Efficienza, equit`a, benessere: appunti di introduzione all`economia
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Efficienza, equit`a, benessere: appunti di introduzione all`economia
Università degli Studi di Bari Dipartimento di Scienze Economiche Efficienza, equità, benessere: appunti di introduzione all’economia pubblica Ernesto Longobardi e Vito Peragine anno accademico 2003/04 2 Indice 1 Il giudizio di efficienza 1.1 L’efficienza nel senso di Pareto . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Allocazione ottimale delle risorse . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1 La condizione di efficienza nello scambio . . . . . . . 1.2.2 Condizione di efficienza nella produzione . . . . . . . 1.2.3 Condizione di efficienza generale . . . . . . . . . . . 1.3 Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere 1.3.1 I criteri di Kaldor-Hicks e di Scitovsky . . . . . . . . 1.4 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 4 5 8 8 11 12 15 2 Scelta sociale 2.1 La massimizzazione del benessere sociale . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Le funzioni del benessere sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.1 La funzione del benessere sociale utilitarista . . . . . . . . 2.2.2 La funzione del benessere sociale rawlsiana . . . . . . . . 2.3 Confronti tra criterio del Pareto, FBS utilitarista, FBS rawlsiana 2.4 Ancora sul confronto tra utilitarismo, rawlsismo, egualitarismo . 2.4.1 Primo caso: redistribuzione senza costi e utilità marginale del reddito costante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.2 Secondo caso: redistribuzione senza costi e utilità marginale del reddito decrescente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.3 Terzo caso: redistribuzione con costi e utilità marginale del reddito decrescente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.4 Quarto caso: redistribuzione con costi molto elevati e utilità marginale del reddito decrescente . . . . . . . . . . 2.5 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 17 17 21 23 25 26 3 Analisi della disuguaglianza 3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Ordinamenti parziali di distribuzioni del reddito . . . . 3.2.1 La curva di Lorenz . . . . . . . . . . . . . . . . . Un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.2 Ordinamento di Lorenz . . . . . . . . . . . . . . 3.2.3 Ordinamento alla Robin Hood . . . . . . . . . . 3.2.4 Un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.5 Ordinamenti parziali: benessere e disuguaglianza 3.2.6 Curva di Lorenz generalizzata . . . . . . . . . . . 3.2.7 Ordinamento di Lorenz generalizzato . . . . . . . 33 33 34 34 35 36 38 39 40 41 42 i . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 26 29 29 31 ii INDICE 3.3 3.4 Ordinamenti completi di distribuzioni del reddito 3.3.1 Il coefficiente di Gini (G) . . . . . . . . . 3.3.2 L’indice di Atkinson-Kolm-Sen . . . . . . Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 44 45 48 Capitolo 1 Il giudizio di efficienza 1.1 L’efficienza nel senso di Pareto Una tendenza largamente dominante ritiene che nel giudizio di efficienza ci si debba affidare alla percezione che i singoli individui hanno del proprio benessere individuale. Si parla in questo caso di principio della sovranità del consumatore: si assume che ciascuno sia il miglior giudice dei propri interessi e ci si rimette pertanto alla sua valutazione. Se si accetta tale principio sorge immediatamente un problema. Avendo ciascuno un proprio sistema di preferenze e un dato ammontare di risorse (dotazioni), ognuno giudicherà diversamente un determinato stato del mondo. Come si può allora, muovendo dai giudizi individuali, pervenire ad un giudizio di efficienza che riguardi l’intera collettività? Il giudizio di efficienza sembra indissolubilmente legato al giudizio di equità, perchè non pare possibile evitare di valutare gli interessi degli uni a fronte degli interessi degli altri. Gli economisti hanno tentato di separare i due livelli di giudizio e di affidarli a schemi concettuali distinti. Tale tentativo viene a tutt’oggi legato al nome di Pareto.1 Definizione 1 (Il criterio (forte) del Pareto). Dati due stati α and β, si dice che α è migliore di β (oppure che α domina β) nel senso di Pareto, e che pertanto uno spostamento da β a α è un miglioramento paretiano, se e solo se almeno un individuo preferisce α a β e nessuno preferisce β ad α. Indichiamo in parentesi tonde le relazioni attinenti ordinamenti di preferenza individuali e in parentesi quadre quelle attinenti ordinamenti di preferenza sociale. Il criterio del Pareto può essere espresso nel modo seguente. Dati due stati α e β, [α  β]P ⇔ (α  β)i e (α º β)j6=i che va letta: α è socialmente preferito a β nel senso di Pareto se e solo se per un individuo i α è strettamente preferito a β e nessun individuo j, diverso 1 Vilfredo Pareto (1848-1923), economista e sociologo. Le sue opere più importanti sono il Corso di economia politica (1897-98) e il Trattato di sociologia generale (1916). 1 2 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA da i, preferisce strettamente β ad α Si assume: • misurabilità ordinale delle utilità • non confrontabilità delle utilità di diversi individui Nella Tabella 1.1 α, β, γ sono tre stati e ui ,uj ,uk sono indici di utilità ordinale relativi a tre individui i, j, k. α 30 25 45 ui uj uk β 35 25 45 γ 35 30 45 Tabella 1.1: Il criterio del Pareto Lo stato β domina nel senso di Pareto lo stato α (maggiore è infatti l’utilità dell’individuo i, ferme restando le posizioni degli individui j e k). Lo stato γ domina a sua volta lo stato β. Definizione 2 (Ottimo paretiano). Uno stato è detto efficiente nel senso di Pareto o ottimo paretiano qualora non sia possibile realizzare un miglioramento paretiano, vale a dire quando non sia possibile migliorare la situazione di almeno un individuo senza peggiorare quella di qualche altro. Nella Tabella 1.1 lo stato γ è un ottimo paretiano. In generale stati ottimi nel senso di Pareto sono più di uno. Si consideri, per esempio, la Tabella 1.2 ui uj uk α 7 9 6 β 6 9 5 γ 1 2 9 δ 8 8 8 ² 3 2 9 Tabella 1.2: Gli ottimi di Pareto In questo caso α, δ e ² sono tutti ottimi paretiani. Si noti che il criterio del Pareto non consente di ordinare gli stati di ottimo: essi, in base al criterio del Pareto, sono non confrontabili. Ma può risultare anche impossibile confrontare uno stato di ottimo con uno stato sub-ottimale. Nella Tabella 1.2, per esempio, α, pur essendo un ottimo, non è confrontabile con γ, che ottimo non è. Questo aspetto può essere meglio chiarito considerando la figura 1.1 che rappresenta una curva delle possibilità di utilità. Come si vedrà meglio più avanti, tale curva, dati due individui i e j, esprime, per ogni determinato livello di utilità di uno dei due individui, l’utilità massima conseguibile dall’altro. L’area ADO, delimitata dalla curva delle possibilità di utilità e dagli assi cartesiani, costituisce l’insieme delle utilità. Per ogni punto interno, come il punto il punto F , l’insieme delle utilità può essere suddiviso in 4 sottoinsiemi: 1.1. L’EFFICIENZA NEL SENSO DI PARETO 3 6 uj A B G O C F E D ui Figura 1.1: Il criterio del Pareto I miglioramenti paretiani dal punto F sono compresi nell’area BCF • l’area BCF , compresi i contorni, rappresenta il sottoinsieme delle combinazioni di utilità che dominano la combinazione F: il passaggio da F ad uno qualsiasi dei punti di quest’area è un miglioramento paretiano; • l’area GF EO, compresi i contorni, rappresenta il sottoinsieme delle combinazioni di utilità che sono dominate da F nel senso di Pareto. L’unione di queste due sottoinsiemi compone l’insieme di stati che sono confrontabili con F in base al criterio del Pareto. Invece l’unione dei due sottoinsiemi: • ABF G (esclusi i segmenti BF e GF ); • F CDE (esclusi i segmenti F C e F E) rappresentano l’insieme degli stati non confrontabili con F in base al criterio del Pareto. Finché l’insieme BCF non è vuoto non si è ha una situazione efficiente. Un insieme vuoto di miglioramenti paretiani è rappresentato nella figura 1.2: il punto F è ora un ottimo paretiano, in quanto non risulta dominato da nessun altro punto all’interno dell’insieme delle utilità. Tuttavia, il punto F non domina tutti i punti dell’insieme, ma solo quelli dell’area GF EO. Rimangono le due aree AF G e F DE di non confrontabilità. In tali aree solo i punti sulla frontiera di utilità (i tratti AF e F D) sono punti di ottimo: tutti gli altri, interni alle due aree, rappresentano stati inefficienti. Come si era già accennato, dunque, il criterio del Pareto non consente di ordinare gli stati di efficienza come socialmente superiori a tutti gli stati di inefficienza. E’ questo il limite più grave del criterio del Pareto. Se infatti la non confrontabilità dei punti di ottimo è un risultato voluto, intendendosi tenere separato il giudizio di efficienza dal giudizio di equità, la non confrontabilità tra 4 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA 6 uj A F G O E D ui Figura 1.2: L’ottimo paretiano F rappresenta un punto di ottimo perchè l’insieme dei possibili miglioramenti paretiani è vuoto punti di ottimo e punti subottimali limita l’operatività del criterio proprio sotto il profilo della valutazione di efficienza. In comunità di milioni di persone, è sufficiente che anche un solo individuo risulti danneggiato, per escludere, almeno sul piano del giudizio di efficienza, misure che potrebbero produrre consistenti benefici alla collettività nel suo insieme. Si attribuisce in questo modo a minoranze, anche molto ristrette, un paralizzante potere di veto sulle scelte collettive. Gli economisti hanno discusso a lungo di tali limiti del criterio del Pareto e della possibilità di ampliarne la rilevanza concreta. L’esito più importante di tale riflessione è stata l’elaborazione dei criteri di compensazione di Kaldor-Hicks e di Scitovsky, che tratteremo più avanti. 