l`evoluzione della giurisdizione italiana in materia di adozione

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l`evoluzione della giurisdizione italiana in materia di adozione
Psicologia e Giustizia
Anno VI, numero 1
Gennaio - Giugno 2005
L’EVOLUZIONE DELLA GIURISDIZIONE ITALIANA IN
MATERIA DI ADOZIONE INTERNAZIONALE DEI MINORI:
STUDI SULLA DISCIPLINA PREVIGENTE E SULLA LEGGE 31
DICEMBRE 1998 n. 476
Tiziana Mori
Sommario: §1. Dalla tradizione romana all’odierna concezione ‘pubblicistica’ dell’adozione - §
2. Competenza, giurisdizione e ambito d’applicazione della legge regolatrice del rapporto
adottivo - §3. Modalità di costituzione in Italia del rapporto adottivo legittimante per i minori già
adottati all’estero o provenienti dall’estero a scopo adottivo - §4. Adozione di minori stranieri in
stato d’abbandono in Italia: competenza giurisdizionale e legge applicabile - §5. La disciplina
dell’adozione
“in
casi
particolari”:
le
adozioni
non
legittimanti-
§6. Riconoscimento dei
provvedimenti stranieri in materia di adozione - §7. La convenzione dell’Aja del 1993 sulla tutela
dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale - §8. La nuova disciplina
dell’adozione internazionale: la legge 31 dicembre 1998 n. 476.
§1. Dalla tradizione romana all’odierna concezione ‘pubblicista’
dell’adozione.
L’origine storica del concetto di adozione precede la legislazione romana: esso
infatti, risale ai greci, e prima ancora agli ebrei. È però solo con la civiltà romana
che l’adozione si delinea come istituto e assume conseguenze giuridiche sul
piano del rapporto adottante-adottato.
Presso i romani il fine di questo istituto traeva origine sia da esigenze di
carattere religioso (continuazione del culto degli antenati), sia da necessità di
carattere politico (per mettere l’accesso a cariche politiche riservate ad una
determinata classe sociale). I procedimenti utilizzati dai romani a tal scopo
erano due: l’adoptio e l’adrogatio. In base al primo istituto giuridico, il
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paterfamilias1 poteva accogliere nel suo gruppo familiare persone da lui non
procreate, sottoponendole alla sua potestà in qualità di figli.
L’adottato usciva dalla famiglia d’origine, perdendo ogni rapporto di parentela, il
suo patrimonio, e ogni diritto e dovere nei suoi confronti; invece, acquisiva
rapporti di parentela presso la nuova famiglia, compreso il diritto di ereditare
il patrimonio dell’adottante, per successione, secondo il codice giustinianeo.
Invece, per mezzo del secondo istituto, un pater familias si assoggettava alla
patria potestas di un altro pater familias, divenendone filius familias: in tal modo
l’adottato veniva assorbito interamente dalla nuova famiglia, col proprio
patrimonio e con tutti i suoi familiari, se ne aveva2.
Il ricorso all’istituto dell’adozione declina nel Medioevo, con l’affermarsi della
successione testamentaria, diffusa e rispettata.
Le grandi codificazioni del XIX e degli inizi del XX secolo (come il codice civile
francese del 1804, i codici preunitari italiani e quello del Regno d’Italia del 1865)
concepivano l’adozione come uno strumento diretto ad assicurare la
successione patrimoniale e la continuazione del nome a chi fosse privo di
discendenti legittimi.
Per cui, nella concezione che ispirava queste legislazioni, l’adozione appare
fondamentalmente un istituto diretto a soddisfare interessi privati: in quest’ottica
l’atto di adozione era per lo più considerato un contratto, stipulato tra l’adottante
e l’adottato, un contratto che l’autorità pubblica si limitava ad omologare.
Quanto agli effetti, i suddetti codici escludevano che l’adozione facesse venir
meno i rapporti con la famiglia d’origine.
Invece, la storia più recente dell’adozione è caratterizzata dal prevalere di una
diversa concezione dell’istituto: esso, infatti, viene considerato come “uno
1
Si tratta dell’individuo che non risultava sottoposto all’altrui patria potestas, ovvero colui che
non aveva alcun ascendente diretto in linea maschile o che era stato emancipato da chi
esercitava su di lui la patria potestas.
2
Per un approfondimento degli istituti in esame nei diversi periodi (antico, preclassico e
classico, postclassico e giustinianeo), v. G. PUGLIESE (con la collaborazione di F. SITZIA e L.
VACCA), Istituzioni di diritto romano, Torino 1997.
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strumento di politica sociale, anziché un mezzo posto a disposizione di privati
per l’attuazione di interessi individuali”3.
In Italia, l’evoluzione dell’istituto verso finalità più assistenziali si compie con le
due leggi che hanno introdotto l’adozione legittimante dei minori: la L. 5 giugno
1967, n.431 e la L. 4 maggio 1983, n.184.
La legge del 1967 ha spostato il centro di gravità dell’adozione dall’interesse
dell’adottante a quello dell’adottato, dando in tal modo attuazione ai principi
della Cost. (artt. 2 e 30, 2° comma). Inoltre, ha previsto l’acquisto da parte
dell’adottato dello stato di figlio legittimo degli adottanti e la cessazione dei suoi
legami con la famiglia d’origine.
Invece, la legge del 1983 (l.adoz.) ha perfezionato l’istituto sotto diversi profili,
estendendone l’ambito di applicabilità anche ai minori con più di otto anni.
Inoltre, essa si contraddistingue per avere introdotto una dettagliata disciplina
dell’adozione internazionale.
Infine, con la L. 31 maggio 1995 n.218 sono entrate in vigore le nuove norme di
diritto internazionale privato che hanno messo ordine agli aspetti internazionali
della materia.
Dunque, si può dire che oggi, la figura dell’adozione abbia mutato radicalmente
funzioni e struttura, divenendo un istituto di chiara impronta “pubblicistica”: si
tratta, infatti, di uno strumento di politica sociale, finalizzato prevalentemente a
garantire l’assistenza dei minori abbandonati.
§2. Competenza, giurisdizione e ambito d’applicazione della legge
regolatrice del rapporto adottivo.
La competenza territoriale in materia di adozione dei minori è attribuita
dall’art.29 della disciplina speciale sull’adozione internazionale (L.n.184, cit.), al
giudice italiano, sia nei confronti dei cittadini italiani residenti in Italia o
all’estero, sia nei confronti degli stranieri residenti in Italia.
3
Così, S.V. CATTANEO, Adozione, in «Dig. Priv.», 4, I, Torino 1997, p.98.
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Quando il minore straniero si trova all’estero, sarà competente il tribunale per i
minorenni del distretto del luogo di residenza degli adottanti (art.29, 1°comma);
invece, nel caso di cittadini residenti all’estero, sarà necessario rifarsi all’ultimo
domicilio degli adottanti in Italia o, se nessuno degli adottanti abbia mai avuto
un domicilio in Italia, al tribunale per i minorenni di Roma, in base ad una
competenza centrale (art.29, 2°comma).
La legge di riforma del diritto internazionale privato (L.n.218, cit.) si è spinta
oltre ai casi espressamente previsti dalla legge del 1983, introducendo alcuni
principi innovativi e colmando alcune lacune.
