Lavori in corso: gli archivi emiliani dopo il terremoto Stefano Vitali

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Lavori in corso: gli archivi emiliani dopo il terremoto Stefano Vitali
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Lavori in corso: gli archivi emiliani dopo il terremoto1
Stefano Vitali
Le vicende che hanno interessato gli archivi colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, nelle
provincie di Ferrara, Bologna, Modena e Reggio Emilia, possono essere inquadrate all'interno di
una successione di fasi che, pur essendo state attraversate, nelle diverse situazioni, secondo
tempi non sempre coincidenti, sono state tuttavia caratterizzate ciascuna da elementi non
dissimili, che hanno condizionato le modalità operative della Soprintendenza archivistica e degli
altri soggetti coinvolti, a cominciare dagli enti detentori degli archivi. Ripercorrere queste fasi
permette non solo di tessere il filo degli avvenimenti, ma anche di comprendere i caratteri di
quella attualmente in corso, collocando le non brevi e complesse operazioni di ritorno alla
normalità in una prospettiva corretta e appropriata. E' quanto cercheremo di fare nelle pagine che
seguono, con l'auspico che le esperienze di cui si darà conto possano offrire qualche suggestione,
da cui trarre riflessioni e insegnamenti utili per rispondere con sempre maggiore efficacia alle
emergenze che in futuro si debba essere costretti a fronteggiare.2
Dopo il terremoto: monitoraggi e pianificazione degli interventi
All'indomani del terremoto del 20 maggio e, a maggior ragione, dopo quello del 29 la
prima necessità che si è imposta è stata quella di verificare le conseguenze delle scosse e di
tenere sotto controllo l'evoluzione di una situazione che, per il persistere degli eventi sismici, si è
dimostrata, nelle settimane seguenti, tutt'altro che stabilizzata. Il monitoraggio, finalizzato ad
appurare le possibili distruzioni o i danni subiti dalla documentazione e a pianificare le eventuali
1
Intervento al convegno A un anno dal sisma. Rapporto sui Beni Culturali in Emilia-Romagna, Carpi,
Palazzo dei Pio, 28 maggio 2013, i cui atti sono in corso di pubblicazione (5 dicembre 2014).
2
Per analisi più ampie degli interventi condotti dalla Soprintendenza all'indomani del terremoto cfr. S.
Vitali, L’attività degli istituti archivistici coinvolti nel sisma del maggio 2012. Soprintendenza archivistica per
l’Emilia Romagna, in «Rassegna degli Archivi di Stato», n.s., V-VI (2009-2010), pp. 285-293; Idem, Cosa ha
insegnato il terremoto. Gli archivi emiliani e il sisma del maggio 2012, in Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo. Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici per l'Emilia-Romagna, A sei mesi dal sisma.
Rapporto sui beni culturali in Emilia-Romagna, Atti del convegno, Carpi, 20-21 novembre 2012, a cura di C. Di
Francesco, Minerva edizioni, Bologna, 2014, pp. 99-107; G. Caniatti, Il recupero dell'archivio comunale di
Sant'Agostino, ibidem, pp. 196-199; M. L. Xerri, Il recupero degli archivi terremotati. Problemi e modalità
operative, ibidem, pp. 200-205.
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operazioni di recupero e salvaguardia si è concentrato, nei mesi di giugno e luglio, in particolare
su archivi comunali e parrocchiali, che sono apparsi immediatamente come quelli maggiormente
bisognosi di interventi urgenti, data la consistenza dei primi e il cospicuo numero e la
dispersione territoriale dei secondi. Fra il maggio e il luglio 2012, attraverso visite in loco o
contatti diretti, è stata verificata la condizione di 50 archivi comunali, suddivisi spesso in vari
nuclei dislocati in più sedi, e di più di 90 archivi parrocchiali. Dei primi circa la metà è stata
ritenuta ad alto o altissimo rischio e quindi bisognevole di una qualche forma di intervento,
mentre dei secondi poco meno di 40 sono stati sono stati classificati fra quelli a rischio. Di essi
circa una ventina sono stati ritenuti ad altissimo o alto rischio e bisognevoli di interventi di
recupero o di messa in sicurezza a causa dei danni riportati dalla canonica o del rischio di crollo
degli edifici adiacenti oppure per possibili episodi di sciacallaggio o di furto di cui potevano
essere oggetto, data la situazione di abbandono in cui versavano chiese e canoniche, lasciate, in
vari casi, incustodite.
