Editore Licia Piva Direttore Isabella Dallapiccola NUMERO

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Editore Licia Piva Direttore Isabella Dallapiccola NUMERO
NUMERO SPECIALE ANNO SCOLASTICO 2014/2015
Editore Licia Piva
Direttore Isabella Dallapiccola
Vice Direttore Silvana M. Baroni
Responsabile grafico Paola Occhi
ANNO 2004
Il Carduccino
2
ANNO 2005
Il Carduccino
3
ANNO 2005
Il Carduccino
4
ANNO 2006
Il Carduccino
5
ANNO 2007
Il Carduccino
6
ANNO 2008
L’ALCOLISMO, GRAVE PROBLEMA SOCIALE
“Più bevi, meno spendi”: ecco la “trovata” dei pub per richiamare i giovani
I
l SERT è un servizio massa corporea minore, quindi vi, ad esempio alcuni gesti e tutta la vita, la dipendenza ri-
pubblico e serve per trattare diverse dipendenze,
non solo quelle da droga
o alcol. All’interno di questo
servizio lavorano psicologi,
educatori e assistenti sociali.
Noi abbiamo parlato con tre
operatori, che lavorano nei luoghi di divertimento, come le
discoteche.
E’ vero che una persona può
andare in coma a causa
dell’alcol?
“Sì, perché è una droga, solo
che qui in Italia è legale, ma in
alcuni paesi è illegale, è una
cultura, una scelta di alcuni
paesi.
L’alcol agisce sul cervello e fa
scattare il meccanismo della
tolleranza; il fisico si abitua alla
quantità di alcol nel sangue, e
per avere gli effetti desiderati,
bisognerebbe aumentare la
quantità di alcol, ma questo può
portare anche alla morte, soprattutto per chi non è un bevitore abituale, perché ci sono
persone più predisposte ad avere problemi con la bottiglia
rispetto ad altre.”
Molti credono che le bevande
alcoliche
cosiddette
“leggere”, come la birra, non
danneggino la salute. E’ vero,
oppure nel tempo ci sono conseguenze?
“Dipende, perché in una lattina
di birra, in un bicchiere di vino
e in un bicchierino di vodka,
c’è la stessa quantità di alcol,
quindi la birra può avere gli
stessi effetti della vodka.”
L’alcolismo è una malattia?
“Sì, è una forma di dipendenza,
che va curata come una malattia, e può essere soggetta a ricadute, soprattutto nelle persone
più predisposte all’alcol.”
L’alcol agisce sulle donne in
modo diverso da come agisce
sugli uomini?
“No, la differenza si calcola in
base alla struttura; infatti la
struttura fisica delle donne ha
meno acqua di quella degli uomini, perché questi hanno una
meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione
dell’alcol. Le donne in gravidanza non dovrebbero bere
alcol, perché si trasmette attraverso il cordone ombelicale al
feto e può portare a diverse e
gravi conseguenze”.
Quali sono i sintomi psicologici provocati dall’abuso di
alcol?
“E’ tutto soggettivo, ad esempio un abuso consolidato può
provocare crisi d’astinenza,
perché l’alcol spegne il cervello, cancella ogni emozione e
alcuni ne abusano proprio per
questo motivo.”
Quando si diventa consapevoli che l’alcol sta diventando
una malattia?
“Ci sono diversi fattori indicati-
mane.”
E’ vero che i giovani che provocano gli incidenti il sabato
sera sono tutti ubriachi?
No, non sono tutti sotto
l’effetto di alcolici, ma gli incidenti in strada sono la causa più
frequente di morte tra i giovani
e, per la maggior parte dei casi
la bottiglia è la principale colpevole. Quando si esce la sera,
nel gruppo ci dovrebbe essere
la figura BOB, cioè una persona che non beve e che a fine
serata guida. Riaccompagnando
a casa gli altri, in questo modo
si potrebbero evitare molti incidenti.
E’ vero che l’età media delle
persone che abusano di alcolici diminuisce sempre di più?
E i genitori possono evitare
questo problema o è un fenomeno sociale già radicato nella mentalità giovanile?
“Sì, l’età è scesa. Già dagli 1112 anni si comincia a prendere
il primo bicchiere ed è preoccupante, perché potrebbe diventare un problema grave, ma non è
irrisolvibile, dipende dalla famiglia e dalle compagnie, ma di
solito i grossi dipendenti bevono da soli. E’ funzionale, perché “serve” alla persona, cioè
un individuo beve perché è
convinto di risolvere i propri
problemi con l’alcol.”
Che effetti ha l’alcol sui minorenni?
“Sotto i 16 anni manca
l’enzima che assorbe l’alcol,
quindi l’effetto tossico è magvoli che assumere alcol sta di- giore, e può portare a un metaventando una malattia sociale è bolismo più lento”.
già un gran passo avanti per
poter guarire.”
Claudio Conti,
Quando si invecchia, l’alcol
Chiara
Buzzoni, 2A
ha effetti diversi sul fisico?
“Può comportare una memoria
a breve termine, oppure, se una
persona è stata alcolista, si può
trascinare i problemi che ha
avuto in passato.
Alcune persone riescono ad
uscirne bene e non hanno problemi, ma per chi ha bevuto
alcuni comportamenti particolari l’isolamento sociale, più lentezza nei movimenti, oppure si
manifestano anche problemi
fisici, come male al fegato e
allo stomaco, perché il fegato
ha ormai assorbito troppo alcol
e si dilata. Ma l’essere consape-
Il Carduccino
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ANNO 2009
“ IL REALISMO DI GAUDÍ
E L’ EUROPA”
“Se pensiamo al futuro dobbiamo pensare anche all’intelligenza: per che cosa l’abbiamo?”, Con questa domanda è
iniziato il viaggio a Barcellona
di 50 ragazzi del liceo Carducci
spinti dai loro insegnanti “ oltre
le colonne d’Ercole”,da un incontro con il grande scultore
della “Sagrada Familia” erede
di Gaudì,ospite tra l’altro della
nostra città appena due mesi
fa,durante la mostra “Il realismo di Gaudì e l’Europa”presso
il Palazzo Municipale.
