C COME SPECIALE 150 ANNI

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C COME SPECIALE 150 ANNI
ANNO 3 - NUMERO 18 - Aprile/Maggio 2011
18 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA ABRUZZESE
C COME SPECIALE 150 ANNI
Così iniziò il processo unitario
C COME DOMENICA VAGNARELLI
Il cuore nel piatto ad Alba Adriatica
C COME FIERE
Dal Vinitaly al Saral Food
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Modiv s.n.c.
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Ufficio fotografico: Mario Sabatini, Modiv. Hanno collaborato: Valerio Simeone, Ivano Di Benedetto.
>> Direttore responsabile
Cristina Mosca (non fumatrice)
>> Stampa
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se volete dirle qualcosa fatelo a: [email protected]
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Daniele Di Vittorio (ex fumatore)
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Maurizio Di Battista
(ex atleta) per Teramo e provincia
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Tiziana Lalla
(non fumatrice) per Chieti e provincia
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Per questo numero hanno corso, assaggiato, testato, bevuto, scoperto, riferito insieme a noi: Monica Andreucci,
Roberto Ardizzi, Licio Di Biase, Marco Di Edoardo, Maura
Di Marco, Ludovica Persichitti, Massimo Rabottini, Anita
Righetti, e i cuochi Domenico Florindi, Nicola Fossaceca,
Vito Giansante, Lorenzo Pace e Domenica Vagnarelli. Per
i confetti della copertina si ringraziano Ekk Abruzzo in
sintesi e il consorzio DiSulmona.
>> Editore: Modiv s.n.c.
Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe)
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magazine 3
C come RUBRICHE
05 >> C come Sommario
07 >> C come Editoriale
08 >> C come Fotoeventi
13 >> C come Informazione
26 >> C come Food Design
28 >> C come Domenica Vagnarelli
60 >> C come Ricette
64 >> C come News
66 >> C come Controeditoriale
C come SPECIALE 150 ANNI
32 >> C come “Abruzzi”
36 >> C come Iniziative
40 >> C come Borboni
C come ABRUZZO
24 >> C come Novità
44 >> C come Tipico
53 >> C come Export
54 >> C come Galantina
56 >> C come Tradizione
C come REPORTAGE
Foto copertina: Mario Sabatini
Cosa c’è nel numero Diciotto
C COME SOMMARIO
14 >> C come Festival
16 >> C come Fiere
46 >> C come Vinitaly
magazine 4
magazine 5
C COME EDITORIALE
di Cristina Mosca, direttore responsabile C come magazine
C COME 150 ANNI
Una volta mi hanno chiesto di commentare in 30 secondi il
150enario della proclamazione del Regno d’Italia. Che poi,
tutti l’abbiamo chiamata “Festa dell’Italia unita”, ma sappiamo benissimo che per unire l’Italia con tutte le sue contraddizioni, le sue precarietà, i suoi imbrogli, le sue italianità, le
sue incertezze, di anni non ne basteranno altri 150.
Io dei 30 secondi naturalmente ne ho impiegati circa 20 per
pensare, poi mi sono sorpresa a riflettere a voce alta che
quelli che hanno combattuto in quegli anni, fosse per un Regno o per l’altro, dopotutto lo facevano perché credevano in
qualcosa, in ideali che non solo li faceva alzare la mattina,
ma guidava la loro intera vita. E mi sono sorpresa un po’ ad
invidiarli.
Certi giorni mi sembra che sarebbe bello anche per noi credere ancora fortemente in qualcosa, anche una cosa sola;
sapere che tutto andrà bene; poter essere certi che di quella
persona ci si può fidare. Invece siamo circondati da frammentazione e da gelosie da così tanto tempo, che a volte
pare impossibile sentirsi in un’Italia unita; e non è una frammentazione in termini di razze, di religioni o di culture – è
facile parlare di quello che è lontano – ma una disgregazione
che comincia dal nostro condominio, dal nostro quartiere, a
volte dalla nostra famiglia. A volte da dentro di noi.
C’è che l’Italia unita è solo da noi che può cominciare. Anzi,
è già cominciata, ma siamo troppo concentrati sulla nostra
quotidianità per accorgercene. C’è che appartenere a qualcosa comporta anche la responsabilità di mandarla avanti.
Tutte le storie d’amore sono buone ad iniziare, il duro è farle
crescere.
Noi l’Italia unita la dobbiamo costruire sempre, non basta
che sia stata fatta una volta. Per due fidanzati è forse sufficiente il primo bacio?
magazine 7
C COME FOTOEVENTI
di Daniele Di Vittorio - Foto: Modiv
L’Abruzzo incontra il Brasile
Si è svolta giovedì 24 marzo negli spazi del
country house Borgo Spoltino di Mosciano
Sant’Angelo l’iniziativa “L’Abruzzo incontra
il Brasile – Abpo, gli allevatori rispettosi
dell’ambiente”. Alla presentazione della
comunità di allevatori brasiliani è seguita
una cena dedicata alla carne biologica del
Pantanal. L’evento è stato organizzato da
Slow Food Abruzzo e WWF Abruzzo, in
collaborazione con l’associazione brasiliana
dei bovini di carne biologica e l’Istituto
Zooprofilattico di Teramo, e con il sostegno
della Camera di Commercio di Teramo, del
gruppo Gabrielli, delle Cantine San Lorenzo
e Marramiero e dell’azienda Ursini.
Inaugurato “Ekk - Abruzzo in sintesi”
Ai piedi di Città Sant’Angelo “Ekk – Abruzzo in sintesi” ha aperto le porte al
pubblico. Una emozionata famiglia Febo, a partire dai coniugi Mario Febo e
Cristina Calista, che da 60 anni sono nel settore florovivaistico, per passare
ai loro tre figli Enzo, Antonella e Umberto Febo, e per finire ai nipotini, lo
scorso 10 marzo ha tagliato il nastro tricolore di fronte all’ingresso di
Febo Garden, core business della struttura nata dal recupero della Cantina
Santangelo. Erano presenti l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo;
l’assessore regionale alla valorizzazione del territorio Gianfranco Giuliante;
l’assessore regionale alle attività sportive Carlo Masci; il presidente della
provincia di Pescara Guerino Testa; il presidente del consiglio provinciale di
Pescara Giorgio De Luca; il sindaco di Città Sant’Angelo Gabriele Florindi;
il sindaco di Montesilvano Pasquale Cordoma; il sindaco di Chieti Umberto
Di Primio; il presidente del consiglio comunale di Pescara Licio Di Biase e il
presidente della Camera di Commercio di Pescara Daniele Becci. Hanno inoltre
preso parte alla cerimonia inaugurale Paolo Passamonti, questore di Pescara;
Giuseppe Polci, comandante del corpo forestale della provincia di Pescara;
il colonnello Marcello Galanzi, comandante dei carabinieri della provincia di
Pescara; e rappresentanti della Guardia di Finanza della provincia di Pescara,
delle associazioni di categoria, delle amministrazioni regionale e provinciale, e di
alcune amministrazioni comunali limitrofe. (Foto: Valerio Simeone)
Qualità Abruzzo cresce
Tre nuovi ingressi e un nuovo sito web
(www.qualitaabruzzo.it). Queste sono le
ultime novità presentate dall’associazione
di ristoratori e pasticceri durante la
serata che si è tenuta al ristorante Elodia
a Camarda all’inizio di aprile, in occasione
della quale è stata consegnata la targa
QA a Daniele Zunica, Sandro Ferretti e
Nicola Di Renzo. Nel corso della serata,
Andrea Beccaceci, presidente di Qualità
Abruzzo, ha aperto la strada verso
future collaborazioni tra le associazioni
di categoria presenti sul territorio e le
istituzioni per create sinergie vincenti
che portino sempre a una maggiore
valorizzazione del nostro territorio.
In cucina i giovani della ristorazione
abruzzese, da Arcangelo Tinari a Mattia
Spadone passando per Sabatino Lattanzi
e Luca Di Felice, coadiuvati da Domenica
Vagnarelli.
magazine 55
Territori a confronto alla Conca D’Oro
Cantina Frentana: ecco la D.O.C. Abruzzo con “Costa del Mulino”
Centocinquanta persone tra ristoratori, enotecari, sommelier, giornalisti e autorità hanno partecipato il 14 marzo all’evento
organizzato dalla Cantina Frentana di Rocca San Giovanni (Chieti) per la presentazione della nuova linea di vini Abruzzo DOC
“Costa del Mulino”. Alla serata, allietata dal cabaret di Ivaldo Rulli e dal buffet di Casa D’Angelo, erano presenti il presidente
della Provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio, l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo e il prefetto di Chieti
Vincenzo Greco. Non poteva mancare tutta l’affiatata squadra della cantina, una “famiglia”, come l’ha definita il direttore
commerciale Felice Di Biase. La festa è stata ospitata nel nuovo capannone in legno lamellare, costruito per soddisfare le
esigenze di spazio per il prodotto imbottigliato generate dal crescente successo dei vini della Frentana sul mercato nazionale
ed estero.
Cos’hanno in comune contadini, pastori e pescatori? Di sicuro
la passione per il mangiar bene, passione che svalica con
disinvoltura le montagne dell’Abruzzo interno, congiungendole
con un abbraccio ideale alla costa. È stato questo l’argomento
della cena marzolina di “Territori a confronto” il progetto ideato
da Franco Santini e Franco Franciosi, che ha visto l’adesione
convinta dei fratelli Mauro e Fabio Orfanelli della Conca d’Oro
ad Avezzano. Sono stati gli stessi operatori a spiegare le
caratteristiche di pietanze, vini e olii. Solo un paio di portate
per rendere l’idea: cecaluccioli con pomodorini arrosto e lardo
mantecati al pecorino e hamburger di salsiccia fatta in casa
con ketchup allo zafferano e giardiniera di cipolla. Applauditi
protagonisti della serata: Cristiana Galasso (Feudo D’Ugni)
di San Valentino, Ottaviano Pasquale (Praesidium) di Prezza,
Natalia Nurzia (Fratelli Nurzia) e Marcello Blasetti (Frantoio
Blasetti), presidente della coop La Monicella della Valle Roveto.
De nobilitate suis: la “maialata” di
Peppino Tinari.
Diciamolo: un conto è “non buttare via niente del
maiale”, un conto è restituirgli la nobiltà della
terra e dell’educazione. Sì, perché a Guardiagrele,
al ristorante Villa Majella, fresco fresco di prima
stella Michelin, i maiali sono “abruzzesamente”
educati: dal patron Peppino Tinari, dai suoi figli
Arcangelo e Pascal, dalla frutta, dall’acqua, dal
cielo. La dimostrazione, la sera di domenica 20
febbraio, era nei piatti degli amici scelti per la
terza edizione di una serata libera da formalismi
e convenevoli, nel segno del maiale nero che viene
lavorato a quattro mani da Angela, moglie di
Peppino, e dallo chef Vittorio Fusari, direttamente
dal cuore della Franciacorta. «Questo non è un
mestiere, ma una scelta di vita – hanno spiegato
gli chef finalmente usciti dalle cucine – che fonda
tutto sulla qualità di un territorio che dovremmo
impegnarci a difendere un po’ di più. Ma ha un
segreto: un linguaggio universale che prescinde dalle
tecniche di lavoro». (www.lucianopignataro.it)
magazine 55
C COME INFORMAZIONE
di Roberto Ardizzi, consulente SGQ
LEGGE 231: DA COSA PROTEGGE?
Un caso aziendale di contraffazione “attiva”
Nei primi anni di vigenza la legge 231/01 è passata sotto
silenzio nonostante l’alto potenziale afflittivo posseduto:
ancora oggi, a dieci anni dalla sua entrata in vigore, vi è la
diffusa sensazione di una insufficiente conoscenza della
normativa, in particolar modo da parte delle piccole e medie
imprese nonostante i numerosi provvedimenti dell’autorità
giudiziaria penale.
La normativa si applica ad una vasta gamma di reati che
è tuttora in continua espansione: ad esempio lesioni ed
omicidio colposo dovuto a violazione delle norme relative
alla sicurezza sul lavoro; reati societari; delitti contro la P.A.;
delitti contro il patrimonio mediante frode; market abuse;
ricettazione; riciclaggio; reimpiego; reati transazionali. Sono
reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente da
persone a vario titoli collegate ad esso, come amministratori,
direttori, dipendenti. Un caso aziendale riguarda i famosi
dolci noti come “Amaretti di Saronno” che, come tutti sanno,
fanno capo alla Lazzaroni. Oggi però questa proprietà si è
scissa in due entità autonome dando vita ad una società
che, per distinguerla dalla originaria azienda “Lazzaroni”,
chiameremo “Lazzaroni B”. La “Lazzaroni B” ha acquisito il
diritto all’uso del marchio “Amaretti di Saronno – Lazzaroni”,
ma in un secondo momento ha mutato proprietario. Qual è
il problema ora? Che le due aziende si contendono l’uso del
nome “Lazzaroni”, associato alla generica denominazione
“Amaretti di Saronno”. La prima, in quanto parte della propria
denominazione sociale, la seconda perché oggetto anche di
uno specifico marchio di proprietà.