Infatti, l’art.40 ha previsto un allargamento dell’ambito della giurisdizione
italiana, considerando sufficiente che uno solo degli adottanti abbia la
cittadinanza o la residenza in Italia4.
Mentre sotto il profilo dell’adozione legittimante di minori, la legge di riforma
ribadisce la competenza dei tribunali italiani a pronunciare l’adozione di un
minore cittadino italiano ovvero di un minore straniero che si trovi in stato
d’abbandono, in Italia5.
Per quanto riguarda la costituzione del rapporto adottivo, viene ridimensionato il
principio della nazionalità.
Infatti, l’art.38 l.n.218, cit., introducendo una norma di conflitto bilaterale
specificamente destinata a regolare la costituzione del rapporto adottivo, viene
a colmare una grave lacuna del sistema previgente.
Esso all’art.20, 2°co. disp.prel.c.c., regolava soltanto i rapporti tra le parti di
un’adozione già costituita, mentre non riguardava la costituzione del rapporto di
adozione.
Per la costituzione di quest’ultimo, perciò, bisognava far riferimento all’art.17
disp.prel.c.c.,
quale norma generale sulla legge regolatrice degli status
personali e dei rapporti di famiglia, che riteneva applicabile la legge nazionale
degli adottanti.
4
In realtà, la cittadinanza italiana di uno solo degli adottanti era già stata ritenuta sufficiente per
la pronuncia della dichiarazione di idoneità all’adozione, dal Tribunale di Ancona, in
«Riv.dir.int.priv.proc.», 1985, p.645.
5
Ciò si poteva già desumere dagli artt. 43, comma 3° e 37 della legge sull’adozione.
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Ora, invece, in base all’art.38 costituiscono criteri di collegamento alternativo
per la regolamentazione della costituzione e della revoca del rapporto adottivo:
“la cittadinanza, se comune, la residenza, se entrambi gli adottanti sono
residenti nello stesso Stato, o il luogo dove è localizzata prevalentemente la
loro vita matrimoniale” .
Tuttavia, in deroga ai criteri di collegamento bilaterali previsti dallo stesso
art.38, “si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano
l’adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio legittimo”.
In tal modo, viene riconosciuto al giudice italiano il potere di pronunciare
un’adozione legittimante di minore, nel caso in cui questa possibilità sia prevista
dalla legge nazionale comune degli adottanti stranieri, e perciò anche al di fuori
dei “casi particolari” previsti dall’art. 44 della legge sull’adozione, purché la lex
causae straniera indicata dall’art.38 lo consenta6.
Infine, bisogna analizzare l’ambito d’applicazione dell’art.38 della legge di
riforma.
Anzitutto, vengono regolati i presupposti dell’adozione: possibilità di adozione
da parte di un singolo7 o di una coppia non coniugata; età minima dell’adottante
o differenza d’età tra adottando e adottante; il consenso dell’adottando, dei suoi
genitori naturali, di altre persone o di autorità pubbliche; altre condizioni di
idoneità richieste agli adottanti e le modalità di accertamento di tali condizioni;
necessità di un periodo di affidamento preadottivo.
6
La legge n.218 rappresenta in tal senso un’innovazione, dato che la legge n.184 non aveva
spiegato se la legge italiana fosse applicabile anche ai minori stranieri che non si trovano in
stato di abbandono in Italia, in base alle norme generali di diritto internazionale privatistico, si
dovesse applicare l’art.17 disp.prel. al c.c.: cioè, a ciascuna parte la sua legge nazionale.
7
Il riferimento all’art.38 all’adottante singolo non deve indurre in errore: infatti, è innegabile
che un single possa ottenere l’adozione alle condizioni previste dalla propria legge nazionale,
ma questo è consentito solo per l’adozione non legittimante.
Invece, nel caso in cui venga richiesta un’adozione legittimante, la legge italiana è
inevitabilmente applicabile, per cui, dovrà senz’altro considerarsi preclusa l’adozione da parte
del singolo.
Sulla questione v. lo studio approfondito di L. PINESCHI, L’adozione da parte di una persona
singola, obblighi internazionali e profili internazionalprivatistici, in «Riv.dir.intern.priv.proc.»,
1995, p.313 ss.
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Inoltre, la legge indicata dall’art.38 disciplina le ipotesi e le modalità di revoca
del rapporto adottivo (ad.es. in caso di gravi delitti commessi dall’adottato nei
confronti dell’adottante).
§3. Modalità di costituzione in Italia del rapporto adottivo legittimante per i
minori già adottati all’estero o provenienti dall’estero a scopo adottivo.
Il procedimento adottivo si articola in 3 fasi: una preliminare giurisdizionale, si
svolge presso il tribunale per i minorenni territorialmente competente e si
conclude con la dichiarazione di idoneità; un’altra, avviene all’estero davanti ad
un’autorità giurisdizionale o amministrativa straniera, necessaria per l’ingresso
del minore in Italia; l’ultima, anch’essa giurisdizionale, ha luogo in Italia davanti
al tribunale per i minorenni, ed è rivolta ad attribuire efficacia al provvedimento
straniero.
a) Della prima fase è opportuno mettere in evidenza che, gli aspiranti adottanti
si devono rivolgere “ al tribunale per i minorenni del distretto” della loro
residenza per ottenere la dichiarazione di idoneità all’adozione, la quale è
subordinata alla verifica, “ previe accurate indagini” del possesso dei requisiti
personali “previsti dall’art.6” (art.30 L. n.184)8.
I presupposti per l’adozione sono gli stessi, sia nel caso di minore italiano sia in
quello di minore straniero (la previsione della norma si ispira al principio di
parità di trattamento).
Oltre ai requisiti obiettivi, sono previsti degli accertamenti sulle capacità
pedagogiche ed affettive dei coniugi, sull’ambiente familiare e sulla situazione
economica degli adottanti (art. 22, 2° e 3° comma L. n.184).
La dichiarazione di idoneità costituisce un presupposto necessario per il
riconoscimento, in Italia, del provvedimento straniero, cioè essa ha la natura di
condizione di ammissibilità dell’adozione internazionale, nel senso che senza
8
I requisiti obiettivi indicati nell’art.6 sono i seguenti: i coniugi aspiranti all’adozione di un
bambino devono essere sposati da almeno tre anni; non devono essere separati nemmeno di
fatto; la loro età deve superare di almeno diciotto anni e di non più di quaranta l’età
dell’adottando.
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tale preventiva dichiarazione, il giudice italiano non potrebbe dichiarare efficace
il successivo provvedimento straniero di adozione o di tutela del minore, e il
minore non potrebbe nemmeno entrare nel territorio italiano a scopo di
adozione.
I giudici della Corte di Cassazione, hanno confermato l’orientamento quasi
unanime in dottrina sull’esigenza che la dichiarazione di idoneità, debba essere
rilasciata prima dell’emanazione del provvedimento straniero
previsto dal
primo comma dell’art.319.
Nell’adozione internazionale, la valutazione che il tribunale compie, assume
necessariamente i requisiti dell’astrattezza e della genericità, perché spetterà
all’Autorità straniera operare l’abbinamento e, quindi, valutare nella concretezza
della situazione, l’idoneità della coppia all’adozione di quel determinato e
specifico bambino.
La dichiarazione di idoneità è resa con decreto motivato emesso dal tribunale
per i minorenni con procedimento camerale.
Entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione, sono legittimati
all’impugnazione del decreto presso la sezione del minore della corte d’appello,
ex artt. 739 e 740 c.p.c. entrambi i coniugi e il pubblico ministero (art. 30 L.
n.184).
Dottrina e giurisprudenza prevalenti, tendono ad escludere l’ammissibilità del
ricorso per cassazione, a norma dell’art. 111 Cost., dei provvedimenti emessi
dalla corte d’appello in sede di reclamo.
b) La seconda fase si realizza davanti all’autorità straniera competente secondo
la legge del paese a provvedere sulla tutela del minore.
Il legislatore ha previsto nell’art. 31 (L. n.184) che lo straniero minore degli anni
quattordici possa entrare in Italia a scopo di adozione solo in due ipotesi: o “in
presenza di un provvedimento di adozione o di affidamento preadottivo emesso
da un’autorità straniera nei confronti di cittadini italiani residenti in Italia o nello
9
Cfr. Cass., 19-10-93, n.10355, in «Riv. int. priv. proc.», 1994, p.627. Sulla necessità che la
dichiarazione di idoneità debba precedere il provvedimento straniero, v. per tutti, A. BEGHÉ
LORETI, L’adozione internazionale nel nuovo progetto di riforma del sistema italiano di diritto
internazionale privato, in «Giust.civ.», 1990, p.277. In senso contrario, P. MENGOZZI, La
riforma del diritto internazionale privato italiano, Napoli 1996, p.89, il quale esclude che la
dichiarazione di idoneità debba precedere l’introduzione in Italia dell’adottando.
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Stato straniero, o altro provvedimento in materia di tutela e degli altri istituti di
protezione dei minori” (1° co.); oppure, in presenza di un “nulla-osta, emesso
dal Ministro degli affari esteri d’intesa con quello dell’interno, concedibile solo
ove vi sia un’autorizzazione all’espatrio dallo Stato straniero” (2° co.).
Quest’ultima ipotesi si verifica quando nello Stato di provenienza del minore
non sia prevista l’emanazione di uno dei provvedimenti indicati al 1° comma
dell’art.31, ovvero quando non sia possibile l’emanazione di uno dei suddetti
provvedimenti, a causa di eventi bellici, calamità naturali o altri eventi di
carattere eccezionale (art.34).
Diverso è l’atteggiamento del legislatore nei confronti dei minori stranieri che
hanno compiuto gli anni quattordici e che entrano in Italia a scopo di adozione.
In base al principio di parità di trattamento del minore straniero con il minore
italiano,
anche
il
minore
straniero
ultraquattordicenne,
deve
dare
consapevolmente il proprio consenso all’adozione; questo requisito, rende
superflua la necessità del visto consolare per l’ingresso in Italia a scopo di
adozione, o la segnalazione da parte dell’ufficio di Polizia di frontiera al
tribunale per i minorenni del distretto del luogo ove il minore è diretto (art.36).
c) L’aspetto più importante della terza fase è dato dall’attribuzione dell’esclusiva
competenza al tribunale per i minorenni.
È venuta, perciò, meno la competenza ratione materiae della corte d’appello in
tema di delibazione delle sentenze straniere e dei provvedimenti stranieri di
volontaria giurisdizione (artt. 797 e 801 c.p.c.).
Gli accertamenti necessari per la dichiarazione di efficacia del provvedimento
straniero sono: che sia stata emanata in precedenza la dichiarazione di idoneità
dei coniugi adottanti; che il provvedimenti stranieri sia conforme alla
legislazione dello Stato che lo ha emesso; che il provvedimento non sia
contrario ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e
dei minori (art.32).
Inoltre, è richiesto un ulteriore requisito consistente nella necessità di un anno
di affidamento preadottivo presso gli adottanti, affinché il provvedimento
emesso dall’autorità straniera possa essere dichiarato efficace (art.33,
1°comma).
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Se invece, il provvedimento straniero non prevede l’affidamento preadottivo o
comunque questo non sia stato effettuato, il provvedimento viene dichiarato
efficace come affidamento preadottivo (art.33, 2°comma).
La dichiarazione di efficacia è resa dal tribunale dei minori in camera di
consiglio con decreto motivato, sentito il pubblico ministero. Contro tale decreto
si può proporre ricorso per cassazione; inoltre una volta emesso, è irrevocabile
(art.32, 2°comma).
§4. Adozione di minori stranieri in stato d’abbandono in Italia: competenza
giurisdizionale e legge applicabile.
Costituisce un’ipotesi di adozione internazionale il procedimento attuato dal
giudice italiano nei confronti del minore straniero che si trovi in Italia in stato di
abbandono10.
Ciò si verifica nel caso in cui il legislatore italiano abbia ritenuto opportuno
applicare la legge italiana in materia di adozione, sia affidando il minore ad
un’altra coppia di coniugi, qualora l’affidamento non abbia avuto esito positivo,
sia affidando il minore agli stessi coniugi nei cui confronti era stato emanato il
provvedimento straniero, nel caso in cui questo non possa essere dichiarato
efficace con gli effetti dell’adozione.
Accanto alle ipotesi esplicitamente previste dalla legge n.184, agli artt. 33,
3°comma e 34, 5°comma, le quali riguardano delle situazioni specifiche in cui il
minore straniero è giunto in Italia a scopo di adozione o con provvedimento
dell’autorità straniera, o con il nulla-osta concesso dal nostro Ministro per gli
Affari Esteri d’intesa con quello dell’Interno, bisogna considerarne anche altre,
legali e illegali.
Si tratta dell’ipotesi di ingresso di minori profughi, autorizzato dalle autorità
italiane e di ingresso clandestino o illegale.
10
L’art.8, comma 1 della Legge n.184, cit., richiede, per la sussistenza dell’abbandono, che il
minore sia “privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori tenuti a provvedervi”. Il
termine ‘privo’, viene inteso non solo con riferimento a comportamenti omissivi, ma anche
commissivi.
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La prima ipotesi, ricorre quando dei minori entrano in Italia in occasione di
interventi di soccorso e di assistenza, decisi dallo Stato o da altri enti umanitari,
a favore delle popolazioni colpite dalla guerra.
Recentemente, l’ingresso nello Stato dei bambini profughi dell’ex Repubblica
Federale della Yugoslavia e del Ruanda, ha messo in evidenza la necessità di
ritenere che anche queste fattispecie rientrino tra quelle disciplinate dall’art.37,
avvicinandole così alle situazioni già previste dalla L. n.18411.
Invece, si ha la seconda ipotesi quando il minore straniero si trovi nel territorio
dello Stato e qui sia stato abbandonato: nei suoi confronti il giudice, dovrà
dichiarare lo stato di adottabilità, dopo aver accertato il suo stato d’abbandono.
Quest’ultima ipotesi è legata al fenomeno dell’immigrazione che ultimamente,
sta assumendo proporzioni sempre più rilevanti.
Per entrambe le ipotesi, però, si impone approfondimento sull’ambito di
operatività dell’art.37, cioè sull’applicazione diversificata dei vari istituti previsti
dalla norma a seconda della diversità dei presupposti.
