3.2 STRUMENTI E DATI DEL TELERILEVAMENTO

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3.2 STRUMENTI E DATI DEL TELERILEVAMENTO
Telerilevamento
3.2 STRUMENTI E DATI DEL
TELERILEVAMENTO
utili per moltissimi scopi.
Tutto ciò è possibile, in particolare, grazie all’uso di
piattaforme (come aerei o satelliti) che consentono di riprendere a distanza più o meno ravvicinata
Nel corso della sua storia, l’uomo ha sempre cer- il territorio, e di sensori che ne scrutano le carattecato nuovi modi per superare i suoi limiti naturali di ristiche e le condizioni.
osservazione e di percezione visiva, per riuscire a
scrutare oltre il muro, la collina, la montagna.
3.2.1 Caratteristiche e peculiarità
Il Telerilevamento (TLR) può essere considerato
del telerilevamento
una tappa di questo cammino dell’uomo verso una
visione più completa e complessiva dell’ambiente In Telerilevamento l’osservazione del territorio è
in cui vive.
possibile grazie alla ripresa a distanza e all’uso di
Sfruttando le conoscenze dei fenomeni d’interazio- sensori.
ne tra energia elettromagnetica e superfici naturali, tale disciplina permette di abbracciare con un Visione a distanza. Il TLR consente di riprendere
solo sguardo vaste aree di territorio e di rappre- a distanza vasti territori, anche quelli posti in zone
sentarlo su piccola scala attraverso immagini e remote ed inaccessibili (ad esempio, i ghiacciai, i
mappe estremamente dettagliate, che si rivelano deserti); senza un contatto diretto ed un intervento
invasivo su essi (si pensi alla possibilità di controllare lo stato di salute di una foresta senza dover
raccogliere campioni delle sue foglie).
Figura 3.2.1 Il satellite ENVISAT 1, uno dei satelliti di moderna generazione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è dotato di numerosi strumenti
a bordo, alcuni dei quali sono stati montati per raccogliere informazioni
particolari ed utili per lo studio dell’ambiente. Ad esempio il sensore AATSR
misura la temperatura superficiale del mare; il sensore GOMOS monitora
la diminuzione dello strato atmosferico di ozono; il sensore RA-2 misura la
velocità dei venti; lo spettroradiometro MERIS misura l’energia riflessa dalla superficie terrestre; il Radar ASAR osserva la Terra indipendentemente
dalle condizioni del tempo. L’immagine qui riportata permette di apprezzare le dimensioni e la complessità di questo satellite (fonte University of
Leicester).
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Figura 3.2.2 Félix Tournachon, detto Nadar che nel 1856 attrezzò un
pallone ed effettuò le prime riprese stereoscopiche aree a Parigi.
Capitolo 3.2
Misura con i sensori. Il TLR fa uso di sensori che
permettono di vedere cose che ad occhio nudo non
saremmo in grado di distinguere, discriminando in
un’immagine un gran numero di elementi (suolo,
vegetazione, acqua, ecc.) e riconoscendo le loro
caratteristiche (umidità, stato di salute, concentrazione dei nutrienti, ecc.).
Ripresa sinottica. La ripresa a distanza offre una
prospettiva di visione di estese porzioni di territori:
possiamo così seguire il percorso di un fiume che
attraversa vari paesi; osservare la diversa distribuzione delle colture agricole in territori differenti;
controllare la diffusione degli incendi di un intero
continente o monitorare le condizioni di vaste distese oceaniche.
Figura 3.2.4 Esempio di ripresa multispettrale.
Figura 3.2.3 Concentrazione di clorofilla nel Mediterraneo.
Ripresa multispettrale. La visione a colori dell’uomo è limitata perché permette di osservare solo
una piccola parte del comportamento spettrale
degli oggetti che avviene sempre lungo tutto lo
spettro elettromagnetico. Il telerilevamento, invece, osserva il comportamento delle superfici in varie porzioni dello spettro, riprese dalle bande dei
sensori, riuscendo così a distinguere in un territorio tipologie e stato delle superfici e degli oggetti
che lo compongono.
Ripresa multitemporale. Infine, le tecniche di telerilevamento consentono di riprendere la stessa
scena ad intervalli di tempo diversi e regolari.
Questo è particolarmente interessante se si è interessati a monitorare fenomeni naturali con un
andamento dinamico, come l’evoluzione meteorologica, lo scioglimento dei ghiacciai, il ciclo vegetativo delle colture, o fenomeni devastanti connessi
all’attività umana, come la deforestazione di alcune Figura 3.2.5 Il processo di deforestazione in alcune zone del Brasile tra il
1975 ed il 1992.
aree del pianeta.
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Telerilevamento
Uno degli aspetti più importanti che fanno del Telerilevamento uno strumento utile per il monitoraggio dell’ambiente e del territorio è la possibilità di
effettuare riprese multiple, ovvero con diverse
risoluzioni spaziali, con differenti caratteristiche
spettrali e di acquisire i dati in momenti diversi.
Combinando insieme i diversi strumenti, sensori
e mezzi è possibile realizzare un monitoraggio dell’ambiente e del territorio che ne riesca a cogliere
tutta la complessità.
3.2.2 La ripresa a distanza: le piattaforme
Come abbiamo visto, il Telerilevamento si basa sull’acquisizione di dati a distanza ovvero sulla misurazione dell’energia elettromagnetica, emessa o
riflessa, dalle superfici osservate senza un diretto
contatto con queste. A seconda della distanza e
delle caratteristiche dello strumento è possibile indagare differenti aspetti legati al territorio.
Gli strumenti del Telerilevamento vengono montati su apposite piattaforme che in funzione della
prospettiva e della quota di osservazione vengono Figura 3.2.6a Piattaforme da terra
distinte in: piattaforme da terra, da aereo da satico e, a risoluzione leggermente inferiore, (da 100
tellite.
a 200 centimetri) usando i sensori multispettrali.
Piattaforme da terra. Gli strumenti di questa piat- Grazie a queste riprese è possibile ottenere una vitaforma sono vincolati alla superficie terrestre. In sione stereoscopica (3D) del territorio che permetgenere si ricorre alla ripresa a distanza da terra sia te di produrre accurate cartografie ed eseguire
per ottenere informazioni spettrali estremamente precise misure altimetriche e plano-altimetriche.
dettagliate e inerenti piccole porzioni di territorio Sugli aerei è possibile montare diversi sensori consia per tarare e calibrare i dati acquisiti con altre temporaneamente (camere da ripresa fotogrammepiattaforme, ad esempio per correggere l’effetto triche, analogiche o digitali, sensori multispettrale,
dell’atmosfera nelle immagini riprese da aereo o laser altimetrici, ecc.) ottenendo così una più dettagliata indagine del territorio. Inoltre, grazie ai moderda satellite.
Esempi di piattaforme a terra sono veicoli con ni sistemi GPS-inerziali è possibile una georeferenziazione diretta dei dati e delle immagini acquisite.
braccio mobile, torri metalliche o cavalletti.