“L’abbiamo, per sapere un poco più in là del presente, qualcosa del futuro…, voi avete
l’intelligenza, la potete usare
per studiare, scrivere,in un foglio bianco.
Il problema
della società di oggi è
che non insegna le cose in ordine. Ci sono
molte cose,
tentazioni,
senza ordine che voi
potete imparare. La
verità è che
nell’educazione bisogna imparare tutto con ordine.
Gaudì aveva questa idea, disegnò un progetto, ma se non avesse
capito
la
storia
dell’Apocalisse nell’ordine esatto non avrebbe potuto. Gaudì costruendo questo tempio
seguì un ordine. In 32 anni di
lavoro ho appreso che guardando Gaudì non posso toccarlo, si
deve guardare dove
guardava lui e chiedere il suo cuore. Gaudì
diceva che l’uomo non
crea nulla,tutti pensano di poter creare
qualcosa, ma Gaudì
che era un grandissimo
creatore disse che
l’uomo non crea nulla.
L’uomo trova qualcosa
nella realtà e occorre
imparare ad osservare;
le persone intelligenti pensano
di poter cambiare il mondo e di
ricrearlo nella loro testa, ma il
mondo è così, non si può cambiare. Voglio che
impariate a stare
sempre di fronte
alle cose e a osservarle… Voglio
darvi un consiglio
per il futuro, per
la vostra vita; riceverete sempre
sofferenza nella
vita, ma questa è
una gran de occasione per aprire
un’altra
porta.
Dove
guardava
Gaudì? Guardava
alla felicità. Cos’è
Etsuro Sotoo la felicità? Denaro? Fama? No,
quello che ha scoperto Gaudì
è che la felicità non è per se
stessi,ma vivere in ragione agli altri. Questo è quello che
voleva
Gaudì:
attraverso
l’architettura dare felicità agli
altri: tutti lo possono fare nel
proprio lavoro”. Dopo un breve
“botta e risposta” in lingua spagnola, tra i ragazzi e Sotoo, al
suono degli scalpellini che continuavano il loro preziosissimo
lavoro, il grande scultore ha
così concluso: “Vi chiedo un impegno per il futuro, così come
Gaudì ha costruito la Sagrada
per la felicità degli uomini, anche voi attraverso il vostro lavoro impegnatevi a cercare la
verità attraverso l’ amore alla
realtà, proprio come fece Gaudì”. Il momento culminante
dell’incontro è stato quando
Sotoo stesso, stupito dalle domande di alcuni ragazzi, ha voluto regalare a ciascuno di loro
una piccola pietra della Sagrada, quasi a sigillare la promessa
a vivere “la vida” come Gaudì
ha costruito la “Sagrada”. Una
lezione di “vida” anche per gli
insegnanti nel vedere i loro ragazzi “incollati” alle parole di
“verdad” di Sotoo.
4G, 5G, 5B\H
Il Carduccino
8
ANNO 2009
Alunno Rossi: presente!!
Paolo Rossi torna nella
sua ex-scuola lo stesso
giorno del suo happening al Teatro
Comunale di Ferrara, per incontrare la
nuova generazione di studenti
dell’I.T.I. In più è stata, con immensa
gentilezza, data la possibilità
di ascoltare le domande di
alcuni ragazzi del Liceo Carducci. Di seguito è riportata
l’intervista del comico italiano.
DOMANDA RUFFIANA:
LEI NASCE A MONFALCONE, PASSA LA SUA
ADOLESCENZA A FERRARA ED È CONSIDERAT O
M I L A N E SE
D’ADOZIONE, MA LEI DI
DOV’È?
“Io sono di Terni (dice
scherzando). Mi sento legato
ad ognuno di questi luoghi, perché fanno parte della mia vita, ma se proprio
devo rispondere in maniera ruffiana,
allora rispondo Ferrara, essendo qui
oggi. Grazie al lavoro che faccio giro
molto e ogni luogo entra a far parte di
me, ma sostanzialmente di me fanno
parte i tre posti citati: Monfalcone,
Ferrara e Milano.”
L’ABBIAMO VISTA MESCOLARE
SPESSO DIVERSI TIPI DI ARTE:
DALLA MUSICA, AL CINEMA, AL
TEATRO E ANCHE ALLA TELEVISIONE. IN QUALE SI RICONOSCE
DI PIÙ?
“Io ho iniziato lavorando a bottega e
cercando di portare a casa l’affitto sperimentando tutto quello che potevo,
lavorando su tutto ciò in cui ero produttivo, posso definirmi perciò un artista eclettico. Siccome non riesco a fare
alla perfezione una cosa sola cerco
sempre di combinare tutte le mie doti
artistiche. Per esempio ultimamente ho
avuto la regia di un’opera lirica.”
PARLANDO DEL SUO LAVORO DI
ATTORE IN QUESTO PERIODO DI
TAGLI, COME LO VEDE NEL FUTURO?