In seguito alla delocalizzazione degli impianti produttivi della
“Lazzaroni-B” nel Mezzogiorno, la società Lazzaroni decide
di continuare l’antica tradizione locale e produrre gli stessi
dolci avvalendosi della denominazione originaria (Amaretti
di Saronno – Lazzaroni). Questa scelta, però, produce
confusione sul mercato, in quanto i prodotti in questo modo
risultano difficilmente distinguibili. Da qui ad arrivare alla
citazione in giudizio, il passo è breve. Il giudice riconosce
alla Lazzaroni-B il diritto ad utilizzare il marchio, mentre
alla società Lazzaroni viene vietato di adoperarlo. Ma c’è
di più. Siccome i reati di contraffazione dei marchi (come
in questo caso) sono inclusi tra quelli che fanno scattare
anche la responsabilità dell’impresa, anche l’azienda citata è
condannata dal Tribunale di Busto Arsizio per responsabilità
231, con la previsione, inoltre, di un commissario che
amministri l’ente per un anno.
Secondo quanto stabilito dal tribunale la dicitura “Amaretti
di Saronno – Lazzaroni”, in quanto marchio registrato dalla
Lazzaroni-B, è di sua esclusiva proprietà. Di conseguenza
l’uso della stessa da parte dell’altra Lazzaroni rientra nei casi
di contraffazione “attiva”, ossia viola i diritti industriali di altre
compagnie, e costituisce un reato sanzionato penalmente.
magazine 13
C COME FESTIVAL
Comunicazione istituzionale
LA CARICA DEI CAMPIONI
Il Giro d’Italia da Mokambo
«Se pensiamo che fino a 10 anni fa in un bar si trovava solo la
carta dei cocktail – commenta un orgoglioso Enzo Di Nisio,
patron del Mokambo Festival – constatare che ora la carta
delle specialità caffè è quasi immancabile e riflettere sulla
parte determinante che la nostra iniziativa deve aver giocato
in questa evoluzione, non può che riempirci di soddisfazione.
L’unica cosa che vogliamo garantire è un’alta qualità di
livello». Anche la dodicesima edizione del Mokambo Festival
ha fatto parlare di sé: svoltasi all’interno del Saral Food di
Silvi Marina, la kermesse ha visto sfidarsi a suon di bontà
barman professionisti, allievi degli I.p.s.s.a.r. abruzzesi e, per
la prima volta quest’anno, gli otto migliori baristi dello Stivale
che hanno vinto le selezioni regionali del Festival nelle tappe
del Giro d’Italia, che la Mokambo ha sponsorizzato nel 2010
offrendo caffè a vip, sportivi e appassionati. «Contiamo di
essere di sprone per i concorrenti – proseguono, per la Caffè
Mokambo, Nicola Di Nisio e Donato De Luca, promotori della
manifestazione organizzata con la direzione tecnica del Club
Maestri dell’Espresso in collaborazione con l’Accademia
del Buon Gusto – affinché puntino ad acquisire una tecnica
invidiabile e una buona dose di creatività. Abbiamo visto
nascere oltre 400 cocktail a base di caffè!»
magazine 14
Ecco i migliori baristi abruzzesi del Mokambo Festival
2011: il primo classificato è stato Loris Di Nardo da Chieti
con “Fantasia d’amore abruzzese”; il secondo, Mauro
Masciangelo con “Pescara e Provincia”; la terza, Annamaria
Grasso con “Coffee Rose”.
La categoria Giro d’Italia è stata vinta da Andrea Balleri di
Oristano, con “Choco Nuts Caffè Jet”; al secondo posto si è
posizionato Gionata Repetti da Piacenza con “Sara”; mentre
al terzo posto Andrea Fidora da Ferrara con “Rosemary
Break”.
La categoria Junior, riservata agli allievi delle scuole
alberghiere che si sono cimentati nella preparazione di caffè
e cappuccino, è stata vinta da Salvatore Verbena, studente
dell’I.p.s.s.a.r. di Roccaraso (AQ); il secondo posto è stato
assegnato a Mattia Contini dell’I.p.s.s.a.r. di Pescara e al terzo
si è classificata Martina Bozzelli, dell’i.p.s.s.a.r. di Villa Santa
Maria (CH). Altri premi sono stati assegnati a: Luca Pelaccia
da Pescara con “Red Berry”per il miglior talento (Trofeo
Hotel Guerra); Gionata Repetti per la miglior decorazione
(Trofeo Coperlat); e a Stefano Galligioni da Venezia per la
miglior tecnica (Trofeo Hotel Miramare). L’evento è stato
ripreso dalle telecamere di Glamour TV, canale 909 di Sky .
magazine 15
C COME FIERE
“Sapore” di business a Rimini fiera
La messa a segno di grandi affari ha caratterizzato l´edizione 2011 della manifestazione; 79.823 visitatori (+5% sul 2010) per
l´appuntamento leader nel settore food & beverage extradomestico. La kermesse ha occupato 10 padiglioni di Rimini Fiera, per
complessivi 60.000 mq. In mostra prodotti per il catering, prodotti surgelati, prodotti biologici, specialità regionali italiane ed
estere, seafood, pasta fresca, olio extravergine di oliva, bevande, birre speciali e artigianali, vini, spumanti e champagne. Tra
gli espositori erano presenti anche 9 aziende abruzzesi; in particolare 2 della provincia di chieti, il birrificio Maiella di casoli e
Gelasko Ice Cream srl di Torino di Sangro; 4 della provincia di pescara: Almond ‘22 di Spoltore, birrificio Desmond di Pescara,
Fox Italia srl di Città Sant’Angelo e il pastificio Mugnaia di Elice, e 3 della provincia di Teramo: birrificio San Giovanni srl di
Roseto degli Abruzzi, microbirrificio Operbacco di Notaresco e Universo srl di Martinsicuro.
di Maura Di Marco - Foto: Modiìv
L’importante è esserci, l’importante è non fermarsi: che il pubblico arrivi dove non arriva il privato, e viceversa. Perciò continuiamo e continueremo a seguire da vicino chi esporta l’Abruzzo fuori dai confini regionali e nazionali, promuovendone l’immagine attraverso le bontà e le professionalità del territorio. Siamo partiti dalla Bit di Milano, dove la
Regione quest’anno non è riuscita ad affittare lo stand ma è stata degnamente rappresentata dal Comune di Città Sant’Angelo e dal corteo della Padronanza, e siamo passati per “Pastatrend” di Bologna e per “Sapore” di Rimini, per finire col
“Taste” di Firenze, dove sono state le aziende a mobilitarsi per parlare dell’Abruzzo. Ricordiamoci, l’unione fa la forza!
Bit Milano
Anche se la regione Abruzzo alla Bit non c’era, a “pezzi” ha
partecipato comunque! Infatti, nel giorno di venerdì è stato
protagonista il Comune di Città Sant’Angelo all’interno dello
stand dei Borghi più belli d’Italia, e il corteo della Perdonanza
si è fatto notare durante il fine settimana. Il Comune angolano,
rappresentato in primis dal sindaco Gabriele Florindi, ha
approfittato dell’evento per ospitare parte dello staff di Ekk,
che ha illustrato agli operatori e alla stampa del settore la
genesi e la filosofia di questa struttura prendendoli per… la
gola. Lo chef Gabriele Marrangoni, del ristorante “Cantina
Lo chef Gabriele
Marrangoni
Santangelo”, durante la manifestazione ha offerto tacchino
alla canzanese con verdure agrodolci, torte rustiche con
ricotta e verdure selvatiche, timballini, insalata di baccalà
con peperoni arrostiti, oli, vini, salumi, formaggi, sott’oli,
fiadoni, confetture, marmellate, mieli, dolci secchi….
magazine 16
magazine 17
Taste a Firenze
Il Taste si è concluso con numeri e un bilancio da grande successo. Nei tre giorni del salone (12-14 marzo 2011) sono state in
totale 12.000 circa le presenze registrate alla Stazione Leopolda di Firenze, con un aumento del 20% rispetto all’ultima edizione
(erano stati 10.000 i visitatori totali nel marzo 2010). Il salone, nato dalla collaborazione di Pitti Immagine con il gastronauta
Davide Paolini, è diventato sempre di più il salotto del gusto nel panorama italiano, dove si danno appuntamento i migliori
operatori nostrani e internazionali dell’alta gastronomia, ma anche come il fulcro d’attrazione per il sempre più esigente pubblico
dei cultori del cibo di qualità.
Francesca e Gaetano Verrigni
magazine 19
I nostri più affezionati clienti.
Pastatrend a Bologna: i numeri
Ventuno i Paesi stranieri presenti a PastaTrend: da segnalare la Cina, l’Arabia e anche la Turchia, tanto che il sito ufficiale del
Gran Salone è stato disponibile in 7 lingue. Oltre 200 gli espositori, ottanta gli eventi organizzati durante i quattro giorni, dal puro
divertimento alle dimostrazioni degli chef più noti; trenta il convegni e i corsi organizzati durante i quattro giorni e oltre 40.000 i
piatti di pasta.
Per l’Abruzzo erano presenti il pastificio Maiella, il pastificio Del Verde nell’area dedicate alle paste fresche e il pastificio De
Cecco. E proprio quest’ultimo è stato uno dei protagonisti dei quattro giorni bolognesi: De Cecco ha scelto Pastatrend per dare
il via ai festeggiamenti per i 125 anni della sua storia e l’ha fatto con l’ausilio di un grande chef, da sempre innamorato della
pasta abruzzese: Heinz Beck. Il cuoco tedesco ma italiano d’adozione ha deliziato i visitatori della fiera in visita la domenica,
mentre il giorno successivo, insieme a Gerardo Dalbon, tecnico della De Cecco, ha tenuto un laboratorio gustativo sulla pasta
rivolto a giornalisti ed esperti del settore, per imparare a distinguere la semola granulosa da quella liscia, toccare e capire le
differenze tra le paste lavorate al bronzo o al teflon e annusare una semola fresca per distinguerla da una “stantia”. Il laboratorio
si è concluso con tre piatti a base di tre formati diversi del pastificio abruzzese: uno spaghetto cacio e pepe con gambero al lime;
orecchiette broccoli e baccalà con una spolverata di pan grattato; e la rivisitazione della norma siciliana con dei sedanini al sugo,
accompagnati da un purè di melanzana, pomodoro e marmellata di arancia.
Heinz Beck e Gerardo Dalbon
La prima azienda mangimistica italiana con sistemi certificati
di gestione per la qualità e per l’ambiente.
Dal 1981 la SAGeM produce e fornisce mangime di prima qualità
per i propri clienti, senza trascurare le necessarie garanzie per i
nostri produttori. Il ciclo di produzione, denominato Natura Ciclo
Completo, avviene con un controllo attento e costante delle fasi
di semina e raccolto. Qualità e rispetto
processi di
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nutrimento sono i principi che guidano
lavoro.
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L’accurata
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magazine 21
20 anni di Saral Food
Si è svolta dal 20 al 24 marzo presso la Fiera Adriatica di Silvi Marina il Saral Food 2011, Salone dedicato al settore dell’alimentazione,
la ristorazione, la gelateria, la pasticceria, la panetteria, le birre, i vini e i distillati. Un appuntamento che si svolge nell’imponente
struttura del PalaUniverso di Silvi Marina ormai da 20 anni.
Per festeggiare la cifra tonda, l’organizzazione ha creati un nuovo e ridisegnato layout espositivo, finalizzato a ottimizzare i
percorsi di visita (10 mila metri quadrati di superficie espositiva) quasi 200 espositori provenienti da tutta Italia.
Sono state cinque giornate intense, nel corso dei quali il Saral Food 2011 si è confermata una vetrina del centro Italia per le
aziende del settore. La manifestazione fieristica ogni anno, dal 1991, accende i riflettori sul mondo dell´alimentazione e dei
consumi di qualità del mangiare “fuori casa”.
Luciano Di Sabatino
Marcello Vitellone
magazine 23
C COME NOVITÀ
Comunicazione istituzionale
Faber
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La linea Ponza
La linea Arzachena
TRA IL REVIVAL E L’ULTIMO GRIDO
Le nuove linee di tavoli e sedute Faber
La parete imbottita Genius
Sedie e tavoli di Ekk Ristorante
Faber al bar EKK
Come può un solo stand attirare sia l’attenzione dei
nostalgici sia l’acume di chi si tiene sempre aggiornato? Al
Saral Food di Silvi è successo questo proprio da Faber –
Fabbrica arredi sedie & tavoli: uno spazio di oltre 60 metri
quadri in cui si sono soffermati curiosi, operatori del settore
e anche giovani. Il motivo è presto detto: alle linee eleganti a
cui Faber ha abituato i suoi clienti, quest’anno ha affiancato
due chicche di modernità e di originalità, come sempre di
sua ideazione e fabbricazione.
Vi ricordate il bar “Arnold’s”, frequentato da Richie
Cunningham e dai suoi amici in “Happy Days”? La prima
perla lanciata quest’anno da Faber non passa inosservata
agli amanti del revival: le coppie di poltroncine a due posti
della linea Ponza, in struttura realizzata in multistrato di
faggio e rivestite con gomma poliuretanica ad alta densità,
con tanto di tavolino, permettono a qualsiasi locale di
immergersi nell’atmosfera degli anni ’50. Sono pronti i
prototipi anche degli sgabelli e delle sedie, producibili su
misura come tutto il resto.
