Testi delle origini
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Testi delle origini
La narrativa breve medievale in Francia e in Provenza Corso di Filologia e linguistica romanza a. a. 2013-2014 Prof.ssa Speranza Cerullo 2. Testi delle origini Verso il volgare: il ‘latino della parola’ orale parlato funzione testimoniale didattico-prescrittiva necessità di registrare o tramandare un testo nella sua realtà o esattezza linguistica per ragioni di ordine rituale, artistico, giuridico necessità di rendere comprensibile un testo di valore pratico (omelie, vite di santi, raccolte di leggi, glossari) Indovinello veronese (VIII-IX sec.) Verona, Biblioteca Capitolare, ms. LXXXIX, f. 3 L’indovinello veronese: ‘latino della parola’ con funzione testimoniale + se pareba boues alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen / seminaba / + gratias tibi agimus omnip(oten)s sempiterne d(eu)s Laudes Regiae di Soissons (ante 792) Adriano su(m)mo pon/tifice & uniuersa/le papae uita. / Redemptor mundi / tu lo iuua. / S(anct)e p&re tu lo iuua. / U(e)l alius s(anct)os qua/les uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Karolo excellentis/simao & a d(e)o coro/nato magno & paci/fico rege francoru(m) / & langobardorum / ac patricio roma/norum uita & uic/toria. / Saluator mundi / tu lo iuua. / S(anct)e iohannis tu lo / iuua. U(e)l alius / s(anctu)s qual(is) uol(ueris) / Exaudi ch(rist)e. / Pipino & karolo / nobilissimis filiis / eius uita. S(anct)i illius / qual(is) uolueris tu los / iuua. / Exaudi ch(rist)e. / Pipino rege longo/bardorum uita. / S(anct)i mauricii / tu lo iuua. U(e)l ali/us s(anct)os qual(is) uoluer(is) / Exaudi ch(rist)e. / Chlodouio rege / aequitanioru(m) uita. / S(anct)ae martinae / tu lo iuua. u(e)l alius / s(anctu)s qual(is) uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Fastradane regi/na salus & uita. / Alias uirgines ch(rist)i / qual(is) uolueris / Exaudi ch(rist)e. / Omnib(us) iudicibus / u(e)l cuncto exercitui / ... Montpellier, Bibliothèque de l’Ecole de Médicine, ms. 409, c. 344 I Giuramenti di Strasburgo (842) Giuramenti di Strasburgo: sacramentum firmitatis Lodhuvicus, quoniam maior natu erat, prior haec deinde se servaturum testatus est: «Pro deo amur et pro christian poblo et nostro commun saluament, dist di en auant: inquant deus sauir et podir me dunat si saluarai eo cist meon fradre Karlo et in adiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra saluar dift. In o quid il mi altre si fazet. Et ab Ludher nul plaid numquam prindrai qui meon uol cist meon fradre Karle in damno sit». Trad.: «Ludovico, poiché che era il maggiore, per primo giurò che avrebbe tenuto fede a questi accordi: “Per amore di Dio e per la salvezza del popolo cristiano e nostra comune, da oggi in avanti, in quanto Dio mi dà il sapere ed il potere, io sosterrò il qui presente mio fratello Carlo con aiuti ed in ogni cosa, così come si deve secondo giustizia sostenere il proprio fratello, a condizione che egli faccia altrettanto per me, e con Lotario non prenderò mai nessun accordo che per mia volontà possa riuscire dannoso al qui presente mio fratello Carlo”.» (Testo: Avalle) Giuramenti di Strasburgo Sacramentum fidelitatis Sacramentum autem quod utrorumque populus quisque propria lingua testatus est, romana lingua sic se habet: «Si Lodhuuigs sagrament que son fradre Karlo iurat conseruat et Karlus meos sendra de suo part non los tanit. Si io returnar non lint pois ne io ne neuls cui eo returnar int pois. In nulla aiudha contra Lodhu uuig nun li iuer». (Testo: Avalle) Trad.: «Il giuramento che ciascuno dei due popoli pronunciò nella propria lingua, nell’idioma romanzo così suona: “Se Lodovico mantiene il giuramento che fece a suo fratello e mio signore Carlo da parte sua lo rompe, se io non riesco a dissuaderlo da ciò, né io né nessuno che io possa dissuaderne, non gli sarò là di alcun