Nei mesi successivi l'attività di monitoraggio è proseguita costantemente e se, in taluni
casi, si è potuta osservare, con la cessazione delle scosse, una evoluzione positiva che ha
permesso di ritenere superato lo stato di rischio in cui versavano gli archivi, senza che ci fosse
bisogno di particolari interventi di salvaguardia, in altre situazioni si è invece dovuto constatare
come il sisma avesse colpito non solo archivi comunali e parrocchiali, ma anche quelli di altri
soggetti, quali scuole e aziende sanitarie locali.
I monitoraggi effettuati dalla Soprintendenza archivistica, nell'immediatezza degli eventi
sismici e nelle settimane e mesi successivi, hanno purtroppo messo in evidenza come in molti
casi le precarie condizioni di conservazione degli archivi e le sedi inidonee nelle quali erano
conservati, hanno amplificato e talvolta addirittura provocato i danni che si sono riscontrati sulla
documentazione. La collocazione in scantinati o sottotetti, la dispersione all'interno degli edifici
comunali, lo scarso controllo esercitato su di essi dai loro detentori, l'assenza di regolari
operazioni di scarto e l'insufficiente conoscenza della loro consistenza e composizione hanno
reso più complesse le operazioni di identificazione della documentazione bisognevole di
interventi così come hanno talvolta reso estremamente complicate le operazioni di recupero,
come è avvenuto nel caso degli archivi comunali di Cavezzo e, soprattutto, di Sant'Agostino,
tanto per citare alcuni esempi significativi, la cui documentazione era collocata all'interno di
sottotetti, che, dato lo stato degli edifici, era praticamente impossibile raggiungere dall'interno
dell'edificio.
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Le verifiche dello stato degli archivi hanno consentito fin dalle settimane successive al
terremoto di pianificare gli interventi, sia quelli che andavano effettuati d'urgenza, data la
condizione di rischio nella quale la documentazione si trovava, sia quelli che era necessario
realizzare ma che per il momento dovevano essere rinviati per la mancanza delle minime
condizioni di sicurezza, sia infine quelli che potevano essere dilazionati perché, pur essendo i
locali dell'archivio inagibili a tutti gli effetti la documentazione non vi correva pericoli
immediati.
Recuperi in emergenza
I mesi di giugno e luglio, durante i quali lo sciame sismico è perdurato a lungo creando
uno stato di allarme, anche psicologico, continuo, sono stati dominati dall'esigenza di recuperare
da edifici pesantemente lesionati e talvolta a rischio di crollo la documentazione che appariva
seriamente minacciata di distruzione, dispersione o di grave danneggiamento. In questa
condizione si sono trovati alcuni archivi comunali, come quelli – già ricordati – di Cavezzo
(MO), collocato in una torretta pericolante che sovrastava il Municipio e recuperato il 13 giugno;
quello di Sant'Agostino (FE), ospitato nel sottotetto del palazzo comunale, lacerato da crolli e
destinato alla distruzione, da dove è stato rimosso nella prima settimana di luglio con un’ardita,
lunga e complessa operazione dal nucleo alpino-speleo-fluviale dei Vigili del Fuoco; quello,
infine, di Finale Emilia (MO), sulla cui parte più antica, risalente ai secc. XV e XVI, conservata
nel pianterreno della sede municipale e malamente crollata a terra insieme agli scaffali, si è
intervenuti il 3 e 10 luglio.
