7 DELL`AMICO

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7 DELL`AMICO
Piero Dell’Amico · Francisca Pallarés
LE ANFORE DELLA LAIETANIA.
APPUNTI E RIFLESSIONI
I
numerosi lavori effettuati in Catalogna negli ultimi vent’anni hanno dato luogo
ad una serie di incontri, promossi dal Museo Archeologico di Badalona, che hanno avuto come tema principale il commercio del vino prodotto nella Laietania. 
Gli incontri hanno aperto nuovi orizzonti nella conoscenza di tale commercio nell’alta età imperiale romana ed hanno dato la possibilità di inquadrare tipologicamente e
cronologicamente quali siano stati i contenitori utilizzati per il trasporto del vino di
questa regione. Ne è risultato un quadro d’insieme che dimostra il grande successo
che il vino laietano ebbe per circa un secolo sui mercati occidentali, 2 nonostante Marziale l’abbia denominato faex laetana. 3
In particolare, le conoscenze sul commercio del vino laietano nel periodo che trascorre dalla metà del i sec. a.C. alla metà del i sec. d.C. hanno avuto negli ultimi anni
un notevole incremento in seguito alle ricerche ed agli scavi effettuati sia nel levante spagnolo sia nella Francia meridionale ma, soprattutto, grazie alla scoperta di una
trentina di relitti carichi di anfore che trasportavano vino prodotto in questa regione.
La Laietania
Sulla estensione territoriale della Laietania antica si è più volte dibattuto. Attualmente, l’ipotesi più accreditata è che il suo territorio si estendesse lungo la costa orientale

Nel prendere in considerazione articoli ed
opere di autori diversi per la stesura del presente
lavoro, gli scriventi hanno notato che le denominazioni relative alla Laietania ed alla Tarraconensis
erano riportate in differenti modi. In questa sede
tali termini verranno utilizzati ed intesi come segue : ‘Layetania’ è inteso in senso moderno, ‘Laietania’ è in senso antico, quindi anche il luogo dove
venivano prodotte le anfore ‘Laietane’ ; in relazione alla ‘Tarraconensis’ avremo anfore ‘Tarraconensi’, mentre geograficamente ci riferiremo alla
regione ‘Tarraconense’. ‘Tarragona’ è un nome
moderno e va quindi bene il termine ‘Tarragonese’ in riferimento all’origine di persone e cose
oppure alla regione o al circondario di Tarragona.
Sulla problematica del nome ‘Laietani’, vedi G.
Barbieri, Iaccetani, Lacetani e Laeetani, « Athenaeum », vol. xxi n.s. (a. xxxi della Rivista), 943,
pp. 3-2. Il nome laeetani è testimoniato da una
iscrizione di età flavia (cil, ii, 4226) : vedi G. Barbieri, Il ‘Praefectus Orae Maritimae’, « Rivista di
Filologia e d’Istruzione Classica », a. xix n.s. (lxix
della Rivista), 94, pp. 268-280.
2
La viticoltura della regione Laietana era mol-
to produttiva (Plinio N.H., xiv, 7). Molto probabilmente il vino d’annata laietano veniva esportato
con navi cariche di sole anfore oppure a complemento del carico delle cosidette navi a dolia – navi
cisterna dell’antichità – che contenevano prevalentemente del vino sfuso. Le ricerche archeologiche effettuate nel corso degli ultimi anni lungo
il litorale laietano dimostrano che la regione fu
interessata da una densa e precoce colonizzazione non solo urbana ma anche agricola, secondo il
modello coloniale romano che prevedeva la ripartizione in lotti di terra individuali ( Josep Guitar i
Duran, La Laietània : el context històrico-arqueològic
com a marc interpretatiu de la producció i comerç del vi
a la regió, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò
i comerç al Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui
d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i  de Desembre de 985, Museu de Badalona, 987, « Monografies Badalonines », 9, p. 45).
Ancora oggi nella struttura agraria del territorio
di Barcellona predominano gli appezzamenti di
piccola e media grandezza, mentre in numero
molto inferiore sono presenti i latifondi.
3
Mart. Ep. i, 26, 9.
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della Penisola Iberica situato tra il fiume Tordera e il massiccio di Garraf, mentre il
suo limite interno era costituito dalla Cordigliera Prelitoral, che ha un andamento
quasi parallelo alla costa. Questa regione coincideva quindi in linea di massima con
l’attuale provincia di Barcellona e comprendeva le attuali ‘comarche’ del Maresme,
del Barcelonés, del Baix Llobregat e del Vallés Orientale e Occidentale (Fig. 38).
Il regime idrico naturale della Layetania è costituito dai fiumi e dai rii che nascono
nella duplice Cordigliera ‘costero-catalana’ e che, dipendendo dal regime pluviale di
tipo mediterraneo, sono caratterizzati da portate scarse ed irregolari.
Tra questi corsi d’acqua si annoverano i fiumi Llobregat e Besós,  che attraversando
trasversalmente la Cordigliera del Litoral costituiscono delle importanti vie di penetrazione e di collegamento con l’interno.
Il Llobregat, l’antico Rubricatus, è considerato un fiume prepirenaico a regime
pluvio-nevoso attenuato. Nasce nei Pirenei e sbocca in mare a sud di Barcellona.
La sua portata, nel quadro del regime idrico catalano, viene considerata notevole.
Alla foce forma un piccolo delta di modesto avanzamento (nel 969 era di un metro
all’anno). 2 La parte bassa del fiume, tra Martorell ed il mare, è conosciuta oggi come
la ‘Comarca del Baix Llobregat’. Le caratteristiche del delta del Llobregat erano particolarmente adatte alla presenza di un porto, anche con considerevoli strutture atte
al suo funzionamento.
Il Besós nasce invece nella depressione del Vallés e la segue fino ad attraversare
la Cordigliera del Litoral, dopo la quale sbocca in mare tra le città di Barcellona e
Badalona. La sua portata è scarsa ed irregolare con notevoli siccità estive e crescite
pericolose in primavera ed autunno. Per queste caratteristiche, diverse da quelle del
Llobregat, non poté probabilmente essere utilizzato anticamente come porto fluviale. Non risultano, infatti, ritrovamenti che permettano di supporre l’esistenza di un
porto, anche se non è da escludere che, in determinati periodi dell’anno, la foce del
Besós venisse utilizzata come approdo fruibile dalla città di Badalona (Baetulo).
Gli altri rii si trovano per la maggior parte nel Maresme e sono di minor importanza ai fini di un utilizzo come approdi, ma sono stati fondamentali per il rifornimento
delle argille che hanno consentito la creazione delle numerose officine per la fabbricazione delle anfore caratteristiche di questa regione.
I relitti 3
Proponiamo qui di seguito, attraverso dei brevissimi compendi, un elenco dei principali e più significativi relitti sui quali è stata rilevata la presenza di anfore prodotte

Diccionario Enciclopédico Salvat, t. 4, sub voce
Besós, Barcelona, 970, p. 443 ; t. 6, sub voce Cataluña, San Sebastián, 970, p. 349 ; t. 4, sub voce Llobregat, Barcelona, 972, p. 330.
2
L’avanzamento del delta è stato successivamente calcolato in ,5 m all’anno anche se ci
sono stati degli arretramenti significativi in alcune
epoche. Questo fenomeno è dovuto a vari fattori
concomitanti (Maria Angeles Marqués, Algunas
caratterísticas del delta del Llobregat, in i Coloquio
acerca del plà de Barcelona. Rasgos físicos y poblamiento antiguo, Barcelona, Catedra ‘Ciudad de
Barcelona’, Museo de Historia de la Ciudad, 977,
« Cuadernos de Arqueologia e Historia de la Ciudad », n. xvii, pp. -6), primo tra i quali gli intensi
disboscamenti.
3
I relitti che, con maggiore o minore certezza,
hanno un carico composto esclusivamente, prevalentemente o parzialmente da anfore di produzione laietana sono molto più numerosi di quelli di
cui proponiamo in questa sede un breve compendio. Per un elenco e qualche informazione su tali
relitti, vedi X. Nieto, X. Raurich, El transport naval
de vi de la Tarraconense, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti
del ii Colloqui Internacional d’Arqueologia Romana,
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nella Laietania. L’elencazione verrà stilata in senso geografico, in base al luogo di
ritrovamento del relitto, da Ponente verso Levante.
Cala Vellana o Avellana (presso Es Grau, Minorca, Isole Baleari). Il relitto, abbondantemente saccheggiato, è oggi noto grazie ad informazioni non ancora pubblicate
ed alla conoscenza di materiali appartenenti a collezioni private. Dal relitto sono stati
recuperati un gran numero di frammenti di Dressel 2-4 che si stima rappresentino
almeno 200 esemplari.
Una sola anfora, rinvenuta quasi intatta, si isola dal gruppo delle Dressel 2-4. Si
tratta di un recipiente a corpo ovoidale con argilla fine e ben depurata di color beige
grigiastro del quale non viene proposta un’identificazione.
Tra i relitti con Dressel 2-4 tarraconensi che hanno restituito ceramica fine, Cala
Vellana è l’unico in cui quest’ultima è stata prodotta dalle officine del Sud della Gallia.
Tale ceramica conferma l’impressione già data dalle anfore e cioè che il relitto di Cala
Vellana sia senza dubbio uno dei più tardi con questo tipo di carico, ma la sua datazione non dovrebbe comunque andare che di qualche anno oltre la metà del i sec. d.C. 
Le Dressel 2-4 di questo relitto, che non hanno restituito bolli, devono considerarsi
delle Dressel 2 evolute (Fig. 22.). Il puntale caratteristico, con umbone molto prominente, trova un preciso confronto con un puntale rinvenuto a Can Cabot (Santa Eulalia de Ronçana, Vallés) datato (dal bollo) al pieno i sec. d.C., 2 ed, inoltre, a Cartagine
(Fig. 24.2), con un’anfora datata all’incirca al secondo quarto del i sec. d.C., 3 nonché
con i contenitori dei relitti Cavallo I (Fig. 9.2), datato al secondo quarto del i sec.
d.C., Gran Rouveau (Fig. 5.3) e Petit Congloué (Fig. 3., 2 e 3), entrambi datati alla
metà del i sec. d.C. Nei due ultimi confronti proposti l’umbone del puntale è appena
accennato.
Berà o Barà (Roda de Berà, Tarragonés). Di questo relitto, di cui si hanno poche
informazioni e che ha subito spoliazioni a partire dal 968, restano solo una dozzina
di anfore, alcuni colli e qualche pancia, tutte di Dressel 2-4, conservate al Museo Nazionale di Archeologia di Tarragona. 4
Le Dressel 2-4 del relitto di Barà sembrano potersi inserire nella forma 2 del Dressel
(Fig. 2).
Les Sorres iii (Gavà, Barcellona, Baix Llobregat). Durante i lavori di sbancamento
effettuati lungo la strada che da Villadecans porta a Castelldefels per procedere all’estrazione di materiali da costruzione – sbancamenti che sono arrivati fino a 20 metri sotto il livello del mare – è stata individuata una lingua di sabbia che, anticamente,
Badalona 6-9 de Maig de 998, Museu de Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, pp. 337 ed R. Étienne, F. Mayet, Trois clés de l’économie
de l’Hispanie romaine. i - Le vin hispanique, Paris,
Diffusion E. de Boccard, 2000, pp. 237-245.

M. Corsi-Sciallano, B. Liou, Les épaves de
Tarraconaise à chargement d’amphores Dressel 2-4,
« Archaeonautica », 5, 985, pp. 54-57.
2
P. Berni Millet, C. Carreras Montfort, V.
Revilla Calvo, Sobre dos nuevos Cornelii del vino
Tarraconense, « Laietania », Estudis d’Historia i
Arqueologia del Maresme, Secció arqueológica,
Pubblicats dal Museo Comarcal del Maresme-Matarò, , 998, p. 22.
3
J. Freed, Stamped Tarraconensian Dressel 2/4
Amphoras at Carthage, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental,
Atti del ii Col.loqui Internacional d’Arqueologia
Romana, Badalona 6-9 de Maig de 998, Museu de
Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, p.
355, Fig. , n. 4 e p. 350.
4
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., pp. 5354 ; X. Nieto, X. Raurich, op. cit., pp. 9-20.
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delimitava uno specchio d’acqua, ben protetto, profondo dai 5 ai 2 metri. Tale zona
costituì in epoca preromana e romana un importante punto di approdo ed i numerosi materiali recuperati in passato dimostrano che in essa ebbe luogo una attività
piuttosto intensa. Le prospezioni ivi effettuate all’inizio degli anni Ottanta del secolo
scorso hanno restituito materiali che confermano l’utilizzo del luogo come approdo
nel periodo che trascorre tra la tarda Repubblica e l’alto Impero romano. Tali materiali sono distribuiti in un modo che rende possibile delimitare 9 zone di ancoraggio
nonchè i resti di almeno 6 relitti. Tra questi è da annoverare un relitto a dolia – i dolia
apparivano rotti ma i frammenti poggiavano ancora su alcune strutture lignee – con
anfore Dressel 2-4 della Tarraconense e lingotti di piombo di 43 Kg di peso. 
Palamós o Illes Formigues i (Palamòs, Baix Empordà). Scoperto nel 958, il relitto di
Illes Formigues i, precedentemente noto come ‘Pecio de Palamós’, è stato soggetto,
attraverso gli anni, a diverse controversie amministrative e legali. Gli interventi sul
relitto hanno portato complessivamente al ricupero di 34 anfore (Fig. 3., 2 e 4 e Fig.
4) – rimaste per molto tempo non identificate e successivamente attribuite al tipo
Laietana , di cui una bollata l.volteil – ed alla scoperta di parte delle strutture lignee
dello scafo.
La datazione del relitto è stata dapprima posta nel periodo 50 a.C.-0 e successivamente al 00-50 a.C. 2
Els Ullastres i (Palafrugell, Baix Empordà). Di questo relitto, giacente alla profondità di 52 metri, non resta molta documentazione, nonostante le numerose campagne
di scavo di cui è stato oggetto. Indicativamente, tra depositi, musei e collezioni private, sono state contate 262 anfore di tipo Pascual , delle quali poco meno del 50% sono
integre 3 (Figg. 7 e 8.-4).
Al momento della scoperta il cumulo di anfore era compatto e si innalzava dal fondale fangoso. Le anfore erano, in generale, simili, sebbene fosse possibile individuare
almeno tre varianti. Un certo numero di esse era bollato, sull’orlo o sul puntale, con
una singola lettera.
Ad una delle estremità del relitto le anfore giacevano in quattro strati ed un’ancora
di ferro si trovava al di sopra del mucchio. Sul carico sono stati rinvenuti anche dei
tubi plumbei, probabilmente facenti parte dell’impianto della pompa di sentina.
Non è stato rinvenuto vasellame o altri elementi datanti, per cui è stata proposta
per il relitto una cronologia piuttosto ampia, tra il 50 a.C. ed il 25 d.C. 4
Cova de l’Infern (Cadaqués, Girona, Alt Empordà). Nel luogo, conosciuto dal 956,
venne inizialmente indicata l’esistenza di due dolia. Citazioni successive riguardano la

I. Pere, Algunes observacions sobre l’ancoratge
de “Les Sorres” al delta del riu Llobregat, in El vi a
l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui d’Arqueologia
Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i  de
Desembre de 985, Museu de Badalona, 987,
« Monografies Badalonines », 9, pp. 33-39 ; X.
Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 20, con bibliografia
precedente.
2
C. Vidal, G. R. Pascual, El pecio de Palamós, in
Atti del iii Congresso Internazionale di Archeologia Sot-
tomarina, Barcellona 96, Museo Bicknell – Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 97,
pp. 7-26 ; F. Foerster, R. P. José, Barberà, El pecio romano de Palamos, cris – Centro de Recuperacion e Investigaciones Submarinas, Spagna, 987 ;
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., pp. 4-5.
3
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., pp. 8-9.
4
A. J. Parker, Ancient Shipwrecks of the Mediterranean & the Roman Provinces, « British Archaeological Reports – International Series », 580, Oxford 992, p. 439.
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presenza di un solo dolium, di cui si conserva l’orlo (diam. 60 cm) con parte del corpo,
proveniente dalla zona antistante la Cova de l’Infern. I numerosi altri frammenti di
anfore che si trovavano in questo sito avrebbero costituito il nucleo centrale del relitto. Una successiva prospezione (985) non ha consentito di ritrovarne i resti. 
Cala Bona i (Cadaqués, Alt Empordà). Relitto depredato dai corallari negli anni 970.
Di esso si conoscono 33 anfore di tipo Laietana , di cui una con bollo l.fvl.lic. Rinvenute anche alcune lucerne, di tipo indeterminato. Tre di esse sono simili, in alcuni
aspetti, alla Dressel 3.
Non viene proposta alcuna datazione 2 ma, sulla base della tipologia delle lucerne,
si potrebbe forse ipotizzare una cronologia all’età tardo repubblicana. 3
Cala Culip i (Cadaqués, Alt Empordà). Le prime informazioni su questo relitto risalgono al 98, quando dei corallari di Cadaqués ricuperarono alcune anfore. I resti
di relitti all’interno di Cala Culip sono numerosi e durante il recupero di materiali
effettuato nel 958 non sono stati individuati i differenti giacimenti, per cui non si sa
da quale dei relitti di Cala Culip provengono le Pascual  presenti nel contesto dei
materiali pubblicati da M. Oliva. Una ricognizione effettuata nel 984 ha consentito di
recuperare numerosi frammenti di anfore Pascual , attribuibili al relitto denominato
Cala Culip i. 4
Cala Culip iii (Cadaqués, Alt Empordà). Durante i lavori del 958, diretti da M. Oliva Prat, citati al punto precedente, viene individuato, all’imboccatura della Cala,
un campo di frammenti di anfore. Lavorando con la sorbona per recuperarli, viene estratto anche un ceppo plumbeo di ancora. Da quel momento il giacimento è
stato sistematicamente depredato da parte dei subacquei sportivi. Una prospezione
effettuata nel 984 non ha consentito di localizzare il sito, ad eccezione di un collo di
anfora Pascual . 5
Cap de Creus i (Cadaqués, Alt Empordà). Il materiale risulta disperso lungo un declivio che va dalla superficie a 20 metri di profondità. Nonostante la dispersione il
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 20. Nieto e
X. Raurich pongono questo relitto tra quelli carichi ‘con dolia e anfore Dr. 2-4’ (Ivi, p. 2) ma, in
realtà, non è chiaro in base a quali dati concreti si
basi tale attribuzione. M. Oliva, cui si riferiscono
Nieto e Raurich, pubblica dei materiali proveniente da sondaggi effettuati in momenti diversi « en
la punta de Levante del freo de La Clavaguera,
término de Cadaqués, en la región oriental del
cabo de Creus » (O. Prat Miguel, Estado actual de
la arqueologia submarina en la Costa Brava (Gerona,
España). Ultimas prospecciones y hallazgos. Avance
para un estudio de conjunto, in Atti del ii Congresso
Internazionale di Archeologia Sottomarina, Albenga
958, Museo Bicknell – Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 96, p. 237) – non viene
direttamente citata, quindi, la Cova de l’Infern
– tra i quali si possono forse riconoscere frammenti pertinenti delle Dressel 2-4 ma anche delle

Pascual  (Ivi, pp. 239-242). In definitiva, riteniamo
che non ci siano dati sufficienti per attribuire con
certezza ad un determinato tipo le anfore di questo relitto, a meno che non siano disponibili altre
informazioni o materiali dei quali chi scrive non è
a conoscenza.
2
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 4.
3
R. Bailly, Essai de classification des marques de potiers sur lampes en argile dans la Narbonnaise, in Cahiers
Ligures de Préhistoire et d’Archéologie, , ère Partie,
962, pp. 79-27, con tav. f.t. ‘Typologie et chronologie des lampes romaines’, ‘Rifusione’ di N. Lamboglia della ‘Tavola’ delle lucerne di H. Dressel.
4
M. O. Prat, op. cit., pp. 232-238 ; X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 7. Vedi anche J. Nieto Prieto et alii,
Excavaciones arqueològiques subaquàtiques a Cala Culip,
i, in Serie Monografica, n. 9, Centre d’Investigaciones
Arqueologiques de Girona, Girona 989, p. 9.
5
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 7.
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materiale, completamente frammentario, è tutto pertinente ad anfore Pascual  e ciò
consente di supporre che si tratti di un relitto. 
Cap del Vol (Port de la Selva, Alt Empordà). Il carico di anfore Pascual  del relitto
di Cap del Vol è stato completamente spoliato negli anni ’60 del secolo scorso. Degli
scavi, effettuati nel periodo 978-980, hanno portato al recupero di frammenti di Pascual , molti dei quali bollati, e di ceramica comune probabilmente pertinente alle
dotazioni di bordo. Resti dello scafo.
La datazione è agli ultimi anni del i sec. a.C.-primi anni del i sec. d.C. 2
Cala Cativa i (Port de la Selva, Alt Empordà). Questo giacimento è noto poiché è
stato uno dei primi ad essere interessato da un intervento con finalità scientifiche.
Risale al 894, infatti, il recupero di 62 anfore, di tipo Pascual , delle quali 43 erano
praticamente integre. Nonostante ciò, i successivi interventi ufficiali sono risultati infruttuosi, mentre i recuperi sono continuati clandestinamente fino a giungere ad una
pressoché completa spoliazione del relitto. 3
Cap Béar  (Port-Vendres, Pyrénées-Orientales). Il carico, costituito da anfore Pascual
, è stato quasi interamente spoliato. Qualche anfora mutila è stata ancora rinvenuta
durante una ricognizione nel 976. Dalle informazioni possedute sembra che il numero di anfore del carico originario non fosse elevato, per cui si sarebbe trattato di un
piccolo natante. 4
Cap Béar 3 (Port-Vendres, Pyrénées-Orientales). Il grosso del carico era costituito da
circa 200 Dressel B, con una trentina di Pascual  ed una dozzina di Dressel 2. I soli
bolli rilevati erano su Pascual .
Le piccole dimensioni del relitto, unitamente al fatto che le Dressel B e le Dressel
2 sono ‘sicuramente’ venute, rispettivamente, dall’Italia e dalla Betica, fanno pensare
che si trattasse di una nave che operava un commercio di ridistribuzione.
La datazione è al terzo quarto del i sec. a.C. 5
Viene spontaneo chiedersi se le Dressel B sono state attribuite a produzioni dell’Italia per via dell’argilla (o altre caratteristiche) oppure se lo sono state, ci sia consentito di dire, automaticamente, in base alla sola ragione della loro tipologia, come
sembra essere avvenuto per l’attribuzione delle Dressel 2 alla Betica. 6
La domanda è lecita, a maggior ragione, se vediamo che successivamente le Dressel B di questo relitto sono state, per lo meno in parte, attribuite alle produzioni
tarraconensi. 7
Ibidem.
F. J. Nieto, F. Foerster, El pecio romano del
Cap del Vol (Campañas de 1978 y 1979), « Cypsela »,
iii, 980, Diputaciò de Girona – Servei d’Investigacions Arqueologiques, pp. 63-77 ; F. J. Nieto
Prieto, El pecio del Cap del Vol. Nuevas aportaciones,
« Cypsela », iv, Centre d’Investigacions Arqueologiques de Girona, 982, pp. 65-68 ; X. Nieto, X.
Raurich, op. cit., pp. 5-6.
3
A. Ribera, Il primo lavoro di archeologia sottomarina realizzato in Occidente, in Atti del ii Congresso
Internazionale di Archeologia Sottomarina, Albenga

