Sulla Strada
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Sulla Strada
SCRIVE MONS. MILINGO (Traduzione dall’inglese di Luisa Donghi Magni) USCITI DALLA CATEGORIA DI CELIBI, MA CON DOLORE E SENSO DI UMILIAZIONE South Korea 16 febbraio 2007 Il Vicario Generale dice a Jim Leewald:” Questa è una lettera di Sua Eccellenza, lei è definitivamente ridotto allo stato laicale, non sarà più il pastore dei suoi ex-parrocchiani: Non è più autorizzato a pregare con nessun gruppo di questa diocesi poiché la morte non può portare in vita i morti.”. Padre Jim quasi svenne davanti al Vicario Generale quando prese dalle sue mani la lettera di congedo e di laicizzazione: Nessuno sa dove andò a finire. Questa e altre storie simili esprimono la sorte di molti preti sposati. Ora io vorrei condividere con voi la mia profonda simpatia e comprensione per i molti preti-sposati che mi mandano e-mails. Prima di tutto vorrei mandare a tutti un semplice ringraziamento. Ho vissuto con la convinzione di essere coraggioso, di non essere facile al pianto, sempre pronto ad affrontare le avversità. Ma ora di fronte a queste sofferenze mi sento debole. Anche mentre sto scrivendo questo articolo a stento trattengo le lacrime. Voglio assicurare ai preti –sposati che noi siamo nella via giusta reclamando il nostro dono del sacerdozio, datoci da Dio, sacro per sua natura e divino sotto tutti gli aspetti. Mi sento però di voler evitare altre citazioni altrimenti ciò che voglio dividere con voi finirebbero per essere solo citazioni. Ora vorrei fare brevi considerazioni sugli stati d’animo in cui possono trovarsi i preti-sposati che vogliono condividere con me le loro sofferenze. Vi sono quelli che, ridotti allo stato laicale, ricevendo una fredda benedizione dai loro vescovi, non vogliono più saperne di loro. La maggioranza si sente guardata come manipolata dalle donne. Alcuni condividono la profonda sofferenza dei loro genitori che hanno desiderato per tutta la vita di avere un santo tra i loro figli. “Quale regalo e benedizione di Dio fu avere un “eroe” spirituale che si eleva al di sopra di una comune vita sessuale; il celibato elevato ad uno stato di Angelica Virtù vissuta da persona santificata”. Così essi credono. “E si aspettano addirittura la canonizzazione dopo la morte”. Nel giorno dell’ordinazione lacrime di gioia sgorgavano dagli occhi dei genitori del novello prete. “Non vedevamo l’ora di vivere questo momento tanto atteso” e aggiungono “finalmente è venuto il momento di ringraziare Dio per l’aiuto dato a nostro figlio nel perseverare nella sua via e per aver premiato l’intera famiglia che lo ha accompagnato con preghiere e sacrifici”. Questo Standard non può contenere tutte le storie del nostro giorno dell’ordinazione. “Questo è stato il giorno”. Tutti lo sappiamo. Non avevamo mai pensato di dover sopportare ciò che dobbiamo subire ora, bussando alla porta della nostra Madre Chiesa che non ci riconosce più come suoi figli. D’altre parte noi non stiamo più bussando, siamo “nella” Chiesa e reclamiamo il diritto di usare i nostri doni sacerdotali per servire il popolo di Dio. La nostra Madre Chiesa non si rende conto dei grandi cambiamenti nel modo di pensare del giorno d’oggi. Avverranno ancora molti cambiamenti nel genere umano. Il monopolio delle credenze e conoscenze e la convinzione di controllare la vita spirituale delle persone sono una strumentalizzazione. La conoscenza della divina rivelazione non è più limitata agli appartenenti alla categoria della Chiesa ufficiale. Essi possono essere fortunati se Dio ha lasciato loro una piccola parte di divina illuminazione. Mi sembra che anche questa piccola parte stia per esaurirsi. La conseguenza è la totale oscurità della Chiesa per un breve periodo. Proprio come accade quando in uno spettacolo teatrale lo scenario cambia. Quando la luce ritorna lo scenario prende una nuova forma che si addice ai cambiamenti che stanno per avvenire. Noi siamo consapevoli di questi cambiamenti che stanno per avvenire nella Chiesa, è un segno che non dobbiamo rimanere in silenzio. E’ per questo che stiamo lavorando con i rami secchi (le persone ai margini) nei quali si muove lo spirito che dà nuova vita al mondo. “I morti non possono dare vita ai morti”. Ha detto il Vicario Generale. I preti sposati non sono morti. Sono stati congelati, privati della loro attività pastorale. Nel tempo dovuto, che è ora, recupereranno il loro ministero sacerdotale con nuovo vigore e zelo per la salvezza delle anime. E’ sicuro che non hanno fatto un errore nella loro scelta di rinuncia al celibato per scegliere il matrimonio. Hanno realizzato ciò che la vita sacerdotale doveva essere, essendo la stato celibatario una eccezione. Perciò noi dobbiamo amare la nostra vita famigliare in modo speciale e mostrare alla Chiesa Cattolica una nuova filosofia di vita. Altrimenti non serve richiamare l’attenzione del mondo sul fatto che abbiamo basato la disputa del clero sposato su ragioni profonde allo scopo di realizzare una vita più piena e più vera. Le nostre mogli hanno arricchito la nostra vita ricambiando il nostro amore, hanno veramente riempito un vuoto che era in noi e che ci stava lentamente consumando come un tumore maligno. (Lettera dell’arc. E.Milingo all’arc. Brennan). S.Pietro Crisologo nel suo sermone 147 parla del potere dell’amore. Ciò che Dio ha portato nel genere umano, in origine, fu il Suo stesso amore verso ciascuno di noi, e ciascuno di noi deve portarlo al nostro prossimo. Il matrimonio è il fulcro e l’emanazione di questo amore divino. Questa forza, questo impulso d’amore che l’uomo ha in sé, se condotto male, può essere distruttivo. S. Pietro Crisologo dice ancora :”Se l’amore non ottiene ciò che desidera, può uccidere chi lo prova. Oppure va in direzioni sbagliate. L’amore può generare un desiderio così forte da poter trascinare verso il male”. S. Pietro Crisologo parla di un reale conflitto nei preti celibi che non sanno come soddisfare il loro naturale desiderio sessuale e possono finire, come tutti sappiamo, “con sofferenza e umiliazione”, “verso ciò che è proibito dalla legge del celibato”. Se condannassero per “essere nel giusto” sarebbe accettabile. E’ poi risaputo che spesso chi condanna un errore di un prete sta nascondendo lo stesso errore. Così dice l’Istruzione della Fede 3-5 “Cerca la massima saggezza non a parole ma conducendo una vita onesta, non a parole ma con fatti che nascono da un animo sincero e non da ciò che ci deriva da indottrinamenti falsi” (da falsa religiosità). Il celibato può diventare un “idolo” della Chiesa Cattolica. Migliaia e migliaia di preti sono stati sacrificati ad esso. La riduzione allo stato laicale spoglia un sacerdote della sua dignità Ma toglie dignità anche alla Madre Chiesa. Essa costringe anche a lunghi processi di laicizzazione, creando ulteriore ansia e disperazione. Questo non può continuare, deve finire. Arcivescovo Emmanuel Milingo LA NUOVA BRECCIA DI PORTA PIA Dopo i fatti di cui si è reso protagonista mons. Milingo, dopo l’intervento del card.Hummes (“il celibato non è un dogma”) e dopo le recenti consacrazioni di vescovi cinesi, resto sconcertato dalla scomposta reazione dei mass-media italiani (soprattutto della T.V.) e del clero italiano. E’ stato rimestato in modo scorretto l’annoso problema del celibato che da secoli è croce e delizia del clero di rito cattolico a livello italiano e mondiale. Spesso si cade e si è caduto nell’equivoco di confondere le carte in tavola. Non si tratta di consentire o meno ai preti di sposarsi, ce ne sono tanti in tutto il mondo che lo hanno già fatto col permesso o senza il permesso del Vaticano (con dispensa o no), apertamente o clandestinamente. Il problema sollevato dai fatti riferiti all’inizio è di rimettere in discussione una legge voluta dal Vaticano-Santa Sede, con un articolo del Codice di Diritto Canonico, per chiedere per i preti la libertà di scelta tra un ministero celibatario ed uno non celibatario che potrebbe anche non comportare la scelta del Matrimonio. Ed il mio sconcerto è stato aggravato dallo scomposto accaparramento da parte di alcuni giornalisti televisivi e della Radio di interviste con alcuni preti sposati italiani piuttosto conosciuti perché militanti nelle file di VOCATIO. VOCATIO è un movimento che da 30 anni si propone di sostenere non solo i preti sposati, ma anche quelli in ministero che sono in difficoltà, sostenendo la opzionalità del celibato - pur nel rispetto del carisma celibatario che tantissimi preti vivono secondo il Vangelo senza tradimenti e che va rispettato in quanti accettano e vivono come proprio Carisma – e del servizio presbiterale, che non è affatto incompatibile col matrimonio, senza cadere nel surrettizio e strumentale problema del servizio totale a Dio e del cuore diviso e della difficoltà di accudire il popolo di Dio nel ministero e la propria famiglia. Chi ha di tali problemi interpelli quanti preti sposati da anni vivono con grande ricchezza e dignità non solo la loro vita al servizio della famiglia e di quella fetta del popolo di Dio che hanno scelto di servire gratuitamente. La cosa che mi preoccupa è che alcuni carissimi amici sono caduti nella trappola tesa da questi giornalisti incompetenti ed impreparati a gestire un problema così gravoso e complicato per i tanti risvolti di cui solo i preti sposati sono a conoscenza e sui quali MAI nessuno (né la gerarchia,né parroci né altri) ha voluto sentirli perché sono ancora oggi considerati degli “ex” o dei lebbrosi o traditori da non avvicinare, proibendo loro ogni impegno in un servizio pastorale per lasciarli nella più totale emarginazione ed abbandono. Quanti preti che oggi si sono sposati, quando erano in ministero, lo hanno fatto con grandissima dignità, correttezza e competenza ed ora da sposati per la gerarchia cattolica non valgono più niente, niente per il fedele servizio prestato alla Chiesa, niente per la loro competenza, per gli studi seri ed approfonditi di teologia, per le prestigiose cariche assunte, per il fedele Annuncio della Parola!!! Ed il cui ricordo è ancora positivamente e piacevolmente tangibile. Non vorrei sembrare scorretto verso questi giornalisti, ma come giudicarli quando mettono in onda programmi televisivi addomesticati, pilotati e preparati apposta per eludere il problema, per mettere in difficoltà il prete sposato invitato e dare la parola soltanto a quelli, presenti numerosi, in ministero con l’appoggio di personaggi della strada scelti apposta per sostenere la tesi del celibato e confondere le idee? Il mio sconcerto e rammarico è esploso per il modo capzioso e scadente con cui è stata condotta la trasmissione su RAI2 “L’Italia sul 2” di mercoledi 13 dicembre scorso, nella quale è stato chiamato il carissimo e dignitosissimo prete sposato p. Fausto Marinetti. Contro di lui si è scagliato in modo offensivo nientemeno che il card.Tonini col suo modo clericale e untuoso di rivolgersi a p. Fausto che, avvilito, ha avuto solo pochi minuti per replicare alle sue insolenze schiacciato dal tempo raddoppiato concesso ai due preti presenti in studio. Senza dire che sono state riportate e scelte apposta alcune interviste di persone di strada che senza saperne niente si erano dichiarate a favore del celibato e contro il matrimonio dei preti. Che ne sa questa gente della dignità e della storia dei preti sposati e della loro vita matrimoniale e dei loro problemi che non vanno pubblicizzando ma vivono nella propria ricchezza interiore ed assieme a chi sa capirli,comprenderli ed amarli? Quanti di queste persone, giornalisti,vescovi,preti, si sono posti seriamente di conoscere i problemi dei preti omosessuali, dei preti pedofili e di quanti, pur restando ancora in ministero, hanno amanti e figli clandestini? Quanti si pongono il problema della scarsità di vocazioni al sacerdozio proprio perché tanti non se la sentono di accettare un celibato obbligatorio che non sentono come proprio carisma? Chi si pone il problema di tante suore che vivono in sofferenza la propria vocazione mentre sarebbero delle mogli dignitose? Chi si pone il problema di quei preti che hanno lasciato il ministero e che si trovano sulla strada senza titoli,senza occupazione, senza nemmeno più ,l’insegnamento della Religione Cattolica ed alla mercè di chi li assista e faccia loro compagnia? E’ facile per un vescovo o un porporato al sicuro della propria stabilità occupazionale ed economica dire a un prete sposato “pregherò per te” “Dio ti perdona se riconosci il tuo peccato”. Quale peccato? Quello di amare una donna e realizzarsi non più in un ministero non più rispettato ma in un’occupazione ed una via familiare santificata da un Sacramento per molti oggi solo un accessorio!! Spero che questa confusione e questo turbamento che stanno tormentando la vita della gerarchia e di parte del popolo di Dio allaghino la breccia aperta da mons.Milingo, dal card.Hummes e da VOCATIO, perché in tempi brevi si giunga ad una regolamentazione più evangelica della questione del celibato dei preti di rito cattolico (senza dimenticarci della dignità dei preti di rito greco-ortodosso) e che nel rispetto del servizio presbiterale ai fedeli, al popolo di Dio, alla Chiesa e nel rispetto del carisma di ciascun battezzato che intenda scegliere il servizio sacerdotale, venga deliberato il “doppio binario”quello di un presbiterato celibe e di un presbiterato uxorato. Don Renato Cervo (ass. Vocatio Via St. Anna 4 – Napoli - tel. 0815797867) GLI AMORI CLANDESTINI NEL 2003, IN SVIZZERA, SONO STATI RECENSITI 310 CASI DI RELAZIONI CLANDESTINE TRA UNA DONNA E UN PRETE, DI CUI 40 CASI NEL CANTONE DI FRIBURGO. ALCUNE RELAZIONI ARRIVANO ALLO SCOPERTO, MA IL 30 % RIMANE NELLA CLANDESTINITA’ Leggiamo questi dati sul quindicinale L’OBJECTIF di Friburgo del 6.4.2006 pg.3 a firma Pierre Jenny: “Secondo il rapporto annuale 2002-2003 della Associazione ZOFRA (Associane svizzera delle donne coinvolte dal celibato dei preti). “ I numeri sono da leggere con precauzione perché rispecchiano solo una parte della realtà…. Se alcune coppie hanno regolato il loro rapporto, tutte sono passate attraverso una fase di clandestinità più o meno lunga. E’ in queste situazioni che la ZOFRA viene in aiuto, su richiesta, alle compagne dei preti, garantendo un assoluto anonimato. Gabriella Loser Friedli, presidente dell’Associazione, che lei stessa ha vissuto 22 anni la sua relazione nella clandestinità, ci spiega:” il primo contatto avviene per telefono o attraverso Internet, quando la donna vive una situazione insostenibile. Parliamo per vedere quello che è più necessario nei tempi brevi: incontri, consigli giuridici, soldi, un nuovo lavoro, un appartamento, ecc. Soluzioni pratiche. Disponiamo di una grande rete di aiuto. ZOFRA, da quando è nata nel 2000, si è fatta conoscere presso molti medici, molti servizi sociali, presso molti studi di psicologi e di avvocati in tutta la Svizzera….Quando un prete decide di abbandonare il sacerdozio, l’Associazione lo aiuta a trovare un nuovo lavoro. (…) IL DNA del parroco Un’altra problematica è quella dei figli nati durante la relazione clandestina tra una donna e un prete. Ce ne sono una decina nel cantone di Friburgo. Quando una donna incinta ci viene a trovare, la prima cosa da fare è il riconoscimento di paternità affinché il padre prenda le sue responsabilità. Noi abbiamo già chiesto un test DNA di paternità per costringere un prete a riconoscere suo figlio. Il riconoscimento può essere fatto in modo anonimo e un’impegnativa che regola le spese di mantenimento per ciascun genitore può essere stabilito da un giudice di pace in modo privato. Ma l’aspetto nuovo che ZOFRA ha dovuto affrontare è stato quello dei figli che, diventando grandi, rifiutano di mantenere segreta l’identità del padre. Abbiamo il caso di una donna i cui figli sono in uno scontro aperto e che rifiutano la clandestinità loro imposta. Stiamo cercando di gestire questo nuovo problema”. a cura di L. Maestri INTERVISTA AL CARDINAL CARLO MARIA MARTINI (da “La Repubblica” del 16 Marzo 2007) "La Chiesa non dia ordini serve il dialogo laici-cattolici" dal nostro inviato ZITA DAZZI Il cardinale Carlo Maria Martini GERUSALEMME – "Credo che la chiesa italiana debba dire cose che la gente capisce, non tanto come un comando ricevuto dall'alto, al quale bisogna obbedire perché si è comandati. Ma cose che si capiscono perché hanno una ragione, un senso. Prego molto per questo". Raramente, il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, 80 anni compiuti da poco, ha fatto un accenno così diretto, così esplicito, durante un'omelia pronunciata in chiesa, a temi che agitano anche il dibattito politico nazionale. Ma non lasciavano molti dubbi di interpretazione, le frasi pronunciate ieri sera, durante la messa celebrata nella basilica della Natività di Betlemme, davanti a 1300 pellegrini arrivati al seguito del suo successore, l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Il cardinal Martini, parlando a braccio, fra gli applausi dei fedeli, ha sollecitato la chiesa italiana a credere nel dialogo "fra chi è religioso e chi è non religioso, fra credenti e non credenti" aggiungendo di pregare "perché si raggiunga quel livello di verità delle parole per cui tutti si sentano coinvolti". Eminenza, a cosa si riferiva quando parlava della necessità di usare un linguaggio che la gente possa intendere non come un comando ma come una verità quotidiana? "Credo che la chiesa debba farsi comprendere, innanzitutto ascoltando la gente, le sue sofferenze, le sue necessità, i problemi, lasciando che le parole rimbalzino nel cuore, lasciando che queste sofferenze della gente risuonino nelle nostre parole. In questo modo le nostre parole non sembreranno cadute dall'alto, o da una teoria, ma saranno prese per quel quello che la gente vive. E porteranno la luce del Vangelo, che non porta parole strane, incomprensibili, ma parla in modo che tutti possono intendere. Anche chi non pratica la religione, o chi ha un'altra religione". Lei ha sempre auspicato la nascita di una pubblica opinione nella chiesa, con la possibilità di discutere, anche di non essere d'accordo. "Venendo a vivere qui a Gerusalemme io mi sono posto come se fossi in pensione, fuori dai doveri pubblici. Mi sono posto l'impegno di osservare rigorosamente il precetto del vangelo di Matteo, quello che dice non giudicare e non sarai giudicato. Quindi io non giudico, perché con quella misura sarei giudicato. Ma il mio auspicio va in quella direzione". Molti pensano che la Chiesa sia in difficoltà di fronte ai cambiamenti imposti dalla modernità. "La modernità non è una cosa astratta. In verità ci siamo dentro, ciascuno di noi è moderno se vive autenticamente ciò che vive. Non è questione di tempi. Il problema è essere realmente presenti alle situazioni in cui si vive, essere in ascolto, lasciare risuonare le parole degli altri dentro di sé e valutarle alla luce del Vangelo". Lei ha parlato recentemente della necessità di promuovere la famiglia, un compito che ha definito "più urgente" rispetto alla difesa della famiglia. Con quali azioni si può raggiungere lo scopo? “Promuovere la famiglia significa sottolineare che si tratta di un'istituzione che ha una forza intrinseca, che non è data dall'esterno, o da chissà dove. La famiglia ha una sua forza e bisogna che questa forza sia messa in rilievo, che quindi appaia la bellezza, la nobiltà, l'utilità, la ricchezza, la pienezza di soddisfazioni di una vera vita di famiglia. Bisognerà che la gente la desideri, la gusti, la ami e faccia sacrifici per essa". Invece, in questa fase del dibattito politico, della famiglia attuale vengono più facilmente lamentati i modi in cui essa si discosta rispetto al modello ideale. "Durante l'omelia ho parlato delle comunità che troppo spesso rimangono prigioniere della lamentosità. Il Signore vuole che noi guardiamo alla vita con gratitudine, riconoscenza, fiducia, vedendo le vie che si aprono davanti a noi. Quando andavo nelle parrocchie a Milano, trovavo sempre chi si lamentava delle mancanze, del fatto che non ci sono giovani. E io dicevo di cui ringraziare Dio per i beni che ci ha concesso, non per quelli che mancano. Dicevo che la fede, in una situazione così secolarizzata, è già un miracolo. Bisogna partire dalle cose belle che abbiamo e ampliarle. L'elenco delle cose che mancano è senza fine. E i piani pastorali che partono dall'elenco delle lacune sono destinati a dare frustrazioni e non speranze". 