Operazioni di questo genere, così come quelle che hanno portato al recupero di vari
archivi parrocchiali ad altissimo e alto rischio3, non sarebbero certamente state possibili se non si
fosse attivata una efficace rete di collaborazione che ha avuto al suo centro l'Unità di Crisi e
Coordinamento, costituita presso la Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici per
l'Emilia Romagna. E' stato attraverso tale struttura, di cui chi scrive è stato chiamato a far parte
con l'incarico di coordinare il recupero degli archivi, che si sono potuti stabilire i contatti con
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Fra il 25 maggio e il 25 luglio 2012 sono stati recuperati gli archivi delle seguenti parrocchie: Santa Maria
del Salice in Alberone (FE); San Paolo di Mirabello (FE); Sant’Agostino di Sant'Agostino (FE); Conversione di San
Paolo apostolo di Concordia sulla Secchia (MO); Santa Caterina in Santa Caterina, Concordia (MO); Nostra
Signora di Fatima in San Giovanni Battista (MO); San Giovanni Battista in Palata Pepoli (Crevalcore-BO); San
Nicola di Bari in Cortile di Carpi (MO); S. Maria ad Nives in Motta sulla Secchia di Cavezzo (MO); Parrocchia di
S. Girolamo dottore in Cadecoppi di Camposanto sul Panaro (MO); S. Giustina vergine e martire in Vigona,
Mirandola (MO); Visitazione della Beata Vergine Maria in Tramuschio, Mirandola (MO).
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referenti per gli interventi sui beni culturali dei Comandi dei Vigili del fuoco di Modena, Ferrara
e Bologna, far pervenire loro le schede appositamente predisposte con i dati sugli archivi da
recuperare (collocazione, situazione dell'edificio, consistenza della documentazione, intervento
da effettuare, ecc.), organizzare con essi i sopralluoghi negli edifici danneggiati e dichiarati
inagibili, pianificare e poi realizzare i recuperi. Ed è stato grazie ai mezzi materiali e alle risorse
finanziarie messe a disposizione dalla Direzione Regionale che si sono potuti trasportare gli
archivi recuperati nelle sedi provvisorie che è stato possibile reperire. Per recuperi di minore
entità o che richiedevano spostamenti di raggio limitato ci si è potuti giovare anche della
collaborazione dell'Associazione S.O.S. Archivi che ha messo a disposizione della
Soprintendenza i propri mezzi e i propri uomini.
Con un supporto di questo genere alle spalle, la Soprintendenza ha cercato di affrontare e
sciogliere i due principali nodi di carattere organizzativo e logistico che i recuperi ponevano. Il
primo era costituito dal personale dotato di competenze archivistiche che, stante la strutturale
carenza di funzionari della Soprintendenza, affiancasse questi ultimi e i Vigili del fuoco nella
rimozione della documentazione dagli edifici danneggiati, contenesse al minimo, per quanto
possibile, l'inevitabile trauma causato agli archivi e al loro ordinamento da questa operazione,
identificasse e schedasse i materiali, secondo criteri compatibili con l'urgenza dell'intervento e la
necessaria rapidità della sua esecuzione. Il secondo e ben più grave problema era rappresentato
degli spazi all'interno dei quali collocare le centinaia di metri di documentazione che venivano
rimossi dalle loro sedi.
La prima difficoltà è stata superata grazie alla disponibilità di archivisti – ispettori
onorari della Soprintendenza archivistica o libero professionisti – che volontariamente si sono
offerti per collaborare alle operazioni di recupero, provvedendo, insieme ai funzionari della
Soprintendenza, alla compilazione degli elenchi del materiale recuperato e, in alcuni casi, alla
sua ricollocazione sugli scaffali nei nuovi depositi individuati. La seconda è stata affrontata
ricorrendo alla collaborazione di enti che hanno messo a disposizione spazi all'interno dei loro
depositi per ospitare la documentazione di archivi parrocchiali o comunali che non potevano
trovare sistemazioni anche provvisorie nel territorio comunale. I primi sono confluiti, a seconda
delle diocesi di appartenenza, rispettivamente nell'archivio diocesano di Carpi4, in un deposito
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Fino al momento in cui sono redatte queste note sono confluiti nell'Archivio diocesano di Carpi gli archivi
delle parrocchie di Concordia sulla Secchia, Santa Caterina, San Giovanni Battista, Cortile di Carpi, Santa Giustina
di Vigona, Tramuschio e Mortizzuolo tutte in provincia di Modena, recuperate d'intesa e con la collaborazione
dell'archivista di quell'Archivio diocesano, dottor. Andrea Beltrami.