1.2 Allocazione ottimale delle risorse Per generare un risultato efficiente nel senso di Pareto, un meccanismo di allocazione delle risorse deve soddisfare simultaneamente, al margine, tre condizioni: 1. condizione di efficienza nello scambio; 2. la condizione di efficienza nella produzione; 3. la condizione di efficienza generale. Consideriamo un sistema con due consumatori (i, j), due fattori produttivi (k, l) e due beni (x, y). La disponibilità di fattori produttivi e la tecnologia sono date. 1.2. ALLOCAZIONE OTTIMALE DELLE RISORSE 1.2.1 5 La condizione di efficienza nello scambio Ipotizziamo per il momento che le quantità prodotte di x e y siano date: l’ipotesi sarà rimossa più avanti, quando le quantità dei beni prodotti saranno lasciate libere di variare, ferme restando, invece, le quntità dei due fattori produttivi k e l. y j { i | {z x } Figura 1.3: La scatola di Edgeworth Ogni punto nella scatola rappresenta un’allocazione, cioè la combinazione di due panieri (x, y), uno per ciascun consumatore La figura 1.3 riproduce una scatola di Edgeworth, all’interno della quale ogni punto rappresenta un’allocazione (combinazione di panieri) dei due beni (x, y) tra i due consumatori (i, j). La mappa delle curve di indifferenza del consumatore i è rappresentata a partire dal vertice sud-ovest della scatola; quella del consumatore j è rappresentata, rovesciata, a partire dal vertice nord-est. In ogni punto della scatola si ha l’intersezione oppure la tangenza tra una curva di indifferenza dell’individuo i e una curva di indifferenza dell’individuo j. Le allocazioni ottime nel senso di Pareto coincidono con i punti di tangenza. Se infatti le curve di indifferenza si intersecassero sarebbero possibili miglioramenti paretiani. Consideriamo per esempio, nella parte sinistra della figura 1.4, il punto C di intersezione tra due curve. Per ogni punto sulla curva di indifferenza dell’individuo j, come il punto B, si ha: (B  C)i e (B ∼ C)j ⇒ [B  C]P 6 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA C B A C D j i j i Figura 1.4: L’efficienza nello scambio Nella parte sinistra della figura C non è un punto di ottimo, in quanto a partire da C sono possibili miglioramenti paretiani nell’area delimitata dall’intersezione delle due curve. Nella parte destra il punto di tangenza C rappresenta un punto di ottimo: l’insieme dei possibili miglioramenti paretiani è vuoto Per ogni punto sulla curva di indifferenza dell’individuo i, come il punto A, si ha: (A ∼ C)i e (A  C)j ⇒ [A  C]P Infine per ogni punto come D, interno all’area delimitata dall’intersezione delle due curve di indifferenza, si ha: (D  C)i e (D  C)j ⇒ [D  C]P L’area delimitata dall’intersezione delle due curve, compresi i contorni, rappresenta quindi l’insieme dei possibili miglioramenti paretiani a partire dal punto C. Nei punti di tangenza invece (come il punto C nella parte destra della figura 1.4) l’insieme dei miglioramenti paretiani è vuoto: si tratta pertanto di allocazioni ottime. In tali punti, la curva di indifferenza del consumatore i ha la stessa pendenza di quella del consumatore j: i saggi marginali di sostituzione dei due consumatori sono pertanto eguali. Definizione 3 (Condizione di efficienza nello scambio). Un’allocazione di beni è Pareto-ottimale quando i saggi marginali di sostituzione sono eguali tra tutti i consumatori: i j SM Sx,y = SM Sx,y L’insieme delle allocazioni ottime può essere rappresentato con due diversi strumenti analitici. Se, all’interno della scatola di Edgeworth, si uniscono tutti i punti di tangenza tra le curve di indifferenza si ottiene la curva dei contratti, che è appunto il luogo geometrico delle allocazioni ottime nel senso del Pareto (figura 1.5). Se misuriamo invece sugli assi le utilità dei due consumatori, le combinazioni di utilità associate ai punti di ottimo compongono la curva delle possibilità di utilità (figura 1.6), che avevamo già utilizzato nella sezione 1.1. 1.2. ALLOCAZIONE OTTIMALE DELLE RISORSE y 7 j i | {z x } Figura 1.5: La curva dei contratti Definizione 4 (La curva delle possibilità di utilità). Dati due consumatori e due beni, e considerando fisse le quantità dei due beni, la curva delle possibilità di utilità esprime, per ogni determinato indice di utilità di un consumatore, l’ulità massima che può ottenere l’altro consumatore. u2 6 u1 Figura 1.6: La curva delle possibilità di utilità Lo studente noti che: • se si considerano fisse le quantità dei due beni, la curva delle possibilità di utilità si modifica solo se cambiano le preferenze dei consumatori; • date le preferenze dei consumatori, esiste una curva delle possibilità di utilità per ogni coppia di quantità dei due beni. 8 1.2.2 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA Condizione di efficienza nella produzione Si rimuove ora, come annunciato, la condizione che le quantità dei due beni x e y siano date. La condizione marginale di ottimo nella produzione può essere determinata utilizzando ancora una scatola di Edgeworth, misurando, questa volta, sugli assi le quantità dei due fattori produttivi, k e l, disponibili in quantità fisse. La tecnologia impiegata nella produzione dei due beni x e y sarà rappresentata da famiglie di isoquanti. Ogni punto all’interno della scatola rappresenta una allocazione di input. Le allocazioni ottime sono date dai punti di tangenza tra gli isoquanti relativi al prodotto x e gli isoquanti relativi al prodotto y: in tali punti si ha l’eguaglianza dei saggi marginali di sostituzione tecnica tra i fattori nella produzione dei due beni. Definizione 5 (Condizione di efficienza nella produzione). Un’allocazione di fattori produttivi è Pareto-ottimale quando i saggi marginali di sostituzione tecnica sono eguali nella produzione di ogni coppia di beni: y x = SM STk,l SM STk,l Le allocazioni di fattori efficienti possono essere rappresentati, oltre che dalla curva che unisce tutti i punti di tangenza nella scatola di Edgeworth, anche misurando sugli assi le quantità dei due beni: le combinazioni di beni associate ai punti di ottimo compongono la curva delle possibilità di produzione (o curva di trasformazione). Definizione 6 (La curva delle possibilità di produzione). La curva delle possibilità di produzione (o curva di trasformazione) esprime, per ogni determinata quantità di uno dei due beni, la quantità massima che si può produrre dell’altro bene, considerando fisse la tecnologia e le quantità dei fattori di produzione. 1.2.3 Condizione di efficienza generale Assumiamo, in prima approssimazione, che tutti i consumatori abbiano lo stesso sistema di preferenze, rappresentabile pertanto da un’unica mappa di curve di indifferenza (consumatore rappresentativo). Il problema di massimizzazione del benessere si risolve nello scegliere, lungo la curva delle possibilità di produzione, la combinazione di output che consente di raggiungere la curva di indifferenza di indice più elevato: si tratterà di un punto di tangenza della curva delle possibilità di produzione con una curva di indifferenza (figura 1.7). Nel punto di tangenza si ha l’eguaglianza tra il saggio marginale di sostituzione (misurato dalla pendenza della curva di indifferenza) e il tasso marginale di trasformazione (misurato dalla pendenza della curva di trasformazione). Si può pertanto enunciare la condizione di efficienza generale. Definizione 7 (Condizione di efficienza generale). Un’allocazione delle risorse è Pareto-ottimale quando per ogni coppia di beni il saggio marginale di sostituzione è eguale al saggio marginale di trasformazione: SM Sy,x = SM Ty,x 1.2. ALLOCAZIONE OTTIMALE DELLE RISORSE 9 y6 B A 2 1 x - Figura 1.7: La curva delle possibilità di produzione A rappresenta un punto di ottimo Il significato dell’eguaglianza tra saggio marginale di trasformazione e saggio marginale di sostituzione come condizione di ottimo può essere meglio compresa considerando più da vicino la situazione rappresentata dal punto B (figura 1.8). Nel punto B il SM S è dato dal rapporto BC/CD: una riduzione BC del bene y, accompagnata da un aumento CD del bene x, lascia inalterato il livello di utilità del consumatore rappresentativo. Tuttavia, dal lato della produzione, la rinuncia ad una quantità BC del bene y consente un incremento CE nella produzione di x: essendo CE > CD, l’utilità aumenterebbe. Vi sono pertanto dei punti, a destra del punto B, che lo dominano nel senso di Pareto. Della condizione generale di ottimo può essere data una diversa rappresentazione grafica. Abbandonando l’ipotesi del consumatore rappresentativo e tornando a quella di un’economia con due individui, i e j, consideriamo le infinite scatole di Edgeworth che possono essere inserite nell’area delimitata dalla curva di trasformazione, con il vertice nord-est lungo la curva. Nella figura 1.9 ne sono state rappresentate due. In generale all’interno di ogni scatola vi sarà un punto, sulla curva dei contratti, in cui l’inclinazione delle due curve di indifferenza tangenti è eguale all’inclinazione della curva di trasformazione. In tale punto si avrà pertanto: i j SM Sx,y = SM Tx,y = SM Sx,y (1.1) Si noti che un punto come B nella figura 1.9 rappresenta una determinata combinazione delle quantità totali prodotte dei due beni x e y, mentre un punto come B 0 definisce una ripartizione delle risorse tra i due individui i e j. Vi sono infinite configurazioni di ottimo generale, ciascuna corrispondente ad una determinata combinazione di output ed a una determinata ripartizione del benessere tra i due individui. Il luogo delle combinazioni di utilità associate a ciascuno di essi, è chiamato frontiera delle utilità. 