miSSioN: (im)…poSSiblE

Transcript

miSSioN: (im)…poSSiblE
magazine
HS+E
Italian/English Edition
the occupational health & safety +
environmental quarterly magazine
Poste Italiane - Spedizione in a.p. 45% - art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - D.R.T. - D.C.B. - TO n. 1/2007
EDITORIALE
C
Vol.
Vol. V
3 -- N.
N. 2
2
ome i nostri più affezionati
lettori ricorderanno, HS+E
Magazine apparve per la prima
volta in occasione di OMC 2003.
Compie quindi oggi quattro anni
e festeggia, con questo numero,
la diciassettesima uscita trimestrale.
Nato, quasi per gioco, come
numero unico destinato ad essere distribuito esclusivamente
nell’ambito della manifestazione
ravennate, è poi divenuto, grazie
ad un gruppetto di entusiasti,
che per pubblicarlo ha spesso
sottratto tempo ad altre attività,
uno strumento informativo e divulgativo su temi di particolare
attualità, quali la sicurezza industriale e l’ambiente, raggiungendo oltre 1500 lettori in Italia
e all’estero.
Un ringraziamento particolare va, oltrechè ai nostri lettori, a
tutti gli inserzionisti che in questi quattro anni hanno garantito
alla rivista la possibilità di continuare ad essere pubblicata ed
anche a tutti i contributors che,
con i loro articoli, hanno fatto si
che HS+E Magazine crescesse
anche dal punto di vista dei contenuti tecnico-scientifici.
Arrivederci a OMC 2009.
Apr-Jun 2007
mission: (im)…possible
* Roberto Nicolucci
A
l giorno d’oggi, forse ancor più
che in passato, è possibile cogliere opportunità di business altamente
remunerative, sia da un punto di vista
economico che di crescita aziendale,
a condizione di possedere l’attitudine
e le necessarie risorse ad operare in
ambienti lavorativi che, per alcune caratteristiche intrinseche, si usa definire
“ostili”. Il termine di derivazione anglosassone (in italiano potrebbero anche essere definiti ambienti “disagiati”), forse meglio di altri, caratterizza
luoghi con un contesto geopolitico o
geonaturalistico particolarmente critico per chi vi opera, catalizzando immediatamente l’attenzione sul fatto che il
principale rischio di origine professionale, non è tanto correlato all’attività
che vi si svolge, quanto all’ambiente in
cui si opera.
Ambienti ostili hanno tradizionalmente fatto da sfondo allo sviluppo
di alcuni settori industriali tra i quali
quelli dell’oil & gas, della petrolchimica, dell’agroindustriale, della produzione del legname o della cantieristica
(in particolare nella realizzazione di
grandi opere infrastrutturali nel settore
idraulico e dei trasporti); ma molte al-
Fig. 1 - Un impianto di perforazione e produzione del gas in Alaska.
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HS+E magazine
HS+E MAGAZINE
Trimestrale di Sicurezza, Igiene
Industriale e Ambiente
The Occupational Health & Safety and
Environmental Quarterly Magazine
Apr - Jun 2007 / Vol. V - N. 2
Editore / Publisher:
Tipografia Alzani sas
Via Grandi, 5 - Pinerolo (TO)
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Via Pirano, 7 – 48100 Ravenna (I)
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n. 1200 del 25/02/2003
Direttore Responsabile /
Editor in Chief:
Roberto Nicolucci
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Production Co-ordinator:
Davide Mazzotti
Traduzioni / Translations:
Chiara De Angelis
Comitato di Redazione /
Editing board:
Giorgio Cavassi - Roberto D’Agostino
Pietro Fiori - Giovanni Martini
Davide Mazzotti - Roberto Nicolucci
Francesco Pastremoli - Michele Rinieri
Silvia Signorini
tre attività svolte da imprese multinazionali o comunque con risvolti transnazionali oggi impattano con realtà
che richiedono una pianificazione ed
uno sforzo organizzativo superiore alla
media in relazione all’ambiente in cui
si svolgono.
L’Africa, il Sud America e l’Asia
hanno costituito, storicamente, un duro
banco di prova per molte imprese occidentali, non tanto per la qualità della
manodopera o per le difficoltà di interazione con la popolazione indigena,
quanto piuttosto per le difficoltà create dalla situazione ambientale nel suo
complesso.
Si contano a migliaia i casi di imprese che hanno rinunciato a portare a
termine un progetto, e in molti casi addirittura ad avviarlo, a causa del manifestarsi di problemi legati all’ambiente
nel quale erano chiamate ad operare.
Gli stessi lavoratori (manager e personale tecnico) si sono spesso mostrati
riluttanti nell’accettare come sede di
lavoro un’area disagiata.
È pur vero che l’alto rischio legato alla presenza di tensioni sociali, ad
occupazione militare, alla mancanza
di infrastrutture, a territori ostili da un
punto di vista geografico e meteoclimatico ed in alcuni casi anche alla presenza di fauna pericolosa oltrechè, spesso,
alla difficoltà di ottenere assistenza in
caso di necessità, rappresentano osta-
sommario / contents
1Mission: (im)…possible
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Dive Helmet Performance:
Is Your Helmet Fit To Dive?
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Bookshop – Site Map
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Press Review
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Events calendar
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HS+E news
coli reali, da non sottovalutare, ma non
per questo insormontabili.
Garantire ai lavoratori impegnati un
elevato livello di sicurezza, in questi ambienti rappresenta quindi una doppia sfida e la inevitabile necessità, da parte di
qualsiasi organizzazione, di impegnarsi
in una analisi di rischio e in una pianificazione logistica fuori dal comune.
È possibile affermare che, di qualsiasi organizzazione si tratti, siano
proprio i responsabili della funzione HSE le principali figure coinvolte
nel processo preliminare di risk-assessment ambientale assieme, molto
spesso, ai responsabili della security
(sebbene in molte organizzazioni le
due figure coincidano e la funzione
venga riassunta nell’acronimo HSES)
ed ai responsabili della logistica; come
ampiamente dimostrato, è proprio dal
HS+E MAGAZINE è pubblicato trimestralmente. Tutti i diritti sono riservati.
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Fig. 2 - Realizzazione di un'autostrada in Sud America.
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HS+E magazine
Fig. 3 - Un Caterpillar blindato impiegato in un cantiere in una zona di guerra.
risultato di questa analisi che dipende
in gran parte il responso di fattibilità
di un progetto e, in caso di responso
positivo, la successiva buona riuscita
dell’attività.
Si tratta di attività da svolgersi
spesso partendo da una base di informazioni scarse ed approssimate dove
il know-how, l’esperienza e, a volte,
anche l’intuizione degli analisti HSE/
HSES risulta determinante.