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predisposto dalla Arcidiocesi di Modena-Nonantola per custodire i beni culturali ecclesiastici
dell'area colpita dal terremoto5 e nell'archivio comunale di Cento6. La documentazione
appartenente all'archivio comunale di Finale Emilia e quella di Nonantola (MO) e San
Possidonio (MO) è stata invece accolta nell'Archivio della Provincia di Modena, mentre gli
archivi di Camposanto (MO) e Bomporto (MO) hanno trovato ospitalità presso l'Archivio
comunale di quel medesimo capoluogo. In altri casi, come quelli di tre comuni della provincia di
Reggio Emilia (Reggello, Fabbrico, Brescello) e di un comune della provincia di Bologna
(Baricella), l'archivio, già ospitato in edifici gravemente lesionati dal terremoto, è stato messo in
sicurezza, nelle settimane immediatamente successive al terremoto, per iniziativa degli stessi
comuni e con la collaborazione della Soprintendenza archivistica, in altri locali, per lo più
provvisori, individuati nel territorio comunale.
Una emergenza lunga: monitoraggi, recuperi, trasferimenti
L'esaurimento, alla fine di agosto, della prima e più acuta fase dell'emergenza, con il
progressivo affievolimento dello sciame sismico, la stabilizzazione della situazione e l'avvio dei
primi interventi in direzione della ricostruzione, hanno mutato le condizioni generali di
intervento nelle aree terremotate – facendo ad esempio venir meno il prezioso ausilio dei Vigili
del Fuoco – ma non hanno arrestato né la necessità di proseguire nell'attività di monitoraggio
dello stato degli archivi né l'esigenza di pianificare e realizzare interventi di recupero della
documentazione a rischio da fabbricati danneggiati e inagibili di cui era stata ravvisata l'urgenza.
Fra il settembre 2012 e il marzo 2013 sono stati recuperati gli archivi parrocchiali di San
Luca evangelista in Camurana di Medolla (MO); di Sant’Egidio Abate in Cavezzo (MO); di San
Giovanni Battista in Disvetro di Cavezzo (MO) e di San Martino in Buonacompra (FE) che è
stato trasportato nella nuova canonica nel frattempo predisposta.
Fino all'autunno del 2013 si sono invece protratte le operazioni di rimozione degli archivi
comunali dagli edifici danneggiati. Per iniziativa diretta della Soprintendenza o grazie a una
stretta collaborazione fra quest'ultima e i comuni interessati, sono stati trasferiti in altra sede gli
archivi comunali di San Possidonio (MO), Nonantola (MO), Crevalcore (BO), Novi di Modena
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Vi sono ad oggi ospitati gli archivi delle parrocchie di Motta di Cavezzo, dopo una permanenza di qualche
mese presso l'Archivio della Provincia di Modena, di Camurana di Medolla, di Cavezzo e di Disvetro. L'archivio
della parrocchia di Cadecoppi è stato invece trasferito nell'oratorio della Parrocchia di Camposanto.
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Vi sono stati accolti e ancora vi si trovano, grazie alla preziosa collaborazione dell'archivista di quel
Comune, dottoressa Maria Teresa Alberti, gli archivi delle parrocchie di Alberone, Mirabello, Sant'Agostino, Palata
Pepoli.
