C`è un fascino misterioso nei ritratti di Antonello da Messina
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C`è un fascino misterioso nei ritratti di Antonello da Messina
C'è un fascino misterioso nei ritratti di Antonello da Messina: quello dello sguardo. In nessun altro pittore rinascimentale il personaggio ritratto è vivo, definito nei tratti somatici che indicano l'identità, ma poi delineati in un'espressione propria. Tipica, indimenticabile, che sembra interrogare e provocare il fruitore del quadro. Ed infine c'è lo sguardo: penetrante, vivo, diretto. Verrebbe da dire sfacciato. Uno sguardo per ogni volto che trasmette un messaggio che chiede di essere sostenuto, interpretato, compreso. Antonello “ruba” dai fiamminghi la luce e l'atmosfera. “Inventa” lo sfondo scuro per delineare la scena eliminando ogni disturbo (anticipando così, ed offrendo un'idea, a Caravaggio) ed ancora indaga in modo “laico” il mistero dell'uomo, anche quando raffigura il Signore Gesù o la Vergine Maria lo fa senza cedere nulla alle lusinghe del decoro religioso e restituisce sempre un volto vero, denso, carico di mistero ed inquietudine: dove anche la teologia più alta si legge solo in una vera, profonda antropologia. E' per questo che ci facciamo guidare da Antonello da Messina per questo viaggio nelle età della vita. Un itinerario di verità inevitabile, perché solo “guardando negli occhi” l'uomo, siamo in grado di iniziare il viaggio all'interno del mistero che siamo noi. Raccogliendo la sfida più alta di tutte: trovare un senso a questo inevitabile transito nelle età della vita, trovandoci un senso: o quanto meno cercandolo. Facendo dunque riferimento alle immagini di Antonello proviamo a discutere seguendo questa traccia di discussione, che unisce le immagini alle riflessioni del grande filosofo e teologo Romano Guardini (R. GUARDINI, Le età della vita, Milano (Vita e pensiero) 1986). 1) Il bambino pone in modo radicale il problema del senso e della libertà. Nello sguardo di un bambino c'è tutto: ogni strada è aperta. Ogni realtà è in qualche modo possibile. In questa situazione così potenzialmente infinita c'é il rischio di perdersi: un'infinita gamma di scelte in qualche modo paralizza. Quale sarà la strada di questa persona? Come potrà essere felice? Nelle tradizioni antiche a questa situazione vitale si risponde pensando, che esiste una strada buona per ognuno: che si chiami “destino”, “fato” o che, come nel caso della cultura ebraica, venga indicata dai genitori all'atto dell'imposizione del nome, che ha sempre un significato/augurio. E' chiaro che alla nostra sensibilità quest'idea del “destino” può sembrare scabrosa, perché nega la libertà personale. Ma dovrà pure esserci un mappa per chiarire in linea di massima il cammino di vita di una persona. E, restando nella metafora, è chiaro che partire per un viaggio come la vita senza una mappa e una bussola comporta il rischio massimo: quello di condurre un'esistenza assurda nella quale ogni passo è oscuro ed enigmatico, perché non si capisce dove conduce. Qual è dunque la mappa? Dove possiamo cercarla? 2) Il bambino, d'altro canto, ha bisogno di “essere introdotto” nel mondo non solo e non tanto in senso fisico (venire al mondo, nascere) ma anche e soprattutto per radicare la propria esperienza in senso oggettivo. Il bambino infatti non distingue la realtà dalla sua immaginazione: il mondo dalla rappresentazione che se ne fa in modo interiore: tutto è per lui “vero” allo stesso modo. Il tavolo come il lupo di Cappuccetto Rosso. E' il rapporto fondamentale con i genitori che permette al bambino di prendere coscienza, e quindi possesso del suo mondo: il loro compito è creare un ambiente protetto in cui questo passaggio possa avvenire in modo sicuro. Crescendo il bambino costruirà e poi distruggerà diverse rappresentazioni della realtà, fino a conquistare quella conforme al mondo: la verità. Scrive Guardini: “ne deriva per l'educatore il compito di lasciare il bambino libero di vivere secondo la sua natura e la sua iniziativa, e anzi, di spronarlo in questa direzione perché vi si abitui”. (Op. cit. p. 41) 3) I due punti su cui abbiamo riflettuto non sono in disarmonia: solo se il bambino ha un suo “disegno/progetto” da