L’accurata programmazione dei sorvoli aerei in rePiattaforme aeree. Le riprese aeree vengono lazione alle caratteristiche delle aree di interesse,
eseguite da quote variabili comprese tra i 300 e i che possono essere anche limitate e molto etero15.000 metri e con strumentazioni diverse in fun- genee, offre poi la possibilità di scegliere il momenzione delle finalità del volo e delle caratteristiche to più opportuno per l’acquisizione delle immagini.
delle aree da rilevare. Esse consentono di acquisire È interessante ricordare che dal 2000 le imimmagini ad alta risoluzione a terra (da 5 a 100 cen- magini riprese da piattaforma aerea non sono
timetri) per il colore (RGB), falso colore e pancroma- più soggette al controllo di riservatezza mili-
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Capitolo 3.2
tare per cui rappresentano il territorio nella
sua interezza senza mascherare alcuna area.
Un satellite è un corpo, sia celeste sia artificiale,
che ruota attorno ad un pianeta, con una traiettoria detta orbita, dipendente dalla forza d’attrazione
fra due corpi (gravità) e dalla forza centrifuga.
I satelliti artificiali sono lanciati ad una determinata
velocità, in funzione del raggiungimento della posizione d’equilibrio di queste due forze, in zone dell’atmosfera in cui le forze d’attrito sono nulle.
Esistono ormai un gran numero di satelliti artificiali
utilizzati negli studi di Telerilevamento, con caratteristiche tecniche molto differenti (come vedremo
più avanti), che riprendono porzioni differenti della
superficie terrestre in funzione delle differenti orbite.
Figura 3.2.6b Piattaforme aeree
3.2.3 I satelliti artificiali:
orbite geostazionarie e polari
Piattaforme satellitari. I satelliti artificiali per l’osservazione della terra dallo spazio sono impiegati I dati ottenuti da piattaforme satellitari sono molto
per il monitoraggio ripetitivo e sistematico di gran- utili per il monitoraggio continuo del globo terredi estensioni di territorio.
stre. I satelliti permettono infatti periodiche riprese
del territorio indispensabili in settori, come quello
delle previsioni metereologiche, basate ormai sulle
immagini che provengono ogni 15 minuti dai sensori spaziali.
I satelliti possono essere automatici o con equipaggio a bordo e la tipologia dei dati e la frequenza di
acquisizione dipendono dalle caratteristiche orbitali. Si distinguono così due principali categorie: i
satelliti geostazionari e quelli polari.
I satelliti geostazionari sono in genere utilizzati per
le telecomunicazioni o per la meteorologia. La loro
principale caratteristica è di viaggiare alla stessa
velocità angolare della terra, essi possiedono un’inclinazione nulla rispetto al piano dell’equatore e
compiono perciò un’orbita geosincrona (circolare)
completa in 24 ore ad una quota di circa 36.000
km con direzione da Ovest ad Est.
Queste caratteristiche permettono al satellite di
osservare sempre la stessa porzione di territorio.
Se fosse possibile vedere un satellite geostazionario (ad esempio il METEOSAT) ad occhio nudo dalla
terra, esso ci apparirebbe immobile proprio perché il suo movimento è contemporaneo a quello
della rotazione terrestre.
Figura 3.2.6c Piattaforme satellitari
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Telerilevamento
I satelliti polari sono invece ampiamente utilizzati negli studi di Telerilevamento per l’osservazione
della terra. Essi possiedono un’inclinazione di circa
90° rispetto all’equatore e seguono un’orbita eliosincrona (ellittica) che li fa sorvolare ad intervalli
regolari i due poli terrestri. Essi viaggiano a bassa
quota, rispetto ai precedenti, trovandosi generalmente ad una distanza dalla terra di 700-900 km,
e a velocità molto elevate per non essere attratti
dalla forza di gravità verso la superficie terrestre.
Figura 3.2.7 Satelliti geostazionari (a) e polari (b).
3.2.4 Strumenti misura dell’energia,
le bande e la visione multispettrale
Ogni oggetto (superficie) è caratterizzato da una
propria impronta spettrale in funzione della peculiare
interazione con la radiazione elettromagnetiFigura 3.2.7 Satelliti geostazionari (a) e polari (b).
ca. Proprio grazie alla misura dell’energia emessa o riflessa dalle superfici, registrata da appositi
Tabella 3.2.1 I principali sistemi satellitari sono suddivisi in tre blocchi in sensori nelle diverse lunghezze d’onda, è possibile
funzione della risoluzione geometrica dei sensori ottici (bassa, media e distinguere in un territorio le differenti tipologie (un
corpo idrico da un campo agricolo, da un affioraalta).
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Capitolo 3.2
mento roccioso, ecc.) e lo stato delle superfici e degli oggetti che lo compongono (qualità delle acque
del corpo idrico, stato della vegetazione nei campi,
presenza di determinati minerali nelle rocce, ecc.).
Una delle peculiarità che rendono il Telerilevamento una tecnica molto versatile e fortemente utilizzata per l’osservazione della terra, è la possibilità di
analisi multispettrale ovvero la capacità di acquisire più immagini contemporaneamente una per
ogni porzione spettrale acquisibile dal sensore e
poi interpretare, uno stesso oggetto in diverse lunghezza d’onda.
Queste porzioni spettrali, definite da un valore inferiore e da uno superiore di lunghezze d’onda,
vengono chiamate bande spettrali. L’acquisizione
d’immagini in diverse bande consente perciò di
analizzare differenti proprietà delle superfici indagate proprio per le specifiche risposte che esse
danno in differenti porzioni dello spettro.
L’informazione ricavabile dall’analisi multispettrale
dipende perciò dal numero di bande e dalle loro
caratteristiche ovvero dalla loro grandezza e posizione relativa all’interno dello spettro.
Misure puntuali (radiometri e spettroradiometri). Il Telerilevamento utilizza strumenti in grado
di misurare la radiazione elettromagnetica proveniente da un corpo nelle varie lunghezze d’onda.
Questi strumenti prendono il nome di radiometri.
I radiometri in genere misurano l’energia radiante
relativa a una sola regione spettrale oppure sono
in grado di funzionare simultaneamente in varie
bande dello spettro.
In questo caso si parla di radiometri multispettrali.
I dati ottenuti dai radiometri sono valori numerici
di radianza, relativa alla superficie in esame, sulla
lunghezza d’onda indagata.
I radiometri in grado di misurare l’energia radiante
simultaneamente in molte (da 50 a 200) bande
spettrali contigue sono chiamati spettroradiometri. I dati acquisiti da uno spettroradiometro sono
misure di radianza continue su un intervallo di lunghezze d’onda; è quindi possibile rappresentare
graficamente l’andamento spettrale della radianza
dell’oggetto di studio (fig. 3.2.9).
Radiometri e spettroradiometri sono strumenti indispensabili nel Telerilevamento. Il loro utilizzo permette l’acquisizione di misure di radianza puntuali
cioè di misurare l’energia raggiante proveniente
dalla superficie in esame, relativa ad un’area la cui
estensione dipende dall’ottica di ripresa del sensore. Ad esempio nella figura 3.2.10 viene visualizzata l’area di ripresa di uno spettroradiometro usato
durante un rilevamento sul campo. In genere questi strumenti sono molto utili per analizzare porzioni di superficie molto piccole o per correggere e
calibrare i dati rilevati da satellite o da aereo.