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(MO), Concordia sulla Secchia (MO), Camposanto (MO), Bomporto (MO), San Felice sul
Panaro (MO), Rivergaro (RE), Galliera (BO) e Medicina (BO), mentre si è provveduto a
inscatolare provvisoriamente in attesa di una nuova sistemazione gli 800 ml. dell'archivio di San
Giovanni in Persiceto (BO), che per il crollo delle scaffalature si erano sparpagliati nel locale di
deposito. Nell'ottobre 2013 è stato realizzato quello che è attualmente l'ultimo recupero in ordine
di tempo di documentazione appartenente a un archivio comunale, conservata all'interno di un
edificio seriamente lesionato dalle scosse del maggio 2012. Si tratta di alcune serie dell'archivio
storico e di quello di deposito dell'archivio del comune di Finale Emilia, che erano ospitate nel
palazzo cosiddetto dell'ex Pretura; una parte di queste hanno subito danni significativi per essere
state esposte agli agenti atmosferici a causa della rovina del tetto dell'edificio7.
Nella lunga fase della verifica dei danni strutturali subiti dagli edifici e della
pianificazione degli interventi di consolidamento, restauro o riedificazione, si è potuto constatare
ciò che era facile aspettarsi e cioè che – oltre a quelli comunali e parrocchiali – anche archivi di
altri enti avevano subito conseguenze di vario genere per effetto delle scosse e richiedevano
perciò interventi di recupero e messa in sicurezza di diversa entità. E' stato il caso, in primo
luogo, di alcuni archivi di Aziende sanitarie od ospedaliere dell'area terremotata, quale ad
esempio quello dell'Azienda Ospedaliera Sant’Orsola Malpighi di Bologna, una parte del quale,
a causa del crollo delle scaffalature del magazzino di Minerbio (BO), dove era conservato, è
rovinata completamente a terra e, d'intesa con la Soprintendenza archivistica, ha dovuto essere
trasferita (insieme ad altra parte dello stesso archivio ospitata in un vicino capannone che ha
subito consistenti danni strutturali), in un deposito provvisorio a Castello d'Argile (BO), per
essere poi riportata nei depositi originari, dopo che questi erano stati oggetto di interventi di
consolidamento strutturale. Nel complesso sono stati movimentati e riordinati circa 140.000
faldoni8.
Purtroppo, in taluni casi, lo sgombero della documentazione archivistica custodita in
edifici che dovevano essere sottoposti a lavori di ristrutturazione oppure a un parziale o
completo abbattimento, è avvenuto senza che la Soprintendenza fosse tempestivamente
7
La documentazione è stata trasportata provvisoriamente in un magazzino appositamente affittato dal
Comune di Finale Emilia.
8
Anche l'archivio dell’Ospedale “Borselli” di Bondeno (1825-1968), afferente all'AUSL di Ferrara, è stato
rimosso dall'edificio in cui era conservato, per le lesioni subite a causa del terremoto, ed è stato dichiarato inagibile.
La documentazione storico amministrativa dell’Ospedale è stata depositata presso la Biblioteca Comunale di
Bondeno, mentre le cartelle cliniche sono state spostate presso l’Ospedale di Cento e poi versate in outsourcing nei
depositi CUP 2000 di Minerbio.
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informata e potesse assumere le necessarie iniziative. E' ad esempio quanto avvenuto per la
documentazione che era rimasta all'interno del palazzo municipale di Finale Emilia dopo
l'intervento di recupero del luglio 2012 e che è stata confusamente inscatolata e malamente
accatastata in un magazzino della Protezione civile dove, a distanza di un anno e mezzo, ancora
si trova, in uno stato assai precario di conservazione, provocando fra l'altro numerose disfunzioni
all'andamento della macchina amministrativa del Comune e ai cittadini che non possono avere
accesso alla documentazione corrente o di deposito.
Gli archivi scolastici in particolare sono stati spesso oggetto di traslochi organizzati
affrettatamente e senza le necessarie precauzioni per avviare i lavori di restauro degli edifici,
quando non sono stati abbandonati in stabili destinati ad essere abbattuti, rischiando di andare
dispersi o distrutti, come è avvenuto per l'archivio dell'Istituto statale superiore “Galileo Galilei”
di Mirandola, che, nell'ottobre 2013, è stato letteralmente salvato con il concorso della
Soprintendenza mentre erano già in corso gli interventi di ripristino dell'edificio che avrebbero
portato alla demolizione dell'ala del palazzo in cui era collocato. Trasferito provvisoriamente in
un magazzino di proprietà della caserma dei Carabinieri, l'archivio attende ancora una idonea
collocazione.