scoprire, può essere aiutato ed educato a scoprirlo. Se tutto si riducesse a pura potenzialità il bambino non averebbe un senso da realizzare, ma neppure i genitori un compito da svolgere: potrebbe far tutto l'istinto come negli animali. Ma davvero noi non “funzioniamo” in questo modo. Questo rende particolarmente affascinante l'immagine del “bambino” di Antonello da Messina: un bimbo che non è uno qualunque ma è Gesù. Dio fatto uomo. Per questo il suo sguardo è così penetrante. Il suo “destino”, la sua “missione” è chiara: ma ha bisogno comunque dei genitori per poterla raggiungere, compiere ed assumere in libertà. La storia di Gesù raffigurata da Antonello rappresenta quella di ogni uomo. 4) L'età dell'adolescenza e della giovinezza sono le più difficili da rappresentare. Si potrebbe impostare un cammino di storia dell'arte a partire dal modo in cui vengono rappresentati i giovani: parlare di loro, rappresentarli, significa in qualche modo immaginare il futuro. Antonello ci propone una sua icona tipica: lo sfondo nero fa brillare il volto di un giovane biondo: il volto, rappresentato di tre quarti, è magro, un po' scavato, gli occhi scuri, profondi, forse velati da un una vena malinconica guardano fissa l'osservatore, com'è prassi nei ritratti di Antonello da Messina. La giovinezza è l'età delle scelte, ma anche del tormento di doverle fare. Scriveva un prete educatore di Torino, qualche anno fa, che la vita di un uomo dipende esse essenzialmente da due o tre “si” e duo o tre “no” che si dicono una volta per tutte nell'età dell'adolescenza. Certo il problema è dirli questi “si” e questi “no”, in un mondo che non vuole si possano prendere decisioni ferme, che ha paura di dire “per sempre”, che immagina la vita come un video game al termine del quale si può sempre ricominciare. Ma se così fosse non si diverrebbe mai adulti. La libertà, infatti, “serve” per impegnarla in qualcosa, se no è inutile: come se uno comprasse una macchina bellissima e poi la tenesse sempre in garage coperta per paura di consumarla. E' libero chi sceglie, chi si dona, chi sa essere obbediente perché ha compreso il valore della persona che serve. I segnali di questo passaggio sono due: seguiamo di nuovo la traccia di Guardini: “La crisi interiore decisiva è provocata dall'irruzione dei due impulsi fondamentali costituiti dall'autoaffermazione individuale e dall'istinto sessuale”. Nel primo caso: “lo scopo di questo sviluppo è distinguersi, in quanto io, dagli altri: è porsi come persona libera e responsabile; è acquisire un proprio giudizio sul mondo e sulla propria posizione nel mondo, è diventare un io, per muoversi verso l'altro, per potere, in quanto 'io' dire 'tu'”. Un discorso che, come si vede, apre alla dinamica sessuale, che riconosce in un/a speciale altro/a la persona che definisce e suggella l'identità in quanto relazione: “Da questo sconvolgimento e da questo radicale cambiamento il giovane, divenuto adulto, dovrà uscire libero di essere se stesso e di realizzarsi nella vita. In questo frangente egli può incorrere in pericoli. In relazione alla personalità c'è il pericolo che egli non compia il passo verso l'autonomia e rimanga dipendente; o che persista nella ribellione e non impari cos'è l'ordine liberamente accettato. In rapporto alla vita sessuale c'è il pericolo che egli non trovi il coraggio di fare il passo decisivo e diventi incapace di farsi padre oppure madre nel senso pieno della parola. Oppure che egli soccomba all'istinto sessuale e vi si abbandoni, senza così giungere, nell'onore e nella responsabilità, all'amore autentico”. Davvero non stupisce che il volto di giovane dipinto da Antonello sia così sospeso: sospesa è questa fase della vita. Una scommessa di proporzioni straordinarie, che oscilla tra successo e fallimento, tra tutto e nulla. E' la primavera della vita. 5) “All'origine dell'età adulta sta il processo attraverso il quale l'uomo si è ben radicato nella sua persona e nel suo carattere, e si è pienamente inserito nella realtà che lo circonda, egli prende coscienza di cosa significhi 'stare in piedi da solo', ed è deciso a metterlo in pratica”. Così dice Guardini e Antonello da Messina, dal canto suo, ci propone un ritratto giovanile, detto “del marinaio” indimenticabile