Figura 3.2.8 Radiometro Exotec: sono visibili i 4 obiettivi, grazie ai filtri
su essi montati, che forniscono dati nelle bande del blu, verde, rosso e
infrarosso VICINO.
Figura 3.2.9 I dati di un radiometro sono uno o più numeri relativi alla
radianza rilevata nei diversi canali in cui opera, i dati degli spettroradiometri
permettono di ricostruire la “firma spettrale” di una superficie passo dopo
passo offrendo una rappresentazione pressoché continua.
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Telerilevamento
Kiwi o limone?
Consideriamo due frutti, apparentemente diversi,
un kiwi e un limone. Chiunque di noi è in grado di
distinguere a prima vista la differenza tra i due. Nel
distinguere i due frutti infatti, sfruttiamo dei meccanismi mentali che riconoscono e “misurano” automaticamente le diverse proprietà degli oggetti
(colore, dimensione, etc.) e solo la contemporanea
analisi di queste proprietà permette al nostro cervello di classificare in maniera differente il kiwi dal
limone.
Figura 3.2.10 Le misure puntuali sono un’altra delle potenzialità offerte
dagli strumenti del telerilevamento, le misure in campo permettono di
ottenere moltissime informazioni che le immagini satellitari non riescono
a cogliere.
Figura 3.2.11 Il kiwi e il limone sono i due frutti utilizzati per meglio capire
il concetto dell’analisi multispettrale.
3.2.5 L’analisi multispettrale:
caratteristiche e vantaggi
Se cercassimo infatti di differenziare i due frutti in
funzione di un singolo parametro, o variabile, ad
esempio il diametro, potremmo commettere degli
errori di valutazione.
Per capire il concetto di analisi multispettrale osserviamo il seguente esempio. Immaginiamo che
le bande spettrali dei sensori del Telerilevamento
siano strumenti che misurano le differenti proprietà degli oggetti.
Per caratterizzare un frutto possiamo descriverlo
misurando il suo peso, il diametro, la concentrazione di zuccheri o il colore. Ma quale è il vantaggio
di avere tante caratteristiche in contemporanea?
Quanti più parametri avremo (ovvero bande spettrali) tanto più facile sarà distinguere ad esempio
un frutto da un altro ed ottenere informazioni dettagliate circa le sue proprietà.
Il grafico nella figura 3.2.12 mostra come il valore
medio del diametro dei kiwi sia infatti molto simile a
quello dei limoni. Avendo a disposizione il solo valore di diametro non è perciò possibile con certezza
decidere se sia stato misurato su un kiwi o su un
limone. È possibile cioè avere kiwi con valori di diametro più piccolo rispetto alla media o più grandi;
stesso discorso per i limoni.
In definitiva, la valutazione sulla base del solo valore di diametro non ci permette di capire quali dei
frutti è il kiwi e quale è il limone. Per poterli distinguere dobbiamo aggiungere un’altra variabile, ad
esempio il peso.
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Capitolo 3.2
Figura 3.2.12 Il grafico mostra che il diametro dei frutti non permette di distinguere il kiwi dal limone.
Anche se i limoni risultano generalmente un po’ più
pesanti dei kiwi, anche in questo caso i due frutti
sono difficilmente raggruppabili in popolazioni differenti sulla base del peso.
È necessario quindi aggiungere ancora una nuova
variabile; proviamo ad esempio con il colore misurato da uno strumento.
Ecco che l’aggiunta del parametro “colore” per-
mette di distinguere i due frutti che vengono così
raggruppati in due tipologie differenti di frutto.
Quello che però notiamo è che molti limoni hanno
un comportamento intermedio, in termini di colore: ad esempio i limoni acerbi hanno colore tendente al verde e quindi potrebbero ancora essere
confusi con i kiwi.
Per risolvere questo problema è necessario con-
Figura 3.2.13 Il grafico mostra che anche il peso non è sufficiente a distinguere il kiwi dal limone.
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Telerilevamento
Figura 3.2.14 Il grafico mostra che l’uso del parametro “colore” permette la distinzione dei due frutti.
Figura 3.2.15 Per distinguere una foglia malata da una sana con le tecniche di Telerilevamento bisogna disporre di un numero di bande sufficiente
a cogliere tutte le caratteristiche spettrali della foglia.
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siderare contemporaneamente tutte e tre le variabili considerate, esattamente come fa automaticamente il nostro cervello. Si vedrà così che i kiwi
hanno generalmente un diametro più piccolo dei
limoni, pesano un po’ meno ed hanno un colore che
è sensibilmente più verde.
Dai frutti ai dati telerilevati. Questo esempio ci fa
capire che aumentando il numero delle variabili
considerate, aumenta la possibilità di distinguere
due elementi differenti. Proviamo adesso a riportare l’esempio al Telerilevamento, considerando
come variabili le bande spettrali: maggiore sarà
il numero delle bande, maggiori saranno le informazioni relative alle superfici analizzate e dunque
maggiore la possibilità di discriminare e distinguere queste superfici.
Con le sole 4 bande descritte in figura 3.2.16a non
è possibile determinare quale foglia sia sana (linea
rosa) e quale sia malata (linea blu). Aumentando il
numero di bande ci accorgiamo invece che le due
firme spettrali si distinguono maggiormente consentendo di discriminare le foglie sane da quelle
malate. Incrementando il numero di bande il fenomeno è ancora più evidente consentendo di differenziare le due situazioni senza dubbi.
Capitolo 3.2
3.2.6 Acquisizione immagini
(macchine fotografiche e scanner)
Generalmente quando pensiamo al Telerilevamento non pensiamo a misure puntuali come quelle
descritte in precedenza bensì alle immagini, strumenti fondamentali per lo studio del territorio. Tra i
mezzi utilizzati nel Telerilevamento quelli necessari
per creare immagini, sono le macchine fotografiche e gli scanner.
Le macchine fotografiche. Le macchine fotografiche possono essere considerate i veri precursori
dei sistemi moderni di Telerilevamento, i cui inizi si
fanno risalire ai primi esperimenti di Daguerre e
Nièpiece.
Per sistema fotografico s’intende un insieme strumentale comprensivo di: ottica, camera, pellicola e
sviluppo, con lo scopo di acquisire e produrre immagini, che per gli studi di Telerilevamento hanno
importanza sia dal punto di vista delle informazioni
geometriche che una fotografia può dare, sia dal
punto di vista del colore e quindi delle informazioni
Figura 3.2.16 Firma spettrale di due differenti alberi ottenuta utilizzando: 4
bande spettrali (a); 10 bande spettrali (b); 420 bande spettrali (c). La differenza fra i tre grafici è notevole, con il primo non riusciamo a distinguere
le superfici analizzate, nel secondo si differenziano le due superfici ma non
capiamo la natura di queste, il terzo grafico è la firma spettrale tipica della
vegetazione da cui possiamo risalire a tutte le informazioni richieste circa i
due alberi distinguendo quello sano da quello malato.