aiuto contro Lodovico.”» Spagna delle origini: tra arabo e romanzo • 711: conquista araba della penisola iberica (Al-Andalus) • VIII-XI secolo: predominio culturale dell’arabo sul latino, relegato all’uso sporadico nei regni cristiani del Nord (NB: aree isolate => uso del latino visigotico, che non risente del rinnovamento della rinascenza carolina). • La religione cristiana, così come quella ebraica, è tollerate in AlAndalus in quanto religione monoteista, fino all’avvento della dominazione degli Almoravidi, dinastia berbera di origine marocchina => la successiva persecuzione e diaspora diffonderà verso nord la letteratura mozarabica (Galizia, León, Castiglia, Francia meridionale). Primi affioramenti mozarabici e preistoria della ḫarğā • A metà del IX secolo si attesta, con piena coscienza dei contemporanei, un volgare mozarabico, varietà arabo-romanza dell’uso pratic, definita dal geografo arabo Ibn Hurdadbih di Bagdad andalusiyya (“lingua di AlAndalus”), messa sullo stesso piano di ifrangiyya (“lingua dei Franchi”, estensivo per “lingue romanze”), del greco, del persiano, dello slavo e dello stesso arabo non letterario. • Varie testimonianze ci informano che il califfo ’Abd al-Rahman II (912961) era solito gareggiare con i cortigiani nell’improvvisazione di versi arabi la cui rima era costituita da un’espressione mozarabica che doveva essere intercalata più volte nella composizione. • Menéndez Pidal e Dámaso Alonso ricordano testimonianze delle antiche cronache iberiche che biasimano la diffusione, anche nei regni cristiani del nord (e in particolare sulle vie dei pellegrinaggi) di carmina amatoria et turpia, di cantica puellarum e di cantus saecularium. La Spagna mozarabica: ḫarğāt e muwaššahāt Le muwaššahāt sono poesie in arabo o in ebraico letterario, costituite da strofe di versi monorimi, detti bayt, con rime che cambiano per ogni strofa, seguita da una seconda parte, a rima fissa, detta qufl (schema: aaax, bbbx, cccx…). Nell’ultima strofa del componimento il qufl prende il nome di ḫarğā, ed è scritto in arabo parlato (o mozarabo), ossia in un arcaico idioma romanzo parlato dai cristiani rimasti in Al Andalus dopo la conquista araba, e scritto in caratteri arabi o ebraici. Consonanze e differenze tra il testo contenitore (arabo) e il testo contenuto (mozarabico) Le muwaššahāt sono poesie a tema vario: amoroso (eterosessuale o omosessuale), panegiristicoencomiastico, bacchico (elogio dei banchetti e del vino), e spesso uniscono insieme i diversi temi. Sono componimenti di stile colto, barocco, raffinato e di tono aulico, a voce maschile; La ḫarğā è invece di tematica esclusivamente amorosa, a voce femminile, di norma introdotta da un verbum dicendi, di tono semplice e naturale (talora solo apparente): il trattatista del XII sec. Ibn Sana’alMulk la definì “maliziosa, acuta e tagliente”. Benedizioni di Clermont-Ferrand (fine IX-inizio X sec.) [1] Cum pisce in acqua fregit sua ala et resolde, si resold ista mans qui desloge. tr. Come un pesce in acqua ruppe la sua pinna e guarì rinsaldandola, allo stesso modo ci sia la saldatura di questa mano che si è lussata. [2] Tomida femina in tomida via sedea; tomid infant in falda sua tenea; tomides mans et tomidas pes, tomidas carne que est colbe recebrunt; tomide fust et tomides fer que istæ colbe donerut. Exsunt en dolores d’os en polpa <de polpa en curi> de curi in pel de pel en erpa. Tærra madre susipiat dolores. Trad.: ‘Una donna gonfia sedeva su una gonfia via; teneva in grembo un bambino gonfio; gonfie le mani e gonfi i piedi; gonfie le carni, che ricevettero questo colpo; gonfio il legno e gonfio il ferro che diedero questo colpo. Se ne escono i dolori d’osso in polpa, di polpa in pelle, di pelle in capello (opp. pelo), di capello (opp. pelo) in erba. La madre terra riceva i dolori’. La Passione di Augsburg (ultimo terzo del X sec.) <Ailas>, als