Più in generale, una indagine condotta dall'Ufficio scolastico regionale e dalla
Soprintendenza archivistica per l'Emilia Romagna fra la fine del 2013 e il gennaio 2014 ha
messo in evidenza lo stato precario di conservazione di una ventina di archivi scolastici dell'area
terremotata che si trovano in gran parte ancora all'interno delle scuole rese inagibili dalle scosse
e abbandonate. In pochi casi, come quello dell'Istituto Comprensivo “Neri” di Concordia, la
documentazione recuperata dall'edificio fortemente lesionato, ha trovato provvisoria ospitalità,
in uno stato di notevole disordine, nelle medesime sedi in cui è stato trasferito l'archivio
comunale.
Verso una normalità ancora lontana: governare la transizione
A due anni dal terremoto, quando queste note vengono completate, il quadro degli archivi
colpiti è quanto mai articolato e vario, ma certo si è ancora ben lontani dal ritorno a una
normalità che assicuri agli archivi una idonea conservazione e li renda fruibili agli studiosi e a
tutti gli interessati, inclusi, in primo luogo, i loro stessi detentori.
Vi sono situazioni nelle quali la documentazione storica, di deposito e corrente degli
archivi si trova ancora prigioniera degli edifici lesionati e inagibili in cui era conservata al
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momento del terremoto. Come si è avuto modo di accennare poco sopra, ciò è particolarmente
frequente per quanto riguarda gli archivi delle scuole, ma anche alcuni archivi comunali si
trovano ancora in queste condizioni, come ad esempio quello di Poggio Renatico, quasi
interamente rimasto nella sede comunale abbandonata dopo il terremoto per le lesioni e i crolli
subiti o quello di Concordia, ancora non recuperato per intero dal Municipio, per le precarie
condizioni di stabilità di esso. Anche il prezioso archivio storico dell'AUSL di Bologna, che era
stato trasferito prima del terremoto dalla propria precedente inidonea collocazione di Bologna
all'ex convento delle Clarisse di Pieve di Cento (BO) per esservi riordinato e inventariato, si
trova al momento ancora ospitato in quell'edificio dichiarato inagibile a seguito del terremoto, in
condizioni quanto mai precarie e seriamente a rischio.
E' chiaro che quanto prima si dovrà procedere a mettere in sicurezza questi archivi. Ma
anche laddove gli archivi non si trovano più in condizione di pericolo, si sono fatti limitati passi
in avanti rispetto alle provvisorie soluzioni di emergenza individuate al momento del loro
recupero.
Pochissimi sono infatti i comuni che, a due anni dal terremoto, hanno recuperato la piena
funzionalità del proprio archivio, o di sue sezioni, vuoi di quella storica oppure di quella di
deposito, migliorandone, come è indubbiamente necessario, le condizioni di conservazione e di
fruibilità rispetto alla situazione antecedente al terremoto. Tale è certamente il caso della parte
più antica dell'archivio storico del Comune di Finale Emilia, che recuperata, come si è visto
sopra, nel luglio del 2012 in stato di significativo disordine e trasferita presso l'Archivio generale
della Provincia di Modena, è stata qui riordinata, in prosecuzione di un intervento finanziato
dall'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romagna, avviato prima
del terremoto. Dal marzo 2014 essa è tornata a Finale, per essere ospitata in un deposito
ottimamente e modernamente attrezzato all'interno di una struttura multifunzionale, che ospita
anche la biblioteca pubblica e che la rende di nuovo fruibile, in una condizione che è certamente
di gran lunga migliore di quella precedente al 20 maggio 2012. Un caso a sé è costituito dal
Comune di Sant'Agostino, che prima del terremoto aveva realizzato un deposito per il proprio
archivio storico, posto in Villa Rabboni Cassini non distante dalla Biblioteca comunale che ne
avrebbe assicurato la consultazione. In questo deposito è stata trasferita buona parte della
documentazione recuperata dal sottotetto del Palazzo comunale, mentre un'altra parte è stata
provvisoriamente ospitata in un magazzino ortofrutticolo in località Dosso, in condizioni
tutt'altro che ottimali. Nel corso del 2013 sono ripresi nel nuovo deposito i lavori di ordinamento
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e di inventariazione dell'archivio storico, in corso al momento del terremoto su iniziativa
dell'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romagna, e si è
provveduto a una ricognizione della documentazione ancora collocata nel magazzino per la
frutta, che ha permesso di individuare la documentazione da riunire all'archivio storico.
