Sulla Strada

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Sulla Strada
SCRIVE MONS. MILINGO
(Traduzione dall’inglese di Luisa Donghi Magni)
USCITI DALLA CATEGORIA DI CELIBI, MA CON
DOLORE E SENSO DI UMILIAZIONE
South Korea 16 febbraio 2007
Il Vicario Generale dice a Jim Leewald:” Questa è una lettera di
Sua Eccellenza, lei è definitivamente ridotto allo stato laicale, non
sarà più il pastore dei suoi ex-parrocchiani: Non è più autorizzato
a pregare con nessun gruppo di questa diocesi poiché la morte non
può portare in vita i morti.”. Padre Jim quasi svenne davanti al
Vicario Generale quando prese dalle sue mani la lettera di congedo
e di laicizzazione: Nessuno sa dove andò a finire. Questa e altre
storie simili esprimono la sorte di molti preti sposati.
Ora io vorrei condividere con voi la mia profonda simpatia e
comprensione per i molti preti-sposati che mi mandano e-mails. Prima di
tutto vorrei mandare a tutti un semplice ringraziamento.
Ho vissuto con la convinzione di essere coraggioso, di non essere facile
al pianto, sempre pronto ad affrontare le avversità. Ma ora di fronte a
queste sofferenze mi sento debole. Anche mentre sto scrivendo questo
articolo a stento trattengo le lacrime. Voglio assicurare ai preti –sposati che
noi siamo nella via giusta reclamando il nostro dono del sacerdozio, datoci
da Dio, sacro per sua natura e divino sotto tutti gli aspetti. Mi sento però di
voler evitare altre citazioni altrimenti ciò che voglio dividere con voi
finirebbero per essere solo citazioni.
Ora vorrei fare brevi considerazioni sugli stati d’animo in cui possono
trovarsi i preti-sposati che vogliono condividere con me le loro sofferenze.
Vi sono quelli che, ridotti allo stato laicale, ricevendo una fredda
benedizione dai loro vescovi, non vogliono più saperne di loro. La
maggioranza si sente guardata come manipolata dalle donne. Alcuni
condividono la profonda sofferenza dei loro genitori che hanno desiderato
per tutta la vita di avere un santo tra i loro figli. “Quale regalo e
benedizione di Dio fu avere un “eroe” spirituale che si eleva al di sopra di
una comune vita sessuale; il celibato elevato ad uno stato di Angelica Virtù
vissuta da persona santificata”. Così essi credono. “E si aspettano
addirittura la canonizzazione dopo la morte”.
Nel giorno dell’ordinazione lacrime di gioia sgorgavano dagli occhi dei
genitori del novello prete. “Non vedevamo l’ora di vivere questo momento
tanto atteso” e aggiungono “finalmente è venuto il momento di ringraziare
Dio per l’aiuto dato a nostro figlio nel perseverare nella sua via e per aver
premiato l’intera famiglia che lo ha accompagnato con preghiere e
sacrifici”.
Questo Standard non può contenere tutte le storie del nostro giorno
dell’ordinazione. “Questo è stato il giorno”. Tutti lo sappiamo. Non
avevamo mai pensato di dover sopportare ciò che dobbiamo subire ora,
bussando alla porta della nostra Madre Chiesa che non ci riconosce più
come suoi figli. D’altre parte noi non stiamo più bussando, siamo “nella”
Chiesa e reclamiamo il diritto di usare i nostri doni sacerdotali per servire il
popolo di Dio.
La nostra Madre Chiesa non si rende conto dei grandi cambiamenti nel
modo di pensare del giorno d’oggi. Avverranno ancora molti cambiamenti
nel genere umano. Il monopolio delle credenze e conoscenze e la
convinzione di controllare la vita spirituale delle persone sono una
strumentalizzazione. La conoscenza della divina rivelazione non è più
limitata agli appartenenti alla categoria della Chiesa ufficiale.
Essi possono essere fortunati se Dio ha lasciato loro una piccola parte di
divina illuminazione. Mi sembra che anche questa piccola parte stia per
esaurirsi. La conseguenza è la totale oscurità della Chiesa per un breve
periodo.
Proprio come accade quando in uno spettacolo teatrale lo scenario
cambia. Quando la luce ritorna lo scenario prende una nuova forma che si
addice ai cambiamenti che stanno per avvenire.
Noi siamo consapevoli di questi cambiamenti che stanno per avvenire
nella Chiesa, è un segno che non dobbiamo rimanere in silenzio. E’ per
questo che stiamo lavorando con i rami secchi (le persone ai margini) nei
quali si muove lo spirito che dà nuova vita al mondo. “I morti non possono
dare vita ai morti”. Ha detto il Vicario Generale. I preti sposati non sono
morti. Sono stati congelati, privati della loro attività pastorale. Nel tempo
dovuto, che è ora, recupereranno il loro ministero sacerdotale con nuovo
vigore e zelo per la salvezza delle anime. E’ sicuro che non hanno fatto un
errore nella loro scelta di rinuncia al celibato per scegliere il matrimonio.
Hanno realizzato ciò che la vita sacerdotale doveva essere, essendo la
stato celibatario una eccezione.
Perciò noi dobbiamo amare la nostra vita famigliare in modo speciale e
mostrare alla Chiesa Cattolica una nuova filosofia di vita.
Altrimenti non serve richiamare l’attenzione del mondo sul fatto che
abbiamo basato la disputa del clero sposato su ragioni profonde allo scopo
di realizzare una vita più piena e più vera. Le nostre mogli hanno arricchito
la nostra vita ricambiando il nostro amore, hanno veramente riempito un
vuoto che era in noi e che ci stava lentamente consumando come un tumore
maligno. (Lettera dell’arc. E.Milingo all’arc. Brennan).
S.Pietro Crisologo nel suo sermone 147 parla del potere dell’amore. Ciò
che Dio ha portato nel genere umano, in origine, fu il Suo stesso amore
verso ciascuno di noi, e ciascuno di noi deve portarlo al nostro prossimo. Il
matrimonio è il fulcro e l’emanazione di questo amore divino.
Questa forza, questo impulso d’amore che l’uomo ha in sé, se condotto
male, può essere distruttivo. S. Pietro Crisologo dice ancora :”Se l’amore
non ottiene ciò che desidera, può uccidere chi lo prova. Oppure va in
direzioni sbagliate. L’amore può generare un desiderio così forte da poter
trascinare verso il male”. S. Pietro Crisologo parla di un reale conflitto nei
preti celibi che non sanno come soddisfare il loro naturale desiderio
sessuale e possono finire, come tutti sappiamo, “con sofferenza e
umiliazione”, “verso ciò che è proibito dalla legge del celibato”.
Se condannassero per “essere nel giusto” sarebbe accettabile. E’ poi
risaputo che spesso chi condanna un errore di un prete sta nascondendo lo
stesso errore. Così dice l’Istruzione della Fede 3-5
“Cerca la massima saggezza non a parole ma conducendo una vita onesta,
non a parole ma con fatti che nascono da un animo sincero e non da ciò che
ci deriva da indottrinamenti falsi” (da falsa religiosità).
Il celibato può diventare un “idolo” della Chiesa Cattolica. Migliaia e
migliaia di preti sono stati sacrificati ad esso. La riduzione allo stato
laicale spoglia un sacerdote della sua dignità Ma toglie dignità anche alla
Madre Chiesa. Essa costringe anche a lunghi processi di laicizzazione,
creando ulteriore ansia e disperazione. Questo non può continuare, deve
finire.
Arcivescovo Emmanuel Milingo
LA NUOVA BRECCIA DI PORTA PIA
Dopo i fatti di cui si è reso protagonista mons. Milingo, dopo
l’intervento del card.Hummes (“il celibato non è un dogma”) e dopo le
recenti consacrazioni di vescovi cinesi, resto sconcertato dalla scomposta
reazione dei mass-media italiani (soprattutto della T.V.) e del clero italiano.
E’ stato rimestato in modo scorretto l’annoso problema del
celibato che da secoli è croce e delizia del clero di rito cattolico a livello
italiano e mondiale.
Spesso si cade e si è caduto nell’equivoco di confondere le carte in
tavola. Non si tratta di consentire o meno ai preti di sposarsi, ce ne sono
tanti in tutto il mondo che lo hanno già fatto col permesso o senza il
permesso del Vaticano (con dispensa o no), apertamente o
clandestinamente. Il problema sollevato dai fatti riferiti all’inizio è di
rimettere in discussione una legge voluta dal Vaticano-Santa Sede, con un
articolo del Codice di Diritto Canonico, per chiedere per i preti la libertà di
scelta tra un ministero celibatario ed uno non celibatario che potrebbe
anche non comportare la scelta del Matrimonio.
Ed il mio sconcerto è stato aggravato dallo scomposto
accaparramento da parte di alcuni giornalisti televisivi e della Radio di
interviste con alcuni preti sposati italiani piuttosto conosciuti perché
militanti nelle file di VOCATIO.
VOCATIO è un movimento che da 30 anni si propone di sostenere
non solo i preti sposati, ma anche quelli in ministero che sono in difficoltà,
sostenendo la opzionalità del celibato - pur nel rispetto del carisma
celibatario che tantissimi preti vivono secondo il Vangelo senza tradimenti
e che va rispettato in quanti accettano e vivono come proprio Carisma – e
del servizio presbiterale, che non è affatto incompatibile col matrimonio,
senza cadere nel surrettizio e strumentale problema del servizio totale a Dio
e del cuore diviso e della difficoltà di accudire il popolo di Dio nel
ministero e la propria famiglia.
Chi ha di tali problemi interpelli quanti preti sposati da anni vivono
con grande ricchezza e dignità non solo la loro vita al servizio della famiglia
e di quella fetta del popolo di Dio che hanno scelto di servire gratuitamente.
La cosa che mi preoccupa è che alcuni carissimi amici sono caduti
nella trappola tesa da questi giornalisti incompetenti ed impreparati a
gestire un problema così gravoso e complicato per i tanti risvolti di cui solo
i preti sposati sono a conoscenza e sui quali MAI nessuno (né la
gerarchia,né parroci né altri) ha voluto sentirli perché sono ancora oggi
considerati degli “ex” o dei lebbrosi o traditori da non avvicinare, proibendo
loro ogni impegno in un servizio pastorale per lasciarli nella più totale
emarginazione ed abbandono.
Quanti preti che oggi si sono sposati, quando erano in ministero, lo
hanno fatto con grandissima dignità, correttezza e competenza ed ora da
sposati per la gerarchia cattolica non valgono più niente, niente per il fedele
servizio prestato alla Chiesa, niente per la loro competenza, per gli studi seri
ed approfonditi di teologia, per le prestigiose cariche assunte, per il fedele
Annuncio della Parola!!! Ed il cui ricordo è ancora positivamente e
piacevolmente tangibile.
Non vorrei sembrare scorretto verso questi giornalisti, ma come
giudicarli quando mettono in onda programmi televisivi addomesticati,
pilotati e preparati apposta per eludere il problema, per mettere in difficoltà
il prete sposato invitato e dare la parola soltanto a quelli, presenti numerosi,
in ministero con l’appoggio di personaggi della strada scelti apposta per
sostenere la tesi del celibato e confondere le idee?
Il mio sconcerto e rammarico è esploso per il modo capzioso e
scadente con cui è stata condotta la trasmissione su RAI2 “L’Italia sul 2” di
mercoledi 13 dicembre scorso, nella quale è stato chiamato il carissimo e
dignitosissimo prete sposato p. Fausto Marinetti.
Contro di lui si è scagliato in modo offensivo nientemeno che il
card.Tonini col suo modo clericale e untuoso di rivolgersi a p. Fausto che,
avvilito, ha avuto solo pochi minuti per replicare alle sue insolenze
schiacciato dal tempo raddoppiato concesso ai due preti presenti in studio.
Senza dire che sono state riportate e scelte apposta alcune interviste di
persone di strada che senza saperne niente si erano dichiarate a favore del
celibato e contro il matrimonio dei preti.
Che ne sa questa gente della dignità e della storia dei preti sposati e
della loro vita matrimoniale e dei loro problemi che non vanno
pubblicizzando ma vivono nella propria ricchezza interiore ed assieme a chi
sa capirli,comprenderli ed amarli?
Quanti di queste persone, giornalisti,vescovi,preti, si sono posti
seriamente di conoscere i problemi dei preti omosessuali, dei preti pedofili e
di quanti, pur restando ancora in ministero, hanno amanti e figli clandestini?
Quanti si pongono il problema della scarsità di vocazioni al
sacerdozio proprio perché tanti non se la sentono di accettare un celibato
obbligatorio che non sentono come proprio carisma?
Chi si pone il problema di tante suore che vivono in sofferenza la
propria vocazione mentre sarebbero delle mogli dignitose? Chi si pone il
problema di quei preti che hanno lasciato il ministero e che si trovano sulla
strada senza titoli,senza occupazione, senza nemmeno più ,l’insegnamento
della Religione Cattolica ed alla mercè di chi li assista e faccia loro
compagnia?
E’ facile per un vescovo o un porporato al sicuro della propria
stabilità occupazionale ed economica dire a un prete sposato “pregherò per
te” “Dio ti perdona se riconosci il tuo peccato”. Quale peccato? Quello di
amare una donna e realizzarsi non più in un ministero non più rispettato ma
in un’occupazione ed una via familiare santificata da un Sacramento per
molti oggi solo un accessorio!!
Spero che questa confusione e questo turbamento che stanno
tormentando la vita della gerarchia e di parte del popolo di Dio allaghino la
breccia aperta da mons.Milingo, dal card.Hummes e da VOCATIO, perché
in tempi brevi si giunga ad una regolamentazione più evangelica della
questione del celibato dei preti di rito cattolico (senza dimenticarci della
dignità dei preti di rito greco-ortodosso) e che nel rispetto del servizio
presbiterale ai fedeli, al popolo di Dio, alla Chiesa e nel rispetto del carisma
di ciascun battezzato che intenda scegliere il servizio sacerdotale, venga
deliberato il “doppio binario”quello di un presbiterato celibe e di un
presbiterato uxorato.
Don Renato Cervo (ass. Vocatio Via St. Anna 4 – Napoli - tel. 0815797867)
GLI AMORI CLANDESTINI
NEL 2003, IN SVIZZERA, SONO STATI RECENSITI 310 CASI
DI RELAZIONI CLANDESTINE TRA UNA DONNA E UN PRETE,
DI CUI 40 CASI NEL CANTONE DI FRIBURGO.
ALCUNE RELAZIONI ARRIVANO ALLO SCOPERTO,
MA IL 30 % RIMANE NELLA CLANDESTINITA’
Leggiamo questi dati sul quindicinale L’OBJECTIF di Friburgo del
6.4.2006 pg.3 a firma Pierre Jenny:
“Secondo il rapporto annuale 2002-2003 della Associazione ZOFRA
(Associane svizzera delle donne coinvolte dal celibato dei preti).
“ I numeri sono da leggere con precauzione perché rispecchiano solo una
parte della realtà….
Se alcune coppie hanno regolato il loro rapporto, tutte sono passate
attraverso una fase di clandestinità più o meno lunga.
E’ in queste situazioni che la ZOFRA viene in aiuto, su richiesta, alle
compagne dei preti, garantendo un assoluto anonimato.
Gabriella Loser Friedli, presidente dell’Associazione, che lei stessa ha
vissuto 22 anni la sua relazione nella clandestinità, ci spiega:” il primo
contatto avviene per telefono o attraverso Internet, quando la donna vive
una situazione insostenibile. Parliamo per vedere quello che è più
necessario nei tempi brevi: incontri, consigli giuridici, soldi, un nuovo
lavoro, un appartamento, ecc. Soluzioni pratiche. Disponiamo di una
grande rete di aiuto.
ZOFRA, da quando è nata nel 2000, si è fatta conoscere presso molti
medici, molti servizi sociali, presso molti studi di psicologi e di avvocati in
tutta la Svizzera….Quando un prete decide di abbandonare il sacerdozio,
l’Associazione lo aiuta a trovare un nuovo lavoro.
(…)
IL DNA del parroco
Un’altra problematica è quella dei figli nati durante la relazione
clandestina tra una donna e un prete. Ce ne sono una decina nel cantone di
Friburgo.
Quando una donna incinta ci viene a trovare, la prima cosa da fare è il
riconoscimento di paternità affinché il padre prenda le sue responsabilità.
Noi abbiamo già chiesto un test DNA di paternità per costringere un prete
a riconoscere suo figlio.
Il riconoscimento può essere fatto in modo anonimo e un’impegnativa che
regola le spese di mantenimento per ciascun genitore può essere stabilito
da un giudice di pace in modo privato.
Ma l’aspetto nuovo che ZOFRA ha dovuto affrontare è stato quello dei
figli che, diventando grandi, rifiutano di mantenere segreta l’identità del
padre. Abbiamo il caso di una donna i cui figli sono in uno scontro aperto e
che rifiutano la clandestinità loro imposta. Stiamo cercando di gestire
questo nuovo problema”.
a cura di L. Maestri
INTERVISTA AL CARDINAL
CARLO MARIA MARTINI
(da “La Repubblica” del 16 Marzo 2007)
"La Chiesa non dia ordini
serve il dialogo laici-cattolici"
dal nostro inviato ZITA DAZZI
Il cardinale Carlo Maria Martini
GERUSALEMME –
"Credo che la chiesa italiana debba dire cose che la gente capisce, non tanto
come un comando ricevuto dall'alto, al quale bisogna obbedire perché si è
comandati. Ma cose che si capiscono perché hanno una ragione, un senso.
Prego molto per questo". Raramente, il cardinale Carlo Maria Martini,
arcivescovo emerito di Milano, 80 anni compiuti da poco, ha fatto un
accenno così diretto, così esplicito, durante un'omelia pronunciata in chiesa,
a temi che agitano anche il dibattito politico nazionale. Ma non lasciavano
molti dubbi di interpretazione, le frasi pronunciate ieri sera, durante la
messa celebrata nella basilica della Natività di Betlemme, davanti a 1300
pellegrini arrivati al seguito del suo successore, l'arcivescovo Dionigi
Tettamanzi. Il cardinal Martini, parlando a braccio, fra gli applausi dei
fedeli, ha sollecitato la chiesa italiana a credere nel dialogo "fra chi è
religioso e chi è non religioso, fra credenti e non credenti" aggiungendo di
pregare "perché si raggiunga quel livello di verità delle parole per cui tutti si
sentano coinvolti".
Eminenza, a cosa si riferiva quando parlava della necessità di
usare un linguaggio che la gente possa intendere non come un comando
ma come una verità quotidiana?
"Credo che la chiesa debba farsi comprendere, innanzitutto ascoltando la
gente, le sue sofferenze, le sue necessità, i problemi, lasciando che le parole
rimbalzino nel cuore, lasciando che queste sofferenze della gente risuonino
nelle nostre parole. In questo modo le nostre parole non sembreranno cadute
dall'alto, o da una teoria, ma saranno prese per quel quello che la gente vive.
E porteranno la luce del Vangelo, che non porta parole strane,
incomprensibili, ma parla in modo che tutti possono intendere. Anche chi
non pratica la religione, o chi ha un'altra religione".
Lei ha sempre auspicato la nascita di una pubblica opinione
nella chiesa, con la possibilità di discutere, anche di non essere
d'accordo.
"Venendo a vivere qui a Gerusalemme io mi sono posto come se fossi in
pensione, fuori dai doveri pubblici. Mi sono posto l'impegno di osservare
rigorosamente il precetto del vangelo di Matteo, quello che dice non
giudicare e non sarai giudicato. Quindi io non giudico, perché con quella
misura sarei giudicato. Ma il mio auspicio va in quella direzione".
Molti pensano che la Chiesa sia in difficoltà di fronte ai
cambiamenti imposti dalla modernità.