Inoltre, non bisogna dimenticare che l’Italia ha assunto degli impegni
internazionali al momento della ratifica di alcune convenzioni internazionali
(ad.es., la Convenzione dell’Aja sul Rimpatrio dei minori del 1970 e la
Convenzione di Vienna sulle Relazioni consolari del 1963) e che pertanto,
l’identificazione di tale espatrio in un fattore determinante lo stato di abbandono,
con l’immediata dichiarazione dello stato di adottabilità, porterebbe a quel
“nazionalismo giuridico”, a cui, secondo un parere unanime della dottrina12,
sarebbe ispirata la legge n.184.
11
Con riferimento ai casi di minori profughi, v., Tribunale per i minorenni di Brescia 2 febbraio
1995, in «Dir.fam.», 1995, p.638 ss. Ivi, la corte d’appello di Brescia aveva dichiarato lo stato di
adottabilità del minore ruandese Deodatus, in quanto questi risultava orfano di entrambi i
genitori e privo di parenti che si prendessero cura di lui.
Si veda ancora, Tribunale per i minorenni di Roma 4 marzo 1994, in cui invece, la corte di
merito aveva ritenuto necessario procedere all’affidamento familiare temporaneo, poiché anche
se ci si trovava in presenza di due minori profughe dell’ex Repubblica iugoslava, esse erano
profondamente legate alla loro madre, che nonostante fosse rimasta in patria, le aspettava per
ricongiungersi con loro non appena fosse stato possibile.
12
Per una diversificazione delle ipotesi in cui il minore straniero si trova in Italia in stato di
abbandono e per le limitazioni da apportare all’applicazione dell’art.37, in coerenza con gli
impegni internazionali assunti al momento della ratifica delle Convenzioni internazionali, v. per
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Questo fenomeno, si concretizzerebbe in una sorta di “appropriabilità da parte
dell’autorità giudiziaria italiana” del minore straniero.
Quindi, in nessun dei suddetti casi, dovrebbe essere intrapresa una procedura
di adottabilità per i suddetti minori, in quanto con l’adozione verrebbe interrotto
ogni legame dell’adottando con la famiglia naturale.
Com’è stato ribadito nella Convenzione delle N.U. sui diritti del fanciullo del
1989 (art.21) e ultimamente dalla Convenzione dell’Aja del 1993 sulla
protezione dei minori nell’adozione internazionale, l’adozione potrà realizzarsi
solo quando non ci sia altra soluzione nel paese d’origine del minore (art.4).
In conclusione, dato che l’art.37 prevede la possibilità di procedere
all’affidamento e ai provvedimenti necessari in caso di urgenza, bisognerà dare
la preferenza a queste misure,
nei confronti di quei minori stranieri che si
trovano nel nostro territorio in stato di abbandono al di fuori delle ipotesi
previste dall’art.33, 3°comma.
§5. La disciplina dell’adozione “in casi particolari”: le adozioni non
legittimanti.
Il legislatore italiano, accanto all’adozione legittimante, ha ritenuto opportuno
diversificare sia per presupposti che per gli effetti, alcuni casi, assoggettandoli
alle norme contenute nel titolo IV della legge n.184\1993.
Le ipotesi disciplinate dall’art.44 concernono: l’adozione di orfano di padre e di
madre, compiuta da persona unita a lui da vincolo di parentela fino al sesto
grado o da un rapporto stabile e duraturo, preesistente alla perdita dei genitori;
l’adozione effettuata dal coniuge del genitore, anche adottivo; l’adozione in caso
di constatata impossibilità di affidamento preadottivo13.
Nell’adozione non legittimante non è necessaria la dichiarazione dello stato di
abbandono del minore, né l’affidamento preadottivo: quest’ultimo, infatti, è
tutti, S. MOSCONI, Riflessi internazionalprivatistici della nuova legge sull’adozione, in
«Dir.fam.pers.», 1985, p.1078.
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sostituito soltanto dalla constatazione, da parte del giudice della possibilità di
un’idonea convivenza.
Per la verifica del rapporto adottivo, l’art.38 della l.n.218, cit., prevede una serie
di criteri di collegamento in concorso successivo tra di loro: la legge nazionale
dell’adottante o degli adottanti, se comune o, in mancanza, il diritto dello Stato
nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero, quella dello Stato in cui è
localizzato il rapporto matrimoniale, al momento dell’adozione.
Per quanto riguarda la disciplina dei rapporti personali e patrimoniali tra
adottato e famiglia adottiva, l’art.39 sottolinea che l’adottato non assume la
posizione di figlio legittimo poiché non tronca il rapporto con la famiglia d’origine
e ne mantiene il cognome.
Ancora, il provvedimento d’adozione può essere revocato.
Spesso si sono verificate tormentate vicende giudiziarie relative al
riconoscimento di provvedimenti stranieri di adozione da parte di single, la cui
efficacia in Italia era richiesta in base all’art.44, lett.c, cioè nei casi in cui è
constatata l’impossibilità all’affidamento preadottivo.
La Suprema Corte, prendendo posizione su una di queste vicende, non ha
rinvenuto alcun contrasto con le nostre norme inderogabili di ordine pubblico,
ma ha stabilito “una valutazione specifica” da cui risulti che il giudice straniero
“abbia adeguatamente escluso la possibilità di un vero e proprio affidamento
preadottivo” e “abbia considerato l’interesse del minore” 14.
§6. Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione.
Le norme sul riconoscimento dei provvedimenti adottive stranieri distinguono
due ipotesi: che l’adozione sia caratterizzata dall’aspetto legittimante; il rinvio
delle norme comuni dettate per il riconoscimento dei provvedimenti stranieri
13
Per una valutazione critica in relazione alla rigidità della disciplina delle ipotesi di adozione in
casi particolari, cfr. M. C. EBENE COBELLI, Commento agli artt. 44-50 della legge n.184\1983,
in «Le nuove leggi civili commentate», Padova 1984, p.171ss..
14
Cfr. Cass., 8-11-94, n.9278, in «Riv.dir.int.priv. proc.», p.154 ss., che ha affermato che non
costituisce violazione d’ordine pubblico la delibazione di un provvedimento straniero nei
confronti del singolo, se è stato considerato l’interesse del minore.
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(artt.64, 65, 66 l.n.218, cit.) sia che si tratti di sentenze o di provvedimenti di
volontaria giurisdizione.
Nella prima ipotesi, “restano ferme”, devono cioè continuare ad applicarsi gli
artt.32 e 33 della legge sull’adozione nei casi e alle condizioni che essi stessi
determinano (art.41, 2°comma, l.n.218)15.
Dati i caratteri particolari dell’istituto, sarà il tribunale per i minorenni, che
pronuncerà il decreto di adozione legittimante italiano sul presupposto del
provvedimento emanato all’estero.
Nella seconda ipotesi, cioè nei casi in cui non risultano applicabili gli artt.32 e
33 di quella legge, i provvedimenti stranieri in materia di adozione sono
riconosciuti in Italia secondo le regole comuni fissate dagli artt.64, 65, 66, la cui
applicazione dipenderà dalla natura del singolo atto straniero di adozione, salvo
l’applicazione di norme convenzionali eventualmente più favorevoli al
riconoscimento (art.41, 1°comma, l.n.218).