10 LEGGE NATURALE, STRADA SCIVOLOSA Il papa ed i vertici della Conferenza episcopale (Cei) hanno fatto appello all'immutabilità e alla normatività della «legge naturale» per opporsi frontalmente al disegno di legge sui «diritti dei conviventi» (i Pacs/Dico) presentato l'8 febbraio dal Consiglio dei ministri. Ma la storia della Chiesa dimostra che, su problemi capitali, l'affermata linearità non è stata affatto mantenuta. Ha detto, lunedì, Benedetto XVI: «La legge naturale. è scritta nel cuore dell'uomo.. Tale è il principio del rispetto per la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell'uomo ma dono gratuito di Dio». In questo valore (come in altri: il dovere di cercare la verità, di custodire la giustizia.) si esprimono, aggiungeva il pontefice, «norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore e neppure dal consenso che gli Stati possono ad esse prestare. Sono infatti norme che precedono qualsiasi legge umana: come tali, non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno». La Chiesa (ogni Chiesa, ma qui riflettiamo un momento sulla cattolica romana) mostra non solo comportamenti, ma anche princìpi teoretici del tutto contrapposti a quanto affermato da Joseph Ratzinger. All'alba del XIII secolo il papato era assai preoccupato per la diffusione dei «catari» (detti anche «albigesi» perché il loro centro era ad Albi, Francia del sud). Per stroncare tale movimento, giudicato seguace di una «eresia» che sovvertiva la dottrina cristiana, nel 1215 il Concilio Lateranense IV, guidato da papa Innocenzo III, stabilì: «I cattolici che, presa la croce [cioè: fattisi crociati], si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi che sono concessi a quanti vanno in aiuto della Terra santa». Non importa ora stabilire se i «catari» avessero ragione o torto, se fossero violenti o meno. Certo è che Innocenzo III ritenne giusto sterminarli (e, nella crociata, furono uccisi a migliaia). Naturalmente, oggi non possiamo giudicare il passato con il senno di poi, e con i nostri parametri culturali e giuridici. In quel tempo, e con la mentalità di allora, il pontefice ritenne che l'eliminazione fisica dei «catari» fosse il male minore per salvare valori maggiori. E, tuttavia il problema rimane: come mai un papa e un Concilio proclamarono di dover porre fine alla vita fisica dei «catari», così violando quella «legge naturale» che, ha detto Benedetto XVI, sempre è stata e sempre sarà? Nel 2000 Giovanni Paolo II chiese perdono per le «violenze» compiute nei secoli andati dai «figli e figlie» della Chiesa cattolica. Atto importante; che, tuttavia, non approfondì le «violenze» sancite dal sommo magistero, così sorvolando su una flagrante contraddizione. Ma su un altro, e ben più vasto tema il magistero cattolico ha aperto un varco contro l'affermata inviolabilità della «legge naturale»: quello della guerra. Per secoli la Chiesa romana ha ammesso la «guerra giusta». Interi trattati precisavano quando una guerra potesse essere «giusta»: per difendersi da un aggressore, per evitare mali maggiori, per proteggere gli innocenti. Eppure il comandamento di Dio afferma «Tu non uccidere»: non fa eccezioni. Per questo vi sono stati dei cristiani che, piuttosto di uccidere, si sono lasciati uccidere. Ma il magistero ecclesiastico ha via via modulato l'assolutezza del comandamento per affrontare la complessità della vita. E' forse giusto lasciare che Caino uccida Abele? E' cristiano solo il nonviolento assoluto, o anche chi all'aggressore armato risponde con le armi? Bastino questi interrogativi per capire come le risposte siano difficili. 11 Perciò lungo la storia papi e vescovi hanno imboccato l'ardua via della «mediazione» tra grandi princìpi astratti e le tortuosità dell'esistenza. Anche perché, spesso, opposti princìpi si scontrano: la mia vita, dono di Dio che debbo custodire anche dinanzi all'aggressore, e il solenne «Tu non uccidere». Così lo stesso Concilio Vaticano II non ebbe il coraggio - come pure chiedevano alcuni «padri» - di pronunciare una condanna assoluta della guerra in linea di principio, ma lasciò aperto uno spiraglio per giustificare la «guerra giusta». Eppure Giovanni XXIII, nell'enciclica "Pacem in terris" (1963), aveva affermato che oggi la guerra «è fuori dalla ragione». Ma torniamo all'attualità. Affermando che Dio stesso ha voluto l'indissolubilità e la sacralità del matrimonio, Benedetto XVI lunedì ha detto: «Nessuna legge fatta dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare». Che fare, dunque, di fronte ad un matrimonio infranto? In molti Paesi lo Stato ha affrontato tale realtà sociale, legalizzando il divorzio. E le Chiese? Quelle ortodosse considerano peccato il divorzio; però, in nome della misericordia, ammettono le seconde nozze in chiesa dei divorziati. Perché in questione non è il principio dell'indissolubilità del matrimonio, ma la risposta concreta ad una situazione concreta. Negando la possibilità di ricominciare da capo si verrebbe infatti a dire che la Chiesa può perdonare, in nome di Dio, i pluriomicidi, ma non può perdonare chi, infranto un matrimonio, vuole vivere una nuova e responsabile unione d'amore. Sono forse infedeli a Gesù, le Chiese ortodosse, con la loro prassi di misericordia? Anche i nodi sottesi alla legge sui Pacs/Dico vanno articolati, proprio dai cattolici, con il principio della «mediazione» che la Chiesa romana in altri campi ha sempre invocato: la distinzione tra Dio e Cesare, la laicità dello Stato, il bene comune, la salvaguardia della famiglia tradizionale, la tutela di altre forme di amore. Si possono avere, in materia, idee diversificate; ma la storia della Chiesa dovrebbe invitare alla prudenza coloro i quali ritengono che «cattolica» sia solo la loro proposta, ed «eretica» quella di altri. D'altronde, se si presumesse che lo Stato (laico!) nelle leggi che toccano la «etica» deve fare suo, come normativo, il giudizio del magistero ecclesiastico, saremmo di fronte ad un Khomeinismo foriero di guerre di religione. Luigi Sandri [L'Adige - Trento 17-2-07] La questione del diritto naturale non è una priorità per la Chiesa che voglia essere annunciatrice del messaggio evangelico, il quale è più grande della natura, e viene dalla rivelazione. (da “IL FOGLIO” numero 340, mensile di alcuni cristiani di Torino. La sottolineatura è della redazione.) 12 SE LA CHIESA SFIDA LA COSTITUZIONE di StefanoRodotà (“la Repubblica”, 14 febbraio 2007) È ormai evidente che le gerarchie ecclesiastiche hanno deciso di collocare i loro interventi e le loro iniziative in una dimensione che va ben al di là del legittimo esercizio della libertà d'espressione e dell'altrettanto legittimo esercizio del loro magistero. Giudicano i nostri tempi con una drammaticità che fa loro concludere che solo una presenza diretta, non tanto nella società, ma nella sfera propriamente politica, può rendere possibile il raggiungimento dei loro obiettivi. E cosi espongono anche i loro comportamenti ad un giudizio analogo a quello che dev'essere pronunciato sull'azione di qualsiasi soggetto politico. Benedetto XVI ha affermato in modo perentorio che «nessuna legge può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro della società con leggi in netto contrasto con il diritto naturale». Ed ha aggiunto che non si possono ignorare «norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore o dal consenso degli Stati, ma precedono la legge umana e per questo non ammettono deroghe da parte di nessuno». Di rincalzo, il Presidente della Commissione Episcopale Italiana, il cardinale Camillo Ruini, da almeno dieci anni protagonista indiscusso del corso politico della Chiesa, ha annunciato una nota ufficiale con la quale verrà indicato il modo in cui i cattolici, e i parlamentari in primo luogo, dovranno comportarsi di fronte al disegno di legge sui "diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi", i cosiddetti "Dico". Così, in un colpo solo, viene aperto un conflitto con il Governo, affermata la sovranità limitata del Parlamento, azzerata la Costituzione. Le parole sono chiare. Se nessuna legge può sovvertire la norma indicata dal Creatore per la famiglia, la legittima approvazione del disegno di legge sui Dico diviene un atto "sovversivo" del Governo. Se i parlamentari cattolici devono votare secondo le indicazioni della Chiesa, viene cancellata la norma costituzionale che prevede la loro libertà da ogni "vincolo di mandato" e l'autonomia e la sovranità del Parlamento devono cedere di fronte ad istruzioni provenienti da autorità esterne. Se non sono ammesse leggi che non corrispondono al diritto naturale, la tavola dei valori non è più quella che si ritrova nella Costituzione, ma quella indicata da una legge naturale i cui contenuti sono definiti esclusivamente dalla Chiesa. Il crescendo dei toni e delle iniziative, nell'ultimo periodo soprattutto, rendevano prevedibile questa conclusione, peraltro annunciata dal "Non possumus" proclamato qualche giorno fa. Viene così clamorosamente confermata l'analisi che aveva colto nella linea della Chiesa l'intento di realizzare molto di più di un provvisorio allineamento della politica su una particolare posizione definita dalle gerarchie ecclesiastiche, di cui i parlamentari cattolici divenivano il braccio secolare. 13 L'obiettivo era ed è assai più ambizioso: una vera "revisione costituzionale", volta a sostituire il patto tra i cittadini fondato sulla Costituzione repubblicana con un vincolo derivante dalla gerarchia di valori fissata una volta per tutte dalla Chiesa attraverso una sua versione autoritaria del diritto naturale (non dimentichiamo, infatti, che il diritto naturale conosce anche molte altre versioni, comprese quelle che non prevedono proprio la famiglia tra le istituzioni discendenti da tale diritto). Viene così travolto anche l'articolo 7 della Costituzione che, disciplinando i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, stabilisce che questi due enti sono, "ciascuno nel proprio ordine", "indipendenti e sovrani". Nel momento in cui la Chiesa proclama che vi sono "norme inderogabili e cogenti" che non possono essere affidate alla volontà del legislatore, nega in queste materie l'autonomia e l'indipendenza dello Stato e sostituisce la propria sovranità a quella delle istituzioni pubbliche. Il patto costituzionale tra Chiesa e Stato viene infranto, quasi denunciato unilateralmente. Questo è il quadro istituzionale e politico disegnato con assoluta nettezza dai molti interventi vaticani. Un quadro di rotture e di conflitti, davvero sovversivo delle regole costituzionali, con una delegittimazione a tutto campo delle iniziative di Governo e Parlamento che trasgrediscano ciò che la Chiesa, unilateralmente, stabilisce come "inderogabile e cogente". Sapranno le istituzioni dello Stato rendersi conto di quel che sta accadendo? Non devono ritrovare solo l'orgoglio della propria funzione, ma il senso profondo della loro missione, la stessa loro ragion d'essere, che ne fa il luogo di tutti i cittadini, credenti e non credenti, comunque liberi e degni d'essere rispettati in ogni loro convinzione, e in ogni caso fedeli, come devono essere, alla Costituzione e ai suoi valori. PAPA RATZINGER NO PACS……NO DICO NO PACS……NO DICO NO PACS……NO DICO NO PACS……NO DICO NO PACS……NO DICO “ Oddio, si è rotto il disco!” Ai papi, ai vescovi e ai preti è vietato sposarsi e quindi costruire una famiglia; e poi sono sempre in cattedra per difendere la famiglia…quale famiglia?… Quella che registra 1 divorzio ogni 4 minuti! 14 “POSSUMUS” Lettera aperta alla chiesa cattolica italiana Il martellante intervento della Conferenza episcopale italiana (Cei), guidata dal card. Camillo Ruini, contro il progetto di legge sui Dico (i diritti per i conviventi) spinge anche noi ad intervenire, per affermare, non solo come cittadini, ma anche come cattolici, la nostra ponderata opposizione alla linea indicata dalla gerarchia cattolica. Siamo convinti che non spetti a nessuna Chiesa e religione indicare ai cittadini, e al Parlamento, la giusta interpretazione della “legge naturale”. In tale interpretazione, del resto, la Chiesa romana si è contraddetta più volte nel corso della storia, e potrebbe continuare a sbagliare anche oggi. Sua missione, invece, insieme alle Chiese sorelle, è quella di annunciare l’Evangelo di Gesù. Sembra invece che la gerarchia ecclesiastica voglia darsi un ruolo surrettizio avocando in Italia l’egemonia culturale per dirimere tutte le questioni riguardanti la vita, la bioetica e la sessualità. Dopo il Vaticano II molti cattolici, uomini e donne (e, nel suo piccolo, il movimento delle Comunità cristiane di base di cui facciamo parte), hanno preso coscienza di essere parte viva e adulta di una Chiesa che il Concilio ha definito “popolo di Dio”: in esso, dunque, pur nella varietà dei ministeri, non vi sono né padroni né servi, e tutti hanno il diritto-dovere di esprimersi pubblicamente su problemi che incidono nella comunità ecclesiale. Per questo, mentre condividiamo le critiche dei “laici” contro la plateale ingerenza dei vescovi negli affari dello Stato, che è laico, noi, proprio in quanto cattolici, e per ragioni teologiche, affermiamo il nostro aperto dissenso dalle prese di posizione della Cei che ci sembrano ben lontane dal Vangelo che pone l’amore al di sopra di tutte le leggi.. Incoraggiamo tutti i parlamentari a votare secondo coscienza, alla luce del mandato popolare ricevuto e nel rispetto della Costituzione, senza piegarsi alle pressioni del card. Ruini appoggiato dal Vaticano. Rispettiamo tutti coloro che plaudono all’iniziativa della gerarchia ecclesiastica ma, nel contempo, invitiamo i cattolici in disaccordo con essa ad esprimere pubblicamente il loro punto di vista. Non pensiamo che la legge sui Dico sia perfetta; ma la riteniamo onesta, opportuna e, comunque non confliggente con l’Evangelo. Roma, 15 febbraio 2007 La Comunità cristiana di base di san Paolo Via Ostiense, 152/B – 00154 - Roma 15 LE NUOVE PROSPETTIVE DELLA SPERANZA La speranza cristiana è stata intesa tradizionalmente come proiezione verso un mondo trascendente, ideale, dove “ogni lacrima, lutto, lamento e la stessa morte” hanno fine (Ap.21,4) e al loro posto subentrano la felicità, la concordia, la pace. Spiega il Catechismo:”Per la speranza noi desideriamo e speriamo da Dio, con ferma fiducia, la vita eterna e la grazia per meritarla” (n.1843). Senza perdere questa dimensione extra, la speranza cristiana ha ricominciato a ricuperare, soprattutto dal Vaticano II (Gaudium et Spes), una destinazione più immediata, riguardante l’uomo e la sua storia. E’ senz’altro confortante protendersi verso un mondo superiore, perfetto, ma occorre insieme preoccuparsi di portare a perfezione anche il mondo presente, prima dimora dell’uomo e di quanti condividono la sua esistenza. Per questo da Bonhoeffer e Moltmann si è cominciato a parlare di speranza intramondana. Il credente è in attesa dei “cieli nuovi” , ma non può perdere di vista “la terra” che pure aspetta di essere”rinnovata” (2 Pt.3,13. Ap.21,1) La speranza non è un vago, vano anelito; è presa di coscienza, senso di responsabilità, impegno a dare il proprio apporto alla realizzazione del “piano creativo” che termina sì nella “risurrezione”, ma che abbraccia prima ancora la “creazione”, “la grande incompiuta” che Dio ha rimesso nelle mani dei suoi collaboratori. Il comando di “signoreggiare e dominare” (la terra) non equivale a un assoggettamento dispotico del creato e delle creature (Gn. 1,28), ma a prendersi cura della loro felice realizzazione. Il “paradiso terrestre” non è andato sventuratamente perduto, attende solo di realizzarsi. Il testo di Gn. 2, 8-25 non è una pagina di storia, ma una grande”profezia” sui destini dell’uomo e della storia. Paolo scrive:”Nessuno sa ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano” (I Cor.2,9). Nell’al di là, ma prima ancora in questo mondo. Quando il Signore Iddio, scrive l’autore sacro, volle rimirare quello che aveva realizzato nei “sei giorni” della creazione, vide “che tutto era molto buono” (Gn. 1,31). Era il sigillo, il giudizio pienamente ottimistico sull’opera compiuta. Certo abbondavano “triboli e spine”; anzi facevano anch’esse parte del progetto, non erano cioè spuntate in un secondo tempo, 16 ma l’importante era sapere che erano destinate “presto” a scomparire, grazie all’opera dell’uomo. Il suolo su cui i “progenitori” poggiano i piedi non è ancora un “giardino”, ma non è nemmeno una “terra maledetta” (Gn.3,17) e il “lavoro” che l’uomo è chiamato a prestare non è una “condanna” (Gn. 3,18) bensì il prezzo, la condizione perché la terra arida, “informe e deserta” , si riempia di “ogni sorta di alberi belli a vedere e buoni a mangiare” (Gn.1,1; 2,9). Il progetto è talmente ideale che le stesse “bestie selvatiche” , invece di secondare i loro istinti beluini, si cibano come tutti i viventi, di “erba verde” (Gn.1,30). Un quadro del tutto simbolico destinato a segnalare il clima di pacifica convivenza , privo di sopraffazioni e di violenze, che doveva caratterizzare la vita del ”giardino” che si identifica con il creato. L’uomo ne è il “re” non perché lo può rimirare sovranamente dall’alto, ma perché accetta di adoperarsi per tutta la sua realizzazione. Molto gli è stato regalato, ma il più è quanto gli è chiesto di compiere per la felice realizzazione del progetto affinché ne condivida la gioia e il vanto. La speranza radicata nella bontà del piano creativo trova in Gesù una convalida e insieme una riformulazione. Il “regno” che egli annunzia e si prova a realizzare si chiama “di Dio” , ma riguarda innanzitutto l’uomo e il suo habitat, chiamati a prendere una destinazione e una connotazione sublimi. L’ordine, l’armonia, la perfezione che si suppone siano presenti nel mondo superiore, “nei cieli” , un “giorno”, che nessuno sa quale, ma “presto” (“oggi” precisa Gesù nella sinagoga di Nazareth), si ritroveranno anche sulla terra (Lc.4,18). L’uomo è stato, a volte, rimproverato di aver voluto dare la scalata al cielo, piuttosto dovrebbe essere messo in guardia dalla tentazione opposta, quella della pusillanimità, dell’oblio, della stanchezza, della pigrizia. I codardi sono peccatori al pari degli idolatri e dei comuni delinquenti. Occorre rinsaldare la fede, ma anche la speranza sua compagna inseparabile; togliere gli uomini dal torpore e dalla sfiducia tenendoli aperti alle possibilità illimitate che Dio ha posto nel mondo e nella storia e che in Cristo hanno trovato la loro, almeno incipiente, attuazione. Credere è un andare oltre le apparenze, ma il sostegno della fede è la speranza poiché la tiene aperta verso il futuro di Cristo che abbraccia ogni cosa. La storia, nonostante tutto, non è al suo termine, a un passo dalla conclusione. La “fine del mondo” (fisico) è solo apparentemente segnalata nei Vangeli, che in realtà prevedono la retrocessione del mondo spirituale 17 antico per far posto all’affermazione, al trionfo di Cristo. “Venga il tuo regno” , “Vieni Signore Gesù” , pregano infatti i primi cristiani. I predicatori di sciagure non sono mai mancati e proliferano pure tuttora, ma il credente non può farsi prendere dalle loro infauste previsioni. I pazzi come i peccatori, certo, non mancano, ma occorre fare affidamento sui saggi e sui buoni che pure abbondano. Il cammino dell’uomo e della storia è ascensionale. Può sembrare che il buon seme stenti a spuntare e a fruttificare, che la verità tardi a splendere, che la luce non riesca a sopraffare le tenebre, che la malvagità, il male la vincano sul bene, ma le apparenze non si identificano con la realtà. “Non c’è più religione” , “E’ finita l’onestà”, si può sentire ripetere con frequenza, ma non è vero. Condannare il presente a vantaggio del passato che i più non conoscono o non ricordano “significa non avere conoscenza della storia” ammoniva papa Giovanni. Il profeta Elia era convinto di essere rimasto solo a credere in Dio, ma mentre si cullava su queste sue suggestioni, il Signore gli faceva “vedere” altre settemila persone che non avevano piegato le ginocchia davanti a Baal (I Re 19,18) . Ciò stava come a significare che i credenti anonimi avrebbero potuto essere più numerosi di quelli registrati. Le vicende dell’uomo e le vicissitudini del cosmo non sono forse sempre rosee; non vanno tuttavia incontro a una catastrofe bensì a un futuro sempre più radioso. Le loro possibilità di crescita e di sviluppo, materiale e spirituale, sono senza limiti e senza fine. I nuovi protagonisti che vengono alla ribalta, le così dette nuove generazioni, sono senz’altro più fortunate, ma anche più equilibrate, più sane e più sante dei loro predecessori. Si trovano davanti non a un baratro; caso mai a una nuova era, quella dell’uomo cosmico interplanetario, alla fine stellare che prenderà il posto del vecchio omuncolo terrestre. Sembra fantascienza, ma intanto il “volo” che una volta, ai tempi di Dedalo e Icaro, era follia, è stato ormai spiccato! I cristiani sono stati abituati a ritenere e a ripetere che la figura di questo mondo è transitoria (Cor. 7,31), che la vera abitazione dell’uomo è nei cieli (Fil.3,20), che il mondo e le sue ricchezze sono più a servizio di Satana che di Dio, che i veri valori sono quelli dello spirito, che occorre dare il maggior spazio possibile alla contemplazione e alla preghiera che affaticarsi a migliorare le condizioni esistenziali dell’uomo e dell’universo, ecc. 18 Affermazioni senz’altro tutte vere, ma non sono il tutto. Il tutto coincide con l’intera realtà che è umana e infraumana, terrestre e celeste e che non è chiusa negli stretti limiti degli individui e del piccolo mondo in cui ciascuno si trova a vivere, ma fuoriesce verso orizzonti sconfinati. Non per nulla i teologi medioevali definivano la speranza “exspansio animi ad magna”, cioè verso le “grandi (proprio magnalia) meraviglie” che Dio solo sa programmare e proporre al suo confidente privilegiato: Ortensio da Spinetoli “DIO E’ AMORE” Papa Ratzinger scrive oltre 60 pagine sul tema “Dio è Amore” poi toglie a mons. Milingo la pensione (dopo oltre 50 anni di contributi) …..perché si è sposato!!!! DIO E’ AMORE… poi vengono scoperti documenti che dimostrano l’intervento del card. Ratzinger, allora prefetto dell’ex-S.Ufficio, per istituire una task force per appoggiare la campagna elettorale di Bush (il presidente USA della guerra preventiva) nelle ultime elezioni e così far perdere l’altro candidato Kerry. 19 L’ORDINE SIMBOLICO DI GESU’ C’è un modo classico e collaudato per squalificare e dichiarare non credibile una persona: dire che è “matta”. Può essere anche un meccanismo di autodifesa: quando un uomo o una donna escono dagli schemi culturali tradizionali della loro comunità, invece di interrogarlo/a per capire è più facile giudicarlo/a “fuori di sé”, pazzo/a da legare, quindi da starci alla larga, facendo attenzione a non farsi contaminare dalle loro idee. E’ quello che l’evangelista Marco ci racconta di Gesù e della sua famiglia, ai vv. 20 e 21 del capitolo 3: “Poi tornò a casa e di nuovo si radunò tanta folla che non potevano neppure mangiare. I suoi, avendolo saputo, partirono per impadronirsi di lui, perchè dicevano: è fuori di sé!”. Ma una madre può verosimilmente dire di suo figlio che è pazzo per salvarlo. Il capitolo inizia, infatti, con un confronto duro tra Gesù e i farisei attorno ad un uomo con “la mano secca”: “Che cosa è lecito in giorno di sabato: fare del bene o fare del male? salvare uno o lasciarlo perire? E quelli tacevano”. Gesù lo guarisce e i farisei, appena usciti dalla sinagoga, “tennero consiglio con gli erodiani contro Gesù sul modo di farlo perire” (vv. 1-6). Questi propositi omicidi nei confronti di un uomo scomodo per il potere non erano, con ogni probabilità, un segreto nell’entourage di Gesù... dunque un motivo fortissimo di preoccupazione e di ansia per “i suoi”. D’altra parte, l’infermità mentale, addirittura la semi-infermità, è ancora oggi un’attenuante decisiva nei processi e nei giudizi, anche in casi di delitti particolarmente efferati. Perciò è comprensibile che “sua madre e i suoi fratelli” (v. 31) lo cerchino per riportarselo a casa. Davvero: non c’è nulla di strano. Ma Gesù è un adulto consapevole e responsabile: vuol bene a sua madre e ai suoi fratelli, però ha fatto una scelta di vita da cui non intende assolutamente recedere. Vuole andare fino in fondo, consapevole anche dei rischi che corre e ai quali non si espone inutilmente. Ha le idee molto chiare: la famiglia, con il passare degli anni, si allarga e, avendo scelto di stare nelle relazioni con la modalità della cura, non può limitarsi a vivere nella piccola cerchia della famiglia biologica. Tutte le persone che incontra diventano partner di relazioni d’amore, di attenzione, di cura. Non solo: il pensiero, quando vi si sofferma, vola ad abbracciare idealmente “chiunque” (v. 35); questa pratica, nelle sue parole, diventa un messaggio di universalità, che non conosce esclusioni. Non è sempre stato così, Gesù. Anche lui ha incontrato una donna, un giorno, che l’ha fatto riflettere: una straniera, una non-ebrea, che parlando di figli e cagnolini gli ha fatto scoprire l’universalità delle relazioni di aiuto (Marco 7, 24-30 e Matteo 15, 21-28). Così adesso non stupisce che Gesù affermi: “Chi è mia madre e i miei fratelli? E guardando in giro quelli che gli sedevano intorno dice: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque, infatti, fa la volontà di Dio, quegli mi è fratello e sorella e madre”. 20 Gesù esce dall’ordine simbolico patriarcale... Il padre non è neppure nominato. Probabilmente Giuseppe era già morto e, quindi, è comprensibile che non facesse più parte dei “suoi” che lo cercano. Ma neppure la famiglia allargata, universale, di Gesù comprende un padre: solo “fratello e sorella e madre”. Solo? O non è piuttosto, in Gesù (e Marco ce lo racconta) una precisa indicazione di vita? una scelta consapevole, che accompagna coerentemente quella di stare nelle relazioni con amore e cura? Elisabeth Schüssler-Fiorenza, nel libro “In memoria di lei” (ed Claudiana), scrive in proposito alcune pagine di chiarezza esemplare (pagg. 174-178): “Dato che la nuova ‘famiglia’ di Gesù non ha spazio per i ‘padri’, essa implicitamente respinge il loro potere e la loro posizione e sostiene quindi che nella comunità messianica tutte le strutture patriarcali sono abolite. Invece di riprodurre il rapporto patriarcale della ‘famiglia’ nell’antichità, il movimento di Gesù esige una rottura radicale di questo sistema”. Approfondisce poi il discorso commentando il detto di Gesù riportato dal Vangelo di Matteo al cap. 23, versetto 9: “Non chiamate nessuno padre fra voi sulla terra, perché avete un solo padre celeste”. Scrive Schüssler-Fiorenza: “Il nuovo vincolo nel discepolato di uguali non ammette ‘padri’ e in questo modo respinge il potere e la stima che la struttura patriarcale dava loro. (...) Il detto di Gesù usa il nome di ‘padre’ per Dio non come una legittimazione di strutture patriarcali di potere nella società o nella chiesa, ma come un rovesciamento critico di tutte le strutture di dominio. Il Dio ‘padre’ di Gesù rende possibile la ‘sorellanza degli uomini’ (per usare l’espressione di Mary Daly), negando a ogni padre e a ogni patriarcato il diritto di esistere. Nella comunità cristiana né i ‘fratelli’ né le ‘sorelle’ possono rivendicare ‘l’autorità del padre’, perché ciò vorrebbe dire rivendicare l’autorità e il potere che spettano solo a Dio”. Gesù, dunque, esce dall’ordine simbolico patriarcale, prende simbolicamente (nel suo pensiero e nella sua predicazione) le distanze dalla cultura della centralità dell’uomo, del potere, dell’autoritarismo, della misoginia, dell’esclusione nei confronti di stranieri, pagani, donne, lebbrosi, indemoniati, bambini, ecc... dalla cultura del pensiero unico e delle regole esteriori imposte a scapito della compassione e della solidarietà... L’altro mondo possibile, per Gesù, è quello in cui l’unica legge è l’amore, declinato in tutte le forme possibili. E’ la cultura dei legami amorevoli, empatici, conviviali, con “chiunque”. E’ un altro ordine simbolico, dove regnano tenerezza e disponibilità, riconoscimento e riconoscenza, cura e attenzione, ascolto e accoglienza e rispetto anche per chi rifiuta... E’ il regno dell’universalità, dove non ha più senso l’appartenenza ad un clan, a una nazione o a una religione: “chiunque”, cioè 21 ogni uomo e ogni donna che vengono al mondo, dovunque nell’universo, “mi è fratello e sorella e madre”. Io riconosco qui quello che il pensiero autorevole delle donne del femminismo, in particolare di Luisa Muraro, ha chiamato “ordine simbolico della madre”. ... Ed entra nell’ordine simbolico della madre Non ci conosciamo, ma possiamo sviluppare la consapevolezza di essere strettamente imparentati, pur a migliaia di chilometri di distanza, con donne e uomini che vivono all’interno di questo ordine simbolico, quello della “volontà di Dio”. Che Gesù descrive spesso e volentieri con la formula del “primo e grande comandamento”, quello dell’amore, che sintetizza bene la sua vita e il suo insegnamento: amare Dio e amare il prossimo. E’ il testamento spirituale che Gesù, nel vangelo di Giovanni, affida a discepoli e discepole: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni le altre come io vi ho amato”. Come dice bene Schüssler-Fiorenza, nell’ordine simbolico della madre resta potente la presenza di un padre: quello che molti e molte continuano a chiamare Dio. Dio è padre, nel linguaggio evangelico e, con ogni evidenza, nel linguaggio e nell’immaginario di Gesù; ma un “padre non patriarcale”, dal momento che la sua legge, la sua volontà, è l’amore, che Gesù cerca di praticare e predicare all’insegna dell’universalismo mai escludente. Questo modo di intendere e praticare la paternità si inscrive a pieno titolo, secondo me, nell’ordine simbolico della madre. Come ha felicemente sintetizzato Luisa Muraro, presentando il suo libro “Il Dio delle donne”, suggerendoci di non dire più “Dio è amore”, ma “l’amore è Dio”. Pensando e dicendo così, nel mio immaginario, nel mio sistema di pensiero e di lettura del mondo (nel mio simbolico, in una parola), prende forma il “cerchio della vita”: dovunque c’è amore, lì si pratica la volontà di Dio, lì c’è Dio... non solo, “quello” è Dio! Non c’è più nessuno al centro, a dominare e farsi riverire e servire, ma tutti e tutte ci diamo la mano e ci guardiamo negli occhi, convivendo con ogni nostra personale differenza. E’ possibile essere uomini e padri in modi non patriarcali, sentendoci “soltanto” fratelli e sorelle in un mondo che vive grazie all’amore, modello e sostanza delle relazioni di tipo materno. Per questo mi è molto utile pensare e nominare, a volte, la Grande Madre, Sorgente della Vita e dell’Amore. E’ un buon esercizio: si irrobustisce il simbolico alternativo a quello patriarcale. Ascolto e autocoscienza So di non essere ancora capace di sufficiente chiarezza nell’esposizione del mio pensiero, ma confido nella disponibilità di chi mi legge e mi ascolta a conversare con me, aiutandoci nella ricerca di livelli migliori di comprensione e di scambio. 22 C’è un corollario, a quanto detto prima, che mi preme ancora evidenziare. La reciprocità nelle relazioni d’amore richiede una grande capacità di praticare l’ascolto e l’autocoscienza. Altrimenti si continua a predicare se stessi e il proprio pensiero, pensato come “unico”: è la radice di ogni fondamentalismo, della cultura del dominio e dell’autoritarismo. Non si esce, cioè, dall’ordine simbolico (e materiale) patriarcale. Così può accadere che chi si proclama “vicario di Cristo in terra” e “successore degli apostoli” pratichi e predichi l’esclusione: verso donne e gay, lesbiche e transessuali, divorziati/e e risposati/e, teologi della liberazione e donne che aspirano al sacerdozio, appartenenti ad altre religioni e preti sposati, comunità di base e via elencando... Mentre Gesù ci ha lasciato un messaggio inequivocabile: vivere in relazione di parentela spirituale stretta con lui, come fratelli e sorelle e madri, comporta l’impegno a cercare di vivere ogni relazione con spirito universalistico, includente senza eccezioni. Che non sia facile sono d’accordo. Ma che questo sia il messaggio centrale della vita e dell’insegnamento di Gesù sono altrettanto convinto. E assume finalmente senso un piccolo brano che finora mi risultava ostico (non solo a me, in verità); si trova al capitolo 4, sempre del vangelo di Marco, ai versetti 24 e 25: “Diceva anche ad essi: state attenti a ciò che udite. Con la misura con la quale misurerete vi sarà misurato; e a voi che ascoltate sarà dato di più. Poiché a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Gesù sta parlando ai “discepoli”, ai quali “in privato spiegava tutto” (4,34). Discepoli e discepole sono sinonimi di allievi e allieve, cioè persone desiderose di imparare dal maestro: per questo stanno con lui, lo seguono, lo ascoltano, lo interrogano, discutono e, a volte, polemizzano. A loro Gesù dice: “State attenti a ciò che udite”. Non basta sentire con le orecchie: le parole udite possono entrare da una parte e uscire dall’altra, lasciando a mani vuote chi non ha capacità di attenzione a ciò che ascolta. Questa mi sembra la pratica dell’autocoscienza: fare attenzione a ciò che ascolto, a ciò che mi viene detto, in modo che mi penetri dentro, nella mente e nel cuore, e vi resti, diventando così alimento per i miei pensieri e per il cambiamento delle mie pratiche di vita. L’esperienza in comunità, nel gruppo uomini e in ogni altro gruppo, ormai, me lo conferma: questa attenzione all’ascolto è un arricchimento quotidiano. “A voi che ascoltate sarà dato di più”: ascoltare lui e ascoltarci fra di noi ci aiuta ad imparare anche noi a parlare con amore, a cercar di fare dell’amore la modalità delle nostre pratiche di vita. Cioè, cercar di fare, nella vita, “la volontà di Dio”, uscendo consapevolmente dall’ordine simbolico patriarcale, dove ci sono solo figli e figlie, per entrare in quello della madre, dove siamo fratelli e sorelle. Beppe Pavan 23 L’AMORE ETERO E OMOSESSUALE NEI CLASSICI LATINI E GRECI L’amore etero-sessuale Per “amore etero-sessuale”, si intende l’amore che nasce, spontaneo e naturale, tra un uomo e una donna. Nell’antichità greco-romana, esso era vissuto, più o meno, come è vissuto oggi, dato che il matrimonio era strettamente monogamico (una sola moglie). Ciò non vuol dire che gli uomini di quel tempo non si unissero sessualmente ad altre donne: Per es., praticavano la prostituzione, anche quella sacra, con sacerdotesse che facevano del sesso un elemento di culto per la loro divinità. Essi però sapevano distinguere bene tra “amore” e “sesso” . La moglie era l’oggetto del loro “Amore”, quello con la A maiuscola. E’ vero che essa, secondo le leggi del tempo, era senza diritti civili e considerata proprietà del marito; ma nell’ambito della casa e della famiglia, essa era la regina, circondata dall’amore, dal rispetto e da tutte le premurose attenzioni del marito. E il sesso? Il sesso era poi un’altra cosa. Esso era considerato uno sfogo naturale, un divertimento, un passatempo, ecc.; da esso era escluso ogni riferimento all’amore vero e proprio. Oggi noi, data la depravazione dei nostri tempi, non sappiamo più distinguere tra amore e sesso: certe sottili distinzioni lessicali non fanno più parte del nostro gergo. Noi lo chiamiamo “amore” e basta; anzi, oggi è invalso un altro modo di esprimersi, al riguardo: invece del vecchio detto “fare l’amore”, oggi (direi più opportunamente) si dice “fare sesso”: il che è esatto. Infatti: tolto l’”Amore” vero, cosa resta tra un uomo e una donna? Soltanto il sesso! L’amore omosessuale Premetto che non sono uno specialista in questo argomento. Quello che scrivo lo traggo dai miei vecchi studi sui classici latini e greci, fatti negli anni della mia formazione culturale. Nell’antichità greco-romana, era praticata l’omosessualità? Eccome! Ma, secondo il loro stile di sublimare ogni cosa, trasferendola nell’ambito dell’idealità e quasi smaterializzandola (pensiamo a Platone), anche l’omosessualità acquistò per essi un qualcosa di sublime, quasi di spirituale, distinta dall’atto sessuale vero e proprio. La sessualità, per gli antichi, diventò quasi qualcosa di soprannaturale e l’amore, in esso espresso, si spiritualizzò, diventando una specie di amore 24 “superiore”, riservato alle anime più elette, che proprio per questo si distinguevano dalla gente comune. Tanto è vero che personaggi famosi, considerati al di fuori dei comuni mortali, come Socrate e Cesare, la praticarono. I partner, anch’essi, non era comuni mortali, ma bellissimi giovani, esteticamente perfetti e colti; essi erano chiamati “Efebi” ed erano considerati emanazione della divinità, quasi dei semidei. Come si vede, l’omosessualità greco-romana non aveva nulla a che fare con l’omosessualità dei nostri tempi, ridotta a pura banalità, materialità, sesso. Quando, nel periodo del Rinascimento (sec. XV e XVI), si volle appunto far “rinascere” la civiltà greco-romana, sia in letteratura che nelle arti figurative, si passò anche alla imitazione dello stile di vita degli antichi. Fu così che anche la sessualità, intesa però alla maniera greco-romana, divenne un po’ una moda nella società rinascimentale italiana. Eletti spiriti, veri geni della cultura, la praticarono con questo spirito: pensiamo a Leonardo da Vinci! Si sa che addirittura dei cardinali di Santa Romana Chiesa, la praticarono. A questo scopo essi si circondavano di una schiera di bellissimi giovani ( i cosiddetti “paggi”), facenti parte della loro corte. Intendiamoci: non è che l’omosessualità “comune”, quella cioè riguardante il solo sesso, non esistesse; essa c’è sempre stata, in tutte le epoche e in tutte le società della storia; ma qui parlo di quella “nobile”, sublimata dall’estetismo culturale e artistico, propria di una civiltà più evoluta e riservata agli spiriti più eletti. Oggi, i cosiddetti “gay” dei nostri tempi, dovrebbero ispirarsi a quel tipo di sessualità, per uscire dal pantano della materialità, del banalismo più vieto, del puro godimento sessuale, inconcludente e avvilente, cercando di dare una qualche idealità superiore a un fatto che “superiore” non è proprio e che riduce l’uomo a puro animale biologico! Fausto Varesi* * Mentre andiamo in stampa veniamo a conoscenza che, venerdì 27 aprile, Fausto, membro del gruppo di redazione di SULLA STRADA, ci ha lasciati per sempre, dopo una lunga malattia. Queste due pagine che ha preparato per la nostra Rivista sono la sua ultima memoria. Vogliamo riaffermare con forza a sua moglie, al suo carissimo figlio Emanuele, a tutti noi che la sua partenza per l’altra vita non è un’abbandono, ma è un altro modo per esserci sempre più vicino. 