Il problema della security, poc’anzi
accennato, rappresenta in molte zone
del mondo una questione di estrema
delicatezza, tale da richiedere spesso la
collaborazione di advisor specializzati,
sia per quanto riguarda l’aspetto legato
ai rapporti con le popolazioni indigene
e le Autorità, più o meno istituzionali, con le quali ci si deve relazionare
localmente, sia per implementare una
eventuale strategia di protezione del
personale realmente affidabile ed efficace; questo risultato da un punto di
vista operativo è spesso raggiungibile
solo operando di concerto con società
internazionali, che impieghino però
anche personale locale.
L’aspetto della security riveste, evidentemente, la massima importanza in
aree caratterizzate da attività militari o
paramilitari o da una elevata criminalità di tipo civile.
Il livello di difesa personale può anche essere incrementato prevedendo
idonei hardware e software antintrusione e di sorveglianza nelle basi operative; si tratta però di misure generalmente complementari e non alternative
ad un sistema di bodyguarding. Se per
quanto concerne alcune zone del terzo
mondo non sussiste un elevato rischio
di rapimento ed aggressione nei con-
fronti dei lavoratori occidentali (come
viceversa può accadere, ad esempio,
in paesi come Nigeria, Yemen, Iraq,
Afghanistan) resta comunque spesso
elevato il rischio di furto di attrezzature e materiali consumabili. Non
si deve dimenticare che gli advisor
locali possono inoltre contribuire in
modo determinante, anche ove non si
presentino problemi legati a tensioni
sociali e militari, alla distensione ed al
miglioramento dei normali rapporti di
convivenza con la popolazione indigena, contribuendo a migliorare sensibilmente la qualità della vita e del lavoro
del personale occidentale residente.
Gli advisor locali, in aree con recenti
trascorsi di occupazione militare costituiscono spesso anche una insostituibile risorsa per mappare le zone minate e
pianificare l’eventuale bonifica bellica
delle aree operative.
Quella appena accennata è probabilmente la problematica più delicata dal
punto di vista strettamente organizzativo ma, viceversa, la più semplice dal
punto di vista strettamente tecnico.
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Per quanto concerne il risk-assessment legato propriamente alla sicurezza ed alla salute sul lavoro, l’aspetto
tecnico si complica, ma proprio per
questo l’analisi di rischio costituisce
una sfida assai motivante se non altro
per la molteplicità e l’inusualità degli
aspetti che devono venire considerati e
valutati.
Risulta evidente che nella effettuazione di una analisi di rischio, condotta
secondo gli abituali standard internazionali che, semplificando al massimo,
prevedono l’identificazione e la valutazione del rischio correlato alle mansioni, alle sostanze pericolose impiegate,
alle macchine e alle attrezzature utilizzate e, infine, all’ambiente di lavoro,
sia proprio quest’ultimo aspetto che
assume il maggior rilievo.
Da un punto di vista operativo il risk
assessment viene affrontato solo dopo
aver accuratamente definito lo scopo
del lavoro e le risorse logistiche necessarie; l’attività svolta dai tecnici HSE
procede mettendo in campo tutte le
possibili risorse informative e di intelligence (in primo luogo quelle istituzionali a livello internazionale e locale) in
modo da poter definire, innanzi tutto,
lo status-quo politico, sociale ed economico locale; ma analoga rilevanza
rivestono anche aspetti di altra natura
quali, ad esempio, la situazione meteoclimatica e le caratteristiche del territorio, la possibilità di approvvigionare le
principali tipologie di consumabili (acqua dolce, carburanti, gas tecnici, ecc.)
HS+E magazine
Fig. 4 - Costruzione di un impianto industriale nella Russia Orientale.
e le relative caratteristiche merceologiche, la possibilità di disporre di allacci ad utilities locali (energia elettrica,
acqua potabile, ecc.) e la compatibilità
con le esigenze operative, la situazione
sanitaria (in particolare la diffusione di
malattie endemiche), la disponibilità
di sistemi di trasporto, la possibilità di
usufruire di servizi di soccorso rapidi,
la possibilità di reperire viveri freschi
(e la relativa qualità), la presenza di
fauna pericolosa per l’uomo, la possibilità di smaltire i rifiuti prodotti, e
decine di altre informazioni che presentano un impatto diretto o indiretto
sulla sicurezza e la salute del personale
che verrà impiegato.
Non viene trascurata la ricerca di
informazioni relative alla cultura, alla
lingua ed alle abitudini di vita della
popolazione indigena, alla disponibilità di alloggi e servizi per il personale,
alla possibilità di ottenere assistenza
tecnica per macchine ed attrezzature
(questa problematica, che viene usualmente analizzata assieme agli esperti
di logistica, ha un impatto molto elevato sul rischio correlato agli infortuni
provocati dalle attrezzature di lavoro).
Risulta quindi già evidente la moltitudine di aspetti che vengono indagati
e la mole di informazioni che occorre
verificare con la massima accuratezza,
adottando idonee tecniche, per garan-
health, safety
and environment
www.techno-hse.com
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Fig. 5 - Perforazione di un pozzo nell’Australia Occidentale.
tire l’affidabilità delle informazioni
ottenute; si tratta complessivamente di
una attività che richiede tempo (nella
migliore delle ipotesi, nell’ordine di
parecchi mesi) e che viene condotta
da professionisti di provata capacità
ed esperienza al fine di minimizzare il
rischio di sottostimare o sovrastimare
le diverse problematiche; ad onor del
vero, relativamente ad alcune aree geopolitiche questo rischio non è del tutto
eliminabile, rimanendo relativamente
alto a causa della estrema variabilità
del contesto locale.
Le tecniche di intelligence che vengono abitualmente adottate sono assai
diversificate ed includono l’acquisizione di informazioni da parte di decine di organismi internazionali (ILO,
WHO, ecc.), di organismi governativi
nazionali (Ministero dell’Industria e
del Commercio, Ministero degli Esteri, Ministero della Sanità, ecc.), l’utilizzo di banche dati e fonti informative, spesso non istituzionali, ma assai
note agli analisti HSE che operano in
ambito internazionale.
In molte aree del mondo il risk-assessment sanitario riveste una importanza
fondamentale in relazione alla diffusione di alcune malattie endemiche tra le
quali la malaria e la rabbia sono tra le
più diffuse. Solo per citare un esempio
la malaria colpisce annualmente circa
300 milioni di persone e risulta essere
una delle prime cause di decesso a livello mondiale. Ma molte altre patologie più o meno gravi quali il colera, le
epatiti, la febbre tifoide, la dissenteria,
ecc. meritano la massima attenzione
anche in relazione alla possibilità di
contrarle attraverso l’assunzione di cibi
e bevande non controllate.
Per quanto riguarda la situazione
geopolitica in alcuni casi può risultare
utile la consultazione (anche on-line)
di quotidiani o siti istituzionali locali
ma, ovviamente, per raggiungere la
massima affidabilità informativa in
una specifica area geografica il ricorso
ad advisor locali resta, ancora una volta, la migliore risorsa.
Nel caso in cui a qualsiasi titolo una
o più persone conosciute abbiano già
visitato il luogo oggetto di analisi, è
senz’altro consigliabile effettuare un
de-briefing, ma è opinione comune tra
gli addetti ai lavori che per innalzare
l’affidabilità di una analisi preliminare,
un accurato survey sul luogo da parte
del team di esperti HSE, sia irrinunciabile.
