realismo esistenziale realismo esistenziale

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realismo esistenziale realismo esistenziale
Il Gruppo artistico-culturale GA99 presenta una importante mostra dal titolo
“IL REALISMO ESISTENZIALE”.
Tendenza artistica preminente degli anni ‘50 e ‘60.
ARTISTI
Tino
Vaglieri
Giuseppe
Banchieri
Gianfranco
Ferroni
Franco
Francese
Tino VAGLIERI - Giuseppe BIANCHERI - Giuseppe GUERRESCHI
Bepi ROMAGNONI - Mino CERETTI - Gianfranco
FERRONI
Franco FRANCESE - Giancarlo CAZZANIGA - BORGOGNONI
GRUPPO ARTISTICO CULTURALE
Villa Borgia - Usmate Velate (MB)
sito web: www.ga-99.com
info: 039 671734
Con il Patrocinio del
Comune di Usmate Velate
REALISMO
ESISTENZIALE
La mostra occupa tutte le sale espositive di Villa Belgioioso - Scaccabarozzi
a Velate (Comune di Usmate Velate)
Giuseppe
Guerreschi
Bepi
Romagnoni
Giacarlo
Cazzaniga
Borgognoni
ESPOSIZIONE:
dal 9 al 24 Novembre 2013
INAUGURAZIONE:
Mino
Ceretti
REALISMO
ESISTENZIALE
Sabato 9 Novembre - ore 16.00
ORARI DI APERTURA:
Sabati e Domeniche - ore 10.00 - 12.30 / 16.00 - 19.00
E’ questa un’occasione, certamente per il pubblico, ma anche per la giovane critica,
di rilevare la qualità pittorica e il valore artistico espressi dai suddetti artisti in quel periodo storico.
Una importante mostra
di una tendenza artistica
preminente degli anni ‘50 e ‘60
Testo e schede critiche di
GINO CASIRAGHI
PREMESSA
Negli anni Quaranta, alla fine della seconda guerra
mondiale, nacque il movimento artistico del “Neorealismo”, o
“Realismo Sociale”. Comprendeva una folta schiera di artisti:
Birolli, Guttuso, Pizzinato, Vedova, Santomaso, Sassu, Treccani,
Morlotti, Mucchi, Zigaina, Mafai e altri.
Come si vede, un insieme di personalità fra loro molto diverse.
Ma in quel tempo li univa l’impegno morale dell’artista nella
società.
Il Neorealismo concepiva la pittura come un sistema
d’immagini rapportato alla realtà, le cui linee di ricerca, fedeli
all’evidenza delle forme, contemplavano il rapporto uomosocietà.
Tale tendenza formulava l’utopia di una società migliore,
equilibrata e giusta. Immaginava un’emancipazione culturale
e ideologica attraverso la lotta di classe, contro una borghesia
arrogante e truffaldina. C’era nel loro operare il senso del
riscatto, ma pure un’esaltazione ideologico-politica.
Ben presto quel raggruppamento iniziale si divise. Una parte
di quegli artisti dirottarono la loro ricerca nell’area astratta.
Questi affermavano il valore autonomo dell’arte, non tanto
come tradizionale linguaggio delle avanguardie storiche, ma
come visione attualistica di ispirazione aperta. Il confronto di
quelle due posizioni dialettiche, originò una feroce insanabile
polemica tra “Neorealisti” e “Astratto-lirici”.
I Neorealisti (capofila Guttuso), con le loro dichiarazioni
programmatiche di un’arte d’impostazione Marxista,
ponevano in primo piano la tematica sociale, l’arte al servizio
di un impegno civile.
Mentre gli artefici dell’altro schieramento, intendevano evitare
i condizionamenti ideologici, e creare una pittura evocativa
della realtà, ma sul piano emozionale. Coglievano l’ispirazione
sempre dalla realtà ma in modo non subordinato. Sensazioni
ed emozioni venivano rese mediante una trascrizione astratta.
Altri pittori, fuori dalla mischia, operavano per proprio conto.
Ecco alcuni nomi: Francese, Chighine, Moreni, Vacchi, Brunori
e altri raggruppamenti come “i Sei di Torino”.