"La modernità non è una cosa astratta. In verità ci siamo dentro, ciascuno
di noi è moderno se vive autenticamente ciò che vive. Non è questione di
tempi. Il problema è essere realmente presenti alle situazioni in cui si vive,
essere in ascolto, lasciare risuonare le parole degli altri dentro di sé e
valutarle alla luce del Vangelo".
Lei ha parlato recentemente della necessità di promuovere la
famiglia, un compito che ha definito "più urgente" rispetto alla difesa
della famiglia. Con quali azioni si può raggiungere lo scopo?
“Promuovere la famiglia significa sottolineare che si tratta di un'istituzione
che ha una forza intrinseca, che non è data dall'esterno, o da chissà dove. La
famiglia ha una sua forza e bisogna che questa forza sia messa in rilievo,
che quindi appaia la bellezza, la nobiltà, l'utilità, la ricchezza, la pienezza di
soddisfazioni di una vera vita di famiglia. Bisognerà che la gente la desideri,
la gusti, la ami e faccia sacrifici per essa".
Invece, in questa fase del dibattito politico, della famiglia
attuale vengono più facilmente lamentati i modi in cui essa si discosta
rispetto al modello ideale.
"Durante l'omelia ho parlato delle comunità che troppo spesso rimangono
prigioniere della lamentosità. Il Signore vuole che noi guardiamo alla vita
con gratitudine, riconoscenza, fiducia, vedendo le vie che si aprono davanti
a noi. Quando andavo nelle parrocchie a Milano, trovavo sempre chi si
lamentava delle mancanze, del fatto che non ci sono giovani. E io dicevo di
cui ringraziare Dio per i beni che ci ha concesso, non per quelli che
mancano. Dicevo che la fede, in una situazione così secolarizzata, è già un
miracolo. Bisogna partire dalle cose belle che abbiamo e ampliarle. L'elenco
delle cose che mancano è senza fine. E i piani pastorali che partono
dall'elenco delle lacune sono destinati a dare frustrazioni e non speranze".
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LEGGE NATURALE, STRADA SCIVOLOSA
Il papa ed i vertici della Conferenza episcopale (Cei) hanno fatto appello
all'immutabilità e alla normatività della «legge naturale» per opporsi frontalmente al
disegno di legge sui «diritti dei conviventi» (i Pacs/Dico) presentato l'8 febbraio dal
Consiglio dei ministri. Ma la storia della Chiesa dimostra che, su problemi capitali,
l'affermata linearità non è stata affatto mantenuta.
Ha detto, lunedì, Benedetto XVI: «La legge naturale. è scritta nel cuore
dell'uomo.. Tale è il principio del rispetto per la vita umana dal suo concepimento
fino al suo termine naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell'uomo
ma dono gratuito di Dio». In questo valore (come in altri: il dovere di cercare la
verità, di custodire la giustizia.) si esprimono, aggiungeva il pontefice, «norme
inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore e neppure dal
consenso che gli Stati possono ad esse prestare. Sono infatti norme che precedono
qualsiasi legge umana: come tali, non ammettono interventi in deroga da parte di
nessuno».
La Chiesa (ogni Chiesa, ma qui riflettiamo un momento sulla cattolica romana)
mostra non solo comportamenti, ma anche princìpi teoretici del tutto contrapposti a
quanto affermato da Joseph Ratzinger. All'alba del XIII secolo il papato era assai
preoccupato per la diffusione dei «catari» (detti anche «albigesi» perché il loro
centro era ad Albi, Francia del sud). Per stroncare tale movimento, giudicato seguace
di una «eresia» che sovvertiva la dottrina cristiana, nel 1215 il Concilio Lateranense
IV, guidato da papa Innocenzo III, stabilì: «I cattolici che, presa la croce [cioè: fattisi
crociati], si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi
privilegi che sono concessi a quanti vanno in aiuto della Terra santa».
Non importa ora stabilire se i «catari» avessero ragione o torto, se fossero
violenti o meno. Certo è che Innocenzo III ritenne giusto sterminarli (e, nella
crociata, furono uccisi a migliaia). Naturalmente, oggi non possiamo giudicare il
passato con il senno di poi, e con i nostri parametri culturali e giuridici. In quel
tempo, e con la mentalità di allora, il pontefice ritenne che l'eliminazione fisica dei
«catari» fosse il male minore per salvare valori maggiori. E, tuttavia il problema
rimane: come mai un papa e un Concilio proclamarono di dover porre fine alla vita
fisica dei «catari», così violando quella «legge naturale» che, ha detto Benedetto
XVI, sempre è stata e sempre sarà? Nel 2000 Giovanni Paolo II chiese perdono per
le «violenze» compiute nei secoli andati dai «figli e figlie» della Chiesa cattolica.
Atto importante; che, tuttavia, non approfondì le «violenze» sancite dal sommo
magistero, così sorvolando su una flagrante contraddizione.
Ma su un altro, e ben più vasto tema il magistero cattolico ha aperto un varco
contro l'affermata inviolabilità della «legge naturale»: quello della guerra. Per secoli
la Chiesa romana ha ammesso la «guerra giusta». Interi trattati precisavano quando
una guerra potesse essere «giusta»: per difendersi da un aggressore, per evitare mali
maggiori, per proteggere gli innocenti. Eppure il comandamento di Dio afferma «Tu
non uccidere»: non fa eccezioni. Per questo vi sono stati dei cristiani che, piuttosto
di uccidere, si sono lasciati uccidere. Ma il magistero ecclesiastico ha via via
modulato l'assolutezza del comandamento per affrontare la complessità della vita. E'
forse giusto lasciare che Caino uccida Abele? E' cristiano solo il nonviolento
assoluto, o anche chi all'aggressore armato risponde con le armi? Bastino questi
interrogativi per capire come le risposte siano difficili.
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Perciò lungo la storia papi e vescovi hanno imboccato l'ardua via della
«mediazione» tra grandi princìpi astratti e le tortuosità dell'esistenza. Anche perché,
spesso, opposti princìpi si scontrano: la mia vita, dono di Dio che debbo custodire
anche dinanzi all'aggressore, e il solenne «Tu non uccidere». Così lo stesso Concilio
Vaticano II non ebbe il coraggio - come pure chiedevano alcuni «padri» - di
pronunciare una condanna assoluta della guerra in linea di principio, ma lasciò
aperto uno spiraglio per giustificare la «guerra giusta». Eppure Giovanni XXIII,
nell'enciclica "Pacem in terris" (1963), aveva affermato che oggi la guerra «è fuori
dalla ragione».
Ma torniamo all'attualità. Affermando che Dio stesso ha voluto l'indissolubilità e
la sacralità del matrimonio, Benedetto XVI lunedì ha detto: «Nessuna legge fatta
dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società
venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento
basilare». Che fare, dunque, di fronte ad un matrimonio infranto? In molti Paesi lo
Stato ha affrontato tale realtà sociale, legalizzando il divorzio. E le Chiese? Quelle
ortodosse considerano peccato il divorzio; però, in nome della misericordia,
ammettono le seconde nozze in chiesa dei divorziati. Perché in questione non è il
principio dell'indissolubilità del matrimonio, ma la risposta concreta ad una
situazione concreta. Negando la possibilità di ricominciare da capo si verrebbe
infatti a dire che la Chiesa può perdonare, in nome di Dio, i pluriomicidi, ma non
può perdonare chi, infranto un matrimonio, vuole vivere una nuova e responsabile
unione d'amore.
Sono forse infedeli a Gesù, le Chiese ortodosse, con la loro prassi di misericordia?
Anche i nodi sottesi alla legge sui Pacs/Dico vanno articolati, proprio dai
cattolici, con il principio della «mediazione» che la Chiesa romana in altri campi ha
sempre invocato: la distinzione tra Dio e Cesare, la laicità dello Stato, il bene
comune, la salvaguardia della famiglia tradizionale, la tutela di altre forme di amore.
Si possono avere, in materia, idee diversificate; ma la storia della Chiesa dovrebbe
invitare alla prudenza coloro i quali ritengono che «cattolica» sia solo la loro
proposta, ed «eretica» quella di altri. D'altronde, se si presumesse che lo Stato
(laico!) nelle leggi che toccano la «etica» deve fare suo, come normativo, il giudizio
del magistero ecclesiastico, saremmo di fronte ad un Khomeinismo foriero di guerre
di religione.
Luigi Sandri
[L'Adige - Trento 17-2-07]
La questione del diritto naturale
non è una priorità per la Chiesa
che voglia essere annunciatrice
del messaggio evangelico,
il quale è più grande della natura,
e viene dalla rivelazione.
(da “IL FOGLIO” numero 340, mensile di
alcuni cristiani di Torino.
La sottolineatura è della redazione.)
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SE LA CHIESA SFIDA LA COSTITUZIONE
di StefanoRodotà (“la Repubblica”, 14 febbraio 2007)
È ormai evidente che le gerarchie ecclesiastiche hanno deciso di
collocare i loro interventi e le loro iniziative in una dimensione che va ben
al di là del legittimo esercizio della libertà d'espressione e dell'altrettanto
legittimo esercizio del loro magistero. Giudicano i nostri tempi con una
drammaticità che fa loro concludere che solo una presenza diretta, non tanto
nella società, ma nella sfera propriamente politica, può rendere possibile il
raggiungimento dei loro obiettivi. E cosi espongono anche i loro
comportamenti ad un giudizio analogo a quello che dev'essere pronunciato
sull'azione di qualsiasi soggetto politico.
Benedetto XVI ha affermato in modo perentorio che «nessuna
legge può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro
della società con leggi in netto contrasto con il diritto naturale». Ed ha
aggiunto che non si possono ignorare «norme inderogabili e cogenti che non
dipendono dalla volontà del legislatore o dal consenso degli Stati, ma
precedono la legge umana e per questo non ammettono deroghe da parte di
nessuno». Di rincalzo, il Presidente della Commissione Episcopale Italiana,
il cardinale Camillo Ruini, da almeno dieci anni protagonista indiscusso del
corso politico della Chiesa, ha annunciato una nota ufficiale con la quale
verrà indicato il modo in cui i cattolici, e i parlamentari in primo luogo,
dovranno comportarsi di fronte al disegno di legge sui "diritti e doveri delle
persone stabilmente conviventi", i cosiddetti "Dico". Così, in un colpo solo,
viene aperto un conflitto con il Governo, affermata la sovranità limitata del
Parlamento, azzerata la Costituzione.
Le parole sono chiare. Se nessuna legge può sovvertire la norma
indicata dal Creatore per la famiglia, la legittima approvazione del disegno
di legge sui Dico diviene un atto "sovversivo" del Governo. Se i
parlamentari cattolici devono votare secondo le indicazioni della Chiesa,
viene cancellata la norma costituzionale che prevede la loro libertà da ogni
"vincolo di mandato" e l'autonomia e la sovranità del Parlamento devono
cedere di fronte ad istruzioni provenienti da autorità esterne. Se non sono
ammesse leggi che non corrispondono al diritto naturale, la tavola dei valori
non è più quella che si ritrova nella Costituzione, ma quella indicata da una
legge naturale i cui contenuti sono definiti esclusivamente dalla Chiesa.
Il crescendo dei toni e delle iniziative, nell'ultimo periodo
soprattutto, rendevano prevedibile questa conclusione, peraltro annunciata
dal "Non possumus" proclamato qualche giorno fa. Viene così
clamorosamente confermata l'analisi che aveva colto nella linea della
Chiesa l'intento di realizzare molto di più di un provvisorio allineamento
della politica su una particolare posizione definita dalle gerarchie
ecclesiastiche, di cui i parlamentari cattolici divenivano il braccio secolare.
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L'obiettivo era ed è assai più ambizioso: una vera "revisione
costituzionale", volta a sostituire il patto tra i cittadini fondato sulla
Costituzione repubblicana con un vincolo derivante dalla gerarchia di valori
fissata una volta per tutte dalla Chiesa attraverso una sua versione
autoritaria del diritto naturale (non dimentichiamo, infatti, che il diritto
naturale conosce anche molte altre versioni, comprese quelle che non
prevedono proprio la famiglia tra le istituzioni discendenti da tale diritto).
Viene così travolto anche l'articolo 7 della Costituzione che, disciplinando i
rapporti tra lo Stato e la Chiesa, stabilisce che questi due enti sono,
"ciascuno nel proprio ordine", "indipendenti e sovrani". Nel momento in cui
la Chiesa proclama che vi sono "norme inderogabili e cogenti" che non
possono essere affidate alla volontà del legislatore, nega in queste materie
l'autonomia e l'indipendenza dello Stato e sostituisce la propria sovranità a
quella delle istituzioni pubbliche. Il patto costituzionale tra Chiesa e Stato
viene infranto, quasi denunciato unilateralmente.
Questo è il quadro istituzionale e politico disegnato con assoluta
nettezza dai molti interventi vaticani. Un quadro di rotture e di conflitti,
davvero sovversivo delle regole costituzionali, con una delegittimazione a
tutto campo delle iniziative di Governo e Parlamento che trasgrediscano ciò
che la Chiesa, unilateralmente, stabilisce come "inderogabile e cogente".
Sapranno le istituzioni dello Stato rendersi conto di quel che sta accadendo?
Non devono ritrovare solo l'orgoglio della propria funzione, ma il senso
profondo della loro missione, la stessa loro ragion d'essere, che ne fa il
luogo di tutti i cittadini, credenti e non credenti, comunque liberi e degni
d'essere rispettati in ogni loro convinzione, e in ogni caso fedeli, come
devono essere, alla Costituzione e ai suoi valori.
PAPA RATZINGER
NO PACS……NO DICO
NO PACS……NO DICO
NO PACS……NO DICO
NO PACS……NO DICO
NO PACS……NO DICO
“ Oddio, si è rotto il disco!”
Ai papi, ai vescovi e ai preti
è vietato sposarsi e quindi costruire una famiglia;
e poi sono sempre in cattedra
per difendere la famiglia…quale famiglia?…
Quella che registra 1 divorzio ogni 4 minuti!
14
“POSSUMUS”
Lettera aperta alla chiesa cattolica italiana
Il martellante intervento della Conferenza episcopale italiana (Cei),
guidata dal card. Camillo Ruini, contro il progetto di legge sui Dico (i diritti
per i conviventi) spinge anche noi ad intervenire, per affermare, non solo
come cittadini, ma anche come cattolici, la nostra ponderata opposizione
alla linea indicata dalla gerarchia cattolica.
Siamo convinti che non spetti a nessuna Chiesa e religione indicare ai
cittadini, e al Parlamento, la giusta interpretazione della “legge naturale”. In
tale interpretazione, del resto, la Chiesa romana si è contraddetta più volte
nel corso della storia, e potrebbe continuare a sbagliare anche oggi. Sua
missione, invece, insieme alle Chiese sorelle, è quella di annunciare
l’Evangelo di Gesù. Sembra invece che la gerarchia ecclesiastica voglia
darsi un ruolo surrettizio avocando in Italia l’egemonia culturale per
dirimere tutte le questioni riguardanti la vita, la bioetica e la sessualità.
Dopo il Vaticano II molti cattolici, uomini e donne (e, nel suo piccolo, il
movimento delle Comunità cristiane di base di cui facciamo parte), hanno
preso coscienza di essere parte viva e adulta di una Chiesa che il Concilio
ha definito “popolo di Dio”: in esso, dunque, pur nella varietà dei ministeri,
non vi sono né padroni né servi, e tutti hanno il diritto-dovere di esprimersi
pubblicamente su problemi che incidono nella comunità ecclesiale.
Per questo, mentre condividiamo le critiche dei “laici” contro la plateale
ingerenza dei vescovi negli affari dello Stato, che è laico, noi, proprio in
quanto cattolici, e per ragioni teologiche, affermiamo il nostro aperto
dissenso dalle prese di posizione della Cei che ci sembrano ben lontane dal
Vangelo che pone l’amore al di sopra di tutte le leggi..
Incoraggiamo tutti i parlamentari a votare secondo coscienza, alla luce
del mandato popolare ricevuto e nel rispetto della Costituzione, senza
piegarsi alle pressioni del card. Ruini appoggiato dal Vaticano.
Rispettiamo tutti coloro che plaudono all’iniziativa della gerarchia
ecclesiastica ma, nel contempo, invitiamo i cattolici in disaccordo con essa
ad esprimere pubblicamente il loro punto di vista.
Non pensiamo che la legge sui Dico sia perfetta; ma la riteniamo onesta,
opportuna e, comunque non confliggente con l’Evangelo.
Roma, 15 febbraio 2007
La Comunità cristiana di base di san Paolo
Via Ostiense, 152/B – 00154 - Roma
15
LE NUOVE PROSPETTIVE
DELLA SPERANZA
La speranza cristiana è stata intesa tradizionalmente come
proiezione verso un mondo trascendente, ideale, dove “ogni
lacrima, lutto, lamento e la stessa morte” hanno fine (Ap.21,4) e al
loro posto subentrano la felicità, la concordia, la pace.
Spiega il Catechismo:”Per la speranza noi desideriamo e speriamo da
Dio, con ferma fiducia, la vita eterna e la grazia per meritarla” (n.1843).
Senza perdere questa dimensione extra, la speranza cristiana ha
ricominciato a ricuperare, soprattutto dal Vaticano II (Gaudium et Spes),
una destinazione più immediata, riguardante l’uomo e la sua storia.
E’ senz’altro confortante protendersi verso un mondo superiore, perfetto,
ma occorre insieme preoccuparsi di portare a perfezione anche il mondo
presente, prima dimora dell’uomo e di quanti condividono la sua esistenza.
Per questo da Bonhoeffer e Moltmann si è cominciato a parlare di speranza
intramondana. Il credente è in attesa dei “cieli nuovi” , ma non può perdere
di vista “la terra” che pure aspetta di essere”rinnovata” (2 Pt.3,13.
Ap.21,1)
La speranza non è un vago, vano anelito; è presa di coscienza, senso di
responsabilità, impegno a dare il proprio apporto alla realizzazione del
“piano creativo” che termina sì nella “risurrezione”, ma che abbraccia
prima ancora la “creazione”, “la grande incompiuta” che Dio ha rimesso
nelle mani dei suoi collaboratori.
Il comando di “signoreggiare e dominare” (la terra) non equivale a un
assoggettamento dispotico del creato e delle creature (Gn. 1,28), ma a
prendersi cura della loro felice realizzazione. Il “paradiso terrestre” non è
andato sventuratamente perduto, attende solo di realizzarsi. Il testo di Gn. 2,
8-25 non è una pagina di storia, ma una grande”profezia” sui destini
dell’uomo e della storia. Paolo scrive:”Nessuno sa ciò che Dio ha preparato
per quelli che lo amano” (I Cor.2,9). Nell’al di là, ma prima ancora in
questo mondo.
Quando il Signore Iddio, scrive l’autore sacro, volle rimirare quello che
aveva realizzato nei “sei giorni” della creazione, vide “che tutto era molto
buono” (Gn. 1,31). Era il sigillo, il giudizio pienamente ottimistico
sull’opera compiuta. Certo abbondavano “triboli e spine”; anzi facevano
anch’esse parte del progetto, non erano cioè spuntate in un secondo tempo,
16
ma l’importante era sapere che erano destinate “presto” a scomparire,
grazie all’opera dell’uomo. Il suolo su cui i “progenitori” poggiano i piedi
non è ancora un “giardino”, ma non è nemmeno una “terra maledetta”
(Gn.3,17) e il “lavoro” che l’uomo è chiamato a prestare non è una
“condanna” (Gn. 3,18) bensì il prezzo, la condizione perché la terra arida,
“informe e deserta” , si riempia di “ogni sorta di alberi belli a vedere e
buoni a mangiare” (Gn.1,1; 2,9).