per l'intensità di un viso così spettacolarmente siciliano, solcato da un sorriso enigmatico: forse ironico, forse altezzoso, a cui fa eco l'alzata di sopracciglia che spalancano gli occhi in un atteggiamento di sorpresa. L'età adulta non dovrebbe più essere quella delle scelte ma delle realizzazioni. Impostata l'esistenza su scelte fondamentali d'identità e di relazioni l'uomo e la donna adulti vivono per realizzare il progetto/sogno che avevano fatto in gioventù. Spesso scoprendo lati nuovi ed inimmaginati di quella proiezione giovanile. Scrive ancora Guardini: “A questo punto si sviluppa ciò che si chiama carattere, cioè la stabilità interiore della persona, che non è rigidità e neppure sclerosi dei punti di vista e degli atteggiamenti; ma consiste piuttosto nella connessione delle facoltà attive del pensiero, del sentimento e della volontà con il proprio centro spirituale. Determinati valori assumono allora una particolare importanza: la coscienziosità nell'adempiere agli impegni assunti; l'attenersi alla parola data; la fedeltà nei confronti di chi ci dà fiducia; l'onore come senso infallibile di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto, di quello che è nobile e di quello che è volgare; la capacità di distinguere tra quanto è autentico e quanto è falso nelle parole, nei comportamenti, nel lavoro e nelle cose. È il periodo nel quale si scopre il senso della durata. Essa denota ciò che, nel fluire. del tempo, ha affinità con l'eterno: è ciò che costruisce, consolida, sostiene ed è costante. In questo periodo l'uomo scopre che cosa voglia dire istituire, difendere, creare una tradizione. Egli scopre quanta sterilità e miseria vi siano nell'abbandonare di continuo la linea d'azione fissata in precedenza, per ricominciare di nuovo da capo”. Insomma la caratteristica dell'adulto è la stabilità. E proprio per questo l'adulto, che ha maturato una scelta d'amore sicura, è in grado si assumersi la responsabilità di diventare a sua volta fonte di vita. Solo chi è uomo e donna in pieno, avendo assunto il vero controllo sulla propria vita, può diventare padre e madre e quindi assumersi un compito ed una responsabilità unici nella storia: quella di formare nuove persone alla vita. Questo è, forse, l'estremo significato del sorriso dell'uomo di Antonello: non un ammiccamento, come spesso viene letto, ma il sorriso di chi guarda la vita che continua. 6) Siamo così giunti all'ultima età dell'uomo: l'anzianità. Il quadro di Antonello presenta un uomo che, al solito, guarda in volto l'osservatore. Questa volta l'anonimo ritratto è vestito di rosso quasi a dire che la sua età è segnata dalla passione per la vita che è stata (che invece non c'è nel giovane e nell'adulto compresi nel vivere) e nemmeno nel bambino che, giustamente, è nudo: in quanto deve ancora rivestire i panni della vita. Ecco come Guardini parla dell'anzianità: “In seguito insorge un'altra crisi. Essa è connessa al fatto che l'uomo diventa vecchio: la chiameremo processo del distacco. La vita di un uomo, come lo abbiamo qui raffigurato, è satura di valori significativi. È quest'uomo che compie le opere che avranno autentica durata, perché egli costruisce nel posto giusto, agisce nel giusto contesto e non dipende dal successo effimero. Analogamente, in quanto persona, egli supera i propri condizionamenti con questa risolutezza d'animo e con aderenza alla realtà. Così la vita si fa più intensa e preziosa. Nel contempo, si impongono nuove esperienze, connesse al declinare dell'arco della vita e alla consapevolezza della fine. L'inizio e la fine sono dei misteri. La distinzione tra l'inizio della vita, la nascita e l'infanzia non significa che la vita prende le mosse da un punto di partenza lasciato poi dietro di sé, ma che questo punto di partenza accompagna la vita nel suo svolgimento. La nascita e l'infanzia sono elementi vitali nell'uomo: per l'individuo esse sono l'analogo di quello che per la storia universale sono le origini e di ciò che si venera nei miti della fondazione e nella figura degli antenati. Questo elemento agisce per tutta la vita, sino al termine defìnitivo. Inversamente, tuttavia, la fine agisce a ritroso sino al primo inizio. Del pari, l'attacco della melodia ne determina la