IL REALISMO ESISTENZIALE
L’inizio degli anni Cinquanta, era un tempo di vivaci
fermenti culturali, ma anche di incertezze socio-politiche,
nonché di turbamenti morali.
Il “Neorealismo” aveva esaurito la propria carica propulsiva,
e si stagliava nel turbolento panorama artistico una nuova
sensibilità espressiva, una diversa concezione figurativa
nell’ambito della tradizione realista. Si trattava di una ricerca
figurativa più problematica e critica riguardo alla realtà
sociale; una sorta di “positivismo” censorio e intransigente.
In questo nuovo clima artistico-culturale si innestano
schiere di giovani artisti, sia italiani che francesi, portatori
di una sensibilità inquieta e prorompente, la quale crea
una tendenza chiaramente innovativa. Questa registra
anche la mia presenza, sia pure con un orientamento più
espressionista. La nuova cultura d’immagine si diffonde
rapidamente. Ma vediamo come nasce il gruppo
storico di giovani pittori dell’area milanese. Appena usciti
dall’accademia di Brera, questi giovani si mettono insieme
e discutono dei motivi e dei destini dell’arte. Esprimono
idee e sentimenti di sdegno e di rivolta che si traducono
in furore espressivo. I loro nomi sono: Vaglieri, Banchieri,
Guerreschi, Romagnoni, ai quali poi si aggrega Ceretti, e
circa un anno dopo, Ferroni. E’ questa una generazione di
giovani nata intorno al 1930.
La locuzione “REALISMO ESISTENZIALE”, venne coniata dal
critico Marco Valsecchi nei 1956, per definire una tendenza
artistica innovativa e di grande impatto emotivo.
Il Realismo Esistenziale non ebbe un manifesto; non ci fu
una formulazione teorica del fare arte. Fra i componenti
stessi del gruppo c’era sì un comune indirizzo operativo, ma
ognuno rifletteva ed operava con la propria sensibilità e
tensione emotiva. Questi giovani si ponevano l’interrogativo
sul significato di realtà; come riproporre un’immagine del
“vero” e con quali mezzi linguistici. Svilupparono quindi una
pittura di impostazione severa, con un senso del tragico
e il rancore (tipico dei giovani) verso una condizione
sociale e umana dura e precaria. Un grande merito del
realismo Esistenziale è di proporre una poetica realista non
più enfatica. L’uomo e il sociale non sono più visti come
nel Neorealismo motivi di esaltazione propagandistica
funzionale a un’ideologia, ma come rapporto
problematico tra l’uomo e il suo ambiente, tra l’individuo e
la sua condizione. C’è in questi giovani artisti un fermento
emotivo e una gran voglia di esprimere le proprie tensioni
psicologiche mediante una pittura cruda e intensa dai toni
aspri e impasti materici foschi.
Certo, questi pittori non nascono dal nulla. Oltre ad assimilare
l’esistenzialismo francese, perlustrano orientamenti storici
affini: il Sironi delle periferie, il populismo di Viani, le tensioni
di Giacometti, il furore di Bacon. Guardano al nuovo
cinema, al teatro di Brecht, alla poesia di Pasolini. Insomma
vivono il proprio tempo con critica attenzione.
I loro soggetti sono generalmente ambienti popolari e
squallidi, figure umane isolate, cupe e avvilite, oggetti d’uso
quotidiano: pentole, scodelle, piatti, forchette distorte,
macchine da cucire e per scrivere, biciclette, eccetera.
Oggetti che, persa la modestia e l’ovvietà utilitaristica
acquistano, anche per la spregiudicatezza con cui li
dispongono, una severa vitalità d’impronta metafisica.
Il punto in comune della ricerca è di sottrarre l’arte a una
tendenza di appagante diletto, a un insulso piacere visivo,
a una inclinazione edonistica sdolcinata e compiacente.
Il loro modo espressivo è deciso e privo di compromessi.