La seconda novità è dedicata a chi crede nell’ecosostenibile:
il modello ecologico Arzachena presenta infatti un
programma di sedie, poltroncine, tavoli e divano da esterni in
struttura di metallo zincato, verniciati con polveri epossidiche
che non danneggiano l’ambiente, e con doghe in wpc
(wood plastic composite). Questi prodotti sono, insomma,
completamente riciclabili: sono ottenuti con un processo
di produzione per il quale non sono stati abbattuti alberi,
perché vengono utilizzati i residui di lavorazione del legno
e della plastica riciclati. «Di non secondaria importanza –
spiega Luciano Di Sabatino, che nel giro di pochi anni ha
lanciato l’azienda sul mercato europeo – è la resistenza
di questi prodotti agli agenti atmosferici, ai funghi, agli
insetti, all’umidità, alla rottura… Abbiamo voluto che non si
scheggiassero, non marcissero e che non necessitassero di
manutenzione, con oli o agenti immunizzanti e si adatteranno
a tutti gli spazi perchè come sempre li produciamo su
misura». Ha suscitato molto interesse in fiera anche la
parete imbottita Genius, che la fabbrica Faber crea nelle
dimensioni e nel colore che si preferisce. Usabile anche
come parete divisoria o, negli alberghi, come testata di letto,
Genius è pensata per gli spazi soft come locali o reception.
Quest’anno in Abruzzo Faber ha dimostrato la sua versatilità e
il suo stile anche a Città Sant’Angelo, curando l’arredamento
di “Ekk – Abruzzo in sintesi”, dal Ristorante al Cafè, fino agli
uffici e parte dell’Hotel; e a Pescara per il bar “Berardo”, di
imminente riapertura.
C COME FOOD DESIGN
La linea Ilvy Jacobs
di Ludovica Persichitti - [email protected]
LA SPESA ORA SI FA
IN MODO SOSTENIBILE
“Lee never wasted”
È entrato in vigore l’1 gennaio 2011 il divieto di
commercializzare sacchetti di plastica usa e getta, e adesso
a noi consumatori non resta che vagliare le tante proposte
alternative. Sotto il mirino dei fashion designers da un po’ di
tempo le borse della spesa sono diventate un vero accessorio
di tendenza. Il noto marchio di moda Fiorucci nella Home
Collection propone una linea dedicata allo shopping: dal
classico carrellino, così vintage nei nostri ricordi, rivisto in
maniera più giovane e sportiva, alla busta di tela resistente
ideata per contenere sei bottiglie, o la capiente shopping
bag da spalla nella versione rigida e in quella ripiegabile in
una piccola pochette (www.fioruccihome.it).
La linea di borse e valigie funzionali Reisenthel, nella
collezione shopping, ha idee originalissime! Tra le tante, il
cestello che a fine spesa si aggancia alla bici o la profonda
borsa da spalla con un’inusuale maniglia applicata verso il
fondo. Questo piccolo manico serve da appiglio ai bambini
che resteranno così sempre vicini alle proprie mamme
mentre si destreggiano tra gli scaffali del Super (www.
reisenthel.com).
E se, invece, si volesse ricorrere al classico sacchetto di
carta? Ovviamente riciclata e riciclabile!
La designer olandese Ilvy Jacobs ha ideato un modello di
busta di carta che prende vita da un origami, pensando
che un prodotto più raffinato e originale possa invogliare
al riutilizzo dello stesso invece di essere semplicemente
buttato via (www.ilvyjacobs.nl).
D’accordo con questo concetto di recupero e riuso, il noto
brand di abbigliamento Lee, in collaborazione con l’agenzia
Happy Creative Services, ha messo a disposizione nei
suoi stores nuove buste sostenibili ed ecologiche. Sono
interamente in carta riciclata e soprattutto, come dice il nome
“Lee never wasted”, di queste non si butta via niente! Infatti
bastano un paio di forbici e, ritagliando la busta secondo
le indicazioni sulla stessa, si ottengono originali portamatite,
calendari, giochi da tavolo, portaschede e segnalibri. Se
alla fine avanzeranno i manici della busta non resterà che
infilarli negli occhielli delle proprie scarpe da tennis ed un
pratico ed ecologico ricambio dei lacci sarà pronto pronto a
disposizione (www.thinkhappy.biz).
La linea Reisenthel
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magazine 27
C COME DOMENICA VAGNARELLI
di Cristina Mosca – Foto: Ivano Di Benedetto
IL CUORE NEL PIATTO
Una chef ad Alba Adriatica
Perché la cucina di un uomo è diversa da quella di una
donna? Perché si dice che un uomo fa lo chef e che invece
una donna fa la cuoca? La differenza sta nel cuore di
mamma: «C’è la tensione verso i gusti del destinatario, con
quell’amorevolezza che solo il pensiero di un figlio sa dare –
rivela Domenica Vagnarelli, chef del ristorante Mediterraneo
di Alba Adriatica, con il fare diretto che la contraddistingue
– In fondo non ci inventiamo nulla: quelli che si fanno in
cucina sono gesti di sempre, solo che le nostre mamme a
volte non ne sanno spiegare il perché. Oggi molti di questi
perché li spieghiamo scientificamente: una volta conosciuta
la tecnica, il cuore di mamma fa il resto». D’altra parte, l’asso
nella manica bianca di Domenica è sempre stata la capacità
di capire come funzionano le cose: ecco come, da un
passato da ragioniera e con un talento per l’organizzazione,
si trova da più di venti anni ai fornelli di Mediterraneo.
«Dopo una pausa di un anno, tra il 2004 e il 2005, con la
prospettiva di aprire un locale a Teramo, che poi è sfumata
– spiega suo marito e socio Giuseppe Lobello – abbiamo
dovuto fare una scelta: lasciare l’Abruzzo o restare ad Alba
magazine 28
Adriatica? Poi abbiamo deciso di fare crescere nostra figlia
qui, e abbiamo deciso che “Mediterraneo” avrebbe dovuto
conoscere una svolta, una profonda innovazione». Unendo
così l’esperienza enogastronomica abruzzo-marchigiana di
Domenica alle origini pugliesi di Giuseppe, aggiungendo
stage formativi in luoghi di eccellenza e emulsionando il
tutto con la buona volontà e una passione incondizionata
per la tecnologia, il progetto “Mediterraneo” non solo ha
ripreso vita ma si è proiettato verso l’alta cucina: «Quando
uno ha la disposizione ad imparare a fare, si può fare tutto»
spiega Domenica con poche, ma incisive parole: le sue
esperienze di specializzazione fuori regione e soprattutto
il suo rapporto con Carmine Calò, chef executive de “Il
Salviatino” di Firenze, le hanno lasciato infatti i giusti input
per creare piccole meraviglie tanto buone quanto semplici.
La sua filosofia di vita si basa sull’apprendimento costante:
«I giovani dovrebbero ascoltare chi ha più esperienza di loro.
Cosa gli consiglierei? Un piatto non deve avere fronzoli: lo
devi vedere e lo devi capire». Così come le persone che
ispirano più fiducia.
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Superspaghettone Verrigni
all’olio d’oliva
su crema al nero di seppia, la stessa saltata al finocchietto e crumble di pomodoro
Ricciola con zucchine e pomodori perini
gialli canditi
Ingredienti per 4 persone:
320 gr di Superspaghettone Verrigni; 2 seppie da 200 gr cadauna; due sacche di nero di seppia fresco in mancanza due bustine; due patate a pasta gialla; 120
ml di olio extravergine d’oliva; sale di Cervia; 2 pomodori ramati; 20 g di finocchietto
Ingredienti per 4 persone:
4 tranci di ricciola da 200 gr cadauno; 4 zucchine; 20 pomodorini perini gialli o datterini; olio extravergine di oliva; timo; sale di Cervia; zucchero di canna.
Preparazione:
Sbianchite i pomodori in acqua bollente per 30 secondi e raffreddateli in acqua e ghiaccio; recuperate la pelle e mettetela ad essiccare in forno ad 70 gradi per due ore con ventola spenta. Pulite le seppie, facendo attenzione al sacchetto del nero, poi tagliatele a
julienne. Cuocete le patate per 20 minuti a tocchetti in acqua, con uno spicchio d’aglio, sale e olio. Quando sono tenere e ancora
bollenti, frullatele velocemente con un mixer, dopo aver tolto lo spicchio d’aglio, e formate una crema. In una padella scaldate
dell’olio con uno spicchio d’aglio. Aggiungete la crema di patate e il nero di seppia. Tenete al caldo. Cuocete gli spaghettoni in
abbondante acqua salata per 9 minuti. In una ciotola capiente mettete l’olio e un pizzico di sale, ed emulsionate per bene con un
mestolo di acqua di cottura degli spaghetti. Scolate la pasta e conditela con l’olio emulsionato. Saltate in padella la julienne di
seppia con il finocchietto, salate e pepate. Versate della crema al nero di seppia in un piatto piano. Appoggiate sopra una porzione
di spaghettoni. Condite con la julienne di seppia e finocchietto. Completate con una spolverata di petali di pomodoro essicato. Un
modo nuovo di presentare il nero di seppia non invasivo visibilmente.
Preparazione:
Mettete i pomodorini in una pirofila con olio a copertura dei pomodorini sale, zucchero di canna e timo, fate candire in forno a 80°
per tutta la notte. Fate delle zucchine una julienne sottile usando l’apposito attrezzo. Scaldate una padella antiaderente e spolveratela di sale di Cervia fine. Adagiate i tranci di ricciola dalla parte della pelle e fate cuocere a bassa temperatura. Fate dorare la
pelle e girare dall’altra parte. Continuate la cottura su tutti i lati, avendo cura di non far alzare la temperatura della padella. Fate
asciugare su un foglio di carta assorbente. In un’altra padella antiaderente scaldate poco olio extravergine e saltate la julienne di
zucchine lasciandole croccanti. In un piatto adagiate un nido di zucchine, appoggiate il trancio di ricciola e accompagnate con i
pomodorini canditi e l’olio della canditura. Prediligo le basse temperatura, di solito uso il roner (bagno termostato) con una cottura in sottovuoto. In questo caso ho cercato di avere lo stesso risultato con un sistema di cottura diretta.
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magazine 31
Speciale 150 anni
“Provincia di Abruzzo Ulteriore primo”
C COME “ABRUZZI”
di Licio Di Biase - Foto: archivio Di Biase
ANDANDO VERSO TEANO
Quando Vittorio Emanuele II attraversò le nostre terre
Era la mattina del 17 ottobre del 1860 quando Vittorio
Emanuele II entrò con il suo cavallo dentro la Piazzaforte di
Pescara. Un atto simbolicamente molto forte, nel percorso
del re Sabaudo verso Sud, verso Giuseppe Garibaldi che dal
7 settembre si era impadronito di Napoli, capitale del Regno
delle Due Sicilie.
Un atto simbolico, ma importante nella sostanza. Il Re era
entrato da due giorni negli “Abruzzi”, come si chiamava la
nostra Regione a quel tempo diviso tra l’Abruzzo Citeriore,
ormai provincia di Chieti, l’Abruzzo Ulteriore I° (provincia di
Teramo) e l’Abruzzo Ulteriore II° (provincia dell’Aquila).
Un
atto,
come
ha
sottolineato ripetutamente
la propaganda post unitaria,
che ormai le popolazioni
aspettavano da tempo.
Ma è vero, che le
popolazioni
aspettavano
da tempo l’annessione
degli “Abruzzi” al Regno di
Sardegna?
Ma è vero che tutti erano al
lavoro per l’Unità dello Stivale, per allargare le libertà e per
avviare il processo di democratizzazione del Paese?
Torniamo alle ore 10 del 17 ottobre.
Dopo aver trascorso la notte a Castellamare, nel villino
Coppa-Zuccari (poi Villa Sabucchi e poi buttata giù perché
leggermente lesionata duranti i bombardamenti della
seconda guerra mondiale), il re con Ministri, collaboratori
“
magazine 32
e altro variegato personale, tra cui la contessa di Mirafiori,
con cui si dice il Sovrano amasse trascorrere i momenti di
riposo, si apprestava ad entrare nella Porta che immetteva
nella Piazzaforte, forse la più importante del Regno, dal lato
Nord, nell’area chiamata Rampigna. Questo “pezzo” della
Piazzaforte era in territorio di Castellamare, in quanto il
fiume determinava il confine tra questa cittadina e Pescara.
E qui accadde un fatto particolare. I castellamaresi volevano
scortare loro il Re in quanto sostenevano che quella porta
della Piazza stava nel loro territorio, mentre i pescaresi
sostenevano che la scorta competeva a loro. Ci fu un aspro
diverbio tra le due delegazioni,
tanto che il Re, scocciato
da
quella
stucchevole
discussione, entrò da solo,
attraversò il traballante ponte
di barche, salì sul Bastione S.
Cristoforo (chiamato anche
del Telegrafo) e pronunciò la
frase: «Oh che bel sito per una
città commerciale! Buttiamo
giù queste mura, costruiamo
un porto su questo fiume e in men di un secolo Pescara sarà
la più grande città degli Abruzzi».
E lì, tutti ad applaudire. Sì, ad applaudire perché i pescaresi
non ce la facevano più a vivere rinchiusi da tre secoli nelle
mura della Piazzaforte.
Dopo una decina di giorni Vittorio Emanuele II incontrò
Giuseppe Garibaldi a Teano, si strinsero la mano e fecero
Nella nostra regione
convivevano filo
garibaldini e pro Sabaudi
”
magazine 33
Speciale 150 anni
Paese. Le condizioni socio-economiche mutavano. Ma la
massa popolare dei contadini rimase ai margini di questo
processo, rimanendo fedele ai Borboni. E qui trovò terreno
fertile il brigantaggio, in un mix di miseria, di reazione alle
truppe piemontesi considerate di occupazione e di riscatti
violenti ai tanti soprusi diffusi sul territorio.