10 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA y6 t s B C E D x - Figura 1.8: Nel punto B il SM Txy è, in valore assoluto, minore del SM Sxy Spostamenti a destra di B (maggiore quantità di x) rappresentano miglioramenti paretiani y6 A B A’ B’ x Figura 1.9: Configurazioni di ottimo generale 1.3. IL PRIMO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE11 Lo studente noti che: • se si considerano fisse le quantità dei due fattori, la frontiera delle utilità si modifica solo se cambiano le preferenze dei consumatori o la tecnologia; • date le preferenze dei consumatori e la tecnologia, esiste una frontiera delle utilità per ogni coppia di quantità dei due fattori. 1.3 Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere Riepiloghiamo le condizioni marginali di ottimo, rimuovendo la restrizione di un mondo a due dimensioni. Siano N , M, H gli insiemi, rispettivamente, dei consumatori, dei beni e dei fattori produttivi. 1. Condizione di efficienza nello scambio: i j SM Sx,y = SM Sx,y ∀i, j ∈ N ; ∀x, y ∈ M 2. Condizione di efficienza nella produzione: y x SM STk,l = SM STk,l ∀k, l ∈ H; ∀x, y ∈ M 3. Condizione di efficienza generale: SM Sx,y = SM Tx,y ∀x, y ∈ M In un mercato concorrenziale, a determinate condizioni (che saranno precisate), abbiamo: 1. Per ogni coppia di beni, ciascun consumatore massimizza l’utilità eguagliando il saggio marginale di sostituzione al prezzo relativo: i j SM Sx,y = py /px = SM Sx,y ∀i, j ∈ N ; ∀x, y ∈ M Risulta pertanto soddisfatta la condizione di ottimo nello scambio. 2. Le imprese minimizzano i costi, nella produzione di ciascun bene, eguagliando il saggio marginale di sostituzione tecnica tra fattori al loro prezzo relativo: y x SM STk,l = pl /pk = SM STk,l ∀k, l ∈ H; ∀x, y ∈ M Risulta pertanto soddisfatta la condizione di ottimo nella produzione. 12 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA 3. Per ogni coppia di beni, i consumatori massimizzano l’utilità eguagliando il saggio marginale di sostituzione al prezzo relativo; le imprese massimizzano il profitto eguagliando il saggio marginale di trasformazione al prezzo relativo: SM Sx,y = py /px = SM Tx,y ∀x, y ∈ M Risulta pertanto soddisfatta la condizione di efficienza generale. Teorema 1 (Il primo teorema fondamentale). Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere dice che l’equilibrio di un sistema di mercati concorrenziali, se esiste, è Pareto-efficiente. Deve trattarsi di una situazione di equilibrio. Per rendersene conto lo studente consideri la figura 1.10. Anche se i saggi marginali di sostituzione risultano eguali, non essendo una situazione equilibrio non vi è tangenza tra le curve di indifferenza: non risulta pertanto determinata un’allocazione ottima. A C B Figura 1.10: Solo in equilibrio si ha efficienza paretiana Teorema 2 (Il secondo teorema fondamentale). Il secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere dice che esiste sempre un vettore di prezzi tale che ciascuna allocazione Pareto-efficiente è un equilibrio di mercato concorrenziale, una volta assegnate le opportune dotazioni iniziali (si veda la figura 1.11). 1.3.1 I criteri di Kaldor-Hicks e di Scitovsky Consideriamo ora i criteri di compensazione di Kaldor-Hicks e di Scitovsky, cui si è già fatto cenno. Secondo il criterio di Kaldor-Hicks (KH), uno stato del mondo β domina uno stato α qualora, nel movimento da α a β, il guadagno complessivo di efficienza sia tale da consentire, potenzialmente, il risarcimento di coloro che risultano svantaggiati dal cambiamento. Non ha rilievo che il risarcimento sia effettuato in concreto. L’opportunità o meno di una compensazione effettiva è infatti un problema da affidare alla sfera del giudizio distributivo, alla stregua della questione della scelta tra diversi punti di ottimo paretiano. 1.3. IL PRIMO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE13 m0 ) ¼ m B A M0 M Figura 1.11: L’allocazione A rappresenta un equilibrio di mercato concorrenziale con il vettore di prezzi m e la dotazione iniziale M. L’allocazione B può essere 0 0 generata dal vettore m e la dotazione M Con il criterio di KH ogni punto Pareto-efficiente domina ogni punto Paretonon efficiente. Tale importante proprietà del criterio di KH può essere illustrata con l’aiuto della figura 1.12. Il punto B domina il punto A nel senso di KH, perchè, con una redistribuzione senza costi, ci si può spostare lungo la frontiera delle utilità fino ad un punto, come C, che domina il punto A nel senso di Pareto. uj 6 C A B ui Figura 1.12: Il criterio di Kaldor-Hicks B è socialmente preferito ad A nel senso di Kaldor-Hicks Il criterio di KH implicitamente postula una relazione di indifferenza tra i punti di ottimo paretiano. In relazione alla figura 1.12, si può scrivere: [B ∼ C]kh e [C  A]P ⇒ [B  A]kh Scitovsky ha tuttavia notato come anche il criterio di KH abbia una portata pratica piuttosto limitata. Esso può infatti essere accettato solo in un contesto 14 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA rigorosamente statico, che escluda innovazioni tecnologiche e cambiamenti nella dotazione dei fattori produttivi, che producono uno spostamento della frontiera delle utilità. Invece, sottolinea Scitovsky, gran parte delle misure di politica economica, sulle quali si è chiamati a formulare un giudizio di efficienza, producono solitamente effetti importanti proprio su questo versante. In presenza di spostamenti della frontiera di utilità, se nella nuova situazione essa interseca quella dello stato di partenza, il criterio di KH può generare risultati incoerenti. Si consideri per esempio la figura 1.13. uj 6 f ª C A D B f0 ¼ ui Figura 1.13: Il problema di Scitovsky Se la frontiera di utilità f si sposta in f 0 , che interseca f , il criterio di Kaldor-Hicks origina un ordinamento incoerente di preferenze sociali Assumiamo che, in una determinata situazione, la frontiera di utilità sia la f e che si debba valutare, in termini di efficienza, una misura che porterebbe il sistema economico da A a B. La misura non supera il test di Pareto ma supera quello di KH. Se tuttavia tale misura ha anche l’effetto, a causa, per esempio, di ricadute tecnologiche, di spostare la frontiera di utilità da f af 0 , nella nuova situazione B risulterebbe dominato da A nel senso di KH. In simboli, nella situazione di partenza (frontiera f ) si avrebbe: [B ∼ C  A]kh ⇒ [B  A]kh nella nuova situazione (frontiera f 0 ): [A ∼ D  B]kh ⇒ [A  B]kh Secondo Scitovsky, pertanto, l’applicazione del criterio di KH va limitata ai casi in cui il ritorno alla situazione di partenza, data la nuova frontiera di utilità, non superi il test di KH (criterio di Scitovsky). 1.4. ESERCIZI 1.4 15 Esercizi 1. La Figura rappresenta una curva delle possibilità di utilità. Le utilità dei due individui (1 e 2) sono ordinali e non confrontabili. u2 6 H A G C E F B D I - u1 Indicare se le seguenti affermazioni sono vere o false. (a) Nel punto A l’individuo 2 sta meglio dell’individuo 1. vero 2 falso 2 (b) Per l’individuo 2, A  B. vero 2 falso 2 (c) Per l’individuo 2, B ∼ D. vero 2 falso 2 (d) Nel senso di Pareto A  B vero 2 falso 2 (e) Nel senso di Kaldor-Hicks D  E. vero 2 falso 2 (f) Nel senso di Pareto C  B ∼ F . vero 2 falso 2 (g) Nel senso di Pareto C non è confrontabile con I. vero 2 falso 2 (h) Il punto A domina nel senso di Pareto tutti i punti compresi nell’area HGBF esclusi quelli sul tratto curvilineo HG. vero 2 falso 2 2. Individuare le situazioni efficienti nel senso di Pareto nella seguente tabella dove A, B, C, D, E, F sono distribuzioni di benessere (u) tra tre individui (1, 2, 3) 3. Si consideri un’economia con due beni, x ed y, e due individui, A e B. Le quantità totali di x e di y sono pari rispettivamente a 60 e 30 unità 16 CAPITOLO 1. IL GIUDIZIO DI EFFICIENZA u1 u2 u3 A 70 65 70 B 68 70 72 C 72 45 30 D 70 60 70 E 100 68 100 F 100 60 100 e le preferenze di A e di B sono rappresentate dalle seguenti funzioni di utilità: UA (x, y) = log x + 2 log y UB (x, y) = 4 log x + 2 log y Si considerino ora le seguenti allocazioni dei due beni x ed y tra i due individui A e B (con xA indichiamo la quantità di bene x assegnata all’individuo A, ...): α β xA 20 10 xB 40 40 yA 20 15 yB 10 15 Quale tra le allocazioni α e β può essere un equilibrio concorrenziale? 4. Supponiamo ora che le funzioni di produzione di x e y siano le seguenti: 1 2 2 1 x = K 3 L3 y = K 3 L3 Attualmente, 1/2 del capitale totale e 1/2 del lavoro totale è allocato alla produzione di ciascun bene. Si tratta di una soluzione efficiente? Nel caso in cui non fosse efficiente, in quale direzione dovrebbero essere riallocati i fattori al fine di ottenere un miglioramento paretiano? Capitolo 2 Scelta sociale 2.1 La massimizzazione del benessere sociale Ciascun punto sulla frontiera delle utilità comporta una diversa distribuzione del benessere. Problema della scelta dell’ottimo tra gli ottimi. Se si assume di poter attribuire alla collettività un ordinamento di preferenze sui diversi stati del mondo e se tale ordinamento è continuo e transitivo, esso può essere rappresentato da una funzione (la funzione del benessere sociale, FBS), che svolge lo stesso ruolo della funzione di utilità nella rappresentazione degli ordinamenti di preferenza individuali. Dalla FBS può essere derivata una mappa di curve di indifferenza sociali: ad ogni curva è associato il medesimo livello di benessere sociale. L’ottima scelta sociale è data dalla massimizzazione del benessere sociale, soggetta al vincolo della frontiera delle utilità: il punto di tangenza tra la frontiera delle utilità e una curva di indifferenza sociale (figura 2.1). 2.2 Le funzioni del benessere sociale Una formulazione molto generale di FBS è basata su seguenti tre giudizi di valore deboli, vale a dire sui quali si ritiene possa esservi un ampio accordo: welfarismo, individualismo (o sovranità del consumatore), principio (debole) del Pareto. 