Un aspetto altrettanto importante che
viene usualmente indagato è quello relativo alla normativa locale per ciò che
riguarda gli aspetti dell’HSE correlati
all’ottenimento di specifiche autorizzazioni necessarie per la temporanea
esportazione di mezzi ed attrezzature
di lavoro (autoveicoli, macchine operatrici, gruppi elettrogeni, ecc.), alla
detenzione di combustibili e sostanze
pericolose (radioattive, infiammabili,
ecc.), all’impiego di sistemi di radiotelefonia, allo smaltimento dei rifiuti e
così via.
Fig. 6 - Attività di deforestazione nel Borneo per la realizzazione di un insediamento
industriale
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Ma anche quanto attiene alla legislazione civile e penale di carattere generale non deve essere trascurato (sebbene di questo aspetto, al pari di quello
legato alle autorizzazioni al soggiorno,
usualmente se ne occupino i responsabili del personale); tale aspetto riveste
ancora più importanza per quei paesi
in cui ancora oggi i diritti civili non
siano una garanzia acquisita, ne per la
popolazione locale ne per gli stranieri
in transito o residenti.
Occorre sempre ricordare che in
qualsiasi paese ci si trovi, anche per
uno straniero, valgono le leggi locali
e pertanto potrebbero vigere norme e
divieti totalmente diversi da quelli del
paese d’origine; inoltre le pene previste
per particolari reati potrebbero risultare
ad un occidentale assolutamente ignote
(nonché inaspettatamente aspre).
Ad esempio la diffusione di stupefacenti in molti paesi dell’Estremo
Oriente è molto più elevata di quanto
non lo sia in Occidente. Ciò non significa però che la tollerabilità al fenomeno da parte delle Autorità locali
sia altrettanto elevata. In Thailandia,
Malaysia, Singapore, Indonesia e Iran
la semplice detenzione, anche solo per
uso personale, è punibile con la pena di
morte; per lo stesso reato in decine di
altri paesi possono essere comminate
pene detentive anche molto lunghe.
Dalla giungla africana alle zone artiche, in qualsiasi area geografica ci si
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trovi ad operare si evidenzia comunque sempre un fattore di criticità prevalente sugli altri: se in alcuni casi è
il fattore geopolitico quello prevalente,
in altri può essere quello meteoclimatico, mentre in altri ancora può essere il
rischio sanitario a creare apprensione,
con la conseguente necessità di pianificare opportune contromisure.
Nell’ultimo caso citato, ad esempio,
l’analisi e la procedurizzazione degli
scenari di emergenza (attività nota internazionalmente con l’acronimo di
“medevac”) deve tenere in considerazione sia gli aspetti preventivi (idoneità del lavoratore al luogo ed alla mansione, profilassi, ecc.), sia quelli legati
alla gestione in loco di emergenze di
tipo patologico e traumatico (diagnostica, trattamento farmacologico, ospedalizzazione, trattamento chirurgico,
ecc.) fino alla pianificazione dell’evacuazione e del rimpatrio. Questi ultimi
aspetti vengono in genere analizzati di
concerto con le organizzazioni assicurative e di aviotrasporto sanitario che
operano in ambito internazionale.
In generale l’analisi delle possibili
emergenze di origine tecnologica, naturale ed umana costituisce un capitolo
che merita il massimo dispiego di risorse già in fase preventiva.
Per quanto concerne le emergenze di
origine naturale, si consideri che parecchie zone della terra sono soggette (in
alcuni casi stagionalmente) a uragani,
inondazioni, tempeste di sabbia, tormente di neve, attività tellurica, ecc.;
queste emergenze devono essere attentamente valutate prevedendo adeguate
procedure (in parte già standardizzate)
indagando accuratamente quanto predisposto dalle strutture di allertamento
e soccorso civile locali.
Relativamente ad alcune zone è anche possibile dover prevedere l’evacuazione e la messa in sicurezza, in
tempi brevissimi, dell’intera task-force
impiegata.
Non sarà inutile ricordare che in
caso di disastro naturale, ma anche di
guerra o di disordini sociali di rilevante importanza, gli aeroporti sono la prima struttura a venire chiusa e pertanto
è usuale pianificare l’evacuazione dal
sito prevedendo diverse opzioni di trasporto interno e transfrontaliero.
In relazione a qualsiasi tipologia di
emergenza vengono sempre attentamente analizzate e valutate le risorse
di intervento esterno disponibili localmente: questa analisi viene condotta
per quanto concerne le emergenze in
campo sanitario, per i servizi antincendio, per la protezione civile e per
quanto riguarda la pubblica sicurezza
valutando sia la disponibilità del servizio che la rapidità dell’intervento. Da
questa analisi dipende in larga misura
il dimensionamento dei servizi interni
di primo soccorso ed il training per il
personale.
La struttura molecolare del Benzene.
HS+E magazine
Fig. 7- Posa di un oleodotto nella Russia
Orientale.
Il training relativo all’HSE, che
deve interessare indistintamente tutto
il personale operativo, include di norma tematiche specifiche per l’area in
cui si andrà ad operare e solitamente
estranee all’abituale know-how di gran
parte dei lavoratori occidentali: queste
tematiche includono l’approfondimento del quadro socio-politico-culturale
dell’area, gli elementi di base per la
comunicazione con la popolazione,
l’igiene e la profilassi sanitaria ed alimentare, l’automedicazione, l’autosalvamento, le tecniche di difesa personale preventiva (ovvero come evitare di
diventare un bersaglio per le organizzazioni criminali), la gestione dei rapporti con le autorità locali, gli aspetti
legati alla sicurezza nell’impiego delle
utilities e dei sistemi di trasporto locali e molti altri aspetti più o meno specifici in relazione all’area di attività.
Dall’analisi degli scenari di emergenza
deriva anche la determinazione del numero e delle caratteristiche dei presidi
di emergenza e soccorso da prevedere
sul sito operativo.
Per quanto riguarda le buone pratiche di lavoro, queste, per definizione,
non necessitano generalmente di particolari adattamenti all’ambiente di lavoro, tranne alcune notevoli eccezioni.