La nostra regione, a quel tempo, era come l’aveva descritta il
a fatiche e pensieri, cure di ogni genere. Quale responsabilità
mi pesa sulle spalle, ho la convinzione che nessun uffiziale
dell’esercito napoletano avrebbe potuto fare quanto ho fatto
io finora. Quelli che mi circondano non credono a quello che
veggono… Mi conforto, pensando che ho potuto dare in tre
mesi un po’ di vita ad una regione intrattabile per natura;
laddove tutto è coperto per mesi da dodici palmi di neve
Boccaccio e sono eloquenti
le parole del Generale
borbonico Pianell, uomo
illuminato, grande stratega,
tanto capace che Francesco
II, ultimo sovrano delle Due
Sicilie, lo nominò Ministro
della Guerra nella metà del
1860, quando occorrevano
che i duri scendessero in campo. E Pianell, che era stato
mandato nel settembre del 1859 a comandare militarmente
l’Abruzzo, riuscì talmente a rafforzare le strutture fortificate
abruzzesi (Civitella del Tronto, Pescara e L’Aquila) che
sicuramente influì sulla scelta di Garibaldi di non scendere
lungo la costa Adriatica per entrare nel Regno dei Borboni.
Il ruolo di dissuasione principale venne, comunque, svolto
da Cavour.
E scrisse Pianell in una sua lettera, da Chieti, il 2 gennaio
1860: «Mi occupo assai di strade. Spero si faranno. Oggi
spedisco i disegni per le casette di ricovero da costruirsi sul
Piano delle Cinquemiglia. Se avrò il tempo e gli avvenimenti
non ci costringeranno troppo, spero di poter lasciare il nome
mio in queste popolazioni, col contribuire al loro bene». E
ancora, in un’altra lettera: «La Provvidenza mi aiuta in mezzo
e sonvi turbini tremendi, frane
spaventevoli, ho dato un po’
di risorsa e di moto…ho eretto
una ottima casa di legno
per rifugio…e questo sulla
piana delle cinque miglia…e
ancora…ho
dato
viveri,
provvisioni, ricoveri…»
Ecco, Pianell cercò di mitigare
le pene di una regione abbandonata e questo abbandono fu
uno dei motivi che alimentò ulteriormente l’azione dirompente
di una parte dei briganti, di coloro che strumentalizzarono
le iniziative degli spiriti che, potremmo definire, erano legati
al progetto di resistenza. D’altronde come non poteva
alimentarsi il brigantaggio in regioni che fecero esprimere
queste parole al nordista Ministro Farini che, dopo l’incontro
di Teano, inviò il seguente telegramma al Presidente Cavour,
il 27 settembre 1860? «Ma, amico mio, che paesi sono mai
questi, il Molise e la Terra di Lavoro? Che barbarie! Altro che
Italia! Questa è Africa: i beduini, a riscontro di questi caffoni,
son fior di virtù civile. E quali e quanti misfatti…anche le
donne caffone ammazzano…». Sì, “caffoni”, proprio con due
effe. Bisogna capire se la responsabilità dell’errore fu del
Ministro Farini o di qualche “caffone” telegrafista.
“
Il brigantaggio trovò
terreno fertile tra i
contadini emarginati dal
processo di cambiamento
l’Italia. Evviva!!! Questo è quanto la propaganda e la
pubblicistica ci hanno propinato per decenni.
Ma le cose stavano veramente così?
I castellamaresi e i pescaresi che si disputarono la scorta
al Re, non lo fecero solo per quella rivalità di cui dopo
qualche anno scriverà Gabriele d’Annunzio nella Guerra del
Ponte, ma anche per un altro motivo. Castellamare era in
mano ai personaggi legati ai Sabaudi, mentre in quei giorni
sindaco di Pescara era Antonio D’Annunzio, amico di quel
Clemente De Caesaris, uomo di fiducia di Garibaldi. Quindi,
quella discussione era anche frutto della frattura esistente
nel movimento unitario,
tra i monarchici e la nuova
borghesia
emergente,
e i sostenitori di Vittorio
Emanuele II (leggasi: Cavour)
da una parte, e i sostenitori
di Giuseppe Garibaldi e di
Mazzini dall’altra.
La nostra regione a quel
tempo era, quindi, pervasa
dai due movimenti che si contendevano aspramente la guida
del movimento unitario: una parte, quella filo garibaldina,
guidata da Clemente De Caesaris, appartenente ad una
delle famiglie che in Abruzzo nel corso dell’Ottocento aveva
partecipato a tutti i moti (del 1814, 1821, 1837, 1848…) e
dall’altra a vari uomini legati direttamente o indirettamente
ai Sabaudi. Tra questi vanno ricordati alcuni personaggi che
guidarono il 5 ottobre del 1860 la delegazione di abruzzesi
(42 tra teramani e chietini. Pescara era rappresentata da
cinque esponenti, Castellamare invece non ne inviò) che
si recò ad Ancona per invitare il Re ad attraversare il fiume
“
magazine 34
Tronto: Vincenzo Irelli, Sindaco di Teramo, Antonio Brunetti,
deputato speciale della Città di Chieti, Emidio Coppa,
Sindaco di Città S.Angelo e molti esponenti della Guardia
Nazionale che si stava costituendo.
Dopo che il suo esercito aveva già occupato la fascia
costiera abruzzese, il 15 ottobre il Re superò il Tronto e si
fermò a Giulianova, primo Comune del Regno delle Due
Sicilie a essere formalmente annesso al Regno di Sardegna.
Popolazioni festanti acclamarono questo passaggio. Vittorio
Emanuele II quando attraversò il Tronto inviò un telegramma
a Napoleone III: «Dolente di non averne dato annuncio
preventivo alla M.S. mi
reco a Napoli per impedire
la
proclamazione
della
Repubblica».
E così, l’Abruzzo, terra di
frontiera, percepito da tutti
come luogo isolato, distante
(aveva scritto Boccaccio nel
Decamerone, “gli è più lontani
che Abruzzi”) fu il primo
territorio ad essere annesso alla nuova Italia che si stava a
fatica costruendo.
Ma fu adesione convinta o semplice annessione?
Certamente erano in molti a volere la costruzione dell’Italia e
questa è testimoniata dall’ampia partecipazione ai vari moti
dell’Ottocento con i tanti caduti, dai martiri pennesi a quelli
angolani. E allora perché, dopo l’unificazione, in Abruzzo si
diffuse il brigantaggio?
Per capire il brigantaggio, che esisteva già da secoli nella
nostra Regione, bisogna comprendere che il movimento
risorgimentale fu stimolato dalle nuove classi emergenti nel
L’Abruzzo fu il primo
territorio ad essere
annesso alla nuova Italia
”
“Carta XXVI Guida in Molise ed Abruzzi
Strada da Chieti a Teramo”
”
Speciale 150 anni
C COME INIZIATIVE
di Monica Andreucci – Foto: Mario Sabatini
L’UNIONE SI FA A TAVOLA
Le celebrazioni degli abruzzesi
Se Garibaldi ha combattuto sul campo di battaglia per
comporre il puzzle del Regno unito, e Manzoni in letteratura ha
dato un idioma condivisibile da tutti, non si nega all’autore di
quella ch’è ritenuta la “Bibbia” della cucina domestica il ruolo
di unificatore d’Italia nel modo (forse, di fatto) più “efficace”
e... convincente: parliamo del gastronomo Pellegrino Artusi di
Forlimpopoli (in provincia di Forlì-Cesena), di cui quest’anno il
30 marzo è ricorso il centenario della morte.
Le pagine del suo “Scienza in cucina e l’Arte di mangiar
bene”, il primo e più autorevole ricettario italiano che compie
anch’esso, giusto nel 2011, un anniversario a cifra tonda, il
120° dall’esordio, in occasione del 150esimo anniversario
dell’Unità d’Italia hanno ispirato i menù delle decine di convivi
allestiti lo scorso 16 marzo in oltre 30 città italiane piccole e
grandi - da Bormio a Sciacca - in assoluta contemporanea.
Pure l’Abruzzo ha partecipato alla cena più numerosa mai
vista, con un tributo all’Unità d’Italia che solo la fantasia e lo
slancio romagnoli potevano inventarsi. Un qualificato comitato
che mette insieme Enti locali, pubblici e privati, associazioni,
Fondazioni ed Istituzioni di ricerca da Forlimpopoli a Firenze
(rispettivamente dove nacque e morì Artusi), ha dato vita così
magazine 36
ad un evento su scala nazionale, la cui organizzazione e il cui
coordinamento sono stati curati dall’Ordine professionale dei
maestri di cucina ed executive chef, attraverso il segretario
nazionale Carlo Romito, in collaborazione con Scuole
alberghiere, Istituti di ristorazione e cuochi meritevoli.
Cosa c’entra in tutto questo l’Abruzzo? Unico luogo selezionato
per l’evento è stato il ristorante “Cantina Santangelo” di Ekk
Abruzzo in sintesi, in virtù della vicinanza con l’unico Ipssar
della provincia di Pescara. La sede di Città S.Angelo, quindi,
si è trovata alla pari delle capitali storiche Torino, Firenze e
Roma. Condizione essenziale per l’allestimento delle varie
cene è stata una lista delle vivande fatta con ricette prese dal
manuale di Artusi, e preparate seguendo il dettato canonico:
“Locale, Sano, di Stagione”, riferito alle materie prime da
utilizzare ed alle modalità di preparazione rispettose dei sapori
originari.
Così tutto il mondo della cucina tipica ha reso omaggio
al suo padre fondatore, quel Pellegrino Artusi che col suo
buonsenso – perché giusto da quello, filtrato da grande
intelligenza, si fece ispirare – definì una volta per tutte il
concetto di “enogastronomia italiana”. Questo personaggio
magazine 37
Speciale 150 anni
unico solo da pensionato scoprì la buona tavola: solo con
la sua apertura mentale riuscì a creare dal nulla qualcosa di
rivoluzionario, a dispetto della cultura imperante al momento
(si poteva disquisire di cucina solo parlando francese) e
rischiando di tasca propria, visto che le prime edizioni del
suo libro, dal 1891 ormai oltre il centinaio e tradotte in tutto
il mondo, letteralmente se le pagò da solo. La curiosità? Non
sapeva assolutamente cucinare: le 790 ricette che raccolse
erano sperimentate facendo mettere ‘le mani in pasta’ ai suoi
cuochi, non a lui….
IL CANTUCCIO TRICOLORE E VINI SPECIALI
Notti bianche, parate, celebrazioni, cene istituzionali, assemblee scolastiche, concorsi di idee… Tutto l’Abruzzo, in linea
con il resto d’Italia, dall’inizio dell’anno spende l’amor patrio in iniziative mirate a celebrare la nascita dell’Italia. Tutte stanno conoscendo una grande partecipazione e una grande risonanza mediatica. L’apoteosi del tricolore, nei giorni del 16
e del 17 marzo, ci ha messo molto di buonumore. Noi, che preferiamo i dettagli, ci limitiamo a raccontarvi le piccole idee
che hanno avuto i produttori della regione per ricordare quest’anno speciale.
Un’iniziativa abruzzese che si è fatta notare anche fuori regione è il cantuccio d’Abruzzo in veste tricolore. Questa edizione speciale è stata inviata dalla Dolciaria Falcone di Moscufo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al
premier Silvio Berlusconi ed è stata degustabile a bordo degli aerei della compagnia italiana Blue Panorama, che già da
tempo lo offre sia come dessert del dopo pasto e per il coffee break. Un’altra importante iniziativa è quella del Pastificio
Verrigni che in occasione del 150° dell’Unità d’Italia ha creato la pasta 100% italiana prodotta da loro e fatta col grano
varietà San Carlo coltivato in Italia dall’Az.Agr. Valentini (già nota per i suoi vini). Altre idee colorate da esposizione che ci
sono state raccontate provengono dalla azienda Sergio Del Casale, con una carrellata di bottiglie con la coccarda, e un
trio di liquori Di Cicco. (Foto: Modiv)
N. 534: Arrosto Morto di Vitellone di razza
Marchigiana Lardellato, con Patate della
Secca
«Prendete, mettiamo, un pezzo corto e grosso di magro, di
vitella o di manzo, nella coscia o nel culaccio, ben frollo e del
peso di un chilogrammo all’incirca; steccatelo con grammi 30
di prosciutto grasso e magro tagliato a fettine. Legatelo collo
spago per tenerlo raccolto e mettetelo in una casseruola con
grammi 30 di burro, un quarto di una cipolla diviso in due
pezzi, tre o quattro costole di sedano lunghe meno di un dito
ed altrettante strisce di carota. Condite con sale e pepe e
quando la carne avrà preso colore, voltandola spesso, annaffiatela con due piccoli ramaioli d’acqua e tiratela a cottura con
fuoco lento, lasciandole prosciugare molta parte dell’umido,
ma badate non vi si risecchi e diventi nera. Quando la mandate in tavola passate il poco succo rimasto e versatelo sulla
carne che potrete contornar di patate a spicchi, rosolati nel
burro o nell’olio.
Potete anche metter l’arrosto morto al fuoco col solo burro e
tirarlo a cottura con la casseruola coperta da una scodella
piena d’acqua.»
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Speciale 150 anni
C COME BORBONI
di Cristina Mosca – Foto: Modiv
L’ALTRA PARTE DELL’UNITÀ
Gli ultimi giorni del regno di Francesco II
La resa della Fortezza di Civitella del Tronto, in provincia
di Teramo, è la prima vincita dell’esercito italiano o l’ultima
sconfitta di quello borbonico? Su questo argomento si resta
divisi anche nell’anno dei festeggiamenti del 150esimo
anniversario della proclamazione in Parlamento, a Torino, del
Regno d’Italia.
Certo è che con i suoi 25mila metri quadri di superficie e gli
oltre 500 metri di estensione
lineare, la Fortezza, che
ancora oggi è uno dei luoghi
più maestosi del nostro
territorio, ha rappresentato
per secoli un baluardo di
confine, a Settentrione del
Regno delle due Sicilie.