1. Welfarismo. Gli argomenti della FBS sono le utilità dei singoli individui: W = f (u1 , u2 , u3 , . . . , un ) (2.1) dove W rappresenta il benessere sociale in una collettività di n individui. Questa ipotesi, per quanto sia ancora largamente dominante, è stata messa in discussione dagli sviluppi del dibattito teorico dell’ultimo ventennio. Il punto di partenza è stato un saggio di Amartya Sen del 1977. Sen notava come l’welfarismo mal si conciliasse con alcuni valori largamente accolti nelle società contemporanee. Il principio di libertà, per esempio, non poggia su 17 18 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE u2 6 W∗ u1 Figura 2.1: Il problema della massimizzazione del benessere sociale Il punto di massimo benessere sociale, W ∗ , è dato dalla tangenza tra la frontiera delle utilità e una curva di indifferenza sociale valutazioni di benessere, ma sul riconoscimento che certe scelte vanno lasciate integralmente nel dominio dei singoli individui. Anche il principio di giustizia distributiva, qualora venga definito in termini di caratteristiche diverse dal benessere (reddito, ricchezza, livello di istruzione, opportuita’ di scelta, trattamento di fronte alla legge ecc.) non trova spazio in un approccio welfarista (A.SEN, ”On Weights and Measures: Informational Constraints in Social Welfare Analysis”, in Econometrica, 45, October 1977, traduzione italiana in Scelta, Benessere, Equita’, Il Mulino, 1986). 2. Individualismo o sovranità del consumatore L’utilità dei singoli individui è valutata in base al giudizio degli interessati. Un approccio alternativo è costituito dal paternalismo, con il quale un giudizio collettivo si sostituisce a quello individuale. Nelle società moderne, politiche orientate da criteri paternalistici sembrano ampiamente diffuse: si impongono divieti ed obblighi, si incentivano determinati comportamenti, se ne sanzionano altri. Si pensi, per limitarsi a qualche esempio, alla tassazione dei consumi nocivi (fumo, alcol); agli obblighi imposti in materia di assicurazione, di previdenza, di livelli minimi di istruzione; a quelli in campo sanitario, come l’obbligo di vaccinazione. Questa può tuttavia risultare conclusione affrettata, perchè quasi sempre queste misure possono essere anche motivate, o 2.2. LE FUNZIONI DEL BENESSERE SOCIALE 19 quanto meno razionalizzate a posteriori, dalla presenza di esternalità, che si hanno quando su un agente non ricadono per intero i benefici e i costi delle proprie scelte, i quali sono in parte scaricati su altri, estranei a tali scelte. Si consideri la tassazione del tabacco. Essa può essere motivata con argomenti paternalistici: si ritiene che il fumatore non valuti appieno i danni che il fumo gli provoca. Ma può essere giustificata anche in base ad una considerazione di esternalità: non si entra nel merito della scelta del singolo per quanto riguarda gli effetti sul proprio personale benessere, ma si tiene conto del fatto che tale scelta, per quanto la migliore dal suo punto di vista, non lo è dal punto di vista sociale, perchè impone ad altri, per esempio i fumatori passivi, dei costi che non si riflettono nel prezzo del tabacco: la tassazione va vista, in questa prospettiva, come lo strumento per segnalare al consumatore questa componente di costo. 3. Principio debole del Pareto Il benessere sociale cresce o al più rimane costante quando aumenta una sola delle utilità individuali, ferme restando le altre. In simboli: ∂W/∂ui ≥ 0, ∀i ∈ {1, . . . , n} (2.2) Una FBS che rispetti le tre proprietà finora introdotte è importante come schema analitico, ma piuttosto povera di indicazioni concrete di politica economica. In particolare, mancando completamente considerazioni di carattere distributivo, una FBS di questo tipo è del tutto inadeguata a risolvere i problemi di trade-off tra efficienza ed equità. Per poter trattare aspetti distributivi, è necessario introdurre un quarto giudizio di valore: 4 La disuguaglianza non è un bene. Se si riduce il grado di disuguaglianza nella distribuzione delle utilità individuali, il benessere sociale non diminuisce (cresce o, al più, rimane costante). In termini analitici, questo significa imporre la condizione che la FBS sia concava nelle utilità individuali: ∂ 2 W/∂u2i ≤ 0, ∀i ∈ {1, . . . , n} (2.3) Quando ∂ 2 W/∂u2i < 0 (FBS strettamente concava, curve di indifferenza sociali strettamente convesse), si ha avversione alla disuguaglianza. Quando invece ∂ 2 W/∂u2i = 0 (FBS lineare, curve di indifferenza sociali lineari) si ha neutralità rispetto alla disuguaglianza. Nella figura 2.2, date le due curve di indifferenza strettamente convesse I e II, il punto C, che ha una distribuzione del benessere più equilibrata, risulta socialmente preferito al punto A (e al punto B), pur essendo eguale utilità complessiva. Di converso, il punto D, pur rappresentando una 20 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE u2 6 I II A C D B u1 Figura 2.2: Curve di indifferenza sociali strettamente convesse implicano avversione nei confronti delle diseguaglianza somma delle utilità minore rispetto ai punti A e B, risulta loro indifferente: la minore disuguaglianza compensa, nella valutazione sociale, il minore benessere aggregato.Maggiore il grado di avversione alla disuguaglianza, maggiore sarà la convessità delle curve di indifferenza. Nel caso di neutralità rispetto alla disuguaglianza, invece, l’ordinamento di preferenze sociali non risulta influenzato dal grado di disuguaglianza nella distribuzione delle utilità. Nella figura (2.3) sulla curva di indifferenza di indice W4 , per esempio, nel punto A, che rappresenta una distribuzione che favorisce in termini relativi l’individuo 2, il benessere sociale è eguale a quella del punto B, che è invece più favorevole all’individuo 1, e a quella del punto C dove la distribuzione del benessere è più equilibrata. Una FBS la quale rispetti le 4 proprietà finora introdotte rifletterà sia considerazioni di carattere allocativo (attraverso il principio di Pareto) sia considerazioni di carattere distributivo (attraverso il principio di avversione alla disuguaglianza). Guardando alla figura 2.4 possiamo delimitare lo spazio delle curve di indifferenza sociale generate da FBS che rispettano le quattro proprietà. Si consideri il punto A. Un curva di indifferenza sociale passante per A non potrà attraversare le aree a e b, perchè, se cosı̀ fosse, non si rispetterebbe il principio di Pareto. D’altra parte, l’ipotesi di avversione/neutralità alla disuguaglianza esclude che una curva di indifferenza passante per A possa tagliare le aree c e d (perché in questo caso si tratterebbe di una curva di indifferenza strettamente concava). Lo spazio delle curve di indifferenza, passanti per A, che rispettano insieme sia il principio debole di Pareto sia l’ipotesi di avversione/neutralità alla disuguaglianza sarà allora quello composto dall’unione delle aree e e f , compresi i contorni. 2.2. LE FUNZIONI DEL BENESSERE SOCIALE u2 21 6 W4 A W3 W2 C D W1 B u1 Figura 2.3: Curve di indifferenza sociali lineari implicano neutralità rispetto alla disuguaglianza Lo studente rifletta sulle seguenti questioni: 1. Come si deve modificare quanto detto nella sezione 1.1 per poter dire che in tale spazio passerà una curva di indifferenza sociale che rispetta il principio del Pareto? 2. In quale parte di tale spazio l’equazione 2.2 vale con il segno di eguaglianza? I contorni di tale spazio assumono un significato ben preciso: il contorno ¯ rappresenta infatti una curva di indifferenza sociale inferiore (il segmento AB) derivata da una FBS utilitarista; il contorno superiore (la L che poggia nel punto A) una curva derivata da una FBS rawlsiana. Studiamo allora queste due ipotesi. 2.2.1 La funzione del benessere sociale utilitarista Il benessere sociale è dato dalla somma delle utilità individuali: W = u1 + u2 + u3 + · · · + un = Pn i=1 ui Requisiti informativi: 1. Misurabilità cardinale delle utilità individuali. 2. Confrontabilità degli stati di benessere individuali. A rigore è sufficiente un tipo di confrontabilità parziale, chiamata confrontabilità per unità: devono essere confrontabili le differenze tra le utilità degli individui in diversi stati del mondo, mentre non è necessario il confronto tra i livelli assoluti 22 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE u2 6 FBS con le 4 proprietà ª e FBS rawlsiana ¼ b c A f a d FBS utilitarista ¼ u1 Figura 2.4: Le aree E e F , compresi i contorni, compongono lo spazio delle curve di indifferenza generate da FBS che rispettano le quattro proprietà di utilità. Per esempio, dati due stati del mondo, α e β, e due individui, poniamo che: u1 (α) = 6; u1 (β) = 2 u2 (α) = 2; u2 (β) = 5 Per ordinare, nel senso dell’utilitarismo, lo stato α come superiore allo stato β (α Âu β) è sufficiente sapere che: [u1 (α) − u1 (β)] = 4 > [u2 (β) − u2 (α)] = 3 senza dover confrontare i livelli assoluti delle utilità dei due individui (dire, per esempio, che l’individuo 1 nello stato α ”sta meglio” dell’individuo 2 nello stato α o nello stato β). Nel seguito, in relazione all’utilitarismo, assumero tuttavia confrontabilità piena. Le curve di indifferenza sociali derivate da una funzione del benessere utilitarista saranno lineari e inclinate negativamente a 45o (come quelle rappresentate nella figura 2.3): lungo ogni curva la somma delle utilità è costante. Si tratta dunque di neutralità rispetto alla disuguaglianza. Ciò nonostante l’utilitarismo, come filosofia politica, ha svolto storicamente un ruolo molto importante nell’influenzare in senso egualitario le politiche sociali. In effetti, la neutralità rispetto alla disuguaglianza nelle utilità non implica neutralità rispetto alla disuguaglianza nei redditi (o nella ricchezza). Occorre specificare il legame tra reddito e utilità individuale. Se si assume che l’utilità marginale del reddito sia decrescente al crescere del reddito (figura 2.5), la neutralità rispetto alla disuguaglianza nelle utilità implica avversione rispetto alla disuguaglianza nei redditi. Nella figura 2.6 si ipotizzano due individui (Ricco e Povero) con la stessa funzione di utilità marginale del reddito. Nella situazione iniziale Ricco ha un reddito OF , Povero un reddito OI. Se con un’imposta si sottrae a Ricco una quantità di reddito pari a GF e la si trasferisce a Povero con un sussidio (IH = GF ), l’utilità totale del primo si riduce dell’area 2.2. LE FUNZIONI DEL BENESSERE SOCIALE uT umg 6 23 6 R R Figura 2.5: Una funzione di utilità totale del reddito strettamente concava (parte sinistra della figura) dà luogo ad una funzione di utilità marginale del reddito decrescente (parte destra della figura) DEF G, mentre l’utilità totale del secondo cresce dell’area BCHI: la somma delle utilità aumenta. La redistribuzione di risorse dai ricchi ai poveri farà aumentare il benessere sociale, nel senso dell’utilitarismo, fino a che tutti non avranno lo stesso reddito (perfetta eguaglianza nella ripartizione delle risorse). Il risultato può essere generalizzato rimuovendo l’ipotesi che gli individui abbiano la stessa funzione di utilità marginale. Invece, come si vedrà meglio, esso dipende crucialmente dall’assunzione, implicita nell’esempio grafico, che la redistribuzione non abbia un costo (non riduca cioè l’ammontare complessivo delle risorse da distribuire). 