Un solo esempio, che vale per tutti, è
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quello relativo all’usanza di collegare a fiche norme del codice della strada, ma
terra gli impianti e le macchine elettri- soprattutto sulle diverse (spesso insache; tale prassi correttamente adottata ne) abitudini di guida della popolazionella quasi totalità dei casi (con alcu- ne locale.
ne circostanziate eccezioni specificate
Vengono poi, a seconda del luogo,
dai diversi standard tecnici) nei paesi considerati innumerevoli altri aspetti
occidentali che impiegano sistemi di legati a prassi sulle quali per motivi
distribuzione elettrica evoluti va, vice- economici o tradizionali locali, risulta
versa, spesso evitata in molti paesi del spesso difficile intervenire ed alle quali
terzo mondo che utilizzano sistemi di occorre adattarsi nonostante comportidistribuzione meno sofisticati.
no un livello di sicurezza non sempre
In certi casi, infatti, il collegamento pari a quello a cui siamo abituati nei
a terra di un impianto o di una appa- paesi più industrializzati.
recchiatura elettrica potrebbe generare
Un esempio di queste prassi, che da
un rischio sensibilmente superiore per sempre viene dibattuto a livello interi lavoratori. Occorre quindi analizzare nazionale tra i tecnici HSE, è relativo
dettagliatamente le prassi e le norme all’impiego in molti paesi, soprattuttecniche locali relative agli impianti to dell’Estremo Oriente, dei ponteggi
tecnologici e le attrezzature di lavoro realizzati con le canne del bambù che,
cercando di raggiungere un punto di spesso senza adeguate protezioni lateequilibrio tra lo stato dell’arte della rali e sottoponti, vengono ancora diftecnologia occidentale e le prassi tec- fusamente utilizzati fino a raggiungere
niche dei paesi ospitanti.
altezze da terra ragguardevoli; all’imDa diversi studi compiuti in campo piego di queste strutture provvisionali,
internazionale emerge il fatto che una a volte, anche i lavoratori occidentali
fonte di rischio non trascurabile derivi debbono, loro malgrado, adattarsi.
proprio dalla bassa tecnologia impieNon è questa la sede per un confrongata nella distribuzione delle utilities to tecnico in merito ai livelli di sicurezlocali (in particolare energia elettrica, za garantiti dalle strutture provvisionali
gas tecnici, aria compressa e infiamma- orientali piuttosto che dai più avanzati
bili) sebbene, da un punto di vista pu- sistemi impiegati in Occidente, certo
ramente statistico, la principale causa è che, anche solo da un punto di vista
di eventi traumatici gravi
e di infortuni mortali per
i lavoratori stranieri sia
legata alle conseguenze
derivanti dagli incidenti
stradali.
È per tale motivo che
quasi tutte le grandi imprese multinazionali prevedono specifici training
di “defensive driving” per
chi è destinato ad operare in aree a rischio, focalizzando l’attenzione dei
partecipanti sulle caratteristiche specifiche del
territorio in cui ci si dovrà muovere, sulle caratteristiche dinamiche dei
veicoli che si dovranno
utilizzare (spesso del tipo Fig. 8 - Un piccolo rettile velenoso catturato all’interno
4WD o ATV), sulle specidegli alloggi del personale in un cantiere in Australia
8
HS+E magazine
Fig. 9 - I resti di un 4WD dopo un incidente stradale nel deserto in Nord Africa.
psicologico, il problema assume un rilievo non trascurabile.
Il problema delle telecomunicazioni
legato alla sicurezza operativa può, in
alcune aree geografiche costituire una
ulteriore criticità: si pensi ad esempio
che in vaste aree dell’Iraq o dell’Afghanistan è possibile comunicare solamente per via satellitare.
Prima della partenza per una zona
operativa ad elevata criticità dal punto
di vista meteoclimatico (caldo o freddo estremo, elevata umidità, ecc.) deve
essere predisposto di concerto con gli
specialisti in medicina del lavoro un
programma di accertamenti specifici
volti a verificare il grado di fitness e
quindi l’idoneità all’ambiente del lavoratore, anche in relazione alla gravosità
ed alla esposizione ai rischi ambientali
della mansione che questi andrà a svolgere; questa attività viene usualmente
effettuata in accordo ai requisiti dello
standard ISO 12894:2002.
In molti casi riveste particolare rilievo l’analisi dello stress termico per i lavoratori che operano in campo aperto;
l’analisi può essere condotta anche basandosi su dati di letteratura (se non si
dispone di dati affidabili rilevati localmente) utilizzando gli andamenti medi
della temperatura, dell’umidità relativa
e della velocità del vento per un periodo dell’anno analogo a quello in cui
si dovrà operare; la questione assume
particolare rilevanza pensando che nelle zone tropicali ed equatoriali si può
operare in condizioni di caldo estremo
fino a + 40°C mentre nelle zone artiche
si raggiungono punte di freddo estremo fino a – 40°C; ancora più critica è
la situazione in alcune zone del mondo
(ad esempio l’Afghanistan ed alcuni
vasti territori appartenenti alle Repubbliche ex URSS), ove si raggiungono
nell’arco dell’anno limiti di temperatura estremi con una differenza di 70°C
tra quello massimo e quello minimo.
Per l’analisi dello stress da umidità
e caldo estremo possono essere utilizzati diversi criteri: tra i più diffusi
si cita l’indice WBGT (oggetto dello
standard EN 27243:1996) mentre per
l’analisi di rischio derivante da freddo
estremo ci si può basare sul metodo
dell’isolamento termico (oggetto dello
standard ISO 11079:2001) e sui modelli proposti dall’ACGIH (Wind Chill
Chart o analoghi metodi) per il calcolo
della temperatura equivalente in caso
di vento; da queste analisi scaturisce
poi la definizione delle procedure che,
in entrambi in casi, indicano le pause
di recupero per i lavoratori. Dai risultati di queste analisi dipende in molti casi
anche la scelta dei DPI in dotazione.
Effettuata questa breve e sommaria
disamina vale la pena sottolineare che
molti esperti internazionali (e la cosa
ci trova d’accordo) ritengono che il
grado di rischio legato ad un ambiente
ostile debba, sempre e comunque, venire considerato “alto” e di conseguen-
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HS+E magazine
Fig. 10 - Un ponteggio in bambù realizzato per effettuare i lavori di sopraelevazione di
un edificio in Estremo Oriente.
za debbano essere intraprese misure
di compensazione proporzionalmente
adeguate.
Ma non per questo motivo deve essere scoraggiata a priori una attività
imprenditoriale in questi ambienti.
Le tecniche di intelligence ed analisi ed il know-how oggi disponibili in
materia consentono di identificare con
elevata precisione tutti i possibili rischi
di natura tecnologica, naturale ed umana ai quali si va incontro e di pianificare le necessarie azioni da intraprendere; la odierna possibilità di accedere a
soluzioni tecnologiche di avanguardia
riduce poi ulteriormente l’aggravio di
Fig. 11 - La piattaforma offshore Molikpaq PA-A al largo di Sakhalin.
rischio rispetto alla medesima attività
svolta in un ambiente protetto.
Da un punto di vista formale il riskassessment, i relativi reporting e le
procedure operative specifiche vengono predisposti secondo i principi
comunemente in uso in campo internazionale: una attenzione particolare può
essere eventualmente adottata, se ritenuto necessario, nella predisposizione
delle procedure ed istruzioni operative
per le quali può essere necessario prevedere testi figurati e multilingua nel
caso in cui si impieghi personale multirazziale con un know-how in materia
di sicurezza ed igiene del lavoro di livello ridotto.