25 MATEMATICA E RELIGIONE STATISTICHE SULLE RELIGIONI Quanto sono importanti i numeri nella religione? E la matematica? Si può fare l’esempio della kabbalah ebraica: attraverso i numeri ed alcune regole matematiche, leggendo i libri sacri dell’ebraismo, si può, secondo tale religione, manipolare la realtà o prevedere taluni avvenimenti. Oppure si possono citare le numerose cifre cardinali (fondamentali) che sono comuni a molte religioni. In questa tesi invece voglio parlare della realtà del fenomeno religione attraverso i numeri “ufficiali” che ne descrivono la dimensione e l’ importanza sociale, mettendo a confronto le varie professioni. RELIGIONI NEL MONDO Vi sono due opinioni comuni da sfatare: che la fede sia patrimonio della quasi totalità del genere umano, e che la religione cattolica sia la religione nettamente predominante. Non è così. Un essere umano su cinque non crede in nessuna religione: se a questi aggiungiamo i non praticanti e i praticanti non consenzienti di religioni imposte, si arriva quasi a un 50 per cento di persone che regolano la propria esistenza prescindendo da dogmi e dottrine. Quanto alle singole credenze, la frammentazione è incredibile ed è figlia, come è facile constatare, più di particolari eredità storico - politiche che di una libera e ponderata scelta dell’individuo: valga per tutti l’esempio dell’America Latina, «fortino» della religione cattolica, prodotto della colonizzazione ispano-portoghese e della conversione forzata dei nativi. Non esistono statistiche convergenti: la fede, contrariamente a quanto affermano i vari leader religiosi, ha una dimensione individuale e come tale non sempre facilmente identificabile. Inoltre le varie confessioni tendono a «barare» sulle cifre reali dei propri fedeli. In questa sede diamo i dati percentuali tratti da una fonte cristiana (2001 World Christian Trends). Cristiani(*) Musulmani(**) Atei e non religiosi Induisti Seguaci delle religioni cinesi Buddhisti Seguaci delle religioni etniche Seguaci delle nuove religioni Sikh 26 1.999.563.838 1.188.242.789 918.248.462 549.583.323 384.806.732 359.981.757 228.366.515 102.356.297 23.258.412 33,0% 16% 15,2% 9,1% 6,4% 5,9% 3,8% 1,7% 0,4% Ebrei Seguaci dello spiritismo Altri TOTALE 14.434.039 12.333.735 273.873.101 6.055.049.000 0,2% 0,2% 4,5% 100,0% (*)di cui: Cattolici Protestanti Ortodossi Anglicani Altri 1.057.328.093 342.001.605 215.128.717 79.649.642 305.455.781 17,% 5,6% 3,6% 1,3% 5,0% (**)di cui: Sunniti Sciiti Altri 1.002.542.801 170.100.000 15.599.988 16,3% 2,8% 0,2% CATTOLICI NEL MONDO È relativamente semplice illustrare i numeri dei cattolici sul pianeta: metà vivono nel continente americano, un quarto in Europa, un quarto nel resto del mondo. Secondo l’annuario statistico della Chiesa i cattolici sono poco più di un miliardo, pari al 17% della popolazione mondiale: tale cifra è però assolutamente inverosimile, basata com’è sul numero dei battezzati . In termini relativi, la nazione più cattolica è San Marino: secondo il Vaticano il 100% della sua popolazione sarebbe cattolico. In realtà già il calendario atlante De Agostini dà la percentuale nella piccola repubblica al 95 per cento: una chiara riprova di come le cifre vengano costantemente manipolate. In termini assoluti, ecco invece la top ten (dati 1997, fonte Annuario statistico della Chiesa, da Limes 1/2000): BRASILE MESSICO ITALIA STATI UNITI FILIPPINE FRANCIA SPAGNA POLONIA GERMANIA ARGENTINA 126.944.000 79.603.000 56.258.000 54.603.000 49.492.000 47.440.000 37.770.000 36.085.000 29.209.000 29.156.000 27 ATEI NEL MONDO Stimati tra i cento e i quattrocento milioni di persone, gli atei dichiarati sono ancora più difficilmente enumerabili: nessuno più che un ateo dà a questa concezione un atteggiamento individuale. Generalmente le statistiche li computano insieme agli agnostici, agli scettici, agli indifferenti, a coloro che più semplicemente non si riconoscono in nessuna religione (e in questo caso il totale può arrivare al miliardo e mezzo di persone). Inoltre, la cifra è subordinata alla mancanza di statistiche precise riguardanti la Cina, il paese più popoloso del mondo. Qui l’ateismo si mischia al confucianesimo e al taoismo (più sistemi etici che religioni, peraltro privi di credenze in entità soprannaturali), a loro volta contaminati da elementi buddisti. Questo, in un paese che già diversi secoli prima dell’avvento del comunismo era famoso per far scaturire discussioni sull’ateismo dei suoi abitanti (vedi, ad esempio, Matteo Ricci e Voltaire). In questa sede presentiamo un’elaborazione dei dati contenuti in un’altra fonte non sospetta di simpatie per l’ateismo, ovvero i Quaderni della Chiesa che soffre - Rapporto 2002 sulla libertà religiosa nel mondo. Questa pubblicazione presenta i dati complessivi dei cristiani paese per paese e, laddove siano stati ritenuti significativi, anche i dati concernenti gli «agnostici» (sotto la cui denominazione sono stati evidentemente raggruppati i dati concernenti anche gli atei e i non religiosi), presentati per ben 69 nazioni. Alcune considerazioni: • l’influenza del comunismo si fa sentire: 3 dei primi 5 paesi in termini percentuali hanno ancora un regime di questo tipo; • il crollo dei regimi comunisti in molti altri paesi non ha però provocato un crollo della miscredenza a favore della religione, anzi: in alcuni Stati il dato è addirittura in aumento; • l’Italia si piazza più che bene, se si considera che ha «in casa» il Vaticano. O, forse, proprio per quello! RELIGIONI IN ITALIA Anche per l’Italia si pone lo stesso problema di calcolo. Secondo il Vaticano nel 1997 56.258.000 italiani erano cattolici, pari al 98% della popolazione: una percentuale smentita, come abbiamo visto, dalle statistiche redatte a opera di alcune sue organizzazioni. Secondo l’ennesima fonte cattolica (in questo caso lo studio Il fenomeno religioso oggi, pubblicato dalla Pontificia Università Urbaniana) i cattolici sarebbero meno dell’80%, seguiti da un 18% di atei. dal sito: www.apav.it 28 ACCUSATO DI ABUSI SESSUALI IL CENSORE VATICANO DELLA OMOSESSUALITA’ E’ il più rigido censore dell’omosessualità, in prima fila tra chi suggerisce l’esistenza di un legame diretto tra tendenze omoerotiche e pedofilia: ma adesso, mons. Tony Anatrella, gesuita francese e psicanalista, si trova accusato lui stesso di abusi sessuali su minori. Anzi, le accuse sono addirittura due. Una prima denuncia contro di lui sarebbe stata depositata Il 30 ottobre al tribunale dei minori di Parigi, dopo che per molti mesi una serie di lettere aveva raccontato al procuratore di un giovane “di ambiente cattolico” abusato proprio da mons. Anatrella. Poi c’è la testimonianza di Daniel Lamarca , ex-seminarista che ha Denunciato al periodico francese Golias di essere stato, nel 1987, in analisi presso mons. Anatrella. Lamarca, allora ventitreenne, cercava di “guarire” dalla sua omosessualità: in realtà, più volte le sedute di “lavoro corporale” con il gesuita si erano risolte in veri e propri rapporti sessuali: Il giovane si era anche rivolto all’ allora arcivescovo di Parigi, card. JeanMarie Lustiger , il quale, dopo avergli promesso di intervenire, avrebbe in realtà lasciato cadere la cosa. (da “Adista” del 11 novembre 06) CONSULENZA PSICOLOGICA Molti sacerdoti in crisi o in difficoltà davanti alle scelte future possono rivolgersial dottor Carlo Vaj e al dottor Gino Belardinelli, psicoterapeuti, che offrono la loro disponibilità e la loro competenza sia per colloqui personali, sia per fornire informazioni su altri psicoterapeuti cui rivolgersi. Carlo Vaj Largo Albert,2 Piazzo Lauriano (TO) tel. 011 9146156 cell. 388 9449881 Gino Belardinelli Via Marcantonio Boldetti 12/3 Roma 001162 tel. 06 8600655 29 DOSSIER PEDOFILIA (documento integrale vedi internet www.chiesaincammino.org) Un testo sconvolgente sulla pedofilia clericale negli Stati Uniti: R. Sipe, A.W.R. Doyle, P.J. Wall: Sex, priests, and Secret codes. The celibacy Church’s 2.000Year Paper Trail of Sexual abuse, Volt Press, Los Angeles, 2006. 11.093 le vittime di oltre 5.000 preti, compresi 16 vescovi. Costo: un miliardo e mezzo di dollari. Se si calcola la media di dieci per pedofilo si arriva a 100.000. Per la prima volta si rivela l’enormità di un delitto, che, senza il contributo dei vescovi, non sarebbe stato possibile. Lo scandalo è che la “strage” si sia consumata “con” le mani consacrate di uomini di Dio. (Su Google, "pedophilia catholic church", appaiono più di 600.000 testi, quanto basta per dire l’importanza che gli viene data). Gli autori: -Padre Thomas P. Doyle o.p.: dottore in diritto canonico, avvocato presso l’ambasciata vaticana negli USA, intervista e difende più di 2.000 vittime. - Richard Sipe: sposato, già monaco benedettino per 18 anni, psicoterapeuta, da 34 cura vittime e carnefici. - Patrick J. Wall, già monaco benedettino, sposato, studioso di teologia, politica e diritto canonico, è un esperto in materia giuridica riguardante la pedofilia. - Dati sulla Chiesa negli USA: su 67.3 milioni di cattolici, ci sono 42.271 preti, 14 cardinali, 48 arcivescovi, 373 vescovi, 14.493 diaconi (in aumento del 10% l’anno, il 90% è sposato), 67.773 suore (30 anni fa erano più del triplo), nel 2005 si sono ordinati 438 preti, di cui il 37% è di origine latino-americana. La storia Fin dal 1924 i preti con disturbi mentali vengono ricoverati in casa di cura. Negli anni ’50 sottoponendo i seminaristi ai test psicologici, si scopre che i loro “problemi” non sono di natura mentale/morale, ma 30 di immaturità emozionale, che non si cura con la preghiera. Il 20% del clero soffre di depressione, schizofrenia, abusi sessuali. Circolano voci, sospetti, segnalazioni. Dall’alto si rassicura: la pedofilia è trattata come una malattia mentale (anni ’60). Nel 1962 gli Stati deferiscono alle autorità centrali le violenze sui minori e dal 1968 si danno una legislazione, che nel 1974 diventa federale. Le case di cura mentale si moltiplicano (anni’60), l’aumento dei preti dediti all’alcool, droga, abusi sessuale, è allarmante (anni ’70). Nel 1968 la Conferenza Episcopale Americana (=NCCB) ordina una ricerca sul fenomeno. 1971: su 1.500 preti presi in esame (anni 1930/70), il 20/25% ha gravi difficoltà psichiatriche, il 60/70% soffre di immaturità emozionale con attività etero/omosessuale. Secondo un’altra ricerca il 74% è immaturo: “La sessualità, non risolta né integrata, in molti è a livello adolescenziale”. Il disastro è annunciato ma i vescovi non vogliono vedere. Nel 1976, Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo. Le denunce aumentano, le case di cura funzionano a pieno ritmo (1). I fatti 1983/84: il caso di p. Gauthé, 37 stupri, suscita l’indignazione nazionale. Lo psichiatra descrive la situazione della vittime come “di una tale assurdità che non si riesce neppure a descrivere”. Diversi ragazzi vivono in un incubo permanente e sono sotto terapia. La diocesi di Lafayette è citata in giudizio per aver occultato gli abusi risalenti al 1972. La prova della complicità del vescovo è di pubblico dominio. Per la prima volta i media fanno sapere “come” è gestita la “cosa”. Il delitto è così diffuso, che non si riesce più a nasconderlo: 2.000 casi solo nel 1985. 1990: R. Sipe nel libro Mondo segreto: sessualità e indagine sul celibato, analizza 1500 interviste (1960/1985): il 6% è pedofilo, il 20/25% frequenta donne, il 15% uomini (2). 1992: i media amplificano il caso di p. James Porter, 200 stupri, 8 anni di carcere. Tra il 1985/1992 si accumulano le prove contro i prelati, che trasferiscono i pedofili da una parrocchia all’altra, diffondendo l’epidemia. 1993: le vittime si organizzano in associazione. 31 1997: p. Kos, in tribunale a Dallas, di fronte a 12 vittime. Nonostante le prove e il giuramento sulla Bibbia, il card. Mahony nega di essere al corrente, ma è condannato per complicità. La vicenda risale al 1993 quando le vittime di tre preti, Kos, Hughes, Peebles, sporgono denuncia. La diocesi rifiuta di patteggiare per un milione di dollari e solo per p. Kos ne pagherà 32. La diocesi di Louisville sborserà 25 milioni, Boston 85, Orange 100. La gente non è più disposta a sostenere una Chiesa inaffidabile. 2002: la notizia di 150 stupri di p. John Geoghan sconvolge l’America. Il Boston Globe ottiene l’autorizzazione giudiziaria di consultare l’archivio segreto della curia: emergono dal nulla 1.200 tragedie, 150 preti pedofili. L’indagine viene estesa a tutto il paese. Il papa convoca i cardinali, il card. Low è costretto a dimettersi, la NCCB nomina una commissione. 2005: a Boston p. Paul Shanley è condannato a 12 anni di reclusione. Alla fine degli anni ’70 i vescovi si chiedono: che fare per prevenire la strage? come curare vittime e trasgressori? A volte i violentati sono trattati come seduttori. Un vescovo dirà che quei preti “sono vittime ingenue di ragazzacci di strada”. La gerarchia attribuisce le aberrazioni sessuali alla società materialista, alla sovra-esposizione del sesso, all’enfasi dei media. Parte la crociata in difesa del celibato. Una condotta sconcertante: come può un’istituzione dalla rigida morale sessuale permettere migliaia di abusi? Non si vuole ammettere che la causa principale è l’immagine che la Chiesa ha di se stessa: governo gerarchico di istituzione divina; il papa incarna ogni potere: giudiziario, legislativo e esecutivo (can. 331, 333); ogni vescovo ha lo stesso potere nella sua diocesi (381). Senza distinzione di poteri, non c’è possibilità di controllo. La Chiesa si dichiara “società perfetta”, indipendente e autosufficiente. Il Vaticano II la definisce “popolo di Dio”, ma il diritto canonico conserva la struttura monarchica e, grazie a Giovanni Paolo II, si torna al Vaticano I (1870). Tre casi emblematici Tre casi, nella stessa diocesi, sono il paradigma di tutto il paese. Padre Peebles: la sua ordinazione viene rinviata due volte per alcolismo. Nel ‘79 il primo stupro. Nessuna indagine, è nominato assistente degli scout (‘81) e poi cappellano militare. Nel 1982 32 violenta un altro minore. In caserma, altro tentativo. La diocesi convince familiari e autorità militari che “la denuncia causerebbe più male che bene”. Nominato cappellano a Dallas (‘84), nel 1985 diventa parroco. Un anno dopo, altri abusi. La diocesi è preoccupata più della sua immagine che delle vittime. Padre William Hughes, ordinato nel 1982, cappellano a Dallas. I genitori non immaginano che ci sia morbosità tra lui e la figlia quattordicenne: “Impossibile che un prete faccia certe cose”. La madre scopre delle lettere compromettenti, la notizia dello stupro arriva al vescovo. Nominato cappellano della gioventù, nell’88 passa a un’altra parrocchia, rimanendo in situazione di rischio fino al 1990, rovinando altri minori. Padre R. Kos, sposato nel 1966, divorziato nel 1971, ottiene l’annullamento (’76), chiede di farsi prete. La moglie informa che il matrimonio non è stato consumato, per le tendenze morbose del marito: da militare ha stuprato un ragazzo. Ordinato prete continua ad approfittare dei minori. Nel 1992 lo psichiatra raccomanda di allontanarlo dagli ambienti educativi. Nel ‘93 viene sospeso. I responsabili hanno omesso il loro dovere di indagine, non c’è scusa per una condotta così imprudente. Cospirazione del silenzio Come è stato possibile il silenzio così a lungo? La forza del potere clericale induce le vittime a non riferire per paura del castigo divino; i giudici insabbiano le indagini; la polizia riconsegna i colpevoli; giornalisti ed editori non interferiscono. I seminaristi vivono in un ambiente di soli maschi, le donne sono considerate una tentazione. Negli anni ’80 il bubbone scoppia, la pedofilia clericale fa notizia. Si denuncia la cospirazione del silenzio. Solo la pressione delle vittime, dei parenti, dei media smuove la gerarchia. Nel 1985 i padri Doyle, Peterson e l’avvocato Mouton, elaborano un “Manuale di istruzioni” per i vescovi. Non viene preso in considerazione, perché lo interpretano come un’ingerenza. Solo nel 1993 la NCCB nomina una commissione ad hoc e un’altra nel 2004, che produce un rapporto, il quale biasima il comportamento della gerarchia. Si interpella la John Jay University, che, prendendo in esamine il periodo 1950/2002, parla di 4.500 pedofili e 10.000 vittime. 33 Celibato sotto accusa Il tribunale si interroga: “Come è possibile con tanto di celibato?”. Il diritto canonico non prevede delle pene? Il trasferimento da una parrocchia all’altra non è un castigo. Da un lato la pedofilia è un’offesa tanto grave da tenere segreta, dall’altro non si istruisce il debito processo. I trasgressori sono ammoniti e si ricorre al rimedio spirituale, perché il caso è considerato un problema morale. Eppure si sa, la confessione assolve il colpevole, non cura il disordine sessuale, tanto meno la sua causa. Nei casi più gravi il reo è spedito in casa di cura, che sarà sfiduciata per l’alto tasso di recidività (anni ’80) (2). Nonostante le centinaia di indagini, non si conosce un solo caso, che sia stato sottoposto a processo canonico. Le omissioni d’ufficio dei vescovi erano risapute almeno fin dal 1976, ma nessuno é intervenuto. Il diritto ecclesiastico non ha competenza in una materia che spetta all’autorità civile. Un danno psico-fisico non si cura con ammonimenti e pratiche di pietà. Gli avvocati denunciano non solo l’esecutore materiale del delitto, ma anche chi può essere considerato come il mandante. Quando questa accusa è rivolta all’autorità insorge un conflitto di interessi, perché il vescovo, essendo giudice assoluto nella sua diocesi, é come se dovesse giudicare se stesso. (…) PEDOFILIA NEL MONDO ABUSI E VIOLENZE SUI BAMBINI: 220 MILIONI di VITTIME Una ricerca delle Nazioni Unite offre un quadro sconvolgente sulle violenze e abusi sessuali, di cui i bambini sono vittime: "I bambini subiscono da parte degli adulti violenze mai viste o sentite per secoli. L'ONU esorta gli stati a proibire qualunque forma di punizione corporale, mutilazione genitale femminile, matrimoni prematuri e obbligati, delitti d'onore, violenze sessuali, torture, maltrattamenti disumani e degradanti". 34 Bisogna prevenire la violenza, che è accettata come qualcosa di “normale”, socialmente approvata e anche istituzionalizzata. In 106 paesi sono ammesse le punizioni nelle scuole. Il rapporto, elencando diversi tipi di violenza, dimostra che esiste in tutti i paesi e da decenni questi traumi lasciano gravi ferite psicologiche (2006). Nel mondo: -150 milioni di ragazzine, sotto i 18 anni, il 14% della popolazione mondiale -73 milioni di ragazzi, il 7% - 82 milioni di ragazze si sposano prima di 18 anni, spesso soggette a violenze. - 80/93% dei bambini subisce punizioni fisiche a casa e non parlano per vergogna - 2 milioni i bambini in stato di schiavitù sessuale. Il traffico internazionale “smercia” ogni anno 700.000/1.000.000 di persone, l’80% donne e il 50% bambini (ONU, 2004), rendendo 9,5 miliardi di dollari/anno (FBI 2003). Dopo la droga e le armi, è il mercato più redditizio. 