Figura 3.2.17 L’occhio umano e la macchina fotografica hanno la stessa
struttura e lo stesso funzionamento. Sono dotati di un sistema ottico:
un sistema di lenti nell’obiettivo della macchina fotografica e di cornea,
cristallino, umor vitreo e acqueo nell’occhio; sono dotati di un regolatore
dell’intensità luminosa: il diaframma nella macchina fotografica e l’iride
nell’occhi; e da un recettore dell’immagine: la pellicola nella macchina
fotografica e la retina nell’occhio.
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Telerilevamento
cromatiche dovute alle caratteristiche dell’energia
riflessa dalla superficie fotografata. Il meccanismo
di funzionamento delle camere fotografiche è molto simile a quello dell’occhio umano. Esse sono
dotate di un elemento ottico (obiettivo), costituito
da un insieme di lenti in grado di far convergere
la luce verso la pellicola; di un esposimetro, che
consente di controllare l’intensità di luce che entra
nella macchina fotografica; di un otturatore per il
tempo d’esposizione della pellicola, e di un diaframma, che regola la quantità di luce che entra nella
fotocamera.
Gli scanner. Gli scanner digitali, proprio come quelli collegati ai computer di casa che vengono utilizzati per “digitalizzare” testi o immagini, sono dei
radiometri a scansione in grado di esplorare una
“scena” riga per riga producendo un’immagine bidimensionale del territorio ripreso.
Le tappe del loro funzionamento sono:
- raccolta dell’energia elettromagnetica, attraverso un sistema ottico, proveniente dalla scena;
- trasformazione dell’energia in segnali elettrici attraverso dei rilevatori
Gli scanner, attraverso una sequenza di misure
nello spazio, permettono l’indagine di strisce. La
luce riflessa da queste porzioni viene acquisita e
separata in varie lunghezze d’onda; quest’operazione viene effettuata attraverso un prisma selettore, che in un sistema multispettrale è in grado di
separare le varie lunghezze d’onda in funzione delle
bande spettrali previste dal sensore.
Esistono differenti tipologie di scanner multispettrale.
Gli scanner CROSS-TRACK esplorano la terra in
una serie di strisce, ognuna di queste viene analizzata da un lato all’altro del sensore, per mezzo di
uno specchio di rotazione (1) o di oscillazione (metodo whiskbroom).
La rotazione dello specchio permette l’acquisizione della strisciata, generalmente molto lunga e
stretta, senza il movimento della piattaforma, che
si muove esclusivamente lungo la direzione di volo,
consentendo l’osservazione di una nuova strisciata.
Il campo di vista istantaneo (2) e l’altezza della piattaforma determinano la cella di risoluzione al suolo
(3) e così determinano la risoluzione spaziale. Poiché la distanza fra il rivelatore e l’obiettivo aumenta
verso i bordi della strisciata, le celle di risoluzione
più laterali, al suolo diventano più grandi ed introducono delle distorsioni geometriche nelle immagini.
Figura 3.2.18 Gli scanner montati sui satelliti effettuano rilevamenti secondo strisciate, composte da un insieme di linee successive, che vengono poi suddivise in scene
Figura 3.2.19 Scanner CROSS-TRACK, montato sui satelliti LANDSAT.
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Capitolo 3.2
Gli scanner ALONG-TRACK sono sistemi elettronici in linea, non utilizzano lo specchio rotante ma
diversi rivelatori posizionati in sequenza (1) e funzionanti contemporaneamente.
La parte sensoriale di questi scanner è costituita
da un insieme di rivelatori all’interno di un CCD
(Charge Coupled Device), allineati e tutti uguali
che vengono interrogati singolarmente da un dispositivo elettronico: l’insieme delle risposte costituisce la linea di acquisizione formata da un numero di pixel pari al numero dei rivelatori (metodo
pushbroom).
Questi scanner presentano notevoli vantaggi rispetto a quelli CROSS-TRACK, infatti, il più lungo
tempo d’osservazione di ogni rivelatore su ogni
cella di risoluzione a terra migliora la risoluzione
radiometrica e spaziale delle immagini digitalizzate.
L’utilizzo contemporaneo di più sensori può però
determinare problemi di intercalibrazione quando questi dispositivi non più tarati restituiscono
misure con valori diversi in relazione alla stessa
radiazione.
Un altro tipo di sensore usato nel Telerilevamento
per acquisire immagini è il radar, di cui descriveremo più avanti il funzionamento. Questo strumento
si differenzia dai precedenti in quanto è attivo ed
opera nella regione delle microonde.
Figura 3.2.20 Scanner ALONG-TRACK, montato sui satelliti SPOT
3.2.7 Sistemi attivi e passivi
I sensori impiegati in Telerilevamento si suddividono in due grandi gruppi: Attivi e Passivi.
Il gruppo dei sensori attivi è quello che oltre a registrare l’energia elettromagnetica proveniente dalle
superfici, produce esso stesso l’energia necessaria per illuminare la scena da riprendere. Si pensi
ad una macchina fotografica che utilizza il flash per
“attivare” la scena da riprendere. Tipici sistemi attivi d’osservazione della terra sono il radar ed il lidar
che inviano un fascio di radiazioni, e poi registrano
il segnale di ritorno dopo che questo ha interagito, ed è perciò stato modificato, dalla superficie
indagata. Gli strumenti che non emettono energia
Figura 3.2.21 Il sensore emette energia e registra il segnale di ritorno
(telerilevamento attivo, a). Il sensore necessita di una sorgente esterna di
energia come il sole e (Telerilevamento passivo, b).
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Telerilevamento
propria, ma sfruttano esclusivamente la radiazione naturale di altre sorgenti luminose sono definiti
passivi; esempi di sensori passivi sono i radiometri, che misurano l’energia proveniente da sorgenti
esterne (il sole nella banda del visibile, la terra nelle
bande dell’infrarosso termico e delle microonde).
Usando sempre l’esempio della macchina fotografica, quando questa opera senza flash si comporta
come un sistema di rilevamento passivo.
Sensori ottici. I sensori ottici per il telerilevamento passivo che operano nel visibile o nell’infrarosso
sono costituiti principalmente, da un sistema ottico di ripresa, da un sensore elettro-ottico e da un
convertitore analogico digitale, come indicato nello
schema sottostante. Il sistema ottico ha la funzione
di focalizzare la radiazione ricevuta dalla superficie
osservata sulla superficie del sensore vero e proprio. Questo a sua volta è un sistema elettro-ottico
che ha il compito di convertire la potenza elettromagnetica che lo investe in un segnale elettrico di
caratteristiche opportune. Il segnale così ottenuto
viene successivamente digitalizzato dal sistema di
conversione A/D.
esterna come il sole e sono condizionate dall’attenuazione atmosferica; essa è infatti praticamente
nulla per lunghezze d’onda maggiori di 3 cm.
Il radar è costituito da un trasmettitore che emette un fascio d’onde elettromagnetiche e da un ricevitore che misura l’intensità della radiazione di
ritorno diffusa dai corpi al suolo, definita radiazione
di backscattering.