E’ anche da sottolineare che, al di là
dei risultati che possono emergere dal
risk-assessment, secondo molti studiosi della materia, nei contesti ad alto
rischio assume particolare rilievo l’importanza di adottare sempre, all’interno
della task-force operativa, un sistema
organizzativo e di comando e controllo
molto rigido, verticalizzato, di stampo
militare: ciò è motivato dal fatto che
in ambienti ostili una qualsiasi deviazione rispetto alle procedure stabilite
può comportare conseguenze ben più
gravi rispetto a quelle che si avrebbero in contesti “normali”. E’ dunque
fondamentale a tal proposito ottenere
il coinvolgimento di tutto il personale
operativo e la disponibilità a sottostare
a regole comportamentali ferree.
In definitiva rendere possibile e portare a termine con successo un qualsiasi progetto in un ambiente ostile non
fa che accrescere il know-how ed il
prestigio di quelle imprese che hanno
avuto il coraggio, o forse, la semplice
lungimiranza, di accettare una nuova
sfida.
* Ingegnere meccanico, è presidente di Techno srl. Ha una pluriennale
esperienza nel campo della sicurezza
ed igiene industriale. Ha ricoperto
il ruolo di HSE manager per società di general contracting operanti in
ambito internazionale nella cantieristica civile, industriale, navale ed
offshore.
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HS+E magazine
MISSION: (IM)…POSSIBLE
Within the field of industrial safety, by the term “hostile work environment” we intend a workplace characterized
by a geopolitical and/or geonaturalistic context, which is exceptionally critical for personnel involved.
The development of some of the most important industrial fields such as the oil & gas, the petrochemical and
agroindustrial businesses, wood production and building industries has traditionally been standing out against a
background of hostile work environments.
Thousands of firms have dropped a project due to the arising of problems related to the working environment
involved. Often workers appeared reluctant to accept a comfortless area as a workplace.
HSE specialists, often together with security operators, are in charge of carrying out the preliminary risk assessment
aimed at certifying the risk acceptability for operators; after all they shall give the go-ahead to any entrepreneurial
projects to be executed within a hostile work environment.
Security–related issues often require the co-operation of specialist advisors both as to relations with native peoples
and local Authorities and as to the implementation of a possible personnel protection strategy that proves to be actually
reliable and effective. This goal may be often achieved only by operating in agreement with international companies
employing local personnel as well.
The risk assessment, as far as safety at work is concerned, is dealt with only after carefully defining both the scope
of work and the necessary logistic resources. HSE engineers resort to all the available information and intelligence
resources so as to define in the best possible way the local political, social and economic status-quo. However also the
following different aspects are extremely important: meteoclimatic and territorial features, the possibility to supply
people with the main types of consumables (fresh water, fuels, industrial gases, etc.) as well as the relevant product
features, the chance to have connections to local utilities available (electric energy, drinking water, etc.) and the
relevant compatibility with operational needs, the local health situation, the availability of transportation systems, the
chance to resort to fast emergency and rescue services, the opportunity to find fresh food, the presence of fauna species
dangerous for man, the chance to
dispose of waste. All the above,
together with several other aspects
that might have a direct or in direct
impact on the health and safety of
personnel to be employed are to be
kept into due consideration.
The analysis and intelligence
techniques as well as the knowhow available nowadays make it
possible to identify with a high
degree of precision all the possible
technological, natural and human
hazards that may be run into, thus
planning the relevant necessary
actions to be undertaken.
In conclusion, making it possible
to carry out and successfully
complete any projects within a
hostile work environment simply
means increasing the know-how
and boosting the prestige of those
firms that have the mettle or maybe
simply the far-sightedness to take
up a new challenge.
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HS+E magazine
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HS+E magazine
dive helmet performance:
Is Your Helmet Fit to Dive?
* Bev Morgan and Steven M. Barsky
W
hen you put your diving helmet on your head you probably
don’t give much thought to the design
of the regulator, or whether it will deliver enough breathing gas for the job
at hand. However, if you expect to do
anything that requires real exertion underwater, it’s crucial that your helmet
has a regulator that is properly designed
not only to deliver enough gas, but also
to properly ventilate and remove carbon dioxide. If your helmet does not
do both jobs, you’ll end up feeling
starved for gas, no matter how much
gas is coming out of the end of the
hose. Unfortunately, not all diving helmets are properly designed and tested
to meet both of these critical functions.
If you ask most divers how their
personal helmet breathes, they’ll probably tell you, “Just fine, thank you very
much.” In reality, what many divers do
not realize is that when their helmet
does not deliver enough breathing gas,
they unconsciously modify their work
rate to pace themselves to meet the capabilities of their head gear and compressor system. In most circumstances
this personal adjustment works out
just fine, but if you’ve ever been in a
situation underwater where you could
not breathe for comfort and felt yourself starving for something to breathe,
you’ve bumped up against the limitations of certain helmet and compressor
combinations.
In Europe, CE testing helps to ensure that commercial diving equipment
performs as it is advertised. However,
as hard as it may be to believe, there
is no certification agency in the United
States that tests commercial diving
helmets and certifies them as accept-
able for service under the demanding
conditions most helmets experience. In
the United States, the U.S. Navy does
not do this, nor does the Occupational Safety and Health Administration
(OSHA), or the Association of Diving Contractors International (ADCI).
Additionally, in the U.S. there are no
breathing performance or equipment
standards. Consequently, when Americans buy a new diving helmet they are
depending upon the manufacturer to
ensure that their equipment will work
with the wide variety of gas supply
systems they find in the field.
Responsible helmet manufacturers test their equipment to help ensure
that it will perform as its intended. Of
course, field-testing for comfort and
performance is essential, but field-testing is subjective only, and does not
give objective scientific results that
can be measured and quantified . The
best way to evaluate helmets is to test
them both scientifically with a device
known as a “breathing simulator” and
then in the field under actual working
conditions doing manned diving. Certified modern breathing simulator systems are set up calibrated and operated
to internationally recognized standards
and procedures. The modern breathing
simulator is designed to measure even
slight variations in performance.
Real World Breathing
In the real world of commercial diving, how well your helmet breathes is a
function of a number of factors. These
include the following:
• Your compressor or gas supply
• The diameter of your umbilical
• The design of the breathing system
in the helmet you’re wearing
• How well your helmet’s breathing
system has been maintained and
tuned
If your compressor or gas supply is
inadequate for the depth and work rate,
then even the best regulator will not
Pete Ryan prepares a regulator for testing in the breathing simulator at Kirby Morgan
Dive Systems, Inc.
13
HS+E magazine
deliver sufficient gas. If your umbilical
is too small a diameter, has too many
couplings or is just plain dirty inside,
this can also hinder gas flow. However,
if there are basic fundamental flaws in
the design of your helmet’s breathing
system, then you’re stuck with a system that will not deliver enough gas
even if it is brand new and no matter
how much gas you can supply to it.
The only valid way to objectively
test a diving helmet is to hook it up
to the same type of gas supply system
you will use in the field (with the same
length umbilical), and put it through
the paces on the breathing simulator
down to the depths it will be dived.