2
958, Museo Bicknell – Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 96, pp. 29-220 ; X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 6.
4
B. Liou, L’exportation du vin de Tarraconaise
d’après les épaves, in El vi a l’Antiguitat. Economia,
producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del i
Colloqui d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30
de Novembre i  de Desembre de 985, Museu de
Badalona, 987, « Monografies Badalonines », 9, p.
5
273.
Ibidem.
6
Ivi, p. 273, nota 3.
7
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., pp. 24-25.
le anfore della laietania
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Port-Vendres 4 (Port-Vendres, Pyrénées-Orientales). Il giacimento è costituito da numerosi frammenti di Pascual , soprattutto colli e puntali. Successivamente sono stati
ricuperati dei frammenti di un grosso dolium. Quattro puntali sono bollati. 
Port-Vendres 5 (Port-Vendres, Pyrénées-Orientales). Sul relitto sono attestate circa
50 Pascual , meno di una dozzina di Dressel 2-4 iberiche e altre anfore di probabile
(Haltern 70, Dressel 0) o dubbia (Oberaden 74) identificazione, nonché cinque placche grezze di marmo di Carrara.
Il naufragio è datato tra la fine del i sec. a.C. e gli inizi del i sec. d.C. 2
Pointe Debie  (Île de Pomègues, Rada di Marsiglia). Si tratta di un carico eterogeneo
composto da anfore Dressel 7-, Beltran iiB, Pelichet 47 e Dressel 2-4 della Tarraconense. Una sola ansa può essere attribuita al tipo Dressel 20, ma essa non compromette l’omogeneità cronologica del relitto il cui naufragio deve essersi prodotto ‘nel
corso del i sec. d.C.’ e la cui origine è da ‘situarsi nella penisola iberica’. 3
Sud-Caveaux  (Île de Pomègues, Rada di Marsiglia). Il relitto, giacente ad una profondità di 63-64 metri, è lungo circa 0-2 metri e la parte principale del suo carico è
costituita da anfore di tipo Lamboglia 2, tutte riutilizzate per il trasporto di resina di
pino. Il riuso spiega il perché i contenitori non presentano alcuna omogeneità e ci
sono numerose differenze morfologiche, in quanto sono probabilmente stati prodotti
in officine diverse.
Alle estremità della nave, cinque anfore, verosimilmente originarie della Laietania,
costituiscono un piccolo complemento del carico. Si tratta di un esemplare di Oberaden 74 (Fig. 36.2), di uno di Tarraconense  4 (Fig. 3.3) e di tre anfore tarraconensi di
forma atipica che il Long propone di denominare ‘Laietana 2’ (Fig. 2).
Rinvenute anche tre anforette a fondo piatto del tipo Bertucchi 6b che facevano
probabilmente parte delle dotazioni di bordo.
Il relitto viene datato tra il 40 ed il 20 a.C., ritenendo accettabile una data attorno
al 30 a.C. 5
Planier  (Îlot du Planier, rada di Marsiglia). Tutte le anfore del relitto sono delle
Dressel 2-4 tarraconensi. In esse sono stata identificate due varietà di argilla che si
distinguono nettamente l’una dall’altra. Non sembra tuttavia vi sia una relazione
tra tali differenze e quelle, molto sensibili, nelle dimensioni e forme dei contenitori.
Appare interessante che i due contenitori che sono maggiormente differenziati per
dimensioni e forma abbiano, praticamente, lo stesso peso (a vuoto) e la medesima
B. Liou, op. cit., p. 274.
C. Descamps, M.-P. Jezegou, La Mirande,
Port-Vendres 5, « Bilan scientifique de la Direction
des Recherches Archéologiques Sous-Marines »,
Ministère de l’Éducation Nationale et de la Culture, Direction du Patrimoine, Sous-Direction de
l’Archéologie, 992, p. 33.
3
Recherches sous-marines, « Gallia Informations.
Prehistoire et Histoire », Ed. du cnrs, 987-988-,
pp. 4-5.
4
Richiamiamo l’attenzione sul fatto che tale

2
anfora è tra quelle che in questa sede abbiamo
sottratto al tipo ‘Laietana ’ e posto nel tipo ‘Tarraconense ’ o ‘Laietana 3’ : vedi sotto.
5
L. Long, Lucius Volteilius et l’amphore de 4ème
type. Découverte d’une amphore atypique dans une
épave en baie de Marseille, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental,
Atti del ii Colloqui Internacional d’Arqueologia Romana, Badalona 6-9 de Maig de 998, Museu de Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, pp.
34-349.
60
piero dell ’ amico · francisca pallarés
capacità : 3,9 Kg e 27,5 lt per il più alto e 4, Kg e 28 lt per il più basso, con un rapporto
capacità/peso prossimo a 2 e quindi particolarmente favorevole.
La data del naufragio viene posta attorno al 5 d.C. 
Le anfore del relitto possono identificarsi, a nostro avviso, in numerose varianti
della forma Dressel 3 (Figg. 25-26).
Petit Congloué (Îlot du Petit Congloué, rada di Marsiglia). Situato dinanzi alle coste
marsigliesi, conservatosi pressoché in piano sulla chiglia a 60 metri di profondità, il
Petit Congloué è il meglio conservato tra i relitti a dolia. Scoperto nel 969, è stato
oggetto di spoliazioni da parte dei clandestini per molti anni fino a quando, dichiarato
ufficialmente nel 98, sono stati effettuati tre interventi ‘ufficiali’, dei quali uno di
prospezione e due, impegnative vista la profondità, campagne di scavo (queste ultime
effettuate negli anni 98 e 982). Il fotomosaico eseguito nel 982 rivela che si tratta
di un carico di 5 dolia di grandi dimensioni (circa 2 m di diametro) collocati in tre file
longitudinali nella parte centrale – lunga circa 0 m e larga 6 m – del relitto. La lunghezza totale della nave è stata stimata in 22-23 m.
A prua e a poppa si conserva parte del carico di anfore. Si tratta di contenitori
Dressel 2-4 della Tarraconense 2 collocati, a quanto si ritiene, in tre strati sovrapposti.
Soltanto alcune delle anfore recuperate presentano bolli.
Il peso a vuoto delle anfore è compreso tra 6 Kg e 8 Kg, con una media di 7,3 Kg,
mentre la capacità oscilla tra i 23 ed i 30 litri – mediamente 26,56 lt – per cui risulta un
rapporto medio capacità/peso a vuoto di ,53.
Anche un certo numero di anfore a fondo piatto galliche fa parte del carico. Tali
anfore, rappresentate per ora da 28 esemplari tra contenitori interi ed in frammenti,
erano collocate lungo le fiancate, il che ha fatto supporre che siano state imbarcate per
ultime in qualche porto del meridione francese (Narbona, Marsiglia o La Napoule). Si
tratta di contenitori di tipo Gauloise 3 (della Narbonese, Atelier de Cornilhan, Hérault),
la cui capacità è stata calcolata tra i 29 e i 30 litri, con un peso a vuoto di 0 Kg.
Mancano, al momento, dati certi per stabilire la datazione. Tuttavia, uno dei dolia
reca i bolli c. piranvs felix e c. piranvs philomvsvs per cui, dal confronto coi bolli dei
relitti di Diano Marina e dell’Ile Rousse, è stata proposta una datazione alla metà del
i sec. d.C. 3
Le anfore di questo relitto, che presentano diverse varianti, devono a nostro avviso
considerarsi del tipo Dressel 2 (Figg. 3-4).
Pointe Lequin 3 (Île de Porquerolles, Hyères). Carico eterogeneo di provenienza prevalentemente ispanica costituito, essenzialmente, di anfore Dressel 2-4 della Tarraconense e di qualche anfora vinaria gallica. Alcune anfore betiche Dressel 7- completavano il carico oppure facevano parte del materiale di bordo.
A quest’ultimo va ascritto anche un lotto di vasellame in Terra Sigillata aretina, tra
il quale vengono segnalati degli inusuali e sconosciuti piatti quadrati o rettangolari.
I reperti permettono di datare il relitto ad epoca neroniana. 4 Tale datazione ne fa
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., pp. 7-25.
Una sola Dressel 2-4 sembra essere di origine
campana.
3
B. Liou, op. cit., p. 275 ; M. Corsi-Sciallano, B.
Liou, op. cit., pp. 26-43.

2
4
Recherches sous-marines, « Gallia Informations.
Prehistoire et Histoire », 987-988-, Ed. du cnrs,
p. 35.
le anfore della laietania
61
uno dei relitti più recenti, unitamente a quello di Marina di Fiori (vedi sotto), con
anfore Dressel 2-4.
L’unica anfora, mancante del puntale, di cui conosciamo il disegno può considerarsi una Dressel 2 (Fig. 22.2).
Grand-Rouveau (Baia di Bandol, Var). Il relitto è stato saccheggiato nel corso degli
anni. Il carico era costituito da Dressel 2-4 che risultano molto omogenee sia come argilla che come taglia : le differenze morfologiche di dettaglio devono essenzialmente
attribuirsi al carattere artigianale della fabbricazione.
Tutti i bolli sono situati sui puntali dei contenitori ; su 68 puntali sono stati rilevati
30 marchi.
La cronologia del relitto è posta attorno alla metà del i sec. d.C. 
I contenitori del Grand-Rouveau sono da inserirsi, ad opinione di chi scrive, tra le
Dressel 2 (Figg. 5-7).
Les Fourmigues (Hyères, Var). Il sequestro di 3 anfore intere e altri frammenti notevoli ha fatto pensare che essi appartenessero incontestabilmente ad un relitto. Informazioni successive hanno permesso di posizionare il relitto – prima indicato, in modo
palesemente inesatto, al largo della punta d’Escampobariou – non lontano dagli scogli conosciuti col nome di ‘Fourmigues’, situati nei pressi della penisola di Giens.
L’attribuzione di queste anfore alle produzioni tarraconensi è stata fatta basandosi
sui bolli piuttosto che sulle loro ‘caratteristiche morfologiche e tecniche’.
Dei 33 bolli presenti soltanto 7 sono situati sul puntale.
Non possedendo altri reperti all’infuori delle anfore, non viene proposta una cronologia precisa. 2
Le anfore di questo relitto possono ascriversi alla forma 2 del Dressel (Fig. 8).
Dramont B (Saint-Raphaël, Var). Alle anfore Dressel 2-4 tarraconensi si unisce, proveniente dal relitto, la parte superiore di un’anfora spagnola, che si ritiene possa confrontarsi con i contenitori del relitto di Palamós (vedi sopra), ed un’anforetta biansata.
Le Dressel 2-4 del Dramont B hanno un peso a vuoto variabile dai 7,2 ai 9,6 Kg (in
media, 8,5 Kg) per una capacità che varia tra i 26,4 ed i 27,2 litri (mediamente, 26,8 lt),
con un rapporto capacità/peso che si aggira intorno a ,50.
Alcuni frammenti corrosi di ‘ceramica aretina’ avevano fatto proporre una datazione alla fine del I sec. a.C. ; successivamente, un frammento di ceramica iberica ha
portato ad inquadrare il relitto sempre in epoca augustea ma, più precisamente, ai
primi anni del i secolo d.C. 3
I contenitori tarraconensi di questo relitto possono definirsi Dressel 2-3 in quanto
presentano delle caratteristiche morfologiche e dimensionali intermedie tra la forma
2 e la forma 3 del Dressel (Figg. 33-34).
Chrétienne H (Saint-Raphaël, Var). Il carico era composto da Dressel 2-4 della Tarraconense disposte in un solo strato sopra la zavorra costituita da sabbia, ghiaia e grossi
ciottoli.
Il peso di queste anfore varia da 3,7 a 20 Kg (mediamente, 7 Kg) con una capacità
variante da 22,9 a 28,5 litri (in media, 25-27 lt).

65.
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., pp. 44-
2
3
Ivi, pp. 66-70.
Ivi, pp. 7-77.
62
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Il relitto Chrétienne H è quello in cui, incontestabilmente, è presente il maggior
numero di anfore bollate : 07 dei pezzi recuperati possiedono un bollo, ossia il 62,5%
del totale. I bolli, molto sovente doppi, sono prevalentemente sui puntali.
Gli scavi hanno permesso di recuperare un certo numero di anfore di tipologia
diversa : tre Dressel 9-0, una Dressel 7, una piccola anfora di tradizione punica ed una
di tradizione rodia (Dressel 43) nonché una piccola anfora a fondo piatto.
Il naufragio viene datato al primo quarto del i sec. d.C. (5-25 d.C. ?) 
Le Dressel 2-4 di questo relitto (Figg. 27-28) possono ascriversi alla forma 3 ma, nella
loro fabbricazione, si manifesta una forte influenza della Dressel 5, soprattutto nella
forma delle anse, quasi ‘cornute’ e, in alcuni casi, arcuate.
Sul relitto è presente anche un’anfora a corpo ovoide, non impeciata, che viene
identificata, non è ben chiaro se con riserva o meno, come Dressel 20 arcaica. 2
La Giraglia (estremità Nord di Cap Corse, Corsica). Situato nella parte più settentrionale della Corsica, giace a 20 metri di profondità e si presenta completamente
distrutto, con il carico ridotto in frammenti più o meno grandi.
È stata accertata la presenza di sette dolia grandi, mentre la posizione dei frammenti di doliola indica che essi erano collocati all’estremità del campo dei dolia, tra questi
ultimi e le anfore.
Il bollo sui dolia ...]tes/pira(ni).cer(donis)s(ervus).f(ecit), indica uno schiavo, di
nome greco, di C. Piranus Cerdo.
La capacità dei dolia è stata stimata tra 253 e 2742 litri.
Il carico era completato da anfore tarraconensi Dressel 2-4, con bolli di Can Tintorer e Can Pedrerol (Baix Llobregat). Rinvenuti anche pochi frammenti di anfore
Dressel 2-4 italiche e qualche frammento di anfora gallica.
Il tipo di anfore ed alcuni frammenti di sigillata aretina hanno portato a datare il
naufragio all’epoca di Tiberio. 3
Dell’unica anfora parzialmente preservata, mancante della parte superiore, si dice
che essa presenta delle caratteristiche ‘esattamente uguali’ a quelle dei relitti Dramont B e Diano Marina. 4 Tale considerazione ci convince solo in parte, in quanto è
opinione di chi scrive che per l’anfora in oggetto valgano le stesse osservazioni fatte
per le anfore del Dramont B e cioè che si tratti di caratteristiche intermedie tra la
forme 2 e 3 del Dressel.
Ile-Rousse (Alta Corsica). Il relitto è stato scoperto nel 97 a 3 metri di profondità.
Sparsi su una superficie di 250 mq c’erano frammenti di dolii e di anfore Dressel 2-4,
in disordine ed erosi dal mare.
I frammenti maggiori attestano la presenza di almeno cinque dolia ed hanno permesso di avere un’idea delle loro dimensioni, che è di circa ,70 m di diametro.
Ivi, pp. 78-94.
Tale anfore viene, ad un certo punto, indicata con certezza come Dressel 20 arcaica (« il
s’agit très certainement d’une amphore à huile de
Bétique, d’une Dressel 20 d’un modèle encore archaïque ») (M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., p.
92) ma nella figura, riportata alla pagina seguente
(Ivi, p. 93, Fig. 75) la didascalia recita « Dressel 20
archaïque ( ?) ».
3
P. Sibella, “La Giraglia” Dolia Shipwreck, Cor
2
sica, France, 1st. century A.D., « Archeologia delle
Acque », a. i, 2, Luglio-Dicembre 999, pp. 39-52 ;
M. Sciallano, S. Marlier, Épave de la Giraglia, « Bilan Scientifique du Département des Recherches
Archéologiques Subaquatiques et Sous-marines »,
Ministère de la Culture et de la Communication,
Direction de l’Architecture et du Patrimoine,
Sous-Direction de l’Archéologie, 999, pp. 70-72.
4
P. Sibella, op. cit., p. 47 ; vedi anche Fig. , p.
45.
le anfore della laietania
63
Su quattro di essi vi è il bollo in p.p. c piranvs primvs fe ed in uno solo l. licinivs
fortunatvs fe. Un frammento presenta un graffito, costituito da quattro linee verticali, nella parte alta della pancia.
Non si dispone di forme complete delle anfore Dressel 2-4 del relitto dell’Ile-Rousse ma, a giudicare dai frammenti, tra i quali vi sono dei puntali massicci, si pensa di
essere in presenza della varietà alta e robusta rappresentata dalle anfore dei relitti
del Grand Rouveau e di Cavallo , alle quali sono apparentate anche dai bolli e dai
graffiti.
L’argilla è di color rosso-mattone piuttosto chiaro con degli abbondanti inclusi
bianchi.
Sempre in base al confronto con i due relitti di cui sopra, il naufragio dell’Ile-Rousse viene datato alla metà del i secolo d.C. 
La dichiarata similitudine tra le anfore dei relitti del Grand Rouveau e di Cavallo 
con quelle dell’Ile Rousse fanno pensare che anche i contenitori di quest’ultimo possano essere inseriti nella forma 2 del Dressel.
Dei 0 bolli rilevati sulle anfore di questo relitto, qualcuno è identico a quelli di Diano Marina, altri sono presenti tra quelli documentati nella discarica di Can Tintorer,
nella valle del Llobregat.
È da annotare, infine, che la descrizione della pasta delle anfore rientra in quella
delle argille tipiche della Tarraconense.
Calanque di Conca (Sartene, Corsica meridionale). Nella calanque (o baia) di Conca,
dai 0 ai 5 metri di profondità, è stato individuato, nel 988, un nuovo relitto a dolia
sul quale ci sono informazioni contrastanti : nel 992 viene data notizia di un carico
di dolia e anfore galliche, 2 mentre successivamente le anfore vengono indicate come
Dressel 2-4 tarraconensi. 3
Sud-Lavezzi 3 (Bonifacio, Corsica meridionale). Il relitto consisteva in un accumulo
disordinato di Dressel 2-4, dal quale sono state recuperate più di duecento fra anfore e
frammenti di anfore. Di 95 anfore, tra intere, leggermente danneggiate o ricostruite,
circa il 50% reca dei bolli dei quali circa la metà è stato rilevato sul puntale.
Il peso a vuoto di questi contenitori varia da 3 a 7,5 Kg (con una media di 5 Kg)
mentre la capacità è compresa tra 25,5 e 29 litri (mediamente, 27,75 lt), che forniscono
un rapporto medio tra la capacità ed il peso a vuoto di ,86.
Il relitto ha restituito anche due anfore di diverso tipo : una Pascual  ed una Dressel
4. Quest’ultima doveva far parte delle provvigioni di bordo.
Sono proprio queste due ultime anfore a consentire una datazione del relitto ai
primi decenni del i sec. d.C. e, probabilmente, al primo quarto. 4
Le anfore del relitto 3 di Sud-Lavezzi possono inserirsi, con un certo numero di
varianti, tra le Dressel 3 (Figg. 29-30).
Cavallo  (Bonifacio, Corsica meridionale). Il relitto è stato abbondantemente spoliato ed il suo materiale disperso non si sa dove, ad eccezione di quello conservato al
Museo Etnografico di Bastia.

M. Corsi-Sciallano, Liou Bernard, op. cit.,
pp. 08-8.
2
Gallia Informations. Prehistoire et Histoire, 992,
n. , p. 60.
3
4
44.
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 2.
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., pp. 30-
64
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Il carico era costituito da Dressel 2-4 di origine tarraconense, su cui è stato possibile
rilevare alcuni bolli.
L’unica capacità delle Dressel 2-4 rilevata è di 27,5 litri.
Il solo contenitore diverso dalle Dressel 2-4 è «un’anfora a salsa di pesce della Betica», forse ascrivibile alla forma Pompei vii, che faceva indubbiamente parte delle
dotazioni di bordo.
La datazione viene posta al secondo quarto del i sec. d.C., forse prossima alla metà
del secolo. 
Le anfore, di cui si possono rilevare diverse varianti, sono ascrivibili alla forma 2 del
Dressel (Figg. 9-20).
Perduto  (Bonifacio, Corsica meridionale). Il relitto, abbondantemente depredato,
è conosciuto, più che per i pochi frammenti notevoli ed il cocciame ufficialmente
recuperati, per il materiale, tra cui due anfore intere di cui si possiedono però solo i
disegni, ritrovate in collezioni privati. 2
Le due anfore di cui sopra, molto diverse morfologicamente tra di loro, possono
farsi rientrare nella forma 3 del Dressel, anche se si può cogliere una leggera influenza
della forma 5 nelle anse leggermente rialzate (Fig. 3).
Est-Perduto (Bonifacio, Corsica meridionale). Quello che oggi si sa, attraverso informazioni scarse ed episodiche, su questo relitto è che doveva avere un carico di Dressel
2-4, forse accompagnate da un minoritario numero di anfore di Ibiza P-E 25 o Ramon
25, che contribuiscono a datare il relitto alla prima metà del i sec. d.C. 3
L’unica anfora, mutila dell’orlo e del puntale, di cui viene fornito il disegno sembra
essere una variante del tipo Dressel 2. Tale anfora è simile ad alcune delle anfore dei
relitti di Cavallo i (Fig. 20.2) e del Grand-Rouveau (Fig. 5.)
Marina di Fiori (Porto Vecchio, Corsica meridionale). Relitto con carico maggioritario di anfore Dressel 2-4, completato con alcune Dressel 7- di morfologia tardiva ed
un solo esemplare di Haltern 70.
Le Dressel 2-4 recano dei bolli sul collo e tra le anse : eup, ham, flavi. Un altro bollo
entro cartiglio rettangolare a doppio registro reca q.corn.fvscv. Quest’ultimo timbro
sembra indicare senza dubbio Quintus Cornelius Fuscus, prefetto del Pretorio sotto
Domiziano, scomparso durante la campagna contro i Daci nell’86-87 d.C.
La timbratura sul collo, poco frequente sulle Dressel 2-4, le collega all’area valenciana dove è presente una serie di contenitori con questa particolarità.
Il carico secondario era costituito da pani argillosi timbrati m.acili e venv, forse
minerali per un uso specifico.
Nella zona di poppa è stata rinvenuta una tegula dell’officina di l.herennivs di
Fréjus.
L’Haltern 70, comparata con la stratigrafia di Augst, ha consentito di datare il relitto ad epoca flavia. La datazione flavia ne fa uno dei relitti più tardi con Dressel 2-4