“Il Ministro dell’Economia ha detto
che con la cultura non si mangia, io
devo dire che qualche merenda sono
riuscito a farla! Ma al di là della battuta, visto che si sente la mancanza di
cognizione di causa di chi ci governa,
e uso questa espressione come un eufemismo: voi vedete che quando si ac-
cende il teatro si accende tutta la città,
ci guadagna il bar vicino, ci guadagnano tutti, lo shopping, i negozi, eccetera. Io penso che la più grossa censura
che sia stata fatta negli ultimi anni non
è nei confronti dei comici: io se voglio
dire qualcosa, anche se mi tolgono la
luce e le telecamere qualcosa a cui aggrapparmi la trovo, che sia un faro, un
lampadario. La vera censura è stata
fatta alle ultime tre, quattro o addirittura cinque generazioni. In Italia al giorno d’oggi c’è un disfacimento così
totale che il ministro alla cultura è più
impegnato a mandare poesie a Vanity
Fair che a badare agli edifici di Pompei, infatti ha, giustamente detto, che è
successo qualcosa di simile anche
2000 anni fa sotto l’imperatore Tiberio
(pubblico ride). Uno dei mali di questo
paese è la mediocrità delle persone
che ricoprono degli incarichi importanti, perché hanno accettato di appoggiare con dei favori le persone giuste.”
COSA PENSA DELLA CENSURA?
PENSA CHE SIA SEMPRE GIUSTIFICATA?
“Io ho avuto a che fare con la censura
da quando sono entrato nel mondo dello spettacolo. Bisogna però dire che la
censura a volte può essere determinata
dal buon senso: io personalmente se
avessi il potere di effettuare della censura, la userei su quei telegiornali che
sono decisamente più volgari di un
film pornografico. La censura nei confronti della satira è impensabile, ma
oramai è tutto capovolto:
non puoi dire “censuro
chi dice che il re è nudo”
perché è il re che dice
“sono nudo, sono nudo”!
Se volessi ragionare per
assurdo, io censurerei
quei talk show sui delitti
di cronaca nera, perché
non ha niente a che fare
con la vita di tutti i giorni,
perché vuol dire avere a
che fare con la mancanza
di rispetto nei confronti di
persone umili che hanno
subito una tragedia.”
VISTO CHE LEI HA RECITATO
SHAKESPEARE, MOLIERE, COMMEDIA DELL’ARTE CREDE CHE
I CLASSICI POSSONO AIUTARE
A NARRARE IL MONDO CONTEMPORANEO?
“I capolavori sono capolavori. La persistenza fa parte del valore di
un’opera; qualcuno ha detto che basta
leggere tre libri nella vita: facciamo
Dante, Shakespeare e l’Odissea e trovi
argomenti sufficienti per altrettanti.
Dopo di che per un teatrante quando
lavora sul palco è favorito perché
l’autore è defunto, e non può dirti nulla.”
LE CHIEDIAMO DI SODDISFARE
UNA NOSTRA ULTIMA CURIOSITÀ: CI RACCONTA BENE LA STORIA, GIÀ ACCENNATA DA FABIO
FAZIO, DEL “MUSCHIO DEL
PRESEPE” NELLA SUA MACCHINA IN APRILE?
“Qua sono in un posto pubblico e mi
faccio una autocensura! Comunque ero
in macchina con una pianta solo da
decoro e, la polizia mi ha chiesto cosa
fosse e io dissi “muschio per il presepe” e mi han lasciato andare!”
Mattia Antico 4I
Camilla Lombardi 4A
Il Carduccino
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ANNO 2010
UNO SGUARDO ATTRAVERSO
LE SBARRE
I ragazzi del Carducci visitano la struttura penitenziaria di Ferrara
O
mar, Mohamed, Abdul,
chissà come si chiamava il giovanissimo detenuto che ci ha guardato
attraverso le sbarre al nostro ingresso nel carcere della città.
Lunedì, le due classi quinte dell'opzione sportiva, si sono recate alla
casa circondariale dell'Arginone
per incontrare il Direttore Dott.
Francesco Caciolla, il personale e
gli educatori che operano all'interno della struttura. Tutte quelle porte
che si aprivano e si chiudevano in
sequenza, davano un'idea di qualcosa di irreale: sembrava di essere
in una serie televisiva.
Il problema più grosso del carcere
ferrarese, come la maggior parte
degli istituti di pena italiani, è il
sovraffollamento: circa 500 detenuti ospitati contro i 250 posti disponibili, di cui il 55% circa stranieri.
Le celle di nove metri quadrati destinate a una persona sono state riadattate per ospitarne tre. Non sono
presenti detenuti diversamente abili, che vengono rinchiusi nel carce-
re di Padova che possiede attrezzature idonee a queste persone. La
"dotazione" è di 20 kg di oggetti
personali, fatta eccezione per i libri
che vengono conteggiati a parte,
per poter favorire lo sviluppo della
cultura. Possono vestirsi nel modo
che preferiscono.
La
maggior parte dei detenuti stranieri
non
porta
con sé indumenti,
per
queste persone vengono
donati
abiti da associazioni di
beneficienza. Ogni due
settimane
vengono effettuati controlli mirati nelle celle, che vengono letteralmente "messe sotto sopra", al fine di verificare che non ci
siano oggetti pericolosi, durante le attività invece, ovvero
quando
i
detenuti
non sono
presenti, gli
agenti effettuano la
"battitura
del ferro"
che consiste nel con-
trollo delle sbarre: se sono danneggiate emettono un rumore differente rispetto a quelle non danneggiate.
La struttura offre la possibilità ai
detenuti di partecipare ai corsi scolastici a partire dalla scuola prima-
ria, alla secondaria di primo e secondo grado, fino ad arrivare ad un
corso di laurea con precedente accordo con l'Università. Tale attività
ha luogo all'interno dell'area pedagogica, che offre aule, una piccola
biblioteca e tre aule di informatica,
nelle quali i detenuti guidati da alcuni educatori, sono i redattori del
giornale "Astrolabio" che ha uscita
bimestrale.