55miliardi di dollari il commercio della pedofilia on line. Una fotografia hard “vale” 30/100 dollari. - 44 milioni di bambini navigano in Internet ogni giorno (2005) - 29.000 siti pedofili nel mondo (1996/2000) con 12 milioni di ragazzi coinvolti, di cui 22 milioni e mezzo tra i 10 giorni ai 12 anni di età. La pedofilia ha trovato in internet nuove strade per "commerciare" l'infanzia con “giustificazioni culturali”. - 1 bambino su 44visita un sito pornografico - 1 bambino 5 su riceve proposte sessuali 35 In Italia: � 22bambini ogni giorno soffrono abusi sessuali � 1.000 e più processi all’anno � 60-70 % degli abusi si consumano tra le mura domestiche. Sanzioni per lo sfruttamento sessuale dei minori e pedo-pornografia: 6/12 anni di reclusione; per il commercio di minori ai fini di prostituzione: 6/20 anni; pene più gravi per reati nell'ambito familiare o su minori di età tra i 14/166anni. CHIESA CATTOLICA AMERICANA e ABUSI SESSUALI La vastità del fenomeno ha richiamato l’attenzione mondiale: 11.093 le vittime di oltre 5.000 preti, compresi 16 vescovi. Costo: un miliardo e mezzo di dollari. Secondo gli esperti, se la media è di dieci vittime per pedofilo si arriva a più di 100.000. Il 78% dei bambini è tra gli 11/17 anni, il 16% fra gli 8/10, il 6% meno di 7 anni. R. Sipe parla di cause genetiche: «E' altamente probabile che nell'utero avvenga una qualche programmazione cerebrale di tutti gli esseri umani che contribuirà alle successive esperienze sessuali»; non è fondata l'equazione minore abusato uguale a adulto abusatore: «Nessuno sa perché, da adulti, soltanto alcune vittime di abusi diventeranno a loro volta violentatori di minori»; ci sono anche predisposizioni psico-dinamiche, situazioni sociali e corruzione morale volontaria. Il sistema clericale riguardante la corporeità «blocca lo sviluppo psicosessuale del prete ad un livello preadolescenziale e il celibato funge da riparo per conflitti sessuali irrisolti». «La struttura e l'atmosfera di potere della Chiesa tollera e in alcuni casi incoraggia la fissazione e la regressione sessuale». «La preferenza per la segretezza gioca a favore dell'affidabilità del prete e dei suoi superiori». «La mancanza di credibilità degli insegnamenti della Chiesa sul sesso promuove difese mentali primitive come negazione, razionalizzazione e scissione». Nel libro “Celibacy in crisis”, Manuale diagnostico e statistico dei disordini mentali), sostiene che si può parlare di patologia ecclesiogenica: «la sindrome è causata dalla educazione che rende tabù le aree del sesso e dell'erotismo, proibendone le discussioni in pubblico, che vengono considerate immorali, e a volte soggette a pene». 36 In Inghilterra la BBC tratta il caso del Cardinale Cormac Murphy accusato di coprire diversi preti, tra i quali Michael Hill accusato da una trentina di ragazzi. In Irlanda si calcola sul 4% i preti pedofili. Dal 1945 al 2004 si contano 105 condanne e 400 vittime dichiarate. In carcere ci sono 8 preti, 32 sotto processo. In Italia sarebbero 400.000 i pedofili. Solo alcuni giornali ne parlano. Dal 1998 ad oggi il New York Time ha dedicato al tema 150 articoli, La Repubblica, 40. Il 3% della popolazione è coinvolta con la pedofilia in rete, il 97% dei casi avviene in famiglia, parrocchia, con i vicini di casa. Don Fortunato Di Noto, dopo gli arresti di presunti pedofili, ha minacciato di fare dei «nomi eccellenti», ma quelli di alcuni politici italiani non verranno mai rivelati. I casi di pedofilia clericale in Italia, negli anni recenti, sono una cinquantina. Dal 2003 risultano 17 condanne e 24 in giudizio. L’Italia è un caso unico al mondo, perché c’è di mezzo un Concordato e pare un “paese a sovranità limitata”, essendo la “parrocchia del papa” (dicono gli storici). I politici non hanno nessun interesse di inimicarsi la gerarchia cattolica, che condiziona il voto dei cattolici. Non si sa quanti preti pedofili, perseguiti in patria (200 negli USA, 3.000 le loro vittime), abbiano trovato rifugio in Italia (almeno una decina) o in altri paesi del terzo mondo. In Brasile i preti pedofili sarebbero 1.700. La gerarchia tende alla loro copertura e alla colpevolizzazione delle vittime. (…) Note (1) Nel 1976 i Servi del Paraclito inaugurano il primo programma curativo, che sarà applicato a 2.100 preti. (2) Il codice del 1917, infatti, proibiva di portare il prete in tribunale. 37 CONSIGLIO NAZIONALE DI VOCATIO FRASCATI 9 dic. 2006 In occasione del Convegno delle CDB, Vocatio si è riunita per discutere quanto emerso a Sessa Aurunca nel mese di agosto. Il primo argomento all’o.d.g. è stato come organizzare la celebrazione del XXX di Vocatio. Trombetta, che aveva ricevuto l’incarico di trovare il luogo del Convegno, apre la discussione. Maestri fa presente che, durante la ricerca di alcune lettere dell’archivio di Vocatio da consegnare a Marinetti per la preparazione del suo libro sui preti sposati, ha scoperto che già nel 1978 si parla della nascita di Vocatio . Quindi nel 2008 si celebra il XXX. Quanto era emerso a Sessa Aurunca sul XXV doveva essere un equivoco. Allora tutti i presenti arrivano alla conclusione che la data 1-3 giugno 2007 rimane fissata come gruppo di lavoro, in preparazione del XXX 2008. Invece di tre giorni possono essere solo due giorni, e per le iscrizioni rivolgersi a Marcello Trombetta tel. 06-9307355. Il secondo argomento in discussione è stato il sito.internet di Vocatio. Già a Sessa Aurunca era emerso questo problema: un sito fermo è destinato a morire. Dopo alcuni interventi pro e contro la salvezza del sito (anche perché il gruppo dell’Emilia Romagna da poco tempo aveva fondato il proprio sito, fatto molto bene www.chiesaincammino.org) Maestri prendeva la parola in questi termini: sentendo una certa paternità sul vecchio sito vocatio, fondato con la collaborazione di un prete sposato di Lugano (Svizzera) che per parecchi anni l’ha gestito molto bene con notevoli riconoscimenti sia in Italia che all’estero, lui avrebbe fatto tutto il possibile per salvarlo, senza chiedere soldi a nessuno. Nel caso avesse incontrato ostacoli insormontabili si sarebbe rivolto al gruppo di Napoli che a Sessa Aurunca aveva dimostrato di avere persone molto preparate in informatica. 38 MESSAGGIO FINALE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE DEI PRETI SPOSATI (WIESBADEN 2005) ( Nel n.62 di SULLA STRADA abbiamo parlato di questo Congresso senza pubblicare il Messaggio Finale. Lo pubblichiamo in questo n.65, scusandoci con i nostri lettori) “Dopo 20 anni di esistenza, la Federazione Internazionale dei Preti Cattolici Sposati ha celebrato il suo VI Congresso internazionale a Wiesbaden (Germania) dal 16 al 19 settembre 2005 sul tema:”Il rinnovamento dei ministeri come servizi nella Chiesa contemporanea”. Alla fine di questo Congresso, fedeli allo spirito del Vaticano II, coscienti della situazione attuale nel mondo e nella Chiesa, desideriamo riaffermare il nostro impegno per il rinnovamento della Chiesa e dei suoi ministeri. Questo rinnovamento è sempre più importante. In questo contesto, noi offriamo alla Chiesa le nostre ricerche per far vivere la Chiesa in modo diverso, con la scelta di altri modelli di ministero, come servizi per l’uomo. Proclamiamo ancora il nostro amore e la nostra fedeltà verso il Vangelo di Gesù. Non abbiamo alcuna intenzione di fondare una Chiesa parallela. Noi desideriamo impegnarci in un dialogo costruttivo con i vescovi. Affermiamo l’importanza della Chiesa per tutti noi, come un mezzo che ci dà nuova forza e ci rende capaci di approfondire le nostre scelte per i poveri e gli emarginati. Nello stesso tempo ci impegniamo ad aiutare la Chiesa ad essere sempre più al servizio del mondo e non al servizio dei propri privilegi. Durante questo Congresso, abbiamo auspicato in tempi brevi l’evento dell’ordinazione sacerdotale per le donne che lo desiderano e comunque uno spazio maggiore per numerosi ministeri per la donna nella Chiesa. La nostra Assemblea Generale con i suoi delegati di 25 gruppi nazionali venuti da 4 continenti ha deciso di riorganizzarsi in una Confederazione di 39 Federazioni: la Federazione latino-americana, la Federazione delle Filippine, la Federazione Europea, la Federazione Nord-Atlantica. Questa Confederazione desidera: 1- rinforzare i legami tra tutti i gruppi dei preti sposati 2- accelerare lo sviluppo del movimento internazionale per il rinnovamento dei ministeri nella Chiesa 3- promuovere lo scambio di varie esperienze pastorali 4- sostenere le aspirazioni di tutti i suoi membri per incontri sempre più frequenti e tramite Internet. Il nostro Congresso è stato un lungo viaggio di solidarietà e di grazia. Nel momento in cui continuiamo il nostro cammino verso una nuova direzione, preghiamo Dio di guidarci con la sapienza e il coraggio verso l’Amore che abbiamo sempre cercato anche dopo gli anni più belli della nostra giovinezza. Wiesbaden 19 sett. 2005 Per tutti coloro che sono in ricerca di un luogo di accoglienza (ex-religiosi, ex-preti, ex-suore) per i momenti più difficili della loro vita, quando abbandonano la vita religiosa! … PER INFORMAZIONI: Lorenzo Maestri e Rosangela e-mail [email protected] tel. 0332-534161 Giuseppe Zanon e Daniela e-mail [email protected] tel. 030-9038725 cel. 338-2067339 40 IL CELIBATO DEI PRETI NON E’ UN DOGMA MA UNA NORMA, HA DETTO IL CARD. HUMMES NUOVO PREFETTO PER IL CLERO. SUBITO UN POLVERONE. MILINGO NON LASCIA, RADDOPPIA (“Oggi” del 20 12.06) Il vescovo è riapparso a New York: noi c’eravamo “Ha convocato i preti sposati di tutto il mondo: Ma ha anche ordinato due nuovi sacerdoti e portato sull’altare la moglie. Il suo sogno? Essere riconosciuti a Roma. Il racconto del nostro “infiltrato”. (di Roberto Beccaria) New York (Stati Uniti), dicembre A scelto New York come ennesimo trampolino di lancio, dopo mesi di silenzio. È riapparso così monsignor Emmanuel Milingo, nella patria di tutte le libertà. Libertà di fare ciò che si sente più giusto per sé. Sebbene lui, vescovo della Chiesa cattolica, sappia bene di essere legato a filo doppio con il Papa dal vincolo dell'obbedienza. Ma Milingo ha deciso di non lasciare, anzi: vuole raddoppiare. Ha convocato i preti sposati di tutto il mondo: ne aspettava almeno un migliaio (sono 200mila in totale), ne sono giunti poche decine. Ma lui non è apparso turbato.Si è accontentato che qualcuno abbia risposto al suo appello. Perché ha ancora un sogno da realizzare: dopo aver sposato Maria Sung (coreana che ha sempre vissuto sotto l'ala del controverso reverendo Moon), dopo aver rifiutato la mano tesa del cardinal Tarcisio Bertone (oggi segretario di Stato del Vaticano) e perfino del cardinal Joseph Ratzinger (oggi Papa Benedetto XVI), vuole proseguire per la sua strada. E lui, abituato a creare scompiglio e a provocare sorprese, pare abbia rinunciato a integrarsi con la pseudochiesa dei moonies (come si temeva in Vaticano dopo il matrimonio) e pare che abbia rinunciato anche a fondare una nuova scismatica chiesa (come si pensava dopo l'ordinazione vescovile di quattro sacerdoti sposati senza l'autorizzazione del Papa). Ora il suo progetto è un altro: far sì che la Married Priests Now (l'associazione americana di preti sposati) venga riconosciuta da Roma. Fantateologia? Fantaecclesiologia? Probabilmente sì. Sta di fatto che i tre giorni newyorkesi sono stati il primo passo di Milingo in questa direzione: Tre giorni di convegno, discorsi, discussioni e preghiera. Anche interreligiosa, accanto a un imam e a un rabbino. Entrambi sposati, naturalmente. Tre giorni che si sono conclusi con l'ennesima provocazione di MiIingo: il vescovo africano ha consacrato due nuovi preti. 41 Ci conferma tutto don Giuseppe Serrone, l'unico sacerdote italiano (vive in provincia di Viterbo) presente a Parsippany, nel New Jersey, una quarantina di chilometri dal centro di New York. Naturalmente con la moglie Albana Ruci. Don Giuseppe, come ha trovato monsignor Milingo? «Estremamente sereno, ma anche molto addolorato». Perché sereno? E perché addolorato? «La sua serenità nasce dal fatto che pensa di stare facendo la cosa giusta. Addolorato perché lui vorrebbe poter essere in pace con il Vaticano». Be', per tornare in pace con Roma, bastava che accettasse di afferrare una delle tante mani che gli hanno teso in questi anni il cardinal Bertone, Giovanni Paolo II o Benedetto XVI... «Il guaio è che chiunque in Vaticano ha tentato di riavvicinarlo gli ha sempre chiesto di cedere, di rinunciare a tutto. Ma, per dialogare, bisogna essere in due, non pretendere che sia sempre e solo l'altro a fare un,passo indietro». E vero anche che un vescovo è tenuto all'obbedienza. «Milingo lo sa bene. Ma sa anche un altra cosa: è più importante il magistero o il carisma? Cioè, è più importante l'obbedienza o lo sfruttamento dei doni che il Signore ci dà? Ebbene, per Milingo è più importante il carisma. Così come attirava folle quando si diceva che era un guaritore, oggi vuole attirare folle di preti sposati». Ma, almeno per ora, non riesce a radunare attorno a sé folle di preti sposati: lì siete solo una quarantina. «Questa Married Priests Now è un'associazione nata da poco. Ma ha già ricevuto il riconosci. mento come Onlus negli Stati Uniti. Milingo si è appena unito a questa realtà: saprà farla crescere lui. E poi credo che molti sacerdoti non abbiano accettato l'invito perché temevano una grande invadenza degli adepti del reverendo Moon». 42 Crede che siano conciliabili gli insegnamenti del reverendo Moon con quelli della Chiesa cattolica? “Io non lo so: conosco poco i moonies. Ma credo che Milingo non avrebbe sposato una moonie se non avesse pensato di fare la cosa sbagliata”. E nominare quattro vescovi senza il consenso del Papa? Oltre ai due sacerdoti ordinati a New York? Anche queste non sono «cose sbagliate»? «Io mi domando: perché Roma scomunica Milingo per queste ordinazioni e non scomunica la Chiesa cinese che ne fa un mese sì e l'altro pure?». A dire la verità, in Cina esistono due Chiese: una fedele a Roma (e perciò perseguitata) e l'altra organica al regime comunista: forse il paragone non è molto pertinente. In fondo Milingo continua a sostenere di essere un vescovo cattolico, apostolico e romano. A differenza dei vescovi cinesi non fedeli a Roma. "Ma anche negli Stati Uniti ci sono moltissime chiese diverse: perché Roma scomunica solo Milingo? La verità è che il Vaticano ha sempre fatto enormi pressioni su Milingo perché lasciasse Maria Sung. E lui non se l'è mai sentita di abbandonare a se stessa una donna alla quale voleva (e vuole) bene. Accettando di pagarne tutte le conseguenze” . Così come non se l'è mai sentita di lasciare la Chiesa cattolica. «Vero. Anche qui a New York ha continuato a celebrare messa tutti i giorni, a vestire con l'abito talare del vescovo, a recitare il breviario... Nulla è cambiato per lui». In realtà, qualcosa è cambiato. Milingo ha detto di essére innamorato pazzo della sua Maria e di pensare ad avere un figlio (età permettendo). Ha anche detto che ogni giorno recita un rosario per il Santo Padre e che, pregando per lui, prega per tutta la Chiesa cattolica. Quella Chiesa cattolica che più di una volta ha cercato di riavvicinarlo, di riabbracciarlo come fosse il figliol prodigo. Purché, come recita la parabola del Vangelo, riconosca di aver sbagliato. Roberto Beccaria LA BADESSA DIRA’ “SI” A UN UOMO ( “Oggi” del 03.01.07) E’ accaduto nel Cuneese: Madre Chiara Donata era in monastero da 20 anni. Poi ha incontrato Aldo: E’ nato un sentimento. “E adesso pensiamo al matrimonio”, dicono. Ecco la loro storia (di Maurizio Chiaravella) Boves (Cuneo), dicembre amore può nascere ovunque, all'improvviso, persino tra le austere mura di un monastero. Può essere grande e forte come un vento che spazza via tutto. Madre Chiara Donata, la badessa della clausura di Boves, un paese in provincia di Cuneo, ha provato a opporsi, a scacciare dalla mente e dal cuore l'immagine di quell'uomo che la turbava sempre di più. Ma poi ha dovuto arrendersi: combattere e vincere contro sentimenti così forti è difficile per tutti, anche per una suora di clausura che aveva fatto voto di castità più di vent'anni prima e che voleva, assolutamente voleva, rispettare quel voto. 43 È andata a convivere con l'uomo che ama, a poche centinaia di metri dal monastero e per lei, inizialmente, questa è stata una sconfitta ma anche una liberazione. Ma ora comincia a essere felice: si sposerà presto, forse diventerà anche mamma. Ha deciso di non vivere più nel monastero, che negli ultimi tempi deve esserle sembrato quasi una prigione. Ma , non vuole vivere nel peccato. Qui a Boves quasi tutti la assolvono, perché la conoscono _, bene e sanno che la sua storia d'amore non può essere oscurata da pettegolezzi di cattivo gusto: ha smesso di vestire i panni della suora e ha cominciato a essere una donna. Perché avrebbe dovuto soffocare i suoi sentimenti e vivere infelice, come una reclusa? Alcuni, è ovvio, la condannano: quando si fa un voto bisogna rispettarlo, dicono, anche a costo di grossi sacrifici. Altri si limitano a qualche sorriso malizioso. Ma qui non si respira quel pruriginoso odore di scandalo che forse ci si potrebbe aspettare. Madre Chiara Donata era amata da tutti, prima, e quasi tutti continuano ad amarla adesso, anche se è tornata a chiamarsi Fernanda Dalla Libera. Ha 42 anni, è alta, ha gli occhi chiari e un sorriso dolce, anche se è ancora un po' velato di tristezza: ha sofferto molto, ha vissuto un anno pieno di tormenti. Nella sua cella prima arrivava il pianto e poi, a fatica, il sonno. Ha inseguito un sogno di felicità, ma non l'ha ancora raggiunto del tutto: «Mi fa male», dice con un filo di voce, «accorgermi che la gente è imbarazzata quando mi incontra per strada o nei negozi, quando mi vede senza più il velo, ma con un uomo. Qualcuno, forse, era convinto che saremmo andati via da Boves, che ci saremmo costruiti una nuova vita lontano da qui. Ma perché avremmo dovuto farlo? Perché avremmo dovuto dare l'impressione di fuggire? E poi: fuggire da che cosa? Ci amiamo e vogliamo farlo alla luce del sole, come tutte le altre coppie che non hanno niente da nascondere» 44 LA MANIFESTAZIONE DUEMILA IN PIAZZA PER SFIDARE RATZINGER “E LA POLITICA SMETTA DI INGINOCCHIARSI” Roma – Circa duemila persone il 10 febbraio a Roma, per protestare contro l’ingerenza della Chiesa che “condiziona la vita politica italiana e la costringe a genuflettersi”, come hanno detto i promotori di “Facciamo Breccia”, rete di associazioni di donne, gay, collettivi universitari, centri sociali. Una manifestazione allegra e colorata nonostante la pioggia battente. Su un cartello si leggeva: ”Oggi sposi” e sotto c’era la foto di papa Benedetto e del suo segretario George incorniciati in un cuore. Su uno striscione:” Ratzinger impone, Prodi dispone”. ”Dieci, 100,1000 Porta Pia”. Lo slogan più urlato. E ripetute richieste di abolire il Concordato. Un grafico pubblicitario di Verona, Gianni Cardini, indossava paramenti da sacerdote, una tiara di cartone e la maschera di Ratzinger:” Ma è solo per fare un po’ di coreografia, di satira. Noi siamo qui solo per rivendicare la libertà di scegliere l’affettività: Non certo per ottenere un’istituzione eterosessuale, come il matrimonio, che tra l’altro neppure funziona visto che in Italia c’è un divorzio ogni quattro minuti”. Pressoché assente la politica, a parte il radicale Maurizio Turco e Salvatore Cannavò del Prc (“miope non aver capito che era un’occasione per rispondere all’ingerenza vaticana”). (da “La Repubblica” del 11 febbrai 2007) LA TEOLOGIA DI PAPA RATZINGER Papa Ratzinger forse, quarant’anni fa, era un bravo teologo ma oggi, con i suoi frequenti interventi in difesa di un modello di famiglia, modello molto datato, dimostra di condividere la teologia medievale in cui il più grande peccato è il sesso, e il matrimonio l’unico mezzo per redimere questo peccato. Non dimentichiamo che fino al 1962 il fine primario del matrimonio era quello della procreazione; e non dimentichiamo che fino alla metà del secolo scorso le donne, nel periodo della loro vita feconda, portavano più o meno a termine dalle dodici alle quindici gravidanze! E’ questa la teologia di papa Ratzinger? Se poi si vuole approfondire un po’ di più il discorso non dimentichiamo che per questo papa il vero nemico è il RELATIVISMO, cioè la rivendicazione dell’autonomia di ciascuno, la ricerca sperimentale della verità, etc. Abbiamo in gioco il valore del Rinascimento, il valore della libera ricerca, il valore della scienza sperimentale etc. l.m. 45 I DRAMMI DEL CELIBATO DEI PRETI di Fernando Iachini (teologo e psicologo) (dalla Sicilia, dal nostro caro amico Vincenzo La Bella, riceviamo questo articolo del settimanale Valdese, che volentieri pubblichiamo) Una storia fatta di lunghe sofferenze che si ripercuote ancora nell'attualità Fu Ildebrando, diventato papa Gregorio VII, nel 1073, a eliminare il matrimonio per gli ecclesiastici: come al solito, ne fecero le spese innanzitutto le donne e anche i figli. NEL 1073 divenne papa un monaco potentissimo della curia romana, Ildebrando, che si chiamò Gregorio VII. Aveva come unico interesse la grandezza morale e politica della Chiesa. Suoi obiettivi: ridare autorità e autonomia al papato, moralizzare il clero e rendere la Chiesa indipendente dall'Impero. La situazione generale di allora era caratterizzata da un papato che aveva perduto la sua autorità, da un Impero che aveva raggiunto il culmine della sua potenza e del suo splendore e poi dalle tensioni affioranti tra queste due potenze. Appena asceso al soglio pontificio Gregorio VII redasse un elenco (Dictatus papae) di 27 sentenze, dove sono espressi in forma enfatica gli scopi e le idee del papa. «Gregorio non considera il regno di Dio come un campo dove il grano cresce con la gramigna, al contrario vede il regno di Dio come un campo dove si scatena, senza tregua e senza pietà, la lotta della civitas Dei contro la civitas diaboli».