Idee, emozioni e sensazioni ciascuno le traduce per proprio
conto, con l’esperienza e la sensibilità individuali, verificabili
attraverso la propria creatività. I quadri sono sempre ispirati
a motivi della vita popolare, e da sentimenti rimanticoesistenziali. Nel clima espressivo di quel genere di realismo
sviluppatosi negli anni Cinquanta, il gruppo esistenziale di
cui si parla costituisce (almeno nei primi anni) il polo artistico
più caratterizzato. Ma nello stesso clima d’inquietudine
esistenziale ed orientamento culturale, operano a Milano,
in ordine sparso, altri eccellenti artisti: dal più maturo e
sanguigno Francese al truculento Gasperini, dal poderoso
Francesconi al gentile e romantico Cazzaniga, al raffinato
e oscuro Borgognoni, a Bellandi, Aricò, Plescan, lo
scultore Bodini e altri operanti in altre sedi: Vespignani,
Muccini, Sughi, Capelli. Tutti questi artisti operano con
lo stesso orientamento poetico, con la stessa dichiarata
indignazione verso la precarietà dell’esistenza, il disagio e
la solitudine dell’uomo moderno.
Per valutare ed apprezzare appieno la pittura di questi artisti,
bisogna anche considerare il clima sociale di quell’epoca;
di un momento culturale in pieno fermento, di forte vitalità
ma anche di tensioni sociali, di diffidenze e pericolose
ombrosità politiche. Vita e arte sono strettamente legate.
Ambedue sono veicoli di sentimenti e passioni, e investono
direttamente la sensibilità degli artisti.
Esaurita l’iniziale e comune impostazione stilisticoespressiva, gli artisti del gruppo si sono appartati, ciascuno
rinchiuso nella propria solitaria e sconsolata realtà, alle
prese coi propri fantasmi. Tuttavia è rimasta sempre, in
quegli artisti, la tensione emotiva che hanno espresso
nel primario percorso vissuto con intensa passione. Pur
elaborando nuovi modi espressivi, l’acquisita coscienzialità
tragico-romantica è rimasta per tutti indelebile.
tutti gli artisti, attraversa momenti espressivi diversi. Un suo
ciclo pittorico di pregnante e perturbante poesia sono i
racconti del paesaggio urbano. E’ preso dallo squallore
delle periferie, dalla desolazione dei terreni incolti con le
infide brughiere. Ma il tema suo prediletto, che diventerà
poi il motivo dominante della sua pittura, è l’interno del
proprio studio, dalle cui porte-finestre fa entrare uno spazio
urbano angosciante, coi palazzoni dalle case operaie su
cui appare un’ossessiva quantità di finestre, come vuote
silenziose occhiaie che suggeriscono emotivamente
l’infelice condizione umana di chi sta dentro quelle case.
La sua pittura, pure intrigante e suggestiva, manifesta un
evidente intrinseco malessere, una condizione esistenziale
insanabile. Anche i suoi paesaggi di una struggente
bellezza, emanano sempre una sottile malinconia.
BREVI SCHEDE CRITICHE
GIUSEPPE GUERRESCHI
Guerreschi è l’artista che, più degli altri esponenti del
gruppo, mostra accenti e tensioni espressionistiche. Nella
sua pittura si sente non solo un forte dramma morale
ma anche un’esasperazione immaginativa. Inizia la
propria avventura artistica manifestando, con le proprie
personalissime immagini, il dramma interiore dell’uomo. Si
pone l’angoscioso interrogativo del senso dell’essere e del
suo sotterraneo malessere. Tale sua coscienzialità è anche
un atto d’accusa contro un dissesto sociale e la caduta di
valori umani. In origine la sua pittura è scarna e intensa.
Presenta dei personaggi sventurati e inquietanti. Col tempo
le figure e i suoi ambienti diventano di una complessa
drammaticità. Nei suoi quadri appaiono figurazioni
mostruose. Spesso i personaggi si disgregano come dei
guasti robot, figure dissestate e simboliche, come di un
mondo che tende a sfasciarsi. La sua materia pittorica è
raffinata ma anche allucinante; fragile come un mondo
di vetro, ma anche sconvolgente e tragica come un
diamante.
TINO VAGLIERI
Vaglieri, del gruppo degli artisti del “Realismo Esistenziale”,
è il più rigido e severo. E, pittoricamente, è la personalità
più rigorosa e solida. La passione civile e l’impeto emotivo
che lo anima, lo portano ad assumere un atteggiamento
decisamente avverso alla classe egemone sfruttatrice,
incurante della condizione umana e del degrado sociale.