Testing with a Breathing Machine
A breathing machine is a device intended to simulate the breathing done
by a human body at different work
rates, and ideally, in different body positions. With the proper instrumentation connected to the mannequin and
the breathing machine, it is possible
to measure both the “work of breathing,” which is a measure of how much
energy it takes to both inhale and exhale, and breath by breath CO2 washout (how well the helmet eliminates
carbon dioxide). The tests are conducted and the performance is charted
on a computer at a variety of breathing
rates, usually down to a minimum of
165 feet (50 meters) of seawater.
When you’re sitting on the surface,
reading a magazine, you generally
don’t give much thought to breathing,
because it is something we all do automatically. However, when you are
working hard underwater, breathing
dense air or mixed gas, you usually are
forced to pay more attention to your
breathing, either by adjusting your
regulator or opening your free flow.
The amount of energy you expend just
trying to breathe at high work rates is
subtracted from the amount of energy
you have to perform the job you have
to do. Eventually, unless you are exceptionally fit, or are able to pace yourself well, you will reach a point with
certain diving helmets where you must
Pete Ryan helps design and test regulators at Kirby Morgan Dive Systems, Inc.
stop and devote all of your energy to
breathing. Very few divers have a level
of fitness that allows them to sustain
extreme work loads for more than a
few minutes at a time.
As the depth of your dive increases,
and the breathing gas becomes denser,
it takes more and more effort just to
breathe. Again, this is energy that’s
subtracted from your ability to work or
get yourself out of a jam in an emergency. In addition, what most people don’t
realize is that exhalation takes more effort than inhalation underwater.
The breathing machine and its associated hardware charts these measures
precisely and generates what’s known
as a “breathing loop,” which is a chart,
or visual representation, of the energy
required to breathe. The chart is similar to the X and Y points you learned to
plot when you took geometry in junior
high school.
The breathing loop is a measure of
14
positive and negative pressures during
inhalation and exhalation at different
points during your breathing cycle.
You normally use the most energy during the peak of your inhalation and
exhalation. The flatter the breathing
loop is on paper, the better the regulator breathes. However, if there are
big spikes in the breathing loop, which
indicates large differences between inhalation and exhalation, this usually
indicates that there are problems with
the helmet.
The other critical measure for a
diving helmet is how well the system
washes out carbon dioxide or “CO2.”
Carbon dioxide is the waste gas that
is produced from the oxygen our body
uses when we breathe. We need a certain amount of carbon dioxide in the
gas we inhale, because this is what
triggers the breathing process. However, diving helmets that are not properly
designed cannot only cause carbon di-
HS+E magazine
oxide to accumulate, but can actually
cause an increase in CO2 production.
As carbon dioxide accumulates in the
body, your breathing rate increases.
High levels of carbon dioxide causes
irritability, headache, and uneasiness.
Unconsciousness is possible if the diver does not stop and adequately ventitlate the helmet. Carbon dioxide also
increases the risk of decompression
sickness and oxygen toxicity.
By using a breathing simulation
system, diving helmet designers can
test their new designs under a variety
of conditions before they ever run the
risk of putting the helmet on a diver
in the field. Designers can then make
modifications and actually watch how
the performance changes. Without this
type of testing, it’s not possible to accurately predict how the helmet will
perform on the job.
Theoretically, you should be able to
take the same model of any new div-
ing helmet from the same manufacturer, put it on a standardized certified
breathing simulator anywhere in the
world, with an identical gas supply,
under the same work load and conditions and get the same results. Diving
physiologists will tell you that the test
results must be “reproducible” within
narrow limits to be valid.
Day-to-Day Breathing Machine Use
Pete Ryan is an engineer with Kirby
Morgan in Santa Maria, California,
USA. Ryan is responsible for turning
prototype designs into real world products that meet the needs of today’s divers.
At Kirby Morgan, Ryan uses a
breathing simulator as new products
are designed and as changes are made
to existing products. Each change generates another round of tests before the
product goes out for field-testing.
“Although we can usually make predictions about how a product will perform based on our previous designs,
there’s no substitute for putting a unit
on the breathing simulator to give us
hard numbers,“ says Ryan. “Without a
breathing machine, we might as well
be designing our gear in the dark. You
can’t just take an ordinary scuba regulator and throw it on a helmet and expect it to work properly. Life support
equipment for commercial diving isn’t
that simple.”
For more definitive testing, Kirby
Morgan sends their helmets to Dive Lab
in Panama City, Florida for additional
evaluations. Dive Lab has probably
the most sophisticated developmental breathing simulator in the diving
world and can test virtually every type
of breathing apparatus, from regulators, rebreathers, helmets and full face
masks to fire fighting respirators and
mine safety equipment. All this can be
done at different body attitudes, over
a wide range of work rates. Testing at
different body attitudes is important
because most dive gear breathes differently when you are working in a face
down position as opposed to working
on your back or upside down.
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HS+E magazine
who takes the time to read up on the
subject. In all probability, the diving
industry will never achieve the goal
of designing a diving helmet with zero
breathing resistance, making breathing
as effortless as it is on the surface.
What we can do for now, is to make
sure that any helmet design that we use
has been properly tested to make certain that it delivers sufficient breathing
gas and removes carbon dioxide. We
can also help ensure that every diver’s
helmet has been properly maintained
and set up correctly for each dive
that must be made. Without the right
knowledge, maintenance, and proper
testing, you can’t guarantee that your
helmet is fit to dive.
END
The breathing simulator at Dive Lab in Panama City, Florida is among the most sophisticated in the world.
Dive Lab is run by Mike Ward, a
former Navy diver, who did three tours
of duty at the Naval Experimental
Diving Unit (NEDU) specializing in
equipment testing both manned and
unmanned, in addition to his experience as a fleet and saturation diver.
Ward personally oversees the tests and
is a stickler for ensuring that all testing
is conducted properly. Mike is also the
author of the Dive Lab commercial rated standards (CR) which are currently
in development and personally writes
all the equipment test plans .
“We work closely with the U.S.
Navy and Kirby Morgan, so we have
the opportunity to constantly evaluate new designs,” explains Ward. “We
continuously evaluate our test methods
and work with other test bodies, like
the CE authorities, all over the world,
to make sure that our procedures and
techniques can be duplicated by others with similar testing capability. We
work hard to develop procedures to ensure the equipment tested will meet the
performance needs of the diver as well
as the requirements of worldwide standards, not only those that exist today
but pending standards, too. Without
our breathing simulation systems, we
could not do our job.”
The Future of Diving Helmets
The limits of human performance underwater are well known to diving
scientists and engineers, and this information is readily available to anyone
PROFIN
broker
For more information on testing and
standards, see the Dive Lab web site at
www.divelab.com.
* Marine Marketing and Consulting
First European rights© 2007
B. Morgan & S. Barsky
2419 E. Harbor Blvd. #149
Ventura, California 93001
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HS+E magazine
HS+E magazine
Una volta raggiunti adeguati standard di sicurezza e salute sul lavoro, il passo successivo è rappresentato
dal miglioramento del comfort e, per così dire, della piacevolezza dell’ambiente e del lavoro stesso.