Il progetto è talmente ideale che le stesse “bestie selvatiche” , invece di
secondare i loro istinti beluini, si cibano come tutti i viventi, di “erba
verde” (Gn.1,30). Un quadro del tutto simbolico destinato a segnalare il
clima di pacifica convivenza , privo di sopraffazioni e di violenze, che
doveva caratterizzare la vita del ”giardino” che si identifica con il creato.
L’uomo ne è il “re” non perché lo può rimirare sovranamente dall’alto,
ma perché accetta di adoperarsi per tutta la sua realizzazione. Molto gli è
stato regalato, ma il più è quanto gli è chiesto di compiere per la felice
realizzazione del progetto affinché ne condivida la gioia e il vanto.
La speranza radicata nella bontà del piano creativo trova in Gesù una
convalida e insieme una riformulazione. Il “regno” che egli annunzia e si
prova a realizzare si chiama “di Dio” , ma riguarda innanzitutto l’uomo e il
suo habitat, chiamati a prendere una destinazione e una connotazione
sublimi. L’ordine, l’armonia, la perfezione che si suppone siano presenti nel
mondo superiore, “nei cieli” , un “giorno”, che nessuno sa quale, ma
“presto” (“oggi” precisa Gesù nella sinagoga di Nazareth), si ritroveranno
anche sulla terra (Lc.4,18).
L’uomo è stato, a volte, rimproverato di aver voluto dare la scalata al
cielo, piuttosto dovrebbe essere messo in guardia dalla tentazione opposta,
quella della pusillanimità, dell’oblio, della stanchezza, della pigrizia. I
codardi sono peccatori al pari degli idolatri e dei comuni delinquenti.
Occorre rinsaldare la fede, ma anche la speranza sua compagna
inseparabile; togliere gli uomini dal torpore e dalla sfiducia tenendoli aperti
alle possibilità illimitate che Dio ha posto nel mondo e nella storia e che in
Cristo hanno trovato la loro, almeno incipiente, attuazione.
Credere è un andare oltre le apparenze, ma il sostegno della fede è la
speranza poiché la tiene aperta verso il futuro di Cristo che abbraccia ogni
cosa.
La storia, nonostante tutto, non è al suo termine, a un passo dalla
conclusione. La “fine del mondo” (fisico) è solo apparentemente segnalata
nei Vangeli, che in realtà prevedono la retrocessione del mondo spirituale
17
antico per far posto all’affermazione, al trionfo di Cristo. “Venga il tuo
regno” , “Vieni Signore Gesù” , pregano infatti i primi cristiani.
I predicatori di sciagure non sono mai mancati e proliferano pure tuttora,
ma il credente non può farsi prendere dalle loro infauste previsioni. I pazzi
come i peccatori, certo, non mancano, ma occorre fare affidamento sui saggi
e sui buoni che pure abbondano.
Il cammino dell’uomo e della storia è ascensionale. Può sembrare che il
buon seme stenti a spuntare e a fruttificare, che la verità tardi a splendere,
che la luce non riesca a sopraffare le tenebre, che la malvagità, il male la
vincano sul bene, ma le apparenze non si identificano con la realtà. “Non
c’è più religione” , “E’ finita l’onestà”, si può sentire ripetere con
frequenza, ma non è vero.
Condannare il presente a vantaggio del passato che i più non conoscono
o non ricordano “significa non avere conoscenza della storia” ammoniva
papa Giovanni.
Il profeta Elia era convinto di essere rimasto solo a credere in Dio, ma
mentre si cullava su queste sue suggestioni, il Signore gli faceva “vedere”
altre settemila persone che non avevano piegato le ginocchia davanti a Baal
(I Re 19,18) . Ciò stava come a significare che i credenti anonimi avrebbero
potuto essere più numerosi di quelli registrati.
Le vicende dell’uomo e le vicissitudini del cosmo non sono forse sempre
rosee; non vanno tuttavia incontro a una catastrofe bensì a un futuro sempre
più radioso. Le loro possibilità di crescita e di sviluppo, materiale e
spirituale, sono senza limiti e senza fine.
I nuovi protagonisti che vengono alla ribalta, le così dette nuove
generazioni, sono senz’altro più fortunate, ma anche più equilibrate, più
sane e più sante dei loro predecessori. Si trovano davanti non a un baratro;
caso mai a una nuova era, quella dell’uomo cosmico interplanetario, alla
fine stellare che prenderà il posto del vecchio omuncolo terrestre. Sembra
fantascienza, ma intanto il “volo” che una volta, ai tempi di Dedalo e Icaro,
era follia, è stato ormai spiccato!
I cristiani sono stati abituati a ritenere e a ripetere che la figura di questo
mondo è transitoria (Cor. 7,31), che la vera abitazione dell’uomo è nei cieli
(Fil.3,20), che il mondo e le sue ricchezze sono più a servizio di Satana che
di Dio, che i veri valori sono quelli dello spirito, che occorre dare il maggior
spazio possibile alla contemplazione e alla preghiera che affaticarsi a
migliorare le condizioni esistenziali dell’uomo e dell’universo, ecc.
18
Affermazioni senz’altro tutte vere, ma non sono il tutto. Il tutto
coincide con l’intera realtà che è umana e infraumana, terrestre e celeste e
che non è chiusa negli stretti limiti degli individui e del piccolo mondo in
cui ciascuno si trova a vivere, ma fuoriesce verso orizzonti sconfinati.
Non per nulla i teologi medioevali definivano la speranza “exspansio
animi ad magna”, cioè verso le “grandi (proprio magnalia) meraviglie” che
Dio solo sa programmare e proporre al suo confidente privilegiato:
Ortensio da Spinetoli
“DIO E’ AMORE”
Papa Ratzinger scrive oltre 60 pagine sul tema “Dio è Amore”
poi toglie a mons. Milingo la pensione (dopo oltre 50 anni di
contributi) …..perché si è sposato!!!!
DIO E’ AMORE…
poi vengono scoperti documenti che dimostrano l’intervento del
card. Ratzinger, allora prefetto dell’ex-S.Ufficio, per istituire
una task force per appoggiare la campagna elettorale di Bush
(il presidente USA della guerra preventiva) nelle ultime elezioni
e così far perdere l’altro candidato Kerry.
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L’ORDINE SIMBOLICO DI GESU’

C’è un modo classico e collaudato per squalificare e dichiarare non
credibile una persona: dire che è “matta”. Può essere anche un meccanismo
di autodifesa: quando un uomo o una donna escono dagli schemi culturali
tradizionali della loro comunità, invece di interrogarlo/a per capire è più
facile giudicarlo/a “fuori di sé”, pazzo/a da legare, quindi da starci alla
larga, facendo attenzione a non farsi contaminare dalle loro idee.
E’ quello che l’evangelista Marco ci racconta di Gesù e della sua
famiglia, ai vv. 20 e 21 del capitolo 3: “Poi tornò a casa e di nuovo si
radunò tanta folla che non potevano neppure mangiare. I suoi, avendolo
saputo, partirono per impadronirsi di lui, perchè dicevano: è fuori di sé!”.
Ma una madre può verosimilmente dire di suo figlio che è pazzo per
salvarlo. Il capitolo inizia, infatti, con un confronto duro tra Gesù e i farisei
attorno ad un uomo con “la mano secca”: “Che cosa è lecito in giorno di
sabato: fare del bene o fare del male? salvare uno o lasciarlo perire? E
quelli tacevano”. Gesù lo guarisce e i farisei, appena usciti dalla sinagoga,
“tennero consiglio con gli erodiani contro Gesù sul modo di farlo perire”
(vv. 1-6). Questi propositi omicidi nei confronti di un uomo scomodo per il
potere non erano, con ogni probabilità, un segreto nell’entourage di Gesù...
dunque un motivo fortissimo di preoccupazione e di ansia per “i suoi”.
D’altra parte, l’infermità mentale, addirittura la semi-infermità, è ancora
oggi un’attenuante decisiva nei processi e nei giudizi, anche in casi di delitti
particolarmente efferati. Perciò è comprensibile che “sua madre e i suoi
fratelli” (v. 31) lo cerchino per riportarselo a casa. Davvero: non c’è nulla di
strano.
Ma Gesù è un adulto consapevole e responsabile: vuol bene a sua
madre e ai suoi fratelli, però ha fatto una scelta di vita da cui non intende
assolutamente recedere. Vuole andare fino in fondo, consapevole anche dei
rischi che corre e ai quali non si espone inutilmente. Ha le idee molto
chiare: la famiglia, con il passare degli anni, si allarga e, avendo scelto di
stare nelle relazioni con la modalità della cura, non può limitarsi a vivere
nella piccola cerchia della famiglia biologica. Tutte le persone che incontra
diventano partner di relazioni d’amore, di attenzione, di cura. Non solo: il
pensiero, quando vi si sofferma, vola ad abbracciare idealmente “chiunque”
(v. 35); questa pratica, nelle sue parole, diventa un messaggio di
universalità, che non conosce esclusioni.
Non è sempre stato così, Gesù. Anche lui ha incontrato una donna,
un giorno, che l’ha fatto riflettere: una straniera, una non-ebrea, che
parlando di figli e cagnolini gli ha fatto scoprire l’universalità delle
relazioni di aiuto (Marco 7, 24-30 e Matteo 15, 21-28).
Così adesso non stupisce che Gesù affermi: “Chi è mia madre e i
miei fratelli? E guardando in giro quelli che gli sedevano intorno dice:
Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque, infatti, fa la volontà di Dio,
quegli mi è fratello e sorella e madre”.
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Gesù esce dall’ordine simbolico patriarcale...
Il padre non è neppure nominato. Probabilmente Giuseppe era già
morto e, quindi, è comprensibile che non facesse più parte dei “suoi” che lo
cercano. Ma neppure la famiglia allargata, universale, di Gesù comprende
un padre: solo “fratello e sorella e madre”. Solo? O non è piuttosto, in Gesù
(e Marco ce lo racconta) una precisa indicazione di vita? una scelta
consapevole, che accompagna coerentemente quella di stare nelle relazioni
con amore e cura?
Elisabeth Schüssler-Fiorenza, nel libro “In memoria di lei” (ed
Claudiana), scrive in proposito alcune pagine di chiarezza esemplare (pagg.
174-178): “Dato che la nuova ‘famiglia’ di Gesù non ha spazio per i
‘padri’, essa implicitamente respinge il loro potere e la loro posizione e
sostiene quindi che nella comunità messianica tutte le strutture patriarcali
sono abolite. Invece di riprodurre il rapporto patriarcale della ‘famiglia’
nell’antichità, il movimento di Gesù esige una rottura radicale di questo
sistema”.
Approfondisce poi il discorso commentando il detto di Gesù
riportato dal Vangelo di Matteo al cap. 23, versetto 9: “Non chiamate
nessuno padre fra voi sulla terra, perché avete un solo padre celeste”. Scrive
Schüssler-Fiorenza: “Il nuovo vincolo nel discepolato di uguali non
ammette ‘padri’ e in questo modo respinge il potere e la stima che la
struttura patriarcale dava loro. (...) Il detto di Gesù usa il nome di ‘padre’
per Dio non come una legittimazione di strutture patriarcali di potere nella
società o nella chiesa, ma come un rovesciamento critico di tutte le
strutture di dominio. Il Dio ‘padre’ di Gesù rende possibile la ‘sorellanza
degli uomini’ (per usare l’espressione di Mary Daly), negando a ogni padre
e a ogni patriarcato il diritto di esistere. Nella comunità cristiana né i
‘fratelli’ né le ‘sorelle’ possono rivendicare ‘l’autorità del padre’, perché
ciò vorrebbe dire rivendicare l’autorità e il potere che spettano solo a Dio”.
Gesù, dunque, esce dall’ordine simbolico patriarcale, prende
simbolicamente (nel suo pensiero e nella sua predicazione) le distanze dalla
cultura della centralità dell’uomo, del potere, dell’autoritarismo, della
misoginia, dell’esclusione nei confronti di stranieri, pagani, donne, lebbrosi,
indemoniati, bambini, ecc... dalla cultura del pensiero unico e delle regole
esteriori imposte a scapito della compassione e della solidarietà...
L’altro mondo possibile, per Gesù, è quello in cui l’unica legge è
l’amore, declinato in tutte le forme possibili. E’ la cultura dei legami
amorevoli, empatici, conviviali, con “chiunque”. E’ un altro ordine
simbolico, dove regnano tenerezza e disponibilità, riconoscimento e
riconoscenza, cura e attenzione, ascolto e accoglienza e rispetto anche per
chi rifiuta... E’ il regno dell’universalità, dove non ha più senso
l’appartenenza ad un clan, a una nazione o a una religione: “chiunque”, cioè
21
ogni uomo e ogni donna che vengono al mondo, dovunque nell’universo,
“mi è fratello e sorella e madre”.
Io riconosco qui quello che il pensiero autorevole delle donne del
femminismo, in particolare di Luisa Muraro, ha chiamato “ordine simbolico
della madre”.
... Ed entra nell’ordine simbolico della madre
Non ci conosciamo, ma possiamo sviluppare la consapevolezza di essere
strettamente imparentati, pur a migliaia di chilometri di distanza, con donne
e uomini che vivono all’interno di questo ordine simbolico, quello della
“volontà di Dio”.
Che Gesù descrive spesso e volentieri con la formula del “primo e
grande comandamento”, quello dell’amore, che sintetizza bene la sua vita e
il suo insegnamento: amare Dio e amare il prossimo. E’ il testamento
spirituale che Gesù, nel vangelo di Giovanni, affida a discepoli e discepole:
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni le altre come io vi ho
amato”.
Come dice bene Schüssler-Fiorenza, nell’ordine simbolico della
madre resta potente la presenza di un padre: quello che molti e molte
continuano a chiamare Dio. Dio è padre, nel linguaggio evangelico e, con
ogni evidenza, nel linguaggio e nell’immaginario di Gesù; ma un “padre
non patriarcale”, dal momento che la sua legge, la sua volontà, è l’amore,
che Gesù cerca di praticare e predicare all’insegna dell’universalismo mai
escludente.
Questo modo di intendere e praticare la paternità si inscrive a pieno
titolo, secondo me, nell’ordine simbolico della madre. Come ha felicemente
sintetizzato Luisa Muraro, presentando il suo libro “Il Dio delle donne”,
suggerendoci di non dire più “Dio è amore”, ma “l’amore è Dio”.
Pensando e dicendo così, nel mio immaginario, nel mio sistema di
pensiero e di lettura del mondo (nel mio simbolico, in una parola), prende
forma il “cerchio della vita”: dovunque c’è amore, lì si pratica la volontà di
Dio, lì c’è Dio... non solo, “quello” è Dio! Non c’è più nessuno al centro, a
dominare e farsi riverire e servire, ma tutti e tutte ci diamo la mano e ci
guardiamo negli occhi, convivendo con ogni nostra personale differenza. E’
possibile essere uomini e padri in modi non patriarcali, sentendoci
“soltanto” fratelli e sorelle in un mondo che vive grazie all’amore, modello
e sostanza delle relazioni di tipo materno.
Per questo mi è molto utile pensare e nominare, a volte, la Grande
Madre, Sorgente della Vita e dell’Amore. E’ un buon esercizio: si
irrobustisce il simbolico alternativo a quello patriarcale.
Ascolto e autocoscienza
So di non essere ancora capace di sufficiente chiarezza
nell’esposizione del mio pensiero, ma confido nella disponibilità di chi mi
legge e mi ascolta a conversare con me, aiutandoci nella ricerca di livelli
migliori di comprensione e di scambio.
22
C’è un corollario, a quanto detto prima, che mi preme ancora
evidenziare. La reciprocità nelle relazioni d’amore richiede una grande
capacità di praticare l’ascolto e l’autocoscienza. Altrimenti si continua a
predicare se stessi e il proprio pensiero, pensato come “unico”: è la radice di
ogni fondamentalismo, della cultura del dominio e dell’autoritarismo. Non
si esce, cioè, dall’ordine simbolico (e materiale) patriarcale.
Così può accadere che chi si proclama “vicario di Cristo in terra” e
“successore degli apostoli” pratichi e predichi l’esclusione: verso donne e
gay, lesbiche e transessuali, divorziati/e e risposati/e, teologi della
liberazione e donne che aspirano al sacerdozio, appartenenti ad altre
religioni e preti sposati, comunità di base e via elencando... Mentre Gesù ci
ha lasciato un messaggio inequivocabile: vivere in relazione di parentela
spirituale stretta con lui, come fratelli e sorelle e madri, comporta l’impegno
a cercare di vivere ogni relazione con spirito universalistico, includente
senza eccezioni.
Che non sia facile sono d’accordo. Ma che questo sia il messaggio
centrale della vita e dell’insegnamento di Gesù sono altrettanto convinto. E
assume finalmente senso un piccolo brano che finora mi risultava ostico
(non solo a me, in verità); si trova al capitolo 4, sempre del vangelo di
Marco, ai versetti 24 e 25: “Diceva anche ad essi: state attenti a ciò che
udite.
Con la misura con la quale misurerete vi sarà misurato; e a voi
che ascoltate sarà dato di più. Poiché a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà
tolto anche quello che ha”.
Gesù sta parlando ai “discepoli”, ai quali “in privato spiegava
tutto” (4,34). Discepoli e discepole sono sinonimi di allievi e allieve, cioè
persone desiderose di imparare dal maestro: per questo stanno con lui, lo
seguono, lo ascoltano, lo interrogano, discutono e, a volte, polemizzano. A
loro Gesù dice: “State attenti a ciò che udite”. Non basta sentire con le
orecchie: le parole udite possono entrare da una parte e uscire dall’altra,
lasciando a mani vuote chi non ha capacità di attenzione a ciò che ascolta.
Questa mi sembra la pratica dell’autocoscienza: fare attenzione a
ciò che ascolto, a ciò che mi viene detto, in modo che mi penetri dentro,
nella mente e nel cuore, e vi resti, diventando così alimento per i miei
pensieri e per il cambiamento delle mie pratiche di vita. L’esperienza in
comunità, nel gruppo uomini e in ogni altro gruppo, ormai, me lo conferma:
questa attenzione all’ascolto è un arricchimento quotidiano.
“A voi che ascoltate sarà dato di più”: ascoltare lui e ascoltarci fra
di noi ci aiuta ad imparare anche noi a parlare con amore, a cercar di fare
dell’amore la modalità delle nostre pratiche di vita. Cioè, cercar di fare,
nella vita, “la volontà di Dio”, uscendo consapevolmente dall’ordine
simbolico patriarcale, dove ci sono solo figli e figlie, per entrare in quello
della madre, dove siamo fratelli e sorelle.
Beppe Pavan
23
L’AMORE ETERO E OMOSESSUALE
NEI CLASSICI LATINI E GRECI
L’amore etero-sessuale
Per “amore etero-sessuale”, si intende l’amore che nasce, spontaneo e
naturale, tra un uomo e una donna.
Nell’antichità greco-romana, esso era vissuto, più o meno, come è vissuto
oggi, dato che il matrimonio era strettamente monogamico (una sola
moglie).
Ciò non vuol dire che gli uomini di quel tempo non si unissero
sessualmente ad altre donne: Per es., praticavano la prostituzione, anche
quella sacra, con sacerdotesse che facevano del sesso un elemento di culto
per la loro divinità.
Essi però sapevano distinguere bene tra “amore” e “sesso” . La moglie
era l’oggetto del loro “Amore”, quello con la A maiuscola. E’ vero che essa,
secondo le leggi del tempo, era senza diritti civili e considerata proprietà del
marito; ma nell’ambito della casa e della famiglia, essa era la regina,
circondata dall’amore, dal rispetto e da tutte le premurose attenzioni del
marito.