«I
viaggiatori
che
giungevano a Napoli nel
Settecento e nell’Ottocento
restavano incantati anche dalla grande tradizione culinaria
– racconta Daniele Zunica, erede dell’hotel più antico di
Civitella del Tronto – I sorbetti, i gelati ed i dolci napoletani,
insieme a quelli siciliani, non avevano pari in Europa. In
tema di gastronomia partenopea non si può, quindi, non far
riferimento alla cucina borbonica. Tra le fonti documentarie
è molto interessante la lettera di padre Antonio da Nereto,
“
inviata il 22 giugno 1657 a Padre Filippo da Secinara
quale resoconto delle feste centenarie di Civitella tenutesi
il mese precedente, perché segnala il meglio di quella
cultura gastronomica meridionale del Settecento italiano
che influenzò l’affermarsi non solo della cucina napoletana
in generale e di quella Borbonica in particolare, ma anche,
attraverso contaminazioni da quella francese, di una cucina
sopranazionale che fu spesso
presente nei pranzi ufficiali di
corte. Due esempi fra tutti? Il
timballo di zite ed i ravioli fritti
con burro». Lo stesso timballo
di zite, tuttora cavallo di
battaglia del ristorante Zunica,
che è stato preparato anche
in occasione della serata
del 19 marzo, organizzata
per ricordare il 150esimo
anniversario dell’ultimo giorno borbonico della Fortezza. Al
termine di un lunghissimo assedio, iniziato nell’ottobre 1860
dai partigiani teramani e ascolani, rafforzato subito dopo
dalla legione sannita proveniente da Penne, e definitivamente
corroborato, nel gennaio del 1861, dall’esercito sardopiemontese, la “fedelissima” infatti si arrese all’esercito
piemontese per ultima: talmente per ultima che il Regno
A Civitella del Tronto il 17
marzo 1861 si combatteva
ancora in nome del Re
delle due Sicilie
Civitella del Tronto
magazine 40
”
magazine 41
Speciale 150 anni
Filetto alla moda borbonica in salsa Madera
La leggenda vuole che il filetto alla moda borbonica fu fatto
mangiare a re Ferdinando II nel luglio 1832, quando fu ospite
della famiglia Franchi, funzionari del re. Parla di un Abruzzo
rurale, fatto di agricoltori, pastori e pescatori
Ingredienti per 1 persona: 1 filetto di vitellone bianco I.G.P
da 250 gr. circa; mezza mozzarella tagliata dal verso della
lunghezza; 20 gr. di cicoria lessa; 1 alice sotto sale di ottima
qualità; 1 bicchiere di Madera; un cucchiaio di olio extravergine di oliva; una fetta di pane casereccio; 1 spicchio di aglio;
sale e pepe q.b.
Preparazione: versare un filo di olio su una padella, portarlo
a temperatura e scottare il filetto da ambo le parti, adagiarlo
su una piccola placca da forno condire con sale e pepe, adagiare la mozzarella sul filetto ed infornare per 5 minuti alla
temperatura di 180°, nel frattempo tostare il pane, saltare la
cicoria con un filo di olio e lo spicchio d’aglio. Versare il vino
Madera nella padella dove è stato cotto il filetto ( avendo tolto
in precedenza il liquido formatosi dopo la cottura), facendolo
sfiammare e ridurre per 3 min. circa. A questo punto disporre
il crostone sul piatto, porre sopra la cicoria saltata, ancora
sopra il filetto cotto in forno , creare sopra la mozzarella una
croce con le alici diliscate e dissalate in precedenza ed irrorare il tutto con la salsa al Madera.
magazine 42
d’Italia era stato già proclamato, e si era arrivati al 20 marzo
1861.
A febbraio re Francesco II delle due Sicilie aveva consegnato
Gaeta, rifugiandosi a Roma. Da lì quel giorno, il 16 febbraio,
il Ministro di Guerra Francesco Antonio Casella spiegò
a nome di re Francesco II, che «l’ostilità inglese, il non
intervento prescritto da Francia, l’inazione di Europa, il
Stato pontificio, con Roma e il Lazio, per finire, svariati anni
dopo, con Trento e Trieste.
«Paradossalmente, la Fortezza è sempre stata protetta
dalle case e dal reticolato di ruette che costituivano il borgo
alla sua base – spiega Bruno Martelli – e che non solo ne
rendevano impervio l’accesso, ma alla fine la salvarono dalla
completa demolizione: esattamente come accaduto per la
bombardamento, il tifo, gli
scoppii (cui non è estraneo
il tradimento) spinsero il
re a cessare». Era al trono
da soli due anni, cioè dalla
morte del padre Ferdinando
II di Borbone. Aveva scritto
perciò al suo sergente
a
Civitella
Domenico
Messinelli per ordinargli di consegnare anche la Fortezza…
ma Messinelli non credette all’autenticità del messaggio e
lo stato di assedio, continuò: un lungo combattimento al
quale la guarnigione borbonica (poco più di 800 uomini,
ridotto a scarsi 300 quando re Francesco lasciò Gaeta) potè
rispondere solo con 17 pezzi da guerra, di cui 13 cannoni
funzionanti sui 20 a disposizione, contro i 24 cannoni
piemontesi.
Il 12 marzo cadde anche l’ultima Fortezza del Sud, quella
di Caltanissetta, perciò la Grande Macchina Unitaria si
mosse per prepararsi alla proclamazione del 17 marzo.
Le potenze europee non avrebbero però riconosciuto lo
Stato italiano se prima non fosse caduto anche quell’ultimo
baluardo borbonico, perciò dal 14 marzo il fuoco dei cannoni
piemontesi si accanì su Civitella: si ritiene che sia stata
bombardata con 8500 colpi.
Non avrebbero dovuto dire gatto senza averlo nel sacco:
a Civitella del Tronto, la città-fortezza, quel 17 marzo 1861
si combatteva ancora in nome del Re, anche se di un re
che aveva già consegnato il suo regno, conquistandosi il
soprannome di Franceschiello. «Non c’è da vergognarsi
del proprio passato – commenta l’esperto civitellese Bruno
Martelli – e i piemontesi non erano più… democratici dei
Borboni. Sapete da dove viene il termine “buzzurro”? Dalle
divise dei piemontesi, blu-azzurre. Non erano decisamente i
benvenuti…»
Solo alle 9 del 20 marzo 1861 la Fortezza issò bandiera bianca,
e alle 11 ci fu la presa d’atto della capitolazione: borbonici
(per mano di Raffaele Tiscar, nelle veci del maggiore Luigi
Ascione) e piemontesi (per mano del colonnello Pallavicini,
nelle veci del generale Mezzacapo) firmarono la resa.
Dell’Unità di Italia era stato sancito l’inizio: adesso si poteva
procedere per annettere (o conquistare?) tutto il resto, dallo
fortezza di Pescara, infatti, lo
smantellamento ebbe subito
inizio, ma dovette cessare a
causa dei danni al borgo».
Per questo, specie dopo
il restauro ad opera della
Sovrintendenza
dell’Aquila
terminato nel 1985, oggi la
possiamo ancora ammirare in
tutta la sua imponenza, e immaginarne le parti più antiche
come il palazzo del governatore.
«Si assistette ad un gesto oltre che delittuoso, illogico –
spiega Dalmazio Di Dalmazio, presidente del comitato
“Civitella 150” – il Forte era già entrato a far parte del territorio
del Regno, però c’erano i briganti e fu smantellato! Come se
un proprietario, per paura di ladri, distruggesse la propria
casa. Pazzia pura o vendetta spietata? (…) La “civitas” (era)
assolutamente priva di mezzi, di risorse, gravata da numerosi
problemi, fra cui quello della rimozione delle macerie, della
ricostruzione. Soprattutto flagellata dal brigantaggio (…),
quello delinquenziale e banditesco (…). Il clima era difficile,
l’atmosfera irrespirabile: vigevano restrizioni, si registravano
crudeltà, vendette; soprattutto l’ingratitudine, il silenzio, le
mancate risposte da parte del neonato Regno crearono uno
stato di frustrazione e di impotenza. Per fortuna trionfò lo
spirito e la fierezza d’animo degli antichi padri che, seppur
fiaccati e frustrati, non furono mai annientati e sepolti: essi
soli, senza alcun sostegno governativo, furono l’anima delle
nuove generazioni impegnate in un’opera di rinascita». Una
rinascita talmente vigorosa che tuttora, nell’ambito degli
“Incontri tradizionalisti di Civitella del Tronto”, a ricordo dei
caduti dell’assedio del 1860-61 viene deposta una corona
d’alloro.
“
Solo nell’ultima settimana
la Fortezza fu crivellata
con oltre 8mila colpi di
cannone
”
(Bibliografia: Dalmazio Di Dalmazio, Piergiorgio Tiscar sul
catalogo della mostra “Civitella 1861: ultimo atto per l’Unità
d’Italia”; Giuseppe Catenacci e Francesco Maurizio Di
Giovine, “La gloriosa fine di un regno”, associazione nazionale
ex allievi Nunziatella, sezione Abruzzo Molise e Marche)
magazine 43
C COME TIPICO
Comunicazione istituzionale
«LE VIRTÙ TERAMANE?
SI FANNO COSÌ»
Un comitato di esperti e ristoratori oggi le tutela
Fave e piselli per i legumi freschi; fagioli e lenticchie tra i
legumi secchi; verdure fresche di stagione come bietola,
indivia, lattuga, borragine, cicoria e spinaci; carne di manzo
macinata, pasta mista di grano duro; ed erbe aromatiche.
Sono i principali ingredienti di questo piatto, che per
tradizione si prepara nella città di Teramo il I maggio, stabiliti
da un disciplinare sottoscritto dal neo costituito Comitato
“Le Virtù teramane”. Dodici esperti del settore hanno stilato
un rigido elenco di ingredienti e di modalità di ricerca e
preparazione, che attualmente è al vaglio della Regione
per la sua registrazione nell’Atlante dei prodotti tradizionali
Abruzzo, in modo da ottenere una unica linea guida,
imprescindibile e insindacabile, per le “vere Virtù teramane”.
Il comitato è formato da antropologi, ricercatori storici ed
esperti della cucina antica teramana (Alessandra Gasparroni,
Daniela Di Ferdinando e Rosita Di Antonio) e capisaldi della
ristorazione tradizionale (lo stesso Marcello Schillaci ed Elio
e Paolo Pompa), così come rappresentanti della Camera
di Commercio (Alfiero Barnabei) e dell’A.r.s.s.a. (Marco
Cipolletti e Gabriele Costantini) di Teramo, della stampa
(Roberto Pelillo), e degli organi di controllo (il difensore civico
magazine 44
regionale Giuliano Grossi e il dirigente del Servizio igiene
degli Alimenti e della nutrizione della Asl di Teramo Tommaso
Migale). Sulla base di questo disciplinare, gli oltre venti
ristoratori che da oggi si fregiano del marchio “Qui si fanno
le vere Virtù della tradizione teramana” si impegnano, per la
prima volta, a proporre nel loro locale, in ogni fine settimana
del prossimo mese di maggio, questo piatto storico. È
consigliata la prenotazione.
«Dopo varie ricerche, sia personali sia del Comitato –
racconta Marcello Schillaci, già presidente dell’Associazione
Ristoratori Teramani dentro le mura (Art) e promotore del
Comitato – abbiamo stabilito che l’origine di questa ricetta
non solo è strettamente teramana, ma addirittura cittadina,
per via della diffusione a Teramo degli orti di famiglia. L’unica
pasta un po’ diversa dalle altre era quella verde, perché
impastata con gli spinaci. Tortellini ed agnolotti, oggi usati
in alcune “varianti sul tema”, non hanno a che vedere con il
piatto originale, e tantomeno il parmigiano».
Alla luce di studi più accurati e di esame di altre fonti, il
comitato ha inoltre confermato che nell’antica Roma, proprio
il 1° maggio, i Romani usavano consumare le loro “Virtutes”.
magazine 45
C COME VINITALY
di Daniele Di Vittorio – Foto: Modiv
INSIEME SI È PIÙ FORTI!
I produttori abruzzesi fanno rete
Quattromila espositori da 23 Paesi per la 45esima edizione
del Vinitaly, l’evento fieristico che, insieme al Sol, rappresenta
il più importante appuntamento mondiale dedicato al
vino e all’olio di qualità. L’Abruzzo è stato presente con 80
aziende vitivinicole e 27 olearie coordinate da assessorato
all’agricoltura, Arssa e Centro Interno delle Camere di
Commercio d’Abruzzo, in collaborazione con l’Enoteca
regionale. Anche quest’anno c’è stata la consueta pioggia di
premi per le aziende vinicole e olearie abruzzesi, ottenuti nei
due concorsi organizzati dall’Ente Fiera.
Ai 3720 vini in gara, di 1000 aziende da 30 Paesi sono state
attribuite dal concorso enologico internazionale 16 Gran
Medaglie d’oro, 17 Medaglie d’oro, 19 Medaglie d’argento
e 18 Medaglie di bronzo: l’Abruzzo ha conquistato ben 9
Medaglie (2 Gran Medaglie d’oro, 3 d’oro, 2 d’argento e 2 di
bronzo) e 100 Gran Menzioni; mentre al Concorso Sol d’oro
Una degustazione di Adua Villa
L’assessore Febbo con il MinistroFrancesco Saverio Romano
magazine 46
magazine 47
La colomba da Guinnes di Cantina Tollo
Andrea Di Fabio di Tullum
le aziende olearie abruzzesi hanno riportato 4 Gran Menzioni.