2.2.2 La funzione del benessere sociale rawlsiana È del tipo: W = min(u1 , u2 , u3 , . . . , un ) Requisiti informativi: 1. misurabilità ordinale; 2. confrontabilità dei livelli di benessere individuali. Le curve di indifferenza rawlsiane rappresentano la massima avversione rispetto alla diseguaglianza (figura 2.7). 24 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE umg 6 A B C D E O I H G R F Figura 2.6: Con una FBS utilitarista, il benessere sociale cresce se si trasferisce un reddito pari a F G = IH dall’individuo più ricco all’individuo più povero u2 6 IV III A B I II u1 Figura 2.7: Una mappa di curve di indifferenza generata da una FBS rawlsiana Nel punto A sulla curva di indifferenza di indice II l’individuo 2 è in una posizione peggiore rispetto all’individuo 1. Il movimento da A a B, che non produce alcun miglioramento per l’individuo 2, non incrementa il benessere sociale 2.3. CONFRONTI TRA CRITERIO DEL PARETO, FBS UTILITARISTA, FBS RAWLSIANA25 2.3 Confronti tra criterio del Pareto, FBS utilitarista, FBS rawlsiana u1 u2 u P33 1 ui A 100 80 60 240 B 90 90 60 240 C 90 80 70 240 Tabella 2.1: In colonna 3 stati del mondo, in riga gli indici di utilità di 3 individui Si consideri la tabella 2.1: • con il criterio del Pareto A, B e C sono non confrontabili (sono tutti punti di ottimo); • con una FBS utilitarista: [A ∼ B ∼ C]U ; • con una FBS rawlsiana: [C  A ∼ B]R In generale, sia Z l’insieme dei possibili stati del mondo e siano P, U , R gli insiemi dei miglioramenti, rispettivamente, nel senso di Pareto, nel senso dell’utilitarismo e nel senso di Rawls. Abbiamo che: 1. La relazione di dominanza nel senso di Pareto implica una relazione di dominanza nel senso dell’utilitarismo, ma non vale il contrario. ∀A, B ∈ Z, A ÂP B ⇒ A ÂU B e A ÂU B 6⇒ÂP B Quindi: P⊂U 2. La relazione di dominanza nel senso di Pareto non implica una relazione di dominanza nel senso di Rawls, né vale il contrario. I due insiemi P e R non sono tuttavia disgiunti. ∀A, B ∈ Z, A ÂP B 6⇒ A ÂR B e A ÂR B 6⇒ÂP B P ∩ R 6= ∅ 3. La relazione di dominanza nel senso dell’utilitarismo non implica una relazione di dominanza nel senso di Rawls, né vale il contrario. I due insiemi U e R non sono tuttavia disgiunti. ∀A, B ∈ Z, A ÂU B 6⇒ A ÂR B e A ÂR B 6⇒ÂU B U ∩R= 6 ∅ Si veda anche la figura 2.8. 26 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE U P R Figura 2.8: Gli insiemi dei miglioramenti nel senso di Pareto, nel senso dell’utilitarismo e nel senso di Rawls 2.4 Ancora sul confronto tra utilitarismo, rawlsismo, egualitarismo Dati due individui, chiamiamo: Ri = il reddito; umg = l’utilità marginale del reddito; i uti = l’utilità totale del reddito con i = 1, 2 Nel seguente esempio numerico si confrontano utilitarismo e rawlsismo sotto tre diverse ipotesi relative agli andamenti di Ri e umg i . 2.4.1 Primo caso: redistribuzione senza costi e utilità marginale del reddito costante Risultati (figura 2.9, tabella 2.2) • la soluzione utilitarsita è indeterminata; • il criterio rawlsiano prescrive una eguale ripartizione della ricchezza e del benessere. 2.4.2 Secondo caso: redistribuzione senza costi e utilità marginale del reddito decrescente Risultati (figura 2.10, tabella 2.3) • la soluzione utilitarsita e la soluzione rawlsiana coincidono nel prescrivere una eguale ripartizione della ricchezza e del benessere 2.4. ANCORA SUL CONFRONTO TRA UTILITARISMO, RAWLSISMO, EGUALITARISMO27 R2 u2 6 6 3 6 60 R0 3 R 30 6 R1 30 60 u1 Figura 2.9: Il caso della tabella 2.2: redistribuzione senza costi con utilità marginale costante. La parte sinistra della figura rappresenta l’insieme delle opportunità, la parte destra l’insieme delle possibilità di utilità. u2 R2 66 6 60 6 45 U =R U 0 = R0 3 3 6 R1 45 60 - Figura 2.10: Il caso della tabella 2.3: redistribuzione senza costi con utilità marginale decrescente. La FBS utilitarista e la rawlsiana producono entrambe la soluzione egualitaria u1 28 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE Redistribuzione senza costi con utilità marginale costante R1 R2 umg umg ut1 ut2 R1 + R2 u1 + u2 1 2 6 0 10 60 0 6 60 5 1 10 10 50 10 6 60 4 2 10 10 40 20 6 60 . R 3 3 10 10 30 30 6 60 2 4 10 10 20 40 6 60 1 5 10 10 10 50 6 60 0 6 10 0 60 6 60 Tabella 2.2: Con una FBS utilitarista la soluzione è indeterminata. La FBS rawlsiana produce una soluzione egualitaria nella distribuzione delle risorse (3,3) e del benessere (30,30) tra i due individui Redistribuzione senza costi R1 R2 umg umg 1 2 6 0 2 5 1 5 18 4 2 8 15 UR 3 3 12 12 2 4 15 8 1 5 18 5 0 6 2 con ut1 60 58 53 45 33 18 0 utilità marginale decrescente ut2 R1 + R2 u1 + u2 0 6 60 18 6 76 33 6 86 45 6 90 53 6 86 58 6 76 60 6 60 Tabella 2.3: Sia con la FBS rawlsiana sia con la FBS utilitarista sia ha la soluzione egualitaria nella distribuzione delle risorse (3,3) e del benessere (45,45). Nota: Il risultato dei casi 1 e 2, per quanto riguarda la FBS rawlsiana, sono di portata generale: essa dà sempre luogo ad una distribuzione perfettamente egualitaria del benessere quando la somma delle utilità è costante. 2.4. ANCORA SUL CONFRONTO TRA UTILITARISMO, RAWLSISMO, EGUALITARISMO29 R2 u2 6 6 6 U (18, 53) R(33, 33) 60 U 0 (1, 4) R0 (2, 2) 53 U U0 4 33 R R0 2 1 2 3 R1 18 33 45 u1 Figura 2.11: Il caso della tabella 2.4: redistribuzione con costi e con utilità marginale decrescente. Una FBS utilitarista e una rawlsiana non danno la stessa soluzione 2.4.3 Terzo caso: redistribuzione con costi e utilità marginale del reddito decrescente Risultati (figura 2.11, tabella 2.4) • la soluzione utilitarsita non è più perfettamente egualitaria; • la soluzione rawlsiana prescrive ancora una eguale ripartizione della ricchezza e del benessere. 2.4.4 Quarto caso: redistribuzione con costi molto elevati e utilità marginale del reddito decrescente Anche una FBS rawlsiana non prescriveraà una eguale ripartizione del benessere qualora i costi della redistribuzione siano talmente elevati che, oltre un certo limite, si riduca anche l’utilità dell’individuo a favore del quale sono indirizzate le politiche redistributive (figura 2.12). 30 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE Redistribuzione con costi R1 R2 umg umg 1 2 6 0 2 5 0.5 5 9 U 4 1 8 9 3 1.5 12 7.5 R 2 2 15 7.5 1 2.5 18 6 0 3 6 e con utilità marginale decrescente ut1 ut2 R1 + R2 u1 + u2 60 0 6 60 58 9 5.5 67 53 18 5 71 45 25.5 4.5 70.5 33 33 4 66 18 39 3.5 57 0 45 3 45 Tabella 2.4: Solo con una FBS rawlsiana si ha la soluzione egualitaria nella distribuzione delle risorse (2,2) e del benessere (33,33). Con una FBS utilitarista la ripartizione delle risorse (1,4) e del benessere (18,53) favorisce, in termini relativi, l’individuo 2, che è più produttivo. u2 6 U R E u1 Figura 2.12: Anche nella soluzione rawlsiana non si ha una eguale ripartizione del benessere tra i due individui 2.5. ESERCIZI 2.5 31 Esercizi 1. Scrivere la funzione del benessere sociale utilitarista e quella ispirata a Rawls. Ordinare le seguenti situazioni secondo l’una e secondo l’altra. u1 u2 u3 A 70 50 65 B 68 55 100 C 72 55 60 D 72 50 65 2. Vero o falso (a) Se una situazione domina un’altra sia nel senso di Pareto sia nel senso di Rawls la domina anche da un punto di vista utilitarista. Vero 2 Falso 2 (b) La funzione del benessere sociale rawlsiana è del tutto insensibile al trade-off equità/efficienza Vero 2 Falso 2 (c) La funzione del benessera rawlsiana implica, come quella utilitarista, la comparabilità e la misurabilità in senso cardinale. Vero 2 Falso 2 3. Si consideri la seguente Frontiera delle utilita’: UA + 2UB = 10 (2.4) Si individui graficamente l’allocazione ottimale (o le allocazioni ottimali) in base ai seguenti criteri: (a) Pareto (b) Utilitarismo (c) maximin à la Rawls (d) Egualitarismo 4. Si consideri un’economia con due beni, x ed y, e due individui, A e B. Le quantità totali dei due beni sono: xA + xB = yA + yB = 2 (2.5) Le preferenze di A e di B sono rappresentate dalle seguenti funzioni di utilita’: UA (x, y) = log(1 + xA ) + log(1 + yA ) (2.6) UB (x, y) = 2 log(1 + xB ) + 2 log(1 + yB ) Si individui l’allocazione ottimale in base ai seguenti criteri: (a) Utilitarismo (b) maximin à la Rawls (2.7) 32 CAPITOLO 2. SCELTA SOCIALE Capitolo 3 Analisi della disuguaglianza 3.1 Introduzione Questo capitolo è dedicato al tema delle disuguaglianze economiche e, in modo particolare, al problema della misurazione della disuguaglianza in una distribuzione delle risorse. La disuguaglianza tra le posizioni economiche dei diversi individui costituisce un elemento di valutazione che, insieme al giudizio di efficienza, permette di apprezzare la desiderabilità sociale di un dato assetto dell’economia. Oltre ad essere intrinsecamente rilevante per la valutazione sociale, l’analisi della disuguaglianza è necessaria alla comprensione di fenomeni sociali diversi, ad essa legati da relazioni di tipo