E il sesso? Il sesso era poi un’altra cosa. Esso era considerato uno sfogo
naturale, un divertimento, un passatempo, ecc.; da esso era escluso ogni
riferimento all’amore vero e proprio.
Oggi noi, data la depravazione dei nostri tempi, non sappiamo più
distinguere tra amore e sesso: certe sottili distinzioni lessicali non fanno più
parte del nostro gergo. Noi lo chiamiamo “amore” e basta; anzi, oggi è
invalso un altro modo di esprimersi, al riguardo: invece del vecchio detto
“fare l’amore”, oggi (direi più opportunamente) si dice “fare sesso”: il che è
esatto.
Infatti: tolto l’”Amore” vero, cosa resta tra un uomo e una donna?
Soltanto il sesso!
L’amore omosessuale
Premetto che non sono uno specialista in questo argomento. Quello che
scrivo lo traggo dai miei vecchi studi sui classici latini e greci, fatti negli
anni della mia formazione culturale.
Nell’antichità greco-romana, era praticata l’omosessualità? Eccome! Ma,
secondo il loro stile di sublimare ogni cosa, trasferendola nell’ambito
dell’idealità e quasi smaterializzandola (pensiamo a Platone), anche
l’omosessualità acquistò per essi un qualcosa di sublime, quasi di spirituale,
distinta dall’atto sessuale vero e proprio.
La sessualità, per gli antichi, diventò quasi qualcosa di soprannaturale e
l’amore, in esso espresso, si spiritualizzò, diventando una specie di amore
24
“superiore”, riservato alle anime più elette, che proprio per questo si
distinguevano dalla gente comune.
Tanto è vero che personaggi famosi, considerati al di fuori dei comuni
mortali, come Socrate e Cesare, la praticarono.
I partner, anch’essi, non era comuni mortali, ma bellissimi giovani,
esteticamente perfetti e colti; essi erano chiamati “Efebi” ed erano
considerati emanazione della divinità, quasi dei semidei.
Come si vede, l’omosessualità greco-romana non aveva nulla a che fare
con l’omosessualità dei nostri tempi, ridotta a pura banalità, materialità,
sesso.
Quando, nel periodo del Rinascimento (sec. XV e XVI), si volle appunto
far “rinascere” la civiltà greco-romana, sia in letteratura che nelle arti
figurative, si passò anche alla imitazione dello stile di vita degli antichi.
Fu così che anche la sessualità, intesa però alla maniera greco-romana,
divenne un po’ una moda nella società rinascimentale italiana. Eletti spiriti,
veri geni della cultura, la praticarono con questo spirito: pensiamo a
Leonardo da Vinci! Si sa che addirittura dei cardinali di Santa Romana
Chiesa, la praticarono. A questo scopo essi si circondavano di una schiera di
bellissimi giovani ( i cosiddetti “paggi”), facenti parte della loro corte.
Intendiamoci: non è che l’omosessualità “comune”, quella cioè
riguardante il solo sesso, non esistesse; essa c’è sempre stata, in tutte le
epoche e in tutte le società della storia; ma qui parlo di quella “nobile”,
sublimata dall’estetismo culturale e artistico, propria di una civiltà più
evoluta e riservata agli spiriti più eletti.
Oggi, i cosiddetti “gay” dei nostri tempi, dovrebbero ispirarsi a quel tipo
di sessualità, per uscire dal pantano della materialità, del banalismo più
vieto, del puro godimento sessuale, inconcludente e avvilente, cercando di
dare una qualche idealità superiore a un fatto che “superiore” non è proprio
e che riduce l’uomo a puro animale biologico!
Fausto Varesi*
* Mentre andiamo in stampa veniamo a conoscenza che, venerdì 27 aprile, Fausto,
membro del gruppo di redazione di SULLA STRADA, ci ha lasciati per sempre,
dopo una lunga malattia.
Queste due pagine che ha preparato per la nostra Rivista sono la sua ultima
memoria.
Vogliamo riaffermare con forza a sua moglie, al suo carissimo figlio Emanuele, a
tutti noi che la sua partenza per l’altra vita non è un’abbandono, ma è un altro
modo per esserci sempre più vicino.
25
MATEMATICA E RELIGIONE
STATISTICHE SULLE RELIGIONI
Quanto sono importanti i numeri nella religione? E la matematica?
Si può fare l’esempio della kabbalah ebraica:
attraverso i numeri ed alcune regole matematiche, leggendo i libri sacri
dell’ebraismo, si può, secondo tale religione, manipolare la realtà o
prevedere taluni avvenimenti. Oppure si possono citare le numerose cifre
cardinali (fondamentali) che sono comuni a molte religioni. In questa tesi
invece voglio parlare della realtà del fenomeno religione attraverso i numeri
“ufficiali” che ne descrivono la dimensione e l’ importanza sociale,
mettendo a confronto le varie professioni.
RELIGIONI NEL MONDO
Vi sono due opinioni comuni da sfatare: che la fede sia patrimonio
della quasi totalità del genere umano, e che la religione cattolica sia la
religione nettamente predominante.
Non è così.
Un essere umano su cinque non crede in nessuna religione: se a
questi aggiungiamo i non praticanti e i praticanti non consenzienti di
religioni imposte, si arriva quasi a un 50 per cento di persone che regolano
la propria esistenza prescindendo da dogmi e dottrine.
Quanto alle singole credenze, la frammentazione è incredibile ed è
figlia, come è facile constatare, più di particolari eredità storico - politiche
che di una libera e ponderata scelta dell’individuo: valga per tutti l’esempio
dell’America Latina, «fortino» della religione cattolica, prodotto della
colonizzazione ispano-portoghese e della conversione forzata dei nativi.
Non esistono statistiche convergenti: la fede, contrariamente a
quanto affermano i vari leader religiosi, ha una dimensione individuale e
come tale non sempre facilmente identificabile.
Inoltre le varie confessioni tendono a «barare» sulle cifre reali dei
propri fedeli.
In questa sede diamo i dati percentuali tratti da una fonte cristiana (2001
World Christian Trends).
Cristiani(*)
Musulmani(**)
Atei e non religiosi
Induisti
Seguaci delle religioni cinesi
Buddhisti
Seguaci delle religioni etniche
Seguaci delle nuove religioni
Sikh
26
1.999.563.838
1.188.242.789
918.248.462
549.583.323
384.806.732
359.981.757
228.366.515
102.356.297
23.258.412
33,0%
16%
15,2%
9,1%
6,4%
5,9%
3,8%
1,7%
0,4%
Ebrei
Seguaci dello spiritismo
Altri
TOTALE
14.434.039
12.333.735
273.873.101
6.055.049.000
0,2%
0,2%
4,5%
100,0%
(*)di cui:
Cattolici
Protestanti
Ortodossi
Anglicani
Altri
1.057.328.093
342.001.605
215.128.717
79.649.642
305.455.781
17,%
5,6%
3,6%
1,3%
5,0%
(**)di cui:
Sunniti
Sciiti
Altri
1.002.542.801
170.100.000
15.599.988
16,3%
2,8%
0,2%
CATTOLICI NEL MONDO
È relativamente semplice illustrare i numeri dei cattolici sul
pianeta: metà vivono nel continente americano, un quarto in Europa, un
quarto nel resto del mondo.
Secondo l’annuario statistico della Chiesa i cattolici sono poco più
di un miliardo, pari al 17% della popolazione mondiale: tale cifra è però
assolutamente inverosimile, basata com’è sul numero dei battezzati .
In termini relativi, la nazione più cattolica è San Marino: secondo il
Vaticano il 100% della sua popolazione sarebbe cattolico. In realtà già il
calendario atlante De Agostini dà la percentuale nella piccola repubblica al
95 per cento: una chiara riprova di come le cifre vengano costantemente
manipolate. In termini assoluti, ecco invece la top ten (dati 1997, fonte
Annuario statistico della Chiesa, da Limes 1/2000):
BRASILE
MESSICO
ITALIA
STATI UNITI
FILIPPINE
FRANCIA
SPAGNA
POLONIA
GERMANIA
ARGENTINA
126.944.000
79.603.000
56.258.000
54.603.000
49.492.000
47.440.000
37.770.000
36.085.000
29.209.000
29.156.000
27
ATEI NEL MONDO
Stimati tra i cento e i quattrocento milioni di persone, gli atei
dichiarati sono ancora più difficilmente enumerabili: nessuno più che un
ateo dà a questa concezione un atteggiamento individuale. Generalmente le
statistiche li computano insieme agli agnostici, agli scettici, agli indifferenti,
a coloro che più semplicemente non si riconoscono in nessuna religione (e
in questo caso il totale può arrivare al miliardo e mezzo di persone).
Inoltre, la cifra è subordinata alla mancanza di statistiche precise
riguardanti la Cina, il paese più popoloso del mondo. Qui l’ateismo si
mischia al confucianesimo e al taoismo (più sistemi etici che religioni,
peraltro privi di credenze in entità soprannaturali), a loro volta contaminati
da elementi buddisti.
Questo, in un paese che già diversi secoli prima dell’avvento del
comunismo era famoso per far scaturire discussioni sull’ateismo dei suoi
abitanti (vedi, ad esempio, Matteo Ricci e Voltaire). In questa sede
presentiamo un’elaborazione dei dati contenuti in un’altra fonte non
sospetta di simpatie per l’ateismo, ovvero i Quaderni della Chiesa che
soffre - Rapporto 2002 sulla libertà religiosa nel mondo. Questa
pubblicazione presenta i dati complessivi dei cristiani paese per paese e,
laddove siano stati ritenuti significativi, anche i dati concernenti gli
«agnostici» (sotto la cui denominazione sono stati evidentemente
raggruppati i dati concernenti anche gli atei e i non religiosi), presentati per
ben 69 nazioni.
Alcune considerazioni:
• l’influenza del comunismo si fa sentire: 3 dei primi 5 paesi
in termini percentuali hanno ancora un regime di questo tipo;
• il crollo dei regimi comunisti in molti altri paesi non ha
però provocato un crollo della miscredenza a favore della
religione, anzi: in alcuni Stati il dato è addirittura in aumento;
• l’Italia si piazza più che bene, se si considera che ha «in
casa» il Vaticano. O, forse, proprio per quello!
RELIGIONI IN ITALIA
Anche per l’Italia si pone lo stesso problema di calcolo. Secondo il
Vaticano nel 1997 56.258.000 italiani erano cattolici, pari al 98% della
popolazione: una percentuale smentita, come abbiamo visto, dalle statistiche
redatte a opera di alcune sue organizzazioni.
Secondo l’ennesima fonte cattolica (in questo caso lo studio Il fenomeno
religioso oggi, pubblicato dalla Pontificia Università Urbaniana) i cattolici
sarebbero meno dell’80%, seguiti da un 18% di atei.
dal sito: www.apav.it
28
ACCUSATO DI ABUSI SESSUALI
IL CENSORE VATICANO DELLA
OMOSESSUALITA’
E’ il più rigido censore dell’omosessualità, in prima fila tra chi
suggerisce l’esistenza di un legame diretto tra tendenze omoerotiche e
pedofilia: ma adesso, mons. Tony Anatrella, gesuita francese e
psicanalista, si trova accusato lui stesso di abusi sessuali su minori. Anzi, le
accuse sono addirittura due.
Una prima denuncia contro di lui sarebbe stata depositata Il 30
ottobre al tribunale dei minori di Parigi, dopo che per molti mesi una serie
di lettere aveva raccontato al procuratore di un giovane “di ambiente
cattolico” abusato proprio da mons. Anatrella.
Poi c’è la testimonianza di Daniel Lamarca , ex-seminarista che
ha Denunciato al periodico francese Golias di essere stato, nel 1987, in
analisi presso mons. Anatrella. Lamarca, allora ventitreenne, cercava di
“guarire” dalla sua omosessualità: in realtà, più volte le sedute di “lavoro
corporale” con il gesuita si erano risolte in veri e propri rapporti sessuali: Il
giovane si era anche rivolto all’ allora arcivescovo di Parigi, card. JeanMarie Lustiger , il quale, dopo avergli promesso di intervenire, avrebbe in
realtà lasciato cadere la cosa.
(da “Adista” del 11 novembre 06)
CONSULENZA PSICOLOGICA
Molti sacerdoti in crisi o in difficoltà davanti alle scelte future possono
rivolgersial dottor Carlo Vaj e al dottor Gino Belardinelli, psicoterapeuti, che
offrono la loro disponibilità e la loro competenza sia per colloqui personali, sia
per fornire informazioni su altri psicoterapeuti cui rivolgersi.
Carlo Vaj
Largo Albert,2
Piazzo Lauriano (TO)
tel. 011 9146156
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Gino Belardinelli
Via Marcantonio Boldetti 12/3
Roma 001162
tel. 06 8600655
29
DOSSIER PEDOFILIA
(documento integrale vedi internet www.chiesaincammino.org)
Un testo sconvolgente sulla pedofilia
clericale negli Stati Uniti:
R. Sipe, A.W.R. Doyle, P.J. Wall: Sex, priests,
and Secret codes. The celibacy Church’s 2.000Year Paper Trail of Sexual abuse, Volt Press,
Los Angeles, 2006.
11.093 le vittime di oltre 5.000 preti, compresi 16 vescovi. Costo:
un miliardo e mezzo di dollari. Se si calcola la media di dieci per
pedofilo si arriva a 100.000.
Per la prima volta si rivela l’enormità di un delitto, che, senza il
contributo dei vescovi, non sarebbe stato possibile. Lo scandalo è che
la “strage” si sia consumata “con” le mani consacrate di uomini di
Dio. (Su Google, "pedophilia catholic church", appaiono più di
600.000 testi, quanto basta per dire l’importanza che gli viene data).
Gli autori:
-Padre Thomas P. Doyle o.p.: dottore in diritto canonico, avvocato
presso l’ambasciata vaticana negli USA, intervista e difende più di
2.000 vittime.
- Richard Sipe: sposato, già monaco benedettino per 18 anni,
psicoterapeuta, da 34 cura vittime e carnefici.
- Patrick J. Wall, già monaco benedettino, sposato, studioso di
teologia, politica e diritto canonico, è un esperto in materia giuridica
riguardante la pedofilia.
- Dati sulla Chiesa negli USA: su 67.3 milioni di cattolici, ci sono
42.271 preti, 14 cardinali, 48 arcivescovi, 373 vescovi, 14.493
diaconi (in aumento del 10% l’anno, il 90% è sposato), 67.773 suore
(30 anni fa erano più del triplo), nel 2005 si sono ordinati 438 preti, di
cui il 37% è di origine latino-americana.
La storia
Fin dal 1924 i preti con disturbi mentali vengono ricoverati in casa di
cura. Negli anni ’50 sottoponendo i seminaristi ai test psicologici, si
scopre che i loro “problemi” non sono di natura mentale/morale, ma
30
di immaturità emozionale, che non si cura con la preghiera. Il 20%
del clero soffre di depressione, schizofrenia, abusi sessuali. Circolano
voci, sospetti, segnalazioni. Dall’alto si rassicura: la pedofilia è
trattata come una malattia mentale (anni ’60). Nel 1962 gli Stati
deferiscono alle autorità centrali le violenze sui minori e dal 1968 si
danno una legislazione, che nel 1974 diventa federale. Le case di
cura mentale si moltiplicano (anni’60), l’aumento dei preti dediti
all’alcool, droga, abusi sessuale, è allarmante (anni ’70). Nel 1968 la
Conferenza Episcopale Americana (=NCCB) ordina una ricerca sul
fenomeno.
1971: su 1.500 preti presi in esame (anni 1930/70), il 20/25% ha
gravi difficoltà psichiatriche, il 60/70% soffre di immaturità
emozionale con attività etero/omosessuale. Secondo un’altra ricerca il
74% è immaturo: “La sessualità, non risolta né integrata, in molti è a
livello adolescenziale”. Il disastro è annunciato ma i vescovi non
vogliono vedere. Nel 1976, Sipe e Bartemeier li mettono in stato di
allerta: il 6% dei preti è pedofilo. Le denunce aumentano, le case di
cura funzionano a pieno ritmo (1).
I fatti
1983/84: il caso di p. Gauthé, 37 stupri, suscita l’indignazione
nazionale. Lo psichiatra descrive la situazione della vittime come “di
una tale assurdità che non si riesce neppure a descrivere”. Diversi
ragazzi vivono in un incubo permanente e sono sotto terapia. La
diocesi di Lafayette è citata in giudizio per aver occultato gli abusi
risalenti al 1972. La prova della complicità del vescovo è di pubblico
dominio. Per la prima volta i media fanno sapere “come” è gestita la
“cosa”. Il delitto è così diffuso, che non si riesce più a nasconderlo:
2.000 casi solo nel 1985.
1990: R. Sipe nel libro Mondo segreto: sessualità e indagine sul
celibato, analizza 1500 interviste (1960/1985): il 6% è pedofilo, il
20/25% frequenta donne, il 15% uomini (2).
1992: i media amplificano il caso di p. James Porter, 200 stupri, 8
anni di carcere. Tra il 1985/1992 si accumulano le prove contro i
prelati, che trasferiscono i pedofili da una parrocchia all’altra,
diffondendo l’epidemia.
1993: le vittime si organizzano in associazione.
31
1997: p. Kos, in tribunale a Dallas, di fronte a 12 vittime. Nonostante
le prove e il giuramento sulla Bibbia, il card. Mahony nega di essere
al corrente, ma è condannato per complicità. La vicenda risale al
1993 quando le vittime di tre preti, Kos, Hughes, Peebles, sporgono
denuncia. La diocesi rifiuta di patteggiare per un milione di dollari e
solo per p. Kos ne pagherà 32. La diocesi di Louisville sborserà 25
milioni, Boston 85, Orange 100. La gente non è più disposta a
sostenere una Chiesa inaffidabile.
2002: la notizia di 150 stupri di p. John Geoghan sconvolge
l’America. Il Boston Globe ottiene l’autorizzazione giudiziaria di
consultare l’archivio segreto della curia: emergono dal nulla 1.200
tragedie, 150 preti pedofili. L’indagine viene estesa a tutto il paese. Il
papa convoca i cardinali, il card. Low è costretto a dimettersi, la
NCCB nomina una commissione.
2005: a Boston p. Paul Shanley è condannato a 12 anni di reclusione.
Alla fine degli anni ’70 i vescovi si chiedono: che fare per prevenire
la strage? come curare vittime e trasgressori? A volte i violentati sono
trattati come seduttori. Un vescovo dirà che quei preti “sono vittime
ingenue di ragazzacci di strada”. La gerarchia attribuisce le
aberrazioni sessuali alla società materialista, alla sovra-esposizione
del sesso, all’enfasi dei media. Parte la crociata in difesa del celibato.
Una condotta sconcertante: come può un’istituzione dalla rigida
morale sessuale permettere migliaia di abusi?
Non si vuole ammettere che la causa principale è l’immagine che la
Chiesa ha di se stessa: governo gerarchico di istituzione divina; il
papa incarna ogni potere: giudiziario, legislativo e esecutivo (can.
331, 333); ogni vescovo ha lo stesso potere nella sua diocesi (381).
Senza distinzione di poteri, non c’è possibilità di controllo. La Chiesa
si dichiara “società perfetta”, indipendente e autosufficiente. Il
Vaticano II la definisce “popolo di Dio”, ma il diritto canonico
conserva la struttura monarchica e, grazie a Giovanni Paolo II, si
torna al Vaticano I (1870).
Tre casi emblematici
Tre casi, nella stessa diocesi, sono il paradigma di tutto il paese.