Progressi significativi sono stati compiuti anche nella sistemazione degli archivi di
deposito di alcuni comuni come quello di San Felice sul Panaro, per il quale sono stati
predisposti nei nuovi edifici comunali, edificati nel corso del 2013 grazie all'intervento della
Regione, spazi adeguati, funzionali e in genere ben attrezzati. Non sono mancati tuttavia casi –
come quello del Comune di Concordia sulla Secchia – nei quali solo dopo i reiterati richiami
della Soprintendenza, gli uffici tecnici comunali e regionali si sono convinti della necessità di
dotare i locali destinati ad accogliere l'archivio, compresa la sua parte storica, dei presidi
antincendio a norma di legge.
Nonostante taluni positivi risultati conseguiti, la situazione complessiva resta in genere
dominata da elementi di forte problematicità. Ne è conferma il fatto che nella maggior parte dei
comuni – compresi quelli come Finale Emilia appena ricordato, dove si è provveduto a
riordinare parte dell'archivio storico e ad alloggiarlo in una moderna ed efficiente struttura –
molto resta ancora da fare per un recupero completo del controllo sulla documentazione storica e
di deposito, che si trova attualmente frammentata in più sedi, in uno stato di grande disordine e
di condizione conservativa tutt'altro che idonea.
Affinché si possano considerare completamente superate le conseguenze del terremoto,
occorre che siano soddisfatte alcune condizioni, che, visto lo stato in cui si trovavano gli archivi
prima di quell'evento, implicano spesso un netto miglioramento rispetto alla situazione
precedente al maggio 2012. Tali condizioni, sono almeno: a) la messa a punto di sedi idonee e
adeguatamente attrezzate per accogliere archivi storici e di deposito; b) il riordinamento della
documentazione che rimedi al disordine introdotto nell'organizzazione degli archivi dai
cedimenti delle scaffalature, dalle operazioni di recupero in emergenza, dai molteplici
trasferimenti, nonché, in vari casi, dalla pregressa gestione trascurata degli archivi; c) dalla
redazione di inventari almeno sommari della parte storica dell'archivio (cioè di quella risalente a
quarant'anni indietro) nonché di strumenti descrittivi per l'archivio di deposito, quali guide
topografiche dei depositi ed elenchi per serie delle unità di condizionamento; d) la
predisposizione di spazi e di servizi che rendano fruibile al pubblico l'archivio storico e ne
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permettano una sua ampia valorizzazione con iniziative rivolte alle scuole e alla cittadinanza
tutta.
Fino a che queste condizioni non saranno soddisfatte, c'è la necessità di gestire una
complessa fase di transizione e di ripristino graduale della normalità, cui le strutture periferiche
del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e segnatamente la Direzione
Regionale per i beni culturali e paesaggistici e la Soprintendenza archivistica stanno offrendo un
contributo fondamentale.