Ivi, pp. 9-29. Per il materiale del relitto Cavallo  depositato presso il Musée des Antiquités
Nationales di Saint-Germain-en-Laye (Collection
Robert Jacques Lederer), vedi H. Chew, Le don de
la collection Robert Jacques Lederer au musée des Antiquités nationales, « antiquités nationales », Bulletin
publié par le Musée des Antiquités Nationales et
par la Societé des Amis du Musée et du Château
de Saint-Germain-en-Laye, 2004, t. 36, pp. 3-37.
2
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., pp. 4547.
3
Ivi, pp. 48-52.
le anfore della laietania
65
della Tarraconense, unitamente al relitto di Pointe Lequin 3, datato ad epoca neroniana (vedi sopra). 
Diano Marina (Liguria, Imperia). Il relitto di Diano M., ascritto alla metà del i sec.
d.C., giace su un fondale fangoso alla profondità di 40 metri. Dopo essere stato a lungo depredato dai clandestini, è stato oggetto di numerose campagne di scavo. I primi
lavori furono diretti da N. Lamboglia, a partire dal 975.
La parte centrale dello scafo era occupata da 4 dolia, dieci dei quali tondeggianti e
quattro oblunghi. Una buona parte dei dolia presenta bolli in p.p. con marchi dei Piranii, di felix m.p.an/diclemens e di hilarus m.p./andiclemens f., nonché contrassegni
con simboli diversi, incisi (riguardanti la capacità) o a rilievo. Un graffito Petici Marsi,
eseguito ante cocturam, ha dato addito a puntualizzazioni su tale personaggio tuttora
da dimostrare. 2 La pulitura ed il restauro dei dolia sono in corso ed è probabile che
sotto alcune concrezioni vi siano altri bolli o contassegni.
I dolia presentano capacità variabili da un massimo di 3.00 litri (contenitori tondeggianti) ad un minimo di .200 litri (dolia oblunghi).
Tra i dolia, nel settore prodiero della parte centrale dello scafo da loro occupata, vi
erano quattro doliola – probabilmente disposti in coppie, uno sopra l’altro – due dei
quali, integri e bollati hilarvs m.p./[a]ndiclemens f., con capacità di 40 litri (doliolum
oblungo) e 240 litri (doliolo tondeggiante).
Nei settori prodiero e poppiero della nave, nonché tra i dolia stessi, vi erano delle
anfore, impilate su tre strati. Il carico anforario era composto da anfore di tipo Dressel
3 tarraconense (Fig. 32), del quale sono state al momento individuate quattro varianti
principali.
Per quanto concerne la capacità di queste anfore è stata considerata fino ad oggi
una misura, atipica per questo tipo di contenitori, tra i 32 ed i 33,5 litri, mentre calcoli
più recenti portano a pensare che tale capacità debba abbassarsi, rientrando così nei
canoni, a 28-29,5 litri. Capacità più comprovate e sicure potranno essere fornite solo
quando tutti i contenitori integri, o quasi integri, di questo relitto potranno essere
misurati.
Per il momento annotiamo che, a parità di nave, queste nuove capacità delle Dressel 3 di Diano M., minori rispetto a quelle finora considerate, aumentano ancor più
il rendimento del trasporto del vino effettuato con i dolia rispetto a quello effettuato
con sole anfore.
Tra i reperti del relitto vi sono anche elementi frammentari di anfore Dressel 7/,
tra i quali è presente una parte superiore con graffito Anthe(ros). 3
H. Bernard, Marina di Fiori, « Bilan Scientifique du Département des Recherches Archéologiques Subaquatiques et Sous-marines », Ministère
de la Culture et de la Communication, Direction
de l’Architecture et du Patrimoine, Sous-Direction de l’Archéologie, 996, p. 3.
2
Per la problematica sull’individuazione del
personaggio, vedi P. A. Gianfrotta, Eracle, Peticio e il commercio marittimo, in Dalla villa di Ovidio
al santuario di Ercole, a cura di Ezio Mattiocco,
Sulmona, 989, pp. 79-80 e P. A. Gianfrotta.,
Nuovi rinvenimenti subacquei per lo studio di alcu
ni aspetti del commercio marittimo del vino (i sec.
a.C.-i sec. d.C.), in El vi a l’Antiguitat. Economia,
producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del
ii Colloqui Internacional d’Arqueologia Romana, Badalona 6-9 de Maig de 998, Museu de Badalona,
998, « Monografies Badalonines », 4, p. 08. Sui
Peticii, vedi inoltre A. Tchernia, Le dromedaire des
Peticii et le commerce oriental, « Melanges de l’Ecole Française de Rome, Antiquité », 04, 992, pp.
295-298.
3
F. Pallarés, La nave romana del golfo di Diano
Marina. Relazione preliminare della campagna 1981,
66
piero dell ’ amico · francisca pallarés
I contenitori per il trasporto del vino laietano
L’86% della superficie dell’antica Laietania era, fino al secolo scorso, lavorata a coltivo
(frumento e orzo), ma la produzione più importante è sempre stata il vino.
Anche nell’Antichità, come già abbiamo avuto modo di dire, la produzione agricola della Laietania, soprattutto quella vinicola, era molto abbondante. Per quanto
riguarda quest’ultima si possono fare due distinzioni : quella del vino di annata, e
quindi di buona qualità, destinato probabilmente ad una clientela di ceto medio, e
quella del vino sfuso, di qualità inferiore, da essere servito nelle tabernae.  I numerosi
relitti rinvenuti finora indicano che i carichi erano costituiti o da sole anfore oppure da
grandi dolia e anfore, formando così un carico di tipo misto. I dolia erano collocati in
modo fisso nella stiva delle navi, per cui queste ultime divenivano delle vere e proprie
navi-cisterna adibite al trasporto del vino sfuso.
Nelle aree rurali del territorio laietano sono state rinvenute numerose ville 2 alcune
delle quali possedevano i propri forni per la fabbricazione di anfore, forni con le rispettive discariche e discariche di fornace. Di queste ultime, a quanto pare, non sono
stati ancora identificati i relativi forni. 3
Le anfore prodotte in questa regione presentano delle argille abbastanza tipiche,
che le rendono inconfondibili 4 e, come abbiamo già detto, molte di esse presentano
dei bolli assai particolari. Queste due caratteristiche, composizione e colore delle argille e i bolli, consentono, in molti casi, di individuarle facilmente.
Normalmente nell’identificazione dei tipi anforici si parte dal presupposto, che
in taluni casi sembra venire smarrito, che la determinazione di un ‘tipo’ è data
dall’individuazione di una ‘forma’ caratteristica e che con essa si identifica. In altre
parole, non sono l’argilla, il luogo di fabbricazione, i bolli, il contenuto o altro che
permettono di determinare e riconoscere un certo ‘tipo’ di anfora, bensì il ‘profilo’
e le caratteristiche morfologiche dei contenitori. La nostra impressione è che nello
« Forma Maris Antiqui », xi-xii, 975-98, pp. 7907 ; F. Pallarés, Il relitto “a dolia” del Golfo dianese :
nuovi elementi, « Bollettino di Archeologia Subacquea », a. ii-iii, n. -2, 995-996, pp. 27-39 ; P. Dell’Amico, F. Pallarés, Il relitto di Diano Marina e le
navi a dolia : nuove considerazioni, in De Triremibus. Festschrift in honour of Joseph Muscat, edited by
Toni Cortis, Timothy Gambin, Malta, Publishers
Enterprises Group (peg), 2005, pp. 67-4.

Mart. Ep. i, 26, 9-0 : “A copone tibi faex laletana petatur / si plus quam decies, Sextiliane, bibis” (A.
Tchernia, Le vin de l’Italie romaine. Essai d’histoire
économique d’aprés les amphores, « Bibliothèque des
Écoles Françaises d’Athènes et de Rome », 26,
Roma 986, p. 74).
2
Nel censimento effettuato dal Comune di
Barcellona nel 969, ne risultano 2 di epoca repubblicana e 22 di epoca imperiale soltanto nell’area metropolitana (Vias y poblamientos romanos,
en el territorio del Area Metropolitana de Barcelona,
Comisión de urbanismo de Barcelona, Comisión
Tecnica, Revisión PC – 53, Cuadernos de edición
limitada y para uso interno, Oct. 969, B 65, pp.
25-62).
3
Una sintesi – frutto dei lavori effettuati da più
autori, tra i quali R. Pascual (R. Pascual Guasch,
Las anforas de la Layetania, in Méthodes classiques et
méthodes formelles dans l’étude des amphores, Actes
du Colloque de Rome 27-29 Mai 974, Roma, 977,
« Collections de l’Ecole Française de Rome », 32,
pp. 47-96) e J. Miró ( J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya. Un estudio sobre el comercio del vino de la Tarraconense (siglos i a.C.-i d.C.),
« British Archaeological Reports – International
Series », 473, Oxford 988 – è stata fatta da R. Étienne e F. Mayet (R. Étienne, F. Mayet, op. cit., pp.
98-20).
4
Per le caratteristiche di queste argille, vedi A.
Tchernia, F. Zevi, Amphores vinaires de Campanie
et de Tarraconaise à Ostie, in Recherches sur les amphores romaine, Actes du Colloque de Rome 4 Marzo
1971, Roma, 972, « Collections de l’Ecole Française
de Rome », 0, pp. 37-40 e M. Corsi-Sciallano, B.
Liou, op. cit., pp. 55-56.
le anfore della laietania
67
studio e nell’identificazione delle anfore tipiche della Laietania (Laietane e Pascual)
sia stata data molta importanza alle argille, ai bolli ecc. e non siano invece state
tenute nella debita considerazione le caratteristiche morfologiche, vale a dire la
‘forma’, dei contenitori.
Chi scrive vuole precisare in modo chiaro che in questa sede vengono avanzate
delle semplici proposte, del tutto ipotetiche, che nascono, come dice il titolo dell’intervento, da appunti e riflessioni basate soltanto sul materiale edito. Se in merito ai
tipi anforici tali appunti assumono, per necessità di esposizione, anche la struttura di
‘tipologie’, non vogliono e non devono essere considerate tali.
Quest’ultima precisazione è dettata da una consapevolezza che è nata e si è consolidata man mano che proseguivamo nel nostro studio : il problema di una corretta e
certa identificazione dei tipi d’anfora laietani è grande ed è ancor più grande la massa
di materiali, di bolli e di pubblicazioni che dovrebbero essere rivisti e rivisitati per una
valida risoluzione del problema.
Le forme delle anfore caratteristiche della Laietania sono : Dressel B, Laietana  e
2, Tarraconense , Pascual , le Dressel 2 e 3, Gauloise 4 e Oberaden 74. 
Dressel 1B
Già nel 990 la Laubenheimer 2 si domandava se i produttori della Tarraconense
avessero imitato l’anfora Dressel  deliberatamente per potersi inserire con più facilità nel mercato vinicolo e prendeva ad esempio il relitto di Cap Béar 3, carico di
anfore Dressel  e Pascual , facendo al contempo riferimento al fatto che i vigneti
catalani appartenevano a membri delle grandi famiglie senatorie. Successivamente
R. Étienne e F. Mayet, oltre ad osservare che le Dressel B prodotte nella Tarraconense, con argilla tipica della Laietania, sono leggermente più alte rispetto a quelle
italiche e che forse erano state fabbricate da artigiani italici (coloni), supponevano
che lo scopo di questi contenitori era di far credere alla clientela «che si trattava di
anfore vinarie provenienti dall’Italia». Le Dressel B della Tarraconese vengono considerate dai due studiosi delle «contraffazioni». L’interrogativo è se esse contenessero vino italiano arrivato sfuso nei porti della Catalogna, come è stato supposto per
le Dressel B fabbricate a Lione, oppure se si trattasse di vino laietano fatto passare
per vino d’Italia. 3
Le imitazioni laietane della Dressel B vengono datate tra il 75 a.C. ed il 40-30 a.C. 4
Un dato cronologico proviene dal relitto di Cap Béar 3 la cui datazione si situa tra il 50
ed il 30 a.C. e nel cui carico sembrano presenti le Dressel B tarraconensi. 5
Alle conoscenze attuali sembra che le Dressel B tarraconensi siano state fabbricate
soltanto nei forni di Can Feu (San Quirze del Vallés, Sabadell, Vallés Occidental) e
Santa Cecilia (Matarò, Maresme).

Per l’individuazione delle forme anforiche
prodotte nei diversi forni e ritrovate nelle discariche, si rimanda all’elenco di R. Etienne e F. Mayet
di cui sopra.
2
F. Laubenheimer, Le temps des amphores. Vins,
huiles et sauces, Paris, Errance, 990, « Collection
des Hesperides », p. 3.
3
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., pp. 24-25.
4
La Dressel  laietana appare nel Maresme alla
metà del i sec. a.C. ( J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., pp. 6-7).
5
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., pp. 24-25. Sugli interragativi circa il fatto che le Dressel B del
relitto Cap Béar 3 siano o meno state prodotte
nella Tarraconense, vedi sopra alla voce ‘Cap
Béar 3’.
68
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Laietana 1 e 2 – Tarraconense 1
Nel vagliare il materiale anforico rinvenuto negli scavi e sui relitti, quello che colpisce
sono le vistose differenze di profilo tra le anfore inserite nel tipo ‘Laietana ’.
La Laietana  individuata come forma nuova  (Fig. ) è molto diversa dalle anfore
del relitto di Palamós-Illes Formigues i, come si può facilmente dedurre confrontando
i profili e, soprattutto, gli orli. L’identificazione delle anfore del relitto di Palamós è
stata molto incerta fin dall’inizio, anche se non ci pare condivisibile l’affermazione di
una iniziale assimilazione, da parte degli studiosi che se ne sono occupati, delle anfore
di questo relitto a produzioni dell’Apulia od alla forma Dressel 0. 2 Infatti, le prime
indicazioni di confronti per le anfore di Palamós furono scarsi ed incerti ed al relitto
venne attribuita una datazione al 50 a.C.-0. 3 Successivamente, pur continuando a non
proporre una identificazione dei contenitori, venne scartata una possibile origine betica o apula di tali anfore e – in base alla presenza nel relitto di ceramica a vernice nera
(forma Lamboglia 5 = Morel 2285 e 2286) e di vasi a pareti sottili – è stata proposta una
cronologia al 00-50 a.C. 4 Non vi è comunque dubbio che la cronologia del relitto di
Palamós andrebbe rivista, alla luce di confronti basati su contesti ben datati.
Poco più di due decenni fa, nello stesso intervento in cui parla della nuova forma
‘Laietana ’, la Comas, avendo a disposizione soltanto frammenti di bordi e di parti superiori di questo tipo di anfora, fa riferimento alle esplorazioni sottomarine effettuate
dal Pascual nel Maresme, tra Llavaneres e Mataró, e riporta che il Pascual « cita due
tipi di anfore non classificati che, per le loro caratteristiche, potrebbero corrispondere
al tipo che ora presentiamo qui così come anche le anfore trovate nel relitto delle Illes
Formigues, a Palamós ». 5
Nello stesso contesto della Comas, e cioè il i Colloqui d’Arqueologia Romana (El
vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental), il Nolla presenta
un nuovo tipo di anfora : la Tarraconense , proponendo per esso una cronologia alla
seconda metà del i sec. a.C. 6
Successivamente la Laietana  e la Tarraconense  vengono considerate come un
unico tipo di anfora. 7

Tra le prime pubblicazioni in merito, vedi Comas i Solà Montserrat, Baetulo les ámfores, « Monografies Badalonines », 8, 985, Museu de Badalona, 985 e Comas i Solà Montserrat, Importació i
exportació de vi a Baetulo : l’estudi de les àmfores, in
El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al
Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i
 de Desembre de 985, Museu de Badalona, 987,
« Monografies Badalonines », 9, pp. 6-73, con relativa bibliografia precedente.
2
L. Long, H.-G. Delauze, L’épave Sud-Caveaux
1 une nouvelle expérience en matière d’archéologie sousmarine profonde, « Bilan Scientifique du Département des Recherches Archéologiques Subaquatiques et Sous-marines », Ministère de la Culture et
de la Communication, Direction de l’Architecture
et du Patrimoine, Sous-Direction de l’Archéolo-
gie, 996, p. 85 ; R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p.
20.
3
C. Vidal, R. Pascual Guasch, op. cit., pp. 922.
4
F. Foerster, R. Pascual, J. Barberà, op. cit.,
pp. 83-86.
5
M. Comas i Solà, Importació i exportació de vi
a Baetulo : l’estudi de les àmfores, cit., p. 63 e Fig.
3, p. 68.
6
J. M. Nolla, Una nova amfora : la Tarraconense
1, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç
al Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i 1 de
Desembre de 1985, Museu de Badalona, 987, « Monografies Badalonines », 9, pp. 27-223.
7
Vedi, ad es., J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., pp. 63-69 e p. 2,
mapa 5.
le anfore della laietania
69
Questa unificazione ci riporta al problema delle evidenti differenze morfologiche
tra la Laietana  e le anfore di Palamós. Il Nolla, infatti, presentando la Tarraconense
 come nuova forma, indica come archetipi di quest’ultima delle anfore di Ampurias,
che morfologicamente sono simili a quelle di Palamós. Tant’è vero che nella tavola
delle forme della Tarraconense  (Fig.  bis) lo studioso pone anche un’anfora di questo relitto. 
Il Nolla riporta che « le caratteristiche morfologiche di questa forma sono le stesse
della maggior parte delle anfore della Tarraconense con argille dure e rugose, con
presenza visibile degli sgrassanti di quarzo, di calce e di mica, quasi sempre visibili e,
a volte molto grossi, raramente l’argilla è ben depurata e lo sgrassante invisibile. Le
argille sono di colore rosso, rosa/arancione o, a volte anche beige, e soltanto di tanto
in tanto, alcuni esemplari presentano resti di una ingobbiatura esterna, che suol essere di colore giallo. Sovente, la superficie esterna si sente rugosa al tatto, come la pelle
di gallina, peculiare di alcune anfore della Tarraconense. Quanto al nome, abbiamo
Fig. . Anfore Laietana  (da Robert Étienne, Françoise Mayet, op. cit., p. 2, fig. 2, nn.  e 3).

J. M. Nolla, Una nova amfora, cit., p. 220, Fig. .4 ; vedi anche p. 222.
70
piero dell ’ amico · francisca pallarés
pensato che sarebbe stato bene dargliene uno preciso, e in questo caso, che facesse
riferimento all’area di produzione [la Tarraconense] ». 
In definitiva, chi scrive propone, indicativamente, tre tipi di ‘Laietana’, la , la 2
(vedi sotto) e la 3 (quest’ultima identificabile nella Tarraconense ), premettendo che
la successione della numerazione proposta non implica una successione cronologica
ed evolutiva dei tipi.
Ribadiamo che il nostro intento è solo quello di porre in evidenza la tangibile necessità di meglio identificare e differenziare queste forme prodotte nella Laietania.
Laietana 1
Vengono comprese in questa forma le anfore con alto orlo a fascia variamente sagomata, dritto o svasato e, di solito, ingrossato nella parte superiore. Il collo varia tra
una forma cilindrica ed una troncoconica : nel primo caso il corpo è alquanto slanciato ; nel secondo appare più tozzo, con breve accenno di carena tra la spalla e il collo e
con pareti spesse. Il corpo ed il puntale sono simili a quelli di certe Dressel 3. Le anse
presentano una scanalatura centrale esterna abbastanza marcata (Fig. ).
L’argilla, nella maggior parte dei casi, è di colore rosso-arancione, leggermente
fogliata, con sgrassanti bianchi piccoli, oppure rosso-mattone con sgrassanti bianchi più grossi. In alcuni frammenti si conservano leggere tracce di un ingobbio
biancastro. 2
Secondo R. Etienne e F. Mayet la Laietana  è senza dubbio la più prossima al modello italico, ma molto meno abbondante e, come per la Pascual , la Dressel B ne
viene considerata il prototipo. La Laietana  sembra quindi essere il predecessore della Pascual . 3
Anche la Comas considera questa forma precorritrice della Pascual . Per tale ragione, e per il fatto di averla trovata in notevole quantità negli scavi di Badalona, è
stata denominata Laietana . 4
A Badalona, infatti, si trova già in una discarica di anfore datata alla metà del I sec.
a.C. 5 ed è presente, in notevole quantità (27% del totale dei frammenti rinvenuti) in
un contesto chiuso datato al 30 a.C. (Sitja del carrer Pujol). Sempre a Badalona, in
epoca augustea avanzata, la si trova ancora, anche se in minor quantità, insieme alla
Pascual . 6
La data della comparsa della Laietana  è supportata da altri studiosi secondo i quali
essa appare nella prima metà del i sec. a.C. diventando preponderante per presenza
e quantità nel periodo 40-30 a.C., quando appaiono le prime Pascual . La sua vita è
comunque breve, dato che si aggira intorno al quarto di secolo. 7
Per quanto riguarda la sua diffusione al di fuori dell’area tradizionale del Nord-Est
della Penisola Iberica e del meridione francese crediamo opportuno segnalare che
negli scavi dell’area dell’Officina del Gas, ad Albintimilium (Ventimiglia), si trovano
pochissimi frammenti di queste due forme : due della Laietana  ed uno della Pascual
Ivi, p. 28.
M. Comas i Solà, Baetulo les ámfores, cit., p.
65 e M. Comas i Solà, Importació i exportació de vi a
Baetulo : l’estudi de les àmfores, cit., p. 62.
3
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., pp. 09 e 20.
4
M. Comas i Solà, Baetulo les ámfores, cit., p. 66.

2
5
M. Comas i Solà, Importació i exportació de vi a
Baetulo : l’estudi de les àmfores, cit., p. 64.
6
M. Comas i Solà, Baetulo les ámfores, cit., p.
65.
7
L. Long, op. cit., p. 342 ; R. Étienne, F. Mayet,
op. cit., p. 22.
le anfore della laietania
71
Fig.  bis. Anfore Tarraconense . -3: da Ampurias; 4: dal relitto delle Illes Formigues o Palamós (da J. M. Nolla, Una nova amfora, cit., p. 220, fig. ).
 nello strato VB, di età augustea (30 a.C.-0) ; nessun frammento è per ora presente
nello strato VA, datato al primo ventennio d.C. 