Nei sistemi radar si utilizza la stessa antenna sia
per trasmettere che per ricevere con un funzionamento alternato nel tempo.
Le riprese in bande radar consentono il controllo
della radiazione emessa dall’antenna modulando in
potenza, frequenza, polarizzazione, e in direzione.
Nelle immagini radar è fondamentale il concetto di
tessitura, definita come la disposizione geometrica delle macro-rugosità superficiali.
Forniscono informazioni su fenomeni sotto-superficiali, in funzione della densità di copertura vegetale
e del contenuto di umidità, con accesso a parametri che descrivono proprietà delle superfici diverse
da quelli delle bande ottiche.
La profondità di penetrazione del segnale radar
cresce con il crescere della lunghezza d’onda ed in
funzione delle caratteristiche della superficie investigata. L’intensità risultante è strettamente legata
alla quantità di energia retrodiffusa dagli elementi
presenti (scatters).
Da quanto detto si può dedurre che le informazioni
raccolte dai sensori ottici passivi e dai radar attivi, essendo differenti, possono essere considerate
fra loro complementari per ottenere una descrizione più esaustiva delle condizioni ambientali del
territorio.
Figura 3.2.22 Sottosistemi di un sensore per il telerilevamento passivo
operante a frequenze ottiche.
Il radar. Il radar è un sensore attivo che utilizza il
principio d’emissione e successiva registrazione di
onde con lunghezza d’onda compresa tra 0,1 cm
e 1 m (microonde).
Le riprese in banda radar sono utilissime da ef- Figura 3.2.23 L’intensità del segnale di ritorno dipende dalla geometria e
fettuare di notte ed in presenza di una copertura rugosità delle superfici coinvolte. L’energia retrodiffusa è bassa per i corpi
nuvolosa poiché non necessitano di una sorgente idrici (a), media per la vegetazione (b), elevata per le aree urbane (c).
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Capitolo 3.2
3.2.8 Le pellicole nella fotografia tradizionale e il sensore ccd nella fotografia digitale
Nella fotografia tradizionale l’impressione dell’immagine fotografica avviene sulla pellicola, un dispositivo
Tabella 3.2.2 Le più comuni banderadar per lo studio delle risorse sensibile alla luce che permette l’acquisizione e il manterrestri.
tenimento dello scatto fotografico. Le pellicole sono
formate da diversi strati sovrapposti, fra cui un’emulsione gelatinosa trasparente ed assorbente costituita
da grani d’alogenuro d’argento sensibili alla luce.
L’esposizione alla luce causa ai grani delle modificazioni
fisiche, si crea un’immagine latente (nascosta) successivamente visibile attraverso il trattamento chimico di
sviluppo e fissaggio dell’immagine. Le pellicole fotografiche si suddividono in due grandi famiglie:
Negative: queste pellicole sono caratterizzate dal
fatto che per ottenere il prodotto finale (positivo)
è necessario un processo di stampa. Si suddividono in Bianco e nero: sono costituite da un unico
strato, sono distinguibili in funzione della sensibilità spettrale in Ortocromatiche (insensibili alla luce
rossa), Pancromatiche (la sensibilità spettrale è
estesa a tutto il visibile) e Infrarosso (la cui sensibilità spettrale si estende oltre il visibile fino a circa
0,9 micron); Colori: sono costituite da tre strati sovrapposti.
Diapositive: sono esse stesse il prodotto finito e
quindi necessitano di un passaggio solo, evitando
la somma degli errori introdotti dal processo di
stampa. Anche le diapositive possono essere in
bianco e nero oppure a colori, sono inoltre presenti
quelle Infrarosso falso colore sensibili alle luci verde, rosso e all’infrarosso vicino.
Figura 3.2.24 Le due immagini mostrano la stessa zona (il fiume Ticino),
ripresa nella stessa giornata del 25-05-1994 dai satelliti Landsat (a) ed
ERS (b). L’immagine di sinistra è stata ripresa in bande ottiche, cioè nel
campo dell’energia riflessa la cui sorgente è naturale (il sole), quella di
destra è in banda radar, cioè nel campo dell’energia riflessa proveniente
da una sorgente artificiale montata sul satellite. L’immagine radar consente
di fornire informazioni nonostante le nuvole presenti.
Figura 3.2.25 Schema di struttura e processo per alcune pellicole: negative (a), e positive (b).
37
Telerilevamento
Nella fotografia digitale la pellicola è sostituita dal
sensore CCD (Charge Coupled Device) o dispositivo ad accoppiamento di carica. Il CCD è un sensore a silicio composto da più strati in grado di misurare e registrare l’energia luminosa. Quando è
colpito dalla luce, lo strato di silicio costituente il
sensore, rilascia un flusso di elettroni, proporzionali all’intensità della luce. Questi elettroni rilasciati
relativi ad ogni pixel sono convertiti in un segnale
analogico-digitale che successivamente formerà
l’immagine. Lo svantaggio di questo sensore è che
“vede” solo a livelli di grigio ovvero fornisce un idea
dell’energia totale che vi incide convertendola in
numeri. Le nuove tecnologie hanno risolto il problema permettono oggi di ottenere immagini digitali
a colori, tale risultato può essere ottenuto in due
modi: anteponendo ai singoli pixel una fitta rete di
microfiltri RGB (fig. 3.2.27) oppure utilizzando tre
singoli sensori CCD ognuno filtrato diversamente
(fig. 3.3.28).
Figura 3.2.27 Processo analogico/digitale di una macchina fotografica
per l’acquisizione di un’immagine a tre sensori. Questa metodologia ha
rappresentato un “salto di qualità” perchè evita i processi di interpolazione.
Per ogni pixel della nostra immagine conosciamo esattamente ognuna delle
tre componenti cromatiche che identificano il rispettivo colore.
3.2.9 I satelliti Landsat, i loro sensori e le
bande utilizzate dal sensore ETM+
I satelliti americani della NASA (National Aeronautics and Space Administration) LANDSAT hanno lo
scopo di fornire un flusso continuo di dati di Telerilevamento per il controllo delle risorse terrestri.
Il primo satellite (LANDSAT 1) è stato lanciato ad
un altezza di 910 km nel 1972, portava a bordo
il sensore MSS (Multi Spectral Scanner) capace
di una risoluzione spaziale di 79 metri, abilitato a
registrare lo spettro della luce in 4 bande spettrali.
Con il LANDSAT 4, lanciato nel 1982, l’altezza del
satellite passa a 705 km, mantenendo però semFigura 3.2.26 Per ogni punto conosciamo sempre una delle tre caratteristi- pre un orbita polare, il sensore utilizzato è il TM
che cromatiche primarie (il rosso, il verde, oppure il blu) prodotte dall’ap- (Thematic Mapper), capace di una risoluzione spaplicazione di tre differenti filtri spostati uno rispetto all’altro. I colore RGB ziale variabile tra i 30 e i 120 metri con la capacità
di una porzione dell’immagine viene perciò ottenuto per interpolazione
di utilizzare 7 bande. Dopo l’insuccesso del LANDricorrendo ai pixel, delle altre componenti, situati nell’intorno di quell’area.