Nel dettaglio, l’Abruzzo del vino è stato premiato in tutte le
tipologie: nei vini bianchi, con 1 Medaglia d’oro e 27 Gran
Menzioni; nei rossi, con una Gran Medaglia d’oro, una d’oro,
una d’argento e una di bronzo in diverse categorie e 52
Gran Menzioni; e nei rosati, tipologia che ancora una volta
conquista l’en plein di tutte le medaglie a disposizione (Gran
d’oro, d’oro, d’argento e di bronzo) e 21 Gran Menzioni.
Nel calcolo tra Medaglie e Gran Menzioni la palma della
migliore performance tra le aziende regionali va alla cantina
cooperativa di Orsogna, alla quale è stato assegnato il Premio
Speciale Gran Vinitaly per l’Abruzzo. Anche l’olio abruzzese,
dopo il premio nazionale Sirena d’oro, ha continuato la sua
scalata: tra gli oltre 200 oli in concorso al Sol, sono arrivate
3 Gran Menzioni nella categoria “Fruttato Leggero” e 1 nella
categoria “Fruttato Intenso”. A questo proposito registriamo
una moderata soddisfazione da parte dei produttori abruzzesi
partecipanti al Sol, che denota come l’olio abruzzese stia
crescendo di livello e aumenti la propria importanza a livello
nazionale.
Durante i cinque giorni della manifestazione sono state
molte le attività organizzate dalla Regione: dalle degustazioni
condotte dalla giornalista sommelier specializzata nel settore
vinicolo e “abruzzese Doc” Adua Villa, all’incontro con i Buyer
stranieri, fino al progetto “Provincia sicura al 100%” dedicato
alla sensibilizzazione al consumo responsabile e consapevole
dell’alcool, avviato dalla Provincia dell’Aquila. Presente anche
un angolo dedicato a “Wine&Tie”, un’iniziativa che intende
offrire alle imprese interessate un servizio capace di sostenere
e migliorare i processi di commercializzare dei propri prodotti,
sia sul mercato nazionale che su quelli esteri. C’è stata anche
un’originale operazione di Cantina Tollo che per presentare
i nuovi vini Passerina e Cococciola, ha commissionato al
pasticcere Nicola Fiasconaro una creazione da Guinness: la
Colomba Pasquale più grande del mondo!
Il padiglione abruzzese è stato visitato anche dal neo Ministro
per l’agricoltura Francesco Saverio Romano, che si è
intrattenuto per alcuni minuti nell’area dell’enoteca regionale.
Ma la partecipazione di quest’anno ha avuto qualcosa di
diverso: i produttori si sono dovuti unire due società consortili
(una per l’olio, “Olio Nostro Sol”, e una per il vino, “Divino
Abruzzo in fiera”), scongiurando di fatto l’ipotesi che l’Abruzzo
fosse costretto a rinunciare alla più importante manifestazione
mondiale del settore a causa della razionalizzazione dei fondi
Paola Del Casale
L’Angolo Wine&Tie
Danilo Giampaolo
con Evangelista Liquori
Antonio e Cristiana
Tiberio
Concetta D’Innocenzo per Arnaldo Caprai
Sabatino Di Properzio de La Valentina
Staff Cantina
Frentana
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Federica Morricone e Niko Romito
Chiara CIavolich
magazine 49
Il gruppo Festa
L’associazione Vignaioli d’Abruzzo
regionali operata nell’ambito della manovra finanziaria, come
è successo per la Bit di Milano. Difatti la soluzione è stata
individuata attraverso l’accesso agli appositi fondi riservati alle
“Attività di informazione e di promozione” previste dal Piano
di Sviluppo Rurale 2007-2013 Successivamente la Regione e
l’Arssa hanno poi coordinato tutta la manifestazione. Questo
fatto è più che significativo, dato che in un periodo di ristrettezze
unire le proprio forze è necessario per avere risultati. Ma non
è finita qui: all’interno di questo consorzio altre cantine hanno
deciso di unirsi per creare delle sinergie. Per la prima volta
l’associazione Vignaioli in Abruzzo si è presentata al Vinitaly
unita negli intenti, con arredi e design coordinati anche se in
spazi divisi, per confrontarsi e crescere reciprocamente. Si
tratta di: Tenuta I Fauri, azienda Marramiero, San Lorenzo Vini,
e le aziende agricole Ciccio Zaccagnini, Bosco Nestore, Dora
Sarchese Dora, Torre Zambra e Contesa.
Un’altra unione di Cantine è stata quella messa in piedi
da Vittorio Festa, enologo abruzzese che ha preso per
mano sette realtà vinicole del territorio e le ha portate al
Vinitaly sotto uno spazio comune: in uno stand moderno
caratterizzato da un lungo banco per degustazioni c’erano la
Cantina Sangro, l’azienda Jasci, l’azienda agricola Terzini, la
Marchesi De Cordano, Cantina Ciampoli, Fattorie Teatine e
Tenute Santarelli. Si è trattato di un esperimento ambizioso
ma allo stesso tempo lungimirante, perché dimostra che ha
cominciato a radicarsi anche in Abruzzo il significato profondo
dell’espressione “L’unione fa la forza”.
Premiazione degli oli
Sala Mantegna
Claudio Pracilio
Daniele Erasmi e i suoi
cioccolatini all’olio Dop
Tommaso Masciantonio e Nicola Tieri con Marino Giorgetti (Arssa)
Peppe Ursini
Max “L’uomo di ferro”
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C COME EXPORT
di Maura Di Marco
PIÙ LO MANDANO GIÙ,
PIÙ CI TIRIAMO SU
In salita i dati di esportazione del vino abruzzese
Il vino abruzzese è tra i più bevuti al mondo: lo confermano
i dati diffusi dal Centro Estero delle Camere di Commercio
d’Abruzzo relativi ai primi nove mesi del 2010.
È stato registrato, infatti, un incremento dell’export pari
al 16%, quasi tre volte superiore al 2009, anno nero delle
esportazioni che ha però visto l’Abruzzo rifiorire nel campo
dell’agroalimentare, con un aumento del 5.8% delle
esportazioni di bevande (di cui il vino rappresenta la quota
parte maggiore). Secondo quanto ci riferisce lo stesso
Centro Estero, le ragioni di una crescita così repentina
potrebbero essere due: il buon rapporto qualità prezzo
dei vini abruzzesi e le nuove capacità di marketing e
comunicazione acquisite dagli operatori economici.
Il primo motivo è confermato dalla contrazione delle quote di
mercato di Toscana, Veneto e Piemonte, regioni dalle radici
eccellenti ma al momento un po’ troppo care; il secondo,
dal passaggio generazionale che sta interessando le nostre
terre, accompagnato dalle nuove competenze linguistiche
ed economiche degli imprenditori agricoli.
C’è un altro dato interessante che rosseggia nel panorama
vitivinicolo mondiale: la Germania, che nell’ultimo triennio
svettava nella classifica degli importatori di vini abruzzesi con
una percentuale di mercato del 22.84%, si è vista superare
dagli Stati Uniti che, nei primi 9 mesi del 2010, detengono il
21.46% del mercato contro il 20.44 della Germania.
Al terzo posto mantiene una posizione più che stabile il
Canada con una quota di mercato del 14.72%: il Nord
America assorbe, in questo modo, poco meno della metà
dell’export (Stati Uniti e Canada si attestano insieme al
41.04%) ed i numeri sono destinati ad aumentare nel giro di
pochissimi anni.
Troviamo al quarto e quinto posto, invece, il Belgio e la
Francia con un incremento delle esportazioni, nel caso
francese, dal 2009 al 2010, del ben 114.63%.
Il sapore del successo si affievolisce, però, nel Regno
Unito, prima tra i maggiori acquirenti che oggi registra un
abbassamento della domanda del 12.77%, simile a quello
della Norvegia e della Danimarca. Altri mercati che fanno ben
sperare sono l’Olanda e la Spagna per cui, amici viticoltori,
cosa aspettate? Il successo va bevuto adesso.
magazine 53
C COME GALANTINA
Speciale Terra
Testi e foto di Marco Di Edoardo
LA “GALLOTTA”
Riscopriamo un piatto storico
Molti piatti tradizionali italiani acquisiscono, localmente, delle
varianti regionali che rispecchiano la cultura enogastronomica
del territorio. È il caso della galantina, di gallina o di pollo:
in Abruzzo la “gallotta” (la chiamano così nel Teramano) è
un piatto che si usava preparare nelle ricorrenze importanti,
soprattutto nei matrimoni in casa o nei pranzi pasquali e
natalizi. «Essendo da preparare almeno un giorno prima del
consumo – spiega la giuliese Irma Martinelli, classe 1926,
che tra in ambiente contadino ci è nata e cresciuta – questo
piatto si presta molto a pranzi numerosi perché può essere
servito freddo e appunto essere elaborato con tutta calma.
Come molte pietanze tradizionali, anche questo durante il
corso degli anni ha subito delle modifiche: innanzitutto, la
vera e propria galantina abruzzese è fatta con la gallina (da
qui il termine “gallotta”) e non con il pollo, come invece si usa
fare attualmente.
La galantina ha delle radici povere e nasce dall’esigenza
di rendere più appetitosa la gallina che non ha carni molto
grasse e molto saporite: proprio per questo veniva riempita
di uova, carote, carne macinata, sedano e olive. Le ossa,
invece, una volta separate dalle carni, venivano utilizzate per
preparare il brodo, piatto che veniva servito rigorosamente
prima della “gallotta”». Attualmente, infatti, le galline vengono
utilizzate prettamente per produrre uova e per questo motivo
vengono rese più fertili con del mangime particolare, che
permette loro di produrre uova addirittura anche per 4 anni
consecutivi.
Questa alimentazione però rende la carne della gallina ancora
più secca e se “gallina vecchia fa buon brodo” sicuramente
non fa una buona galantina. Il pollo, invece, d’altra parte,
ha il vantaggio di avere un allevamento molto diffuso e più
votato alla fruizione della carne stessa. In alcune regioni
la galantina viene spesso arricchita con tartufo, pistacchi,
prosciutto a pezzetti, mortadella o addirittura preparata con
pesce: come sempre, in cucina è la fantasia a giocare un
ruolo fondamentale.
LA GALANTINA FATTA IN CASA
Ricetta della signora Irma Martinelli, preparata dalla figlia Loriana Gentile
Ingredienti: 1 gallina, 600 gr di carne macinata, sale, noce moscata, 6 uova, olive spezzettate, sedano, carote, parmigiano
grattugiato q.b.
Disossare la gallina con un coltello aprendola dalla parte della schiena, preparare il ripieno con il macinato, la noce moscata, il sale, il parmigiano e 3 uova. Stendere il ripieno sul tagliere e disporre al centro 3 uova sode e lateralmente carote
e sedano a listelle. Avvolgere il ripieno formando un polpettone e disporlo all’interno della gallina. Cucire con ago e filo,
avvolgere con spago e mettere a cuocere in una pirofila con olio, sedano, carote, vino bianco, una noce di burro, una
scorza di limone e acqua q.b. a fuoco moderato fin quando il liquido non si è ristretto. Lasciar riposare per una notte,
tagliare a fette la “gallotta” e servire.
magazine 54
magazine 55
C COME TRADIZIONE
di Anita Righetto - Foto: Modiv
PUNTO PRIMO, L’ARMONIA
Imparare la stagionalità dei prodotti
L’uomo è ciò che mangia?
Oppure:
L’uomo mangia ciò che è?
Si discute se attenersi alla scrittura o alla pronuncia del
vitatissimo pensiero formulato da Ludwig Feuerbach per
avvalorare una traduzione o l’altra. La differenza tra i due
pensieri è evidente in misura palese. È molto interessante
per noi invece considerare cosa accade nell’uno o nell’altro
caso. Dato l’assunto dei bisogni ancestrali di fame/sazietà,
che per fortuna oggi non è più così necessario nel quotidiano
occidentale corrente per
il facile accesso ai cibi,
l’argomento si sposta sul
piano della scelta.
Come scegliamo cosa
mangiare?
L’alternanza
razionale/
irrazionale applicabile alla
preparazione del pasto e
al colpo di fame in realtà
è presente in ogni caso.
E allora? Allora solo conoscendo gli ingredienti, la loro
preparazione, le stagioni e anche il perché di quel pasto
si può coniugare il razionale all’irrazionale, sottraendoli
all’alternanza, e riuscire a mangiare quello che si vuole
davvero, cioè mangiare quello che si è veramente.
Ciò che è opportuno comprendere è quanto un piccolo
impegno di attenzione produca benefici di notevole portata,
“
magazine 56
in termini di benessere e anche di risparmio. Riflettiamo:
mangiamo patatine fritte, in busta o al ristorante, per
immettere zuccheri lenti, o mangiamo patate bollite o una
fetta di pane con l’olio o anche solo sgranocchiamo pane
raffermo, evitando così anche l’alito cattivo? La pannocchia
di granturco arrosto o bollita è anche meglio del popcorn che
è una varietà di mais tostato. Sì, lo so, il granturco si trova
solo per pochi giorno l’anno e il popcorn invece sempre!
Ecco, questo è un argomento su cui riflettere.
I prodotti e le loro stagioni non sono in relazione solo alla
temperatura e alle abitudini,
ma anche alle esigenze del
corpo umano. Questa stretta
connessione tra cibo, stagione
e corpo umano costituisce
un
equilibrio
solidissimo
che va ben aldilà della ratio,
comunque applicata.