Comfort and Design: Principles and Good Practice curato da Peter Vink e pubblicato per la prima volta
nel 2004, esplora dettagliatamente gli aspetti ergonomici sia a livello generale che in riferimento a
specifiche tipologie di postazioni di lavoro, fornendo un utilissimo trait d’union tra la teoria e la pratica
della progettazione secondo i principi di ergonomia.
Dai parecchi casi di studio trattati è infatti possibile trarre preziosi suggerimenti ed ottenere riscontri
pratici; il libro risulta infatti perfettamente fruibile sia da parte degli specialisti di ergonomia che da parte
di chiunque ricopra mansioni di gestione della sicurezza sul lavoro.
Il libro propone inoltre una nuova prospettiva relativamente al concetto di investire in confort all’interno
delle aziende dimostrando, senza timore di smentita, che più si investe (in confort come, peraltro, in
sicurezza o in qualità) più si guadagna (in termini di produttività).
Comfort and Design: Principles and Good Practice
di Peter Vink
Ed. CRC Press, 2004
pp. 312 – $ 79,95
Assoamianto è un’associazione tra consulenti ed operatori nell’ambito della rimozione, smaltimento e
bonifica dell’amianto. Tale associazione è apartitica e senza fini di lucro.
Per accedere ai contenuti del sito della Associazione non è richiesta alcuna registrazione online.
La home page del sito, uno dei più importanti portali italiani dedicati al “problema amianto”, dà massimo
risalto alla sezione “domande e risposte inerenti l’amianto”, ovvero un elenco di 23 FAQ (Frequently Asked
Questions) alle quali Assoamianto dà puntuale risposta.
Sopra alla sezione “domande e risposte” e sul lato sinistro della home page si trovano i links per l’accesso
alle diverse sezioni del sito: normativa europea, nazionale e regionale; il minerale amianto (breve
descrizione delle diverse tipologie di amianto); patologie e amianto (informazioni su asbestosi, carcinoma
e mesotelioma); impieghi dell’amianto (esempi di impiego del minerale in edilizia, nell’industria, nei mezzi
di trasporto, ecc.); tecniche di intervento (informazioni su rimozione, incapsulamento e confinamento);
documenti (tra i vari documenti si trova, ad esempio, uno schema per la redazione del piano di lavoro per
la rimozione di eternit); articoli. Molto interessanti sono anche la sezione appuntamenti, ove si trovano
informazioni e atti su convegni passati e futuri organizzati da Assoamianto su tutto il territorio nazionale e
la sezione links, ove troverete è disponibile un elenco esaustivo di siti istituzionali italiani ed internazionali
(ARPA, Regioni, Università ed Enti di ricerca, ecc.).
www.assoamianto.it
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HS+E magazine
La Commissione Europea riporta che oggi all’incirca 40 milioni di lavoratori della Comunità sono affetti da
patologie muscoloscheletriche di origine lavorativa. Si tratta di una reale emergenza che, secondo fonti
UE, sta inducendo una progressiva perdita di competitività economica ed una significativa diminuzione
del prodotto interno lordo globale.
Le cosiddette MSD (Musculoskeletal disorder) abbracciano in realtà una larga fascia di patologie, infiammatorie e degenerative, originate dalle più disparate attività produttive.
In realtà parecchie direttive europee sono state indirizzate alla prevenzione di queste patologie, ma, ad
oggi, i risultati appaiono virtualmente nulli, a dispetto del fatto che l’adozione di alcuni accorgimenti in
grado di ridurre il fenomeno in modo sensibile sarebbero realmente banali nonchè dettati dal comune
buon senso.
In realtà la maggior parte delle patologie che rientrano tra le MSD (tendiniti, epicondiliti, sindrome del tunnel carpale, ecc.) sembrano derivare da posture e abitudini scorrette risalenti spesso all’infanzia e quindi
già assimilate quando avviene il primo contatto con il mondo del lavoro.
Il fatto che spesso queste patologie non si manifestino in modo violento, ma lentamente progressivo,
porta spesso alla loro assimilazione (ed accettazione) e di conseguenza non vengono attivate, in una fase
precoce, quelle contromisure comportamentali e di assistenza sanitaria che potrebbero evitare la degenerazione (a volte irreversibile) della patologia.
Risulta peraltro difficile durante un risk assessment identificare tutte le attività che possono avere un
impatto sulle MSD.
Non potendo spesso far leva
sull’autocontrollo e sulla capacità di autocorreggere abitudini
errate, ma consolidate, occorre
dunque far leva su altri fattori.
Un accurato studio ergonomico della postazione di lavoro e
della postura (soprattutto nei
movimenti ripetitivi), la rotazione delle mansioni, una capillare
azione di informazione ed addestramento, una attenta sorveglianza sanitaria ed un programma di attività fisica a diversi livelli (stretching pre-lavorativo, riabilitazione, ecc.) sembrano essere gli unici strumenti per
riguadagnare importanti quote
di salute e di competitività sul
mercato globale.
SHP Safety & Health Practitioner
“Nursing invisible wounds”
di Claire Butterfill
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HS+E magazine
2007
30 maggio
1 giugno
Valencia
(Spagna)
3-5
maggio
Brescia
(Italia)
INTERNATIONAL FIRE EXPO
Salone internazionale della protezione contro gli incendi
21 - 24
maggio
Birmingham
(UK)
SAFETY & HEALTH EXPO
Salone internazionale della sicurezza e della salute
22 - 24
maggio
Birmingham
(UK)
ENERGETHICA
2° Salone internazionale dell'energia rinnovabile e sostenibile
24 - 26
maggio
Genova
(Italia)
proma
Salone internazionale dell'ambiente
ottobre
Bilbao
(Spagna)
FINNSEC
Salone internazionale della sicurezza
3-5
ottobre
Helsinki
(Finlandia)
EXPOAMBIENTE
Salone dell'ambiente
novembre
Lisbona
(Portogallo)
INTEGRAL SECURITY AND SAFETY
Salone della sicurezza e dell'ambiente
dicembre
Utrecht
(Paesi Bassi)
laboralia
Salone della prevenzione, della sicurezza e della salute
sul lavoro
EXPOSICURAMENTE
Salone specializzato sulla cultura della sicurezza sul lavoro
20
HS+E magazine
2007
ECOMONDO
Salone internazionale dell'ambiente e del riciclaggio
7 - 11
novembre
Rimini
(Italia)
POLLUTEC
Salone internazionale degli equipaggiamenti, tecnologie
e dei servizi dell'ambiente per le industrie
27 - 30
novembre
Parigi
(Francia)
SICHERHEIT
Salone internazionale della sicurezza
13 - 16
novembre
Zurigo
(Svizzera)
21
HS+E magazine
news
magazine
HS E
+
hEalth & safEty +
thE occupatIonal
rly magazInE
EnvIronmEntal quartE
HS+E NEWS
SicUrEZZA Ed iGiENE iNdUStriAlE
FInAnZIARIA 2007 (LeGGe 296 DeL 27/12/2006)
Il comma 1177 dell’unico articolo della Legge Finanziaria 2007 ha disposto che gli importi delle
sanzioni amministrative previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale,
previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro entrate in vigore prima del l° gennaio
1999 sono quintuplicati.