Questa interpretazione letterale dell’art.41, sembra confermata da un
argomento desumibile delle caratteristiche del nuovo regime ordinario di
riconoscimento introdotto dalla legge di riforma: infatti, in tale legge il
riconoscimento dei provvedimenti stranieri è sempre automatico, nel senso che
tali provvedimenti producono effetti in Italia, in presenza di determinati
Per un approfondimento delle ipotesi di adozione in casi particolari, v. L. PINESCHI, L’adozione
da parte di una persona singola, op. cit., p.313 ss.
15
Gli artt.32 e 33 l.adoz., subordinano la dichiarazione di efficacia del provvedimento
pronunciato all’estero nei confronti di un minore straniero, alla verifica di una serie di
condizioni previste dalla legge italiana, quali la dichiarazione di idoneità dei coniugi adottanti e
l’esistenza di un periodo di affidamento di almeno un anno, oltre a richiedere la non contrarietà
del provvedimento straniero ai “principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di
famiglia e dei minori”.
La procedura regolata dagli articoli in esame era stata fatta oggetto di molte critiche per la sua
pretesa “nazionalistica” di far prevalere le valutazioni della lex fori e per lo scarso rispetto
dimostrato nei confronti dei provvedimenti emanati dall’autorità degli Stati stranieri. V. per
tutti, F. BUSNELLI, Luci e ombre nella disciplina italiana dell’adozione dei minori stranieri, in
«Riv. dir. int. priv. proc.», 1986, p.259.
La Corte Costituzionale nella sentenza dell’11 dicembre 1898, in «Foro it.», 1990, I, ritiene che
la ratio di questo nazionalismo dell’adozione straniera consista nel “realizzare al massimo (…)
la parità di garanzia per il minore straniero rispetto al minore cittadino, evitando in danno del
primo discriminazioni ed abusi”. Per cui, per il perseguimento di questo obiettivo, era
necessario, per la Corte, dare “preminenza alla lex fori assegnando alle disposizioni italiane il
carattere di norme di applicazione necessaria”.
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presupposti tra i quali quello della non produzione di effetti contrari all’ordine
pubblico, senza che si renda necessaria una decisione del giudice italiano16.
Se invece, si ritenesse tale principio operante anche per le adozioni straniere, la
dichiarazione di efficacia degli artt.32 e 33, diventerebbe priva di oggetto; infatti,
non si potrebbe dichiarare efficace in Italia un provvedimento che già produce
tutti i suoi effetti.
“A maggior ragione, sarebbe inconcepibile sul piano della logica giuridica che
ad un’adozione straniera, già produttiva di effetti in Italia, si possa sovrapporre o
sostituire un affidamento preadottivo pronunciato in conformità al nostro
ordinamento”17.
Bisogna perciò sostenere che il principio affermato nel primo comma è in realtà
il caso eccezionale, mentre l’eccezione del secondo comma costituisce la
regola; per cui, la disciplina delle adozioni di minori stranieri prevista dalla legge
speciale resta di “applicazione necessaria” e preclude, nella sua sfera
d’efficacia, il riconoscimento automatico delle adozioni straniere.
Un ultimo aspetto da considerare riguarda la portata da attribuire al limite
dell’ordine pubblico in materia di adozione: infatti, nei casi in cui può aversi un
riconoscimento del provvedimento straniero di adozione esso sarà applicato
solo se i suoi effetti non siano contrari all’ordine pubblico italiano18.
Recentemente la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale hanno
ammesso che l’atto straniero possa conseguire per mezzo della dichiarazione
di efficacia, anche effetti ulteriori che si discostano dal modello italiano di
adozione.
Ciò vale per i limiti minimi e massimi di differenza di età tra adottante e adottato,
nel caso in cui essa comporti la separazione dei fratelli germani con grave
pregiudizio per il loro sviluppo psicologico19.
16
Prima della riforma, il riconoscimento di provvedimenti stranieri avveniva, di norma, in base
al procedimento di delibazione degli artt. 796 ss.c.p.c.
17
Così T. BALLARINO, Diritto internazionale, Padova 1996, p.482.
18
L’art.16 l.n.218, cit., precisa che l’oggetto di valutazione di conformità ai principi
fondamentali del nostro ordinamento non sono le norme straniere in astratto, ma i risultati
concreti cui conduce l’applicazione di queste nel caso specifico.
19
C.Cost. 16 aprile 1992, n.148, in «Giust.civ.», 1992, I, p.1415 ss.
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Il divario di età, per la Corte Costituzionale, non ha “carattere così assoluto da
non poter essere ragionevolmente intaccato in casi eccezionali e circoscritti” in
cui risulti prevalente l’esigenza di tutelare il minore.
Anche la Corte di Cassazione ha affermato l’inesistenza di un contrasto con
l’ordine pubblico, nel caso in cui la differenza tra adottanti e adottato , sia in
grado di riprodurre la differenza biologica naturale ovvero ordinaria tra genitori,
secondo il principio dell’imitatio naturae, già accolto dall’art.8 della Convenzione
di Strasburgo del 1967 in materia di adozione20.
§7. La convenzione dell’Aja del 1993 sulla tutela dei minori e la
cooperazione in materia di adozione internazionale.
L’esigenza di una regolamentazione uniforme in tema di adozione e la
consapevolezza che soltanto con un sistema concordato sia possibile
assicurare l’interesse del minore, ha spinto gli stati presenti alla XVII sezione
della Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato, a sottoscrivere, il 29
maggio 1993, la “Convenzione per la tutela dei bambini e la cooperazione
nell’adozione internazionale”, finalmente ratificata dall’Italia con la L.n.476, il 31
dicembre 199821.
I principi fondamentali della Convenzione sono tre: realizzare il superiore
interesse del minore; riconoscere la sussidiarietà dell’adozione internazionale;
costituire un’Autorità centrale quale via di comunicazione tra le autorità dei
paesi d’origine e quelle dei paesi di destinazione dei minori adottati.
L’interesse del minore, già stabilito in sede internazionale (Convenzione Onu
sui diritti del minore del 20 novembre 1989), si manifesta nel diritto che questi
20
Cass., 1° aprile 1993, n.3907, in «Riv.dir.int.priv.proc.», 1994, p.130 ss.; Cass., 2 febbraio
1993, n.1266, in «Riv. dir. int. priv. proc.», 1994, p.110 ss.
21
Sulla normativa della Convenzione dell’Aja del 1993, v. A.VACCARO, L’adozione
internazionale e la Convenzione dell’Aja, in «Dir.fam e pers.», 1996, p. 1127; M. DOGLIOTTI,
L’adozione internazionale internazionale e la convenzione dell’Aja, in «Dir. Fam. Pers.»»,
1995, p.262; A. BEGHÈ LORETI, La tutela internazionale dei diritti del fanciullo, Padova, 1995,
p.57.
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ha di crescere in un ambiente familiare e in un clima di amore e comprensione,
nell’ambito della propria famiglia e del proprio paese.
Deve essere considerato, il diritto di avere una famiglia adottiva fuori dal proprio
paese (principio di sussidiarietà), solo quando sia constatata l’impossibilità di
provvedervi nello Stato d’orine; ciò avverrà dopo aver accertato l’impossibilità di
sistemazione alternativa nel proprio Stato (adottiva o in istituto), ma quando
quest’ultimo abbia riconosciuto lo stato di abbandono del minore e ne abbia
autorizzato l’espatrio.