In figura sono evidenziati due generici pixel (A e B) il cui colore finale è il SAT 6, perso al lancio nel 1993, l’ultimo satellite
risultato dell’interpolazione. Per il pixel A, che originariamente era stato della serie LANDSAT è il LANDSAT 7, lanciato nel
filtrato con il filtro verde, il risultato è un colore tendente al giallo ottenuto 1999 ad un’altezza di 705 km, è dotato del sendalla combinazione di pixel adiacenti rossi ad alta luminosità e blu a bassa. sore ETM+ (Enhanced Thematic Mapper Plus), caIl pixel B, che originariamente era filtrato con il filtro rosso, presenta invece pace di una risoluzione spaziale variabile tra i 15/
un colore tendete al viola ottenuto per interpolazione di pixel adiacenti blu
ad alta luminosità e verdi a bassa. In questi sistemi i microfiltri verdi occu- 30 e 60 metri, che utilizza 8 bende spettrali, 7 per
pano una maggiore superficie del CCD in quanto il nostro apparato visivo è raccogliere energia riflessa e una 1 per l’energia
emessa.
più sensibile proprio in questa porzione di spettro.
38
Capitolo 3.2
Figura 3.2.28 Disegno del satellite americano LANDSAT 7.
Vediamo nel dettaglio le caratteristiche delle bande spettrali utilizzate da sensore ETM+ montato
sul satellite LANDSAT 7.
La banda 1 comprende le lunghezze d’onda nell’intervallo tra i 0,45 - 0,52 µm, il limite inferiore è determinato dall’azzeramento della radianza a causa
dei forti fenomeni di diffusione e assorbimento dell’atmosfera che determina forte rumore nei dati.
Questa banda è centrata sul picco di trasmissione
dell’acqua limpida ed è dunque adatta allo studio
della trasparenza dell’acqua e all’identificazione del
materiale sospeso. Questa banda è anche utilizzata per osservare il comportamento di alcuni dei
pigmenti fotosintetici (clorofilla/carotenoidi) nella
vegetazione permettendo di evidenziare fenomeni
di stress.
La banda 2, con intervallo tra 0,52 - 0,60 µm, ricopre nello spettro la zona del verde e permette di
risalire al vigore della vegetazione.
Il rapporto tra le bande 1 e 2 fornisce importanti
informazioni sulle acque; ad esempio dà indicazioni
sui materiali organici disciolti e sulla presenza di
plancton in un corpo idrico.
La banda 3, con intervallo tra 0,63 - 0,69 µm, ricopre nello spettro la zona del rosso, è la banda
con la diffusione atmosferica più bassa, per questo
è un importante riferimento per controlli geometrici poiché le forme superficiali mostrano un alto
contrasto. In questo intervallo di lunghezze d’onda
è possibile separare in maniera molto precisa le
zone vegetate dai suoli scoperti.
La banda 4, invisibile per l’occhio umano, con intervallo di lunghezza d’onda di 0,76 - 0,90 µm, è
la regione dell’infrarosso relazionabile a fenomeni
di interazioni energia materia con meccanismi di
riflessione.
Nelle aree vegetate la riflessione é strettamente
correlata alla struttura fogliare, che é un parametro importante per determinare tipologia e stato.
La variazione del valore del picco di riflessione, attorno a 0,865 mm, può esser utile per la discriminazione fra le diverse specie. Questa banda è molto utile anche per delimitare i corpi idrici in quanto
nelle immagini appaiono come zone nere per il forte assorbimento. Rapportandola con la banda del
rosso ha permesso di sviluppare i diversi “indici di
vegetazione”.
La banda 5, con intervallo tra 1,55 - 1,75 µm, fornisce importanti informazioni sul contenuto in umidità delle foglie ma anche su quello dei suoli a causa
dell’alto assorbimento dell’acqua. Questa banda
permette inoltre di differenziare il diverso comportamento della neve dalle nuvole, in altre lunghezze
d’onda queste due superfici riflettendo molto risultano praticamente indistinguibili.
La banda 6, con intervallo tra 10,4 - 12,5 µm, è
quella dell’infrarosso termico ed è dedicata all’analisi dell’emissione delle radiazioni emesse dalle superfici ovvero il calore irraggiato. È utilizzata negli
studi di geotermia, vulcanologia e climatologia, è
inoltre utilizzabile per effettuare rilievi notturni. Le
riprese in quest’intervallo di lunghezze d’onda sono
indicate con il termine di termografia, le immagini che si ottengono sono la rappresentazione, per
mezzo di un codice di toni di grigio o di colore, del
calore emesso per irraggiamento dalle superfici
oggetto d’osservazione.
La banda 7 non segue l’ordine progressivo delle
altre bande descritte, l’intervallo è tra 2,08 - 2,35
39
Telerilevamento
µm e cade quindi nell’IR medio, è importante nella
discriminazione litologica e per osservare l’assorbimento di proteine e per la determinazione del
contenuto d’azoto dell’apparato fogliare.
La banda 8 è la banda pancromatica, ovvero misura l’energia in un ampio intervallo compreso tra
0,52 e 0,90 µm, presenta la caratteristica di possedere un elevata risoluzione spettrale dell’ordine
dei 15 metri.
Figura 3.2.29 Presentazione delle 8 bande del sistema di rilevamento Thematic Mapper (TM) operante a bordo dei satelliti della serie Landsat. I
particolari della penisola di Sirmione del lago di Garda sono maggiormente distinguibili nella banda 8 pancromatica.
L’immagine a colori reali utilizza le prime tre bande spettrali, l’immagine a falsi colori utilizza le bande 4-3-2, in quest’ultima sono facilmente visibili le zone
rimaste prive di insediamenti antropici (prati di colore rosso).
3.3.10 I satelliti ERS per il
telerilevamento attivo
Il satellite ERS-1 (European Remote Sensing Radar), sviluppato dall’ESA (Eureopean Space Agency) è stato il primo satellite europeo ad orbita polare, lanciato nel luglio del 1991, a cui è seguito
l’ERS-2 lanciato nell’aprile del 1995 ad un’altezza di
785 km con orbita polare eliosincrona. La risoluzione spaziale di entrambi i satelliti è di 25x25 metri,
l’ampiezza della scansione è di 100 km.
I due satelliti possono considerarsi gemelli. Tra il
40
1995 e il 1996 hanno acquisito immagini con uno
sfasamento tra i due di un solo giorno e questo ha
consentito sviluppi notevoli nello studio dell’interferometria (disciplina che consiste nel sovrapporre
due fasci di onde elettromagnetiche provenienti da
una stessa sorgente, ma raccolti da due o più strumenti separati. La loro sovrapposizione può provocare un rafforzamento o un’attenuazione dell’intensità della luce; dallo studio delle figure che si ottengono si possono ottenere diverse informazioni sulla
sorgente, ad esempio le sue dimensioni angolari).
Il satellite ERS-1 non è più funzionante dal marzo
Capitolo 3.2
del 2000 mentre l’ERS-2 è ancora funzionante.