causale. Ad esempio, ci si interroga sulla relazione esistente tra grado di disuguaglianza e potenzialita’ di crescita di un’economia; tra grado di disuguaglianza (o ”polarizzazione”) nella distribuzione delle risorse e possibilità di tensioni e conflitti sociali; viceversa, ci si domanda quale effetto abbia avuto la globalizzazione dell’economia mondiale sul grado di disuguaglianza tra i paesi del mondo e all’interno dei singoli paesi. In tutti questi casi, lo scienziato sociale ha la necessità di effettuare confronti tra distribuzioni sulla base della disuguaglianza: per confrontare le economie di diversi paesi, per valutare l’effetto di un intervento pubblico sul grado di disuguaglianza in un paese, per studiare l’evolversi nel tempo della disuguaglianza in una data economia. Per quanto le disuguaglianze economiche tra gli individui possano manifestarsi nelle forme più varie - disuguaglianze nel grado di istruzione, nel tipo di occupazione, nel livello di reddito e di patrimonio, nella capacità di consumo - in questa sede si assumerà che tutte queste dimensioni siano rappresentabili da un’unica variabile: il reddito. Il problema delle disuguaglianze economiche sarà dunque ridotto ad un problema di tipo unidimensionale: si tratterà di effettuare misurazioni e confronti di disuguaglianza e di benessere fra diverse distribuzioni di reddito. Per semplicità, si limitera’ ulteriormente l’analisi al confronto di distribuzioni con lo stesso numero di individui. In generale, date due distribuzioni di redditi X ed Y , si tratta di stabilire se la disuguaglianza in X sia maggiore, uguale o minore della disuguaglianza in Y. La maniera forse più elementare per valutare la disuguaglianza in una distribuzione consiste nel confrontare il reddito dell’individuo più povero con il reddito dell’individuo più ricco. Una semplice generalizzazione consiste nel con33 34 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA frontare, piuttosto che l’individuo più povero con quello più ricco, il gruppo di individui più poveri con il gruppo di individui più ricchi. Guardando per esempio all’economia mondiale nel suo complesso, si osserva che nel 1960 il 20% più ricco della popolazione mondiale possedeva il 70,2% del reddito del mondo, mentre il 20% più povero toccava circa il 2,3%: il rapporto tra il gruppo più ricco e quello più povero era quindi di 30 a 1. Dopo circa 40 anni (nel 1998), il primo gruppo è giunto a disporre dell’86% delle risorse, mentre il 20% più povero è sceso all’uno per cento. Il rapporto tra i più ricchi e i più poveri è passato a 86 contro 1. Differenze ancora più rilevanti si osservano all’interno di singoli paesi. Per quanto efficace e facilmente comprensibile, questo indicatore non ci dice nulla sulle posizioni intermedie. Sarebbe auspicabile utilizzare una misura che guardasse a tutta la distribuzione, e non solo ai valori estremi. Una modalita’ largamente utilizzata per rappresentare l’intera distribuzione dei redditi e per confrontare distribuzioni alternative sulla base della disuguaglianza è basata sulla curva di Lorenz. 3.2 3.2.1 Ordinamenti parziali di distribuzioni del reddito La curva di Lorenz Si consideri una generica distribuzione X = (x1 , x2 , . . . , xN ) in cui i redditi posseduti da N individui siano stati ordinati in maniera crescente: x1 ≤ x2 . . . ≤ xN La curva di Lorenz della distribuzione X, LX , indica, per ogni percentuale cumulata di individui più poveri, la percentuale di reddito complessivo da questi posseduta. E’ quindi il luogo dei punti di coordinate: à ! i 1 X pi , xk T k=1 dove • i = 1, . . . , N • pi = • T = i N PN k=1 xk . La curva di Lorenz è rappresentata nella figura 3.1. 3.2. ORDINAMENTI PARZIALI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 35 Prop. di reddito tot. 6 1 linea della perfetta eguaglianza ¾ ? 1 T P5 k=1 Curva di Lorenz xk - 0 6 N/N = 1 6 1/N Prop. di individui 5/N Figura 3.1: La curva di Lorenz Un esempio Si consideri la seguente distribuzione: X = (10, 20, 30, 40, 60) Nella tabella 3.2.1 si individuano le ascisse e le ordinate della curva di Lorenz. i xi 1 2 3 4 5 10 20 30 40 60 pi = i N 0.20 0.40 0.60 0.80 1 Pi k=1 xk 10 30 60 100 160 L(pi ) = 1 T Pi k=1 xk 0.062 0.187 0.375 0.625 1 Tabella 3.1: La curva di Lorenz La popolazione è costituita da cinque persone, dunque ciascuna di esse rappresenta un quinto della popolazione. Al primo 20% della popolazione è attribuito il 6.2% del reddito complessivo: dunque, come si vede nella figura 3.2, il primo punto della curva di Lorenz è individuato dalle coordinate (0.20; 0.062). Al secondo 20% della popolazione è attribuito il 12.5% del reddito. Insieme al primo, essi formano il 40% della popolazione e posseggono il 18.7% del reddito complessivo: il secondo punto della curva di Lorenz sarà individuato dalle 36 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA 1 0 ..........0.625 .. .. .. ... .. 0.375 .. .. .. 0.187 .. .. .. 0.062 .. 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Figura 3.2: Il caso della tabella 3.2.1 coordinate (0.40; 0.187). Cosi’ via fino all’ultimo punto, in corrispondenza del quale vi è il 100% della popolazione che naturalmente possiede il 100% del redito totale. Dunque si avrà LX (0) = 0 e LX (1) = 1. Se i redditi fossero distribuiti esattamente in parti uguali, in modo che al 20% della popolazione più povera fosse attribuito il 20% del reddito, al 40% il 40% di reddito, e cosı̀ via, la curva di Lorenz verrebbe a coincidere con la bisettrice del quadrato di lato uno, che dunque rappresenta la linea della perfetta uguaglianza. Nel caso opposto, quando cioe’ tutto il reddito fosse concentrato nelle mani di un solo individuo, la curva di Lorenz assumerebbe un andamento ad angolo retto, coincidente con l’asse delle ascisse e con il segmento verticale di destra. Al di là di questi casi polari, la curva di Lorenz rimarrà in genere al di sotto della retta di equa ripartizione, presentando una inclinazione negativa e un andamento convesso. Quanto più la curva di Lorenz sarà vicina alla bisettrice, tanto più egualitaria la distribuzione. Quanto più se ne distanziera’, tanto maggiore la disuguaglianza. 3.2.2 Ordinamento di Lorenz Date due distribuzioni di reddito X e Y, diremo che la disuguaglianza in Y è minore della disuguaglianza in X in base al criterio di Lorenz se e solo se la curva di Lorenz di Y giace sempre al di sopra della curva di Lorenz di X. In termini analitici, definiamo l’ordinamento di Lorenz come segue. Definizione 8 (Ordinamento di Lorenz). Date due distribuzioni X e Y , Y domina Xnel senso di Lorenz (Y ÂL X) se e solo se i P k=1 N P k=1 i P yk ≥ yk k=1 N P xk per ogni i = 1, ..., N xk k=1 e LX 6= LY Nella tabella 3.2 sono riportati i valori delle curve di Lorenz delle distribuzioni dei redditi in Italia, relative agli anni 1980, 1989, 2000 (dati della Banca d’Italia). 3.2. ORDINAMENTI PARZIALI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 37 6 1 6 L(p) Ly (p) Lx (p) ? 0¾ p - -1 Figura 3.3: La distribuzione Y domina, nel senso di Lorenz, la distribuzione X % popolazione 10 20 30 40 50 60 70 80 90 % reddito-1980 2.9 7.7 13.4 20.4 28.4 37.7 48.3 60.6 75.6 % reddito1989 2.9 7.4 12.8 19.7 27.3 36.7 47.3 59.7 75.2 % reddito 2000 2.1 6.1 11.3 17.7 25.3 34.2 44.9 56.7 72.4 Tabella 3.2: La distribuzione dei redditi in Italia E’ evidente come la distribuzione dei redditi relativa al 1980 domini nel senso di Lorenz la distribuzione del 1989, e quest’ultima domini quella del 2000. Emerge una indicazione chiara: la disuguaglianza in Italia, negli ultimi venti anni, è cresciuta in maniera costante. L’ordinamento di Lorenz è transitivo ma non completo. Nel caso in cui le curve di Lorenz relative a due distribuzioni si intersechino tra loro (figura 3.3), il confronto rimane indeterminato: le due distribuzioni sono non confrontabili in base al criterio di Lorenz. Gli ordinamenti incompleti vengono chiamati ordinamenti parziali. L’ordinamento di Lorenz soddisfa il principio dell’invarianza alla scala: se tutti i redditi in una distribuzione sono moltiplicati per una stessa costante positiva k, la curva di Lorenz non cambia. 38 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA 6 1 6 Lx (p) z M L(p) Ly (p) ? 0¾ p -1 - Figura 3.4: Le distribuzioni X e Y non sono confrontabili nel senso di Lorenz Si considerino le seguenti distribuzioni: X = (10, 20, 30, 40, 60, 140) Y = (10k, 20k, 30k, 40k, 60k, 140k) dove k > 0. E’ facile verificare che le curve di Lorenz relative alle distribuzioni X e Y coincidono. La stessa curva di Lorenz può quindi rappresentare due diverse distribuzioni del reddito. Le misure che rispettano l’invarianza alla scala sono dette misure relative di disuguaglianza. Per tutte le misure che rispettino questa proprieta’, è ad esempio indifferente che la distribuzione dei redditi sia espressa in valori nominali o reali, o che sia espressa in una divisa piuttosto che in un altra (dollari o euro, per esempio). 