Jacques Cousteau, il primo divulgatore scientifico

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Jacques Cousteau, il primo divulgatore scientifico
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Silvia Iannello
9 giugno 2010
Cento anni addietro, l’11 giugno del 1910, a Saint-André-deCubzac, nei pressi di Bordeaux – non per caso sul fiume
Garonna, sulla costa dell’Atlantico e sul vasto estuario della
Gironda – nasceva Jacques Cousteau.
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Grande oceanografo francese e non solo: fu esploratore degli abissi marini
e navigatore ma anche celebre ecologista, documentarista e fotografo
esperto in riprese sottomarine, e vivace comunicatore scientifico.
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Figlio di un avvocato che viaggiava tanto per lavoro, iniziò a girare il
mondo sin da bambino; era uno studente vivace e curioso (disse: «La
felicità è conoscere e meravigliarsi»); convinto della fragilità dell’uomo e
della natura, aveva anche detto: «Se non morissimo, non saremmo in
grado di apprezzare la vita così come facciamo». Dopo aver studiato
presso il prestigioso Collège Stanislas di Parigi, divenne allievo della École
Navale di Brest e ufficiale cannoniere della Marina Militare, prendendo
confidenza con l’acqua e con gli sport subacquei, e sperimentando il primo
modello di occhialini per il nuoto subacqueo. Ideò anche l’aqua-lung (il
primo autorespiratore ad aria per immersione subacquea, che rese
possibile l’esplorazione sottomarina) e altri interessanti e preziosi presidi
subacquei, come la moderna macchina fotografica e la rivoluzionaria
cinepresa resistenti alla pressione dell’acqua. Un grave incidente d’auto a
26 anni mutò la sua vita: gli fu infatti consigliato per la riabilitazione il
nuoto e fu così che imparò a gustare le «meraviglie del mondo del
silenzio».
Nel 1937 sposò Simone Melchior, dalla quale ebbe i due figli Jean-Michel e
Philippe (che presero parte a molte delle sue avventure scientifiche). Dopo
la morte della moglie, sposò in seconde nozze Francine Triplet (con la
quale aveva già avuto i figli Diane e Pierre-Yves) che lo aiutò nel suo
lavoro scientifico.
Cousteau partecipò alla seconda guerra mondiale, sviluppando moderne
tecniche di sminamento dei porti e di esplorazione dei relitti (egli stesso si
definì un «tecnico oceanografico») e aprendo la via all’archeologia
subacquea (fu sua la spedizione di scavo su un antico relitto nel
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Mediterraneo al largo di Marsiglia). Lavorò con la Marina Navale francese e
nel 1950 fondò le Campagne Oceanografiche Francesi: gli fu affidato allora
dal milionario irlandese Thomas L. Guinness un dragamine della Royal
Navy inglese che, Cousteau chiamò “Calypso”, trasformandolo in un
laboratorio mobile di ricerca per missioni oceanografiche (si meritò così gli
epiteti di “Le Commandant”, “Captain Cousteau” e “Moschettiere del
mare”).
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Con la “Calypso” esplorò i mari e i fiumi di mezzo mondo (di quello che
chiamava il «continente blu»), divenendo un esperto di tutte le forme di
vita nell’acqua e producendo ben 50 libri di biologia subacquea e 120 filmdocumentari. “Il mondo del silenzio (Le monde du silence)”, diretto da
Louis Malle nel 1959 – certamente il documentario subacqueo più
importante mai realizzato – e incentrato su un magico viaggio per
l’Oceano Indiano e il Mar Rosso, vinse l’Oscar e la Palma d’oro al 9°
Festival di Cannes (ne fu tratto un libro, tradotto in 20 lingue e venduto in
5 milioni di copie).