poins batraunt sos caus, Et ab escarn diraunt sos laus, Et en la crux l’apenderaunt, Et ab l’azed lo potaraunt, Si greu est a parlar, Et en la crux l’apenderaunt. Trad.: ‘[Ahimè], con i pugni colpiranno le sue guance, e con scherno gli renderanno omaggio, e alla croce l’appenderanno, e con l’aceto gli daranno da bere – è così penoso a parlarne – e alla croce l’appenderanno’. L’Alba bilingue di Fleury (X-XI secolo) Phebi claro nondum orto iubare fert aurora lumen terris tenue spiculator pigris clamat: surgite. L’alba par umet mar atra sol poypas abigil miraclar tenebras. En incautos ostium insidie torpentesque gliscunt intercipere quos suadet preco clamat surgere. L’alba part umet mar atra sol poypas abigil miraclar tenebras. Phebi claro nondum orto iubare; Fert aurora lumen terris tenue / Spiculator pigris clamat: surgite; L’alba par um& mar atra sol / Poypas abigil miraclar tenebras; En incautos ostium insidie / Torpentesq(ue) gliscunt intercipere; Quos suad& preco, clamat surgere. / L’alba part um& mar atra sol; Poypas abigil miraclar tenebras. / Ab arcturo disgregat(ur) aquilo; Poli suos condunt astra radios / Orienti tendit(ur) septemtrio; L’alba part um& mar atra sol; Poypas abigil Ab Arcturo disgregatur Aquilo Poli suos condunt astra radios Orienti tenditur Septemtrio. L’alba par umet mar atra sol poypas abigil. Alba di Fleury La sezione latina Trad.: ‘Non essendo ancora sorto il chiaro astro di Febo, / l’aurora porge alle terre un tenue lume. / La scolta chiama i pigri: `Alzatevi!’ / [...] // Ecco che le insidie dei nemici / ardono dalla voglia di catturare gli incauti, e i sonnolenti / che l’araldo lusinga [e] invita ad alzarsi. / [...] // L’Aquilone si separa da Arturo, / gli astri del cielo nascondono i loro raggi; / il Grande carro si protende verso Oriente. / [...]’. NB: secondo Ph.-A. Becker il primo verso della terza strofa andrebbe interpretato come: «La Stella polare [Aquilo] si separa da Arturo». Tuttavia, nella tradizione latina classica e mediolatina, Aquilo identifica soltanto ‘il vento del Nord’, o al massimo, per estensione, il Nord inteso come punto cardinale; considerarlo sineddoche per ‘Stella polare’ è, a giudizio di M.L. Meneghetti, una forzatura. Alba di Fleury La sezione volgare - I Negazione della natura volgare del refrain e proposte ricostruttive: Ph.-A. Becker: Alba paret, tumet mare, sol assurgens attrahit tenebrasque post hic passim mire clarus abigit. [tr. L’alba appare, gonfia il mare, il sole, sorgendo, lo attira / poi dappertutto meravigliosamente chiaro scaccia le tenebre] A. Camilli: Alba paret, tumet mare, attrahit solem; post hic passim abigit mire clarus tenebras» [tr. L’alba appare, solleva il mare, richiama il sole; / poi questo dappertutto disperde, mirabilmente chiaro, le tenebre]. Alba di Fleury La sezione volgare - II P. Rajna, «canzone d’alba»: L’alba part umet mar atras ol poy pasa bigil miraclar tenebras. [trad.: ‘L’alba, al di là dell’umido mare, dietro il poggio / passa vigile a spiare per entro le tenebre’]. E. Gorra, «canto di vedetta»: L’alba par lune el mar, atras el poy pasa ‘1 vigil: mira clar las tenebras. [trad.: ‘L’alba appare lungo il mare, dietro il poggio; / passa la scolta: «Mira, chiare sono le tenebre’]. G. Hilty, «forma di ḫarǧa»: L’alba par, u me mar, atra∙s sol; po y pas, a bigil, mira clar tenebras. [trad.:‘ L’alba appare. Oh madre! Egli si avvicina solo. / poiché io passo a lui, ahimé, scolta, guarda il chiarore come se fosse tenebre’]. L. Lazzerini , «canzone pasquale»: L’alba par, tumet mar; atras sol poypas abigit miraclar tenebras. [trad.: ‘L’alba appare, si gonfia il mare (per l’incipiente sorgere del sole); il sole si reca nelle nere fortezze a sconvolgere le tenebre’]. Tratti che definiscono l’isoglossa del dominio occitanico vs francese 1. conservazione di /a/ tonica in sillaba libera AMARE > fr. aimer, occ. amar 