P. Dell’Amico, Albintimilium : le anfore del periodo augusteo provenienti dall’area dell’“Officina del
Gas”, « Rivista Archeologica dell’Antica Provincia
e Diocesi di Como », 990, fasc. 72, p. 09 ; G. Ol-
cese, Le ceramiche comuni di Albintimilium. Indagine archeologica e archeometrica sui materiali dell’area
del Cardine, Firenze, All’Insegna del Giglio, 993,
p. 36.
72
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Secondo la nostra impressione, la presenza ad Albintimilium della Laietana  costituisce, al momento, il limite più orientale della sua area di diffusione. 
Il carico del relitto di Cala Bona i era costituito, come abbiamo visto, da anfore Laietana . Il problema è che non sappiamo a quale dei tre tipi di Laietana, tra quelli proposti in questa sede, possano effettivamente appartenere le anfore di questo relitto.
Per quanto riguarda i forni che produssero questa forma, vedi sotto alla voce ‘Tarraconense  o Laietana 3’.
Laietana 2
L’esistenza di questa forma nasce dalla proposta di L. Long che identifica un nuovo
tipo anforico – inizialmente ascritto alle Haltern 70 2 – sul relitto di Sud-Caveaux ,
datato tra il 40 ed il 20 a.C. 3
Le sue caratteristiche sono costituite da un corpo affusolato terminante in un puntale pieno, lungo e sottile. Tra il corpo e la spalla vi è una carena appena pronunciata
che, talvolta, risulta marcata da una semplice scanalatura. Il collo, di lunghezza media, finisce con un orlo sagomato e svasato. Le anse sono sottili e ricurve con scanalatura esterna (Fig. 2).
Tarraconense 1 o Laietana 3
Come già abbiamo detto sopra, reputiamo che le differenze morfologiche tra la Laietana  e la Tarraconense  (Figg. 3-4) siano tali che quest’ultima possa considerarsi una
forma a se stante, con una sua identità, e reputiamo sia stato un errore assimilarla al
tipo ‘Laietana ’. Del resto, nonostante l’accettazione di tale assimilazione, non era
ancora sopito il dubbio se Laietana  e Tarraconense  fossero un tipo unico o due
varianti delle officine che hanno prodotto tali anfore. 4
Comunque, se proprio si vuole attribuire più chiaramente una paternità della Laietania alla Tarraconense , la si può denominare anche ‘Laietana 3’.
A questa forma vanno ascritte, quindi, le anfore del relitto di Palamós (o Illes Formigues i). La Tarraconense  è presente anche sul relitto Sud-Caveaux  e, con qualche
riserva, su quello del Dramont B.
La Tarraconense  è caratterizzata dalla forma ovoidale del corpo, dal puntale corto
e, in alcune di esse, quasi atrofizzato ; dal collo corto e dalle anse ad orecchio. Presenta una notevole varietà di orli : da quelli sagomati e svasati, di altezza media, simili a
quelli della Laietana 2, a quelli più alti, obliqui e svasati, a quelli, infine, leggermente
arrotondati e più o meno pendenti.
La cronologia di queste anfore pone dei problemi. È incerta – tra il 00 ed il 50 a.C.
oppure tra il 50 a.C. e lo 0 – quella del relitto di Palamós ; ascrivibile tra il 40 ed il 20
a.C. quella di Sud-Caveaux , mentre la datazione del relitto Dramont B viene posta
verso la fine del i sec. a.C. con la possibilità, però, di un inquadramento ai primi anni
del i sec. d.C. Complessivamente, possiamo quindi stabilire, con tutte le debite riserve, la cronologia della Tarraconense  alla seconda metà del i sec. a.C. 5

40.
2
P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., pp. 0 e
L. Long, H.-G. Delauze, op. cit., p. 85.
L. Long, op. cit., pp. 343 e 344 ; vedi anche Fig.
4c, d, e, p. 348.
3
4
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. 20.
La Tarraconense  appare nel Maresme e nel
Vallés verso il 40 a.C. ( J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., pp. 6-7).
5
le anfore della laietania
73
Fig. 2. Anfore Laietana 2. Tipo 4 del relitto Sud-Caveaux  (da Luc Long, op. cit., p. 348, fig. 4,
c,d,e).
74
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 3. Anfore Tarraconense  o Laietana 3. , 2, 4: dal relitto di Palamós o Illes Formigues (da
Clemente Vidal, Ricardo Pascual Guasch, op. cit., p. 2, fig. 3, nn. 2, 4 e 6); 3: dal relitto SudCaveaux  (da Long Luc, op. cit., p. 348, fig. 4, b).
le anfore della laietania
75
Fig. 4. Anfore Tarraconense  o Laietana 3. Relitto di Palamós o Illes Formigues (da Clemente
Vidal, Ricardo Pascual Guasch, op. cit., p. 2, fig. 3, nn. 5, 3 ed ).
76
piero dell ’ amico · francisca pallarés
L’anfora finora genericamente conosciuta come Laietana -Tarraconense  è stata
prodotta nei forni del Maresme di Les Casetes (Matarò), Torrent de Sistres (Alella),
Sot del Camp (San Viçens de Montalt), nel quale è anche presente la Oberaden 74,
in quello di Can Portell (Argentona) e, infine, nel forno di La Salut (Sabadell, Vallés
Occidental). In quest’ultimo forno è stata cotta anche la Dressel  B. La Laietana  si
trova, insieme alla Pascual , nella discarica di Horta Nova (Arenys de Mar) e, insieme
alle Pascual  ed alle Dressel 2-4, in quella di El Roser o El Mujal (Calella) sempre nel
Maresme. È pur presente nelle discariche di Badalona e della Avenida Francesc Cambò (Barcellona).
Tuttavia, nella situazione di incertezza che abbiamo poco sopra descritta e nell’ottica di una separazione tra la forma ‘Laietana ’ e quella ‘Tarraconense ’ che abbiamo
proposto, risulta assai difficile, senza una opportuna visione diretta dei materiali prodotti da ciascuno di questi forni, riuscire ad attribuire l’una e/o l’altra delle due forme
ad un forno preciso.
Questa forma ha una sua evoluzione nel tempo ancora poco documentata se non
nelle sue manifestazioni più tarde, cioè nelle cosiddette ‘Tarraconensi tardive’, che
arrivano fino al v secolo d.C. 
Annotiamo a questo punto, senza pretesa alcuna se non quella di appuntare una
curiosità, la presenza di due anfore, di forma perfettamente ovoidale, a tutt’oggi senza identità. Si tratta di due anfore che, seppur divise tra loro da un secolo e mezzo,
presentano delle affinità nella forma. Una è quella proveniente dal relitto di Spargi
(La Maddalena, Sardegna), datato intorno al 00 a.C. 2 (Fig. 5.) ; l’altra quella del relitto di Cala Vellana o Cala Avellana, della metà del i sec. d.C. o poco oltre 3 (Fig.
5.2). A queste può aggiungersi una terza anfora a corpo ovoidale, quella rinvenuta
sul relitto di La Chrétienne H (Fig. 5.3). Quest’ultima anfora, non impeciata, 4 viene
identificata come Dressel 20 arcaica (vedi sopra), ma è da notare che tra le differenze
rilevate rispetto alla Haltern 7 5 non è stato annotato l’elemento che maggiormente
diversifica le due forme e cioè la sezione dell’ansa. Nell’esemplare de La Chrétienne
H la sezione delle anse è ellittica, con una nervatura centrale, 6 diversamente dalle
Haltern 7 7 e dalle Dressel 20 arcaiche 8 che presentano le classiche anse a sezione
tonda delle Dressel 20.

C. Carreras Monfort, P. Berni i Millet, Producció de vi i àmfores tardanes del NE de la Tarraconense, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i
comerç al Mediterrani occidental, Atti del ii Colloqui
Internacional d’Arqueologia Romana, Badalona 6-9 de
Maig de 1998, Museu de Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, pp. 270-276.
2
N. Lamboglia, La nave romana di Spargi (La
Maddalena). Campagna di scavo 1958, in Atti del ii
Congresso Internazionale di Archeologia Sottomarina,
Albenga 958, Museo Bicknell – Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 96, pp. 57-58 e
6 e, a quest’ultima p., Fig. 20.
3
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., p. 55 e
Fig. 24.2, p. 56.
4
L’anfora è rotta e vistosamente incompleta,
per cui la mancanza di impeciatura non è un elemento probante.
5
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., p. 92
(‘different cependant, notamment par les anses
tombant beaucoup plus verticalement sur la panse’) e, alla stessa p., nota 9.
6
Non possiamo fare a meno di annotare che
tale sezione è simile a quella di certe Tarraconensi  (vedi J. M. Nolla, Una nova amfora, cit., p.
220, Fig. ), senza voler con questo assolutamente proporre una assimilazione dell’anfora di La
Chrétienne H al tipo Tarraconense .
7
S. Loeschke, Keramische funde in Haltern, « Mitteilungen der Altertums-Kommission für Westfalen », vol. v, 909, parte iii, tafel xiii.7.
8
M. Sciallano, P. Sibella, Amphores. Comment
les identifier ?, Aix-en-Provence, Edisud, 99, fiche
‘Amphore Dressel 20’, anfore di Oberaden e di
Lyon.
le anfore della laietania
77
Fig. 5. Anfore ovoidi. : dal relitto di Spargi, datato intorno al 00 a.C. (da Nino Lamboglia, La
nave romana di Spargi, cit., p. 6, fig. 20); 2: dal relitto di Cala Vellana o Avellana, della metà del
i sec. d.C. o qualche anno dopo (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 56,
fig. 24, n. 2); 3: dal relitto de La Chrétienne H, del primo quarto del I sec. d.C. (da Martine
Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 93, fig. 75).
78
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Forma di passaggio tra Laietana 1 (e 2) e Pascual 1 ?
Prima di prendere in considerazione le
Pascual , proponiamo un’anfora il cui
profilo sembrerebbe essere una forma di
passaggio tra la Laietana  e la Pascual  
(Fig. 6).
Pascual 1
La Pascual  viene genericamente considerata come l’erede diretta della Dressel
 e, più precisamente, dalla Dressel B,
della quale sembra aver imitato le caratteristiche dell’orlo, dell’alto collo, leggermente svasato, e del puntale. Tuttavia, in
alcuni casi, come nel relitto di Els Ullastres, il corpo affusolato sembra ricondursi a quello delle anfore Dressel C, più
antiche di mezzo secolo.
Gli studi su questo tipo di anfora concordano nel fissare la sua comparsa sui
mercati occidentali intorno al 40 a.C. 2 e
la sua minor produzione a partire della
fine del i sec. a.C. In questo momento
entra apparentemente in concorrenza
con un nuovo tipo di contenitore, la
Dressel 2-4, con la quale sembra convivere fino al regno di Tiberio. Tuttavia,
non tutti gli studiosi sono d’accordo su
quest’ultima data. La Comas ipotizza
che, a Badalona, tra il primo ed il seconFig. 6. Forma intermedia tra la Laietana  e do quarto del i sec. d.C., la Pascual  prela Pascual  (da Robert Étienne, Françoise
domini abbondantemente sulla Dressel
Mayet, op. cit., p. , fig. 20, n. 3).
2-4 con la quale si accompagna fino alla
fine del secolo. 3 Il lungo perdurare di questo tipo anforario a Badalona viene interpretato dal Miró – che su tale interpretazione ci trova d’accordo – in due modi diversi : o a Badalona si continuarono a fabbricare le anfore Pascual  – e ciò, a nostro
avviso, potrebbe essere visto in funzione di un fabbisogno locale, ridotto rispetto
alle esigenze del periodo precedente – oppure si tratta di materiale residuo. 4
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. , Fig. 20.3.
Comas i Solà Montserrat, Baetulo les ámfores, cit., p. 66, con la descrizione particolareggiata
della forma.
3
Ivi, p. 56.
4
J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., p. 204. La possibilità che si trattasse di

2
materiale residuo era già stato posto dal Miró nel
985 : vedi ‘Debat’ in El vi a l’Antiguitat. Economia,
producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del
i Colloqui d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29,
30 de Novembre i  de Desembre de 985, Museu
de Badalona, 987, « Monografies Badalonines », 9,
p. 42.
le anfore della laietania
79
Riguardo alla cronologia di questa forma va comunque precisato che il più antico
esemplare di Pascual  finora rinvenuto è datato al 55-40 a.C., il più tardo dopo Tiberio, ma che per la maggior parte si situano in epoca augustea. 
Ad Albintimilum l’unico frammento di Pascual  si colloca cronologicamente nell’ultimo quarto del i sec. a.C. Esso è infatti presente nello strato VB, mentre non ci
sono frammenti di Pascual  nello strato VA, tardo augusteo. 2
Per la Pascual  il Beltran riporta che orli costituiti da semplici ingrossamenti del
collo appaiono a partire dallo strato VIA di Albintimilium, datato intorno al 30 a.C., e
che la Dressel B, dagli ultimi momenti della quale (periodo preaugusteo) la Pascual
 sembra derivare, presenta un orlo alto e dritto che, tra l’altro, evolve anche nel tipo
Camulodunum 8 : non si è comunque voluto vedere, in questi casi, né un’imitazione
né una produzione spagnola. 3
In merito, è da notare che tra le anfore del relitto della Nave Romana di Albenga,
esposte al Museo Navale Romano dell’omonima cittadina, si può osservare una Dressel
B il cui orlo, se isolato dal resto dell’anfora, potrebbe attribuirsi ad una Pascual . 4
A Cartagine la Pascual  è presente nel ‘Secondo Muro di Anfore’, con una datazione presumibile al secondo quarto del i sec. d.C. 5 e nella ‘Fase i’ dei quartieri scavati
dall’Istituto Archeologico Germanico, compresa tra il 40/20 a.C. ed il 20/30 d.C. Negli strati del 30-70 d.C. la Pascual  viene considerata ‘forse’ residua, mentre lo è sicuramente in quelli che vanno dal 70 d.C. alla fine del ii sec. d.C. 6 L’ampia cronologia
della ‘Fase i’ non consente una datazione più precisa dei contenitori tarraconensi, che
rientrano comunque nei canoni cronologici dei loro tipi.
Inizialmente si pensava che la Pascual  fosse una produzione esclusiva della Laietania ma, in seguito, si sono trovati forni a L’Aumedina (Tivissa, Tarragona) e Adarrò
(Villanova i Geltru, Tarragona). Questa forma si diffonde nel Sud-Est della Gallia Narbonese dove nascono varie officine che la imitano. 7
Nella Laietania la Pascual  è stata prodotta, da sola, nei forni del Maresme di Veinat
de Sant Crist (Cabrils), di Alella-Autopista (Alella) e nel probabile forno del Club de
Tennis Barcelona (Teiá).
Unitamente alla Laietana  ed alla Dressel 2-4, la Pascual  è stata fabbricata nei
forni del Maresme di Sot del Camp (Sant Vicenç de Montalt) e di Can Portell (Argentona) e, nel Vallés Occidental, in quello di La Salut (Sabadell). È stata pure trovata tra
i materiali di Badalona e di Can Reverter-Can Fenals (Sant Vicenç dels Horts, Baix
Llobregat) nonché in cinque discariche di fornace tra le quali quelle El Roser o Mujal
(Calella de Mar), di Avenida Françesc Cambò (Barcellona), di Carrer Espartero e Carrer Balmes (Caldas de Montbui) e di Can Pedrerol (Castellbisbal).
La Pascual  appare, insieme alla sola Dressel 2-4, nei seguenti forni del Maresme :
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. 2.
P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., pp. 09, 36
e 40.
3
L. M. Beltran, Las anforas romanas en España,
« Monografias Arqueologicas », viii, Zaragoza,
970, p. 333 ; P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., p.
09.
4
P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., p. 09,
nota 23.
5
J. Freed, op. cit., p. 350.

2
6
S. Martin-Kilcher, Le vin dans la Colonia
Iulia Karthago, in El vi a l’Antiguitat. Economia,
producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti
del ii Colloqui Internacional d’Arqueologia Romana,
Badalona 6-9 de Maig de 998, Museu de Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, pp.
5-53.
7
F. Laubenheimer, Le temps des amphores, cit.,
pp. -3.
80
piero dell ’ amico · francisca pallarés
El Morell (Sant Andreu de Llavaneres), Torre Lauder (Mataró) e Cal Ros de les Cabres
(Masnou) ; del Vallés Occidentale : Can Feu (San Quirze del Vallés), di Can Cabot e di
Can Vendrell (Sta Eulalia de Ronçana), di San Miguel des Martres e di Mas Manolo
(Caldes de Montbui) e, infine, di Santa Perpetua de Moguda (Sabadell) ; del Baix Llobregat : Can Tintorer (El Papiol) e San Boi. Queste due forme anforarie sono state
pure trovate insieme in varie discariche con scarti di fornace. Nel Maresme : a Can
Viader (Malgrá de Mar), a El Roser o El Mujal (Calella), a Torre Martina-El Farrell
(San Pol de Mar), alla Riera de Teiá (Masnou). Nel Barcelonés : nell’Avenida de Francesc Cambó, nell’Estadio de Montjuich e vicino alla chiesa di Nostra Senyora del Port
(Barcellona). Nel Vallés Occidental : nel Carrer Espartero e nel Carrer Balmes (Caldes
de Motbui). Nel Baix Llobregat, a Can Pedrerol (Castellbisbal).
La Pascual  è stata riscontrata sui seguenti relitti : Cap del Vol, Cala Cativa i, Cala
Culip i, Cala Culip iii, Cap de Creus i, Els Ullastres i, Cap Béar , Cap Béar 3, PortVendres 4, Port-Vendres 5, Sud-Lavezzi 3.
I relitti con carico costituito da Pascual  indicano che si trattava di piccoli battelli
(00-200 anfore) che dalle coste catalane raggiungevano i Pirenei orientali ed il meridione francese  – principalmente gli scali vicini all’Hérault ed il porto di Narbona – da
dove, attraverso le vie interne e lungo la Garonna, i prodotti giungevano all’Atlantico,
nella Gallia del Nord e nel meridione della Britannia. 2 Attraverso il Rodano, lungo
l’asse fluviale Rodano-Reno, le Pascual , riempite di vino laietano, arrivavano ai campi militari del limes raggiungendo anche la Raetia, il Noricum, e la Pannonia. 3
Il raggio di diffusione della Pascual  è ancor più ampio, anche se in alcuni siti la sua
presenza è scarsa, come abbiamo già avuto modo di vedere sopra per Albintimilium e
Cartagine.
Le anfore Pascual  pesavano complessivamente, in media, 4 Kg, di cui 9 Kg di
contenitore e 22 Kg di contenuto. 4
La Pascual  del relitto Sud-Lavezzi 3 contiene 22 lt e pesa 7 Kg. Il rapporto tra capacità e peso a vuoto [,294] di quest’anfora è molto meno favorevole rispetto a quello
delle Dressel 2-4. 5
L’individuazione della Pascual  come forma univoca non pone, per quanto ne sappiamo, problemi. Si può, tuttavia, cogliere la presenza di un certo numero di varianti, la cui individuazione si basa, anche in questo caso, sui caratteri morfologici della
forma, mentre la cronologia è del tutto indicativa soprattutto perchè nella maggior
parte dei casi mancano, in merito, indicazioni cronologiche precise e materiale iconografico attendibile.

Per una sintesi sull’esportazione del vino
tarraconense in Gallia documentata attraverso
i ritrovamenti di anfore Pascual , Dressel 2-4 ed
Oberaden 74, vedi F. Laubenheimer, La distribution des vins de Tarraconaise en Gaule, in Aequora,
ποντοζ jam, mare ... Mare, uomini e merci nel Mediterraneo antico, Giannattasio Bianca Maria, Canepa Cristina, Grasso Luisa, Piccardi Eliana (a cura
di), Atti del Convegno Internazionale, Genova 90 Dicembre 2004, All’Insegna del Giglio, Borgo S.
Lorenzo (FI) 2005/Firenze 2006, pp. 9-29.
2
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 3, tav. 2.
3
T. Bezeczky, Wine export to Noricum and Pan-
nonia, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i
comerç al Mediterrani occidental, Atti del ii Col.loqui
Internacional d’Arqueologia Romana, Badalona
6-9 de Maig de 998, Museu de Badalona, 998,
« Monografies Badalonines », 4, p. 364. Nessuna
delle Pascual  presenti a Magdalensberg e Mursa
è bollata. I frammenti di Magdalensberg sono stati
trovati in strati databili al periodo Tiberio-Claudio.
4
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 22.
5
M. Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., p. 44,
nota 08.
le anfore della laietania
81
Fig. 7. Anfore bollate Pascual , variante ‘a’, del relitto di Els Ullastres (da Nieto Xavier, Raurich Xim, op. cit., p. 35, fig. 9).
82
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 8. Anfore bollate Pascual , variante ‘b’. -4: del relitto di Els Ullastres (da Xavier Nieto,
Xim Raurich, op. cit., p. 35, fig. 9); 5: da Badalona (Montserrat Comas i Solà, Baetulo les
ámfores, cit., p. 0, fig. 3).
le anfore della laietania
Si propongono, quindi, le seguenti varianti, da ‘a’ ad ‘f ’, della Pascual .
Le varianti ‘a’ (Fig. 7) e ‘b’ (Fig. 8) si datano, in base agli elementi rinvenuti nel
relitto di Els Ullastres ed ai bolli (A, F rovesciata, H, P rovesciata e T), al 30-5 a.C. ; 
la variante ‘c’ (Fig. 9) al 0-5 d.C. L’orlo
di quest’ultima variante assomiglia infatti
a quello della parte superiore di un’anfora rinvenuta a Badalona, negli scavi Font
Cussó, con contesto datato, appunto, al
0-5 d.C. 2 Un secondo confronto è possibile con un frammento di orlo proveniente del Carrer Fluviá, sempre a Badalona,
datato nel 20-30 d.C., che presenta un
bollo m. porci 3 il quale non va, secondo il
Pascual, oltre il 20 d.C. 4
La variante ‘d’ (Fig. 0) potrebbe ascriversi, dal confronto con la fotografia di
un’anfora di Ensérune (Hérault), di cui
non abbiamo le dimensioni in scala, al periodo tra il 0 a.C. e Tiberio, 5 oppure al 20
a.C.-20 d.C. 6 A questa variante va ascritta
la Pascual  del relitto Cap Béar . 7 Una
delle forme della variante ‘d’ assomiglia
molto alla forma di anfore provenienti
dal forno di S. Boi del Llobregat. 8
Possono poi considerarsi le varianti ‘e’,
augustea (Fig. .), ed ‘f ’, postaugustea
R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles sobre
àmfores catalanes, « Cuadernos de Arqueologia », 5,
Barcelona 99, pp. 63-70.
2
M. Comas Solà, Les amphores de m.porcivs et
leur diffusion de la Léetanie vers la Gaule, in Actes du
Congrès de Cognac, s.f.e.c.a.g., 99, p. 337, Fig. 7,
n. 9.
3
Ivi, p. 340, Fig. 0, n. 3.
4
R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit.,
p. 67.
5
F. Mayet, J. L.Tobie, Au dossier des amphores de
M. Porcivs, « Annales du Midi », t. 94, n. 56, JanvierMars 982, Pl. I, -2.
6
Come per la variante ‘c’, quest’ultima datazione è proposta in base al bollo M. Porci (R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit., p. 67).
7
B. Liou, op. cit., p. 273 e Fig. 2, p. 279. Nel 985
viene pubblicata una tavola di frammenti (dei quali alcuni sono scarti di fornace) di anfore Pascual 
provenienti da un saggio stratigrafico effettuato nel

83
Fig. 9. Anfore Pascual , variante ‘c’ (da Robert Étienne, Françoise Mayet, op. cit., p.
, fig. 20, n. 5).
982 nella villa romana di Darró (Vilanova i Geltrù,
Garraf ), costruita verso la fine del i sec. a.C. (A.
Lopez, R. Batista, M. Zucchitello, La producción
vitivinícola de la Tarraconense. Algunos ejemplos sintomáticos, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò
i comerç al Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui
d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i  de Desembre de 985, Museu de Badalona, 987, « Monografies Badalonines », 9, pp. 39-325,
con relativa bibliografia). L’unica anfora quasi intera viene indicata come Pascual D di Darró (Ivi, p.
322, lam. i.2. Tale anfora sembra coincidere con una
delle varianti ‘d’ da noi proposte (Fig. 0.2).
8
J. Miró i Canals, Aproximaciò a la producciò i
el comerç del vi a Catalunya en l’Antiguitat, Museu
del Vi, Vilafranca del Penedés, agost de 982, p. 25,
Fig. , n. 2.
84
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 0. Anfore Pascual , variante ‘d’. : dal relitto di Cap Béar  (da Bernard Liou, op. cit.,
p. 279, fig. 2, n. ); 2 (da Robert Étienne, Françoise Mayet, op. cit., p. , fig. 20, n. 4); 3: da
Badalona (Montserrat Comas i Solà, Baetulo les amfores, cit., p. 0, fig. 3); 4-5 (da Robert
Étienne, Françoise Mayet, op. cit., p. , fig. 20, nn. 2 e ).
le anfore della laietania
85
Fig. . Anfore Pascual , varianti ‘e’ () ed ‘f ’ (2), dal forno di Can Feu (da Elisenda Carbonell,
Joaquim Folch, op. cit., p. 292, fig. 2, nn.  e 2).
(Fig. .2), provenienti dal forno di Can Feu (Sant Quirze del Vallés).  La variante
augustea trova confronto con la fotografia di anfore de La Longarina, delle quali non
abbiamo le dimensioni in scala, datate entro il 2 d.C.
L’evoluzione che sembra cogliersi – evoluzione, lo sottolineiamo ancora una volta,
solo indicativamente morfologica e non confortata da confronti certi con reperti di
cronologia certa – è che la Pascual , nel suo arco temporale, diminuisca in altezza e
cresca nel diametro del corpo ; in altre parole, che divenga via via meno snella e più
tozza.