Solo in tale momento, sarà possibile effettuare un’adozione internazionale.
Ancora, sono dettate una serie di regole concernenti le condizioni giuridiche e le
situazioni di fatto, relative agli adottanti, in mancanza delle quali le autorità dello
Stato ricevente non possono dare inizio all’iter internazionale (artt. 4 e 5).
A tal fine, l’Autorità centrale dello Stato ricevente deve stabilire “l’idoneità e la
capacità di adottare degli aspiranti genitori adottivi”, appurare che questi si
siano avvalsi di un’adeguata consulenza, che il bambino sia autorizzato ad
entrare e risiedere nello Stato.
La Convenzione inoltre, stabilisce forme e modalità di comunicazione tra le
diverse Autorità che si realizzano attraverso attività di collaborazione e di
scambio di informazioni sui bambini dichiarati adottabili.
In ogni caso, è necessario il concerto delle due Autorità centrali sulla
convenienza di procedere all’adozione per quel determinato bambino a quei
determinati genitori (art.17).
“L’adozione la cui conformità alle disposizioni della Convenzione sia stata
certificata dall’autorità competente dello Stato ricevente deve essere
riconosciuta automaticamente fra gli altri Stati contraenti”(art.23).
Qualora nello Stato d’origine l’adozione non abbia effetto legittimante, ma si
tratti di adozione semplice o semipiena che non preveda lo scioglimento del
preesistente rapporto di parentela, questa può essere convertita in adozione
piena o legittimante nello Stato ricevente purché siano stati accordati i relativi
consensi (art.27).
La Convenzione, entrata in vigore il 1°maggio 1995, ha sollevato delle
discussioni tendenti a stabilire se essa contrastasse con l’attuale normativa
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italiana, sia per il riconoscimento automatico dell’adozione internazionale fra gli
Stati parte della Convenzione, sia le funzioni attribuite all’Autorità centrale, sia
infine, per la disciplina dei consensi all’adozione.
Tali contrasti facevano riferimento al fatto che l’Autorità centrale, organo
amministrativo, avrebbe posto in essere degli atti che per l’ordinamento italiano,
sarebbero stati di competenza dell’autorità giudiziaria, cioè dei tribunali per i
minorenni, cui sono assegnate le funzioni che incidono sui diritti soggettivi
personali e di status.
Tali difficoltà applicative, pur essendo rilevanti, sono state ritenute superabili in
quanto nella stessa Convenzione è previsto che “le funzioni attribuite all’Autorità
centrale, possono essere adempiute, nei limiti fissati dalla legge dello Stato di
appartenenza, anche da Autorità pubbliche”. Questa norma consentirebbe allo
Stato italiano di indicare con esattezza che nel nostro ordinamento le funzioni
svolte dall’Autorità centrale lo sono, in virtù di “delega del tribunale minorile
competente”22.
§8. La nuova disciplina dell’adozione internazionale: la legge 31 dicembre
1998 n. 476.
La ratifica della Convenzione dell’Aja è avvenuta il 31 dicembre 1998 con la
legge n.47623, la quale ha modificato, sostituendolo, il titolo III del capo I della
legge n.184\83 in tema di adozione di minori stranieri.
La riforma risponde ad un’esigenza sentita sia da parte degli operatori del
settore, sia da parte delle coppie interessate all’adozione, le quali spesso si
rammaricavano d’essere lasciate sole ad affrontare un iter irto di difficoltà e
22
A. GERMANÓ, L’adozione internazionale dalla legge 4 maggio 1983 n.184 alla Convenzione
dell’Aja del 29 maggio 1993, in «Dir. Fam.», 1995, p.1588.
23
Cfr. L. 31 dicembre 1998 n.476, in G.U. 12 gennaio 1999, n.10. Per un suo commento: M.
M ANTOVANI, La nuova adozione internazionale: un altro tassello verso la piena attuazione dei
diritti del minore, in «Studium iuris», 1999; R. CAFARI PANICO, Considerazioni sulla nuova
adozione internazionale, in «Riv.dir. priv. proc.», ottobre-dicembre, 2001; M. M ONTANARI, La
nuova disciplina dell’adozione internazionale alla luce della legge 476/98 di esecuzione della
Convenzione de l’Aja del 1993, «Dir. immigrazione e cittadinanza», 2001; G. A UTORINO – P.
STANZIONE, Le adozioni nella nuova disciplina. Legge 28 marzo 2001, n. 149, Milano 2001.
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poco comprensibile, con il rischio di rimanere coinvolti in pratiche di dubbia
correttezza.
I punti qualificanti della riforma possono essere ricondotti: accertamenti specifici
sull’idoneità delle coppie aspiranti all’adozione che devono possedere gli stessi
requisiti richiesti per l’adozione di un minore italiano (principio di parità di
trattamento); ricorso obbligatorio agli enti autorizzati per la ricerca del bambino
da adottare; istituzione della Commissione per le adozioni internazionali;
residualità dell’adozione internazionale (principio di sussidiarietà).
Il procedimento di adozione internazionale, necessario per adottare un minore
straniero secondo le nuove regole, può essere distinto in tre fasi.
La prima fase che si svolge in Italia, inizia con una ‘domanda’, denominata
dichiarazione di disponibilità all'adozione24, presentata dagli aspiranti genitori al
tribunale per i minorenni nel cui distretto è compreso il comune in cui risiedono
o, nel caso siano residenti all’estero, nel tribunale in cui hanno fissato l’ultima
residenza in Italia. Ancora, la competenza spetterà al Tribunale per i minori di
Roma, quando la coppia non ha mai risieduto in Italia (art.29 bis, 1° e 2°
comma).
Il tribunale deve dichiarare immediatamente l'inidoneità con decreto, in caso di
manifesta carenza dei requisiti necessari, ovvero, trasmettere entro quindici
giorni dalla presentazione una copia della domanda ai Servizi sociali degli enti
locali, i quali dovranno svolgere un'accurata indagine in relazione alla capacità
dei richiedenti di divenire genitori adottivi (art.29 bis, 3°comma).
Innanzi tutto, bisogna sottolineare che la legge definisce i compiti assegnati ai
servizi sociali, i quali consistono nell’informare e preparare gli aspiranti
all’adozione internazionale e nell’acquisire elementi di valutazione, indicati in
modo specifico, diretti ad accertare l’idoneità dei futuri genitori adottivi (art.29
bis, 4°comma ).
Quindi, l’accertamento dell’idoneità della coppia di diventare genitori adottivi
passa attraverso un'accurata indagine svolta dai servizi sociali locali.
24
In realtà, si tratta di un unico atto che è composto dalla dichiarazione di disponibilità
all’adozione e da una richiesta di dichiarazione di idoneità.
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Al termine di tale indagine, i servizi locali dovranno disporre una relazione che
devono inviare al Tribunale per i minorenni entro quattro mesi dalla ricezione
della dichiarazione di disponibilità all'adozione.
Il Tribunale dei minori25 ricevuta la relazione pronuncia entro i due mesi
successivi decreto motivato, con il quale accoglie o rigetta l’istanza degli
aspiranti genitori (art. 30).
Il decreto di idoneità o di inidoneità è impugnabile davanti alla sezione minorile
della Corte d'appello da parte del Pubblico ministero e degli interessati in base
agli artt. 739 e 740 c.p.c., entro dieci giorni dalla comunicazione26.