3.2.3 Ordinamento alla Robin Hood Un trasferimento alla Robin Hood è un trasferimento di reddito da un individuo più ricco ad uno piùpovero, che lasci inalterata la posizione relativa dei due individui. Definizione 9 (Trasferimento alla R.H.). Data una distribuzione dei redditi X, un trasferimento pari a δ > 0 fra gli individui j e k è un trasferimento alla R.H. se la nuova distribuzione X 0 che si ottiene è tale che: 0 1. xi = xi per ogni i 6= j, k 0 2. xj +δ = x j 0 3. xk −δ = x k 0 0 4. xj ≤ x k 3.2. ORDINAMENTI PARZIALI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 39 Il principio del trasferimento alla Robin Hood asserisce che, ceteris paribus, il trasferimento di una unita’ di reddito da una persona più ricca ad una più povera, se lascia invariate le posizioni relative, deve ridurre il grado di disuguaglianza. Il principio del trasferimento alla R.H. può essere utilizzato per definire un nuovo criterio di disuguaglianza. Definizione 10 (Dominanza di Robin Hood). Date due distribuzioni Y e X con la stessa media (µy = µx ) se Y può essere ottenuto da X mediante una sequenza di trasferimenti alla R.H., allora X è più ineguale di Y e Y domina X nel senso di R.H.: Y >R.H. X Anche questo ordinamento, come quello di Lorenz, è transitivo ma non completo. In particolare, si noti che per poter confrontare due diverse distribuzioni di reddito in base al criterio di R.H. è necessario che queste abbiano medie eguali: non sarà infatti mai possibile modificare la media (o il reddito totale) di una distribuzione attraverso una sequenza di interventi di pura redistribuzione come i trasferimenti alla R.H. Due distribuzioni con media diversa sono non confrontabili in base al criterio di R.H. 3.2.4 Un esempio Nella tabella 3.3 sono riportate tre distribuzioni di redditi (X, Y e Z relative a cinque individui. i 1 2 3 4 5 X 2 3 5 9 11 Y 3 3 6 8 10 Z 3 4 4 7 12 Tabella 3.3: L’ordinamento alla Robin Hood La distribuzione X è più ineguale della distribuzione Y: infatti quest’ultima si può ottenere da X mediante la sequenza di trasferimenti alla R.H. riportata alla tabella 3.4. X→ 7 2 3 5 9 11 X 0 7→ 2 3 5 10 10 X 00 7→ 2 3 7 8 10 X 000 7→ 2 4 6 8 10 Y 3 3 6 8 10 Tabella 3.4: Trasferimenti alla Robin Hood Nesssun confronto può essere fatto tra X e Z e nemmeno tra Y e Z in quanto non esiste alcuna sequenza di trasferimenti che ci permetta di derivare la seconda dalle prime. Quale relazione sussiste tra i due criteri di disuguaglianza finora introdotti? 40 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA E’ posibile dimostrare che, date due generiche distribuzioni di reddito X e Y, se X domina Y nel senso di R.H. allora X domina Y nel senso di Lorenz. Non vale il contrario. Che la dominanza secondo R.H non implichi la dominanza di Lorenz può essere dimostrato con il seguente esempio. Si consideri la distribuzione X = (10, 20, 30) e si applichi a questa distribuzione un trasferimento di cinque unita’ di reddito dall’individuo più ricco a quello più povero, ottenendo cosı̀ la distribuzione Y = (15, 20, 25) . Y dominerà X in base al criterio di R.H.: Y >RH X, e, da quanto detto in precedenza, segue che X dominerà Y anche secondo il criterio di Lorenz: Y >L X. Si moltiplichino ora tutti i redditi di Y per una costante k. Si otterra’ una nuova distribuzione Z = (15k, 20k, 25k) la quale, in base alla proprieta’ di invarianza alla scala, sarà indifferente alla distribuzione Y secondo il criterio di Lorenz. Dunque risultera’: • Y >L X • Z ∼L Y Essendo l’ordinamento di Lorenz un ordinamento transitivo, segue che Z >L X. D’altro canto, le distribuzioni Z e X hanno media diversa: dunque non saranno confrontabili in base all’ordinamento di R.H. Abbiamo dimostrato che la dominanza di Lorenz non implica la dominanza alla R.H. 3.2.5 Ordinamenti parziali: benessere e disuguaglianza Abbiamo finora introdotto i seguenti ordinamenti di disuguaglianza: 1. Ordinamento di Lorenz: date due distribuzioni X e Y, X >L Y se e solo se LX (pi ) ≥ LY (pi ) per ogni pi = Ni con i = 1, 2, . . . , N. 2. Ordinamento di Robin Hood: date due distribuzioni X e Y, X >RH Y se e solo se X può essere ottenuto da Y mediante una sequenza di trasferimenti alla R.H. Nel capitolo 2 è stato introdotto e discusso il criterio di scelta sociale basato sulla funzione di benessere sociale utilitaristica. In base al criterio utilitaristico, date due distribuzioni delle risorse X e Y , X sarà preferita a Y se e solo se la somma delle utilità individuali in X è maggiore della somma delle utilità individuali in Y : X >U Y ⇔ N X i=1 U (xi ) > N X U (yi ) i=1 Si è anche visto come, pur esibendo neutralita’ rispetto alla disuguaglianza nelle utilità, in presenza di funzioni di utilità individuali crescenti e concave il criterio utilitarista premi qualsiasi redistribuzione di risorse da un individuo ricco ad un individuo più povero. Si consideri il grafico 2.6: il trasferimento ipotizzato è un esempio di trasferimento alla R.H.: un qualsiasi trasferimento alla R.H. è in grado di aumentare il benessere sociale in base al criterio utilitaristico, purche’ gli individui siano caratterizzati da utilità marginale positiva 3.2. ORDINAMENTI PARZIALI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 41 e decrescente. D’altro canto, sappiamo che applicando un trasferimento alla RH ad una distribuzione X di partenza, si otterra’ una nuova distribuzione Y che dominerà X in base all’ordinamento di Lorenz. Queste osservazioni, opportunamente estese e generalizzate, costituiscono il contenuto del teorema fondamentale dell’economia della disuguaglianza. Teorema 3 (Teorema Fondamentale della Disuguaglianza). Date due distribuzioni di reddito X e Y con media uguale (µX = µY ), le seguenti affermazioni sono equivalenti: 1. Y >L X 2. Y >R.H. X 3. X >U Y per tutte le funzioni di utilità U crescenti e concave. Il teorema fondamentale della disuguaglianza stabilisce una connessione tra la teoria del benessere e della scelta sociale (introdotta nel capitolo 2) e la teoria della misurazione della disuguaglianza. Si noti tuttavia che il risultato si applica solo a confronti tra distribuzioni con media uguale. Entro il dominio costituito dalle distribuzioni con media uguale, il teorema fornisce una giustificazione rigorosa, basata su chiari e comprensibili giudizi di valore, ad una metodologia statistica facilmente implementabile: la curva di Lorenz. Il significato dell’equivalenza tra ordinamento di Lorenz e ordinamento utilitarstico è duplice. Da un lato, se X domina Y in base all’ordinamento di Lorenz, allora X sarà preferita ad Y dalla FBS utilitarista - qualsiasi siano le funzioni di utilità individuali prescelte, purche’ crecenti e concave. D’altro canto, se X domina Y per tutte le possibili funzioni individuali crescenti e concave, aggregate secondo la regola utilitaristica, allora X dominerà Y in base alla curva di Lorenz. 3.2.6 Curva di Lorenz generalizzata Per quanto l’ordinamento di Lorenz sia applicabile anche a distribuzioni con media diversa, la giustificazione normativa - basata sul teorema fondamentale - è limitata al solo caso di distribuzioni con media uguale. E’ tuttavia possibile formulare un criterio di dominanza tra distribuzioni il quale abbia un supporto normativo anche nella ipotesi, altamente realistica, di confronto tra distribuzioni con media diversa. Si tratta del criterio basato sulla curva di Lorenz generalizzata, ottenuta moltiplicando la curva di Lorenz per la media della distribuzione. La curva di Lorenz generalizzata di una distribuzione X, GLX , indica, per ogni percentuale cumulata di individui più poveri, la percentuale di reddito complessivo da questi posseduta moltiplicata per il reddito medio della distribuzione. Quindi, sull’asse delle ordinate, la curva di Lorenz generalizzata riporta l’ammontare cumulato di reddito, espresso in termini procapite dell’intera popolazione. Analiticamente, data una generica distribuzione X = (x1 , x2 , . . . , xN ), la curva di Lorenz generalizzata della distribuzione X, GLX , è il luogo dei punti di coordinate: à ! i 1 X pi , xk N k=1 42 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA GL(p) 6 µy µx GLy GLx 0 1 - p Figura 3.5: La distribuzione Y domina la distribuzione X nel senso di Lorenz generalizzato dove i = 1, . . . , N e pi = Ni . E’ facilmente verificabile che le curve di Lorenz generalizzate siano ottenute dal prodotto delle normali curve di Lorenz L(p) per la media della distribuzione µ. Infatti, ricordando che, data una distribuzione X, per ogni i = 1, ..., N, Pi T LX (pi ) = T1 k=1 xk e che µX = N , otteniamo GLX (pi ) = i i 1 X T 1 X xk = xk . NT N k=1 k=1 E’ immediato verificare che GL (0) = 0 e GL (1) = µX . 3.2.7 Ordinamento di Lorenz generalizzato Definizione 11. Date due distribuzioni X e Y , X domina Y nel senso di i i P P Lorenz generalizzato (X ÂGL Y ) se e solo se N1 xk ≥ N1 yk per ogni i = 1, ..., N e GLX 6= GLY . k=1 k=1 Nel caso particolare di due distribuzioni con media uguale, l’ordinamento di Lorenz generalizzato coincide con l’ordinamento di Lorenz. A differenza dell’ordinamento di Lorenz, che è un puro ordinamento di disuguaglianza, il criterio di Lorenz generalizzato riflette sia considerazioni di equità sia considerazioni di efficienza. Ad illustrazione di questo punto, si consideri la distribuzione X = (10, 20) . Si supponga ora di aumentare del 50% il reddito dell’individuo più ricco, in modo da ottenere la distribuzione Y = (10, 30) . Pur essendo aumentato il grado di disuguaglianza (cosa che potrà essere verificata osservando che X domina Y in base al criterio di Lorenz), la curva di Lorenz generalizzata 3.3. ORDINAMENTI COMPLETI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 43 di Y è al di sopra della curva di X : dunque Y ÂGL X. Si supponga ora di modificare la distribuzione Y attraverso un trasferimento alla Robin Hood, in modo da ottenere la distribuzione Z = (15, 25) . E’ facile verificare che Z ÂGL Y (in questo caso, confrontando distribuzioni con la stessa media, gli ordinamenti di Lorenz e di Lorenz generalizzato coincidono). L’ordinamento delle distribuzioni X, Y e Z sarà il seguente: Z ÂGL Y ÂGL X, dove la prima relazione di dominanza riflette considerazioni di carattere esclusivamente distributivo e la seconda è dovuta all’aumento del reddito aggregato. Anche l’ordinamento di Lorenz generalizzato, al pari dell’ordinamento di Lorenz, è un ordinamento incompleto: può darsi il caso di due distribuzioni le cui curve di Lorenz generalizzate si intersechino. Il seguente teorema, stabilendo l’equivalenza tra ordinamento di Lorenz generalizzato e ordinamento di benessere utilitaristico, fornisce la giustificazione normativa del criterio di Lorenz generalizzato. Teorema 4 (Shorrocks). Date due distribuzioni di reddito X e Y, Y >GL X se solo se Y >U X per tutte le funzioni di utilità crescenti e concave. In questo teorema, a differenza di quanto accade con il teorema fondamentale, non è richiesta l’uguaglianza delle medie. 