altri hanno messo a
rischio la propria intera esistenza con scelte che oggi sono di successo ma che in origine non necessariamente
avrebbero potuto esserlo. Non hanno ritratto nude le dame della borghesia romana e frequentato salotti mondani e sedi di partito istituzionali per ottenere privilegi. Ci
sarà pure un motivo per cui questi artisti hanno sempre
preso le distanze da chi aveva una visione del mondo e
una visione formale contrapposta alla loro. Mettendoli
tutti nello stesso calderone Bonami chiede loro di rinunciare alla proprie connotazioni culturali. Se la mostra di
arte italiana a Palazzo Grassi dovesse farsi così come è
stata concepita, penso che veramente potremo affermare che gli ideali di intere generazioni non contano più
niente. Quando era in vita Rothko rifiutava di partecipare
a mostre di gruppo o esporre nelle sale dei musei perché
riteneva che mettere le sue tele accanto a quelle di altri
ne falsava la lettura. Morto Rothko chi ha il potere di farlo usa i suoi dipinti incurante della sua volontà. Mi colpisce anche il silenzio degli artisti più giovani. Particolarmente eclatante perchè tra loro ce ne sono cinque o sei
veramente bravi e dunque si presuppone che abbiano
una forte personalità e dunque la loro scelta di accettare
Annigoni, Guttuso, Emblema e tanti altri minori come interlocutori è un segnale fortissimo su cui riflettere n
De Dominicis o Alighiero Boetti. La Transavanguardia, invece, come ha sempre scritto Achille Bonito Oliva, non è
stato un movimento ideoligicizzato, per cui il silenzio di
Chia o Clemente non mi sorprenderebbe.
Bonami dice che prima di muovere qualunque critica sarebbe bene vedere la sua mostra.
Non ho bisogno di vedere una mostra per sapere che Annigoni, Guttuso o Emblema sono artisti che non mi interessano. La questione, come ho detto, non riguarda la
qualità delle opere, perché ogni critico si prende la responsabilità di quello che espone e mi pare che Bonami
questo lo stia facendo. Bonami ha diritto di fare le sue
scelte come noi abbiamo il diritto-dovere di criticarle. A
me per esempio non piace il lavoro di Margherita Manzelli, ed è giusto che non mi piaccia, perché io amo pittori come Jackson Pollock, Jasper Johns, Francis Bacon,
Mimmo Paladino, John Currin e Jenny Saville. Le scelte
di un critico sono in qualche modo dettate da coerenza.
Per esempio, poiché mi sono occupato a lungo di arte
astratta e sull’argomento ho anche scritto un libro, poiché sono interessato a Joseph Albers, Barnett Newman,
Peter Halley e Domenico Bianchi è ovvio che mi interessi Patrick Tuttofuoco. E poiché sono sempre stato affascinato da artisti come Pistoletto, Anselmo o Penone è
ovvio che mi interessino Francesco Gennari o Micol Assael. Ogni critico dovrebbe essere sempre in grado di inscrivere ogni sua singola scelta all’interno di un discorso
complessivo che considera la parte in funzione del tutto.
6Da sinistra:Juan Uslé, Rizoma mayor, 1998-1999 (244 x 305 cm); Juan Miró, Mujeres y pajaros, 1968 (245 x 125 cm);
Juan Miró, Escritura sobre fondo rojo, 1960 (195 x 130 cm); Juan Miró, Personnage et oiseau, 1968; Juan Miró , Le Guerrier, 1970;
Juan Miró, Personnage, 1970. # [Foto Valentina Glorioso].
Vuoi dire che Bonami non ha le idee chiare?
Al contrario. Sostengo che ha idee e obiettivi chiarissimi.
A mio avviso sbaglia Bonito Oliva quando liquida Bonami
dicendo che non ha idee, che manca di un progetto critico. Attendo con molta curiosità di vedere la mostra di Palazzo Grassi e di leggere il suo testo che, mi auspico, vista la complessità del progetto, sarà un testo chiaro e
motivato. Certamente Bonami non se ne potrà uscire con
quattro cartelle. Lo dico senza polemica e nel rispetto
delle tesi altrui, perché un curatore a cui interessa la pittura di Margherita Manzelli e nello stesso tempo dichiara di non aver trovato una sola opera di Paladino che lo
interessi ha il dovere di motivare criticamente le sue
scelte soprattutto sul piano formale.
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