All’inizio la sua pittura è cruda e sintetica. Poi guarda al
Picasso di Guernica (vedi “uomo e asino” del 1956 e
“morte e minatore”) ma con impasti pittorici grassi e aspri.
Successivamente entra in una fase creativa (a mio avviso,
la sua più prestigiosa e straordinaria) sempre drammatica
ma più astratteggiante e carica di ben altre tensioni.
Disegnatore fra i più abili e prolifici (al suo attivo migliaia di
disegni), lascia un patrimonio grafico neppure superabile
da Picasso. La sua ultima stagione pittorica ha un ordine
formale e contenuti sempre stridenti, che non concedono
nulla al gusto, e con straziate figure contornate da oggetti
quotidiani che sembrano arnesi di tortura.
GIUSEPPE BANCHIERI
Banchieri è un artista che io definisco di indole liricoromantica, o se si preferisce tragico-intimista. Come quasi
BEPI ROMAGNONI
Dopo il primo orientamento artistico comune al gruppo
dei realisti esistenziali, nei primi anni Sessanta, Romagnoni
imprime una decisiva svolta alla sua ricerca. E’ il periodo
dei cosiddetti “racconti”. Sperimenta la nuova tecnica
dell’immagine frammentata. Usa ritagli di fotografie
strappate a giornali e riviste, ove c’è di tutto, ambienti,
persone, oggetti, il tutto rimontato nello spazio della
tela, ovviamente trasfigurato e fuso mediante successivi
interventi pittorici. L’opera appare come uno spazio invaso
di forme improbabili (surreali) e caotiche. Chiara simbologia
riguardante il disordine sociale e la frammentazione del
mondo. E’ questa, di Romagnoni, una proposta figurativa
di grande interesse artistico. Purtroppo, tale sua originale
concezione creativa non ha avuto lunga durata. Si è
interrotta nel 1964, anno della sua morte, avvenuta in
Sardegna nel corso di una immersione subacquea.
Tuttavia, quella sua geniale configurazione (inestricabile
trama di relazioni indeterminate), innovativa, ha molto
contribuito a generare la tendenza artistica degli anni
Sessanta: la cosiddetta nuova figurazione.
GIANFRANCO FERRONI
Ferroni è del 1927. E’ il più anziano del gruppo dei realisti
esistenziali; ed è quello che ha accumulato più esperienze
figurative. All’inizio del suo percorso artistico, assorbe
diverse influenze e compie varie scelte operative, prima
di assumere un deciso orientamento e un linguaggio
espressivo congeniale alla propria natura. Dopo l’oggettività
radicale dei rigidi anni del “Realismo Esistenziale”, entra in
una fase figurativa con inflessioni letterarie, e cambia
il rapporto spazio-personaggio. Ma si sentono ancora
gli influssi dei prediletti maestri: di Giacometti evoca
l’allucinante vuoto degli spazi; di Bacon la crudeltà
figurativa però mitigata dalla sua mitezza. La sua denuncia
dell’ideologia che prevale sulla libertà dello spirito, diventa
più sottile e sotterranea. Il sentimento e l’intimità emotiva al
cospetto della realtà tradotta in pittura, denotano la sua
vera indole, intimista e romantica. Col tempo i suoi quadri
diventano sempre più racconti, accumuli di memorie.
Infine la sua ricerca approda definitivamente in uno spazio
di purezza metafisica, in cui però traspare sempre un senso
tragico del reale.