forma in tutto il suo sviluppo successivo, così come anche la fine dà forma alla melodia percorrendone lo svolgimento a ritroso. La vita non è un affastellamento di parti, bensì una totalità che - con un'espressione un poco paradossale - è presente in ogni punto dello sviluppo. Così, la fine influisce su tutto lo svolgimento della vita: è la consapevolezza che la curva della vita declinerà e si arresterà, che ogni avvenimento muove verso un termine, che chiamiamo morte. D'altronde, nel corso della vita questa fine si esprime di volta in volta in maniera differente secondo il carattere di una data fase della vita. Il bambino ne è scarsamente conscio; il fattore della morte agisce in lui probabilmente in via indiretta, per esempio nella sua brama di vivere e nel suo bisogno di protezione. Nella fase della giovinezza, il senso della morte può evidenziarsi con un'irruenza tipica: ma allora assume più il carattere di una intensificazione tragica del senso della vita. Proprio il giovane, in effetti, va incontro alla morte con più disinvoltura, poiché la ricchezza della vita che si va incrementando fa del morire stesso un elemento della vita. La fase della vita che abbiamo chiamato età adulta tende più di tutte a dimenticare la morte. In questo periodo, l'uomo è talmente occupato dalle esigenze immediate, è talmente sicuro della sua forza e della sua autonomia, da riuscire a rimuovere più facilmente la consapevolezza della morte. Nella fase della maturità, il senso della fine si fa strada nell'esperienza del limite. Tuttavia, tale senso è qui trasformato nella risolutezza di cui si è parlato. Esso rende la vita densa, seria e preziosa”. L'ultima età, dunque, è quella più preziosa. Quella che sfronda il superfluo per risalire all'essenziale: dove “essenziale” non è il corpo ed il suo inevitabile declino, non la memoria, che naturalmente sfronda il troppo per mantenere qualche prezioso ricorso, non il potere che spesso è delegato agli altri, non il denaro, che appare più che mai nella sua assoluta funzione di mezzo; resta la relazione. Il vecchio vive di relazione (in questo molto simile al bambino) ma con una nota diversa: quella della saggezza. “Saggio” è chi, avendo assaggiato, ha compreso il gusto del vivere lo ha sviscerato ed ora, in modo unico, si fa guida umana per chi viene dopo. Il vecchio è colui che conosce la strada e la indica. E con gli occhi dei suoi posteri ha il privilegio di gustare un poco di quel futuro che non gli è dato di abitare. 7) Il vecchio è anche colui che dice la parola definitiva: quella che suggella e “realizza” la vita: cos'è stata questa danza con l'esistenza? Nulla o qualcosa? Si “scende nel gorgo muti” (Cesare Pavese) o si termina un cammino per immergersi nella speranza? Mai come sulla soglia della morte ha senso il pensiero di Dio. Per questo lo sguardo del vecchio di Antonello è severo: il passo è decisivo e non ammette dilazioni: tra il nero dello sfondo e lo splendore della luce, vibra il rosso del vestito che riecheggia la carne ed il sangue della vita. Vita e morte si sfidano da sempre a duello: chi avrà l'ultima parola? SCHEDA DI SINTESI Infanzia: Età della possibilità. Il bambino scopre il mondo in relazione ai genitori. Costruisce e distrugge le sue rappresentazioni psichiche per cercare la Verità. Cerca/scopre il proprio destino. Giovinezza: Età delle scelte. Il giovane dice due o tre “si” e due o tre “no” che lo segneranno per tutta la vita. Impegna la sua libertà un sogno che deve diventare un progetto di vita. Attiva la dinamica sessuale e, se la domina anziché esserne dominato, fa di questa il suo progetto più grande. Età adulta: Età della tenacia e della stabilità. L'adulto realizza, cioè rendere “realtà” i suoi sogni/progetti di gioventù. Domina: pensiero, sentimento e volontà, per temprarli in uno spirito forte. E' uomo/donna di parola, di fiducia, di tenacia: per questo è padre e madre. Vecchiaia: Età della saggezza Il vecchio “tira le somme della vita” avendola “portata a termine”. Consegna (tradizione) la vita a quelli che vengono dopo di lui. Accetta la sfida della morte e trova la verità sulla sua vita o ne è inghiottito. Questo duello si gioca sulle relazioni: la vita è relazione, originariamente relazione con Dio.