Quante volte abbiamo detto
“oggi mi va di mangiare
questo”? L’armonia naturale
tra il cibo e le esigenze del corpo ci consegnano una
sensazione di benessere che oggi suscita quasi stupore.
Considerare la catena alimentare come un appassionante
gioco di ruoli può aggiungere alle nostre giornate notevoli
quantità di soddisfazione.
Del resto ce lo hanno insegnato già le nostre nonne, ed è vero
fino ad un certo punto che “sì però i tempi cambiano”. Loro
I prodotti della stagione
sono in relazione alle
esigenze del corpo
umano
”
magazine 57
avevano sicuramente prodotti naturali a disposizione, ed
avevano certo anche tanto tempo per prepararli. Dobbiamo
quindi ripensare la loro cucina con i tempi e i prodotti di
oggi. Sicuramente non aiuta il banco del supermercato, dove
l’indifferenziato inteso come stagionalità non ci permette di
operare scelte legate alla stagionalità senza tentazioni. Vivere
consapevolmente la preparazione del cibo è una conquista
quotidiana affidata alla disciplina di voler offrire un pizzico di
salute in più a noi stessi e ai nostri cari. Ci sono prodotti che
attraversano le stagioni perché vengono seminati e piantati
più volte nell’arco dell’anno, come il prezzemolo e alcune
insalate. Ci sono ortaggi e frutta però che durano pochi
giorni, come la pannocchia di granturco che vale la pena
di tenere a mente e ricordarsi quando è il periodo giusto
per cercarla, perché non è solo tradizione ma è soprattutto
gusto.
Gusto e salute stanno bene insieme, anche perché la
stagione permette all’ortaggio o alla frutta di consegnare
tutte le sue qualità in termini di sapore aroma e profumo.
Per gli ortaggi, le eccellenze meravigliose possono essere: a
gennaio le cime di rape; a febbraio i porri; a marzo il cavolo
cappuccio; ad aprile il carciofo; a maggio le carote; a giugno
l’aglio rosso; a luglio il pomodoro; ad agosto i peperoni rossi
da seccare; a settembre i peperoncini piccanti, sempre
da seccare; a ottobre i fagioli da sgranare; a novembre il
cavolfiore; a dicembre il cardone.
Per la frutta le eccellenze meravigliose possono essere a
gennaio gli agrumi, volendo anche locali; a febbraio i limoni
locali, piccoli e profumati; a marzo le ultime arance; ad aprile
le prime fragole locali; a maggio le prime ciliegie; a giugno
le ciliegie dell’entroterra; a luglio le amarene; ad agosto le
mandorle; a settembre l’uva dolce e zuccherina, una miniera
per la salute; a ottobre i melograni; a novembre le castagne;
a dicembre i marroni.
Regalarsi un attimo di riflessione su che stagione
stiamo vivendo, su che ortaggi o frutta troviamo sui
banchi del mercato, su che piatto potremmo preparare
velocemente, significa anche ascoltare il proprio corpo
nelle sue esigenze e rispondere in maniera opportuna.
La tradizione ha codificato con intelligenza ed estrema
praticità tutto quanto, tant’è che ci propone di tutto, dai piatti
semplici dei giorni feriali ai complessi piatti dei giorni della
festa. Basta riflettere un attimo e attingere dal patrimonio di
ciascuno. L’armonia in fondo ha anche un prezzo modico.
Vuoi scambiare un parere? Anita Maria Righetti condurrà
una conversazione sulla stagionalità dei prodotti il 25 maggio
2011 alle 17,30, presso la libreria Feltrinelli di Pescara.
Ingresso libero.
magazine 59
C COME RICETTE
I giurati de “Lu Carrature d’ore” 2011
a cura delle associazioni cuochi della FIC
LU CARRATURE D’ORE:
MATCH TRA VINCENTI
Per la 21esima edizione in gara solo campioni
I vincitori de “Lu Carrature d’ore” 2011
magazine 60
Un’edizione speciale, quella de “Lu carrature d’oro” 2011,
con una giuria speciale: a sfidarsi sono stati i vincitori dei
venti anni precedenti, e a giudicarli sono stati chiamati
giurati d’eccezione: insieme al presidente Massimo Di Cintio
c’erano infatti i tre stellati d’Abruzzo Niko Romito, Peppino
Tinari e Antonio Strammiello e il giornalista enogastronomo
Luigi Cremona.
Gli chef professionisti premiati
“Lu Carrature d’Ore dell’Innovazione”: Vito Giansante per
“Interpretazione del capretto”.
“Lu Carrature d’Ore delle Tipicità”: Nicola Fossaceca per i
“Ravioli di cipolla in brodo di ventricina dell’alto Vastese”.
“Lu Carrature d’Ore della Tradizione”: Domenico Florindi per
“Lu Rentrocele”.
“Lu Buccunotte d’Ore”: Lorenzo Pace con il dolce “Bavarese
al Montepulciano d’Abruzzo con biscotto al pecorino di
Farindola e salsa ai confetti di Sulmona”.
Premi speciali
Trofeo “Unione regionale cuochi abruzzesi” al miglior piatto
creativo: Mario Rabottini per “Variazioni biologiche sull’ovino
abruzzese: pane e ricotta, castrato al succo d’uva e gelato
di coratella all’essenza di arancia”. Trofeo “Consorzio tutela
vini d’Abruzzo” al miglior abbinamento vino/cibo: Lucio
D’Angelo con i “Cubetti di agnello scottati su crema di carciofi
e lamelle di pecorino, torrone tenero di fegato al profumo di
mosto cotto e grissino di pane di patate e mais” abbinato al
“Moscatello di Castiglione a Casauria”. Trofeo “De VictoriisMedori” al piatto storico della cucina abruzzese: Isolina
Petrini con “La pascte a lu sparone”.
Premi agli studenti Ipssar
Primi piatti: Antonio Maccallini dell’istituto alberghiero
de L’Aquila, con i “Cannoncini al baccalà mantecato con
zafferano dell’Aquila su vellutata al pecorino di Farindola e
dadolata arlecchino”.
Secondi piatti: Jiri Dvoraku dell’istituto alberghiero di
Giulianova, con la “Ghirlanda di trota Iridea con zafferano di
Navelli e tortino di cicoria”.
Dolci: Paolo Della Valle, dell’istituto alberghiero di Giulianova,
con la “Cassata di ‘mscuett con sensazione di Centerba
Toro farcita di ricotta di pecora e torrone bianco classico
dell’Aquila e salsa al latte di mandorla”. Trofeo Centerba Toro:
Francesco D’Alessandro dell’istituto alberghiero dell’Aquila,
con “Piramidina e praline alla Centerba Toro con ganache al
miele”.
magazine 61
RAVIOLI DI CIPOLLA IN BRODO DI VENTRICNADELL’ALTO VASTESE
di Nicola Fossaceca
Ingredienti per 6 persone. Per il brodo di Ventricina: 600 g Ventricina
dell’alto Vastese, 1,5 lt d’acqua; per la sfoglia: 200g farina 00, 20 g farina
grano Solina, 2 uova, sale q.b; per il ripieno di cipolle: 700 g di cipolle
piccole biologiche, 15 g succo di limone, sale q.b.
Procedimento. Per il brodo di Ventricina:versare l’acqua fredda in una pentola e aggiungere la ventricina sgranata a pezzi. Porre sul fornello e portare
sobbollire per 15 min. Filtrare e raffreddare in abbattitore. Una volta freddo,
eliminare il grasso di superficie e filtrare con un panno di lino. Per il ripieno:
mettere in un foglio di alluminio le cipolle intere con tutta la buccia, cucinare in forno a 180° per circa 40 min, farle raffreddare e sbucciarle. Metterle
in una ciotola con il succo di limone e il sale, frullare e lasciare riposare
per circa 1 ora in frigo. Per la sfoglia: impastare le farine con le uova e il
sale. Fare riposare l’impasto 1 ora in frigo. Stendere la pasta molto sottile,
con un tagliapasta del diametro di 8 cm ricavare dei dischi, spennellarli con
dell’acqua, con un sac à poche mettere al centro dei mucchietti di cipolla e
chiudere a forma di tortelli. Scaldare il brodo e aggiustare di sale. Cuocere i
ravioli in abbondante acqua bollente e salata per 1 minuto. Scolare i ravioli,
metterli nei piatti fondi e irrorarli con il brodo bollente.
di Lorenzo Pace
Ingredienti per 6 persone. Per la bavarese: 350 g di Montepulciano d’Abruzzo, 55 g di tuorli d’uova, 150 g di zucchero semolato, 100 g di panna,
6,5 g di gelatina in fogli. Per la salsa: 150 g di confetti di Sulmona, 150 g
di latte. Per il biscotto: 60 g di pecorino di Farindola stagionato, 60 g di
zucchero semolato, 100 g di farina di grano tenero 00, 80 g di burro. Per la
guarnizione: 1 g di polvere di purtehalle (arancia) della costa dei Trabocchi, 6 ciuffi di menta.
Preparazione. Per il biscotto: miscelare la farina, il pecorino e lo zucchero e impastare con il burro morbido. Avvolgere il panetto nella pellicola
e lasciare in frigorifero per 2 ore. Stendere l’impasto tra due fogli di carta
da forno allo spessore di 2 mm e cuocere in forno a 170° per 15’. Appena
sfornato ricavare 6 rombi e lasciare raffreddare. Per la salsa: tritare i confetti, unirli al latte e frullare. Cuocere per 2’ dal bollore, passare allo chinois e
abbattere a +3°C. Per la bavarese: mettere in ammollo la gelatina per 10’.
Dealcolizzare il vino, montare i tuorli con lo zucchero, diluire con il vino
e portare a 85°C. Sciogliere all’interno del composto la gelatina strizzata,
portare a 30°C, unire la panna semimontata e portare a 20°C. Coprire un
vassoio con la pellicola, sistemare sopra 6 cerchi d’acciaio del diametro di
8 cm, dividere all’interno la bavarese e lasciare in frigorifero per 4 ore. Con
un coppapasta del diametro di 3 cm ricavare, in ogni bavarese, un foro leggermente decentrato e eliminare i cerchi. Presentazione: mettere le bavaresi
al centro dei piati, colare nei fori la salsa di confetti e su di essa mettere i
ciuffi di menta. Al lato opposto sistemare i biscotti e guarnire attorno con la
polvere d’arancia.
LU RENTRÒCELE
INTEPRETAZIONE DEL CAPRETTO
di Domenico Florindi
di Vito Giansante
Ingredienti per 6 persone. Per la tartara: 120 g di filetto di capretto, 5 g
di olive nere denocciolate, 1 g di menta piperita, 2 g di succo limone, 20 g
d’olio extravergine d’oliva, pepe e sale q.b.. Per hamburger: 180 g di polpa
di coscia di capretto, 6 panini al latte e sesamo da 20 g, 60 g di pomodoro,
30 g di lattuga, erba pepe e sale q.b. Per la maionese allo zafferano dop
dell’Aquila: 1 tuorlo d’uovo, 20 g di aceto bianco, 15 g di succo limone,
0, 080 g di pistilli di zafferano dop dell’aquila, 80 g d’olio di mais. Per il
carrè: 240 g di carrè di capretto, 60 g di pane cassetta, 30 g di granella di
mandorle tostate, 20 g di albume d’uovo, 5 g di timo e alloro, 200 g di burro
chiarificato, sale q.b. Per la polpetta: 180 g di polpa di spalla di capra, 150
g carciofi di Cupello, 80 g di patate del fucino, 100 g di Trebbiano d’Abruzzo, 2 g di rosmarino, 4 g d’aglio rosso di Sulmona, 1 uovo, 50 g di farina
00, 100 g di pangrattato, 300 g d’olio extravergine d’oliva, sale q.b. Per la
riduzione: 200 g di vino cotto, 50 g di zucchero.
Ingredienti per 6 persone. Per la pasta: 400 g di farina di grano duro, 2 albumi d’uovo, 100 g d’acqua, sale q.b.; per il condimento: 100 g di polpa di
maiale, 100 g di polpa di vitello, 100 g di polpa di agnello, 80 g di pancetta
di maiale, 60 g di cipolla, 50 g di sedano, 80 g di carota, 1 dl di Trebbiano
d’Abruzzo, 80 g di olio extravergine d’oliva, 50 gr di pecorino stagionato.
Procedimento. Per la pasta: mettere sulla spianatoia la farina a fontana, spolverare di sale, creare un foro, aggiungere gli albumi e l’acqua, impastare, lavorare per 20’ e lasciarla riposare per circa 1 ora. Stendere con il mattarello
una sfoglia dello spessore di ½ cm, tagliare dei rettangoli delle dimensioni
uguali a “lu carrature”, mettere la sfoglia dalla parte dove i fili sono più
larghi, fare pressione sulla sfoglia con il matterello e realizzare, così, “lu
rentrocele”. Per il condimento: mettere a soffriggere in un tegame con l’olio
i vegetali, unire la pancetta a cubetti e lasciare dorare. Unire le carni tagliate
grossolanamente, rosolarle, bagnare con il vino, lasciare evaporare e continuare la cottura a fuoco lento per circa 1 ora. Cuocere “lu rentrocele” in
abbondante acqua bollente e salata, per qualche minuto, scolarla e condirla
con il ragù. Mettere la pasta nei piatti creando dei nidi e completare con dei
trucioli di pecorino.
magazine 62
BAVARESE AL MONTEPULCIANO D’ABRUZZO CON BISCOTTO DI PECORINO DI FARINDOLA E SALSA DI CONFETTI DI
SULMONA
Preparazione. Per la tartara: tagliare finemente a coltello la carne di filetto,
fare un battuto di olive e menta, insaporire con il succo di limone, il sale e il
pepe, amalgamare e porre in frigorifero. Per la maionese: sciogliere i pistilli
di zafferano nel succo di limone al microonde, far raffreddare, unire il tuorlo, il sale, con un mixer emulsionare con l’olio, terminare con l’aceto e ottenere una maionese. Per hamburger: macinare la carne e condire con sale e
erba pepe, formare 6 medaglioni del diametro di 4 cm, e cuocere 5 minuti in
padella da entrambi i lati. Tagliare il pomodoro a rondelle e le foglie di lattuga del diametro del panino, farcire il panino con: lattuga, carne, pomodoro
e salsa maionese. Per il carrè: scalzare e parare il carrè, lasciando per ogni
porzione due costolette. Frullare il pane con le mandorle, il timo e l’alloro.