MINO CERETTI
Ceretti è un eccellente pittore. Anch’egli inizia perlustrando
gli spazi di un mondo diseredato. Nelle opere del primo
periodo presenta paesaggi squallidi, case di periferia
con muri corrosi dal tempo, staccionate, pali distorti, fili
telefonici; e dentro appaiono personaggi anonimi, in una
fissità drammatica. Uomini solitari, immobili, senza divenire
ne qualche spiraglio di soluzione. Pertanto, pur operando in
un’area realista, la sua pittura emana una sorta di sfumata
metafisica; almeno nella prima stagione operativa. Ceretti
è pure un attento indagatore degli spazi culturali. Guarda
alla fotografia, al cinema dei nuovi autori (Antonioni,
Visconti, Fellini) i quali propongono una lettura psicologica
della realtà; orientamento che influenza anche la giovane
pittura. Ceretti è un artista abilissimo ed eclettico, e aperto
a molte esperienze espressive che qui non è possibile
citare. Affermo solo con convinzione che egli lascia, come
gli altri esponenti del “Realismo Esistenziale”, un retaggio
artistico-culturale di notevole valore alla storia dell’arte.
GIANCARLO CAZZANIGA
Anche Cazzaniga, artisticamente nasce nel clima milanese
d’inquietudine esistenziale. Ma dopo una breve critica
lettura della città, inizia la mirabile ricerca creativa sui
jazz men. E’ questa una stagione di straordinaria intensità
espressiva. Le figure dei musicisti si manifestano come
apparizioni. Gli strumenti, per lo più sassofoni, trombe,
batterie sparano bagliori di luce, e vengono in primo
piano rispetto ai suonatori, che affiorano come ectoplasmi
dentro le nebulose atmosfere dei locali notturni. Sono
forme umane smangiate da una sorta di lebbra che
tramuta la materia in struggente poesia. Affascinanti sono
anche i paesaggi di Cazzaniga, gli spettacoli della natura
come i suoi girasoli, i glicini, le ginestre. La sua materia
pittorica e bella e seducente, ma è una bellezza in cui si
cela una condizione interiore niente affatto pacifica. La
loro gradevole composta gentilezza (tale è la natura di
Cazzaniga), in realtà nasconde un profondo disagio. Credo
che nessun pittore contemporaneo abbia mai trasmesso,
come lui, la sublime, esaltante pienezza della natura, e nel
contempo un senso di sottile tormento dell’esistenza.
FRANCO FRANCESE
Francese è una figura di spicco nel panorama artistico
italiano del dopoguerra. Egli è uomo scorbutico e colto.
E’ dell’area politica di sinistra, ma disincantato e critico
verso l’utopia socialista. Detesta il senso di appartenenza
a qualsiasi corrente pittorica, ma non possiamo non
collocarlo in una poetica realista, sia pure particolarissima.
Certo anch’egli ha dei padri nobili, specialmente Permeche
e Sironi. Ma la sua pittura sfugge ad ogni classificazione.
Si può dire certo realista, ma anche espressionista, con
incursioni nell’informale, nell’astratto-romantico, e tuttavia
unitaria e inconfondibile. Potente disegnatore e interprete
della cultura letteraria (a soli 24 anni illustra Villon e
Dostoevskij per Einaudi). Produce opere disegnative di una
potenza a volte superiore alla stessa pittura. Per ragioni di
spazio non è qui possibile fare una sia pur succinta analisi
iconologico-linguistica della sua opera. Diciamo solo che,
data la sua lucida riflessione sulla condizione dell’uomo
moderno, Francese è collocabile nel clima espressivo del
“Realismo Esistenziale”. Perché anch’egli perlustra gli stati
della coscienza; e attraverso l’emozione materica illumina
la notte profonda e misteriosa dell’uomo.
BORGOGNONI
Borgognoni è un artista difficile da interpretare; una
personalità apparentemente chiara e accessibile, ma
in realtà alquanto problematica, e per certi aspetti
enigmatica. La sua pittura denota un tormentoso
romanticismo, un lirismo agro ed emotivamente
struggente. Nei suoi quadri appare spesso una misteriosa
e scarna vegetazione, nitida, elegante, ma con un che
di spettrale. Dei frutti scaturiscono improvvisi, si direbbe
fuori luogo, da spazi improbabili e allucinatori. Le sue
opere rivelano un sordo malessere, un grido esistenziale
occulto, ma proprio per questo più sottilmente tragico
e inquietante. E’ un artista dal linguaggio garbato. Ma la
sua grazia pittorica maschera una condizione inquieta, un
sotterrano disagio. Purtroppo la critica ha colto ben poco
di questo complesso e interessante artefice. Succede.