È stato chiamato «il papa più bellicoso che abbia mai occupato la cattedra di Pietro»; domina in lui la volontà di affermare la potenza terrena del Principe degli Apostoli, per questo è pronto a sacrificare sia gli uomini che si mettono sulla sua strada sia i principi immutabili di verità e giustizia. Una classe di chierici Una volta eletto, Gregorio VII si diede da fare per attuare i suoi obiettivi. Subito tentò di eliminare il matrimonio tra gli ecclesiastici e ciò per garantire alla Chiesa che le sue proprietà non passassero mai di mano. È certo che uno dei motivi che hanno portato alla legge ecclesiastica del celibato fu la costituzione di una classe sociale, formata di chierici, che doveva essere potente per salvare una civiltà minacciata, e una delle forze di questo corpo sociale stava nel non disperdere in eredità i loro beni fondiari. L'effetto di questa legislazione fu di creare migliaia di virtuali prostitute tra le mogli innocenti di piccoli sacerdoti confusi e adirati. Quando furono separate dai mariti, per colpa di Ildebrando, molte di loro si suicidarono. Le concezioni monastiche sul sesso e sul matrimonio hanno partorito questa legge che è stata conservata e imposta con ogni mezzo al prete monarchizzato. Il vero «clero secolare» è quello della Chiesa orientale; la vita sacerdotale come lentamente si è fissata in Occidente è 46 sostanzialmente una vita costruita avendo preso in prestito dal monachesimo gli ideali e i mezzi della santità sacerdotale, sostiene Yves Congar. I precedenti L'idea repressiva di «rompere con un perpetuo anatema il rapporto dei consacrati con le donne» come esigeva Gregorio VII, ha avuto nella Chiesa, già molti secoli prima, voce e spazio. Il primo scritto ufficiale si trova nel Sinodo di Elvira (306), poi nel concilio di Cartagine (390), poi ancora nel Sinodo romano del 402. Ci furono altri sinodi, padri della Chiesa e soprattutto papi che cercarono di imporre il celibato, nonostante l'opposizione, le proteste furibonde, le zuffe e i tumulti verificatisi nei secoli contro l'iniqua legge che imponeva agli uomini di vivere come angeli. Questa evoluzione della Chiesa occidentale fu una delle ragioni che portarono allo scisma tra Chiesa occidentale e Chiesa orientale nel 1054. Mentre la Chiesa ortodossa fonda la sua prassi sui decreti del Sinodo Trullano II (691-692), nel quale si oppose al papa e concesse a diaconi e presbiteri di continuare a vivere il matrimonio, la Chiesa occidentale sceglie di andare contro il normale corso della natura favorendo la fornicazione, la ribellione, lo scandalo e lentamente la spinta verso la Riforma. Un voto che non funziona Proprio al tempo del Concilio di Trento (1545-1563) si è verificato che il parroco basco Pedro Lopez, fratello di Ignazio di Loyola, fondatore dell'ordine dei Gesuiti, lasciò alla morte quattro figli. Non era un'eccezione: infatti nel 1542 l'arcivescovo Alberto di Brandeburgo confessò al nunzio pontificio Morone: «Io so che tutti i miei preti vivono in concubinato. Ma che posso farci?». «La Chiesa è stata quasi sempre in crisi per quanto riguarda il celibato degli ecclesiastici». «Il voto di castità per i sacerdoti non ha quasi mai funzionato; anzi ha probabilmente provocato più danni alla morale di qualsiasi istituzione dell'Occidente, prostituzione compresa» (Peter De Rosa). La storia del celibato è talmente poco edificante che oggi neppure il romanzo più «spinto» può rivaleggiare con essa. Il più inflessibile sostenitore del celibato fu papa Ildebrando, che nonostante l'aperta e continua opposizione degli ecclesiastici, chiamò prostitute tutte le donne dei preti, aizzò contro i preti una teppaglia composta di monaci e di canaglie; alcuni chierici persero i loro averi e per non vivere da mendicanti lasciarono il luogo dove erano stati dei notabili; altri furono mutilati, torturati, trucidati. Così veniva condotta la «lotta per il celibato» da Gregorio VII. Caccia alle donne dei preti Persino i partigiani della riforma furono nauseati dalla vergognosa caccia alle donne dei preti che si era scatenata. La storia del celibato è anche storia della degradazione femminile e di frequenti aborti e infanticidi; è anche storia del clero divenuto una minaccia per le mogli e le giovani donne delle parrocchie, è anche storia di sacerdozio ed episcopati divenuti sempre più ereditari; è storia dei peggiori scandali verificatisi nella stessa Roma con i papi al primo posto nella classifica dei libertini; è storia dell'infame cullagium, cioè la tassa sul sesso che preti, vescovi e papi dovevano pagare per poter avere una concubina; è storia di monasteri e conventi 47 dove imperversava la promiscuità; è anche storia di una gran quantità di figli di cui nessuno sa chi siano i padri; è anche storia del permesso dato ai figli di preti di prendere gli ordini per non rischiare l'estinzione della classe sacerdotale. Il celibato risulta essere più che un «gioiello prezioso» della Chiesa una macchia sul nome del cristianesimo. Come nel caso del divorzio, anche in quello del celibato fu l'Occidente a staccarsi dalle antiche tradizioni. Approfondendo la storia si scopre che per Gregorio VII il celibato non aveva tanto a che fare con un'esistenza casta, quanto con l'indipendenza della Chiesa dall'interferenza dei laici. Quel pontefice sognava un regno di Dio sulla terra, che disponesse dei benefici e dei profitti dei parroci, come di preti sciolti da ogni vincolo, per disporne più liberamente e facilmente come è nel caso dei preti monaci. Non pochi ecclesiastici considerarono papa Ildebrando un eretico che aveva dimenticato la parola di Cristo e quella dell'apostolo Paolo. Il rischio della scomunica Le violazioni del celibato furono nei secoli punite con la scomunica, il carcere, con pene pecuniarie, con la fustigazione e la bastonatura, con la riduzione in schiavitù delle mogli dei preti, con l'invalidazione di validi matrimoni e la separazione forzata dei coniugi, con la proibizione di prender parte al matrimonio e alla sepoltura dei figli, con la proibizione di seppellire le mogli dei preti con rito ecclesiastico. Da sottolineare: poiché le violazioni del celibato spesso furono punite con pene pecuniarie, il matrimonio dei preti ebbe un ruolo notevole nella diffusione della Riforma luterana in quanto questa portò a molti trasgressori un guadagno economico, consistente nell'evitare l'esosa pena pecuniaria. S. Bonifacio (VIII secolo) in Germania trovò una grande depravazione tra vescovi e sacerdoti. Che fare? Si doveva biasimare il clero o la disciplina impostagli? Dopo la constatazione che la legge imposta procurava solo corruzione, ribellione e scandali, la decisione più ovvia era di abolirla. Questa la soluzione logica per chi aveva veramente a cuore il «bene» della Chiesa. Ma poiché lo scopo principale e prevalente è sempre stato di mantenere I «beni» della Chiesa, il nepotismo dei papi medievali e rinascimentali finì con l'essere doppiamente oltraggioso; infatti dando questi «celibi» gran parte dei beni ecclesiastici ai parenti, resero il celibato privo di qualsiasi scopo. In molte diocesi la religione scomparve proprio a causa del celibato. Nel 1562 Agostino Baumgartner, rappresentante del duca Alberto di Baviera, in un discorso al Concilio di Trento, sottolinea che «la maggioranza delle provincia protestanti della Germania sarebbe rimasta fedele a Roma se Roma sulla questione secondaria del matrimonio dei preti, avesse mostrato accondiscendenza».Ma i padri conciliari furono sordi. Paolo Sarpi disse che lo Spirito Santo era venuto a Trento dentro una valigia preparata a Roma. Gregorio VII non esitò a rivolgersi alle autorità civili per imporre il celibato e molti altri papi hanno continuato nel corso dei secoli su quella linea. In Italia con il Concordato del 1929 lo Stato è diventato il «braccio secolare» nella persecuzione degli ex preti e religiosi. 48 Comunità «matrigna»? La Chiesa, che è chiamata a essere la comunità dell'amore, qui si rivela matrigna. Diversi giuristi e uomini di cultura si sono schierati per l'abrogazione dell'articolo 5 concordatario per l'incompatibilità con le norme della Costituzione. Cesare Magni ha sostenuto che le norme sui diritti di libertà riguardano tutti gli individui, cioè sono inderogabili e non consentono eccezioni; però una volta sanciti, è stata dichiarata l'incapacità giuridica degli organi dello Stato a limitare o sopprimere i diritti fondamentali di libertà nei confronti di tutti gli individui, nessuno escluso. Ogni eccezione sarebbe viziata di incostituzionalità. Gramsci nel 1932 definì gli ex preti «i paria» della società italiana. La Chiesa, a danno dei suoi preti ribelli, ha usato sia violare il diritto naturale come al primo Concilio Lateranense (1123), sia infrangere i diritti costituzionali come nel Concordato (1929).Perchè così impone il sistema ecclesiastico. Perché certi poteri occulti sono osteggiati mentre altri, altrettanto nefasti e iniqui, sono ignorati, avendo così massima libertà di ledere impunemente qualsiasi diritto del cittadino? Vuole davvero essere l'Italia uno Stato sovrano e indipendente? Che cosa aspettano i parlamentari ad adeguare il Concordato alla Costituzione superando questa anomalia che è causa di tante ingiustizie per I 10.000 ex preti italiani? La cecità e la sordità di chi è al potere mi costringono a porre certe domande che evidentemente attendono e meritano risposte «credibili» per chi ha conosciuto persone e vicende «incredibili». L'ultima notizia incredibile è che questo papa è stato proclamato santo: san Gregorio VII. Il presente articolo è tratto da Riforma - SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI Anno 143 - numero 6 - 9 febbraio 2007. Ringraziamo la redazione di Riforma (per contatti: www.riforma.it ) per averci messo a disposizione questo testo Martedì, 06 febbraio 2007 AVVISO AI NAVIGANTI Suggeriamo alcuni siti internet dove è possibile trovare documentazione sulle problematiche affrontate da VocatioCHIESA CATTOLICA LETTERA APERTA ALLA www.vocatio.it http://nuovisacerdoti.altervista.org Egr. Direttore, www.noisiamochiesa.it faccio molta fatica a comprendere il dibattito apertosi nella Chiesa Cattolica www.donne-cosi.org dopo la pubblicazione della esortazione apostolica “Sacramentum caritatis”, di SS. www.ildialogo.org/pretisposati/ Papa Benedetto XVI, un documento che sulla base delle anticipazioni di stampa, http://web.tiscali.it/chiesalternativa/ molto ampio e in larga misura condivisibile, per ridurlo solo a strumento di www.cdbitalia.it interferenza sulla discussione apertasi nel Parlamento Italiano, sulla www.viottoli.it regolamentazione legislativa delle coppie di fatto e più in generale sul ruolo della www.chiesaincammino.org famiglia nella nostra società. Va detto che fare una legge che riconosca diritti ma anche doveri ai coniugi conviventi, non deve scandalizzare nessuno, ma deve essere accolta come una norma che di fatto recepisce e realizza quanto stabilito dalla nostra Costituzione che all’art. 49 “EX PRETE” - DIRLO A MIA FIGLIA E’ uscito nel novembre 2005 (ed. Frorias) questo libro autobiografico di Angelo Ledda, licenziato in teologia alla pontificia Università di Cagliari e laurea in pedagogia nella Facoltà di Cagliari con una tesi sull’Educazione nei Seminari per la formazione del clero. Parroco per quindici anni in Sardegna, poi si è dedicato all’insegnamento. E’ un libro eccezionale, che spesso porta lacrime mentre lo si legge per la sua autentica sincerità e sensibilità umana. Ultimo di otto figli, con padre pescatore che muore quando l’autore aveva cinque anni. Sentiamo le sue parole a pg. 21:” La famiglia di mia madre apparteneva a quella numerosissima classe sociale di diseredati al limite della sussistenza, occupata solo saltuariamente in lavori stagionali legati ad un’agricoltura e ad una pastorizia arcaiche. Quasi tutti abitavano in casette minuscole per lo più di uno o due ambienti che ospitavano i genitori,e, di solito, numerosissimi figli. Mia madre aveva portato al mondo undici bambini, tre dei quali vissero solo alcuni mesi. Le difficoltà di allevare la numerosa prole in modo adeguato aumentarono notevolmente durante la seconda guerra mondiale. Quando poi, alla fine degli anni quaranta, restò vedova, nutrire e vestire tutti diventava un’impresa quasi impossibile. Dopo la morte di mio padre a casa, all’ora di pranzo e di cena, raramente compariva la tavola imbandita…”. A pg. 35 scrive:” In parrocchia trovavo attrazioni che in altri ambienti non esistevano. Nei locali parrocchiali si poteva praticare il tennis da tavolo e vari altri giochi. Un vice parroco aveva anche fondato una squadra di calcio con tutti i giovani dell’Azione Cattolica, che noi ragazzini seguivamo con tanto entusiasmo…Partecipavo agli incontri che la diocesi di Iglesias organizzava per i chierichetti di tutte le parrocchie, della durata di tre giorni…” A pg. 39 troviamo:”Avevo ormai quasi undici anni e successe qualcosa di nuovo che avrebbe cambiato la mia vita. Frequentavo l’ultimo anno delle elementari. Mi trovavo insieme ad altri due o tre bambini, dietro l’altare della chiesa parrocchiale e cantavamo la Messa accompagnati dall’harmonium suonato da un seminarista di Teulada che già indossava la sottana. Si chiamava Pietrino Loi. Durante un intervallo tra i canti questi mi chiese se avessi voluto anch’io andare in Seminario per studiare da prete…” 50 Nella PREFAZIONE a pg 11, parlando dei Seminari, l’autore fa questa riflessione:” Senza dubbio i superiori dei Seminari proposti alla formazione dei sacerdoti erano sospinti da ideali che ritenevano alti e nobili. Sento invece di affermare che le disposizioni che regolavano la formazione seminaristica erano finalizzate non alla costruzione di propagatori, liberi e maturi, del messaggio di liberazione e di salvezza, ma di strumenti passivi a vantaggio soprattutto della istituzione e del potere della Chiesa. (…) Il contradditorio pontificato di Giovanni Paolo II , a distanza di secoli dai fatti, ha solennemente chiesto scusa per alcuni gravi errori della Chiesa: le guerre di religione, l’attribuzione al popolo ebraico della responsabilità della morte di Gesù (popolo deicida), l’utilizzo della tortura nei processi, la condanna a morte delle “streghe” e degli eretici. Nessun ripensamento invece si è verificato intorno alla figura e al ruolo del prete, al quale non viene ancora riconosciuta la libertà dei figli di Dio e alcuni diritti umani fondamentali. (…) Mi riterrei soddisfatto se queste pagine servissero anche soltanto a far comprendere domani a mia figlia, oggi in tenerissima età, che il padre, pur avendo commesso degli errori, non l’ha messa al mondo dopo aver tradito una promessa fatta da giovane, ma esercitando un diritto inalienabile che ha permesso la realizzazione di un disegno scritto nella mente di Colui che dona lo spirito di vita per amore”. L’autore, a pg. 49, ci descrive alcuni principi su cui era fondata la formazione seminaristica:”Noi ci trovavamo in Seminario perché scelti dal Signore e grande era la nostra responsabilità. Era nostro dovere prepararci sin da piccoli…dovevamo considerarci dei privilegiati, destinati a tante soddisfazioni e gioie spirituali anche in questa vita. In fondo avremmo ricevuto molto di più di quello a cui dovevamo rinunciare. Il sacerdote rinunciava a farsi una famiglia? Ma le anime a lui affidate rappresentavano la sua grandissima famiglia, i parrocchiani sarebbero stati i suoi figli spirituali. Non avrebbe potuto avere una sposa e una moglie terrena? La Chiesa, sposa di Cristo diventava la sua sposa. E poi quante persone si erano pentite di essersi sposate!”. (…) Tenevo anche sempre presente ciò che stimati predicatori ci avevano insegnato: Dio dall’eternità ha un progetto per ciascuno di noi; se usciamo per nostra responsabilità da questo disegno, nel nuovo stato non ci concederà le grazie necessarie per la nostra salvezza eterna…”. (pg..100). Nelle pagine 155-160, Ledda ci racconta che alcuni mesi prima dell’ordinazione sacerdotale scrive una lettera al vescovo per chiedere di posticipare di un anno la sua ordinazione per avere maggior tempo di riflessione. La sua lettera resterà senza risposta: un mese prima della scadenza normale della sua ordinazione, il rettore del Seminario lo chiama 51 per un incontro e gli fa capire che se avesse qualche problema riguardo al celibato non si doveva preoccupare, “perché tra non molto sarà reso facoltativo”. (pg.159). Nell’ultima parte del libro, l’autore racconta la sua posizione di viceparroco e poi di parroco. Siamo negli anni del dopo Concilio. I suoi punti di riferimento sono la “Cittadella” di Assisi, padre David Maria Turoldo, padre Balducci, Giancarlo Zizola, mons.Bettazzi ecc. Siamo anche nel tempo dei due referendum sul divorzio e sull’aborto in cui la gerarchia ecclesiastica uscì amaramente sconfitta. Molti preti abbandonano il ministero sacerdotale perché vedono la Chiesa istituzionale più al servizio della legge e del potere che al servizio dell’uomo. A pg.191 Ledda fa questa riflessione:” Mi sono sempre chiesto quanto sia stato e sia decisivo per la perseveranza nello stato clericale il fatto che la stragrande maggioranza dei sacerdoti non abbia avuto e non abbia alternativa di introito finanziario…il pane quotidiano.. Questo aspetto, da parte della Centrale Romana, è stato appositamente programmato, non è scaturito automaticamente e logicamente da principi ascetici o teologici. In un passato remoto soprattutto, ma anche nel recente, si sono verificati casi penosi di sacerdoti che avevano lasciato per scelta personale o perché sospesi dall’autorità ecclesiastica: come conseguenza si erano ridotti a vivere di umilianti espedienti o addirittura, abbandonati da tutti, terminarono i loro giorni in ricoveri o in strutture per malati di mente”. A pg 196 l’autore continua in questo tono:” Da Costantino in poi, intraprendere la carriera ecclesiastica ha sempre significato partecipare in qualche misura alla gestione di un potere temporale e raggiungere una sicurezza economico-finanziaria. Nelle antiche e trascorse civiltà , come in quelle moderne e contemporanee, il “gestore” del sacro, che si è proposto quale intermediario tra l’uomo e la divinità, ha rivendicato a favore di questa una parte dei beni materiali, che poi ha gestito in proprio e per lo più a proprio vantaggio… La Chiesa cattolica, per glorificare il suo Dio, ha ricuperato lo sfarzo, lo splendore e la magnificenza del tempio e della reggia degli antichi popoli e imperi, vanificando lo spirito della rivoluzione di Gesù nella sua rivelazione messianica alla Samaritana”. Angelo Ledda a pg. 204 racconta che in qualche assemblea diocesana dei preti aveva proposto di mettere all’ordine del giorno la discussione di alcuni casi di confratelli che avevano abbandonato il ministero sacerdotale, ma il vescovo non aveva permesso la discussione. A pg. 214 Ledda sottolinea il fatto che in Sardegna nel 1968 uscì un libro di don Salvatore Fiori in cui dimostrava, alla luce delle Scritture, della Tradizione e dei segni dei tempi, l’opportunità del celibato facoltativo per il clero cattolico. 