Il decreto di idoneità è efficace per tutta la durata della procedura, anche se
questa va comunque iniziata, pena la decadenza, entro un anno dalla
comunicazione del provvedimento.
Il decreto di idoneità, accompagnato da una copia della relazione dei Servizi
sociali e della documentazione in atti, deve essere trasmesso immediatamente
alla Commissione per le adozioni internazionali e all’ente prescelto dai coniugi
per seguire l’iter dell’adozione.
Una delle più importanti novità introdotte dalla riforma è prevista nell’art. 31 il
quale impone agli aspiranti adottanti di “conferire incarico a curare la procedura
di adozione ad uno degli enti autorizzati di cui all’art. 39-ter”27.
Le funzioni e i compiti che l’art. 31, comma 3 attribuisce agli enti autorizzati28
sono molteplici, tra cui l'avvio della procedura nello stato di origine del minore
25
Il Tribunale dei minori prima di emettere il decreto deve sentire i coniugi e, se lo ritiene utile,
può chiedere che vengano effettuate ulteriori indagini e approfondimenti. Tale disposizione si
pone in linea con la necessità che il decreto contenga tutte quelle indicazioni utili per favorire un
migliore incontro tra aspiranti genitori e minore da adottare, e queste indicazioni riguardano
l’età del minore, il numero degli stessi, il loro stato di salute fisico e psicologico.
26
Invece, si ritiene che il decreto del tribunale dei minori non sia ricorribile in Cassazione in
quanto mancherebbe il requisito della definitività del decreto, dato che esso è sempre revocabile
da parte dello stesso giudice che l’ha emesso e, inoltre, non impedisce alla coppia di ripresentare
la domanda.
27
L'articolo 31 comma 2 prevede un’unica eccezione alla regola dell'obbligatorietà
dell'intervento dell’ente, nell'ipotesi di adozione in casi particolari di cui all'art. 44 comma 1 lett.
a, nel caso, cioè, del minore adottato da persone unite al minore orfano di padre e di madre, da
vincolo di parentela sino al 6° grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita del
genitore.
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da adottare, il collegamento tra le autorità italiane ed estere, l’assistenza alla
coppia dopo l’ingresso in Italia.
Tra le funzioni dell’ente, alcune sono qualificabili come esercizio privato di
pubbliche funzioni, con la conseguenza che pur essendo gli enti dotati di
personalità giuridica di diritto privato, assumono la veste di pubblico ufficiale
(così, l'autenticazione della firma degli aspiranti adottanti; la certificazione della
data di inserimento, della durata delle assenze dal lavoro e delle spese
sostenute dai genitori).
Con il conferimento dell'incarico di seguire la procedura di adozione
internazionale, il rapporto giuridico che si instaura tra ente e coniugi aspiranti
viene ricondotto dalla maggior parte della dottrina nel schema contrattuale del
mandato disciplinato dagli art. 1703 e seguenti del codice civile29.
La seconda fase del procedimento di adozione si svolge all’estero e comincia
quando l’ente, ricevuto l’incarico, «informa gli aspiranti sulle procedure che
inizierà e sulle concrete prospettive di adozione», e provvede a trasmettere alle
competenti autorità del Paese indicato dagli aspiranti all'adozione il decreto di
idoneità, con l’allegata relazione dei servizi sociali locali con lo scopo di favorire
la formulazione di «proposte di incontro tra gli aspiranti all'adozione e il minore
da adottare» (art. 31, 3° comma, Lett. b)30.
L’autorità straniera formula una proposta di incontro che contiene tutte le
informazioni e tutti i dati relativi il minore, che l’ente trasmetterà agli aspiranti
genitori adottivi, «informandoli della proposta di incontro tra gli aspiranti
28
Gli enti autorizzati alla data del 31 dicembre 2004 sono 70 distribuiti in modo uniforme in
tutto il territorio e sono operativi su 65 paesi. Essi sono tuttavia concentrati su aree specifiche,
quali l’Europa dell’Est e il Sud America.
29
Tuttavia, la dottrina ne sottolinea l’atipicità rispetto allo schema del mandato, «giacché la
libertà negoziale ed il rapporto fiduciario, caratterizzanti il mandato, sussistono unicamente in
capo ai coniugi che conferiscono l'incarico (...) e non è possibile il rifiuto dell'incarico
conferito dalla coppia in possesso del decreto di idoneità da parte dell'ente autorizzato» così,
G. M ORANI, Enti di intermediazione: aspetti particolari dell'adozione internazionale di minori
(art. 30 commi 2 e 4, 31 l. 4 maggio 1983, n. 184, modificata dalla l. 31 dicembre 1998, n. 476),
in «Giur. merito», 2003, nn. 7-8, p. 1603.
30
Rispetto alla situazione precedente, che si caratterizzava per l’assenza o inefficacia del
controllo pubblico riguardo all’attività che si svolgeva all’estero, poiché i genitori erano lasciati
completamente soli nella scelta del bambino, invece, la riforma del ’98 ha previsto l’intervento
obbligatorio degli enti autorizzati
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all'adozione ed il minore da adottare e assistendoli in tutte le attività da svolgere
nel Paese straniero» (art. 31, 3° comma, Lett. b).
L’ente, ricevuta la proposta di incontro dall'autorità straniera, trasmette tutte le
informazioni e tutte le notizie riguardanti il minore (di carattere sanitario,
nonché della sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita) agli aspiranti
genitori adottivi, informandoli della proposta di incontro e assistendoli in tutte le
attività da svolgere nel Paese straniero (art. 31, 3° comma, Lett. c, d).
Il consenso all’incontro degli aspiranti genitori deve essere formulato in forma
scritta con firma autenticata31, di cui l’ente provvederà a trasmettere il tutto
all’autorità straniera.
Un’altra novità altrettanto importante, in vista di un pieno riconoscimento del
minore quale soggetto di diritto, è rappresentata dall’applicazione della
procedura di abbinamento anche nei confronti del minore straniero, richiedendo
l’art. 4 lett. d) della Convenzione dell’Aja che i desideri e le opinioni del minore
siano presi in considerazione32.
Spetterà poi all’autorità di origine del minore l’attestazione che l’adozione è
stata pronunciata in conformità alle condizioni stabilite dalla Convenzione
dell’Aja33.
L’ente ricevuta dall'autorità straniera tale attestazione potrà concordare o meno
con la stessa, sull'opportunità di procedere all'adozione.
L’accordo si pone come condizione essenziale per l’adozione, dato che l’art. 17
della Convenzione subordina la decisione di affidamento dello stato di origine,
31
L’autenticazione delle firme può essere effettuata o dallo stesso ente, oppure dall'impiegato
comunale delegato all'autentica o da un notaio o da un segretario di ufficio giudiziario (art. 31
3° comma, lett. e). Va osservato che la Convenzione dell’Aja del 1993, in realtà, non prevede
tutte questi adempimenti formali, richiedendo più semplicemente che l’autorità del paese di
origine del minore, effettuino un controllo sulla validità del consenso dei richiedenti l’adozione
(l’art. 17 lett. a).
32
A. DELL’A NTONIO, Abbinamento e primo incontro: l’avvio della relazione adottiva, in
Adozione internazionale e famiglia multietnica. Aspetti giuridici e dinamiche socio-culturali,
Milano 1997.