Innanzi tutto c'è ancora bisogno di spazi per ospitare provvisoriamente, ma in condizioni
conservative idonee, gli archivi rimossi dalle loro sedi. Per quelli che non sono riusciti fino
adesso ad essere collocati adeguatamente è stato predisposto un deposito della capienza di circa
sei chilometri lineari di scaffalature, ricavato da un capannone, che, frutto di abuso edilizio, è dal
2012 entrato nella disponibilità del comune di Vignola e che questo ha messo generosamente a
disposizione per gli archivi delle aree terremotate. Ultimati gli interventi di messa a norma,
finanziati e diretti dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici, dal luglio 2014 la
struttura comincerà a ospitare, oltre l'archivio di deposito di Vignola, gli archivi di almeno
quattro comuni terremotati delle province di Modena e Ferrara (Cavezzo, Nonantola, Novi di
Modena, Sant'Agostino), nonché documentazione dell'Archivio di Stato di Modena, danneggiato
anch'esso dalle scosse sismiche del maggio 2012 e bisognoso di interventi di restauro che
necessitano di sgombrare parte dei depositi.
Nel polo di Vignola, gli archivi non solo verranno conservati in maniera idonea, ma,
grazie alle risorse messe a disposizione dalla Direzione regionale, saranno anche oggetto di
lavori di riordinamento e di inventariazione, nonché, se necessario, di restauro, sulla base di un
piano predisposto dalla Soprintendenza archivistica, che gestirà il polo e curerà il coordinamento
scientifico degli interventi.
In realtà lavori di riordinamento, inventariazione e restauro degli archivi colpiti dal
terremoto sono stati già avviati a partire dall'inizio del 2014, sempre sulla base di un piano
predisposto dalla Soprintendenza archivistica e finanziato con risorse messe a disposizione dalla
Direzione Regionale. E' già cominciato l'intervento di riordinamento dell'archivio storico e di
deposito e di inventariazione dell'archivio storico del Comune di Concordia, collocato presso la
nuova sede municipale, edificata nel 2013. Di questo archivio saranno presto intrapresi anche
lavori di restauro di una porzione di documentazione che è stata esposta agli agenti atmosferici
per il crollo del tetto del locale in cui era conservata. Sta per essere avviato anche il lavoro di
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riordino e inventariazione dell'archivio di San Possidonio, per la parte trasferita presso l'Archivio
della Provincia di Modena e, non appena saranno completati i restauri e la messa a norma del
deposito che dovrà ospitarli, comincerà anche l'intervento di riordinamento dell'archivio storico e
di deposito di San Felice sul Panaro. Nei prossimi mesi saranno realizzati altri interventi del
genere su archivi comunali, parrocchiali e scolastici.
Archivi riordinati e inventariati dovranno trovare sede in locali idonei alla loro
conservazione. Come si è ricordato in precedenza, importanti progressi sono stati compiuti
nell'apprestamento di archivi di deposito a norma nelle nuove sedi comunali. Ancora alquanto
incerto è, invece, il destino degli archivi storici in molti comuni. Progetti che la Soprintendenza
archivistica ha giudicato positivamente sono stati elaborati, al momento della stesura di queste
note, solo dai comuni di Cavezzo, grazie anche alla collaborazione della Direzione regionale, e
di Camposanto. In molti casi, anche quando si è già provveduto o si sta provvedendo alla
predisposizione di depositi a norma, i progetti si presentano carenti sotto diversi punti di vista.
Prevale infatti spesso una visione dell'archivio come puro magazzino e non come centro di
attività, che abbisogna di appositi spazi e strumenti di lavoro. Manca, soprattutto, l'idea che la
documentazione storica non debba essere soltanto passivamente conservata, ma debba al
contrario essere messa a disposizione del pubblico e resa fruibile in molteplici forme, che non si
limitino soltanto alla mera consultazione. Stenta insomma ad affermarsi la visione dell'archivio
come centro di iniziativa culturale, che abbisogna di spazi per una sala di studio, ma anche per
iniziative di didattica degli archivi rivolte alla scuole e per tutte quelle iniziative che sono
indispensabili per dare vita all'archivio e, attraverso di esso, per rendere sempre più la
cittadinanza consapevole e partecipe della storia della comunità di appartenenza.
Ci si augura che, ammaestrati dalle vicissitudini che gli archivi hanno attraversato dopo il
terremoto, i soggetti che li detengono dedichino ad essi in futuro una cura e un'attenzione
maggiori di quanto in genere sia avvenuto nel passato.
http://www.sa-ero.archivi.beniculturali.it/
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