Classe 5 F
Il Carduccino
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ANNO 2010
“La donna che sbatteva contro le porte”
“Ho capito che non sono sola”
questa la consapevolezza che
ha raggiunto Marina Massironi,
grazie al suo ultimo spettacolo, “La donna che sbatteva contro le porte”, andato in scena
al Teatro comunale di Copparo.
Alle prese per la prima volta
con un monologo di questa portata, temeva di non farcela a
interpretare un ruolo così difficile.
La rappresentazione, infatti, è
una storia d’amore e di violenza in ambito familiare tratta
dal romanzo di Roddy Doyle,
dove una donna, Paula, vede il
sogno del suo matrimonio perfetto scomparire a causa di un
marito trasformatosi in orco
dopo la perdita del lavoro.
Lo spettacolo è fedele al romanzo?
“Sì, la sensibilità e la lievità del
libro pervadono tutto il nostro
lavoro: è impressionante come
Doyle sia riuscito a trattare dei
temi cosi impegnativi, senza
perdere il suo stile leggero e
piacevole. Anche il montaggio
temporale che abbiamo utilizzato sulla scena, per ricostruire
la versione dei fatti, è stato
fatto per discostarci dal libro il
meno possibile”.
Com’è stato interpretare una
storia del genere?
“Molto impegnativo, proprio a
causa della realtà di storie come questa. Per riuscire a interpretare al meglio il mio ruolo,
ho visitato diversi centri antiviolenza, dove queste vicende
vengono affrontate quotidianamente. L’unico modo per contrastare questo tipo di violenza
è parlare, e soprattutto chiedere, non far finta di non vedere i
lividi di queste donne maltrattate. Inoltre quando si tratta di
monologhi la grande difficoltà è
che bisogna giocarsela da soli,
è vero, e non ce l’avrei mai fatta senza il grande gioco di
squadra di tutto lo staff”.
Come ha trovato il teatro rispetto al grande e al piccolo
schermo?
“Non c’è un’esperienza particolare che sia migliore di
un’altra. La recitazione è un
percorso, un cammino: esistono
solo esperienze inutili ed esperienze utili, che aiutano a fare
passi avanti. Uno degli aspetti
più positivi del teatro è che è
più facile interpretare la reazione del pubblico, perché il
contatto fra attori e spettatori
è assolutamente diretto. In effetti, mi ha fatto scoprire chiavi che non sapevo di possedere.
Quando ho cominciato negli anni ’80, se si voleva lavorare bisognava fare cabaret: la comicità dava grande visibilità”.
E infatti ha esordito insieme al
trio di Aldo, Giovanni e Giacomo…
“Esatto. “Tre uomini e una
gamba” è stato il nostro primo
film in assoluto, ed è stato adrenalinico, emozionante. Non
avremmo mai pensato di riuscire a realizzare un lungometraggio tutto nostro!”
Come pensa che sia diventato
il mondo dello spettacolo oggi?
“È sempre stato un mondo duro. Ma una volta, per diventare
famosi si doveva fare un certo
numero di passaggi in televisio-
ne, se si voleva farsi conoscere;
oggi, grazie ai nuovi mezzi di
comunicazione questo non è più
necessario. In fatto di film, non
dovrebbe essere soltanto il nome famoso a favorire la diffusione, perché altrimenti si rischia di non premiare la vera
bravura, e lasciare molte pellicole “nella nicchia”. Quando
girai “Pane e tulipani” insieme
a Soldini – una persona che peraltro io stimo moltissimo – ne
vennero messe in circolazione
soltanto quindici copie: è stato
solo grazie a un passaparola se
ha ottenuto il successo, e ne
sono state create altre”.
Camilla Lombardi,
Matteo Scotti 5A
Francesca Cavecchia 5I
Il Carduccino
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ANNO 2012
I Ragazzi manichini
Muscolosi, solari ed
intelligenti, quasi la perfezione. Sono queste le caratteristiche ritenute
necessarie per essere assunto nel
negozio Abercrombie di Milano.
Grazie al
viaggio
d’istruzione alla città della
moda, è stato possibile intervistare uno dei “ragazzi
manichini” in orario lavorativo.
ATTUALMENTE CONTINUI GLI STUDI ?
“No, ma la maggior parte
dei ragazzi che ci sono qui
studiano all’università. Altri fanno corsi di lingue e di
psicologia”.
DA CHE ETÀ SI PUÒ
LAVORARE AD ABERCROMBIE?
“Dai 18 anni in su, ma il
commesso più giovane ne
ha 21. Penso di essere io
uno dei più vecchi”.
LE TUE PROSPETTIVE PER
IL FUTURO SONO QUELLE
DI RIMANERE A LAVORARE
QUI ANCORA PER MOLTO?
“No non penso. Io per esempio faccio il cantante e amo il teatro. Altri
studiano per diventare qualcuno o
qualcosa. È solo
un lavoro in più
per guadagnare e
mettere da parte i
soldi. È semplicemente una cosa
momentanea”.
COSA C’È DI
GRATIFICANTE NEL TUO
LAVORO?
“La maggior parte
dei ragazzi che
lavorano qui, sono modelli, abituati a fare foto e
cataloghi. Quindi ognuno di noi si
sente a suo agio”.
L’ESSERE BELLO E “USATO”
PER FARE FOTO, NON TI FA
SENTIRE UN OGGETTO?
“Ogni modello parte con il presup-
sull’aspetto fisico, ma anche sulle
conoscenze linguistiche, fondamentali per questo lavoro. Come importante è sapersi relazionare con la
clientela. Bisogna essere sempre
posto che le sensazioni che si provano sono le stesse di quando si
sfila. Siamo manichini che camminano”.
COME HAI AVUTO ACCESSO
AD ABERCROMBIE?