E. Carbonell, J. Folch, La producció de vi i de
àmfores a la Vil.la de Can Feu, in El vi a l’Antiguitat.
Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del ii Colloqui Internacional d’Arqueologia
Romana, Badalona 6-9 de Maig de 998, Museu de
Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, p.
292, Fig. 2. e 2.
86
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Dressel 2-4 (e 5)
Le conoscenze sul gruppo di anfore c.d. ‘Dressel 2-4’ vengono ben rappresentate in
un concisissimo compendio da R. Étienne e F. Mayet : « Durante gli ultimi anni del
regno di Augusto e soprattutto a partire dal regno di Tiberio, un nuovo tipo di anfora
è prodotto nella Tarraconese, l’anfora Dr. 2/4. Si tratta di un’anfora il cui prototipo
viene da Cos ; essa è fabbricata in Italia a partire dalla metà del i sec. a.C., o poco dopo,
e fu ‘imitata’ nelle numerose province a partire dal cambiamento di era. Tra queste
produzioni provinciali, la Tarraconese occupa un buon posto ». 
È cosa nota che nel 899 Heinrich Dressel pubblicava, nel Corpus Inscriptionum Latinarum, una tavola con profili di anfore il cui intento non era prettamente tipologico,
bensì quello di indicare su quali tipi di contenitori aveva rilevato bolli, stampi e iscrizioni 2 (Fig. 2).
Nel tentativo di ‘riordinare’ suddetta ‘Tavola’, nel 955 Nino Lamboglia ne ha proposto una ‘Rifusione’ 3 nella quale venivano accorpate le forme 2 e 3, denominandole
3, mentre le forme Dressel 4 e 5, unitamente alle forme 36, 43, 44 e 45, vengono unificate nella forma 5, che viene considerata una derivazione della forma 3. Nei vuoti
formatisi con la Rifusione il Lamboglia ha posto al n. 2 l’anfora ‘olearia’ della Nave
Romana di Albenga ed al n. 4 l’anfora definita da Benoit ‘greco-italica’. Per la Dressel
 il Lamboglia individuava tre varianti : A, B e C.
Per il Lamboglia la « forma 3 del Dressel, fusa con la 2, coincide con quella di cui
hanno rivelato l’esistenza, già nel II secolo a.C., gli scavi sottomarini di Genova Pegli… ». 4 Ed aggiunge : « Abbiamo infine, sempre regolarmente presente in ogni livello
del VI B o del VI A di Albintimilium, come nella nave romana di Albenga…, in uno o
due o tre esemplari sporadici rispetto alla massa degli orli pendenti, un quarto tipo di
anfora, quella bassa e su piede largo e non appuntito, a cui ritengo di dover mantenere
il numero 28 del Dressel… ». 5
Il Lamboglia compie quindi un accorpamento di forme che non si rivelerà felice 6 ma
le sue indicazioni vengono inizialmente recepite. F. Benoit accoglie le forme Lamboglia
3 e 4, equiparandole rispettivamente ai suoi tipi Républicaine ii e i, 7 seguito da altri. 8 La
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. 25.
H. Dressel, Corpus Inscriptionum Latinarum, xv, 2 :
Inscriptiones Vrbis Romae Latinae. Instrumentum domesticum. Partis posterioris fasciculus i, Berlin 899.
3
N. Lamboglia, Sulla cronologia delle anfore romane di età repubblicana, « Rivista di Studi Liguri »,
a. xxi, 3-4, Luglio-Dicembre 955, pp. 24-270.
4
Ivi, p. 263 e Fig. 9, p. 264. In realtà, l’anfora
di Pegli sembra essere una forma tra la Dressel 2
e la Dressel 3.
5
N. Lamboglia, Sulla cronologia delle anfore romane, cit., p. 265.
6
Più tardi il Lamboglia pare contraddire la
sua stessa ‘Rifusione’, indicando come ‘Dressel 2’
due parti di anfore rinvenute nel mare antistante
il porto di Sanremo (N. Lamboglia, Ricerche e scoperte d’archeologia sottomarina in Liguria dal 1959 al
1961, in Atti del iii Congresso Internazionale di Archeo
2
logia Sottomarina, Barcellona 96, Museo Bicknell
– Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 97, p. 79).
7
F. Benoit, Typologie et épigrafie amphoriques.
Les marques de Sestius, « Rivista di Studi Liguri », a.
xxiii, 3-4, Luglio-Dicembre 957, pp. 25 e 256.
8
Vedi, ad es., M. Oliva Prat, op. cit., p. 232 ; E.
Ripoll Perelló, Contribución a una carta arqueológica submarina de Cataluña, in Atti del ii Congresso
Internazionale di Archeologia Sottomarina, Albenga
958, Museo Bicknell – Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 96, p. 248 e Pascual
Guasch Ricardo, Esteva Luis, Materiales de procedencia submarina depositados en el Museo Municipal
de Feliu de Guixols, in Atti del iii Congresso Internazionale di Archeologia Sottomarina, Barcellona 96,
Museo Bicknell – Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 97, pp. 2 e 4.
Fig. 2. Le anfore 2, 3, 4 e 5 della Tavola del Dressel (da H. Dressel, CIL, vol. xv, Amphorarum Formae).
le anfore della laietania
87
88
piero dell ’ amico · francisca pallarés
‘Rifusione’ era un lavoro chiaramente preliminare e da rivedere col progredire delle
ricerche. 
In un articolo del 966, F. Zevi riprende in esame le anfore del Dressel, a partire
dalla ‘Rifusione’ proposta un decennio prima da N. Lamboglia 2 e le sue conclusioni
portano, a nostro avviso, a fare un ulteriore passo indietro nella diversificazione delle
forme 2, 3, 4 e 5 del Dressel. A proposito di tali forme lo Zevi scrive che ha « ...raggruppato le forme 2, 3, 4, 5, tutte di anfore vinarie, perchè il Lamboglia, nella sua rifusione
della tipologia Dressel, ha riunito da un lato le forme 2 e 3, dall’altro le forme 4 e 5, cui
ha posto ancora insieme le forme 36, 43, 44, 45. Queste ultime sono anforette di piccole dimensioni, che conviene lasciare per il momento in disparte in attesa di occuparcene a suo luogo, anche se è possibile che effettivamente qualcuna di esse rappresenti
una sottomisura delle precedenti ». 3
« Dallo specchio delle date consolari, risulterebbe perciò che le forme 2, 3, 4, 5 sono
all’incirca contemporanee : il loro floruit cadrebbe nell’età di Augusto e di Tiberio.
Pertanto ogni raggruppamento del genere di quello proposto dal Lamboglia non
può accettarsi come valido, perché, anche se è possibile che alcune forme abbiano
un’origine comune, sembra sicuro che esse, almeno per un certo periodo, siano state
contemporaneamente in uso. Rimangono tuttavia dei punti poco chiari circa la cronologia, specialmente per la forma 3 ». 4
« Il quadro che si ricava è abbastanza confuso e insoddisfacente. È curioso, ad esempio, che tanto la forma 2 che la forma 3 abbiano contenuto gli stessi vini, l’Amineum,
il Baeterrense, il Lauronense (ciò che, in apparenza, potrebbe fornire un argomento
a favore del Lamboglia di considerarle una forma unica). Inoltre, l’Amineum era uno
dei più celebri vini della Campania ; il Baeterrense veniva dalla Provenza, e il Lauronense era considerato il miglior vino di Spagna : ed è contrario all’uso antico, e in sé
poco credibile che vini di così diverse provenienze venissero chiusi in anfore dello
stesso tipo… I disegni del Dressel del resto non sembrano molto precisi e lo stesso
Dressel si mostra a volte incerto se attribuire un’anfora ad una forma o all’altra… Il
fatto reale è che le forme 2, 3, 4 del Dressel non sono sufficienti ad esaurire le varianti
di una famiglia assai numerosa di anfore che, pur avendo molte caratteristiche comuni, pure spesso differiscono in elementi non apprezzabili soltanto sulla base della
forma, come l’argilla, le dimensioni, il peso. Derivate tutte da prototipi greci (le anfore di Rodi e di Cos), hanno in comune caratteri quali il collo cilindrico, il corpo ad
ogiva, le anse a doppio bastone e, soprattutto, l’organica costruzione dell’insieme,
ben scandito nelle varie parti che lo compongono. A Pompei ed Ercolano le forme
2-4 sono le più comuni ; in genere si può affermare che, per tutto il corso del i secolo
d.C. esse rappresentino le tipiche anfore da trasporto per i vini italiani, quelli della
Campania in particolare. Ciò non significa, tuttavia, che le forme non potessero venir
copiate o prese a modello anche nelle province, per esempio nella Narbonese, anche
se i vini di quella regione non godevano troppo buona fama presso gli antichi. Invece
va considerata distinta dalle altre la forma 5, non soltanto per le sue caratteristiche
morfologiche, ma anche perché le iscrizioni sono spesso in lingua greca … Anche per
ciò che concerne la cronologia rimangono larghe zone di incertezza. Il Lamboglia

N. Lamboglia, Sulla cronologia delle anfore romane, cit., pp. 24 e 244.
2
F. Zevi, Appunti sulle anfore romane, « Archeo-
logia Classica », vol. xviii, Roma, 966, pp. 208247.
3
4
Ivi, p. 24.
Ivi, p. 25.
le anfore della laietania
89
include le forme 2, 3, 4, 5 tra le anfore repubblicane, cronologia che non può essere
mantenuta … ma che, in certo modo, corrisponde alla giusta esigenza di far risalire
almeno al i sec. a. C. l’origine di queste forme… ». 
È dunque da questo articolo dello Zevi che sembra prendere le mosse la dizione
‘Dressel 2-4’, rafforzata dall’intendimento di considerare distinta la forma 5. 2 Si rileva
anche la consapevolezza della possibilità che le forme siano state imitate nelle province dell’Impero.
Nel 977 vengono pubblicati gli atti del Colloquio ‘Méthodes classiques et méthodes formelles dans l’étude des amphores’ 3 in seno al quale una parte importante è
rappresentata dagli studi sulle Dressel 2-4. Di esse vengono proposti dei tipi ‘ideali’, 4
delle classi, 5 individuate le prime produzioni betiche 6 ed elencati i ritrovamenti della
Laietania, 7 ma non viene presa in considerazione la possibilità di ‘sciogliere’ il gruppo
delle Dressel 2-4.
Tale necessità era tuttavia sentita se nel 976 il Joncheray, proponendo una classificazione molto generica dei tipi anforari, presenta le forme 2, 3, 4 e 5 del Dressel l’una
distinta dalle altre, 8 mentre, nel 990, uno degli scriventi annotava che le « Dressel 2/4
risultano per molti aspetti tra le anfore più studiate e meglio conosciute. Tuttavia il
fatto di non avere ancora distinto chiaramente una forma dall’altra costituisce uno
spazio aperto sia ad ulteriori studi sia a diverse divisioni con conseguenti errori e
confusione ». 9
Ad esempio di quanto appena detto può essere preso il lavoro di Joann Freed sui
contenitori di origine tarraconense presenti nei due ‘Muri di Anfore’ di Cartagine. 0
La Freed individua sette varianti : due di Dressel 3, quattro di Dressel 2 ed una denominata Dressel 4/3.  In realtà, per lo meno per le anfore di cui la Freed fornisce i disegni,
sembra trattarsi di contenitori del solo tipo Dressel 2. 2
Ivi, p. 26.
Nonostante ciò, in certi casi, viene ancora
usata la dizione ‘Dressel 2-5’ (vedi, ad es., C. Panella, Annotazioni in margine alle stratigrafie delle
terme ostiensi del Nuotatore, in Recherches sur les
amphores romaine, Actes du Colloque de Rome 4
Marzo 97, Roma, 972, « Collections de l’Ecole
Française de Rome », 0, pp. 72 e 77 ; S. MartinKilcher, op. cit., p. 53).
3
Méthodes classiques et méthodes formelles dans
l’etude des amphores, cefra, 32, Roma 977.
4
C. Panella, M. Fano, Le anfore con anse bifide
conservate a Pompei : contributo ad una loro classificazione, in Méthodes classiques et méthodes formelles
dans l’étude des amphores, Actes du Colloque de Rome
27-29 Mai 1974, Roma, 977, « Collections de l’Ecole
Française de Rome », 32, pp. 33-77.
5
L. Fariñas del Cerro, W. Fernandez de la
Vega, A. Hesnard, Contribution à l’établissement
d’une typologie des amphores dites ‘Dressel 2-4’, in
Méthodes classiques et méthodes formelles dans l’étude
des amphores, Actes du Colloque de Rome 27-29 Mai
1974, Roma, 977, « Collections de l’Ecole Française
de Rome », 32, pp. 79-206.
6
L. M. Beltran, Problemas de la morfologia y del

2
concepto historico-geografico que recubre la nocion tipo.
Aportaciones a la tipologia de las anforas beticas, in
Méthodes classiques et méthodes formelles dans l’étude
des amphores, Actes du Colloque de Rome 27-29 Mai
1974, Roma, 977, « Collections de l’Ecole Française
de Rome », 32, pp. 97-3.
7
R. Pascual Guasch, Las anforas de la Layetania, cit.
8
J.-P. Joncheray, Nouvelle classification des amphores découvertes lors de fouilles sous-marine, Fréjus,
976, p. 22, Pl. v e pp. 23 e 479, dove le Dressel da
2 a 5 corrispondono ai nn. da 55 a 58 nella tav. v.
L’ordine di tale distinzione va però invertito : le
Dressel 2, 3, 4 e 5 non corrispondono rispettivamente ai numeri dal 55 a 58 bensì dal 58 al 55. Già in
una precedente classificazione il Joncheray aveva
tentato, senza troppa chiarezza o consapevolezza,
una esposizione di queste forme l’una separata
dalle altre ( J.-P. Joncheray, Classification des amphores découvertes lors de fouilles sous-marine, Gap,
Imprimerie Louis-Jean, 97, pp. 6-7).
9
P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., p. 0.
0
J. Freed, op. cit.

Ivi, p. 35.
2
Le anfore di cui la Freed fornisce il disegno
90
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Il tentativo, apparentemente isolato, del Joncheray viene in seguito obliterato da
altre classificazioni  che ripropongono il raggruppamento Dressel 2-4 come forma
univoca.
Ma il prendere in esame separatamente le forme 2, 3 e 4 del Dressel è un’esigenza
sentita ed un processo ormai avviato, 2 che consente di meglio intendere ed interpretare, ai fini della ricostruzione dei traffici commerciali in epoca antica, i dati archeologici che sempre più numerosi e precisi provengono da scavi effettuati in tutto il bacino
del Mediterraneo e dalle aree ad esso adiacenti.
A questo punto proponiamo dei concisi riassunti sulla cronologia, la fabbricazione
e sulla diffusione che sono ancora, necessariamente, riferiti al gruppo ‘Dressel 2-4’
laietano, riservandoci di apportare qualche dato sulle singole forme che compongono
tale gruppo un po’ più avanti e nelle ‘Conclusioni’.
La Dressel 2-4 sembra apparire in Laietania nel primo decennio del i sec. d.C. Tale
constatazione si basa sul fatto che ad Ampurias, nei livelli augustei del Foro del 20/50/5 a.C. tale anfora non risulta ancora esserci. La Dressel 2-4 è presente a La Longarina a partire dallo 0-2 d.C. È ormai noto che la Dressel 2-4 italica compare verso la
metà del i sec. a.C. e sostituisce progressivamente la Dressel , la quale scompare tra
il 20 ed il 0 a.C. Nella Catalogna la Dressel 2-4 appare quindi mezzo secolo dopo. 3
Ad Albintimilium tale passaggio avviene nel periodo augusteo. Nell’area dell’Officina del Gas la Dressel 2-4 sembra sostituirsi alla Dressel , ormai in via di estinzione :
le percentuali ed i rapporti dei frammenti dei due tipi nella stratigrafia augustea confermano tale situazione. 4
I due relitti più tardi con Dressel 2-4 della Tarraconense sono il relitto di Marina di
Fiori, datato ad epoca flavia, e quello di Pointe Lequin 3, datato ad epoca neroniana.
Tali relitti colmano lo iatus cronologico di circa mezzo secolo tra le testimonianze
dell’archeologia sottomarina – il relitto di Cala Vellana, a Minorca, è datato intorno
al 50 d.C. – ed i dati dell’archeologia terrestre che collocano ai primi anni del regno di
Traiano la sparizione delle Dressel 2-4 tarraconensi da Roma ed Ostia. 5
Nella Laietania la Dressel 2-4 è stata, a quanto pare, l’unico tipo d’anfora ad essere
fabbricato nei forni di El Moré (San Pol de Mar, Maresme) e a Can Jofresa (Terrasa,
Vallés Occidental) e si trova da sola nella discarica di Can Carerac (Caldes de Montbui,
Vallés Occidental). Per la sua concomitanza, nei forni e nelle discariche, con la Pascual
, vedi sopra.
Oltre al Lazio-Campania ed alla Tarraconense, che risultano le zone di maggior
produzione, le Dressel 2-4 sono state fabbricate, seppure in quantità minori, in molte
altre aree. 6
I frammenti di Dressel 2-4 di Albintimilium sono per la maggior parte di argilla
( J. Freed, op. cit., Fig. , p. 355) non sono due Dressel
3 (Fig. .-2) e due Dressel 2 (Fig. .3-4) bensì quattro
Dressel 2 o, tutt’al più, una di esse (Fig. .) si può
considerare una forma intermedia – in senso tipologico e non cronologico – tra la forma 2 e la 3.

Vedi, tra i tanti es. possibili, M. Sciallano, P.
Sibella, Amphores, cit., 99 e 994, fiche ‘Amphore
Dressel 2-4 d’Italia’, e A. Caravale, I. Toffoletti,
Anfore antiche. Conoscerle e identificarle, Formello,
ireco, 997, p. 07.
2
Come succede, del resto, per il gruppo ‘Dressel 7/’ o ‘7/3’.
3
J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., pp. 6-7.
4
P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., p. 36.
5
H. Bernard, op. cit.. Per il perdurare della
Dressel 2-4 in ambito ispanico, fino agli inizi del ii
sec. d.C., vedi sotto nelle ‘Conclusioni’.
6
P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., p. 0.
le anfore della laietania
91
‘pompeiana’, ma ci sono frammenti la cui argilla è ‘tarraconense’ ed altri ‘la cui pasta
non è riconducibile a nessuno dei due tipi d’argilla sopraccitati’. La Dressel 2-4 è presente sia nello strato VA che nel VB dell’‘Officina del Gas’ ; la percentuale maggiore
è nello strato VA. 1
Le Dressel 2-4 laietane ebbero una diffusione prevalentemente marittima. 2 Verso il
meridione della Spagna e oltre Valencia 3 e verso le Baleari – dove sono state ritrovate a
Maiorca e Minorca – e da qui in Africa settentrionale verso il porto di Cartagine dove,
come abbiamo visto, sono presenti. 4
Verso Nord, la rotta costiera che portava a Roma è costellata di ritrovamenti di
Dressel 2-4, sia a terra che a mare, con presenze cospicue nella Narbonese e, più
sporadicamente, lungo le vie di penetrazione e lungo l’asse Rodano-Reno attraverso
le quali arrivarono nell’interno della Gallia, in Germania, nella Raetia, nel Noricum
e nella Pannonia. 5 Sporadici sono anche i ritrovamenti di Dressel 2-4 lungo altre vie
interne, tra le quali la Garonna rappresenta, come abbiamo visto, uno dei principali
itinerari utilizzati in epoca augustea per la esportazione delle Pascual .
Altre testimonianze si trovano tra la Corsica e la Sardegna lungo la rotta diretta che
dalla Laietania, attraverso le Bocche di Bonifacio, portava a Roma.
Dressel 2
La Dressel 2, pur imitando l’altezza e il puntale robusto della Dressel B, presenta
delle differenze sostanziali come l’orlo arrotondato, il collo stretto, le anse a doppio
bastoncino, la carenatura tra spalla e corpo solo leggermente marcata ed il corpo
slanciato e a volte quasi cilindrico.
Nelle manifestazioni più tarde della forma l’estremità del puntale acquista una particolare rifinitura ad umbone più o meno saliente.
Tenendo conto della cronologia fornitaci dai relitti – i relitti in cui abbiamo potuto
individuare la Dressel 2 sono quelli del Petit Congloué (Figg. 3-4), di Pointe Lequin
3 (Fig. 22.2), del Grand-Rouveau (Figg. 5-7), di Les Fourmigues (Fig. 8), dell’IleRousse, di Cavallo  (Figg. 9-20), di Est-Perduto, di Barà (Fig. 2) e di Cala Vellana o
Avellana (Fig. 22.) – possiamo dire che le anfore di forma Dressel 2, nelle sue varianti
tarraconensi, vengono datate intorno alla metà del i sec. d.C. Dal novero cronologico
restano esclusi i relitti di Les Fourmigues e di Bará per i quali non si possiedono dati
sufficienti per proporre una datazione ristretta. Le anfore Dressel 2 del relitto di Cala
Avellana sono datate pochi anni oltre la metà del i sec. d.C. e rappresentano la datazione più tarda di questa forma.
Ai dati desumibili dai relitti possiamo aggiungere che alcune Dressel 2-4 della Tarraconense rinvenute in alcuni scavi a terra possono probabilmente essere identificate
come Dressel 2. Ci riferiamo in particolare a quelle trovate a Magdalensberg, nella
fortezza legionaria di Vindobona, 6 nel forte ausiliario di Carnuntum e nella necropoli
Ivi, p. , vedi anche p. 36.
Per le rotte ed i percorsi attraverso i quali si
sono diffuse le Dressel 2-4 laietane, vedi J. Miró,
La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit.,
p. 45, mapa 7.
3
Lungo l’Ebro penetrarono fino alla Cordigliera Cantabrica, con qualche ritrovamento

2
sporadico nella Meseta spagnola e nel Portogallo.
4
S. Martin-Kilcher, op. cit., pp. 52-53.
5
T. Bezeczky, op. cit., pp. 364-369.
6
L’anfora quasi intera, rinvenuta a Vindobona,
raffigurata in T. Bezeczky, op. cit., p. 368, Fig. 3.5,
deve identificarsi come una Dressel 2.
92
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 3. Anfore Dressel 2 del relitto del Petit Congloué (Marsiglia) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 32, fig. 7, nn. 344, 2820, 346 e 364).
le anfore della laietania
93
Fig. 4. Anfore Dressel 2 del relitto del Petit Congloué (Marsiglia) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 32, fig. 7, nn. 3033 e 83/02; p. 34, fig. 9, nn. 209 e 3032).
94
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Fig. 5. Anfore Dressel 2 del relitto del Grand-Rouveau (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 50, fig. 36, R5 ed R6; fig. 38, R9 ed R0).
le anfore della laietania
95
Fig. 6. Anfore Dressel 2 del relitto del Grand-Rouveau (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 50, fig. 36, R7, R2 ed R4).
96
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Fig. 7. Anfore Dressel 2 del relitto del Grand-Rouveau (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 50, fig. 36, R3 ed R2; fig. 38, R8 ed R).
le anfore della laietania
97
Fig. 8. Anfore Dressel 2 del relitto di Les Fourmigues (Hyères, Var) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 69, fig. 55, nn. 36, 66 e 74).
di Arrabona. I loro bolli cpa/cpa e aap non sono conosciuti in altri siti. Le anfore di
Magdalensberg provengono da strati del periodo di Claudio, quelle di Arrabona vengono datate tra il tardo i sec. d.C. e gli inizi del ii sec. d.C. 
Anche per Cartagine si può probabilmente fare lo stesso discorso. In alcuni disegni
pubblicati 2 si possono riconoscere delle forme 2 del Dressel, per cui si ha, dal ‘Secondo Muro’, una datazione al secondo quarto del i sec. d.C. 3 (Figg. 23 e 24. e 2), mentre
nei quartieri scavati dall’Istituto Archeologico Germanico si hanno cronologie dal
40/20 a.C. – 20/30 d.C. (Fase i) in cui sono presenti contenitori tarraconensi di questo
tipo. Dagli strati della Fase ii (30-70 d.C.) proviene la Dressel 2 tarraconense quasi
integra, con bollo s.e (retro) (Fig. 24.3), già indicata sopra. 4
T. Bezeczky, op. cit., p. 364.
S. Martin-Kilcher, op. cit., Fig. 5.4, p. 522. Per
il lavoro di Joann Freed, vedi sopra alla voce ‘Dressel 2-4 (e 5)’.