I due satelliti ERS attuano il Telerilevamento di tipo
attivo grazie all’utilizzazione di sistemi radar, forniscono immagini aventi solo una polarizzazione (VV)
ed utilizzano una lunghezza d’onda compresa tra
5,22 e 7,14 cm (banda C).
La banda C, poiché presenta un elevato grado di penetrazione, è molto utile per dare informazioni sul
contenuto d’umidità dei suoli, infatti la frequenza di
questa banda permette di attraversare la copertura vegetale.
I satelliti ERS sfruttano la tecnica SAR, che sfruttando l’effetto Doppler, permette di ottenere immagini ad alta risoluzione (12,5 metri) pur utilizzando antenne di trasmissione di piccole dimensioni.
L’effetto Doppler consiste nel memorizzare e confrontare fra loro nel tempo i segnali di ritorno dalla
superficie investigata, mentre il sensore si sposta
lungo la linea di volo.
Figura 3.2.31 Immagine SAR del golfo di Napoli ottenuta elaborando i dati
Sfruttando questa tecnica, con un’antenna lunga 6 acquisiti dal satellite europeo ERS-1 orbitante ad 800 km di altezza.
metri, si eseguono rilevamenti con risoluzione pari
a quella corrispondente ad un’antenna reale di 16 3.2.11 Le caratteristiche
km.
delle immagini digitali
Figura 3.2.30 Disegno del satellite europeo ERS-1
Una delle peculiarità del telerilevamento è la visione sinottica di ampie porzioni del territorio: i dati
telerilevati, in particolare quelli derivati da acquisizioni degli strumenti detti scanner, sono organizzati infatti in immagini digitali.
Se guardiamo più in dettaglio un’immagine telerilevata ripresa con strumenti digitali, ci accorgiamo
che essa corrisponde a una matrice di elementi
discreti detti pixel (picture element), ogni pixel è
rappresentato da tre valori: due coordinate, riga e
colonna (ij), che determinano la posizione del pixel
all’interno dell’immagine e il numero indice. Quest’ultimo è un numero intero che rappresenta il valore di radianza misurato per una cella di risoluzione (in una scena è la più piccola area valutata come
fonte unitaria di dati). Quanto più piccola è la cella di
risoluzione a terra, cioè quanto più piccolo è il pixel,
maggiori sono i dettagli “contenuti” nell’immagine.
Le caratteristiche intrinseche delle immagini digitali dipendono dalle caratteristiche dei sensori e
delle piattaforme che hanno acquisito i dati, a queste caratteristiche diamo il nome di “risoluzioni”.
41
Telerilevamento
Figura 3.2.32 L’immagine dell’Italia acquisita dai satelliti NOAA, con
risoluzione di 1,1 km, quando viene ingrandita perde di risoluzione, sono
infatti visibili i singoli pixel. La pianura Padana, nel riquadro in basso, appare
più grande ma con una definizione molto peggiore rispetto all’immagine del
riquadro sovrastante.
Risoluzione radiometrica. La risoluzione radiometrica di un’immagine rappresenta la capacità di
discriminare piccole differenze, ovvero la minima
differenza d’intensità che un sistema può rilevare
tra due valori di energia raggiante, cui corrispondono livelli di informazione registrata e livelli di grigio nell’immagine. Questa viene tradotta in numeri
interi DN (Digital Numbers) che possono variare
a seconda del numero di bit usati nell’acquisizione. Perciò se un sensore usa 8 bit per registrare i
dati, conseguentemente si avranno a disposizione
28=256 valori per rappresentarne il risultato, mentre se lo strumento usasse solo 4 bit l’intervallo a
disposizione sarebbe di 24=16 valori e conseguentemente la risoluzione radiometrica risulterebbe
assai inferiore. Le immagini sono generalmente
rappresentate in toni di grigi con il nero corrispondente ai valori minimi di radianza e il bianco ai massimi. Va tenuto conto del fatto che la diminuzione di
sensibilità radiometrica implica di fatto un aumento di contrasto nell’immagine (minori livelli di grigio)
e quindi, entro certi limiti di rappresentazione, può
migliorare il suo aspetto e la capacità di lettura da
parte dell’interprete, mentre in termini quantitativi
conterrà ovviamente un numero inferiore di informazioni. Dal confronto di due immagini identiche
ma con risoluzioni radiometriche differenti si possono verificare i diversi contenuti e leggibilità.
Risoluzione geometrica o spaziale. La risoluzione geometrica o spaziale delle immagini esprime
le dimensioni della più piccola area rilevabile. Per
i satelliti la dimensione dell’area risolta al suolo
varia da una dimensione nell’ordine di grandezza
dei metri (0,75 m per Quickbird, 1 m per l’Ikonos,
30 m per il TM), fino a qualche chilometro (2,5 km
per il Meteosat). La dimensione del pixel influisce
sulla riproduzione dei dettagli della scena ed é determinata dall’altezza del sistema di ripresa e dalle
sue caratteristiche di funzionamento, in particolare dall’angolo di vista del sensore che determina
l’area-impronta sulla superficie terrestre vista, detta anche IFOV (Instantaneous Field Of View). Un oggetto, quindi, per poter essere distinto nell’immagi- Risoluzione temporale. Un altro aspetto da conne, deve avere una dimensione uguale o maggiore siderare, soprattutto per il Telerilevamento satellirispetto alla risoluzione del sistema.
tare, é la risoluzione temporale, ovvero l’intervallo
Figura 3.2.33 Sono qui messe a confronto diverse immagini acquisite da differenti sensori sulla stessa zona, cioè una porzione del lago di Garda, come
mostrato dalla prima figura a sinistra.
42
Capitolo 3.2
Figura 3.2.34 Il centro storico della città di Roma ripreso dal satellite IKONOS. Le due immagini differiscono per la sola gamma dei grigi e quindi
simulano due diverse risoluzioni radiometriche: normale (a) e ridotta (b).
Dalla semplice visione ci si rende conto come nei due casi vi siano grosse
differenze nella capacità di evidenziare i dettagli; l’effetto della riduzione
dell’intervallo dinamico, infatti, causando di fatto un aumento di contrasto,
se da una parte implica una riduzione della quantità di informazione, dall’altra aiuta l’occhio a meglio leggere le grosse differenze tra gli oggetti
principali della scena
con cui un sistema ripassa sulla stessa area della
superficie terrestre. Tale intervallo può variare dai
pochi minuti dei satelliti geostazionari, come il METEOSAT, alle poche ore del NOAA fino ai 26 giorni
dello SPOT. La possibilità di riprendere esattamente la stessa area della Terra ad intervalli regolari
di tempo, e di conseguenza di poter confrontare
immagini acquisite in momenti differenti, consente di effettuare studi di tipo dinamico per seguire i
cambiamenti di un territorio o seguire l’evoluzione
di un fenomeno, soprattutto su scala globale, caratteristica questa fra le più significative del Telerilevamento.