“Nel mio caso, ero venuto a com-
solari”.
QUANTO IL LAVORO INFLUISCE NELLA VITA PRIVATA?
“In nessun aspetto, essendo anche
la mia ragazza una modella. Riesce
a capirmi su orari e diverse difficoltà”.
TI È CAPITATO DI VIVERE QUALCHE EPISODIO
IMBARAZZANTE ?
“Si, mi è capitato una volta.
La mia ragazza mi era venuta
a trovare sul posto di lavoro e
una signora sulla quarantina,
cercava di flirtare con me. Mi
accarezzava il viso e non
smetteva più di chiedermi il
numero di telefono. Sono i
rischi del mestiere”.
prare vestiti e me l’hanno offerto.
Non penso si basino solo
Classe 2A
Il Carduccino
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ANNO 2012
LINGUE... IN FESTA
Francese, inglese, spagnolo, cinese un’educazione alla mondialità che motivazione e di arricchimento per
e tedesco: queste sono le lingue si propone come obiettivi lo svilup- gli studenti. La manifestazione
protagoniste dell’evento coordinato po, l’apertura, la sensibilità verso “Lingue… in festa” si è aperta con
canti, balli e poesie spagnole preparate dagli studenti del biennio del
corso L, che hanno ricreato il clima
tipico di Siviglia, meta del viaggio
di studio delle classi terze del nostro Liceo Linguistico. A seguire
molto suggestiva è stata
l’esibizione del corso N, la grande
novità del Carducci, l’unico Istituto
in regione che offre l’opportunità di
studiare cinese. Per la lingua inglese alcune presentazioni in Power
Point hanno esposto diverse festività del Commonwealth; le favole in
lingua francese e le poesie in tedesco hanno concluso lo spettacolo.
Per allietare i palati dei presenti, gli
studenti hanno preparato alcuni
dalla professoressa Lucia Albanese. altre culture e l’interesse per le pro- piatti tipici: quiche lorraine, apple
Martedì 12 marzo nell’auditorium b l e m a t i c h e gl o b al i . S c o p o pie, churros, crêpes e tortillas, solo
del Liceo Carducci di Ferrara si dell’incontro è stato quello di mo- per citarne alcuni.
sono confrontate culture, usanze e strare la presenza simultanea di più
piatti tipici dei diversi Paesi del modalità linguistico-espressive in
Classe 1N
mondo. In una società multietnica clima giocoso e rassicurante che
come la nostra è necessaria costituisce un’importante fonte di
IlIlCarduccino
Carduccino 13
7
ANNO 2012
Lillo e Greg si raccontano al teatro “De Micheli”
Nella vita ci vuole fortuna
“ Bisogna cogliere il momento giusto”
“Sketch e Soda”. È lo spettacolo che
il duo Lillo e Greg ha portato in
scena al Teatro De Micheli di Copparo. Protagonisti in vari programmi TV, attori al cinema, autori e
conduttori del fortunato programma “610” di Radio 2, cantanti e musicisti, sono legati nella vita da una
sincera amicizia.
In quale momento
avete
capito di far
ridere insieme?
“È difficile da
dire. Quando ti
presenti davanti
agli amici, ridono perché appunto, sono amici. In concreto
l’abbiamo
capito dopo il
fallimento
dell’A.C.M.E.”.
Come
avete
reagito
alla
chiusura della
casa editrice?
“Nel
febbraio
del 1992 eravamo entrambi senza
lavoro perciò abbiamo deciso di
provarci: ci siamo incontrati e abbiamo formato il nostro gruppo
prima musicale e poi comico. Ci
esibivamo davanti alla gente di
Roma, nei locali e, di certo, non
pensavamo di avere tutti questi
consensi. In realtà non sapevamo
neanche se avessimo potuto continuare, non ci aspettavamo un riscontro così dal pubblico e neanche
un pubblico così disposto ad ascoltarci e seguirci.”.
Quindi, com’è arrivato il successo?
“Abbiamo avuto fortuna, il passaparola ci ha reso un “fenomeno
romano” e da lì è iniziato tutto.
Siamo entrati nel cast de “Le Iene”.
Quando abbiamo iniziato, però il
programma non era come adesso:
l’audience era minore e di conseguenza anche la visibilità. Siamo
rimasti per tre anni e così abbiamo
potuto accumulare l’esperienza
necessaria”.
Tra le vostre presenze ai vari programmi televisivi c’è anche quella
a San Remo, come vi siete trovati?
“Quando ci hanno chiamati per
na”
Avete girato molte città: quale avete preferito?
“Beh, è difficile da dire. I nostri
impegni in realtà non ci hanno fatto viaggiare tanto e dal resto anche
per noi è difficile conducendo un
programma radiofonico che va in
onda tutti i pomeriggi, non possiamo permettercelo. La
più bella però rimane
la capitale. Anche se
noi due abbiamo visioni diverse della
città eterna: Greg
viene dal centro, io
dalla periferia e non
ci crederete, ma è
come abitare in due
paesi completamenti
diversi. I quartieri e
la città non erano
come adesso, le differenze erano più accentuate. Roma per
noi è comunque la
più importante, infondo è cominciato
tutto da lì”.
collaborare con Max Pezzali eravamo entusiasti, ma poi abbiamo capito che per noi era troppo caotico.
Nelle quinte c’è un gran movimento e noi ci sentivamo fuori
posto. Abbiamo trovato più
emozionante
partecipare al
concerto
del
primo maggio,
forse
anche
perché dietro a
quel giorno c’è
una storia che
sentiamo più
vicina rispetto
a quella della
canzone italia-
Chiara Quadrini,
Elena Morisi 2A
Il Carduccino 14
ANNO 2012
NOI SIAMO LA RIVOLUZIONE
Il Carducci tra i finalisti del “Premio Estense”
“B
reve
enim
tempus aetatis
satis longum
est ad bene
honesteque vivundum..”