2. conservazione di /a/ finale atona AMICA > fr. amie, occ. amiga 3. assenza di dittongazione spontanea di /Ɛ/ e /Ɔ/ romanze MEL > fr. miel, occ. mel COR > fr. cuer (coeur), occ. cor 4. assenza di dittongazione, sia spontanea che condizionata, di /e/ e /o/ romanze TELA > fr. teile (toile), occ. tela FLOREM > fr. flour (fleur), occ. flor 5. conservazione del dittongo latino AU AURICULA > fr. oreille, occ. aurelha 6. lenizione delle occlusive sorde intervocaliche che si ferma alla sonorizzazione, mentre il fr. spirantizza o dilegua RIPA > fr. rive, occ. riba VITA > fr. vie, occ. vida L’inno farcito In hoc anni circulo (XI secolo) In hoc anni circulo vita datur seculo, nato nobis parvulo de Virgine Maria. Lais lo∙m dire chi non sab qu’eu lo∙l dirai ses nul gab: mout n’em issit a bo chab de Virgine Maria. [Verbum caro factum est [Verbum caro ecc.]. de Virgine Maria] Eu soi 1’ angel Gabriel Mei amic e mei fiel, aport vos salut fiel: laisat estar lo gazel: Deus [descen] de sus deu cel aprendet u so noel in te, Virgo Maria. de Virgine Maria. [Verbum caro ecc.] Fons de suo rivulo nascitur pro populo, fracto mortis vinculo de Virgine Maria. [Verbum caro ecc.] Trad.: ‘In questo volger dell’anno, / al mondo vien data la vita, / essendo per noi nato un bimbo / dalla Vergine Maria. / Il Verbo si è incarnato / dalla Vergine Maria. // Miei amici e miei fedeli, / lasciate stare il gazel: / imparate una nuova melodia / sulla Vergine Maria. / II Verbo [...] // La fonte dal proprio ruscello / nasce per il genere umano, / spezzato il vincolo della morte / per opera della Vergine Maria. / Il Verbo [...] // Me lo lasci dire chi non lo sa / e io glielo dirò senza scherzi: / siamo giunti davvero a buon fine / [partendo] dalla Vergine Maria. / Il Verbo [...] Io sono l’angelo Gabriele / ti porto un ossequiente saluto: / Dio discende dall’alto del cielo / in te, Vergine Maria’. Le Liebesstrophen del ms. Harley 2750 • METAFORA DELL’AMANTE-SPARVIERO Lettera amorosa a voce femminile, prima metà XII sec: «O si nutu Dei acciperem volucris speciem, quantocius volando te visitarem!» (tr. Oh, se per volontà di Dio prendessi la forma di uccello, al più presto volando ti visiterei!) I. Las, qui non sun sparvir astur, qui podis a li vorer, la sintil imbracher se buch schi duls baser, dussirie repasar tu dulur. Trad.: ‘Infelice, perché non sono uno sparvieroastòre, / che potesse volare da lei, / la gentile abbracciare, / baciare la sua dolce bocca, / addolcire e quietare ogni dolore’. • MOTIVO DEL “CUORE SEPARATO” Pier Damiani, lettera ad Agnese di Poitiers imperatrice: «Dum tuam mestus absentiam cotidie lugeo, ne ipsum mecum non esse, immo cor meum a me procul abesse novo merore suspiro.» (tr. Mentre ogni giorno mi rattristo della tua assenza, sento di non essere in me; anzi, sospiro per un’inusitata tristezza, perché il mio cuore è lontano da me.) Testi delle origini: l’area italo-romanza Placito di Capua (960) [exin]de non haberet, nec talia secund(um) lege co(m)p(ro)bare poteret. Ideo nos q(ui) s(upra) iudex iudicabimus et p(er) n(ost)ru(m) / [iu]diciu(m) eos guadiare fecimus tali tenore quatenus ipse q(ui) s(upra) rodelgrimus plicaret se cu(m) lege, et ipse / [qui] s(upra) aligernus benerabilis abb(a)s p(ro) pars (suprascrip)ti sui monast(erii) faceret ci p(er) testes tale(m) consignatione(m) se/[cun]d(um) lege, ut singulo ad singulos ipsi testes ei(us) teneat in manu(m) supradic(tam) abbrebiatula(m) qua(m) ipse rodel/[grim]us hostenserat et testificando dicant: Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene / [t]re(n)ta anni le possette parte s(an)c(t)i benedicti. et firmarent testimonia ipsa secund(um) lege per / [sa]cramenta. et de taliter inter se co(m)plendu(m), mediatores inter se posuerunt et abierunt. In / Iscrizione della catacomba di Commodilla (prima metà del IX sec.) NON DICE REIL LESE CRITA ABbOCE Iscrizione della