2
3
J. Freed, op. cit., pp. 350, 35 e 353.
S. Martin-Kilcher, op. cit., pp. 5-53 ; per
l’anfora già indicata : Fig. 5.4, p. 522.
4
98
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 9. Anfore Dressel 2 del relitto di Cavallo  (Bonifacio, Corsica del Sud) (da Martine CorsiSciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 22, fig. 97; p. 24, fig. 99 e p. 23, fig. 98).
le anfore della laietania
99
Fig. 20. Anfore Dressel 2 del relitto di Cavallo  (Bonifacio, Corsica del Sud) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 23, fig. 98 e p. 22, fig. 97).
100
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Non essendo stata finora riconosciuta
e divisa la forma Dressel 2 dalle Dressel
3 e 4 ed in mancanza di documentazione,
soprattutto grafica, risulta assai difficile
individuare i forni che fabbricarono l’una
o l’altra forma, oppure affermare che ambedue siano state fabbricate negli stessi
forni.  Gli stessi problemi si incontrano se
si tenta di definire un’area di diffusione di
questa forma.
Le misurazioni effettuate sui contenitori trovati nei relitti sembrano indicare
che la capacità della forma 2 del Dressel
oscilla tra i 23 ed i 30 litri.
Dressel 3
In alcune delle sue varianti (ad esempio,
in quelle dei relitti di Diano Marina e del
Planier I), la Dressel 3 laietana riflette le
caratteristiche della forma cosidetta Dressel 2-4 di origine campana. Di queste ultime, le più simili rispetto alle nostre sono
quelle del relitto a dolia di Ladispoli. 2
La Dressel 3 laietana si caratterizza, rispetto alla Dressel 2, per la minor altezza
(da 92 a 97 cm circa) ; per il puntale corto e
rastremato, a volte terminante quasi a punta ; per la pancia ovale e di maggior diametro ; per la carena – tra il corpo e la spalla
– marcata, in molti casi in maniera evidente ; per il collo più corto, con un gradino
Fig. 2. Anfora Dressel 2 dal relitto di Barà di stacco tra la spalla e la base del collo ;
(Tarragona) (da Martine Corsi-Sciallano, per le anse a doppio bastoncino a gomito
Bernard Liou, op. cit., p. 53, fig. 23).
rialzato ; per l’orlo arotondato più o meno
evidente e per per le pareti più sottili.
I relitti carichi di anfore Dressel 3 dei quali possediamo documentazione sufficiente
sono : Planier i (Figg. 25-26), La Chrétienne H (Figg. 27-28), Sud Lavezzi 3 (Figg. 29-30),
Perduto  (Fig. 3) e Diano Marina (Fig. 32). Tali relitti, ad eccezione di Diano Marina
che viene datato all’incirca alla metà del i sec. d.C. e di Perduto  cui non è stata attribuita una datazione puntuale, si collocano cronologicamente entro il primo quarto
del i sec. d.C.
Per i forni di Dressel 2-4, vedi sopra alla voce
‘Dressel 2-4 (e 5)’ ; vedi anche alla voce ‘Pascual ’.
2
P. A. Gianfrotta, A. Hesnard, Due relitti augustei carichi di dolia : quelli di Ladispoli e del Grand
Ribaud D, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò

i comerç al Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui
d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i  de Desembre de 985, Museu de Badalona, 987, « Monografies Badalonines », 9, p. 293,
Fig. .
le anfore della laietania
101
Fig. 22. Anfore Dressel 2. : relitto di Cala Vellana o Avellana (da Martine Corsi-Sciallano,
Bernard Liou, op. cit., p. 56, fig. 24, n. ); 2: relitto di Pointe Lequin 3 (da Recherches sous-marines, «Gallia Informations. Prehistoire et Histoire», Ed. du cnrs, 987-988-, p. 35, fig. 36).
Per quanto riguarda i forni ove sono state fabbricate le Dressel 3 e la diffusione di
questa forma vale quanto è stato detto per le Dressel 2.
Dallo studio dei contenitori rinvenuti sui relitti, risulta che la capacità delle Dressel
3 varia da un minimo di 25,5 ad un massimo di 29,5 litri, con dei pesi a vuoto tra 3,7
e 20 Kg.
Dressel 2-3
Come si può vedere scorrendo l’elenco dei relitti che abbiamo proposto sopra, in alcuni casi le anfore presentano delle caratteristiche morfologiche che stanno a metà tra la
forma 2 e la forma 3 del Dressel : relitti del Dramont B (Figg. 33-34) e della Giraglia.
Proponiamo, in questo caso, la denominazione ‘Dressel 2-3’ che non deve più,
però, essere intesa con la valenza di semplice e ‘comodo’ accorpamento di forme
102
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 23. Anfore Dressel 2, dal ‘Secondo Muro d’Anfore’ di Cartagine (da Joann Freed, op. cit.,
p. 355, fig. , nn.  e 2).
differenti, bensì come indicazione di un contenitore che realmente presenta delle
caratteristiche morfologiche intermedie tra due forme ben distinte tra di loro : le
Dressel 2 e 3.
Le Dressel 2-3 si differenziano dalle due forme precedentemente descritte in alcuni
particolari. Le accomuna alle Dressel 2 la maggior altezza, il puntale più massiccio e il
corpo ovale allungato, mentre con le Dressel 3 hanno in comune la carena abbastanza
pronunciata, il collo corto, la linea di stacco tra la spalla e la base del collo quasi a
formare un gradino, le anse a doppio bastoncino a gomito rialzato, l’orlo arotondato
più o meno evidente e le pareti abbastanza sottili.
La loro cronologia si colloca nei primi anni del i sec. d.C. (vedi sopra, relitto del
Dramont B).
Per quanto riguarda i forni e la diffusione vale, ovviamente, quanto detto per le
forme 2 e 3 del Dressel.
le anfore della laietania
103
Fig. 24. Anfore Dressel 2, da Cartagine. -2: dal ‘Secondo Muro d’Anfore’ (da Joann Freed,
op. cit., p. 355, fig. , nn. 3 e 4); 3: dagli scavi dell’Istituto Archeologico Germanico (da Stefanie
Martin-Kilcher, op. cit., p. 522, fig. 5, n. 4).
Dressel 4
Nel corso delle ricerche effettuate per la preparazione del presente contributo non ci
è, di fatto, capitato di trovarci di fronte alla forma 4 del Dressel, che per tale ragione
sembra doversi escludere dal novero dei tipi anforari fabbricati nelle officine della
Laietania.
Come abbiamo visto sopra, la Freed indica una forma 4/3 ma, vista l’errata identificazione della Dressel 3 e visto che non fornisce disegni di tale variante, non sappiamo quanto attendibile possa essere tale indicazione. In concreto, possiamo dire che
anche tra il considerevole numero di anfore della Tarraconense rinvenute a Cartagine
la Dressel 4 non risulta presente.

J. Freed, op. cit.
104
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Fig. 25. Anfore Dressel 3 del relitto del Planier  (Marsiglia) (da Martine Corsi-Sciallano,
Bernard Liou, op. cit., p. 20, fig. 4, nn. A, 036, 6744, C 62; p. 22, fig. 6, n. 6746).
le anfore della laietania
105
Fig. 26. Anfore Dressel 3 del relitto del Planier  (Marsiglia) (da Martine Corsi-Sciallano,
Bernard Liou, op. cit., p. 20, fig. 4, nn. C 390 e C 660; p. 22, fig. 6, n. 674).
Dressel 5
Inseriamo, solo incidentalmente, un appunto sulla forma 5 del Dressel che non compare tra le anfore prodotte nella Laietania e che già lo Zevi aveva dichiarato doversi
tenere distinta rispetto alle forme 2, 3 e 4 (vedi sopra).
Come abbiamo visto in precedenza, su due relitti (Chrétienne H e Perduto ) le anfore che abbiamo ascritto alla forma 3 del Dressel presentano dei caratteri, soprattutto
nelle anse, che sembrano riconducibili alla Dressel 5.
Tuttavia, nell’analizzare quanto finora pubblicato, sulle ricerche di superficie e sugli scavi stratigrafici, da parte dei diversi studiosi che si sono occupati delle produzioni
laietane abbiamo notato che la presenza di Dressel 5 tra il materiale rinvenuto sembra
essere nulla. 
Ci pare quindi opportuno ricordare una Dressel 5 integra rinvenuta all’interno di
uno dei ‘silos’ del Montjuic di Barcellona, 2 della quale è però sconosciuta l’origine
(Fig. 35).
Nel 982 il Miró, nell’osservare i particolari delle anse di questa forma, scriveva : « Poden
estar aixecades per la part superior, acabat en
punta o en pic, i anguloses amb referencia al coll
(Dressel 5, no documentada, pel que sabem, a

Catalunya) » ( J. Miró i Canals, Aproximaciò, cit.,
p. 29).
2
A. Duran i Santpere, Barcelona i la seva Historia. La formaciò d’una gran ciutat, Barcelona, 972,
« Documents de Cultura Curial », p. 27.
106
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Fig. 27. Anfore Dressel 3 del relitto di La Chrétienne H (Saint-Raphaël, Var) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 80, fig. 64, nn. 4, 8, 39 e 27).
le anfore della laietania
107
Fig. 28. Anfore Dressel 3 del relitto di La Chrétienne H (Saint-Raphaël, Var) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 80, fig. 64, nn. 64, 24 e 57).
Gauloise 4
Nell’Index dei bolli catalani pubblicato dal Pascual, in riferimento alle anfore a fondo
piatto, vengono comessi alcuni errori tipologici. Tali errori vengono segnalati dalla
Laubenheimer che fa notare il fatto che il Pascual associa erroneamente le Dressel 28
alle Gauloise 4  e che il bollo clar attribuito ad una Gauloise 4 2 è invece su un’anfora
di tipo Gauloise . 3
Tuttavia, la Laubenheimer non accenna al fatto che, oltre a tali sviste, il Pascual
attribuisce anche i bolli sex domiti e philodamvs a delle Gauloise 4 4 mentre sono pertinenti a delle Oberaden 74. 5
Ma anche C. Lamour e F. Mayet compiono un errore di attribuzione e cioè riconoscono come Pascual  la parte superiore di un’anfora 6 che è invece probabilmente
attribuibile ad una Oberaden 74.
R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit.,
2
p. 3.
Ivi, p. 48.
3
F. Laubenheimer, Des amphores et des hommes.
Chronique 1992, « Dialogues d’histoire ancienne »,
992, 8, 2, p. 336.
4
R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit.,
pp. 4 e 37.

5
C. Lamour, F. Mayet, Glanes amphoriques :
ii. Régions de Montpellier, Sete, Ensérune, La Cayla,
(Mailhac), « Etudes sur Pézenas et l’Hérault », xii,
98, p. 5.
6
Ivi, p. 8, Pl. viii.2.
108
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 29. Anfore Dressel 3 del relitto Sud-Lavezzi 3 (Bonifacio, Corsica del Sud) (da Martine Corsi-Sciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 36, fig. 08, n. IA 29; p. 34, fig. 06, nn. IB 8 e IA 28).
La Gauloise 4 è stata finora inviduata soltanto nella discarica di Santa Maria de les
Freixes (Cerdanyola del Vallés)  e non risulta presente su nessuno dei relitti presi in
considerazione in questa sede (Fig. 36.).
Le Gauloise 4 fabbricate nella Gallia Narbonese presentano una capacità di circa
30-35 litri ed un peso a vuoto, in media, di una dozzina di chilogrammi, con un rapporto tra il peso del contenitore ed il volume di liquido trasportato dell’ordine di  :3.
La cronologia di questi contenitori è compresa tra il i e gli inizi del iii sec. d.C., con
qualche esemplare che arriva fino al v secolo. 2
Oberaden 74
Quest’anfora a fondo piatto di piccole dimensioni (l’altezza media è di 55 cm) viene sovente confusa con la Dressel 28 e coi vasi comuni e per questa ragione non
sempre è riconosciuta. Nella produzione laietana sembra per ora documentata in
due varianti : quella a corpo pressoché cilindrico, che presenta l’orlo sagomato e
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. 20, n. 39.
F. Laubenheimer, La production des amphores
en Gaule Narbonnaise, Centre de Recherche d’Hi
2
stoire Ancienne, vol. 66, Parigi, 985, pp. 265 e 385392.
le anfore della laietania
109
Fig. 30. Anfore Dressel 3 del relitto Sud-Lavezzi 3 (Bonifacio, Corsica del Sud) (da Martine
Corsi-Sciallano, L Bernard iou, op. cit., p. 34, fig. 06, nn. IA 35, IB 56, NE IB 8, IB 50).
110
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 3. Anfore Dressel 3 del relitto Perduto  (Bonifacio, Corsica del Sud) (da Martine CorsiSciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 46, fig. 5).
svasato  (Fig. 36.2) e quella a corpo piuttosto ovoidale con l’orlo sagomato dritto 2
(Fig. 36.3).
A queste due varianti corrisponde una cronologia diversa. La prima è stata individuata nel relitto di Sud-Caveaux  la cui datazione si colloca tra il 40 e il 20 a.C. ; 3 la
seconda proviene da Oberaden, dove è stata datata al 9 a.C., e da Ensérune, dove le è
stata attribuita una datazione generica ad età augustea. 4
L’anfora Oberaden 74 laietana è presente, anche se in quantità molto modeste, a
Cartagine dove, negli scavi dell’Istituto Archeologico Germanico, è stata documentata negli strati datati 40/20 a.C. – 20/30 d.C. 5
I bolli sex domiti e philodamvs ricorrenti in questa forma sono datati dal Pascual al
periodo che intercorre tra il 20 a.C. ed il 0 d.C. 6
La Oberaden 74 sembra essere stata prodotta nel forno di Sot del Camp (Sant Vicenç de Montalt, Maresme).
L. Long, op. cit., p. 348, Fig. 4 a.
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. 33, Fig.
24.2.
3
L. Long, op. cit., p. 343.

2
4
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., p. 32.
S. Martin-Kilcher, op. cit., pp. 5-52.
6
R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit.,
pp. 68-69.
5
le anfore della laietania
111
Fig. 32. Anfore Dressel 3 del relitto di Diano Marina (Imperia) (da Francisca Pallarés, La nave
romana del golfo di Diano Marina, cit., p. 86, fig. 8 e p. 87, fig. 9).
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piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 33. Anfore Dressel 2-3 del relitto del Dramont B (Saint-Raphaël, Var) (da Martine CorsiSciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 74, fig. 59, nn. 25.74, 59.0. e 59.0.4).
le anfore della laietania
113
Fig. 34. Anfore Dressel 2-3 del relitto del Dramont B (Saint-Raphaël, Var) (da Martine CorsiSciallano, Bernard Liou, op. cit., p. 74, fig. 59, nn. 63.0.5 e 63.0.6).
Bolli
Non è possibile affrontare, in questa sede, la complessa problematica dei bolli ricorrenti nelle anfore della Laietania. I bolli ad oggi conosciuti sono molteplici e presentano caratteristiche particolari. Nella Laietana  e 2 essi si trovano situati sul collo,
nella Pascual  preferibilmente sull’orlo, nelle Dressel 2 e 3 sono prevalentemente
posizionati sul puntale, tra pancia e puntale o sul collo. I cartigli possono essere indistintamente quadrati, rettangolari, rotondi e in planta pedis. 
In generale, i bolli sono singoli ma, a volte, come nelle anfore Dressel 2 e 3, sono
anche doppi. Sia i bolli singoli sia quelli doppi possono trovarsi associati tra loro o
insieme a contrasegni costituiti, di solito, da lettere. Tali associazioni sono piuttosto
Ad es., il bollo in p.p. l. volteil[i] si trova abitualmente sul collo ma anche sull’orlo delle Pascual , sul collo delle Laietana  e della Dressel

2-3 (R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit.,
p. 82) nonché su quello della Laietana 2 (L. Long,
op. cit., p. 348, Fig. 4d e Fig. 5).
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piero dell ’ amico · francisca pallarés
numerose e, nei casi in cui si ha la sicurezza dell’appartenenza di certi bolli a determinate fornaci, costituiscono una importante documentazione per supporre
che ci fossero delle relazioni tra differenti
forni. Ciò fa pensare alla possibilità che,
per quanto riguarda le Dressel 2 e 3 laietane, vi fosse una specie di organizzazione
cooperavistica la quale prevedeva che, in
caso di necessità, alcune delle fabbriche
aderenti sopperissero al fabbisogno del
momento fabbricando le anfore a due
nomi.
Sul significato e l’interpretazione dei
bolli laietani – e non solo laietani – continuano ancora oggi ad esserci accesi dibattiti. Le ipotesi più diffuse tra gli specialisti
che si occupano delle produzioni di vino
laietano sono state riassunte da M. Prevosti e J. F. Clariana.  In merito, riportiamo
di seguito le ipotesi più accreditate :
– che i bolli e i contrassegni indicassero
il nome o il marchio del produttore che
invasava il proprio vino per poi venderlo
Fig. 35. Anfora Dressel 5 rinvenuta all’interno direttamente a commercianti all’ingrosdi uno dei ‘silos’ del Montjuich scavato nel so ; 2
928 e conservato nella ‘Casa de l’Ardiaca’ di
– che il bollo si riferisse al nome del fiBarcellona (da Duran i Santpere Agustì, op.
gulo
o al processo produttivo dell’anfora,
cit., p. 27).
la qual cosa potrebbe significare che si
trattava di installazioni indipendenti dai fundi ;
– che i forni, i quali erano installazioni dipendenti dai fundi, producessero non soltanto anfore per il loro fabbisogno ma anche per altri proprietari di vigneti. A tale
proposito va ricordato che il trovare bolli diversi riferibili ad una singola officina è
cosa abbastanza frequente ;
– che alcuni di questi bolli si riferiscono a personaggi che non possedevano vigneti
ma che si dedicavano al commercio del vino.
La tendenza degli ultimi tempi è quella di escludere sempre più le supposizioni che
i bolli laietani si riferiscano al nome del figulo o al processo produttivo dell’anfora.
Oggi l’ipotesi più diffusa è che il bollo sia relativo al proprietario del terreno il quale

M. Prevosti, J. F. Clariana, El taller de anforas
de Torre Llauder : nuevas apotaciones, in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani
occidental, Atti del i Colloqui d’Arqueologia Romana,
Badalona 28, 29, 30 de Novembre i  de Desembre
de 985, Museu de Badalona, 987, « Monografies
Badalonines », 9, pp. 202 e 203.
2
Tale ipotesi lascia intravedere l’esistenza di
piccole e medie proprietà a coltivazione agricola,
il che ben si adatta al tipo di villae e di proprietà
terriere tipiche della Laietania, alquanto diverso
da quello latifondista che si può osservare, per il
periodo che ci interessa, in altre province.
le anfore della laietania
115
Fig. 36. . Anfora Gauloise 4 della Laietania (da Robert Étienne, Françoise Mayet, op. cit., p. 33,
fig. 24, n. 2); 2. Anfora Oberaden 74 del relitto Sud-Caveaux  (da Long Luc, op. cit., p. 348, fig. 4,
a); 3. Anfora Oberaden 74 (da Robert Étienne, Françoise Mayet, op. cit., p. 33, fig. 24, n. ).
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piero dell ’ amico · francisca pallarés
poteva avere, allo stesso tempo, la veste di vendemmiatore, produttore, negoziante
e/o esportatore. Se questa ipotesi fosse vera il bollo potrebbe aver rappresentato,
come accade oggi con i vini imbottigliati, una sorta di ‘certificato di origine’ : idea difficilmente accettabile dal momento che la maggior parte delle anfore non era bollata.
Le varie interpretazioni in merito alle ipotesi fin qui elencate non lasciano per ora
intravedere una soluzione al problema.
I bolli laietani rinvenuti finora sono circa 50. Di questi, all’incirca, il 20% si colloca
in età tardo repubblicana-augustea ; il 58% tra il passaggio di Era ed il 25 d.C. ed il 22%
tra il 25 ed il 50 d.C.  Purtroppo queste percentuali non forniscono una visione reale
della situazione, tenuto conto che la maggior parte delle anfore laietane non sono
bollate. Tuttavia, la considerevole quantità di bolli finora nota documenta chiaramente che la produzione del vino laietano costituì un rilevante fenomeno economico
all’interno dei traffici commerciali dell’epoca a cui ci riferiamo. In base alle percentuali precedenti risulta assai difficile ipotizzare che tali percentuali possano indicare
l’ascesa, il floruit o la discesa del commercio di vino laietano. Si può quindi dire che la
mancanza di dati relativi ai possibili e diversificati rapporti tra le voci del quadrinomio
‘percentuale dei bolli/percentuale di anfore non bollate/periodo cronologico/tipo di
anfora’, non consente di cogliere la reale rilevanza di questa produzione.
Conclusioni
Da quanto fin qui annotato appare evidente che fino a quando non verrà affrontato
un lavoro, necessariamente ponderoso, di revisione del materiale laietano sarà difficile visualizzare con la dovuta chiarezza le tipologie, le cronologie e, soprattutto, gli
eventuali rapporti evolutivi tra i tipi anforici laietani, nonché le loro aree di diffusione
(Fig. 37).
Le anfore laietane
È stato finora considerato un solo tipo di ‘Laietana’ mentre, a nostro avviso, ne esistono per lo meno tre. Difficile, con i dati a disposizione, caratterizzare cronologicamente e geograficamente ciascun tipo. Possiamo solo dire che la loro maggior presenza
sembra ascriversi alla seconda metà del i sec. a.C.
Risulta inoltre difficile ricostruire quale sia stata l’area di diffusione dell’anfora definita, secondo la denominazione tradizionale, Tarraconense  – Laietana . Tuttavia,
nella cartina di distribuzione di questo tipo di anfora proposta dal Miró 2 vi è in alto
una icona che altro non sembra che la forma Tarraconense  (o Laietana 3) del relitto
di Palamós, intesa nel senso proposto da chi scrive in questa sede (vedi sopra). Stando
alla cartina, tale forma sembra aver avuto una distribuzione marittima lungo la costa,
tra Tarragona e i Pirenei orientali e una limitata penetrazione verso la parte alta e
media della Garonna.
Per quanto concerne la Pascual , abbiamo proposto, nel presente lavoro, diverse
varianti, senza la possibilità però di indicare con certezza dei differenti ambiti cronologici per ciascuna di loro. Tuttavia, dal materiale edito, sembra che sia possibile
cogliere delle differenze morfologiche tra le anfore di questo tipo. Nell’ultimo quarto