“Anche una vita breve è abbastanza lunga per vivere con virtù e onore”
(Cicerone, “Cato Maior de Senectute”, XIX, 70)
Che cos’è il Premio EstenseScuola?
È un progetto organizzato ogni anno,
rivolto a tutti ragazzi delle scuole della
provincia di Ferrara. Gli studenti devono
produrre un elaborato sul libro vincitore
del Premio Estense, utilizzando creatività
e originalità, senza l’aiuto di persone
esterne alla scuola. Il libro vincitore di
quest’anno è “Noi Siamo La Rivoluzione”, di Federico Fubini.
I Compositori Sociali.
Questo è il nome che ha un po’
colpito e stordito tutti, quando è
spuntato in mezzo alle altre proposte. Il voto alla fine è stato
unanime: è nostro. Perché? I
nostri mattoni, così leggeri ma
allo stesso tempo importanti,
compongono la nostra storia, il
nostro passato, la nostra piramide, uno non può fare a meno
dell’altro, per il risultato finale.
zare meglio il primo e l’ultimo
capitolo; principalmente perché
parlano di noi. Li abbiamo sentiti più vicini, più “nostri”. I giovani siamo noi, ora, qui. I giovani sono tutt’intorno a noi, i nostri coetanei, perciò abbiamo
Un passato, un presente e un
futuro costruiti su ideali ancora
confusi, data la giovane età, ma
senz’altro permeati di voglia di
cambiamento. La musica è stata
una parte importante. E poiché
ognuno di noi ha la colonna sonora della propria vita, volevamo che questo progetto ne avesse una propria, una sua colonna.
La nostra creatività e
spontan e i t à
hanno
diretto
questo
progetto,
la nostra
voglia di
fare, che
Fasi del lavoro:
1. Formazione del gruppo di lavoro, analisi del testo e raccolta delle idee;
2. suddivisione in gruppi di lavoro autonomi, coordinati dai professori;
3. scelta di immagini di rivoluzioni e progettazione della piramide;
4. stampa di decalcomanie su magliette e
blocchi di gommapiuma per la struttura
della piramide;
5. componimento di un pezzo musicale
jazz con l’ausilio di pianoforte, sax e
chitarra acustica;
6. registrazione audio e video di interviste a ragazzi frequentanti il Liceo;
7. produzione di un video con sottofondo
musicale, interviste e coreografia relati-
dopo aver costruito la nostra piramide fatta di volti
e fotografie, ci hanno portato
ad
urlare
“RIVOLUZIONE!” come
un grido di guerra, avventandoci sul solido, scherzando e ridendo. Non è
stato solo giochi e scherzi,
è stata un’impresa dura per noi
ragazzi decidere su cosa focalizzarci, su quali parti del testo.
Abbiamo analizzato, scritto,
cancellato, riscritto. Proprio come una rivoluzione, il nostro
lavoro è nato da una scintilla,
un’idea, un semplice schizzo
alla lavagna fatto per scherzo,
ma che in realtà è stato il primo
mattone della nostra piramide.
Frasi tratte dal libro, pensieri,
riflessioni, ci hanno fatto comprendere che volevamo analiz-
voluto dare spazio alla loro voce, oltre che alla nostra. Abbiamo deciso di documentare la
loro opinione, i loro propositi
per il futuro, le loro speranze. I
gruppi di lavoro si sono divisi
autonomamente, procedendo
con fotografia, lettura, scrittura,
stampa e composizione di un
brano musicale. I professori sono stati i nostri direttori
d’orchestra.
Elena Tuffanelli
Gaia Pellegrini 2L
Il Carduccino
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ANNO 2013
Signore e signori: Angelo Pintus
«La felicità è sentire il pubblico mentre si apre il sipario
e una voce annuncia la mia esibizione»
Lucia
Bianchini, 4A
«I
l teatro è la mia casa,
la tv un hotel a 5 stelle, ma è sempre meglio stare a casa». Così risponde il comico Angelo Pintus
intervistato da alcuni studenti del
Liceo Carducci alla domanda se
«Credo sia nata con me: ho sempre
provato una sensazione meravigliosa sentendo ridere gli altri. E non
importa come io mi possa sentire
dentro davvero, l’importante è che
voi ridiate».
«Il mio rapporto è fantastico: io
non me la meno e le persone mi
salutano sempre con molto entusiasmo, con molta gente sembra di
essere amici da sempre».
Abbiamo letto sul tuo blog il post
riguardo ad una foglia che una
bambina ti ha regalato: come mai
tieni così tanto ad un oggetto apparentemente inutile?
«Non è un oggetto inutile, e non è
solo una foglia, è molto di più: è un
regalo fatto con il cuore e quella
bimba è meravigliosa. Da piccolo,
Che rapporto hai con i tuoi fans? alle elementari, ho regalato un portapenne a mio padre che avevo fatto con un rotolo di carta igienica:
quel portapenne è ancora lì…».
Qual è stata l’esperienza più bella
della tua carriera e quale la delusione più grande?
«Beh, la più bella quella con Fiorello qualche anno fa: indimenticabile,
lo seguivo da una vita. La più brutta? Troppe!».
Come sei entrato nel cast di
“Colorado”?
«A “Colorado” ho fatto il provino,
poi ero bello e bravo! Potevano non
prendermi? (Questa va letta con
ironia...ma nemmeno troppa …)».
preferisca il teatro o la tv, in occasione della tappa ferrarese del
suo nuovo spettacolo “50 sfumature di Pintus” presentato al Teatro Comunale. Un’intervista ironica con risposte inaspettate,
nulla di scontato come del resto
ogni sketch del comico di Colorado.