Condire i lombetti con il sale, spennellarli con l’albume e panarli. Friggerli
nel burro chiarificato pochi istanti per permettere che aderisca la panatura,
terminare la cottura in forno a 180° per 8’. Per la polpetta: macinare la polpa, condire con sale, rosmarino e formare dei medaglioni dello spessore di
2 cm. Mondate i carciofi, affettarli a spicchi e stufarli a lungo con olio, aglio,
rosmarino e vino, ridurre in poltiglia e passarli al setaccio. Lessare la patata con
la buccia, sbucciarle e passarla al passaverdure, incorporare alla purea di carciofi e inserite in un sac a’ poche. Coprire i medaglioni con uno strato di purea e
abbattere (fase negativa) per 15 minuti. Quando saranno ben congelati, passarli
prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato. Scongelarli
in frigorifero a 2° C e friggerli a 160°. Per la riduzione: in un pentolino bollire
il vino cotto con lo zucchero, ridurre 2/3 e raffreddare. Presentazione: disporre
su un piatto rettangolare la tartara con una foglia di menta e delle gocce d’olio
extravergine d’oliva, l’hamburger con al lato una lacrima di maionese e alcuni
pistilli di zafferano, il carrè con di fianco due gocce di riduzione di vino e in
ultimo sistemare la polpetta.
C COME NEWS
C COME NEWS
Centini arriva a Teramo
Pubblica il tuo racconto!
Nuovo presidente dei cuochi
Ciavolich tra le stelle
Il campionato della pizza
Due abruzzesi a Parigi
La famiglia di Ezio Centini, il noto cioccolatiere di Bisenti (Te), ha aperto il suo
primo locale a Teramo, al piano terra
di Casa Capuani, edificio che risale
al XIV secolo, quando sull’asse viario
dell’attuale via Veneto si affacciavano
case porticate, case torri e orti-giardini.
La gestione è affidata ai figli Giovanni,
Lisa e Virginia Centini, che non proporranno solo cioccolatini, composizioni e
invenzioni di cioccolato sul filone creativo del capofamiglia (un esempio su
tutti: i Tatù, una variante di panpepato
senza mosto né lievito, da lui inventati
negli anni ’90 e oggi dolci tipici di Bisenti), ma sarà anche punto bar e centro nevralgico di informazione e cultura
gastronomica, secondo i principi della
biodinamica, che il “mercante di sogni”
propone abitualmente. Ad incontri “gastrosofici” a tema, dedicati ad appassionati e a passanti, si affiancheranno
iniziative di valorizzazione del cacao
come espressione del territorio, ed
eventi a scopo benefico per i bambini del Bangladesh. Attualmente solo i
locali della Cioccolateria Centini sono
stati restaurati.
Scade il 14 maggio il termine di presentazione del Premio racconto breve
“Giammario Sgattoni”, indetto dall’associazione Pro Loco di Garrufo di
Sant’Omero. Un premio speciale della
giuria è la pubblicazione su C come
magazine! Il tema di quest’anno è “Il
cibo dei riti, il cibo delle feste”, la partecipazione è gratuita e i testi non devono superare le 16mila battute. Il primo
premio è un pernottamento in camera
matrimoniale con colazione e una cena
per due persone, con degustazione di
vini delle colline teramane, presso l’Hotel Ristorante “Zunica 1880”, a Civitella del Tronto (Te); il secondo e il terzo
classificato ricevono prodotti tipici. La
premiazione avrà luogo nel corso della III Rassegna umoristica “Sorridi con
gusto”, nell’ambito della manifestazione enogastronomica “Garrufo con Gusto” che si svolge nella prima settimana di agosto a Garrufo. I dattiloscritti
devono essere presentati in n. 5 copie
non firmate e in busta chiusa anonima:
i dati vanno messi in busta a parte. Il
plico va mandato a Premio racconto
breve” c/o Pro Loco di Garrufo, Piazza
XXV Aprile, 64027 Garrufo di Sant’Omero (Te)
In occasione del 5° congresso regionale dell’Unione cuochi abruzzesi che
si è svolto a Villa S. Maria i delegati
in rappresentanza di circa mille iscritti
hanno eletto presidente dell’Unione regionale cuochi lo chef Andrea Di Felice.
Presidente onorario è Leo Giacomucci,
vice presidente è Antonio De Sanctis,
segretario Enea D’Amico e tesoriere
Sergio Savaglia. Sono stati altresì stati
eletti consiglieri gli chef Lucio D’Angelo, Domenico Di Nucci, Lorenzo Ferretti, Francesca Fiordigilio, Giuseppe
Finamore, Lorenzo Pace e Mario Rabottini.
Il neo presidente Di Felice nel suo intervento programmatico, tra i diversi temi
analizzati ha sottolineato che «l’Unione
Cuochi, oltre ad occuparsi della crescita professionale dei suoi associati,
lavorerà con tutte le realtà dell’associazionismo gastronomico, ristorative
e di produttori delle eccellenze agroalimentari regionali per creare un sistema di sinergie che porti la gastronomia
abruzzese ad essere protagonista nel
panorama culinario nazionale e internazionale».
C’è stato un po’ d’Abruzzo, lo scorso
febbraio, nel festival Montreal En Lumière in Qebec, l’evento enogastronomico tra i più importanti del Nord
America, che per la sua dodicesima
edizione ha celebrato il talento femminile. La Cantina Ciavolich di Miglianico,
rappresentata dalla titolare Chiara, e
la chef Cinzia Mancini del ristorante
Bottega Culinaria Biologica di Sant’Apollinare hanno proposto e promosso
il vino e la cucina abruzzesi insieme a
più di 50 chef e produttrici provenienti
da tutto il mondo. Ha capitanato l’evento Anne Sofie Pic, l’unica donna di
Francia ad avere tre stelle Michelin.
A marzo Chiara Ciavolich ha anche
preso in consegna un riconoscimento,
nell’ambito della manifestazione “150°:
Voler bene all’Italia per affrontare il futuro” promossa da Symbola in collaborazione con Coldiretti, per la qualità che dal 1853 accompagna il lavoro
della sua azienda vitivinicola. Chiara ha
rappresentato per l’azienda la svolta
generazionale. Rilevata l’azienda nel
2004, all’età di 26 anni, ha portato in
poco tempo le linee di prodotto da tre
a nove.
Il primo campionato italiano di pizza
allo zafferano, organizzato dall’associazione Pizz’abruzzo Doc durante il
Saral Food di Silvi a marzo, ha avuto
esiti soddisfacenti. Lo ha vinto Rossano Rossella, della pizzeria “Il cenacolo”
di Pietrelcina, in provincia di Benevento: la sua ricetta vincente è la pizza “La
Strega di Benevento”, con fior di latte,
patate, asparagi, mazzancolle sfumate al liquore Strega, zafferano D.o.p.
dell’Aquila, (per cui si è aggiudicato
anche il premio speciale per la migliore
pizza realizzata con lo zafferano D.o.p.
dell’Aquila), all’uscita ricottina e prezzemolo. Al secondo posto Ramona
Iezzi di Roma, della pizzeria “Angelo
e Simonetta”, con la pizza a base di
crema di zafferano e tartufo, carciofi,
formaggio Castelmagno, mozzarella,
salame Brinzetta, scaglie di tartufo. È
un abruzzese invece il terzo classificato: Valerio D’Arcangelo della pizzeria
“La Taverna di Pop’s” di Casalincontrada (CH), con la pizza “Transumanza”, a
base di crema di Pecorino, fior di latte,
porcini, salsiccia, zafferano D.o.p. di
Civitaretenga (AQ), prezzemolo.
Classifica d’eccellenza per due cuochi
della Val Vibrata: la lady chef Adriana
Ferretti, del ristorante La perla dell’hotel Concorde a Sant’Egidio alla Vibrata,
e il pizzaiolo Antonio Di Antonio della
pizzeria La piazza di Garrufo di Sant’Omero hanno vinto la finalissima a Parigi
del campionato italiano di pizza a due.
La competizione si svolge a coppie e
vuole portare la pizza nell’alta ristorazione.
Il pizzaiolo prepara il miglior impasto
possibile, lo chef pensa agli ingredienti
per farcire la pizza.
Insieme inventano così, con la fantasia
e l’estro del grande chef, ricette sempre più adatte alle nuove esigenze della
clientela, senza uscire troppo dai binari
della tradizione.
Dopo un percorso di selezioni svolte
nelle fiere di Rimini, Riva del Garda,
Montecatini e Massa Carrara, la finale
si è svolta alla fine di marzo a Parigi:
qui si sono classificati al primo posto,
con 1035 punti.
magazine 64
magazine 65
C COME CONTROEDITORIALE
di Carlo Massimo Rabottini, valutatore Panel
QUANTI PERICOLI
PER L’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA?
La frode dell’olio extravergine di oliva è vecchia come il
mondo, e in Italia l’aggiunta fraudolenta di olio di semi all’olio
di oliva è una truffa di grande respiro per quattro motivi: la
semplicità dell’operazione, i grandi guadagni, l’assenza
di problemi per la salute - trattandosi di oli commestibili e
l’assenza di rischi seri - e la mancanza di metodi analitici
ufficiali. Per rendersi conto della situazione, basti ricordare
che alcune aziende imbottigliavano direttamente olio di semi
di cartamo, etichettandolo come olio di oliva. Negli anni ‘80’90 è arrivato l’olio di nocciole, reso famoso dal sequestro
nel 1991; pochi anni fa si miscelava all’olio di oliva l’olio di
semi di girasole (Trisun o alto oleico). Anche l’olio di semi
di palma trifrazionato, l’olio di sansa manipolato e l’olio di
vinacciolo rientravano nel gruppo degli ingredienti preferiti
dai contraffattori. Miscelando solo il 10-15% di questi oli
all’olio extravergine di oliva, si rende quasi impossibile il
riconoscimento rispetto alla capacità analitiche dei vari
laboratori.
I problemi e le lacune degli organi di controllo sono
conosciute dai Grandi Furbi delle Grandi Marche Italiane
che per anni hanno seguito politiche commerciali ambigue.
Ad oggi, nei porti italiani, continuano arrivare i carichi di oli
“vari” destinati a diventare extravergine. E dagli stessi porti
partono i sedicenti extravergine che finiranno all’export,
ancora una volta col rischio di essere spacciati come Made
in Italy. Nell’impossibilità di verificare che tutta la merce sia
in regola, i controlli nei porti vengono effettuati inizialmente a
magazine 66
campione, poi, in base a segnalazioni, basandosi sul profilo
di rischio relativo a ogni carico, le partite più delicate.
Sappiamo che l’olio extravergine d’oliva è cosa ben diversa
dall’olio di oliva. Per legge, infatti, quest’ultimo è costituito
da una miscela di olio di oliva rettificato (cioè ripulito
chimicamente attraverso solventi) e di oli di oliva vergini diversi
dall’olio lampante, allo scopo di ripristinare, parzialmente, le
caratteristiche organolettiche che l’olio raffinato ha perso
durante i processi di rettifica chimica. L’acidità libera dell’olio
di oliva, espressa in acido oleico, non può eccedere 1,5g
per 100g. L’ultima furberia è la deodorazione dell’olio di
oliva, vietata dalla legge, ma di fatto adottata su vasta scala
non essendo, fino a poco tempo fa, rilevabile con le analisi
convenzionali. La deodorazione è un’operazione di rettifica
per trasformare olio di oliva non commestibile di scarsa
qualità in oli di oliva extra-vergine. Questa pratica illecita si
usa quando tra la raccolta dell’oliva e la spremitura trascorre
molto tempo e insorgono fermentazioni che danneggiano
la qualità del prodotto. Un indice dell’avvenuta frode è
la presenza nell’olio di un elevato valore di alchil esteri. In
questi giorni l’Unione Europea ha stabilito un limite per la
concentrazione degli alchil esteri, stabilendo delle soglie
massime superate le quali un olio non può essere etichettato
come extra-vergine. Dal 01 aprile 2011 il Reg. UE n. 61/2001
definisce il nuovo metodo di analisi sugli alchil esteri nell’olio
d’oliva fissando la soglia massima in 150 mg/kg. Questo è
un passo importante per la tutela dell’olio extravergine.
LINEA INTEGRALE
Fatta della stessa pasta.
Pasta integrale De Cecco:
per un piatto sempre gustoso ed equilibrato.
Fatta con la pregiata semola integrale a grana grossa ottenuta dalla semplice
macinazione dei migliori grani duri del nostro Molino. Impastata solo con
acqua pura della sorgente De Cecco® ed essiccata lentamente a bassa
temperatura, per darvi un prodotto dal sapore autentico e naturalmente ricco
di fibre. Per un primo capace di soddisfare anche i palati più esigenti.