Padre Peebles: la sua ordinazione viene rinviata due volte per
alcolismo. Nel ‘79 il primo stupro. Nessuna indagine, è nominato
assistente degli scout (‘81) e poi cappellano militare. Nel 1982
32
violenta un altro minore. In caserma, altro tentativo. La diocesi
convince familiari e autorità militari che “la denuncia causerebbe più
male che bene”. Nominato cappellano a Dallas (‘84), nel 1985
diventa parroco. Un anno dopo, altri abusi. La diocesi è preoccupata
più della sua immagine che delle vittime.
Padre William Hughes, ordinato nel 1982, cappellano a Dallas. I
genitori non immaginano che ci sia morbosità tra lui e la figlia
quattordicenne: “Impossibile che un prete faccia certe cose”. La
madre scopre delle lettere compromettenti, la notizia dello stupro
arriva al vescovo. Nominato cappellano della gioventù, nell’88 passa
a un’altra parrocchia, rimanendo in situazione di rischio fino al 1990,
rovinando altri minori.
Padre R. Kos, sposato nel 1966, divorziato nel 1971, ottiene
l’annullamento (’76), chiede di farsi prete. La moglie informa che il
matrimonio non è stato consumato, per le tendenze morbose del
marito: da militare ha stuprato un ragazzo. Ordinato prete continua ad
approfittare dei minori. Nel 1992 lo psichiatra raccomanda di
allontanarlo dagli ambienti educativi. Nel ‘93 viene sospeso. I
responsabili hanno omesso il loro dovere di indagine, non c’è scusa
per una condotta così imprudente.
Cospirazione del silenzio
Come è stato possibile il silenzio così a lungo? La forza del potere
clericale induce le vittime a non riferire per paura del castigo divino; i
giudici insabbiano le indagini; la polizia riconsegna i colpevoli;
giornalisti ed editori non interferiscono. I seminaristi vivono in un
ambiente di soli maschi, le donne sono considerate una tentazione.
Negli anni ’80 il bubbone scoppia, la pedofilia clericale fa notizia. Si
denuncia la cospirazione del silenzio. Solo la pressione delle vittime,
dei parenti, dei media smuove la gerarchia. Nel 1985 i padri Doyle,
Peterson e l’avvocato Mouton, elaborano un “Manuale di istruzioni”
per i vescovi.
Non viene preso in considerazione, perché lo interpretano come
un’ingerenza. Solo nel 1993 la NCCB nomina una commissione ad
hoc e un’altra nel 2004, che produce un rapporto, il quale biasima il
comportamento della gerarchia. Si interpella la John Jay University,
che, prendendo in esamine il periodo 1950/2002, parla di 4.500
pedofili e 10.000 vittime.
33
Celibato sotto accusa
Il tribunale si interroga: “Come è possibile con tanto di celibato?”. Il
diritto canonico non prevede delle pene? Il trasferimento da una
parrocchia all’altra non è un castigo. Da un lato la pedofilia è
un’offesa tanto grave da tenere segreta, dall’altro non si istruisce il
debito processo. I trasgressori sono ammoniti e si ricorre al rimedio
spirituale, perché il caso è considerato un problema morale. Eppure si
sa, la confessione assolve il colpevole, non cura il disordine sessuale,
tanto meno la sua causa.
Nei casi più gravi il reo è spedito in casa di cura, che sarà sfiduciata
per l’alto tasso di recidività (anni ’80) (2). Nonostante le centinaia di
indagini, non si conosce un solo caso, che sia stato sottoposto a
processo canonico. Le omissioni d’ufficio dei vescovi erano risapute
almeno fin dal 1976, ma nessuno é intervenuto. Il diritto ecclesiastico
non ha competenza in una materia che spetta all’autorità civile. Un
danno psico-fisico non si cura con ammonimenti e pratiche di pietà.
Gli avvocati denunciano non solo l’esecutore materiale del delitto, ma
anche chi può essere considerato come il mandante. Quando questa
accusa è rivolta all’autorità insorge un conflitto di interessi, perché il
vescovo, essendo giudice assoluto nella sua diocesi, é come se
dovesse giudicare se stesso.
(…)
PEDOFILIA NEL MONDO
ABUSI E VIOLENZE SUI BAMBINI: 220 MILIONI di
VITTIME
Una ricerca delle Nazioni Unite offre un quadro sconvolgente sulle
violenze e abusi sessuali, di cui i bambini sono vittime: "I bambini
subiscono da parte degli adulti violenze mai viste o sentite per secoli.
L'ONU esorta gli stati a proibire qualunque forma di punizione
corporale, mutilazione genitale femminile, matrimoni prematuri e
obbligati, delitti d'onore, violenze sessuali, torture, maltrattamenti
disumani e degradanti".
34
Bisogna prevenire la violenza, che è accettata come qualcosa di
“normale”, socialmente approvata e anche istituzionalizzata. In 106
paesi sono ammesse le punizioni nelle scuole.
Il rapporto, elencando diversi tipi di violenza, dimostra che esiste in
tutti i paesi e da decenni questi traumi lasciano gravi ferite
psicologiche (2006).
Nel mondo:
-150 milioni di ragazzine, sotto i 18 anni, il 14% della popolazione
mondiale
-73 milioni di ragazzi, il 7%
- 82 milioni di ragazze si sposano prima di 18 anni, spesso soggette
a violenze.
- 80/93% dei bambini subisce punizioni fisiche a casa e non parlano
per vergogna
- 2 milioni i bambini in stato di schiavitù sessuale. Il traffico
internazionale “smercia” ogni anno 700.000/1.000.000 di persone,
l’80% donne e il 50% bambini (ONU, 2004), rendendo 9,5 miliardi di
dollari/anno (FBI 2003). Dopo la droga e le armi, è il mercato più
redditizio. 55miliardi di dollari il commercio della pedofilia on line.
Una fotografia hard “vale” 30/100 dollari.
- 44 milioni di bambini navigano in Internet ogni giorno (2005)
- 29.000 siti pedofili nel mondo (1996/2000) con 12 milioni di
ragazzi coinvolti, di cui 22 milioni e mezzo tra i 10 giorni ai 12 anni
di età. La pedofilia ha trovato in internet nuove strade per
"commerciare" l'infanzia con “giustificazioni culturali”.
- 1 bambino su 44visita un sito pornografico
- 1 bambino 5 su riceve proposte sessuali
35
In Italia:
� 22bambini ogni giorno soffrono abusi sessuali
� 1.000 e più processi all’anno
� 60-70 % degli abusi si consumano tra le mura domestiche.
Sanzioni per lo sfruttamento sessuale dei minori e pedo-pornografia:
6/12 anni di reclusione; per il commercio di minori ai fini di
prostituzione: 6/20 anni; pene più gravi per reati nell'ambito
familiare o su minori di età tra i 14/166anni.
CHIESA CATTOLICA AMERICANA e ABUSI SESSUALI
La vastità del fenomeno ha richiamato l’attenzione mondiale: 11.093
le vittime di oltre 5.000 preti, compresi 16 vescovi. Costo: un
miliardo e mezzo di dollari. Secondo gli esperti, se la media è di dieci
vittime per pedofilo si arriva a più di 100.000. Il 78% dei bambini è
tra gli 11/17 anni, il 16% fra gli 8/10, il 6% meno di 7 anni.
R. Sipe parla di cause genetiche: «E' altamente probabile che
nell'utero avvenga una qualche programmazione cerebrale di tutti gli
esseri umani che contribuirà alle successive esperienze sessuali»; non
è fondata l'equazione minore abusato uguale a adulto abusatore:
«Nessuno sa perché, da adulti, soltanto alcune vittime di abusi
diventeranno a loro volta violentatori di minori»; ci sono anche
predisposizioni psico-dinamiche, situazioni sociali e corruzione
morale volontaria.
Il sistema clericale riguardante la corporeità «blocca lo sviluppo
psicosessuale del prete ad un livello preadolescenziale e il celibato
funge da riparo per conflitti sessuali irrisolti». «La struttura e
l'atmosfera di potere della Chiesa tollera e in alcuni casi incoraggia la
fissazione e la regressione sessuale». «La preferenza per la segretezza
gioca a favore dell'affidabilità del prete e dei suoi superiori». «La
mancanza di credibilità degli insegnamenti della Chiesa sul sesso
promuove
difese
mentali
primitive
come
negazione,
razionalizzazione e scissione».
Nel libro “Celibacy in crisis”, Manuale diagnostico e statistico dei
disordini mentali), sostiene che si può parlare di patologia
ecclesiogenica: «la sindrome è causata dalla educazione che rende
tabù le aree del sesso e dell'erotismo, proibendone le discussioni in
pubblico, che vengono considerate immorali, e a volte soggette a
pene».
36
In Inghilterra la BBC tratta il caso del Cardinale Cormac Murphy
accusato di coprire diversi preti, tra i quali Michael Hill accusato da
una trentina di ragazzi.
In Irlanda si calcola sul 4% i preti pedofili. Dal 1945 al 2004 si
contano 105 condanne e 400 vittime dichiarate. In carcere ci sono 8
preti, 32 sotto processo.
In Italia sarebbero 400.000 i pedofili. Solo alcuni giornali ne
parlano. Dal 1998 ad oggi il New York Time ha dedicato al tema 150
articoli, La Repubblica, 40. Il 3% della popolazione è coinvolta con la
pedofilia in rete, il 97% dei casi avviene in famiglia, parrocchia, con i
vicini di casa. Don Fortunato Di Noto, dopo gli arresti di presunti
pedofili, ha minacciato di fare dei «nomi eccellenti», ma quelli di
alcuni politici italiani non verranno mai rivelati.
I casi di pedofilia clericale in Italia, negli anni recenti, sono una
cinquantina. Dal 2003 risultano 17 condanne e 24 in giudizio. L’Italia
è un caso unico al mondo, perché c’è di mezzo un Concordato e pare
un “paese a sovranità limitata”, essendo la “parrocchia del papa”
(dicono gli storici).
I politici non hanno nessun interesse di inimicarsi la gerarchia
cattolica, che condiziona il voto dei cattolici. Non si sa quanti preti
pedofili, perseguiti in patria (200 negli USA, 3.000 le loro vittime),
abbiano trovato rifugio in Italia (almeno una decina) o in altri paesi
del terzo mondo.
In Brasile i preti pedofili sarebbero 1.700. La gerarchia tende alla
loro copertura e alla colpevolizzazione delle vittime.
(…)
Note
(1) Nel 1976 i Servi del Paraclito inaugurano il primo programma curativo,
che sarà applicato a 2.100 preti.
(2) Il codice del 1917, infatti, proibiva di portare il prete in tribunale.
37
CONSIGLIO NAZIONALE DI VOCATIO
FRASCATI 9 dic. 2006
In occasione del Convegno delle CDB, Vocatio si è riunita per
discutere quanto emerso a Sessa Aurunca nel mese di agosto.
Il primo argomento all’o.d.g. è stato come organizzare la celebrazione
del XXX di Vocatio.
Trombetta, che aveva ricevuto l’incarico di trovare il luogo del Convegno,
apre la discussione. Maestri fa presente che, durante la ricerca di alcune
lettere dell’archivio di Vocatio da consegnare a Marinetti per la
preparazione del suo libro sui preti sposati, ha scoperto che già nel 1978 si
parla della nascita di Vocatio . Quindi nel 2008 si celebra il XXX.
Quanto era emerso a Sessa Aurunca sul XXV doveva essere un
equivoco.
Allora tutti i presenti arrivano alla conclusione che la data 1-3 giugno 2007
rimane fissata come gruppo di lavoro, in preparazione del XXX 2008.
Invece di tre giorni possono essere solo due giorni, e per le iscrizioni
rivolgersi a Marcello Trombetta tel. 06-9307355.
Il secondo argomento in discussione è stato il sito.internet di Vocatio.
Già a Sessa Aurunca era emerso questo problema: un sito fermo è destinato
a morire. Dopo alcuni interventi pro e contro la salvezza del sito (anche
perché il gruppo dell’Emilia Romagna da poco tempo aveva fondato il
proprio sito, fatto molto bene www.chiesaincammino.org) Maestri prendeva
la parola in questi termini: sentendo una certa paternità sul vecchio sito
vocatio, fondato con la collaborazione di un prete sposato di Lugano
(Svizzera) che per parecchi anni l’ha gestito molto bene con notevoli
riconoscimenti sia in Italia che all’estero, lui avrebbe fatto tutto il possibile
per salvarlo, senza chiedere soldi a nessuno. Nel caso avesse incontrato
ostacoli insormontabili si sarebbe rivolto al gruppo di Napoli che a Sessa
Aurunca aveva dimostrato di avere persone molto preparate in informatica.
38
MESSAGGIO FINALE DELL’ASSEMBLEA
GENERALE DEL CONGRESSO
INTERNAZIONALE
DEI PRETI SPOSATI (WIESBADEN 2005)
( Nel n.62 di SULLA STRADA abbiamo parlato di questo
Congresso senza pubblicare il Messaggio Finale.
Lo pubblichiamo in questo n.65, scusandoci con i nostri
lettori)
“Dopo 20 anni di esistenza, la Federazione Internazionale dei Preti Cattolici
Sposati ha celebrato il suo VI Congresso internazionale a Wiesbaden
(Germania) dal 16 al 19 settembre 2005 sul tema:”Il rinnovamento dei
ministeri come servizi nella Chiesa contemporanea”.
Alla fine di questo Congresso, fedeli allo spirito del Vaticano II, coscienti
della situazione attuale nel mondo e nella Chiesa, desideriamo riaffermare il
nostro impegno per il rinnovamento della Chiesa e dei suoi ministeri.
Questo rinnovamento è sempre più importante.
In questo contesto, noi offriamo alla Chiesa le nostre ricerche per far
vivere la Chiesa in modo diverso, con la scelta di altri modelli di ministero,
come servizi per l’uomo.
Proclamiamo ancora il nostro amore e la nostra fedeltà verso il Vangelo di
Gesù. Non abbiamo alcuna intenzione di fondare una Chiesa parallela. Noi
desideriamo impegnarci in un dialogo costruttivo con i vescovi.
Affermiamo l’importanza della Chiesa per tutti noi, come un mezzo che ci
dà nuova forza e ci rende capaci di approfondire le nostre scelte per i poveri
e gli emarginati.
Nello stesso tempo ci impegniamo ad aiutare la Chiesa ad essere sempre più
al servizio del mondo e non al servizio dei propri privilegi.
Durante questo Congresso, abbiamo auspicato in tempi brevi l’evento
dell’ordinazione sacerdotale per le donne che lo desiderano e comunque uno
spazio maggiore per numerosi ministeri per la donna nella Chiesa.
La nostra Assemblea Generale con i suoi delegati di 25 gruppi nazionali
venuti da 4 continenti ha deciso di riorganizzarsi in una Confederazione di
39
Federazioni: la Federazione latino-americana, la Federazione delle
Filippine, la Federazione Europea, la Federazione Nord-Atlantica.
Questa Confederazione desidera:
1- rinforzare i legami tra tutti i gruppi dei preti sposati
2- accelerare lo sviluppo del movimento internazionale per il
rinnovamento dei ministeri nella Chiesa
3- promuovere lo scambio di varie esperienze pastorali
4- sostenere le aspirazioni di tutti i suoi membri per incontri sempre più
frequenti e tramite Internet.
Il nostro Congresso è stato un lungo viaggio di solidarietà e di grazia. Nel
momento in cui continuiamo il nostro cammino verso una nuova
direzione, preghiamo Dio di guidarci con la sapienza e il coraggio verso
l’Amore che abbiamo sempre cercato anche dopo gli anni più belli della
nostra giovinezza.
Wiesbaden 19 sett. 2005
Per tutti coloro che sono in ricerca di un luogo di accoglienza
(ex-religiosi, ex-preti, ex-suore) per i momenti più difficili della
loro vita, quando abbandonano la vita religiosa! …
PER INFORMAZIONI:
Lorenzo Maestri e Rosangela
e-mail [email protected]
tel. 0332-534161
Giuseppe Zanon e Daniela
e-mail [email protected]
tel. 030-9038725
cel. 338-2067339
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IL CELIBATO DEI PRETI NON E’ UN DOGMA
MA UNA NORMA, HA DETTO IL CARD.
HUMMES NUOVO PREFETTO PER IL CLERO.
SUBITO UN POLVERONE.
MILINGO NON LASCIA, RADDOPPIA (“Oggi” del 20 12.06)
Il vescovo è riapparso a New York: noi c’eravamo
“Ha convocato i preti sposati di tutto il mondo: Ma ha anche
ordinato due nuovi sacerdoti e portato sull’altare la moglie. Il
suo sogno? Essere riconosciuti a Roma. Il racconto del nostro
“infiltrato”.
(di Roberto Beccaria)
New York (Stati Uniti), dicembre
A scelto New York come ennesimo trampolino di lancio,
dopo mesi di silenzio. È riapparso così monsignor Emmanuel Milingo, nella patria
di tutte le libertà. Libertà di fare ciò che si sente più giusto per sé. Sebbene lui,
vescovo della Chiesa cattolica, sappia bene di essere legato a filo doppio con il Papa
dal vincolo dell'obbedienza. Ma Milingo ha deciso di non lasciare, anzi: vuole
raddoppiare.
Ha convocato i preti sposati di tutto il mondo: ne aspettava almeno un migliaio
(sono 200mila in totale), ne sono giunti poche decine. Ma lui non è apparso
turbato.Si è accontentato che qualcuno abbia risposto al suo appello. Perché ha
ancora un sogno da realizzare: dopo aver sposato Maria Sung (coreana che ha
sempre vissuto sotto l'ala del controverso reverendo Moon), dopo aver rifiutato la
mano tesa del cardinal Tarcisio Bertone (oggi segretario di Stato del Vaticano) e
perfino del cardinal Joseph Ratzinger (oggi Papa Benedetto XVI), vuole proseguire
per la sua strada. E lui, abituato a creare scompiglio e a provocare sorprese, pare abbia rinunciato a integrarsi con la pseudochiesa dei moonies (come si temeva in
Vaticano dopo il matrimonio) e pare che abbia rinunciato anche a fondare una nuova
scismatica chiesa (come si pensava dopo l'ordinazione vescovile di quattro sacerdoti
sposati senza l'autorizzazione del Papa). Ora il suo progetto è un altro: far sì che la
Married Priests Now (l'associazione americana di preti sposati) venga riconosciuta
da Roma.
Fantateologia? Fantaecclesiologia? Probabilmente sì. Sta di fatto che i tre giorni
newyorkesi sono stati il primo passo di Milingo in questa direzione: Tre giorni di
convegno, discorsi, discussioni e preghiera. Anche interreligiosa, accanto a un imam
e a un rabbino. Entrambi sposati, naturalmente. Tre giorni che si sono conclusi con
l'ennesima provocazione di MiIingo: il vescovo africano ha consacrato due nuovi
preti.
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Ci conferma tutto don Giuseppe Serrone, l'unico sacerdote italiano (vive in
provincia di Viterbo) presente a Parsippany, nel New Jersey, una quarantina di
chilometri dal centro di New York. Naturalmente con la moglie Albana Ruci.
Don Giuseppe, come ha trovato monsignor Milingo?
«Estremamente sereno, ma anche molto addolorato».
Perché sereno? E perché addolorato?
«La sua serenità nasce dal fatto che pensa di stare facendo la cosa giusta.
Addolorato perché lui vorrebbe poter essere in pace con il Vaticano».
Be', per tornare in pace con Roma, bastava che accettasse di afferrare una
delle tante mani che gli hanno teso in questi anni il cardinal Bertone, Giovanni
Paolo II o Benedetto XVI...
«Il guaio è che chiunque in Vaticano ha tentato di riavvicinarlo gli ha sempre
chiesto di cedere, di rinunciare a tutto. Ma, per dialogare, bisogna essere in due, non
pretendere che sia sempre e solo l'altro a fare un,passo indietro».