R. Pascual i Guasch, Index d’estampilles, cit.,
pp. 63-70.
2
J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., p. 2, mapa 5.
le anfore della laietania
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Fig. 37. Cartina con le rotte della diffusione delle anfore laietane (F. Pallarés).
del i sec. a.C. gli orli sono quasi verticali,  mentre tra il 0 e il 30 d.C. sembrano inclinarsi leggermente verso l’esterno. 2 Sembra che le Pascual  più antiche abbiano il corpo più affusolato, mentre le più recenti, cioè quelle tardo augustee e post augustee,
presentano il corpo più tondeggiante.
Pare che quest’ultima fase coincida col momento nel quale si ritiene che le Pascual
 abbiano cambiato destinatario. La Gallia, infatti, produce il proprio vino e cessa di
essere il principale cliente dei produttori di vino laietano il cui mercato, al di fuori
della Spagna, sembra rallentare notevolmente. Il fatto che a Badalona la Pascual 

M. Comas Solà, Les amphores de m.porcivs,
cit., Figg. 4-6, pp. 333-336.
2
Ivi, Figg. 7-0, pp. 337-340.
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piero dell ’ amico · francisca pallarés
continui ad essere fabbricata ed utilizzata oltre le date predette costituisce un caso
isolato. 
La scomparsa dal mercato delle anfore ‘Laietane’ e della Pascual  può essere dovuta ad una concomitanza di fattori, tra i quali possono ipotizzarsi un cambio di orientamento del mercato, una maggior razionalizzazione della produzione e del trasporto, 2
un cambiamento nella qualità del vino trasportato. 3
Altri tipi tradizionali della Laietania restano la Dressel 2 e la Dressel 3 con la loro
molteplicità di varianti. Dall’analisi dei dati archeologici a nostra disposizione provenienti dall’archeologia subacquea sembra potersi determinare una differenza cronologica tra le due forme. Tutti i relitti con Dressel 2 sono datati, infatti, intorno alla
metà del i sec. d.C., mentre quelli con Dressel 3 – ad eccezione di Diano Marina, che
viene datato alla metà circa del i sec. d.C., e a quello di Perduto , al quale non è stata
attribuita una datazione – si collocano cronologicamente entro il primo quarto del
i sec. d.C., per cui possiamo forse ipotizzare che la Dressel 3 laietana nasca qualche
decennio prima della consorella Dressel 2.
In merito al relitto di Diano Marina, può essere interessante annotare che il suo
carico era costituito prevalentemente da anfore Dressel 3, anche se alcuni puntali alti,
pieni e robusti potrebbero far pensare che fosse presente anche il tipo intermedio
Dressel 2-3. È da precisare che il contesto di materiali finora rinvenuti su questo relitto
si colloca cronologicamente nella media età claudia e che tale materiale, in maggioranza, fa parte dei servizi da cucina e da mensa di bordo. Se quanto abbiamo detto
riguardo alla differenza cronologica tra le Dressel 2 e le Dressel 3 fosse accertato da
altri dati e ritrovamenti, pensiamo che sarebbe forse da prendere in considerazione la
possibilità che a Diano Marina le anfore del carico, o almeno una parte di esse, possano essere state riutilizzate. Questo, tra l’altro, non costituirebbe un caso inconsueto
in quanto il riutilizzo di anfore è un fatto ormai appurato. Possiamo ricordare, quali
esempi, i tituli picti presenti su un’anfora di forma Dressel 2, la cui provenienza non
è chiara, che recano la data del 29 d.C. e, sovrapposta ad essa, la data 36 d.C.(cil xv,
4573), a dimostrazione del riutilizzo di questo contenitore, oppure il caso del relitto di
Grado, datato intorno alla metà del ii sec. d.C., in cui la maggior parte delle anfore
del carico, composto da molti tipi differenti, era di riutilizzo. 4
I dati archeologici, sia terrestri che sottomarini, indicano genericamente che le
Dressel 2 e 3 vengono prodotte dall’epoca augustea fino a Nerone. Oltre questa data
i ritrovamenti diventano sempre più sporadici in mare, mentre a terra, in ambiente
ispanico (Badalona), i ritrovamenti sono ancora cospicui fino agli inizi del ii secolo
d.C. 5 Pensiamo che per quest’ultima data potrebbe anche trattarsi di materiale residuo.

J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., p. 99.
2
Augusto dà un notevole impulso al commercio e la Dressel 2-4 è un recipiente più conveniente, rispetto agli altri tipi anforici laietani, nel rapporto peso a vuoto/capacità.
3
J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., p. 95.
4
P. Dell’Amico, Il relitto di Grado : considerazioni
preliminari, in Archeologia Subacquea. Studi, ricerche
e documenti, ii, Università degli Studi della Tuscia
– Viterbo, Roma, 997, pp. 25-26.
5
M. Comas i Solà, La producció i el comerç del vi
a Baetulo. Estat de la questió, in El vi a l’Antiguitat.
Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del ii Colloqui Internacional d’Arqueologia
Romana, Badalona 6-9 de Maig de 1998, Museu de
Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4,
p. 224.
le anfore della laietania
119
Per il resto non possiamo far altro , al momento, che continuare necessariamente a
riferirci al gruppo ‘Dressel 2-4’ ed ai brevissimi compendi che già abbiamo proposto
sopra.
Per le Dressel 2-4 viene riaffermato il fatto che esse sono state le ‘vinarie’ per eccellenza dell’alta epoca imperiale, così come la Dressel  lo era stata per il periodo
repubblicano. 
Si può affermare che l’epoca di Augusto costituisce un momento significativo nella
tipologia delle anfore ‘vinarie’, tra le quali possiamo osservare diverse innovazioni.
Se in Italia si nota, durante questo periodo, il passaggio dalla Dressel B alla Dressel
2-4 e quello dalla Lamboglia 2 alla Dressel 6, nella Catalogna, mentre i vigneti si sviluppano, la Dressel B cede il posto alla Pascual , con l’intermediazione, forse, della
Laietana . Nella fase augustea più antica vengono infatti create nuove forme, come le
Laietane  e 2 e la Tarraconense  (o Laietana 3). Sempre in Catalogna, unitamente alle
prime imitazioni della Dressel 2-4 italica, viene fabbricata l’anforetta a fondo piatto
Oberaden 74. 2
Nel carico del relitto di Cap Béar 3, datato al terzo quarto del I sec. a.C., sono accomunate Dressel B italiche e tarraconensi, Pascual  e Laietana , nonché Dressel 2. 3
Nella città romana di Badalona, nel materiale frammentario degli scavi del Magazzino dei dolia e del Foro, in strati datati all’ultimo decennio del i sec. a.C., c’è già la
Dressel 2-4 assieme a Laietana , Pascual , Dressel 8, Dressel 28 e Tripolitane. 4
J. Miró esprime l’impressione che le aree periferiche della Laietania si siano associate più tardi al processo evolutivo della Pascual  e della Dressel 2-4 rispetto alle
altre aree della Tarraconense (come, ad esempio, Tivissa). Egli paragona la scomparsa
della Pascual , che viene sostituita dalla Dressel 2-4, a quanto avvenuto precedentemente in ambito italico tra la Dressel  e la Dressel 2-4. In Catalogna questo fatto si
ripete alcuni decenni più tardi. 5
I forni e le loro discariche (Fig. 38)
Riguardo ai forni più conosciuti possiamo azzardare, per quanto ne sappiamo al momento, alcune ipotesi :
) Dei tre forni laietani che imitarono le anfore Dressel B due di essi – Santa Cecilia
(Mataró) e Can Portell (Argentona) – sono, geograficamente parlando, abbastanza
distanti dal terzo forno, quello di La Salut (Sabadell). Tuttavia, in epoca romana, da
Mataró (l’antica Iluro) una strada minore garantiva il collegamento diretto con la via
principale interna, di epoca repubblicana, lungo la quale si trovava Sabadell (l’antica
Arrago).
L’ultima cronologia proposta per queste imitazioni della Dressel B, secondo le
stratigrafie di Badalona, è quella del 60-50 a.C. 6
2) Come abbiamo potuto osservare, il principale luogo di produzione delle anfore del tipo c.d. Laietana , 7 seppure furono fabbricate anche nel forno di La Salut a

Vedi, tra gli altri, P. Dell’Amico, Albintimilium, cit., pp. 0-.
2
Vedi anche L. Long, op. cit., p. 343.
3
R. Étienne, F. Mayet, op. cit., pp. 24-25.
4
M. Comas i Solà, Les amphores de m.porcivs,
cit., pp. 33-333.
5
J. Miró, La producción de ánforas romanas en Catalunya, cit., pp. 6-7 e 94.
6
M. Comas i Solà, La producció i el comerç del vi
a Baetulo. Estat de la questió, cit., p. 22.
7
Con ‘c.d. Laietana ’intendiamo la denominazione che comprendeva anche la Tarraconense .
viae publicae populi
romani miliariis signata
viae municipales
miliaria
forni
mansiones seu vici
municipia seu oppida
confini della laietania
120
piero dell ’ amico · francisca pallarés
le anfore della laietania
121
Sabadell, si concentra intorno a Mataró (forni di Les Casetes, Torrent de Sistres, Sot
del Camp e Can Portell). Alle conoscenze attuali sembra quindi che vi sia un netto
predominio produttivo di queste anfore nella zona del Maresme.
3) Probabilmente le prime produzioni di Pascual  iniziarono negli stessi forni che
fabbricavano le c.d. Laietane . Sembra, infatti, che negli anni tra il 40 ed il 30 a.C. 
nei forni che fabbricavano tali anfore sia avvenuto un cambiamento che ha portato
ad adottare l’anfora Pascual , a quanto pare più funzionale. Tra il 40-30 a.C. e l’inizio
del regno di Augusto la Pascual  sembra essere stato il contenitore per eccellenza per
l’esportazione dl vino laitano.
4) Tra il 5 a.C. ed il passaggio di era, ha avuto luogo un nuovo cambiamento.
Contemporaneamente alla Pascual  compare sui mercati la Dressel 2-4. Questa data
rappresenta il momento nel quale inizia la grande produzione del vino laietano,
produzione che dominerà una buona parte dei mercati fino alla metà del i sec. d.C.
La Dressel 2-4 diventa, a partire di questo momento, il contenitore più importante
nell’esportazione del vino laietano verso Roma e le altre province dell’Impero. Ciò
non significa che la Pascual  non si producesse più e, se la data della sua completa
scomparsa non è stata per ora definita, è ormai assodato che, in alcuni ambiti, essa
continua ad essere ancora utilizzata in quantità maggiore rispetto alla Dressel 2-4. 2 La
contemporaneità tra le due forme nelle discariche dei forni sembra accertata – e da
molti accettata – anche se noi riteniamo che soltanto degli attenti scavi stratigrafici a
terra, e soprattutto nelle stesse discariche, potranno fornire elementi più precisi. Resta comunque il fatto che, nel periodo di cui parliamo, la molteplicità di ritrovamenti
dimostra che vi è stato un intenso sfruttamento del territorio, non soltanto nelle zone
del Maresme ma anche nel Vallès occidentale e nel Baix Llobregat. Tale sfruttamento si riflette nella grande quantità di ville ivi individuate, con i rispettivi forni per la
produzione di anfore, e di forni, probabilmente artigianali, sorti laddove le condizioni
per procurarsi le materie prime, necessarie a far fronte alle richieste di mercato, lo
consentivano.
5) In area laietana, la Gauloise 4 si trova, come abbiamo già detto, soltanto nella
discarica di Santa Maria de les Freixes (Cerdanyola del Vallés).

M. Comas i Solà, La producció i el comerç del vi
a Baetulo. Estat de la questió, cit., p. 222.
2
Un esempio in tal senso è fornito dagli scavi
stratigrafici di Badalona dai quali risulta che nel
periodo dei Claudii la Pascual  predomina in assoluto sulla Dressel 2-4 (M. Comas i Solà, La producció i el comerç del vi a Baetulo. Estat de la questió,
cit., p. 224).
Á Fig. 38. Cartina coi confini meridionale della Laietania e col tracciato della viabilità in epoca
repubblicana e alto-imperiale. I triangoli indicano la posizione dei principali forni: ) El Moré
(San Pol de Mar); 2) El Sot del Camp (San Vicenç de Montal); 3) El Morell (San Andreu de
Llavaneres); 4) Les Casetes (Mataró); 5) Santa Cecilia (Mataró); 6) Torre Llauder (Mataró); 7)
Can Portell (Argentona); 8) Veinat de Sant Crist (Cabrils); 9) Club Tennis Barcelona (Teià);
0) Cal del Ros de le Cabres (El Masnou); ) Torrent de Sistres (Alella); 2) Alella-Autopista;
3) Can Collet (Llinàs del Vallés); 4) Can Cabot (Santa Eulalia de Ronçana); 5) Can Vendrell
(Santa Eulalia de Ronçana); 6) San Miguel dels Martres (Caldes de Montbui); 7) Mas Manolo
(Caldes de Montbui); 8) Can Jofresa (Terrasa); 9) Can Feu (San Quirze del Vallés, Sabadell);
20) La Salut (Sabadell); 2) Camp d’en Ventura de l’Oller (Santa Perpetua de Moguda); 22) Can
Tintorer (El Papiol); 23) San Boi del Llobregat (Vila Vella) (da Francisca Pallarés, La topografia e le origini di Barcellona romana, cit., tav. f.t., modificata).
122
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Un altro importante aspetto, sul quale abbiamo poche notizie, è legato all’abbandono di questi forni. Possiamo soltanto dire che quello di El Rosser o El Mujal (Calella) termina la sua attività in epoca di Claudio ;  quello di Can Portell (Argentona)
durante il regno di Tiberio ; quello Camp d’en Ventura de l’Oller (Santa Perpetua de
Moguda), tra Claudio e Nerone 2 e quello di Can Feu (S. Quirze del Vallés) tra il 50 e
l’80 d.C. 3
Il vino laietano
Si è molto discusso se la diversità di forma e di distribuzione delle Pascual , rispetto
alle Dressel 2-4, possa significare che abbiano contenuto del vino di qualità diversa.
In realtà, in mancanza di analisi sui resti del contenuto di dette anfore, non resta che
fare delle supposizioni.
È assai curioso che il tappo di sughero, spesso meno di un centimetro, che chiudeva
le anfore Pascual  dei relitti di Cap del Vol e di Els Ullastres I presenti un foro centrale, il che sembrerebbe indicare che vi fosse invasato un tipo di vino giovane, che non
aveva ancora finito il suo processo di fermentazione. 4
Nonostante la forte flessione subita dai vini laietani a partire dai flavii, la presenza di anfore Dressel 2-4 sembra essere ancora notevole in ambito ispanico. Tuttavia,
questa forte riduzione della produzione vinaria, che si trascina dal ii al iii d.C. avanzato, sembra cessare subito dopo questa data. A partire da questo momento, infatti, compare un ampio repertorio di anfore che sono state denominate Tarraconensi
‘Tardanes’, delle quali sono stati riconosciuti ben  tipi diversi. I vari ritrovamenti di
questi tipi anforici nel Nord-Est della Tarraconense, soprattutto nelle zone intorno a
Tarraco e a Barcino, dimostra che nel iv sec. d.C. si è verificato un notevole aumento
della produzione vinicola locale. 5
Porti ed approdi
Uno degli aspetti più interessanti, tra quelli inerenti il nostro tema, è quello di cercare
di capire come avvenissero le operazioni per l’imbarco delle anfore piene di vino laietano, nonché i tipi di imbarcazioni utilizzati per il loro trasporto.
X. Nieto e X. Raurich annotano che la sezione trasversale delle navi cariche di anfore Pascual  era appiattita per cui, dato lo scarso pescaggio, potevano avvicinarsi alla
costa per le operazioni di carico e scarico senza necessità di infrastrutture portuali
complesse. Anche le dimensioni dei natanti ed il volume del carico favorivano le operazioni sotto costa. Abbiamo accennato sopra al fatto che le navi che trasportavano
anfore dei tipi Laietana  e Pascual  erano in media lunghe 3-4 m ed erano quindi
dei vascelli piccoli. Calcolando una capacità di carico di 550-590 anfore si hanno 2.000
A. López Mullor (con la colaboración de Javier Fierro Macía), Excavaciones en la villa romana
del Roser de Calella (El Maresme, Barcelona). Campañas de 1981 y 1982, in Ampurias, 47, Barcelona 985,
p. 205.
2
C. Puerta López, Els contenidors de ceràmica
comuna. L’altra producció dels forns laitans, in El vi a
l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediter-
rani occidental, Atti del ii Colloqui Internacional d’Arqueologia Romana, Badalona 6-9 de Maig de 998,
Museu de Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, p. 259.
3
E. Carbonell, J. Folch, op. cit., p. 289.
4
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 24.
5
C. Carreras Monfort, P. Berni i Millet, op.
cit.
le anfore della laietania
123
3.000 lt di vino trasportato. Considerando una stazza media di 2 ton si hanno 52
anfore e .000 lt di vino. 
Le navi a rotta diretta erano caratterizzate dall’avere un carico omogeneo, 2 mentre
quelle di ridistribuzione si distinguevano dall’avere un carico di prodotti provenienti
da aree geografiche differenti. 3
Nieto e Raurich si stupiscono che per un viaggio dalla foce del Llobregat a Narbona
(34 miglia a una velocità di 3-4 nodi = 40 ore di navigazione) venissero utilizzati ‘de
vaixells de capacitat tan reduïda’, ma aggiungono che si deve pensare che questo era,
evidentemente, ‘el tipus de vaixell desitjat, el necessari en funció de la producció a
transportar’. 4
In merito, è infatti necessario, ad avviso di chi scrive, distinguere tra il tipo di
commercio – nonché il quantitativo di carico da trasportare – esercitato dal natante
e la sua capacità di navigazione. Per la ridistribuzione di grosse quantità di mercanzia si potevano utilizzare natanti grandi ; per il trasporto di piccole quantità di un
carico omogeneo su lunghe distanze si potevano usare natanti piccoli. Non è detto,
infatti, che imbarcazioni di 2-3 m non potessero fare viaggi in mare aperto, così
come non è detto che navi più grandi non potessero, all’occorrenza, scaricare in
punti privi di infrastrutture portuali. Un esempio, in epoca moderna, è costituito
dai leudi. Le rotte di queste imbarcazioni per l’Isola d’Elba e la Sardegna erano
usuali e consolidate, 5 ma i leudi potevano navigare e spingersi ben più lontano, in
tutto il Mediterraneo occidentale. G. Panella, dopo aver fatto notare che fino all’Ottocento la navigazione si svolgeva in un ‘mondo senza porti’ per cui una buona parte dei
traffici veniva effettuati sugli arenili, 6 scrive : « Se il leudo era fatto per essere tirato in
secco, il suo scafo aveva una forma che gli consentiva di affrontare anche navigazioni
d’altura. Questo perché, nonostante le sue dimensioni ridotte (quindici, sedici metri
di lunghezza al ponte), era una vera, piccola nave. Di questa possedeva la caratteristica più importante e cioè una buona tenuta al mare : poteva quindi navigare in tutto
il Tirreno e di lì di [sic] spingersi fino in Spagna o nello Ionio. Inoltre, anche se le sue
forme erano molto simili a quelle di un grosso gozzo, possedeva una notevole capacità di carico, nell’ordine delle 25-30 tonnellate. Il suo scafo, insomma, era il risultato di
un difficile compromesso tra tre caratteristiche che sono tra di loro contraddittorie :
poteva essere tirato sulla spiaggia ; aveva una buona tenuta al mare e una notevole
portata » 7 (Fig. 39).
Un movimento commerciale come quello che caratterizza le spedizioni del vino
laietano presupponeva di avere a disposizione, come già abbiamo avuto modo di dire,
approdi e porti idonei. Occorre tuttavia tener presente che le coste della Laietania si
caratterizzano per le spiagge sabbiose, atte ad effettuare operazioni di imbarco e di
sbarco di merci e passeggeri, ma che non possedevano nell’antichità, secondo l’antico
concetto romano, le caratteristiche appropriate per la creazione di porti. Mentre per
le navi di modeste dimensioni le operazioni di cui sopra potevano essere effettuate

26.
2
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., pp. 2-23 e
Il carico omogeneo deve essere inteso non nel
senso che venisse trasportato un unico prodotto,
bensì in quello che i prodotti trasportati, compreso l’eventuale carico secondario, provenissero dal
medesimo ambito geografico.
3
X. Nieto, X. Raurich, op. cit., p. 23.
Ivi, p. 26.
5
E. Bo, Il leudo rivano, Genova, Arti Grafiche
Lux, 200, pp. 20-2.
6
G. Panella, Leudi di Liguria, Genova, Tormena, 2002, pp. -6.
7
Ivi, p. 6.
4
124
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 39. Sestri Levante (Genova). Il leudo ‘Fratelli Castagnola’, alato sulla spiaggia, dal quale si
stanno scaricando le botti di vino (da Edoardo Bo, op. cit., p. 95).
con una certa facilità approssimandosi alla riva di queste spiagge sabbiose – un esempio dei tempi recenti viene, come abbiamo appena visto, dalla Liguria ove i famosi
leudi erano ancora attivi nella prima metà del secolo scorso  – quando si trattava di
navi di un certo tipo e di stazza maggiore, come nel caso delle navi ‘a dolia’, era necessario disporre di infrastrutture che soltanto un porto ben attrezzato poteva avere. In
particolare, erano necessari un sistema normalizzato di invasi, una struttura mercantile che concentrasse gli stocks per consentire l’immagazzinamento di quantità commerciabili e, infine, una buona organizzazione per quanto riguardava il trasporto.
In tutta la Laietania le due sole zone idonee alla creazione di un porto erano le foci
dei fiumi principali : il Besós che, come abbiamo visto nella parte iniziale del presente
lavoro, non era adatto a causa delle sue caratteristiche e per l’irregolarità della portata, ed il Llobregat.
E, in effetti, si può ritenere che il delta del Llobregat, che anticamente doveva
essere arretrato di circa 2 Km rispetto all’attuale linea costiera, 2 presentasse le
condizioni ideali per la creazione di un porto. La valle del fiume rappresentava,
infatti, lo sbocco naturale al mare della via di comunicazione con l’interno, un entroterra ricco di risorse : prodotti alimentari (vino, olio, frutta e ortaggi), minerali
e boschivi. Questi ultimi potevano garantire il legno necessario per la costruzione
e la riparazione delle navi. I fondali erano particolarmente idonei all’ancoraggio