33
In particolare, l’art. 4 della Convenzione prevede che l’autorità straniera: stabilisca che il
minore è adottabile; accerti, «dopo aver debitamente vagliato le possibilità di affidamento del
minore nello Stato d'origine, che l'adozione internazionale corrisponde al suo superiore
interesse»; si assicuri che i consensi siano prestati in modo libero e pienamente cosciente.
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tra le altre cose, alla condizione che «le Autorità Centrali di entrambi gli Stati
siano concordi sul fatto che la procedura di adozione prosegua».
L'ente autorizzato se è d’accordo per la prosecuzione della procedura di
adozione, deve informare subito la Commissione per le adozioni internazioni34,
il tribunale per i minorenni e i servizi sociali locali della decisione di affidamento
dell'autorità straniera al fine di ottenere il nulla osta all'espatrio del minore35.
Quindi, la Commissione ha il compito di autorizzare l'ingresso del minore e la
sua permanenza nel nostro Paese con i genitori adottivi dichiarando che
l’adozione risponde al superiore interesse del minore36.
L'espatrio del minore avviene in compagnia della coppia e sotto il controllo degli
operatori dell'ente autorizzato, il quale, una volta arrivato il minore in Italia,
certificherà la data di inserimento del bambino nella nuova famiglia a titolo di
affidamento o di adozione (art. 31, lett.h).
Il minore straniero nel momento in cui ha fatto ingresso nel nostro territorio
gode di tutti i diritti attribuiti dalla legge al minore italiano in affidamento
familiare: diritto al mantenimento, all’istruzione e a quelle attenzioni di cui ha
necessità (art. 34, 1° comma).
34
La Commissione per le adozioni internazionali è stata costituita presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri ed è stata individuata quale autorità centrale con funzioni essenzialmente
di collaborazione con le autorità centrali per le adozioni internazionali degli altri Stati.
Inoltre, l’art. 39 della legge sulle adozioni attribuisce alla Commissione il compito di: proporre
la stipulazione di accordi bilaterali; autorizzare l'attività degli enti d'intermediazione;
controllare il loro operato e, in caso di gravi inadempienze, revocare l'autorizzazione;
promuovere iniziative di formazione; autorizzare l'ingresso e il soggiorno permanente del
minore adottato o affidato a scopo di adozione; certificare la conformità del provvedimento
straniero di adozione alle disposizioni della Convenzione dell'Aja.
35
Va osservato che l’art. 31 lett. g) in realtà dispone che l’ente informi la commissione solo nel
caso di decisione di affidamento dell'autorità estera, ma anche nell’ipotesi in cui lo stato di
appartenenza del minore abbia pronunciato un provvedimento di adozione.
36
La pronuncia della Commissione è subordinata all’accertamento dei seguenti presupposti: che
il minore si trovi in stato di abbandono e non sia possibile procedere all’adozione; che
l’adozione straniera produca gli effetti dell’adozione legittimante.
Tuttavia, la mancanza di quest’ultimo requisito può essere ovviato attraverso la conversione in
adozione piena del provvedimento di adozione non legittimante dell’autorità straniera a opera
del Tribunale dei minori, con rito camerale e su ricorso degli adottanti, mediante riconoscimento
di conformità del provvedimento straniero alla Convenzione (art. 32 n. 3).
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La terza fase dell’iter dell’adozione internazionale si svolge davanti al Tribunale
dei minori.
Tuttavia, la disciplina sulle adozioni distingue due ipotesi: l’ipotesi in cui la
sentenza del giudice estero disponga una adozione legittimante già perfetta
(adozione pronunciata all’estero prima dell’arrivo del minore in Italia) da quella
in cui l’autorità straniera pronunci un mero affidamento a scopo di adozione
(adozione da perfezionarsi in Italia dopo l’arrivo del minore nel nostro paese).
Nella prima ipotesi, infatti, il Tribunale dei minori se sussistono determinati
requisiti37 ordina la trascrizione del provvedimento straniero di adozione nei
registri dello stato civile.
Il provvedimento di adozione avrà immediatamente efficacia nel nostro
ordinamento senza necessità di particolari formalità in linea con quanto stabilito
dall’art. 64 della legge n. 218 del 1995, costituendo rapporti di parentela del
minore con i nuovi genitori adottivi e, quindi, ponendo fine i rapporti con la
famiglia di origine.
Nella seconda ipotesi, che concerne il provvedimento straniero di affidamento
preadottivo, l’art. 35 attribuisce al Tribunale dei minori il compito di riconoscere
«il provvedimento dell'autorità straniera come affidamento preadottivo, se non
contrario ai princìpi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e
dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore».
Se i requisiti sussistono, il Tribunale pronuncia un decreto con cui riconosce il
provvedimento dell’autorità straniera come affidamento preadottivo, e da questo
momento inizia una fase che coincide completamente con quella prevista per
l’adozione nazionale.
La durata dell’affidamento è di un anno, al termine del quale se il Tribunale
ritiene che la permanenza del bambino nella famiglia è ancora conforme al suo
interesse, pronuncia l'adozione e ne dispone la trascrizione nei registri dello
stato civile. Viceversa, anche prima che sia decorso il periodo di affidamento
37
In particolare, il tribunale verifica che nel provvedimento dell'autorità che ha pronunciato
l'adozione risulti la sussistenza delle condizioni delle adozioni internazionali previste
dall'articolo 4 della Convenzione nonché della conformità del provvedimento ai principi
fondamentali che regolano il diritto di famiglia.
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preadottivo, il Tribunale revoca il decreto e adotta i provvedimenti di cui
all'articolo 21 della Convenzione38.
In quest’ultimo caso potrebbe trovare applicazione la disposizione dell'art. 37bis della legge 184, in base alla quale «al minore straniero che si trova nello
Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di
adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza».
La nuova disciplina, va quindi valutata positivamente, sia perché si propone di
assicurare il superiore interesse del minore straniero per mezzo della
cooperazione internazionale, prevedendo strutture, servizi e organi, sia perché
introduce nel nostro ordinamento norme tese a prevenire la sottrazione e la
compravendita dei bambini.
Recentemente, e più precisamente il 18 marzo 2005, il Consiglio dei Ministri ha
approvato un Disegno di Legge che modifica e integra la disciplina vigente in
materia di adozioni internazionali: l’obiettivo consiste nell’avviare la
semplificazione della procedura (sia in Italia che all'estero) e renderla più
trasparente. Nello specifico, il Disegno di Legge stabilisce che sia il giudice del
Tribunale dei minorenni a valutare l'idoneità dei genitori, e non più i servizi
sociali; tutto questo dovrebbe ridurre i tempi per l'iter adottivo39.
38
L’art.35, 4° comma della legge 184 del 1993 prevede che «in tal caso il minore che abbia
compiuto gli anni 1 4 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se
ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età inferiore deve essere
sentito ove ciò non alteri il suo equilibrio psico-emotivo, tenuto conto della valutazione dello
psicologo nominato dal tribunale».
39
Per il testo del Disegno di Legge, vedi nel sito dell’Associazione italiana dei Magistrati per i
minorenni e per la famiglia: www.minoriefamiglia.it/paginawww/mode_full/id_486/
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Anno VI, numero 1
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