E vero anche che un vescovo è tenuto all'obbedienza.
«Milingo lo sa bene. Ma sa anche un altra cosa: è più importante il magistero o il
carisma? Cioè, è più importante l'obbedienza o lo sfruttamento dei doni che il
Signore ci dà? Ebbene, per Milingo è più importante il carisma. Così come attirava
folle quando si diceva che era un guaritore, oggi vuole attirare folle di preti sposati».
Ma, almeno per ora, non riesce a radunare attorno a sé folle di preti sposati: lì
siete solo una quarantina.
«Questa Married Priests Now è un'associazione nata da poco.
Ma ha già ricevuto il riconosci. mento come Onlus negli Stati Uniti. Milingo si è
appena unito a questa realtà: saprà farla crescere lui.
E poi credo che molti sacerdoti non abbiano accettato l'invito perché temevano una
grande invadenza degli adepti del reverendo Moon».
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Crede che siano conciliabili gli insegnamenti del reverendo Moon con quelli
della Chiesa cattolica?
“Io non lo so: conosco poco i moonies. Ma credo che Milingo non avrebbe sposato
una moonie se non avesse pensato di fare la cosa sbagliata”.
E nominare quattro vescovi senza il consenso del Papa? Oltre ai due
sacerdoti ordinati a New York? Anche queste non sono «cose sbagliate»?
«Io mi domando: perché Roma scomunica Milingo per queste ordinazioni e non
scomunica la Chiesa cinese che ne fa un mese sì e l'altro pure?».
A dire la verità, in Cina esistono due Chiese: una fedele a Roma (e perciò
perseguitata) e l'altra organica al regime comunista: forse il paragone non è
molto pertinente. In fondo Milingo continua a sostenere di essere un vescovo
cattolico, apostolico e romano. A differenza dei vescovi cinesi non fedeli a
Roma.
"Ma anche negli Stati Uniti ci sono moltissime chiese diverse: perché Roma
scomunica solo Milingo? La verità è che il Vaticano ha sempre fatto enormi
pressioni su Milingo perché lasciasse Maria Sung. E lui non se l'è mai sentita di
abbandonare a se stessa una donna alla quale voleva (e vuole) bene. Accettando di
pagarne tutte le conseguenze” .
Così come non se l'è mai sentita di lasciare la Chiesa cattolica.
«Vero. Anche qui a New York ha continuato a celebrare messa tutti i giorni, a
vestire con l'abito talare del vescovo, a recitare il breviario... Nulla è cambiato per
lui».
In realtà, qualcosa è cambiato. Milingo ha detto di essére innamorato pazzo della
sua Maria e di pensare ad avere un figlio (età permettendo). Ha anche detto che ogni
giorno recita un rosario per il Santo Padre e che, pregando per lui, prega per tutta la
Chiesa cattolica. Quella Chiesa cattolica che più di una volta ha cercato di
riavvicinarlo, di riabbracciarlo come fosse il figliol prodigo. Purché, come recita la
parabola del Vangelo, riconosca di aver sbagliato.
Roberto Beccaria
LA BADESSA DIRA’ “SI” A UN UOMO
( “Oggi” del 03.01.07)
E’ accaduto nel Cuneese: Madre Chiara Donata era in
monastero da 20 anni. Poi ha incontrato Aldo: E’ nato un
sentimento. “E adesso pensiamo al matrimonio”, dicono.
Ecco la loro storia
(di Maurizio Chiaravella)
Boves (Cuneo), dicembre amore può nascere ovunque, all'improvviso, persino
tra le austere mura di un monastero. Può essere grande e forte come un vento che
spazza via tutto. Madre Chiara Donata, la badessa della clausura di Boves, un paese
in provincia di Cuneo, ha provato a opporsi, a scacciare dalla mente e dal cuore
l'immagine di quell'uomo che la turbava sempre di più. Ma poi ha dovuto arrendersi:
combattere e vincere contro sentimenti così forti è difficile per tutti, anche per una
suora di clausura che aveva fatto voto di castità più di vent'anni prima e che voleva,
assolutamente voleva, rispettare quel voto.
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È andata a convivere con l'uomo che ama, a poche centinaia di metri dal
monastero e per lei, inizialmente, questa è stata una sconfitta ma anche una
liberazione. Ma ora comincia a essere felice: si sposerà presto, forse diventerà anche
mamma. Ha deciso di non vivere più nel monastero, che negli ultimi tempi deve
esserle sembrato quasi una prigione. Ma , non vuole vivere nel peccato.
Qui a Boves quasi tutti la assolvono, perché la conoscono _, bene e sanno
che la sua storia d'amore non può essere oscurata da pettegolezzi di cattivo gusto: ha
smesso di vestire i panni della suora e ha cominciato a essere una donna. Perché
avrebbe dovuto soffocare i suoi sentimenti e vivere infelice, come una reclusa?
Alcuni, è ovvio, la condannano: quando si fa un voto bisogna rispettarlo, dicono,
anche a costo di grossi sacrifici. Altri si limitano a qualche sorriso malizioso. Ma qui
non si respira quel pruriginoso odore di scandalo che forse ci si potrebbe aspettare.
Madre Chiara Donata era amata da tutti, prima, e quasi tutti continuano ad amarla
adesso, anche se è tornata a chiamarsi Fernanda Dalla Libera.
Ha 42 anni, è alta, ha gli occhi chiari e un sorriso dolce, anche se è ancora
un po' velato di tristezza: ha sofferto molto, ha vissuto un anno pieno di tormenti.
Nella sua cella prima arrivava il pianto e poi, a fatica, il sonno. Ha inseguito un
sogno di felicità, ma non l'ha ancora raggiunto del tutto: «Mi fa male», dice con un
filo di voce, «accorgermi che la gente è imbarazzata quando mi incontra per strada o
nei negozi, quando mi vede senza più il velo, ma con un uomo. Qualcuno, forse, era
convinto che saremmo andati via da Boves, che ci saremmo costruiti una nuova vita
lontano da qui. Ma perché avremmo dovuto farlo? Perché avremmo dovuto dare
l'impressione di fuggire? E poi: fuggire da che cosa? Ci amiamo e vogliamo farlo
alla luce del sole, come tutte le altre coppie che non hanno niente da nascondere»
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LA MANIFESTAZIONE
DUEMILA IN PIAZZA PER SFIDARE RATZINGER
“E LA POLITICA SMETTA DI INGINOCCHIARSI”
Roma – Circa duemila persone il 10 febbraio a Roma, per protestare contro
l’ingerenza della Chiesa che “condiziona la vita politica italiana e la costringe a
genuflettersi”, come hanno detto i promotori di “Facciamo Breccia”, rete di
associazioni di donne, gay, collettivi universitari, centri sociali. Una manifestazione
allegra e colorata nonostante la pioggia battente. Su un cartello si leggeva: ”Oggi
sposi” e sotto c’era la foto di papa Benedetto e del suo segretario George
incorniciati in un cuore. Su uno striscione:” Ratzinger impone, Prodi dispone”.
”Dieci, 100,1000 Porta Pia”. Lo slogan più urlato. E ripetute richieste di abolire il
Concordato.
Un grafico pubblicitario di Verona, Gianni Cardini, indossava paramenti da
sacerdote, una tiara di cartone e la maschera di Ratzinger:” Ma è solo per fare un po’
di coreografia, di satira. Noi siamo qui solo per rivendicare la libertà di scegliere
l’affettività:
Non certo per ottenere un’istituzione eterosessuale, come il
matrimonio, che tra l’altro neppure funziona visto che in Italia c’è un divorzio ogni
quattro minuti”.
Pressoché assente la politica, a parte il radicale Maurizio Turco e Salvatore
Cannavò del Prc (“miope non aver capito che era un’occasione per rispondere
all’ingerenza vaticana”).
(da “La Repubblica” del 11 febbrai 2007)
LA TEOLOGIA DI PAPA RATZINGER
Papa Ratzinger forse, quarant’anni fa, era un bravo teologo ma oggi, con i
suoi frequenti interventi in difesa di un modello di famiglia, modello molto datato,
dimostra di condividere la teologia medievale in cui il più grande peccato è il sesso,
e il matrimonio l’unico mezzo per redimere questo peccato.
Non dimentichiamo che fino al 1962 il fine primario del matrimonio era
quello della procreazione; e non dimentichiamo che fino alla metà del secolo scorso
le donne, nel periodo della loro vita feconda, portavano più o meno a termine dalle
dodici alle quindici gravidanze!
E’ questa la teologia di papa Ratzinger?
Se poi si vuole approfondire un po’ di più il discorso non dimentichiamo che per
questo papa il vero nemico è il RELATIVISMO, cioè la rivendicazione
dell’autonomia di ciascuno, la ricerca sperimentale della verità, etc.
Abbiamo in gioco il valore del Rinascimento, il valore della libera ricerca,
il valore della scienza sperimentale etc.
l.m.
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I DRAMMI DEL CELIBATO DEI PRETI
di Fernando Iachini (teologo e psicologo)
(dalla Sicilia, dal nostro caro amico Vincenzo La
Bella,
riceviamo questo articolo del settimanale Valdese,
che volentieri pubblichiamo)
Una storia fatta di lunghe sofferenze che si ripercuote ancora nell'attualità
Fu Ildebrando, diventato papa Gregorio VII, nel 1073, a eliminare il matrimonio per
gli ecclesiastici: come al solito, ne fecero le spese innanzitutto le donne e anche i
figli.
NEL 1073 divenne papa un monaco potentissimo della curia romana, Ildebrando,
che si chiamò Gregorio VII. Aveva come unico interesse la grandezza morale e politica della Chiesa. Suoi obiettivi: ridare autorità e autonomia al papato, moralizzare il
clero e rendere la Chiesa indipendente dall'Impero. La situazione generale di allora
era caratterizzata da un papato che aveva perduto la sua autorità, da un Impero che
aveva raggiunto il culmine della sua potenza e del suo splendore e poi dalle tensioni
affioranti tra queste due potenze.
Appena asceso al soglio pontificio Gregorio VII redasse un elenco (Dictatus papae)
di 27 sentenze, dove sono espressi in forma enfatica gli scopi e le idee del papa.
«Gregorio non considera il regno di Dio come un campo dove il grano cresce con la
gramigna, al contrario vede il regno di Dio come un campo dove si scatena, senza
tregua e senza pietà, la lotta della civitas Dei contro la civitas diaboli».È stato
chiamato «il papa più bellicoso che abbia mai occupato la cattedra di Pietro»;
domina in lui la volontà di affermare la potenza terrena del Principe degli Apostoli,
per questo è pronto a sacrificare sia gli uomini che si mettono sulla sua strada sia i
principi immutabili di verità e giustizia.
Una classe di chierici
Una volta eletto, Gregorio VII si diede da fare per attuare i suoi obiettivi. Subito
tentò di eliminare il matrimonio tra gli ecclesiastici e ciò per garantire alla Chiesa
che le sue proprietà non passassero mai di mano. È certo che uno dei motivi che
hanno portato alla legge ecclesiastica del celibato fu la costituzione di una classe
sociale, formata di chierici, che doveva essere potente per salvare una civiltà
minacciata, e una delle forze di questo corpo sociale stava nel non disperdere in
eredità i loro beni fondiari.
L'effetto di questa legislazione fu di creare migliaia di virtuali prostitute tra le mogli
innocenti di piccoli sacerdoti confusi e adirati. Quando furono separate dai mariti,
per colpa di Ildebrando, molte di loro si suicidarono. Le concezioni monastiche sul
sesso e sul matrimonio hanno partorito questa legge che è stata conservata e imposta
con ogni mezzo al prete monarchizzato. Il vero «clero secolare» è quello della Chiesa orientale; la vita sacerdotale come lentamente si è fissata in Occidente è
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sostanzialmente una vita costruita avendo preso in prestito dal monachesimo gli
ideali e i mezzi della santità sacerdotale, sostiene Yves Congar.
I precedenti
L'idea repressiva di «rompere con un perpetuo anatema il rapporto dei consacrati
con le donne» come esigeva Gregorio VII, ha avuto nella Chiesa, già molti secoli
prima, voce e spazio. Il primo scritto ufficiale si trova nel Sinodo di Elvira (306), poi
nel concilio di Cartagine (390), poi ancora nel Sinodo romano del 402. Ci furono
altri sinodi, padri della Chiesa e soprattutto papi che cercarono di imporre il celibato,
nonostante l'opposizione, le proteste furibonde, le zuffe e i tumulti verificatisi nei
secoli contro l'iniqua legge che imponeva agli uomini di vivere come angeli. Questa
evoluzione della Chiesa occidentale fu una delle ragioni che portarono allo scisma
tra Chiesa occidentale e Chiesa orientale nel 1054. Mentre la Chiesa ortodossa fonda
la sua prassi sui decreti del Sinodo Trullano II (691-692), nel quale si oppose al papa
e concesse a diaconi e presbiteri di continuare a vivere il matrimonio, la Chiesa
occidentale sceglie di andare contro il normale corso della natura favorendo la
fornicazione, la ribellione, lo scandalo e lentamente la spinta verso la Riforma.
Un voto che non funziona
Proprio al tempo del Concilio di Trento (1545-1563) si è verificato che il parroco
basco Pedro Lopez, fratello di Ignazio di Loyola, fondatore dell'ordine dei Gesuiti,
lasciò alla morte quattro figli. Non era un'eccezione: infatti nel 1542 l'arcivescovo
Alberto di Brandeburgo confessò al nunzio pontificio Morone: «Io so che tutti i miei
preti vivono in concubinato. Ma che posso farci?». «La Chiesa è stata quasi sempre
in crisi per quanto riguarda il celibato degli ecclesiastici». «Il voto di castità per i
sacerdoti non ha quasi mai funzionato; anzi ha probabilmente provocato più danni
alla morale di qualsiasi istituzione dell'Occidente, prostituzione compresa» (Peter De
Rosa). La storia del celibato è talmente poco edificante che oggi neppure il romanzo
più «spinto» può rivaleggiare con essa.
Il più inflessibile sostenitore del celibato fu papa Ildebrando, che nonostante l'aperta
e continua opposizione degli ecclesiastici, chiamò prostitute tutte le donne dei preti,
aizzò contro i preti una teppaglia composta di monaci e di canaglie; alcuni chierici
persero i loro averi e per non vivere da mendicanti lasciarono il luogo dove erano
stati dei notabili; altri furono mutilati, torturati, trucidati. Così veniva condotta la
«lotta per il celibato» da Gregorio VII.
Caccia alle donne dei preti
Persino i partigiani della riforma furono nauseati dalla vergognosa caccia alle donne
dei preti che si era scatenata. La storia del celibato è anche storia della degradazione
femminile e di frequenti aborti e infanticidi; è anche storia del clero divenuto una
minaccia per le mogli e le giovani donne delle parrocchie, è anche storia di
sacerdozio ed episcopati divenuti sempre più ereditari; è storia dei peggiori scandali
verificatisi nella stessa Roma con i papi al primo posto nella classifica dei libertini; è
storia dell'infame cullagium, cioè la tassa sul sesso che preti, vescovi e papi
dovevano pagare per poter avere una concubina; è storia di monasteri e conventi
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dove imperversava la promiscuità; è anche storia di una gran quantità di figli di cui
nessuno sa chi siano i padri; è anche storia del permesso dato ai figli di preti di
prendere gli ordini per non rischiare l'estinzione della classe sacerdotale. Il celibato
risulta essere più che un «gioiello prezioso» della Chiesa una macchia sul nome del
cristianesimo.
Come nel caso del divorzio, anche in quello del celibato fu l'Occidente a staccarsi
dalle antiche tradizioni. Approfondendo la storia si scopre che per Gregorio VII il
celibato non aveva tanto a che fare con un'esistenza casta, quanto con l'indipendenza
della Chiesa dall'interferenza dei laici. Quel pontefice sognava un regno di Dio sulla
terra, che disponesse dei benefici e dei profitti dei parroci, come di preti sciolti da
ogni vincolo, per disporne più liberamente e facilmente come è nel caso dei preti
monaci. Non pochi ecclesiastici considerarono papa Ildebrando un eretico che aveva
dimenticato la parola di Cristo e quella dell'apostolo Paolo.
Il rischio della scomunica
Le violazioni del celibato furono nei secoli punite con la scomunica, il carcere, con
pene pecuniarie, con la fustigazione e la bastonatura, con la riduzione in schiavitù
delle mogli dei preti, con l'invalidazione di validi matrimoni e la separazione forzata
dei coniugi, con la proibizione di prender parte al matrimonio e alla sepoltura dei
figli, con la proibizione di seppellire le mogli dei preti con rito ecclesiastico. Da
sottolineare: poiché le violazioni del celibato spesso furono punite con pene
pecuniarie, il matrimonio dei preti ebbe un ruolo notevole nella diffusione della
Riforma luterana in quanto questa portò a molti trasgressori un guadagno
economico, consistente nell'evitare l'esosa pena pecuniaria.
S. Bonifacio (VIII secolo) in Germania trovò una grande depravazione tra vescovi e
sacerdoti. Che fare? Si doveva biasimare il clero o la disciplina impostagli? Dopo la
constatazione che la legge imposta procurava solo corruzione, ribellione e scandali,
la decisione più ovvia era di abolirla. Questa la soluzione logica per chi aveva
veramente a cuore il «bene» della Chiesa. Ma poiché lo scopo principale e
prevalente è sempre stato di mantenere I «beni» della Chiesa, il nepotismo dei papi
medievali e rinascimentali finì con l'essere doppiamente oltraggioso; infatti dando
questi «celibi» gran parte dei beni ecclesiastici ai parenti, resero il celibato privo di
qualsiasi scopo.
In molte diocesi la religione scomparve proprio a causa del celibato. Nel 1562
Agostino Baumgartner, rappresentante del duca Alberto di Baviera, in un discorso al
Concilio di Trento, sottolinea che «la maggioranza delle provincia protestanti della
Germania sarebbe rimasta fedele a Roma se Roma sulla questione secondaria del
matrimonio dei preti, avesse mostrato accondiscendenza».Ma i padri conciliari
furono sordi. Paolo Sarpi disse che lo Spirito Santo era venuto a Trento dentro una
valigia preparata a Roma. Gregorio VII non esitò a rivolgersi alle autorità civili per
imporre il celibato e molti altri papi hanno continuato nel corso dei secoli su quella
linea. In Italia con il Concordato del 1929 lo Stato è diventato il «braccio secolare»
nella persecuzione degli ex preti e religiosi.
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Comunità «matrigna»?
La Chiesa, che è chiamata a essere la comunità dell'amore, qui si rivela matrigna.
Diversi giuristi e uomini di cultura si sono schierati per l'abrogazione dell'articolo 5
concordatario per l'incompatibilità con le norme della Costituzione. Cesare Magni
ha sostenuto che le norme sui diritti di libertà riguardano tutti gli individui, cioè sono
inderogabili e non consentono eccezioni; però una volta sanciti, è stata dichiarata
l'incapacità giuridica degli organi dello Stato a limitare o sopprimere i diritti
fondamentali di libertà nei confronti di tutti gli individui, nessuno escluso. Ogni
eccezione sarebbe viziata di incostituzionalità. Gramsci nel 1932 definì gli ex preti
«i paria» della società italiana.
La Chiesa, a danno dei suoi preti ribelli, ha usato sia violare il diritto naturale come
al primo Concilio Lateranense (1123), sia infrangere i diritti costituzionali come nel
Concordato (1929).Perchè così impone il sistema ecclesiastico. Perché certi poteri
occulti sono osteggiati mentre altri, altrettanto nefasti e iniqui, sono ignorati, avendo
così massima libertà di ledere impunemente qualsiasi diritto del cittadino? Vuole
davvero essere l'Italia uno Stato sovrano e indipendente? Che cosa aspettano i
parlamentari ad adeguare il Concordato alla Costituzione superando questa anomalia
che è causa di tante ingiustizie per I 10.000 ex preti italiani? La cecità e la sordità di
chi è al potere mi costringono a porre certe domande che evidentemente attendono e
meritano risposte «credibili» per chi ha conosciuto persone e vicende «incredibili».