Alcuni esempi:
• omessa comunicazione all’ASL ed alla Direzione Provinciale del Lavoro del nominativo dell’RSPP:
sanzione amministrativa da 2.580,00 e a 15.490,00 e;
• omessa istituzione e mancata tenuta sul luogo di lavoro (unità produttiva) del registro infortuni:
sanzione amministrativa da 2.580,00 e a 15.490,00 e;
• mancato svolgimento della riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi (almeno una
volta all’anno per aziende con più di 15 dipendenti): sanzione amministrativa da 2.580,00 e a
15.490,00 e.
LINEE GUIDA CTIP-ISPESL SU MICROCLIMA, ILLUMINAZIONE ED AERAZIONE NEI LUOGHI DI
LAVoRo
Il documento, scaricabile al seguente link www.ispesl.it/Linee_guida/tecniche/index.htm, evidenzia
i diversi aspetti inerenti ai requisiti ed agli standard da rispettare per ottenere situazioni di benessere
nell’ambiente di lavoro.
TUTELA OGGETTIVA PER IL LAVORO ALLE MACCHINE
(Cassazione penale, sez. IV, 21 aprile 2006, n° 14175)
Il Legale Rappresentante di una Società è stato condannato a 2 mesi e 15 giorni di reclusione
(convertiti in 2.850,00 e di ammenda) per violazione dell’art. 72 del D.P.R. 547/55 (“Gli apparecchi
di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle
macchine, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono
essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della
macchina tale che: a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando la macchina è in moto, o provochi
l’arresto della macchina all’atto della rimozione o dell’apertura del riparo; b) non consenta l’avviamento della
macchina se il riparo non è nella posizione di chiusura”) perché un suo operaio a seguito di un contatto
accidentale con il gruppo rulli di una macchina utensile alla quale era stata rimossa un’apposita
griglia di protezione, ha subito lesioni ad una mano.
RESPONSABILITÀ DEI CAPOSQUADRA (DI CANTIERI EDILI)
(Cassazione penale, sez. IV, 21 aprile 2006, n° 14192)
Il Caposquadra di un cantiere edile va inquadrato nella figura di Preposto. Pertanto ad egli non
spetta adottare misure di prevenzione, ma far applicare quelle predisposte da altri. Nei suoi compiti
rientrano la direzione e la sorveglianza dei componenti della squadra. egli, pertanto, va ritenuto
responsabile di eventuali infortuni accorsi ai lavoratori qualora, avendo il potere di ordinare un tipo
di lavoro, non controlli che questo sia compiuto in osservanza alle norme antinfortunistiche.
22
HS+E magazine
CORSI RSPP
Si ricorda come la Conferenza Permanente per i Rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome,
sottolinea come dopo il 14/02/2007 non sia possibile svolgere le funzioni di RSPP/ASPP da parte di
chi non ha completato il percorso formativo di competenza.
INCOMPATIBILITÀ DI RUOLO RSPP-RLS
Corte di Cassazione (Sentenza n° 19995/2006): in merito alla cumulabilità in capo allo stesso
lavoratore delle funzioni di RSPP ed RLS, la Corte di Cassazione ha sottolineato come le due funzioni
non possano essere ricoperte dalla stessa persona. La sentenza, in particolare, ha dato ragione ad
un lavoratore che si è visto licenziare perché si rifiutava di assumere entrambe le cariche.
RESPONSABILITÀ DEL RSPP
Corte Penale (Sez. IV, 31/3/06, n° 11351): Il RSPP qualora agendo con imperizia, negligenza,
imprudenza o inosservanza di leggi e discipline abbia trascurato di segnalare una situazione di
rischio, inducendo il Datore di Lavoro ad omettere l’adozione di una misura preventiva, risponderà
insieme a questi dell’evento dannoso derivatone.
LINEE GUIDA ATEX
L’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) ha emesso una linea
guida, destinata a tutti gli operatori del settore delle atmosfere potenzialmente esplosive (ATEX),
con lo scopo di fornire uno strumento di supporto ed approfondimento tecnico per lo svolgimento
delle attività di certificazione e di contribuire all’armonizzazione delle attività di certificazione sul
territorio nazionale.
HS+E magazine
INDICAZIONI APPLICATIVE SU VALUTAZIONE VIBRAZIONI E RUMORE
Il Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome
ha emesso un documento contenente indicazioni applicative per il rispetto della normativa vigente
in materia di vibrazioni (D.Lgs. 187/05) e rumore (D.Lgs. 195/06). Ricordiamo ai lettori dell’HSE
Magazine che l’obbligo di valutazione delle vibrazioni è entrato in vigore a partire dal gennaio 2006
e di adeguamento della valutazione del rumore dal dicembre 2006.
ambiente
D.G.R. 1860 del 18/12/2006 (Regione Emilia-Romagna)
Linee guida di indirizzo per la gestione di acque meteoriche di dilavamento e delle acque di prima
pioggia.
Le linee guida sono articolate nei seguenti capitoli:
• criteri esplicativi in riferimento alla gestione delle acque di prima pioggia e di lavaggio dalle aree
esterne degli insediamenti produttivi;
• indicazioni metodologiche e tecniche per la scelta e la progettazione dei sistemi di gestione
delle acque meteoriche di dilavamento e delle acque di prima pioggia in area urbana (esempi di
dimensionamento);
• criteri di riferimento per la valutazione del carico inquinante delle acque di prima pioggia in aree
urbane;
indicazioni tecnico-metodologiche per la scelta e la progettazione dei sistemi di gestione delle
acque di prima pioggia da altre condotte separate con particolare riferimento alla rete viaria.
prevenzione incendi
Legge 17 del 26/02/2007
«Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-Legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga
di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa» (G.U. n. 47 del
26/2/2007)
Viene prorogato al 31/12/2007 (ulteriormente prorogato in fase di conversione in legge,
precedentemente stabilito al 30/4/2007) il termine entro il quale le attività ricettive esistenti con
oltre venticinque posti letto devono completare l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione
incendi di cui alle lettere b) e c) del punto 21.2 della regola tecnica di prevenzione incendi per le
attività ricettive turistico-alberghiere, approvata con il D.M. 9/4/1994 e successivamente aggiornata
con il D.M. 6/10/2003.
D.LGS. 300/06 (ART. 3, COMMA 4)
Col suddetto D.Lgs. viene ulteriormente prorogato al 30/04/2007 il termine per il completamento
degli investimenti per gli adempimenti relativi alla messa a norma delle strutture ricettive, per le
imprese che abbiano presentato la richiesta di nulla osta ai VV.F. entro il 30/06/2005.
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