Nominato nel 1957 direttore del Museo Oceanografico di Monaco, diede
vita a Tolone ad un gruppo di ricerca sottomarina, sperimentando
l’immersione di lunga durata e le prime “case subacquee” ancorate al
fondo, e creando sommergibili biposto da esplorazione che potevano
raggiungere profondità di 350-500 m sotto la superficie dell’oceano. Fu
ammesso alla United States National Academy of Sciences e ideò con un
gruppo di compagnie televisive americane (ABC, Métromédia, NBC) la
serie di film “The Underwater Odyssey of Commander Cousteau”.
Uomo di grande libertà interiore, spesso in polemica con l’establishment
politico, si spese per la diffusione della biologia subacquea, organizzando
importanti campagne pubbliche a sostegno della natura e contro i
programmi nucleari e lo scarico in mare di scorie radioattive, e a difesa
dell’ecosistema marino, del pacifismo e dell’animalismo (soleva dire:
«Ognuno ama ciò che gli piace, e ognuno ama quello che ci incanta…
Eravamo giovani quando ci siamo dedicati alla scoperta, all’esplorazione…
Eravamo giovani e pensavamo a noi stessi, alla realizzazione dei nostri
sogni. Poi siamo diventati adulti… Allora l’interesse maggiore è diventato
quello di raccontare le nostre esperienze, di coinvolgere gli altri nella
nostra avventura… Solo attraverso la divulgazione, la crescita dei singoli
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poteva diventare la crescita dell’intera umanità.»). Per questi scopi,
insieme ai due figli, fondò nel 1973 la “Cousteau Society”, organizzazione
non-profit che oggi conta più di 300.000 membri e che si occupa del
benessere della vita oceanica (disse: «Oggi abbiamo percorso il mondo in
lungo e largo, ne abbiamo svelato e raccontato i segreti. Ora bisogna
impegnarsi per conservare tutto questo…
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Bisogna lottare perché tutti abbiano diritto a una vita felice in un pianeta
ancora integro.»). L’”Alcyone” – un veliero con un nuovo sistema
propulsivo denominato turbosail, che prevede una fase di energia eolica –
divenne il vascello ufficiale della “Cousteau Society”.
Il 28 giugno del 1979 visse una tremenda tragedia umana: mentre la
“Calypso” era in Portogallo per una spedizione, il secondo figlio Philippe
(suo successore in pectore e co-produttore dal 1969) morì in un incidente
nel fiume Tagus, nei pressi di Lisbona; da quel momento gli fu vicino il
figlio maggiore Jean-Michel che collaborò con lui per circa 14 anni.
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Divenuto un ricercatore scientifico molto stimato a livello internazionale,
ricevette numerosi riconoscimenti tra i quali il premio internazionale
dell’ONU per l’ambiente, l’American Liberty Medal, il National Geographic
Society’s Centennial Award, e la nomina all’Académie Française (1989).
Con gran dolore del Comandante, l’11 gennaio del 1996 la “Calypso” fu
urtata e affondata da una chiatta nel porto di Singapore; disincagliata, fu
ricondotta in Francia e dovrebbe essere trasformata in museo. Nell’ultimo
periodo di vita, lacerato dai conflitti familiari tra il primogenito e la
seconda moglie per la successione e dai dissidi interni al suo team,
Cousteau – che era divenuto molto pessimista – soleva dire che un pianeta
ideale avrebbe dovuto avere un’umanità di non più di 100.000 persone,
educate a rispettare la natura e il mare. Moriva il 25 giugno del 1997 a
Parigi all’età di 87 anni; riportato e seppellito nella città di origine SaintAndré-de-Cubzac, gli fu dedicata la strada su cui sorgeva la casa natale
(che divenne “rue du Commandant Cousteau”).
Nel 1991 Cousteau aveva proposto una “Carta dei diritti delle generazioni
future” (che fu approvata dall’Unesco e che raccolse l’adesione di circa
100 Paesi nel mondo); essa tra l’altro recita: «Ogni generazione, nel
condividere in parte l’eredità della Terra, ha il dovere di amministrarla per
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le generazioni future, di impedire danni irreversibili alla vita sulla Terra
nonché alla libertà ed alla dignità umana.».
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