Basilica di San Clemente (fine XI sec.) Navata centrale della chiesa inferiore di S. Clemente a Roma, parete di sinistra: storie di S. Clemente e Sisinnio Iscrizione della Basilica di San Clemente FALITE DERETO / COLO PALO / CARVON/CELLE DVRI/TIAM CORDIS / V(EST)/RIS // SAXA / TRAERE / MERVI/S/TIS // ALBERTEL / TRAITE / GOS/MARI / SISIN/IVM / FILI / DE LE / PVTE / RA/I/TE Postilla amiatina (fine XI sec.) Ista cartula est de caput coctu ille adiuvet de illu rebottu qui mal consiliu Ii mise in corpu ‘questa carta è di testa calda, lo aiuti dal ribaldo che mal consiglio gli mise in corpo’ Il Ritmo Bellunese (1193-96) Item eodem anno castrum Landredi ceperunt, ibi vero plures homines interfecerunt et .XXVI. Inter milites et pedites atque arcatores secum in vinculis duxerunt et totum castrum combusserunt et funditus distruxerunt. De Castel d’Ard avi li nostri bona part. I lo getà tutto intro lo flumo d’Ard, e sex cavaler de Tarvis li plui fer con se duse li nostre cavaler. Trad.: ‘Nello stesso anno presero il castello di Landreis, uccidendovi molti uomini; condussero via prigionieri 26 tra cavalieri, fanti e arcieri, bruciarono e distrussero completamente il castello: «Di Castel d’Ardo ebbero i nostri buon partito, / lo fecero rovinar tutto dentro il fiume Ardo, / e sei cavalieri di Treviso, i più fieri, / i nostri cavalieri condussero con sé»’ Il Ritmo Bellunese: ipotesi ricostruttiva di Castellani in decasillabi epici EDIZIONE DIPLOMATICA De castel dard aui li n(ost)ri bona part, j lo geta tutto jntro lo flumo / d’Ard, e sex caualer d(e) taruis li plui fer co(n) se duse li nostre / caualer. EDIZIONE RICOSTRUITA IN DECASILLABI (Castellani) EDIZIONE INTERPRETATIVA (Meneghetti) De castel d’Ard av li nost bona part; I lo getà tut intro lo flum d’Ard. Sex cavaler de Tarvis li plui fer con sé duxé li nostre cavaler. De Castel d’Ard avi li nostri bona part. I lo getà tutto intro lo flumo d’Ard, e sex cavaler de Tarvis li plui fer con se duse li nostre cavaler. Dal discordo plurilingue di Raimbaut de Vaqueiras (1155-1204) Eras quan vey verdeyar consta di cinque strofe, ciascuna in una diversa lingua romanza: occitano, italiano, francese, guascone, galego): Io son quel que ben non aio Ni jamai non l’averò, Ni per april ni per maio, Si per ma donna non l’ò; Certo que en so lengaio Sa gran beutà dir non sò, çhu fresca qe flor de glaio, Per qe no m’en partirò. (vv. 9-16) Dal contrasto bilingue di Raimbaut de Vaqueiras (1155-1204) Domna, tant vos ai preiada, si·us plaz, q’amar me voillaz, q’eu sui vostr’endomenjaz, car es pros et enseignada e toz bos prez autreiaz; per qe·m plai vostr’amistaz. Car es en toz faiz cortesa, s’es mos cors en vos fermaz plus q’en nulla Genoesa, per q’er merces si m’amaz; e pois serai meilz pagaz qe s’era mia·ill ciutaz, ab l’aver q’es ajostaz, dels Genoes. Jujar, voi no sei corteso qe me chaidejai de zo, qe negota no farò. Ance fossi voi apeso! Vostr’amia non serò. Certo, ja ve scanerò, Provenzal malaurao! Tal enojo ve dirò: sozo, mozo, escalvao! Ni ja voi non amerò, q’eu chu bello marì ò qe voi no sei, ben lo so. Andai via, frar’, eu temp’ò meillaurà! Trad.: ‘Signora, tanto vi ho pregata, di grazia, di volermi amare, che sono il vostro servo, perché siete valente e saggia e confermate tutti i buoni pregi; perciò mi piace la vostra amicizia. Giacché siete in tutto cortese, il mio cuore si è fissato in voi più che qualsiasi altra genovese; sarà una grazia se mi amate; allora sarò più rimeritato che non fosse mia la città dei Genovesi, con tutto l’avere che vi è ammassato. / Giullare, non siete cortese a importunarmi così: non farò proprio niente. Piuttosto foste impiccato! Non sarò vostra amica, anzi vi scannerò, sciagurato provenzale! Così vi insulterò: sozzo, pazzo, rapato! Mai vi amerò, perché ho un marito più bello di voi, ben lo so. Andate via, fratello, ho tempo più avventurato’.