52 Subito dopo sottolinea il fatto abbastanza grave che in occasione del questionario, promosso dalla CEI nel 1970, sul celibato obbligatorio presso tutti i preti della diocesi, i risultati presso la Curia vescovile erano stati manipolati . E questo fatto è avvenuto anche presso altre diocesi (n.d.r.). Questo libro autobiografico termina con le pagine in cui l’autore racconta il suo matrimonio civile, poi quello religioso e con questa conclusione:” Ho capito che si può condividere nell’amore la vita con una persona e sentire aumentata la capacità di voler bene a tutti… Ho scoperto che nel cuore dell’uomo un amore, pur immenso, non necessariamente è esclusivo. Mi sono convinto che non esiste un amore sano che divide, perché per sua natura tende ad unire ed espandersi.. Dalla vita ho capito che appropriarsi di Dio per costituire e conservare una struttura di preminenza e di potere sugli altri, pretendere di essere i soli a parlare in Suo nome, vietare, punire e uccidere in Suo nome, in altre parole, impadronirsi di Dio e del sacro, ha portato e porterà solo a dominare sugli altri. Una concezione di Dio di parte e un uso strumentale della religione può inaridire la capacità di amare e rendere sterile la vita”. a cura di Lorenzo Maestri L’ULTIMO TABU’ di Maria Corbi e Giacomo Galeazzi, Cairo editore Le più recenti ricerche sui nostri tabù LA GRANDE STAMPA SCOPRE LA PSICOLOGIA Tabù & Totem, due vocaboli ormai entrati nel linguaggio comune eppure così lontani anche nell' origine: il primo proviene da un'arcaica lingua polinesiana, l'altro indica il feticcio onorato nella notte dei tempi. Eppure vicinissime alla nostra vita quotidiana, queste due parole,talmente vicine che fanno parte ( spesso a nostra insaputa ) della nostra stessa vita psichica. Scoprirequanto incidano tali realtà nella vita di ogni giorno, costituisce il nerbo della ricerca di Carlo Vaj, lo psicologo laurianese che già due anni fa ha riassunto i suoi studi nel volume Totem & il briccone. Ora, anche la stampa divulgativa apre al grande pubblico ciò che in passato attirava l'interesse dei soli studiosi. Lo fa il libro L'ultimo tabù, di Giacomo Galeazzi e Maria Corbi, giornalisti de LA STAMPA , che su questo tema tema intervistano lo piscoterapeuta Vaj. Come per ogni realtà 53 sconosciuta ci si potrebbe porre la domanda neppure troppo retorica: Tabù, chi è costui ? Tabù è ciò che temiamo di più, il terrbile proprio perché inconoscibile, ma anche l'innominabile, così tanto che per esprimerlo si è dovuto ricorrere a una parola inesistente nelle lingue civili. -Ma che cosa è temuto nella vita di ogni giorno, così tanto che non se ne può neppure parlare? E' la domanda provocatoria che rivolgiamo allo psicoterapeuta, anche se crediamo di conoscere già la risposta: - Ma è chiaro, si tratta di Eros, il piacere, quello che è proibito al più alto grado! E, se ciò può sembrare sorprendente nell'era della cosiddetta libertà sessuale, si tratta di semplice apparenza: la nostra psiche non può fare a meno di tabù, a tal punto che, se non ci fossero, occorrerebbe inventarseli. Ed è proprio ciò che accade - afferma Vaj - l'ultimo tabù è quello ammantato di sacro, è la vita affettiva ed erotica delle persone che vestono l'abito religioso, dei preti e delle monache, appunto. Potrebbe sembrare che l'argomento, seppure appassionante, interessi una ristretta cerchia di persone ma, a ben guardare, Eros è sempre un tema d'interesse generale- precisa l'esperto - Pensiamo al gran parlare che si fa delle cosiddette 'unioni di fatto' Una realtà talmente banale da sembrare un luogo comune, eppure diventata sotto il dominio di totem e in certi ambiti quasi una parolaccia. Così sappiamo che i politici già si sono concessi, nella legislazione, ciò che negano ai cittadini e ne trattano come fosse un'ignominia. Viene in mente George Orwell ne 'La fattoria degli animali': ' Di certe cose non si può parlare, anche se non è espressamente proibito , come in epoca vittoriana non andava fatto di nominare i pantaloni davanti a una signora...' Orbene tutto ciò è tabù. E non lo sarebbe se non ci fosse il suo compagno di merende inseparabile, Totem, appunto. Perché Totem è il produttore di tabù. Non ci sarebbero divieti , se non ci fosse chi li costruisce, il Totem dei Totem. Il discorso si fa avvincente e le domande si affollano: Come liberarsi di Totem e di tabù, perché è ovvio che questi due ospiti indesiderabili sono come due sanguisughe che succhiano felicità e rendono la vita insopportabile... A questa e ad altre domande risponde il libro L'Ultimo tabù che è in libreria dal 22 febbraio. Ma, già ne anticipa i contenuti un articolo di Terry Marocco sul numero di Panorama, in edicola il 16 febbraio. Non resta, quindi, che augurare buona lettura. a cura di Carlo Vaj 54 GAY E LESBICHE IN PSICOTERAPIA di Paolo Rigliano e Margherita Graglia, Raffaello Cortina editore Milano 2006, pg. 352, euro 29 I due studiosi, noti in tutto il mondo della ricerca per le loro competenze sul terreno della psicologia, della psicoterapia e della psichiatria, hanno colmato un vuoto. Mentre le persone gay e lesbiche si sono rese sempre più visibili e vengono allo scoperto, “gli psicoterapeuti e gli psichiatri sono rimasti in silenzio e al buio e sono come ammutoliti. La riflessione teorica e clinica è misera e il confronto pubblico assente” (pag. IX). Nella loro introduzione al volume, Rigliano e Graglia si domandano se sia proprio vero che gli psicoterapeuti, abilitati o almeno abituati da una lunga storia di potere a stabilire cosa fossero gli omosessuali, ad indicarne le più intime perversioni e a snidarne le cause morbose, si siano ritirati nell’ombra di un meditativo silenzio. Con un linguaggio piuttosto tagliente e inconsueto, gli autori parlano di molti “rapporti terapeutici” diventati vera e propria persecuzione. “Questo libro si rivolge espressamente a tutti gli psicologi, gli psichiatri e gli psicoterapeuti, di ogni scuola e indirizzo, che operano all’interno dei setting e delle istituzioni più diverse. Sono loro, infatti, ad avere un enorme potere di condizionamento e, dunque, un’enorme responsabilità. Come la storia ha dimostrato, troppo spesso sono rimasti acriticamente supini di fronte ai luoghi comuni, ai pregiudizi e all’oppressione sociale. O sono stati promotori di persecuzione” (Ivi, pag. X). Tutto il volume, nella sua stringatezza e nel suo rigore, nella sobria valorizzazione dei dati acquisiti e nella lucida formulazione delle ipotesi, coinvolge il lettore e la lettrice in un confronto serrato anche con la propria personale cultura, con gli atteggiamenti profondi, le emozioni spesso non riconosciute. Ma ci sono pagine che mi hanno ricondotto ad una esperienza per me assai ricorrente. Quante volte incontro genitori che, sgomenti, mi parlano con angoscia del loro figlio/a omosessuale, che mi chiedono di convincere il figlio a “farsi curare”, come se dall’omosessualità si dovesse e si potesse guarire…. E spesso, vittime dell’ideologia eterosessuale dominante, gli stessi omosessuali vivono una omofobia interiorizzata: “Gli omosessuali sono talmente indotti da sempre a considerarsi malati che a volte capita che si percepiscano come tali: in ciò consiste la nostra vera malattia, l’illusione di 55 malattia che può anche arrivare a farci ammalare veramente” (Mieli, citato a pag. 52). Ma il lettore potrà spaziare e documentarsi su tematiche di estremo interesse. Penso alle lunghe e documentatissime pagine (143 – 208) sulle “terapie riparative tra presunzioni curative e persecuzione”, in cui Paolo Rigliano descrive i cardini ideologici e le pratiche terapeutiche che si prefiggono di bloccare la liberata autocoscienza delle persone omosessuali “vestendo con nuovi abiti i vecchi pregiudizi” (pag. 145). I terapeuti “riparatori” mirano a convertire gli omosessuali alla sana eterosessualità spacciando per scienza tutti i pregiudizi oppressivi sacralizzati da una lettura fondamentalista della Bibbia. Va da sé che simili pratiche hanno purtroppo la ampia benedizione del magistero cattolico. Ma “è violenza obbligare l’altro a far propri sogni non suoi, a far propria una forma di vita che non gli appartiene e che lo nega radicalmente in ciò che ha di più inalienabile e personale: la libertà di costruire un legame d’amore con chi gli corrisponde” (dalla introduzione). Nicolosi è in Italia l’Autore che ha promosso da anni le terapie riparative. Per lui l’omosessualità deriva da un difetto di identificazione sessuale. “Essere uomo ed essere donna può e deve significare solo essere eterosessuale. Essere omosessuale significa voler negare la propria intera identità… Ecco perché l’omosessuale deve venire descritto sempre come sofferente, patologico, fallito” (pag. 168). Curare in assenza di malattia non sembra né una allegra prospettiva né un’ onesta terapia. Nel libro trova posto anche una riflessione sulle persone transessuali che fornisce al lettore imprescindibili informazioni di base. Si tratta di un argomento negletto come pochi altri. In realtà “Uomini che si sentono donne e donne che si sentono uomini, vogliono vivere ed essere riconosciuti come appartenenti al sesso opposto, costituiscono un fenomeno sempre più diffuso nella nostra epoca. Sono tali le persone che vengono generalmente raggruppate sotto il nome di transessuale” (pag. 281). Basterà scorrere il titolo dei capitoli per trovare la voglia di leggere questo libro dalla prima all’ultima pagina. a cura di Franco Barbero (CDB-Pinerolo) 56 PERCHE’ LE DONNE NON SANNO LEGGERE LE CARTINE E GLI UOMINI NON SI FERMANO MAI A CHIEDERE a cura di Allan e Barbara Pease – Sonzogno ed. Milano 2003 la magia del tocco "Il contatto può avere un'azione vivificante. I primi test condotti sugli scimpanzé da Harlow e Zimmerman hanno dimostrato che la mancanza di contatto portava i piccoli a depressione, malattia e morte prematura. Risultati simili sono stati riscontrati nei bambini trascurati dai genitori: uno studio importante condotto su bambini di età compresa tra dieci settimane e sei mesi ha indicato che i figli delle madri a cui era stato insegnato ad accarezzare il loro bambino erano molto meno inclini a contrarre raffreddori o a soffrire di vomito e diarrea, rispetto a quelli privi di contatto materno. Altre indagini hanno rivelato che la velocità di ripresa di pazienti nevrotiche o depresse dalle crisi era direttamente correlata con il numero di volte in cui queste venivano abbracciate e con la durata degli abbracci. L'antropologo James Prescott ha effettuato uno studio pionieristico sul rapporto tra educazione infantile e violenza e ha scoperto che le società in cui i piccoli venivano raramente coccolati presentavano i tassi più alti di violenza tra la popolazione adulta, mentre i bambini che ricevevano affetto e carezze diventavano, di solito, adulti più sani e felici. Molestatori e pedofili avevano in genere alle spalle un'infanzia spesso trascorsa in istituti, caratterizzata dal rifiuto, dalla violenza, dalla mancanza di affetto. Molte culture, in cui la tradizione del contatto fisico tra esseri umani non è presente, amano cani e gatti, poiché gli animali permettono loro di sperimentare questo contatto mediante le carezze. La pertherapy, oggi molto diffusa, si è peraltro rivelata un metodo prezioso per aiutare diversi pazienti a vincere la depressione e altri problemi mentali" (p 41). Una donna è 4-6 volte più incline a toccare un'altra donna durante una conversazione rispetto a quanto non si verifichi tra uomini (p 42) "La ricerca ha dimostrato che la matrice del corpo e del cervello del feto umano presenta una struttura femminile ed è per questa ragione che gli uomini possiedono alcune caratteristiche femminili superflue, quali i capezzoli. (…) Oggi sappiamo che sei-otto settimane dopo il concepimento un feto maschio riceve una prima dose massiccia di ormoni maschili, gli androgeni, atti a formare i testicoli, e una seconda, destinata a trasformare la struttura cerebrale da femminile a maschile. 57 Se il feto non riceve le dosi adeguate di ormoni maschili al momento giusto, può verificarsi quanto segue: il bambino può nascere con una struttura cerebrale più femminile che maschile (in altre parole è molto probabile che diventi gay una volta raggiunta la pubertà) oppure può nascere con un cervello dotato di struttura completamente femminile e con genitali maschili. Sarà un transessuale, ossia un individuo biologicamente appartenente a un sesso, ma consapevole di essere di quello opposto. Esiste anche la possibilità che un feto geneticamente maschio nasca con genitali maschili e femminili. Nel suo libro innovativo, Brainsex, la genetista Anne Moir documenta i numerosi casi di bambini geneticamente di sesso maschile che, nati con sembianze femminili e cresciuti come femmine, nell'età adolescenziale hanno "sviluppato" pene e testicoli. (…) L'omosessualità è una questione genetica, non una libera scelta. Non solo è innata, ma l'ambiente in cui cresciamo gioca, in ordine al nostro comportamento, un ruolo minore di quanto non supponessimo. Gli scienziati hanno scoperto che gli sforzi che i genitori compiono per reprimere le tendenze omosessuali nei figli non sortiscono alcun effetto; inoltre, dato che l'influenza dell'ormone maschile (o della sua assenza) sul cervello è la principale responsabile di tali tendenze, gran parte degli omosessuali è di sesso maschile. (…) Per ogni lesbica (un soggetto con corpo femminile e un cervello maschile) vi sono approssimativamente dieci uomini gay" (pp 161-164). (da Uomini in cammino – Beppe Pavan) IL TRAMONTO DELL’UOMO RELIGIOSO di Piero Barbaini, Galeatica ed. 2007 Prima parte I decade: il dio di cui si parla non esiste II decade: la fuoriuscita dai sistemi di religione III decade: il cristianesimo e la condizione umana Seconda parte Cap. primo: le chiese nel processo storico di scomparsa della religione Cap. secondo: l’essenza della religione e la struttura del sacerdozio Cap. terzo: il mutamento nella società e la metamorfosi nelle chiese Cap. quarto: la cultura nella chiesa 58 12345678910- Storia e cultura La religione fra storia e cultura L’avvento della chiesa e la nuova identità della religione Lo scontro fra chiesa e cultura La cultura moderna e la trasformazione della chiesa Il ricupero del cristianesimo come cultura di trasformazione La chiesa cattolica La contraddizione cattolica nel sec. XX Il fallimento del Wojtylismo La libertà della cultura e il disincanto nella chiesa Cap. quinto: la democrazia nella chiesa Cap. sesto: la laicità nella chiesa Cap. settimo: l’avvenire di un’alternativa nella chiesa (il volume, al prezzo di 5, spese di spedizione incluse, può essere richiesto direttamente a Lorenzo Maestri tel. 0332 534161 email: [email protected]) AMICI DI PERCORSO La solarità del sorriso è stata la costante che accoglieva chiunque lo incontrava e che accompagnerà sempre chi lo ricorda. Parliamo di Franco Maggiotto che ha percorso con noi un lungo tratto di strada e che ci ha lasciati il 20 dicembre '06. Assertore convinto della compatibilità fra sacerdozio e matrimonio, ha difeso la semplicità evangelica contro ogni forma di ipocrisia farisaica. Ottimo conoscitore della scrittura biblica, ha diffuso fra gli amici e gli esperti, anche a livello internazionale, le sue competenze. Le sue doti di leader gli hanno permesso di fondare e di guidare alcune comunità di fede, tra le quali ricordiamo quella di Alpignano e quella di Finale ligure. I primi fruitori della sua bontà sono stati i familiari, la moglie Aurora e i figli Tabita e Alberto. A loro siamo vicini nel momento del dolore. Franco riposa nel cimitero valdese di Angrogna in Val Pellice, dove è stato accompagnato da un centinaio di amici i cui sentimenti sono stati espressi con grande emozione da Franco Barbero, compagno di ideali e di vita. Circa un mese più tardi, il 10 febbraio 07, abbiamo accompagnato nel grande passaggio Rino Monsini, che di Franco era amico sincero e che con lui condivideva gli ideali di una chiesa conciliare più vicina alla gente e più evangelica. Di Rino ricordiamo la pacatezza e la forza delle sue convinzioni, l'accoglienza estesa a tutti coloro che bussavano la sua porta. Sul suo letto di sofferenza si avvicendavano gli amici e le espressioni comunitarie della terra casalese, sacerdoti sposati e altri operanti nel ministero, uniti nella considerazione e nella stima dell'uomo integro e buono. Amante della natura in tutte le sue espressione, era attratto in particolare dall' universo astronomico e dai misteri del cosmo. Ora le sue energie vagano in quel mondo alla scoperta di nuovi percorsi. Alla moglie Anna e ai figli la vicinanza del gruppo di Vocatio. Grazie Rino. Carlo Vaj 59 LETTERE AL DIRETTORE RISPOSTA DI UN PRETE SPOSATO AL CARD. RE SU MONS. MILINGO E’ ridicola e contraddittoria l’implorazione del card. Re all’arcivescovo Milingo di recedere dalla Prelatura dei Preti Sposati nel nome della Chiesa di Pietro se lo stesso Pietro, primo papa voluto da Cristo, era sposato con Perpetua ed aveva una figlia, Domitilla. Gesù ebbe anche modo di guarire la suocera di Pietro (Mt. 8,14). E Pietro, prima di tornare l’ultima volta a Roma dai suoi viaggi apostolici per essere crocifisso da Nerone, affidò sua moglie e sua figlia ai cristiani della Liguria, come testimonia l’antichissima abbazia di “san Pietro sul monte Carmo” a Bardineto (Savona). Fu la Chiesa medioevale del secondo millennio a imporre il celibato al clero nel 1139 con papa Innocenzo II affinché i beni ecclesiastici non venissero dispersi in divisioni ereditarie. Celibato innaturale che da allora produsse i crimini della clandestinità delle famiglie del clero, con figli clandestini, aborti, situazioni disumane giudicate ipocritamente illegali dai tribunali dell’Inquisizione ecclesiastica che fece salire al rogo milioni di persone innocenti. L’allontanamento, sempre contro natura, dei minori dalle loro famiglie per rinchiuderli nei seminari