Da dove è nata la tua passione
per far ridere la gente?
Il Carduccino 16
ANNO 2013
Per un periodo sei
stato in coppia con
Max Vitale. Da
quando vi siete separati come è il
vostro rapporto?
«Gli pago gli alimenti …».
Cosa fa ridere i giovani?
«Beh, Pintus! I giovani, come ero
giovane io, hanno bisogno di essere
capiti e trattati meno da idioti: non
sono idioti ma giovani, e per farli
“Colorado”, abituati a fare pezzi
di 5 minuti, non riuscissero poi a
fare teatro. Il tuo spettacolo lo
smentisce in pieno, ma credi che
questo non sia vero anche per la
maggior parte dei tuoi colleghi?
«Bertolino ha ragione. Il problema
Hai mai fatto qualcosa in tv di cui è questo, che tutti vanno in tv senza
avere un bagaglio dietro che poi fa
poi ti sei pentito?
«Sì! Molti anni fa …».
la differenza. Meno male altrimenti
saremmo in troppi a teatro!».
In un’intervista che ci ha rilasciato qualche tempo fa Enrico Ber- Come nasce “50 sfumature di
Pintus”?
«Un titolo facile da ricordare. Ma il
mio spettacolo non ha nulla a che
vedere con i libro!».
ai contenuti o ai programmi concorrenti?
«Non si è dimezzato: negli ultimi
anni siamo passati da un 14% di
share ad un 11%, ma è normale.
Troppi programmi comici, troppi!».
Come uomo di spettacolo e di
successo ti avranno posto mille
domande, ma qual è quella che
non ti hanno ancora fatto e che ti
sarebbe piaciuto sentirti chiedere?
«Cosa è per te la felicità? La felicità per me è sentire il pubblico mentre il sipario si apre e una voce che
dice: “Signore e signori: Angelo
Pintus!»
ridere basta capire questo».
Hai fatto principalmente tv,
non ti piacerebbe fare cinema?
«Non credo di saper recitare, ma
credo che ci proverò».
A quali cabarettisti si ispira la
tua comicità?
«Nella mia vita mi sono ispirato a
tante persone molto diverse tra
loro. Oggi la mia attenzione è
tutta per un comico marocchinofrancese di nome Gad Elmaleh».
“Colorado” ha subito negli ultimi anni, dal 2012, un notevole
calo di share, arrivando nel 2013 tolino ha espresso un suo timore,
a dimezzarsi rispetto alle edizioni ovvero che i nuovi comici, rifeprecedenti. Credi che sia dovuto rendosi principalmente al cast di
Il Carduccino 17
ANNO 2014
Giorgio Perlasca:
Giusto tra i Giusti
Incontro con il figlio del salvatore di 5218 ebrei durante la seconda guerra mondiale
Lucia
Bianchini, 4A
«C
osa ha provato
quando ha saputo questa storia che suo padre non le aveva mai
raccontato?» Questa la domanda
che gli studenti del liceo
“Carducci”, durante l’incontro che
si è svolto lunedì 20 gennaio
nell’auditorium della scuola, hanno rivolto a Franco Perlasca, figlio
di Giorgio Perlasca uno dei Giusti,
coloro che durante la seconda
guerra mondiale hanno salvato
almeno un ebreo.
«Inizialmente rimasi un po’
“arrabbiato” per come l’ho scoperto» afferma Franco «nel 1988 sono arrivate a casa nostra due donne ebree ungheresi che cercavano
un diplomatico spagnolo Jorge
Perlasca. Assistendo all’incontro
mi sembrava di aver capito che
quando era in
Ungheria aveva
salvato due o tre
persone. Sono
entrato in crisi
quando ho scoperto che erano
migliaia. Mi sono chiesto se ero
io che non stavo
capendo ciò che
dicevano o se
per
trent’anni
non avevo conosciuto mio padre».
Giorgio Perlasca, un commerciante di bestiame padovano, si trovava per lavoro a Budapest quando
dopo la disfatta dell’esercito ungherese il Paese si era alleato con i
Russi venendo così occupato dai
Tedeschi. Successivamente con la
firma dell’armistizio l’8 settembre
1943 da parte dell’Italia, i cittadini
residenti anche fuori dalla nazione
dovettero decidere se giurare al Re
o se aderire alla Repubblica Sociale Italiana. L’uomo, seppure avesse aderito in gioventù al partito
fascista ed avesse partecipato alla
guerra civile spagnola e alla guerra d’Etiopia, giurò al re. Trovò
quindi rifugio all’ambasciata spagnola, visto che aveva con sé la
lettera firmata da Francisco Franco che attestava la sua partecipazione alla guerra civile e che gli
garantiva assistenza diplomatica.
Iniziò quindi insieme
all’ambasciatore Ángel Sanz Briz
a salvare gli ebrei Ungheresi dalla
deportazione fornendo loro un salvacondotto che garantiva loro la
protezione diplomatica e ospitandoli in “case protette” del ghetto
internazionale. Perlasca arrivò addirittura a fingersi delegato
dell’ambasciatore quando Sanz
Briz si trasferì a Berna e i Tedeschi tentarono di occupare una
casa protetta. In tutto l’italiano
salvò da morte certa 5218 ebrei
ungheresi.