L'ultima notizia incredibile è che questo papa è stato proclamato santo: san Gregorio
VII.
Il presente articolo è tratto da Riforma - SETTIMANALE DELLE CHIESE
EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI Anno 143 - numero 6 - 9
febbraio 2007. Ringraziamo la redazione di Riforma (per contatti: www.riforma.it )
per averci messo a disposizione questo testo
Martedì, 06 febbraio 2007
AVVISO AI NAVIGANTI
Suggeriamo alcuni siti internet dove è possibile trovare documentazione
sulle problematiche
affrontate da
VocatioCHIESA CATTOLICA
LETTERA
APERTA
ALLA
www.vocatio.it
http://nuovisacerdoti.altervista.org
Egr.
Direttore,
www.noisiamochiesa.it
faccio molta fatica a comprendere il dibattito apertosi nella Chiesa Cattolica
www.donne-cosi.org
dopo la pubblicazione della esortazione apostolica “Sacramentum caritatis”, di SS.
www.ildialogo.org/pretisposati/
Papa Benedetto XVI, un documento che sulla base delle anticipazioni di stampa,
http://web.tiscali.it/chiesalternativa/
molto
ampio e in larga misura condivisibile, per ridurlo solo a strumento di
www.cdbitalia.it
interferenza
sulla discussione apertasi nel Parlamento Italiano, sulla
www.viottoli.it
regolamentazione
legislativa delle coppie di fatto e più in generale sul ruolo della
www.chiesaincammino.org
famiglia nella nostra società.
Va detto che fare una legge che riconosca diritti ma anche doveri ai coniugi
conviventi, non deve scandalizzare nessuno, ma deve essere accolta come una norma
che di fatto recepisce e realizza quanto stabilito dalla nostra Costituzione che all’art.
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“EX PRETE” -
DIRLO A MIA FIGLIA
E’ uscito nel novembre 2005 (ed. Frorias) questo libro
autobiografico di Angelo Ledda, licenziato in teologia alla
pontificia Università di Cagliari e laurea in pedagogia nella
Facoltà di Cagliari con una tesi sull’Educazione nei Seminari per la
formazione del clero. Parroco per quindici anni in Sardegna, poi si
è dedicato all’insegnamento.
E’ un libro eccezionale, che spesso porta lacrime mentre lo si legge per la
sua autentica sincerità e sensibilità umana.
Ultimo di otto figli, con padre pescatore che muore quando l’autore
aveva cinque anni.
Sentiamo le sue parole a pg. 21:” La famiglia di mia madre apparteneva a
quella numerosissima classe sociale di
diseredati al limite della
sussistenza, occupata solo saltuariamente in lavori stagionali legati ad
un’agricoltura e ad una pastorizia arcaiche.
Quasi tutti abitavano in casette minuscole per lo più di uno o due
ambienti che ospitavano i genitori,e, di solito, numerosissimi figli.
Mia madre aveva portato al mondo undici bambini, tre dei quali vissero
solo alcuni mesi.
Le difficoltà di allevare la numerosa prole in modo adeguato aumentarono
notevolmente durante la seconda guerra mondiale. Quando poi, alla fine
degli anni quaranta, restò vedova, nutrire e vestire tutti diventava
un’impresa quasi impossibile.
Dopo la morte di mio padre a casa, all’ora di pranzo e di cena,
raramente compariva la tavola imbandita…”.
A pg. 35 scrive:” In parrocchia trovavo attrazioni che in altri ambienti non
esistevano.
Nei locali parrocchiali si poteva praticare il tennis da tavolo e vari altri
giochi. Un vice parroco aveva anche fondato una squadra di calcio con
tutti i giovani dell’Azione Cattolica, che noi ragazzini seguivamo con tanto
entusiasmo…Partecipavo agli incontri che la diocesi di Iglesias
organizzava per i chierichetti di tutte le parrocchie, della durata di tre
giorni…” A pg. 39 troviamo:”Avevo ormai quasi undici anni e successe
qualcosa di nuovo che avrebbe cambiato la mia vita.
Frequentavo l’ultimo anno delle elementari. Mi trovavo insieme ad altri
due o tre bambini, dietro l’altare della chiesa parrocchiale e cantavamo la
Messa accompagnati dall’harmonium suonato da un seminarista di Teulada
che già indossava la sottana. Si chiamava Pietrino Loi.
Durante un intervallo tra i canti questi mi chiese se avessi voluto anch’io
andare in Seminario per studiare da prete…”
50
Nella PREFAZIONE a pg 11, parlando dei Seminari, l’autore fa questa
riflessione:” Senza dubbio i superiori dei Seminari proposti alla formazione
dei sacerdoti erano sospinti da ideali che ritenevano alti e nobili. Sento
invece di affermare che le disposizioni che regolavano la formazione
seminaristica erano finalizzate non alla costruzione di propagatori, liberi e
maturi, del messaggio di liberazione e di salvezza, ma di strumenti passivi a
vantaggio soprattutto della istituzione e del potere della Chiesa. (…)
Il contradditorio pontificato di Giovanni Paolo II , a distanza di secoli
dai fatti, ha solennemente chiesto scusa per alcuni gravi errori della
Chiesa: le guerre di religione, l’attribuzione al popolo ebraico della
responsabilità della morte di Gesù (popolo deicida), l’utilizzo della tortura
nei processi, la condanna a morte delle “streghe” e degli eretici.
Nessun ripensamento invece si è verificato intorno alla figura e al ruolo
del prete, al quale non viene ancora riconosciuta la libertà dei figli di Dio e
alcuni diritti umani fondamentali. (…)
Mi riterrei soddisfatto se queste pagine servissero anche soltanto a far
comprendere domani a mia figlia, oggi in tenerissima età, che il padre, pur
avendo commesso degli errori, non l’ha messa al mondo dopo aver tradito
una promessa fatta da giovane, ma esercitando un diritto inalienabile che
ha permesso la realizzazione di un disegno scritto nella mente di Colui che
dona lo spirito di vita per amore”.
L’autore, a pg. 49, ci descrive alcuni principi su cui era fondata la
formazione seminaristica:”Noi ci trovavamo in Seminario perché scelti dal
Signore e grande era la nostra responsabilità. Era nostro dovere
prepararci sin da piccoli…dovevamo considerarci dei privilegiati, destinati
a tante soddisfazioni e gioie spirituali anche in questa vita.
In fondo avremmo ricevuto molto di più di quello a cui dovevamo
rinunciare.
Il sacerdote rinunciava a farsi una famiglia? Ma le anime a lui affidate
rappresentavano la sua grandissima famiglia, i parrocchiani sarebbero
stati i suoi figli spirituali.
Non avrebbe potuto avere una sposa e una moglie terrena? La Chiesa,
sposa di Cristo diventava la sua sposa. E poi quante persone si erano
pentite di essersi sposate!”. (…)
Tenevo anche sempre presente ciò che stimati predicatori ci avevano
insegnato: Dio dall’eternità ha un progetto per ciascuno di noi; se usciamo
per nostra responsabilità da questo disegno, nel nuovo stato non ci
concederà le grazie necessarie per la nostra salvezza eterna…”. (pg..100).
Nelle pagine 155-160, Ledda ci racconta che alcuni mesi prima
dell’ordinazione sacerdotale scrive una lettera al vescovo per chiedere di
posticipare di un anno la sua ordinazione per avere maggior tempo di
riflessione. La sua lettera resterà senza risposta: un mese prima della
scadenza normale della sua ordinazione, il rettore del Seminario lo chiama
51
per un incontro e gli fa capire che se avesse qualche problema riguardo al
celibato non si doveva preoccupare, “perché tra non molto sarà reso
facoltativo”. (pg.159).
Nell’ultima parte del libro, l’autore racconta la sua posizione di viceparroco
e poi di parroco. Siamo negli anni del dopo Concilio. I suoi punti di
riferimento sono la “Cittadella” di Assisi, padre David Maria Turoldo, padre
Balducci, Giancarlo Zizola, mons.Bettazzi ecc. Siamo anche nel tempo dei
due referendum sul divorzio e sull’aborto in cui la gerarchia ecclesiastica
uscì amaramente sconfitta. Molti preti abbandonano il ministero sacerdotale
perché vedono la Chiesa istituzionale più al servizio della legge e del potere
che al servizio dell’uomo.
A pg.191 Ledda fa questa riflessione:” Mi sono sempre chiesto quanto sia
stato e sia decisivo per la perseveranza nello stato clericale il fatto che la
stragrande maggioranza dei sacerdoti non abbia avuto e non abbia
alternativa di introito finanziario…il pane quotidiano..
Questo aspetto, da parte della Centrale Romana, è stato appositamente
programmato, non è scaturito automaticamente e logicamente da principi
ascetici o teologici. In un passato remoto soprattutto, ma anche nel recente,
si sono verificati casi penosi di sacerdoti che avevano lasciato per scelta
personale o perché sospesi dall’autorità ecclesiastica: come conseguenza si
erano ridotti a vivere di umilianti espedienti o addirittura, abbandonati da
tutti, terminarono i loro giorni in ricoveri o in strutture per malati di
mente”.
A pg 196 l’autore continua in questo tono:” Da Costantino in poi,
intraprendere la carriera ecclesiastica ha sempre significato partecipare in
qualche misura alla gestione di un potere temporale e raggiungere una
sicurezza economico-finanziaria.
Nelle antiche e trascorse civiltà , come in quelle moderne e
contemporanee, il “gestore” del sacro, che si è proposto quale
intermediario tra l’uomo e la divinità, ha rivendicato a favore di questa una
parte dei beni materiali, che poi ha gestito in proprio e per lo più a proprio
vantaggio…
La Chiesa cattolica, per glorificare il suo Dio, ha ricuperato lo sfarzo, lo
splendore e la magnificenza del tempio e della reggia degli antichi popoli e
imperi, vanificando lo spirito della rivoluzione di Gesù nella sua
rivelazione messianica alla Samaritana”.
Angelo Ledda a pg. 204 racconta che in qualche assemblea diocesana dei
preti aveva proposto di mettere all’ordine del giorno la discussione di alcuni
casi di confratelli che avevano abbandonato il ministero sacerdotale, ma il
vescovo non aveva permesso la discussione.
A pg. 214 Ledda sottolinea il fatto che in Sardegna nel 1968 uscì un libro
di don Salvatore Fiori in cui dimostrava, alla luce delle Scritture, della
Tradizione e dei segni dei tempi, l’opportunità del celibato facoltativo per il
clero cattolico.
52
Subito dopo sottolinea il fatto abbastanza grave che in occasione del
questionario, promosso dalla CEI nel 1970, sul celibato obbligatorio presso
tutti i preti della diocesi, i risultati presso la Curia vescovile erano stati
manipolati . E questo fatto è avvenuto anche presso altre diocesi (n.d.r.).
Questo libro autobiografico termina con le pagine in cui l’autore racconta il
suo matrimonio civile, poi quello religioso e con questa conclusione:” Ho
capito che si può condividere nell’amore la vita con una persona e sentire
aumentata la capacità di voler bene a tutti…
Ho scoperto che nel cuore dell’uomo un amore, pur immenso, non
necessariamente è esclusivo.
Mi sono convinto che non esiste un amore sano che divide, perché per sua
natura tende ad unire ed espandersi..
Dalla vita ho capito che appropriarsi di Dio per costituire e conservare
una struttura di preminenza e di potere sugli altri, pretendere di essere i
soli a parlare in Suo nome, vietare, punire e uccidere in Suo nome, in altre
parole, impadronirsi di Dio e del sacro, ha portato e porterà solo a
dominare sugli altri.
Una concezione di Dio di parte e un uso strumentale della religione può
inaridire la capacità di amare e rendere sterile la vita”.
a cura di Lorenzo Maestri
L’ULTIMO TABU’
di Maria Corbi e Giacomo Galeazzi, Cairo editore
Le più recenti ricerche sui nostri tabù
LA GRANDE STAMPA SCOPRE LA PSICOLOGIA
Tabù & Totem, due vocaboli ormai entrati nel linguaggio comune
eppure così lontani anche nell' origine: il primo proviene da un'arcaica
lingua polinesiana, l'altro indica il feticcio onorato nella notte dei tempi.
Eppure vicinissime alla nostra vita quotidiana, queste due parole,talmente
vicine che fanno parte ( spesso a nostra insaputa ) della nostra stessa vita
psichica.
Scoprirequanto incidano tali realtà nella vita di ogni giorno,
costituisce il nerbo della ricerca di Carlo Vaj, lo psicologo laurianese che
già due anni fa ha riassunto i suoi studi nel volume Totem & il briccone.
Ora, anche la stampa divulgativa apre al grande pubblico ciò che in
passato attirava l'interesse dei soli studiosi. Lo fa il libro L'ultimo tabù, di
Giacomo Galeazzi e Maria Corbi, giornalisti de LA STAMPA , che su questo
tema tema intervistano lo piscoterapeuta Vaj. Come per ogni realtà
53
sconosciuta ci si potrebbe porre la domanda neppure troppo retorica: Tabù,
chi è costui ? Tabù è ciò che temiamo di più, il terrbile proprio perché
inconoscibile, ma anche l'innominabile, così tanto che per esprimerlo si è
dovuto ricorrere a una parola inesistente nelle lingue civili.
-Ma che cosa è temuto nella vita di ogni giorno, così tanto che non
se ne può neppure parlare? E' la domanda provocatoria che rivolgiamo allo
psicoterapeuta, anche se crediamo di conoscere già la risposta: - Ma è
chiaro, si tratta di Eros, il piacere, quello che è proibito al più alto grado!
E, se ciò può sembrare sorprendente nell'era della cosiddetta libertà
sessuale, si tratta di semplice apparenza: la nostra psiche non può fare a
meno di tabù, a tal punto che, se non ci fossero, occorrerebbe inventarseli. Ed è proprio ciò che accade - afferma Vaj - l'ultimo tabù è quello
ammantato di sacro, è la vita affettiva ed erotica delle persone che vestono
l'abito religioso, dei preti e delle monache, appunto.
Potrebbe sembrare che l'argomento, seppure appassionante,
interessi una ristretta cerchia di persone ma, a ben guardare, Eros è sempre
un tema d'interesse generale- precisa l'esperto - Pensiamo al gran parlare
che si fa delle cosiddette 'unioni di fatto'
Una realtà talmente banale da sembrare un luogo comune, eppure
diventata sotto il dominio di totem e in certi ambiti quasi una parolaccia.
Così sappiamo che i politici già si sono concessi, nella legislazione, ciò che
negano ai cittadini e ne trattano come fosse un'ignominia. Viene in mente
George Orwell ne 'La fattoria degli animali': ' Di certe cose non si può
parlare, anche se non è espressamente proibito , come in epoca vittoriana
non andava fatto di nominare i pantaloni davanti a una signora...'
Orbene tutto ciò è tabù. E non lo sarebbe se non ci fosse il suo
compagno di merende inseparabile, Totem, appunto. Perché Totem è il
produttore di tabù. Non ci sarebbero divieti , se non ci fosse chi li
costruisce, il Totem dei Totem. Il discorso si fa avvincente e le domande si
affollano: Come liberarsi di Totem e di tabù, perché è ovvio che questi due
ospiti indesiderabili sono come due sanguisughe che succhiano felicità e
rendono la vita insopportabile... A questa e ad altre domande risponde il
libro L'Ultimo tabù che è in libreria dal 22 febbraio.
Ma, già ne anticipa i contenuti un articolo di Terry Marocco sul
numero di Panorama, in edicola il 16 febbraio. Non resta, quindi, che
augurare buona lettura.
a cura di Carlo Vaj
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GAY E LESBICHE IN PSICOTERAPIA
di Paolo Rigliano e Margherita Graglia, Raffaello Cortina editore
Milano 2006, pg. 352, euro 29
I due studiosi, noti in tutto il mondo della ricerca per le loro
competenze sul terreno della psicologia, della psicoterapia e della
psichiatria, hanno colmato un vuoto.
Mentre le persone gay e lesbiche si sono rese sempre più visibili e vengono
allo scoperto, “gli psicoterapeuti e gli psichiatri sono rimasti in silenzio e al
buio e sono come ammutoliti. La riflessione teorica e clinica è misera e il
confronto pubblico assente” (pag. IX).
Nella loro introduzione al volume, Rigliano e Graglia si
domandano se sia proprio vero che gli psicoterapeuti, abilitati o almeno
abituati da una lunga storia di potere a stabilire cosa fossero gli
omosessuali, ad indicarne le più intime perversioni e a snidarne le cause
morbose, si siano ritirati nell’ombra di un meditativo silenzio.
Con un linguaggio piuttosto tagliente e inconsueto, gli autori
parlano di molti “rapporti terapeutici” diventati vera e propria persecuzione.
“Questo libro si rivolge espressamente a tutti gli psicologi, gli psichiatri e
gli psicoterapeuti, di ogni scuola e indirizzo, che operano all’interno dei
setting e delle istituzioni più diverse. Sono loro, infatti, ad avere un enorme
potere di condizionamento e, dunque, un’enorme responsabilità. Come la
storia ha dimostrato, troppo spesso sono rimasti acriticamente supini di
fronte ai luoghi comuni, ai pregiudizi e all’oppressione sociale. O sono stati
promotori di persecuzione” (Ivi, pag. X).
Tutto il volume, nella sua stringatezza e nel suo rigore, nella sobria
valorizzazione dei dati acquisiti e nella lucida formulazione delle ipotesi,
coinvolge il lettore e la lettrice in un confronto serrato anche con la propria
personale cultura, con gli atteggiamenti profondi, le emozioni spesso non
riconosciute.
Ma ci sono pagine che mi hanno ricondotto ad una esperienza per
me assai ricorrente. Quante volte incontro genitori che, sgomenti, mi
parlano con angoscia del loro figlio/a omosessuale, che mi chiedono di
convincere il figlio a “farsi curare”, come se dall’omosessualità si dovesse e
si potesse guarire….
E spesso, vittime dell’ideologia eterosessuale dominante, gli stessi
omosessuali vivono una omofobia interiorizzata: “Gli omosessuali sono
talmente indotti da sempre a considerarsi malati che a volte capita che si
percepiscano come tali: in ciò consiste la nostra vera malattia, l’illusione di
55
malattia che può anche arrivare a farci ammalare veramente” (Mieli, citato a
pag. 52).
Ma il lettore potrà spaziare e documentarsi su tematiche di estremo
interesse. Penso alle lunghe e documentatissime pagine (143 – 208) sulle
“terapie riparative tra presunzioni curative e persecuzione”, in cui Paolo
Rigliano descrive i cardini ideologici e le pratiche terapeutiche che si
prefiggono di bloccare la liberata autocoscienza delle persone omosessuali
“vestendo con nuovi abiti i vecchi pregiudizi” (pag. 145).
I terapeuti “riparatori” mirano a convertire gli omosessuali alla
sana eterosessualità spacciando per scienza tutti i pregiudizi oppressivi
sacralizzati da una lettura fondamentalista della Bibbia. Va da sé che simili
pratiche hanno purtroppo la ampia benedizione del magistero cattolico.
Ma “è violenza obbligare l’altro a far propri sogni non suoi, a far
propria una forma di vita che non gli appartiene e che lo nega radicalmente
in ciò che ha di più inalienabile e personale: la libertà di costruire un legame
d’amore con chi gli corrisponde” (dalla introduzione).