3.3 Ordinamenti completi di distribuzioni del reddito Nel caso in cui gli ordinamenti parziali di disuguaglianza (ordinamento di Lorenz, di RH, ...) non diano una risposta univoca, i confronti tra distribuzioni possono essere effettuati utilizzando un indice di disuguaglianza. Un indice di disuguaglianza è una funzione che assegna ad ogni distribuzione un numero reale: data una distribuzione di redditi X e un indice I, I(X) sarà il livello di disuguaglianza nella distribuzione X in base all’indice I. Date due distribuzioni X e Y , diremo che la distribuzione X è più disuguale della distribuzione Y se I(X) > I(Y ). Poiche i numeri sono sempre confrontabili, non si verificheranno casi di non confrontabilita’ tra distribuzioni (non ci saranno casi di incompletezza dell’ordinamento). Tuttavia, esiste una pluralita’ di indici di disuguaglianza, ciascuno basato su un insieme di giudizi di valore, e può darsi il caso di due indici che, nel confronto tra due distribuzioni, diano due risposte diverse. Date due distribuzioni di reddito X e Y , e due diversi indici di disugaglianza I1 e I2 , è possibile il seguente risultato: I1 (X) > I1 (Y ) e I2 (X) < I2 (Y ). Questo succede perche’ diversi indici in genere catturano aspetti diversi della disuguaglianza: ad esempio, alcuni indici attribuiscono un peso relativamente maggiore alla disuguaglianza presente nella coda bassa della distribuzione, cioe’ alla disuguaglianza tra gli individui più poveri; altri indici attribuiscono una importanza particolare alle posizioni relative degli individui (al rango), piuttosto che ai livelli di reddito; e cosı̀ via. Si tratta allora di scelgliere l’indice di disuguaglianza che meglio rifletta i giudizi di valore dell’analista. E’ possibile domandarsi quale relazione sussista tra l’ordinamento di Lorenz e i vari indici di disuguaglianza. Pur senza entrare nel dettaglio, è possibile individuare un insieme S di indici di disuguaglianza, basati su una serie di proprieta’ desiderabili, tra le quali il principio di invarianza alla scala e il principio del trasferimento alla RH, in modo da ottenere il seguente risultato: date due generiche distribuzioni X e Y , X 44 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA Prop. di reddito tot. 6 1 linea della perfetta eguaglianza ? A B 0 1 Prop. di individui Figura 3.6: Il coefficiente di Gini è dato dal rapporto tra l’area A e l’area (A+B): quest’ultima è pari a 1/2 dominerà Y in base all’ordinamento di Lorenz se e solo se I(X) < I(Y ) per tutti gli indici appartenenti alla famiglia S. Gli indici nella famiglia S sono chiamati indici consistenti con l’ordinamento di Lorenz. In altre parole, la dominanza di Lorenz corrisponde alla unanimita’ tra i componenti la famiglia S. Segue che, nel caso di intersezione tra le curve di Lorenz di due distribuzioni X e Y , esisteranno di sicuro almeno due indici, I1 e I2 , appartenenti alla famiglia S, che nel confronto tra X e Y daranno dominanze di segno opposto. Nei due paragrafi che seguono si descrivono due tra gli indici di disuguaglianza più utilizzati. 3.3.1 Il coefficiente di Gini (G) Intuitivamente, il coefficiente di Gini misura di quanto la Curva di Lorenz di una distribuzione sia distante dalla linea della perfetta uguaglianza. Il coefficiente del Gini è dato da: A G= = 2A = 1 − 2B A+B dove B è l’area al di sotto della curva di Lorenz e A l’area compresa tra la curva di Lorenz e la linea della perfetta eguaglianza (figura 3.6). L’indice G può assumere valori compresi tra 0 e 1. Sara’ uguale a 0 nel caso di perfetta uguaglianza - l’area A, in questo caso, si annulla. Sara’ uguale ad 1 nel caso in cui tutto il reddito sia concentrato nelle mani di un solo individuo: in questo caso sarà l’area B ad annullarsi. In generale, maggiore il valore assunto dal coefficiente di Gini, maggiore il grado di disuguaglianza. Nel discreto abbiamo le seguenti espressioni: 3.3. ORDINAMENTI COMPLETI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 45 PN 2 i=1 (N − i + 1)xi 1 G(x) = 1 + − N N 2µ ¶X µ N N X 1 |xi − xj | . = 2N 2 µ i=1 j=1 3.3.2 L’indice di Atkinson-Kolm-Sen L’indice di AKS è stato formulato all’interno di un approccio alla disuguaglianza basato sul benessere sociale, sotto l’ipotesi che la distribuzione dei redditi determini direttamente il livello di benessere sociale. L’indice di AKS misura la disuguaglianza di una distribuzione dei redditi come la riduzione percentuale del reddito complessivo che potrebbe essere sopportata, grazie a una redistribuzione egualitaria del reddito rimanente, senza ridurre il benesere sociale. Si basa cioe’ su valutazioni di questo tipo: un reddito totale inferiore del 20% (per esempio) a quello attuale, se fosse distribuito in maniera egualitaria, darebbe lo stesso livello di benessere del reddito attuale, più elevato ma distribuito in maniera diseguale. Analiticamente l’indice di AKS è derivato esplicitamente da una funzione del benessere sociale. α Consideriamo la distribuzione X α = (xα 1 , x2 ) e supponiamo che la FBS sia α definita direttamente sui redditi W (X) = W (xα 1 , x2 ) x2 6 D C µ B xEED A Xα xα 2 O xEED µ 6 xα 1 W∗ E x1 Figura 3.7: Il REED Consideriamo la figura 3.7: • W ∗ è una curva di indifferenza sociale passante per la distribuzione X α ; 46 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA • la retta DE con pendenza −1 passante per X α individua tutte le possibili distribuzioni aventi la stessa media della distribuzione X α data da µ = α (xα 1 +x2 ) ; 2 • la retta bisettrice OC individua tutte le possibili distribuzioni di reddito perfettamente egualitarie; • l’intersezione di OC con la retta DE, indica, tra le distribuzioni egualitarie, quella con la stessa media della distribuzione Xα; • l’intersezione di OC con la curva di indifferenza sociale W ∗ indica, tra le distribuzioni egualitarie, quella che garantisce lo stesso livello di benessere sociale della distribuzione X α . Si definisce il Reddito Equivalente Egualmente Distribuito (REED) di una distribuzione X = (x1 , x2 ) come quell’ammontare di reddito xEED che, se dato a ciascun individuo, dà luogo ad una nuova distribuzione socialmente indifferente ad X. Definizione 12. Il Reddito Equivalente Egualmente Distribuito è quel livello di reddito xEED che soddisfa la seguente equazione: α W (xα 1 , x2 ) = W (xEED , xEED ) Graficamente questa nuova distribuzione si individua nel punto A di intersezione tra la curva di indifferenza sociale e la bisettrice OC. Si noti che, per qualsiasi FBS avversa alla disuguaglianza xEED sarà sempre minore o al massimo eguale (nel caso di neutralità all’ineguaglianza) al reddito medio µ. N µ è il reddito complessivo della distribuzione attuale X α ; N x̄ il reddito complessivo della distribuzione egualitaria socialmente indifferente alla distribuzione X α ; (N µ − N xEED ) = N (µ − xEED ) rappresenta il costo della disuguaglianza, ovvero l’ammontare di reddito cui si potrebbe rinunciare al fine di ottenere una distribuzione egualitaria. Se rapportiamo il costo della disuguaglianza N (µ − xEED ) al reddito complessivo della distribuzione di partenza N µ, otteniamo il seguente indice di disuguaglianza: IAKS (x) = N (µ − xEED ) µ − xEED xEED = =1− Nµ µ µ Questo indice è noto come indice di Atkinson-Kolm-Sen. L’indice di AtkinsonKolm-Sen mette in evidenza quella percentuale di reddito totale che si sarebbe disposti a bruciare al fine di ottenere una distribuzione egualitaria. IAKS (X) dunque cattura la perdita di benessere sociale imputabile alla disuguaglianza, ovvero l’inefficienza della disuguaglianza. A parità di media µ, il valore dell’indice cresce al crescere del grado di avversione alla disuguaglianza della FBS (espresso graficamente dalla convessità delle curve di indifferenza sociali). A parita’ di avversione alla disuguaglianza (quindi data una mappa di curve di indifferenza sociale), quanto maggiore il grado di disuguaglianza della distribuzione, tanto minore sarà il REED e maggiore sarà il valore dell’indice. 3.3. ORDINAMENTI COMPLETI DI DISTRIBUZIONI DEL REDDITO 47 Un esempio Data una distribuzione di redditi P X, si consideri una funzione N del benessere sociale utilitarista: W = i=1 U (xi ) , dove le funzioni x1−² i individuali di utilità siano date da U (xi ) = 1−² , con ² > 0. Dunque avremo N X x1−² i . W (X) = 1 −² i=1 Il REED in questo caso è definito dall’equazione N N X X x1−² x1−² i EED = 1 − ² 1 −² i=1 i=1 ovvero N X x1−² x1−² i = N EED 1−² 1−² i=1 da cui, dopo qualche semplice passaggio, si ottiene à xEED = Scegliendo, ad esempio, ² = 1 2 N 1 X 1−² x N i=1 i . otterremo à xEED = 1 ! 1−² N 1 X√ xi N i=1 !2 . Si consideri ora la distribuzione X = (4, 9, 25, 36) . In questo caso ¢2 ¡ µ = 36/2 e xEED = 14 (2 + 3 + 5 + 6) = 42 = 16. Quindi IAKS = 16 1 − xEED = 1 − 36/2 = 0.1 µ 48 CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DISUGUAGLIANZA 3.4 Esercizi 1. Si considerino le seguenti distribuzioni di reddito: X=(8,14,14,18,20) Y=(13,14,14,15,18) Z= (8,12,16,18,20) Si indichi l’ordinamento delle tre distribuzioni in base ai seguenti criteri: (a) Dominanza di Lorenz (b) Dominanza di Lorenz generalizzata (c) Dominanza di Robin Hood (d) Criterio utilitaristico (W = PN i=1 U (xi ), U è crescente e concava) 2. Si scrivano due distribuzioni del reddito, relative a 4 individui, non confrontabili in base all’ordinamento di Lorenz. 3. Introduciamo le seguenti definizioni: • ºL : ordinamento di Lorenz • ºGL : ordinamento di Lorenz generalizato • ºRH : ordinamento di Robin Hood • ºU : ordinamento utilitaristico Indicare se le seguenti affermazioni sono vere o false (a) Date due distribuzioni, X e Y, X ºL Y implica che X ºU Y (b) La dominanza di Robin Hood è una condizione sufficiente perché ci sia dominanza di Lorenz (c) Date due distribuzioni, X e Y, con media eguale, X ºGL Y implica che X ºRH Y (d) Date due distribuzioni, X e Y, con media eguale, X ºGL Y implica che X ºU Y