Quando
l’Armata
Rossa liberò Budapest Perlasca
tornò in Italia e ricominciò la
vita di sempre. Scrisse però un
memoriale in tre copie dove raccontava l’accaduto: uno lo inviò al
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ANNO 2014
Governo Italiano,
una al Governo
spagnolo e l’ultima
la tenne per sé nel
suo cassetto. «Nei
primi anni Ottanta papà ha avuto
un ictus» ricorda Franco Perlasca
«e in quella circostanza aveva detto a mia moglie che cercando delle
carte nel suo cassetto avrebbe scoperto che anche lui aveva fatto
qualcosa di bello nella vita. A quel
manoscritto non abbiamo dato
molta importanza e quando papà
si è sentito meglio l’ha rimesso nel
cassetto». La storia di Giorgio
Perlasca è poi raccontata da due
giornalisti: Giovanni Minoli ed
Enrico Deaglio grazie alla trasmissione televisiva “Mixer” e al libro
di Deaglio “La banalità del bene”.
A lui sono state assegnate diverse
onorificenze tra cui la medaglia al
merito civile e la medaglia
dell’Ordine di Isabella la Cattolica, oltre ad essere stato riconosciuto come uno dei Giusti della
Nazione, a cui è dedicato un albero sul viale dello Yad Vashem. I
Giusti sono descritti in un racconto della tradizione ebraica che ne
fotografa l’immagine e il modo di
pensare: «esistono sempre
al mondo 36 Giusti, nessuno sa chi sono e nemmeno
loro sanno d’esserlo ma
quando il male sembra prevalere escono allo scoperto
e si prendono i destini del
mondo sulle loro spalle e
questo è uno dei motivi
perché Dio non distrugge il
mondo. Finito questo periodo hanno la capacità e
l’umiltà di tornare
tranquillamente alla
vita normale di tutti i
giorni, non raccontando nulla di quanto fatto, per un semplice motivo: ritengono d’aver svolto
solo il proprio dovere di uomini, nulla di più e nulla di
meno”. Ciò che di più ha
stupito gli studenti del liceo
“Carducci” è che Franco ha
sempre parlato del padre
chiamandolo Giorgio Perlasca. «Inizialmente avevo un po’ di
“risentimento” nei suoi confronti
per come avevo scoperto tutta la
storia. Negli anni successivi lui ha
iniziato a girare il mondo ed io,
anche se ero invitato, non andavo
quasi mai» spiega Franco «poi
papà nel 1992 è morto ed ancora
per alcuni anni ho continuato a
non andare a testimoniare, andavo
solo quando non potevo proprio
rifiutare. Poi ho deciso di passare
sopra a quella situazione e ho ripreso quella storia che consideravo importante e che non potevo
ignorare: era mio dovere ricordare
Giorgio Perlasca, perché era mio
padre e per quello che aveva fatto».A Giorgio Perlasca sarà inoltre
intitolato il nuovo Istituto comprensivo di Ferrara, ex scuola media “T. Bonati”.
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10 anni di Carduccino:
La parola ai ragazzi che ne hanno fatto la storia
Sara
Carletti, 3B
D
ue ragazzi, una
passione.
Due
futuri scrittori: Mattia Antico e Camilla Lombardi. Ex
caporedattori del giornalino della nostra scuola, ora
più che mai sono motivati a
continuare il loro percorso
nel mondo della scrittura.
Lui si cimenta a scrivere
racconti sul web, lei collabora con “La Nuova Ferrara” ed “Estense.com”. Ritornano oggi sulle pagine
del Carduccino, in occasione del suo decimo anniversario, con un racconto e un
augurio speciale a tutta la
redazione.
di Mattia Antico
RICORDO ONIRICO
C
hiusi gli occhi e mi addormentai dimenticando il computer acceso e infilandomi la penna nel
taschino della giacca.
In una steppa fatta di foglie morte e rocce enormi incontrai un essere mitologico
esorbitante, con il corpo da uomo e la
testa da drago. Quell’ibrido copriva i
suoi poderosi e fibrosi muscoli con una
languida maglietta a righe orizzontali
bianche e nere. Su di essa una grande
scritta: BRUTO. Dovevo sconfiggere
l’uomo-drago, ma la mia giacca era nera, i miei capelli crespi e castani e i miei
occhi profondi e scuri. Non ero il principe azzurro, non avevo nemmeno una
spada luccicante con me. Ma dovevo
sconfiggerlo. Non sputava fuoco, ma
aria calda che non mi faceva muovere.
Con me solo una penna a sfera. La sfilai
dal taschino, la puntai contro quel vento
sempre più rovente e cominciai a scrivere, a scrivere tanto. Inizialmente il nesso
logico delle mie parole non mi importava, con il tempo recuperai la consecutio
temporum e l’aria si fece sempre meno
pressante e il drago meno muscoloso e
più piccino. Vinsi io. Vinsi con una penna. Mi svegliai, la penna era tra le mie
mani. Da quel momento non volli più
viver come Bruto, tradendo persino me
stesso e stando seduto, mi alzai con la
biro stretta e decisi di inseguire la conoscenza e la virtù. Ecco questo fu il mio
ingresso nella scrittura e nel Carduccino.
di Camilla Lombardi
I
ndubbiamente servono passione e
forte motivazione per intraprendere la carriera di giornalista. E io sono a
malapena all’inizio di questo percorso,
ma posso senz’altro dire che contribuire
al giornalino scolastico a suo modo mi è
servito. Ora che ho finito il liceo collaboro saltuariamente con quotidiani come “la Nuova Ferrara” e la testata online “Estense.com”, e ripenso con una
certa nostalgia ai pomeriggi passati alla
redazione de “Il Carduccino” con altri
ragazzi animati dallo stesso interesse, e
alla soddisfazione di quei primi articoli
scritti e impaginati con le nostre mani.
Spero tanto che il Carducci continui a
coltivare questo spazio, che rappresenta
la voce degli studenti, e spero che gli
studenti futuri ne approfittino degnamente.
Il Carduccino
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