secondo le norme del concilio di Trento del 1545, incominciò a creare situazioni di squilibri mentali e deformazioni sessuali come la pedofilia , che è sulle cronache quotidiane di tutto il mondo, per opera di cardinali, vescovi, monsignori e parroci. Non sono quindi i preti sposati, signor card. Re, a dover chiedere perdono alla Chiesa di Pietro, ma tutta la più alta gerarchia ecclesiastica. Sanremo, 24 gennaio 2007 Antonio de Angelis, prete sposato Via Baracca 28 – Poggio di Sanremo 18038 tel. 0184 515048 60 AL DIRETTORE DI “SULLA STRADA” Dopo la trasmissione di La 7 “L’Infedele. In memoria di Piergiorgio Welby”. Secondo la strana dottrina cattolica antieutanasica, ferocemente biofila, Cristo avrebbe dovuto sgommare mille miglia lungi dalla croce per morire ottuagenario. Sino allo stremo morbosamente incollato allo scoglio della vita. Come una cozza, come un cardinale. Sac. Dr. Franco Ratti Fondatore e Presidente del MO.CO.VA. (Movimento Concilio Vaticano II) www.mocova.org Monopoli (Bari) UNA LETTERA DI ALBERTO STUCCHI E UNA RISPOSTA DI CORRADO AUGIAS L’addio alla Chiesa per amore di una donna Caro dottor Augias, sono un ex sacerdote, fino al 2002 Priore del Monastero Cistercense di Chiaravalle Milanese da cui sono uscito per amore di una donna, Elena, con cui sono oggi felicemente sposato civilmente. La mia posizione nei confronti della Chiesa istituzionale ha subito un’evoluzione negli anni. Nei primi tempi il mio/nostro entusiasmo portava a pensare che in nome dell’amore evangelico potessimo offrire testimonianza rimanendo all’interno della Chiesa; oggi sono consapevole che la mia posizione deve essere piú radicale. Io penso che oggi l’unico tempio sia l’interioritá dell’uomo e che sacra sia innanzitutto la realtá della vita. Se da questo si prescinde, come in questi giorni abbiamo constatato a seguito della commovente vicenda di Welby, vengono alla luce solo mostri. Una Chiesa che usa le parole come bisturi per marchiare, condannare, esiliare, dividere, un’istituzione che usa la vita e la morte in modo ideologico e tradisce ogni giorno il messaggio di Cristo mettendo la legge davanti all’uomo, é un involucro vuoto e il restarne all’interno é oggi per me impossibile. Mi vengono in mente le parole di Padre Turoldo quando, facendo riferimento alla parabola del Buon Samaritano ed evidenziando l’atteggiamento del sacerdote e del levita che vanno "oltre" l’uomo ferito in 61 vista di qualcosa di piú grande, dice che oltre l’uomo, non c’é niente se non, appunto, l’inutilitá di una religione. Alberto Stucchi [email protected] CORRADO AUGIAS [email protected] L’AMAREZZA di questa lettera mi costringe a un ruolo non mio. La chiesa cattolica è una poderosa realtá planetaria, ma anche un insieme di interessi, orientamenti, dottrine, realtá politiche. Si trova di tutto all’interno di un organismo cosí diffuso e articolato, dai santi in giú, anche molto in giú. Governarla é impresa di spaventosa difficoltá. Se si considerano i problemi posti alla gerarchia dalla vita com’é ormai comunemente praticata, se ne vede l’estensione. Le questioni della pillola, del preservativo, dei rapporti prematrimoniali, per esempio, sono state abbandonate data l’inosservanza di massa. I piú dei cattolici ritengono loro diritto regolare come credono la fertilitá, anche a prescindere dal flagello dell’Aids che impone il preservativo come male minore. Messa da parte anche la spinosa questione dei divorziati risposati. A differenza di protestanti, anglicani e ortodossi, la chiesa cattolica continua ad avere una posizione di veto sul divorzio. Solo ufficialmente peró, perché nella realtá si chiude spesso un occhio. Del resto tra divorzio e sentenza di annullamento ottenuta con testimonianze fraudolente alla Sacra Rota, il primo appare moralmente piú limpido. L’omosessualitá é un tema ancora tabú per le gerarchie anche se parroci e vescovi devono fare i conti con queste manifestazioni affettive ormai accettate da tutti. Un altro problema é il maschilismo della Chiesa in un mondo dove le donne reggono ormai governi e grandi imprese. Un altro ancora il celibato dei preti fonte di tante violazioni. Di fronte a questa congerie di problemi l’arroccamento (soprattutto in Italia) é sui momenti estremi della nascita e della morte. In nome di questo si sono rifiutati, con gesto inutilmente crudele, i funerali religiosi a un cattolico che chiedeva solo una morte "naturale". Domenica, 07 gennaio 2007 62 LETTERA APERTA ALLA CHIESA CATTOLICA Egr. Direttore, faccio molta fatica a comprendere il dibattito apertosi nella Chiesa Cattolica dopo la pubblicazione della esortazione apostolica “Sacramentum caritatis”, di SS. Papa Benedetto XVI, un documento che sulla base delle anticipazioni di stampa, molto ampio e in larga misura condivisibile, per ridurlo solo a strumento di interferenza sulla discussione apertasi nel Parlamento Italiano, sulla regolamentazione legislativa delle coppie di fatto e più in generale sul ruolo della famiglia nella nostra società. Va detto che fare una legge che riconosca diritti ma anche doveri ai coniugi conviventi, non deve scandalizzare nessuno, ma deve essere accolta come una norma che di fatto recepisce e realizza quanto stabilito dalla nostra Costituzione che all’art. 31 dice “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù.” Le coppie di fatto tante volte nella nostra società rappresentano, non tanto una sorta di trasgressione, ma un percorso ove un uomo con una donna con prole approdano, dopo un determinato lasso di tempo al matrimonio istituzionale. Infatti la nostra Costituzione non stabilisce solo i diritti della famiglia fondata sul matrimonio. Se fosse così si creerebbe una grave discriminazione per esempio nelle cosìdette ragazze madri che non solo devono godere degli stessi diritti e doveri della famiglia fondata sul matrimonio, ma a mio parere dovrebbe essere maggiormente tutelate, così come è stabilito per le famiglie numerose. Se poi usiamo come terreno di confronto IL VANGELO, e partiamo dalla considerazione sacro santa, che nessuno può mettere in discussione, che “La vita è il più grande dono di Dio fatto all’uomo” dobbiamo convenire che di fronte a DIO la vita nata in una ragazza madre, in una coppia di fatto, in un matrimonio civile o religioso è sempre e comunque benedetta da Dio. Usare il Vangelo come clava per instaurare nuove discriminazioni dopo le aberrazione di quelle passate, ove la vita nata al di fuori del matrimonio era considerato peccato (favorendo involontariamente la pratica degli infanticidi), significa aver perso la bussola della fede in quel Dio misericordioso, morto sulla croce per la redenzione dei nostri peccati e che ha fatto del perdono e dell’amore verso tutti gli uomini quella strada che ha sconvolto il mondo duemila anni or sono. Compito della Chiesa, non è quello di alzare steccati né tantomeno quello di dividere i fedeli in cattolici di serie A o B come accade purtroppo oggi, ma di essere aperta alla società nella quale viviamo per favorire la crescita della fede, perché il credere in Dio possa diventare non solo un dovere ma un diritto riconosciuto a tutti. Non sta certamente a noi, e nemmeno alla Chiesa, imporre alle coppie tempi e metodi per arrivare al matrimonio. Compito della Chiesa è quello di favorire l’avvicinarsi a DIO e alla religione di tutte le persone, coppie sposate o non, soprattutto quando ci sono i bambini, perché si possano trasmettere a loro i valori del Vangelo e della Fede. In caso contrario, con un suo atteggiamento discriminatorio, è la Chiesa che si rende responsabile di favorire una società che si illude di poter crescere e progredire senza DIO, rinunciando ad evangelizzare ma riducendosi ad essere sinedrio, lo stesso che 2000 anni or sono mise in croce nostro Gesù. Il Vangelo di oggi termina con la seguente frase di Gesù: “Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi”. Lasciamo a Dio l’ingrato compito di giudicare i singoli e alla Chiesa il compito di far crescere a tutti il dono della fede. Cosa diversa è la questione della regolamentazione delle coppie omosessuali, che credo che nessuno voglia equipararle alla famiglia o al matrimonio, ma che quando sono basate sull’amore reciproco, devono avere da parte della società 63 rispetto e tolleranza. mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi”. Lasciamo a Dio l’ingrato compito di giudicare i singoli e alla Chiesa il compito di far crescere a tutti il dono della fede. Cosa diversa è la questione della regolamentazione delle coppie omosessuali, che credo che nessuno voglia equipararle alla famiglia o al matrimonio, ma che quando sono basate sull’amore reciproco, devono avere da parte della società rispetto e tolleranza. Vedere la Chiesa perdersi dietro ai “DICO” quasi a diventare una sorta di partito politico virtuale, dopo aver lasciato in questi ultimi decenni, la famiglia completamente sola e sguarnita di fronte al dilagare dei mass media, quella cosa mostruosa entrata nelle nostre case senza il nostro reale consenso (televisione videogiochi Internet) e che in questi anni hanno espropriato alla famiglia il diritto dovere di educare i nostri figli, con una perdita progressiva di valori e il dilagare di famiglie, mondo comunità civilieescuole religiose, persancire richiamare tutti, famiglie, mondo della scuola, scuola, religiose, per unarichiamare violenzatutti, diffusa a tutti i della livelli, checomunità sfocia civili nelle con isancire fenomeni di ununNUOVO PATTO EDUCATIVO AUTOREVOLE per lalacivili difesaedei dei nostrifigli figli richiamare tutti, famiglie, mondo della scuola, comunità religiose, per non sancire NUOVO PATTO EDUCATIVO AUTOREVOLE per difesa nostri bullismo, è avvilente. Si vuole proporre un “Family Day” ? Va bene, ma che sia eNUOVO nipoti ee di tutti ii giovani generale,comunità contro una una società chehaha fatto richiamare tutti, famiglie, mondo dellain scuola, civili religiose, per sancire un PATTO EDUCATIVO per lae difesa dei nostri figli edei deinostri nostri nipoti di tutti giovani inAUTOREVOLE generale, contro società che fatto solo una manifestazione di piazza contro i DICO, ma sia un grido di allarme per dell’edonismo, del permissivismo, della violenza diffusa, la perdita di valori, nel richiamare tutti, famiglie, mondo della scuola, comunità civili e religiose, per sancire NUOVO PATTO la difesa deiche nostri figli dell’edonismo, dele permissivismo, dellaAUTOREVOLE violenza diffusa, la per perdita disocietà valori, nel eun dei nostritutti, nipoti diEDUCATIVO tutti i giovani in generale, contro una ha fatto richiamare famiglie, mondo della scuola, comunità civili religiose, per sancire quale tutti stati tutti responsabili ee assenti. Chiesa Cattolica compresa. quale tuttisiamo siamo stati tutti responsabili assenti. Chiesa Cattolica NUOVO PATTO EDUCATIVO AUTOREVOLE percompresa. laeperdita difesa nostri figli eun dei nostri nipoti epermissivismo, di tutti i giovani in violenza generale, contro una societàdei che ha fatto dell’edonismo, del della diffusa, la di valori, nel NUOVO PATTO EDUCATIVO AUTOREVOLE peruna difesa dei nostri figli eun dei nostrisiamo nipoti epermissivismo, di tutti i giovani inassenti. generale, contro società ha fatto dell’edonismo, del della violenza diffusa, lala perdita diche valori, nel quale tutti stati tutti responsabili e Chiesa Cattolica compresa. PS: mai lala TAVOLA VALDESE, organo esecutivo esecutivo dell’Unione delle PS:Come Come mai TAVOLA organo dell’Unione delle edell’edonismo, dei nostri nipoti e di tutti i giovani in generale, contro una società che ha fatto permissivismo, della violenza diffusa, la “diritti perdita di valori, nel quale tuttivaldesi siamoedel stati tutti responsabili e assenti. Chiesa Cattolica compresa. chiese metodiste in Italia, ritiene disegno di legge sui e doveri chiese valdesi e metodiste in Italia, il disegno di legge sui “diritti e doveri dell’edonismo, del permissivismo, della violenza diffusa, la perdita di valori, nel quale tutti siamo stati tutti responsabili e assenti. Chiesa Cattolica compresa. PS: Come mai TAVOLA VALDESE, organo esecutivo dell’Unione delle delle persone stabilmente conviventi (DICO) un buon buon inizio” ???Non Nonabbiamo abbiamo delle persone stabilmente conviventi un inizio” ??? inin quale tutti siamo statila tutti responsabili e assenti. Chiesa Cattolica compresa. PS: Come mai la TAVOLA VALDESE, organo esecutivo dell’Unione delle comune forse stesso ??? Quale ecumenismo può perseguire Chiesae doveri comune forseelolometodiste stesso Vangelo Vangelo ecumenismo Chiesa chiese valdesi in Italia, ritiene il disegnopuò diperseguire legge suilala“diritti PS: Come mai la VALDESE, organo esecutivo dell’Unione delle Cattolica sese tollera in maniera sistematica cheilla la RAI non dà alcun spazio allae doveri Cattolica in TAVOLA maniera sistematica che RAI non dà alcun spazio alla chiese valdesi etollera metodiste in Italia, ritiene disegno di legge sui “diritti delle persone stabilmente conviventi (DICO) un buon inizio” ??? Non abbiamo in PS: Come mai la TAVOLA VALDESE, organo esecutivo delle maggior parte delle comunità cristiane cattoliche presenti ininItalia maggior parte comunità non cattoliche presenti Italia??? ??? chiese valdesi edelle metodiste incristiane Italia, ritiene ilecumenismo disegno legge suidell’Unione “diritti e Chiesa doveri delle persone stabilmente conviventi (DICO) un buon di inizio” ??? Non abbiamo in comune forse lo stesso Vangelo ??? Quale può perseguire la chiese valdesi stabilmente e metodisteconviventi in Italia, ritiene il un disegno di legge??? sui Non “diritti e doveri delle persone buon inizio” abbiamo in comune forse lo stesso Vangelo sistematica ??? (DICO) Quale ecumenismo può dà perseguire la Chiesa Cattolica se tollera in maniera che la RAI non alcun spazio alla Induno Olona, domenica 18 marzo 2007 Induno Olona, domenicaconviventi 18 marzo (DICO) un buon inizio” ??? Non abbiamo in delle persone stabilmente comune forse lo stesso Vangelo ??? Quale ecumenismo puòindà perseguire la Chiesa Cattolica se tollera in maniera sistematica che la RAI non alcun spazio alla maggior parte delle comunità cristiane non cattoliche presenti Italia ??? comune forse lo stesso Vangelo ??? Quale ecumenismo puòindà perseguire la Chiesa Cattolica se Vanoni tollera che la RAI non alcun alla maggior parte delle comunità cristiane non cattoliche presenti Italia ???spazio Emilio Vanoni -via viamaniera Milano n.sistematica INDUNO OLONA Emilio -in Milano n. 16 - 21056 INDUNO OLONA Cattolica se tollera in maniera sistematica che la RAI non dà alcun spazio alla maggior parte delle comunità18 cristiane non cattoliche presenti in Italia ??? CELL. 338 5080020 CELL. 338 5080020 Induno Olona, domenica marzo 2007 maggiore.mail: [email protected] delle comunità cristiane non cattoliche presenti in Italia ??? Induno domenica 18 marzo 2007 e.mail:Olona, [email protected] Induno Olona, domenica 18 marzo Emilio Vanoni - via Milano n. 16 -2007 21056 INDUNO OLONA Induno Olona, domenica 18 marzo Emilio Vanoni - via Milano n. 16 -2007 21056 INDUNO OLONA CELL. 338 5080020 Emilio Vanoni - via Milano n. 16 - 21056 INDUNO OLONA CELL. 338 5080020 e.mail: [email protected] Emilio - via Milano n. 16 - 21056 INDUNO OLONA CELL. Vanoni 338 5080020 e.mail: [email protected] CELL. 5080020 ABBONATEVI e.mail: 338 [email protected] PER IL 2007 a e.mail: [email protected] PER IL 2007 a SULLA STRADA SULLA STRADA Abbonamenti Abbonamenti Ordinario 25,00 Ordinario 25,00 ABBONATEVI Sostenitore 50,00 Sostenitore 50,00 ABBONATEVI PER IL 2007 a CCP 18036004 PER ILSTRADA 2007 a ABBONATEVI SULLA 18036004 Vocatio intestatoCCP aABBONATEVI Associazione SULLA PER ILSTRADA 2007 a intestato Associazione Vocatio viaa Ostiense 152/b PER ILSTRADA 2007 a Abbonamenti viaSULLA Ostiense 152/b 00154 Roma SULLA STRADA Abbonamenti Ordinario 00154 Roma 25,00 Ordinario 25,00 Abbonamenti Sostenitore 50,00 Questo è l’ultimo numero che viene inviato Abbonamenti l’ultimo numero che viene inviato Sostenitore 50,00 Ordinario l’abbonamento 25,00 aQuesto chi nonèha ancora rinnovato Ordinario 25,00 a chi non ha ancora rinnovato l’abbonamento Sostenitore 50,00 CCP 18036004 Sostenitore 50,00Vocatio CCP 18036004 intestato a Associazione intestato a Ostiense Associazione CCP 18036004 via 152/bVocatio CCP 18036004 La persistenza e intestato consistenza degli abbandoni del ministero sacerdotale in Italia via Ostiense 152/b a00154 Associazione Vocatio Roma (e nel mondo) nasce da eesperienze diverse eabbandoni sfocia poidel in ministero situazioni sacerdotale di vita altrettanto intestato a00154 Associazione Vocatio La persistenza consistenza degli in Italia Roma via Ostiense 152/b da costituire una evia una fontee di informazioni e di stimolo quelli (ediverse nel mondo) nasceQuesto da ricchezza esperienze diverse sfocia poi viene in situazioni di per vitatutti altrettanto Ostiense 152/b 00154 Roma è l’ultimo numero che inviato che hanno intrapresouna questo percorso o che pensano di intraprenderlo. diverse da costituire ricchezza e una fonte di informazioni di stimolo per tutti quelli 00154 Roma Questo èha l’ultimo numero chel’abbonamento vienee inviato a chi non ancora rinnovato che hanno intrapreso questo percorso o che pensano di intraprenderlo. a Questo chi nonsarebbe ancora rinnovato èha l’ultimo numero chel’abbonamento viene inviato Altrettanto ricca l’esperienza dell’abbandono della vita religiosa èha numero chel’abbonamento viene inviato femminile,Altrettanto ma su queste donne èl’ultimo calato oltre che l’ovvio silenzio delladella chiesavita gerarchica, a Questo chi nonsarebbe ancora rinnovato ricca l’esperienza dell’abbandono religiosa anche il silenzio della stampa. a chidonne non ha ancora femminile, ma su queste è calato oltrerinnovato che l’ovviol’abbonamento silenzio della chiesa gerarchica, anche il silenzio della stampa. coloro che conoscono uomini e donne che vissuto queste in Italia LaTutti persistenza e consistenza degli abbandoni del hanno ministero sacerdotale esperienze sono invitati segnalare diverse loro alpoi direttore della rivista, che altrettanto La persistenza ea consistenza degliindirizzo delinministero sacerdotale in Italia (e nel mondo) nasce dache esperienze eabbandoni situazioni di vita Tutti coloro conosconoil uomini esfocia donne che hanno vissuto queste provvederà a inviare loro gratuitamente il prossimo fascicolo. invitati aesperienze segnalaree una il loro indirizzo alpoi direttore della rivista, (e esperienze nel mondo) nasce da ricchezza diverse eabbandoni sfocia situazioni di vita altrettanto Lasono persistenza e consistenza degli delinministero sacerdotale in quelli Italia diverse da costituire una fonte di informazioni e di stimolo perchetutti Laa inviare persistenza e consistenza degli delinministero sacerdotale in quelli Italia il fascicolo. diverse da intrapreso costituire una ricchezza e una fonte di informazioni e di stimolo per tutti (e provvederà nel mondo) nasceloro dagratuitamente esperienze diverse eabbandoni sfocia situazioni di vita altrettanto che hanno questo percorso o prossimo che pensano di poi intraprenderlo. 64 (e nel mondo) nasceuna da ricchezza esperienze diverse e di sfocia in situazioni di vita altrettanto che hanno questo percorso o che pensano di poi intraprenderlo. diverse da intrapreso costituire e una fonte informazioni e di stimolo per tutti quelli diverse da intrapreso costituire ricchezza e una fonte di informazioni e di stimolo quelli che hanno questo percorso o l’esperienza che pensano di intraprenderlo. Altrettantouna ricca sarebbe dell’abbandono della per vitatutti religiosa