Risoluzione spettrale. Come abbiamo visto, ogni oggetto ha una sua “firma spettrale”: cioè il suo comportamento si diversifica al variare della lunghezza
d’onda e la risposta in termini di radianza risultante
lo identifica univocamente, proprio come nel caso
di un’impronta digitale. Per questo motivo il Telerilevamento si basa sulla cosiddetta indagine multispettrale che, andando ad esplorare piccole porzioni dello spettro elettromagnetico, o bande, migliora
sensibilmente le possibilità di riconoscimento delle
superfici rilevate. L’immagine multispettrale é quindi
una matrice numerica a più dimensioni, ognuna delle quali descrive la scena osservata in una specifica
banda spettrale. In teoria, maggiore é il numero delle bande spettrali utilizzate maggiore sarà, a parità
delle specifiche del sistema utilizzato, la capacità di
indagine, e quindi la risoluzione spettrale del sensore. Per esempio, i sensori iperspettrali operano
mediante centinaia di bande e la loro alta risoluzione spettrale permette quindi una più facile distinzione di superfici con comportamenti spettrali simili.
I sistemi a bordo dei satelliti per il Telerilevamento
operano mediante un numero variabile di bande, o
canali, in genere da 4, come nel caso dei satelliti
SPOT a 7, come per i satelliti della serie Landsat. Le
bande di questi satelliti sono distribuite sull’intera
regione dello spettro elettromagnetico che va dal
visibile all’infrarosso termico (solo il LANDSAT).
I grafici che seguono aiutano a capire il concetto
di risoluzione spettrale mostrando gli intervalli e il
numero di bande in cui operano alcuni comuni sensori a confronto con la firma spettrale della vegetazione acquisita a terra con uno spettroradiometro
nell’intervallo dell’energia riflessa 350–2500 nm e
con una sensibilità spettrale di un nanometro. In tal
Figura 3.2.35 Il satellite METEOSAT, acquisisce immagini della stessa porzione di territorio ogni 15 minuti. A fianco sono mostrate 4 immagini relative alla
zona dell’Africa del nord e dell’Europa.
43
Telerilevamento
modo si ottiene una caratterizzazione del comportamento delle superfici pressoché continua. Ovviamente i sensori posti su aereo oppure su satellite,
per motivi strutturali e costruttivi, dispongono di un
numero di bande più limitato e differenziato rispetto
agli obiettivi della missione.
Non è possibile, costruire un sensore che acquisisca immagini a massima risoluzione geometrica,
spettrale e radiometrica contemporaneamente.
Infatti per ottenere immagini di radianza rappresentative della realtà a terra occorre che il segnale di
radianza registrato dal sensore sia molto maggiore
rispetto al “rumore” strumentale, cioè una qualsiasi variazione del segnale dovuta a fattori che non
siano l’oggetto di studio. Immaginiamo, infatti, di
avere a disposizione un sensore ad alta risoluzione
geometrica. Tali sensori sono caratterizzati da un
piccolo angolo di vista IFOV (Instantaneous Field of
View), il qual fatto comporta la visione di una piccola
porzione di suolo e conseguentemente verrà raccolta una piccola quantità di energia. Per aumentare la quantità di energia che riceve il sensore è
necessario diminuire la risoluzione spettrale oppure
quella radiometrica. Nel primo caso ci si accontenterà di bande piuttosto larghe, come nel caso dei
sensori pancromatici, solitamente operanti in una
banda unica che include tutto il visibile e parte del
vicino infrarosso, nel secondo si ridurrà la capacità
di distinguere lievi differenze di grigio e quindi di radianza. Nel caso contrario, invece, qualora si voglia,
ad esempio, un’alta risoluzione spettrale ci si dovrà
accontentare di una risoluzione geometrica bassa,
come nel caso degli strumenti multi e iperspettrali.
Si può perciò capire come nella progettazione di un
sensore si debbano bilanciare queste tre caratteristiche in funzione degli obiettivi, del tipo di superfici da indagare e delle caratteristiche operative di
rilevamento.
Figura 3.2.36 Il sensore MIVIS opera nel dominio dell’energia riflessa mediante tre differenti spettrometri in 92 bande distribuite come in figura.
Figura 3.2.38 Le immagini rilevate nella banda pancromatica dell’ETM+
hanno una risoluzione di 15 metri al suolo: due volte più precisa di quella
dello stesso sistema in modalità multispettrale. La larghezza di banda è
però più ampia.
Figura 3.2.37 Il sensore ETM+ montato sul Lansat-7, che opera ad
una distanza di 705 km, é uno strumento multispettrale che misura
l’energia riflessa in 6 bande distinte, con ampiezza maggiore; le immagini
TM coprono, però, una porzione di territorio molto più estesa con una
risoluzione geometrica di 30 m.
44
Figura 3.2.39 Le tre risoluzioni di un’immagine: un compromesso ai fini
dell’ottimizzazione del risultato.
Capitolo 3.2
3.2.12 Dalla foto al computer
Calcolo delle dimensioni dei pixel e dei byte. La
pellicola, tra quelle di grande formato, più utilizzata in Telerilevamento è il 9x9 pollici, in altre parole una dimensione in centimetri pari a 23x23 cm.
Se dovessimo acquisire con uno scanner questa
pellicola per poi riprodurla in stampa in formato
1:1 (senza alcun ingrandimento) alla risoluzione di
300 punti per pollice (è il valore necessario per
ottenere una stampa di buona qualità), quale sarà
la dimensione del file da noi generato?
Per saperlo dovremmo fare questo calcolo:
9 pollici x 300 punti = 2700 punti
9 pollici x 300 punti = 2700 punti
Questo significa che il numero complessivo dei
punti richiesti è di:
2700x2700 = 7.290.000 punti/immagine
Questi “punti” sono ovviamente dei “pixel”, che se
ripresi con un campionamento “normale”, contengono 8 bit (o 1 byte) ciascuno.
Proseguendo il nostro calcolo, se i nostri 7.290.000
pixel sono formati ciascuno da 1 byte di informazione ciascuno, allora:
7.290.000 pixel = 7.290.000 byte
È importante specificare che 1 Kb = 1024 byte
Abbiamo finalmente l’equivalenza tra numero di pixel
e dimensione del file che otteniamo, e se seguiamo
le equivalenze sopra citate, scopriamo che:
7.290.000 byte: 1024 = 7119 Kb
se desideriamo infine avere il valore in Mb, ovvero
nei termini più consueti, dovremo ulteriormente dividere questo valore per 1024, ottenendo:
7119: 1024 = circa 7 Mb.
Un’immagine per essere stampata quindi con una
risoluzione di 300 punti per pollice, di dimensione
pari a 9x9 (23x23 cm) occuperà, all’incirca 7 Mb
di spazio sul nostro computer.
Figura 3.2.40 L’immagine mostra i passaggi precedentemente descritti. La foto (a) della Sicilia da satellite, è stata scansionata (b) e così acquisita su
computer (c), pronta per essere studiata ed elaborata. La risoluzione utilizzata è stata di 360 punti per pollice, la pellicola ha il formato di 23X23 cm, a
voi la risoluzione di quanto è “pesante” l’immagine nel computer.
45