E. Bo, op. cit., pp. 74-08.
2
Diccionario Enciclopedico Salvat, t. 4, sub voce
Llobregat, Barcelona, 972, p. 330.
le anfore della laietania
125
Fig. 40. La lapide di Caius Coelius Atisi (da Francisca Pallarés, La topografia e le origini di Barcellona romana, cit., p. 69, fig. 4).
essendo pressoché privi di rocce e si aveva a disposizione acqua dolce in abbondanza. Inoltre, cosa importante, il luogo si trovava a ponente del Montjuich in una
insenatura o piccola baia abbastanza protetta. Tale insenatura fu scelta dai Romani
per edificare il primo nucleo abitativo fortificato, la Faventia Barcino di età romanorepubblicana.  La presenza di questo nucleo risulterebbe documentata dal rinvenimento, in tale luogo, di due iscrizioni tardo-repubblicane le quali dimostrano che,
in tale epoca, vi era una città con una organizzazione amministrativa con duunviri,
quinquenales e aediles. Una di queste iscrizioni ricorda Caius Coelius Atisi, curatore
delle mura, delle torri e delle porte (Fig. 40) ; l’altra – facente a quanto pare parte
di una esedra – ricorda i personaggi Lucius Licinius / Caius Iulius A.../.../..A/ssedillus. 2
Pur accettando la presenza di questo primo nucleo romano a ponente del Montjuich,
ma non considerando validi i ritrovamenti archeologici avvenuti in questa zona, il
Bonneville si dichiara scettico circa la tradizione storica che indica in tale area l’esistenza del porto di Barcino. Egli sostiene il proprio scetticismo col fatto che la foce
del Llobregat si trova troppo lontana da questo luogo 3 e che i geografi antichi non
hanno ritenuto tale località sufficientemente importante da riportarla nei loro itinerari. 4
Per la presenza del porto a ponente del Montjuich la tradizione storica si basava su
quattro caposaldi (Figg. 4-42) : la sopravivenza odierna del toponimo ‘Port’ e della
Chiesa di Nostra Senyora del Port nella zona a ponente del Montjuich ; 5 le frequenti
citazioni di tale toponimo, in questo luogo, nei documenti medioevali ; la presenza

La tradizione letteraria vuole che l’oppidum
di Barcino citato da Pomponio Mela tra gli oppida
della costa (Mela, II, 6) sorgesse nel Montjuich,
ma non disponiamo per ora di elementi sufficientemente validi per dimostrare tale supposizione.
2
F. Pallarés, La topografia e le origini di Barcellona romana, « Rivista di Studi Liguri », a. xxxvi, -3,
Gennaio-Settembre 970, pp. 69-7.
3
È da considerare che il Bonneville si riferisce
alla odierna foce del Llobregat.
4
J.-N. Bonneville, Aux origines de Barcino romaine (Barcelone), « Revue des Etudes Anciennes »,
a. lxxx, 978, -2, pp. 53-57.
5
A. Duran i Santpere, op. cit., p. 52.
126
piero dell ’ amico · francisca pallarés
-·-·-·-· Profilo della piattaforma pleistocenica.
Fig. 4. Cartina con indicazione dell’antica linea di costa dinanzi alla colonia di Barcino e quella
dell’attuale delta del Llobregat a Sud del Montjuich caratterizzata, a partire dal Medioevo, da
stagni e piccoli torrenti (da Ramón Julià, op. cit., tav. f.t., modificata da F. Pallarés). ) Chiesa di
‘Nostra Senyora del Port’, nei pressi della quale fu scoperto un complesso di grandi ‘silos iberici’
per granaglie scavati negli strati di arenaria e di argilla; 2) Stadio del Montjuich, luogo di rinvenimento del secondo insieme di ‘silos’ dello stesso tipo dei precedenti; 3) Posizione della Colonia Iulia Augusta Paterna Faventia Barcino; 4) ‘Arrau del Cagalell’, l’antico stagno che servì da riparo alle
piccole imbarcazioni; 5) ‘Estany del Port’, formatosi con l’avanzamento del delta del Llobregat.
Fig. 42. Pianta di Barcellona e dei suoi dintorni, a. 740 (Foto Instituto Municipal de Historia). ) ‘Nostra Senyora del Port’; 2) Stadio del Montjuich,
luogo di rinvenimento di ‘silos’; 3) La colonia augustea; 4) ‘Arrau del Cagalell’, antico ricovero di piccole imbarcazioni; 5) ‘Estany del Port’.
le anfore della laietania
127
128
piero dell ’ amico · francisca pallarés
di un Castello del ‘Port’, che aveva costituito in altri tempi la prima difesa del porto
e faceva pertanto parte del porto stesso ; la presenza in tale luogo, ancora in tempi
moderni, di una torre difensiva e di una struttura con anelli per l’ormeggio delle
imbarcazioni. 
Nel 928, a poca distanza della Chiesa di Nostra Senyora del Port, nell’aprire la
trincea per il passaggio della linea ferroviaria che collegava il Porto alla stazione della
‘Riera de Magoria’, furono scoperti 0 ‘silos’ di notevoli dimensioni e, nel 929, un
altro gruppo fu scoperto a Nord del Montjuich durante la costruzione del campo
sportivo. 2 Per diversi anni si pensò che tali ‘silos’ costituissero sepolture preromane
di epoca iberica. Uno di essi fu riscavato nel 946 ed al suo interno vi era un riempimento costituito da terra e materiali di diverse epoche. Purtroppo, la maggior parte
di questi materiali è rimasta inedita, per cui non è possibile sapere in quale momento
il silo fu obliterato. 3 Tra la documentazione vi è un disegno, conservato presso il
‘Museo de Historia’ di Barcelona 4 (Fig. 43), che consente di vedere come tali ‘silos’,
allineati su due file, sono stati scavati nelle arene mioceniche e nello strato di argilla. I
‘silos’ hanno forme tondeggianti, in alcuni casi allungate, e sono di dimensioni diverse : i diametri vanno dai 3 ai 5 m, l’altezza dai 5 ai 7 m.
La vicinanza di questi ‘silos’ al luogo che porta ancora oggi il toponimo ‘port’ fa
pensare che fossero stati costruiti in funzione del porto antico. Si ipotizza anche che
essi fossero utilizzati come depositi per contenere delle granaglie già in epoca preromana. Se difficile è riuscire a sapere in quale momento furono costruiti ed a quando
risale il loro abbandono, possiamo però dire che il sistema della conservazione, anche
a breve termine, delle derrate all’interno dei ‘silos’ si riscontra in altri giacimenti antichi della Spagna. 5
Duran i Sanpere riferisce che i castelli della città medievale, compreso quello del

Riportiamo quanto descritto a questo riguardo da Jeroni Pujades nella sua ‘Crònica universal
del Principat de Catalunya’, pubblicata in catalano nel 609 e in castigliano nel 829, riportata da
Duran i Santpere (A. Duran i Santpere, op. cit.,
pp. 648-649) : « Tenía también esta ciudad otro
puerto viejo y seguro a la falda de la Montaña de
Montjuch, hacia la parte de Poniente, donde aún
se mantiene el nombre de una capilla de Nuestra
Señora de Port, Santuario bastante frecuentado
y en que ha hecho Dios muchos milagros con lo
verdaderos devotos ... Allì se hallaba aún, pocos
años ha, algunos anillos de hierro, como los que
suelen haber en los puertos de mar para amarrar
las gúmenas de los navíos, con que los aseguran de
las borrascas. Y cuando era castellano o feudatario
del castillo que hay allí micer Miguel Sarrovira, los
quitò, yo no sé por qué, ayudando a dar prisa a
que se acabe la memoria de estas antigüedades.
Algunos del vulgo han pensado que la ciudad de
Barcelona al principio fue fundada en aquel territorio ; y que después, porque el sitio era malsano
por causa de los estanques de Remolar y de otros
que hay por aquel llano de la poblacion del Prat ...
la mudaron al sitio que aún està ».
2
F. Pallarés, La topografia e le origini di Barcellona romana, cit., p. 65.
3
Rinvenimenti più recenti hanno portato alla
luce una villa romana in vicinanza della zona di
‘Nostra Senyora del Port’ dove si è trovata una discarica con abbondanti resti di anfore Pascual  e
Dressel 2-4, di laterizi e frammenti di dolia ( J.-O.
Granados, C. Rovira, Tres nous centres de producció d’àmfores a l’ager della colònia Barcino, in El vi a
l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani occidental, Atti del i Colloqui d’Arqueologia Romana, Badalona 28, 29, 30 de Novembre i 1 de Desembre
de 1985, Museu de Badalona, 987, « Monografies
Badalonines », 9, pp. 28-29). Le prime strutture di
questa villa risalgono ad epoca tardo-repubblicana, poi trasformate in età augustea.
4
Una buona riproduzione è pubblicata in F.
Giunta, Punica Barcino. La fondazione di Barcellona, Sezione di Studi Storici ‘Alberto Boscolo’
dell’Istituto Italiano di Cultura, ii Barcelona, 988,
Fig. a p. 22.
5
Vedi, ad esempio, il foro di Ampurias ove
sono stati individuati numerosi ‘silos’ per la conservazione del grano.
le anfore della laietania
129
Fig. 43. Barcellona. Sezione dei ‘silos’ del Montjuich (da Francesco Giunta, op. cit., fig. di p. 22).
Port, erano stati, fino al 060, sotto la giurisdizione del visconte di Barcellona. Dal
079 vi è una co-sovranità dei fratelli Ramon Berenguer e Berenguer Ramon che si
alternano nel possesso dei castelli (porte della città) di Barcellona e di quello del Port,
la qual cosa significa che quest’ultimo aveva tanta importanza quanta ne avevano i
castelli della città.
Le piene del Llobregat dovettero colmare la zona rendendo il Castello del Port
inutile ed i resti che vide il Pujades alla fine del xvi secolo scomparirono sicuramente
durante i lavori per la costruzione della strada e della linea ferroviaria che collegavano
la città moderna al porto commerciale e che dovevano servire al trasporto di grandi
quantità di minerali da imbarcare in questo punto. 
Riteniamo, tutto sommato, che non vi sia dubbio sull’esistenza di un nucleo abitativo munito di un porto in questa zona, sorto probabilmente sul nodo di collegamento
diretto tra l’entroterra ed il mare. D’altronde, la descrizione del porto di Barcilonum
fatta da Rufo Festo Avieno, 2 dimostra che, nel iv sec. d.C., il porto aveva delle caratteristiche che ben si addicevano a quelle del delta del Llobregat.
Le misure innovative applicate da Augusto in tutte le province dell’Impero si realizzano in Spagna con la creazione di nuove colonie e col rifacimento delle vie di comunicazione e segnano per Barcino una svolta. Allo sviluppo economico della Laietania
si accompagna, infatti, un notevole aumento demografico e la piccola città portuale
creata a Ponente del Montjuich non è sufficientemente capiente per le accresciute
esigenze. Nel 8-7 a.C. viene ristrutturata la strada litoranea che collegava tutti i parva
A. Duran i Santpere, op. cit., pp. 649-650.
Avieno, Ora Maritima (Periplo Massaliota del
siglo vi a. de J.C.) in Fontes Hispaniae Antiquae, fasc.
i, Adolfo Schulten, Barcelona, 955, p. 83. Il Periplo
marsigliese era stato messo in versi da un maestro
greco del i sec. a.C. Avieno lo tradusse dal greco
al latino inserendo interpolazioni del suo tempo.
Tra queste, Schulten ritiene che le notizie relative

2
a Tarraco e a Barcino lo siano. Riportiamo di seguito i versi relativi :
vv. 59-522. … inde Tarraco oppidum
et Barcilonum amoena[s] sedes ditium.
nam pandit illic tuta portus brachia,
uvetque semper dulcibus tellus aquis.
Anche Paolino da Nola (Epist. 3) definisce Barcellona amoena.
130
piero dell ’ amico · francisca pallarés
Fig. 44. Veduta della città di Barcellona (Fra.co Valero, xv secolo). Si può osservare come la città romana e medievale fosse ancora priva di porto. Vedasi, in basso a destra, ‘les Dressanes’, gli
antichi cantieri navali mentre lo ‘Arreu del Cagalell’, in basso, appare completamente colmato
dai sedimenti del rio Besós e dei rii che ivi sboccavano e convertito in terre di coltivo.
oppida costieri  situati tra il fiume Tordera ed il Llobregat. 2 Pensiamo che in un momento vicinissimo a questa data sia stata fondata da Augusto sul mons Taber, situato
tra il Monjuich e il fiume Besós, la nuova Colonia Iulia Augusta Paterna Faventia Barcino,
che costituirà il nucleo originario della Barcellona medievale e moderna. 3
La nuova colonia era sorta in un ambito territoriale che non disponeva dei requisiti necessari – se non con la costruzione di potenti strutture a mare – alla creazione
di un nuovo porto (Fig. 44). Ma la scelta del luogo in cui far sorgere il nuovo nucleo
abitativo fu forse effettuata anche in considerazione del fatto che il porto situato alla
foce del Llobregat era ancora sufficientemente efficiente per le esigenze commerciali
del momento. 4
Una iscrizione di Tarragona (cil, ii, 4226,
Dessau, Insc. lat. sel., n. 274 a) ricorda Q. Licinius
Silvanus, padre di Q. Licinius Granianus Quadronius
Proculus console nel 06 a.C., quale Praefectus Ora
Maritimae Laeetanae, il che farebbe supporre che,
all’incirca in età flavia, questi piccoli centri costieri
fossero organizzati in una specie di confederazione (F. Pallarés, La topografia e le origini di Barcellona romana, cit., pp. 60 e 6, nota 2).
2
Dallo sbocco del Llobregat, in corrispondenza della località ad Quartum e lungo la sua sponda
sinistra, la strada proseguiva fino a ad Fines (Mar
torell) per congiungersi con la vecchia strada di
epoca repubblicana che, con un percorso interno,
collegava direttamente Gerunda (Gerona) con la
capitale Tarraco (Tarragona).
3
F. Pallarés, La topografia e le origini di Barcellona romana, cit., pp. 74-79.
4
Il processo di sedimentazione dovuto al Llobregat riempì lentamente la zona dell’antico porto creando canali e stagni (come l’Estany del Port)
che, a lungo andare, scomparvero convertendosi
in terre di coltivo. La città sul mons Taber era relativamente protetta da una lingua di sabbia – « la
le anfore della laietania
131
Molto probabilmente anche sulla sponda destra del Llobregat si erano creati, già in
epoca preromana, degli specchi d’acqua sufficientemente ampi e profondi per ospitare delle imbarcazioni. Il Tarradell ricorda che verso la fine degli anni Sessanta del
secolo scorso, in questa parte del delta, l’asportazione di sabbia a scopo edilizio aveva
portato ad importanti scoperte di materiali. Tra questi cita la presenza di anfore Pascual  e ‘Dressel 2-3’.  Si tratta di migliaia di frammenti, la maggior parte dei quali
proviene dalla zona de “Les Sorres” che sembra essere stata un’antica linea di spiaggia
situata tra Castelldefels e Viladecans. Questa zona fu utilizzata, già a partire dal iv sec.
a.C., come luogo di ancoraggio. 2
Siamo quindi dell’avviso che la foce del Llobregat, in concomitanza con l’espansione del commercio di vino laietano, cioè tra l’epoca di Augusto e la metà del i sec.
d.C., sia diventata il luogo d’ancoraggio e di carico per eccellenza delle navi vinarie
laietane, soprattutto per quelle di maggior tonnellaggio con carico di sole anfore e
senz’altro per le navi a dolia.
Considerazioni finali
Vogliamo ancora una volta sottolineare il fatto che i dati finora pubblicati sulle officine per la fabbricazione delle anfore laietane si basano in buona parte su ricerche
di superficie. Abbiamo potuto constatare che non tutte le discariche sono legate a
strutture che comportano la presenza di un forno nelle loro vicinanze ed, inoltre, che
gran parte dei bolli laietani pubblicati finora provengono da queste discariche. A volte
il numero di bolli presenti in tali discariche è notevole e questo potrebbe indicare che
si trattava di discariche comuni nelle quali andavano a finire gli scarti di più officine.
A questo si aggiunga che nei frammenti di anfore di alcune discariche laietane si possono osservare differenze notevoli nei colori delle argille, forse perchè tali frammenti
provengono da luoghi diversi. Per questo motivo sarebbe opportuno, a nostro avviso,
porre particolare attenzione alle diverse giaciture dei materiali – cosa possibile soltanto con scavi stratigrafici condotti rigorosamente – in modo da riuscire a comprendere
in quale posizione temporale si trovino i getti l’uno rispetto all’altro.
Dati interessanti potrebbero scaturire dall’analisi delle argille dei materiali provenienti da ogni forno o discarica. Dalle descrizioni delle argille dei diversi forni appare chiaro
barra che limitaría el lagoon [Arrau del Cagalell]
estaría formada por los materiales detríticos procedentes fundamentalmente del Besós y transportados por la corriente de longshore. Lo efectos de
esta emigración detrítica del NE al SO es de antiguo conocida por sus efectos » (R. Julià, Características litológicas de les “rieres” del Pla de Barcelona, in
i Coloquio acerca del plà de Barcelona. Rasgos físicos
y poblamiento antiguo, Barcelona, Catedra ‘Ciudad
de Barcelona’, Museo de Historia de la Ciudad,
977, « Cuadernos de Arqueologia e Historia de la
Ciudad », n. xvii), p. 30) – e le imbarcazioni minori potevano sicuramente procedere alle normali
operazione di imbarco e sbarco, facilitate anche
dalla presenza di una piccola insenatura, ‘l’Arrau
del Cagalell’, situato tra la città e le falde del Montjuich, che fungeva da piccolo rifugio e dove, nel
xiv secolo, sorsero i nuovi cantieri navali della città. Soltanto nel 439 il Re Alfonso il Magnanimo
concesse ai Consiglieri di Barcellona il diritto di
costruire un porto e un molo nel luogo da loro
scelto. Si costruirono così le prime strutture del
moderno porto della città (A. Duran i Santpere,
op. cit., pp. 49 e 53).

M. Tarradell, Sobre el poblamiento romano del
pla de Barcelona, in i Coloquio acerca del plà de Barcelona. Rasgos físicos y poblamiento antiguo, Barcelona,
Catedra ‘Ciudad de Barcelona’, Museo de Historia
de la Ciudad, 977, « Cuadernos de Arqueologia e
Historia de la Ciudad », n. xvii, p. 96.
2
P. Izquierdo, op. cit., pp. 33-39, con bibliografia riguardante la formazione del delta del
Llobregat. Vedi anche sopra, alla voce ‘Les Sorres iii’.
132
piero dell ’ amico · francisca pallarés
che non tutte si accordano con la descrizione tradizionale fatta da Tcherniá e Zevi. 
Come esempio citiamo, tra i forni del Baix Llobregat, quelli di San Boi del Llobregat,
dove sono state individuate tre diverse colorazioni nelle argille, 2 oppure il forno di
Can Feu nel Vallés, dove questa diversità appare assai evidente. 3 Ci sono quindi delle
effettive differenze nel colore delle argille, non dovute soltanto alla cottura.
Nelle argille utilizzate dai forni laietani non vi sono invece differenze mineralogiche
sostanziali, in quanto esse provengono dal disfacimento di un complesso geologico
unitario. Molti di questi forni rappresentano la continuità dei forni iberici precedenti
ed, in alcune produzioni, si riscontrano argille più depurate con sgrassanti di piccola
taglia, molto simili alle argille utilizzate in epoca iberica.
Dall’elenco complessivo dei relitti carichi con anfore della Laietania, abbiamo potuto osservare che soltanto ad una parte di essi è stato possibile attribuire una datazione. È nostra convinzione che una rilettura dei materiali rinvenuti in ciascun relitto
potrebbe affinare la cronologia del momento nel quale la nave è affondata. In alcuni
casi la datazione è stata fatta soltanto in base ad affinità con altri relitti – per cui la cronologia è giocoforza relativa – oppure sulla presenza di frammenti di Terra Sigillata
aretina, italica e sudgallica. Quando tali ceramiche sono presenti in minima quantità
sui relitti significa che non fanno parte del carico bensì delle dotazioni di bordo, per
cui le datazioni che da essi derivano dovrebbero costituire soltanto un terminus post
quem indicativo.
Una possibilità di datazione più precisa potrebbe essere offerta dalla lettura di eventuali tituli picti. Purtroppo, la particolare composizione delle argille delle anfore laietane fa sì che si rompano facilmente o si sfarinino, soprattutto se lasciate alle intemperie o senza adeguati trattamenti di restauro e conservazione. Per quanto ci risulta
– a parte gli esemplari di probabile origine laietana riportati dal Dressel – non si ha
notizia della presenza di tituli picti nelle anfore fin qui prese in considerazione.
Per poter effettuare in futuro una messa a punto sulle problematiche inerenti le anfore laietane, occorrerebbe poter contare su una miglior caratterizzazione tipologica
delle stesse, correlandola con buoni disegni che ne documentino meglio i particolari.
Soltanto in questo modo si potrebbero effettuare confronti più precisi. Di pari passo,
andrebbero anche verificate puntualmente le caratteristiche delle argille di ogni giacimento, in modo da poterne meglio identificare le origini.
Abstract
The article report notes and considerations
about Laietania’s amphoras utilized during
Roman times to transport wine of this country. Such amphoras have been object of numerous studies which put in evidence, prevalently, clay’s characteristics and stamps. To
deal with amphoras’ types Dressel B, Laietana  e 2, Tarraconense , Pascual , Dressel 2
e 3, Gauloise 4 ed Oberaden 74. The majority
of this types are not again well identified (variants, evolution, chronology) and purpose
of present work is to put in evidence proble-

A. Tchernia, F. Zevi, Amphores vinaires de
Campanie et de Tarraconaise à Ostie, in Recherches
sur les amphores romaine, Actes du Colloque de Rome
4 Marzo 1971, Roma, 972, « Collections de l’Ecole
Française de Rome », 0, pp. 37-40. Vedi anche M.
Corsi-Sciallano, B. Liou, op. cit., pp. 55-56.
2
A. López Mullor, El centre productor d’àmfores
de Sant Boi de Llobregat (Barcelona), in El vi a l’Antiguitat. Economia, producciò i comerç al Mediterrani
occidental, Atti del ii Col.loqui Internacional d’Arqueologia Romana, Badalona 6-9 de Maig de 998,
Museu de Badalona, 998, « Monografies Badalonines », 4, p. 234.
3
E. Carbonell, J. Folch, op. cit., p. 289.
le anfore della laietania
matics connected with them rather than to
draw up typologies. The better informations
about this containers came from ancient wrecks of ships which carried wine of Laietania.
By means of map of furnaces of production and of several lands’ discoveries we can
suppose that, also don’t excluding the existence of landing-places along the coast North of
Barcelone (ancient Barcino), the area around
133
the delta of Rio Llobregat only was qualified
to establish an harbour with proper infrastructures for wide maritime trade of Laietania’s wine which occur whether with ships
loaded of amphoras only or with ships where
the wine was filled in dolia placed on board.
Parole chiave: anfore, relitti, laietana, Tarraconense, forni, Porto Barcino