Nicolosi è in Italia l’Autore che ha promosso da anni le terapie
riparative. Per lui l’omosessualità deriva da un difetto di identificazione
sessuale. “Essere uomo ed essere donna può e deve significare solo essere
eterosessuale. Essere omosessuale significa voler negare la propria intera
identità… Ecco perché l’omosessuale deve venire descritto sempre come
sofferente, patologico, fallito” (pag. 168). Curare in assenza di malattia non
sembra né una allegra prospettiva né un’ onesta terapia.
Nel libro trova posto anche una riflessione sulle persone
transessuali che fornisce al lettore imprescindibili informazioni di base. Si
tratta di un argomento negletto come pochi altri.
In realtà “Uomini che si sentono donne e donne che si sentono uomini,
vogliono vivere ed essere riconosciuti come appartenenti al sesso opposto,
costituiscono un fenomeno sempre più diffuso nella nostra epoca. Sono tali
le persone che vengono generalmente raggruppate sotto il nome di
transessuale” (pag. 281).
Basterà scorrere il titolo dei capitoli per trovare la voglia di leggere
questo libro dalla prima all’ultima pagina.
a cura di Franco Barbero
(CDB-Pinerolo)
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PERCHE’ LE DONNE NON SANNO LEGGERE LE CARTINE
E GLI UOMINI NON SI FERMANO MAI A CHIEDERE
a cura di Allan e Barbara Pease – Sonzogno ed. Milano 2003
la magia del tocco
"Il contatto può avere un'azione vivificante. I primi test condotti
sugli scimpanzé da Harlow e Zimmerman hanno dimostrato che la
mancanza di contatto portava i piccoli a depressione, malattia e morte
prematura. Risultati simili sono stati riscontrati nei bambini trascurati dai
genitori: uno studio importante condotto su bambini di età compresa tra
dieci settimane e sei mesi ha indicato che i figli delle madri a cui era stato
insegnato ad accarezzare il loro bambino erano molto meno inclini a
contrarre raffreddori o a soffrire di vomito e diarrea, rispetto a quelli privi
di contatto materno.
Altre indagini hanno rivelato che la velocità di ripresa di pazienti
nevrotiche o depresse dalle crisi era direttamente correlata con il numero
di volte in cui queste venivano abbracciate e con la durata degli abbracci.
L'antropologo James Prescott ha effettuato uno studio pionieristico sul
rapporto tra educazione infantile e violenza e ha scoperto che le società in
cui i piccoli venivano raramente coccolati presentavano i tassi più alti di
violenza tra la popolazione adulta, mentre i bambini che ricevevano affetto
e carezze diventavano, di solito, adulti più sani e felici. Molestatori e
pedofili avevano in genere alle spalle un'infanzia spesso trascorsa in
istituti, caratterizzata dal rifiuto, dalla violenza, dalla mancanza di affetto.
Molte culture, in cui la tradizione del contatto fisico tra esseri
umani non è presente, amano cani e gatti, poiché gli animali permettono
loro di sperimentare questo contatto mediante le carezze. La pertherapy,
oggi molto diffusa, si è peraltro rivelata un metodo prezioso per aiutare
diversi pazienti a vincere la depressione e altri problemi mentali" (p 41).
Una donna è 4-6 volte più incline a toccare un'altra donna durante una
conversazione rispetto a quanto non si verifichi tra uomini (p 42)
"La ricerca ha dimostrato che la matrice del corpo e del cervello
del feto umano presenta una struttura femminile ed è per questa ragione
che gli uomini possiedono alcune caratteristiche femminili superflue, quali i
capezzoli. (…)
Oggi sappiamo che sei-otto settimane dopo il concepimento un feto
maschio riceve una prima dose massiccia di ormoni maschili, gli
androgeni, atti a formare i testicoli, e una seconda, destinata a trasformare
la struttura cerebrale da femminile a maschile.
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Se il feto non riceve le dosi adeguate di ormoni maschili al
momento giusto, può verificarsi quanto segue: il bambino può nascere con
una struttura cerebrale più femminile che maschile (in altre parole è molto
probabile che diventi gay una volta raggiunta la pubertà) oppure può
nascere con un cervello dotato di struttura completamente femminile e con
genitali maschili. Sarà un transessuale, ossia un individuo biologicamente
appartenente a un sesso, ma consapevole di essere di quello opposto.
Esiste anche la possibilità che un feto geneticamente maschio nasca con
genitali maschili e femminili.
Nel suo libro innovativo, Brainsex, la genetista Anne Moir
documenta i numerosi casi di bambini geneticamente di sesso maschile che,
nati con sembianze femminili e cresciuti come femmine, nell'età
adolescenziale hanno "sviluppato" pene e testicoli.
(…) L'omosessualità è una questione genetica, non una libera
scelta. Non solo è innata, ma l'ambiente in cui cresciamo gioca, in ordine al
nostro comportamento, un ruolo minore di quanto non supponessimo.
Gli scienziati hanno scoperto che gli sforzi che i genitori compiono
per reprimere le tendenze omosessuali nei figli non sortiscono alcun effetto;
inoltre, dato che l'influenza dell'ormone maschile (o della sua assenza) sul
cervello è la principale responsabile di tali tendenze, gran parte degli
omosessuali è di sesso maschile. (…) Per ogni lesbica (un soggetto con
corpo femminile e un cervello maschile) vi sono approssimativamente dieci
uomini gay" (pp 161-164).
(da Uomini in cammino – Beppe Pavan)
IL TRAMONTO
DELL’UOMO RELIGIOSO
di Piero Barbaini, Galeatica ed. 2007
Prima parte
I decade: il dio di cui si parla non esiste
II decade: la fuoriuscita dai sistemi di religione
III decade: il cristianesimo e la condizione umana
Seconda parte
Cap. primo: le chiese nel processo storico di scomparsa della religione
Cap. secondo: l’essenza della religione e la struttura del sacerdozio
Cap. terzo: il mutamento nella società e la metamorfosi nelle chiese
Cap. quarto: la cultura nella chiesa
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12345678910-
Storia e cultura
La religione fra storia e cultura
L’avvento della chiesa e la nuova identità della religione
Lo scontro fra chiesa e cultura
La cultura moderna e la trasformazione della chiesa
Il ricupero del cristianesimo come cultura di trasformazione
La chiesa cattolica
La contraddizione cattolica nel sec. XX
Il fallimento del Wojtylismo
La libertà della cultura e il disincanto nella chiesa
Cap. quinto: la democrazia nella chiesa
Cap. sesto: la laicità nella chiesa
Cap. settimo: l’avvenire di un’alternativa nella chiesa
(il volume, al prezzo di  5, spese di
spedizione incluse, può essere richiesto
direttamente a Lorenzo Maestri
tel. 0332 534161
email: [email protected])
AMICI DI PERCORSO
La solarità del sorriso è stata la costante che accoglieva chiunque lo incontrava e che
accompagnerà sempre chi lo ricorda. Parliamo di Franco Maggiotto che ha
percorso con noi un lungo tratto di strada e che ci ha lasciati il 20 dicembre '06.
Assertore convinto della compatibilità fra sacerdozio e matrimonio, ha difeso la
semplicità evangelica contro ogni forma di ipocrisia farisaica. Ottimo conoscitore
della scrittura biblica, ha diffuso fra gli amici e gli esperti, anche a livello
internazionale, le sue competenze. Le sue doti di leader gli hanno permesso di
fondare e di guidare alcune comunità di fede, tra le quali ricordiamo quella di
Alpignano e quella di Finale ligure. I primi fruitori della sua bontà sono stati i
familiari, la moglie Aurora e i figli Tabita e Alberto. A loro siamo vicini nel
momento del dolore. Franco riposa nel cimitero valdese di Angrogna in Val Pellice,
dove è stato accompagnato da un centinaio di amici i cui sentimenti sono stati
espressi con grande emozione da Franco Barbero, compagno di ideali e di vita.
Circa un mese più tardi, il 10 febbraio 07, abbiamo
accompagnato nel grande passaggio Rino Monsini, che di Franco era amico sincero
e che con lui condivideva gli ideali di una chiesa conciliare più vicina alla gente e
più evangelica. Di Rino ricordiamo la pacatezza e la forza delle sue convinzioni,
l'accoglienza estesa a tutti coloro che bussavano la sua porta. Sul suo letto di
sofferenza si avvicendavano gli amici e le espressioni comunitarie della terra
casalese, sacerdoti sposati e altri operanti nel ministero, uniti nella considerazione e
nella stima dell'uomo integro e buono. Amante della natura in tutte le sue
espressione, era attratto in particolare dall' universo astronomico e dai misteri del
cosmo. Ora le sue energie vagano in quel mondo alla scoperta di nuovi percorsi.
Alla moglie Anna e ai figli la vicinanza del gruppo di Vocatio. Grazie Rino.
Carlo Vaj
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LETTERE AL DIRETTORE
RISPOSTA DI UN PRETE SPOSATO AL CARD. RE
SU MONS. MILINGO
E’ ridicola e contraddittoria l’implorazione del card. Re
all’arcivescovo Milingo di recedere dalla Prelatura dei Preti
Sposati nel nome della Chiesa di Pietro se lo stesso Pietro, primo
papa voluto da Cristo, era sposato con Perpetua ed aveva una figlia,
Domitilla. Gesù ebbe anche modo di guarire la suocera di Pietro
(Mt. 8,14).
E Pietro, prima di tornare l’ultima volta a Roma dai suoi viaggi
apostolici per essere crocifisso da Nerone, affidò sua moglie e sua figlia ai
cristiani della Liguria, come testimonia l’antichissima abbazia di “san Pietro
sul monte Carmo” a Bardineto (Savona).
Fu la Chiesa medioevale del secondo millennio a imporre il celibato al
clero nel 1139 con papa Innocenzo II affinché i beni ecclesiastici non
venissero dispersi in divisioni ereditarie.
Celibato innaturale che da allora produsse i crimini della clandestinità
delle famiglie del clero, con figli clandestini, aborti, situazioni disumane
giudicate ipocritamente illegali dai tribunali dell’Inquisizione ecclesiastica
che fece salire al rogo milioni di persone innocenti.
L’allontanamento, sempre contro natura, dei minori dalle loro famiglie
per rinchiuderli nei seminari secondo le norme del concilio di Trento del
1545, incominciò a creare situazioni di squilibri mentali e deformazioni
sessuali come la pedofilia , che è sulle cronache quotidiane di tutto il
mondo, per opera di cardinali, vescovi, monsignori e parroci.
Non sono quindi i preti sposati, signor card. Re, a dover chiedere perdono
alla Chiesa di Pietro, ma tutta la più alta gerarchia ecclesiastica.
Sanremo, 24 gennaio 2007
Antonio de Angelis, prete sposato
Via Baracca 28 – Poggio di Sanremo 18038
tel. 0184 515048
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AL DIRETTORE DI “SULLA STRADA”
Dopo la trasmissione di La 7 “L’Infedele. In memoria di Piergiorgio
Welby”.
Secondo la strana dottrina cattolica antieutanasica, ferocemente biofila,
Cristo avrebbe dovuto sgommare mille miglia lungi dalla croce per morire
ottuagenario.
Sino allo stremo morbosamente incollato allo scoglio della
vita. Come una cozza, come un cardinale.
Sac. Dr. Franco Ratti
Fondatore e Presidente del MO.CO.VA.
(Movimento Concilio Vaticano II)
www.mocova.org
Monopoli (Bari)
UNA LETTERA DI ALBERTO STUCCHI
E UNA RISPOSTA DI CORRADO AUGIAS
L’addio alla Chiesa per amore di una donna
Caro dottor Augias, sono un ex sacerdote, fino al 2002 Priore del Monastero
Cistercense di Chiaravalle Milanese da cui sono uscito per amore di una
donna, Elena, con cui sono oggi felicemente sposato civilmente. La mia
posizione nei confronti della Chiesa istituzionale ha subito un’evoluzione
negli anni.
Nei primi tempi il mio/nostro entusiasmo portava a pensare che in nome
dell’amore evangelico potessimo offrire testimonianza rimanendo
all’interno della Chiesa; oggi sono consapevole che la mia posizione deve
essere piú radicale. Io penso che oggi l’unico tempio sia l’interioritá
dell’uomo e che sacra sia innanzitutto la realtá della vita. Se da questo si
prescinde, come in questi giorni abbiamo constatato a seguito della
commovente vicenda di Welby, vengono alla luce solo mostri.
Una Chiesa che usa le parole come bisturi per marchiare, condannare,
esiliare, dividere, un’istituzione che usa la vita e la morte in modo
ideologico e tradisce ogni giorno il messaggio di Cristo mettendo la legge
davanti all’uomo, é un involucro vuoto e il restarne all’interno é oggi per
me impossibile.
Mi vengono in mente le parole di Padre Turoldo quando, facendo
riferimento alla parabola del Buon Samaritano ed evidenziando
l’atteggiamento del sacerdote e del levita che vanno "oltre" l’uomo ferito in
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vista di qualcosa di piú grande, dice che oltre l’uomo, non c’é niente se non,
appunto, l’inutilitá di una religione.
Alberto Stucchi
[email protected]
CORRADO AUGIAS
[email protected]
L’AMAREZZA di questa lettera mi costringe a un ruolo non mio. La chiesa
cattolica è una poderosa realtá planetaria, ma anche un insieme di interessi,
orientamenti, dottrine, realtá politiche. Si trova di tutto all’interno di un
organismo cosí diffuso e articolato, dai santi in giú, anche molto in giú.
Governarla é impresa di spaventosa difficoltá.
Se si considerano i problemi posti alla gerarchia dalla vita com’é ormai
comunemente praticata, se ne vede l’estensione. Le questioni della pillola,
del preservativo, dei rapporti prematrimoniali, per esempio, sono state
abbandonate data l’inosservanza di massa.
I piú dei cattolici ritengono loro diritto regolare come credono la fertilitá,
anche a prescindere dal flagello dell’Aids che impone il preservativo come
male minore. Messa da parte anche la spinosa questione dei divorziati
risposati. A differenza di protestanti, anglicani e ortodossi, la chiesa
cattolica continua ad avere una posizione di veto sul divorzio.
Solo ufficialmente peró, perché nella realtá si chiude spesso un occhio. Del
resto tra divorzio e sentenza di annullamento ottenuta con testimonianze
fraudolente alla Sacra Rota, il primo appare moralmente piú limpido.
L’omosessualitá é un tema ancora tabú per le gerarchie anche se parroci e
vescovi devono fare i conti con queste manifestazioni affettive ormai
accettate da tutti. Un altro problema é il maschilismo della Chiesa in un
mondo dove le donne reggono ormai governi e grandi imprese.
Un altro ancora il celibato dei preti fonte di tante violazioni.
Di fronte a questa congerie di problemi l’arroccamento (soprattutto in Italia)
é sui momenti estremi della nascita e della morte. In nome di questo si sono
rifiutati, con gesto inutilmente crudele, i funerali religiosi a un cattolico che
chiedeva solo una morte "naturale".
Domenica, 07 gennaio 2007
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LETTERA APERTA ALLA CHIESA CATTOLICA
Egr. Direttore,
faccio molta fatica a comprendere il dibattito apertosi nella Chiesa Cattolica
dopo la pubblicazione della esortazione apostolica “Sacramentum caritatis”, di SS.
Papa Benedetto XVI, un documento che sulla base delle anticipazioni di stampa,
molto ampio e in larga misura condivisibile, per ridurlo solo a strumento di
interferenza sulla discussione apertasi nel Parlamento Italiano, sulla
regolamentazione legislativa delle coppie di fatto e più in generale sul ruolo della
famiglia nella nostra società.
Va detto che fare una legge che riconosca diritti ma anche doveri ai coniugi
conviventi, non deve scandalizzare nessuno, ma deve essere accolta come una norma
che di fatto recepisce e realizza quanto stabilito dalla nostra Costituzione che all’art.
31 dice “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la
formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare
riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù.”
Le coppie di fatto tante volte nella nostra società rappresentano, non tanto una sorta
di trasgressione, ma un percorso ove un uomo con una donna con prole approdano,
dopo un determinato lasso di tempo al matrimonio istituzionale. Infatti la nostra
Costituzione non stabilisce solo i diritti della famiglia fondata sul matrimonio. Se
fosse così si creerebbe una grave discriminazione per esempio nelle cosìdette
ragazze madri che non solo devono godere degli stessi diritti e doveri della famiglia
fondata sul matrimonio, ma a mio parere dovrebbe essere maggiormente tutelate,
così come è stabilito per le famiglie numerose.
Se poi usiamo come terreno di confronto IL VANGELO, e partiamo dalla
considerazione sacro santa, che nessuno può mettere in discussione, che “La vita è il
più grande dono di Dio fatto all’uomo” dobbiamo convenire che di fronte a DIO
la vita nata in una ragazza madre, in una coppia di fatto, in un matrimonio civile o
religioso è sempre e comunque benedetta da Dio. Usare il Vangelo come clava per
instaurare nuove discriminazioni dopo le aberrazione di quelle passate, ove la vita
nata al di fuori del matrimonio era considerato peccato (favorendo
involontariamente la pratica degli infanticidi), significa aver perso la bussola della
fede in quel Dio misericordioso, morto sulla croce per la redenzione dei nostri
peccati e che ha fatto del perdono e dell’amore verso tutti gli uomini quella strada
che ha sconvolto il mondo duemila anni or sono.
Compito della Chiesa, non è quello di alzare steccati né tantomeno quello di
dividere i fedeli in cattolici di serie A o B come accade purtroppo oggi, ma di essere
aperta alla società nella quale viviamo per favorire la crescita della fede, perché il
credere in Dio possa diventare non solo un dovere ma un diritto riconosciuto a tutti.
Non sta certamente a noi, e nemmeno alla Chiesa, imporre alle coppie tempi e
metodi per arrivare al matrimonio. Compito della Chiesa è quello di favorire
l’avvicinarsi a DIO e alla religione di tutte le persone, coppie sposate o non,
soprattutto quando ci sono i bambini, perché si possano trasmettere a loro i valori del
Vangelo e della Fede. In caso contrario, con un suo atteggiamento discriminatorio, è
la Chiesa che si rende responsabile di favorire una società che si illude di poter
crescere e progredire senza DIO, rinunciando ad evangelizzare ma riducendosi ad
essere sinedrio, lo stesso che 2000 anni or sono mise in croce nostro Gesù. Il
Vangelo di oggi termina con la seguente frase di Gesù: “Io sono venuto in questo
mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono
diventino ciechi”. Lasciamo a Dio l’ingrato compito di giudicare i singoli e alla
Chiesa il compito di far crescere a tutti il dono della fede.
Cosa diversa è la questione della regolamentazione delle coppie omosessuali,
che credo che nessuno voglia equipararle alla famiglia o al matrimonio, ma che
quando sono basate sull’amore reciproco, devono avere da parte della società
63
rispetto e tolleranza.
mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono
diventino ciechi”. Lasciamo a Dio l’ingrato compito di giudicare i singoli e alla
Chiesa il compito di far crescere a tutti il dono della fede.
Cosa diversa è la questione della regolamentazione delle coppie omosessuali,
che credo che nessuno voglia equipararle alla famiglia o al matrimonio, ma che
quando sono basate sull’amore reciproco, devono avere da parte della società
rispetto e tolleranza.
Vedere la Chiesa perdersi dietro ai “DICO” quasi a diventare una sorta di partito
politico virtuale, dopo aver lasciato in questi ultimi decenni, la famiglia
completamente sola e sguarnita di fronte al dilagare dei mass media, quella cosa
mostruosa entrata nelle nostre case senza il nostro reale consenso (televisione
videogiochi Internet) e che in questi anni hanno espropriato alla famiglia il diritto dovere di educare i nostri figli, con una perdita progressiva di valori e il dilagare di
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