50 Tattiche Negoziali - FP CGIL Roma e Lazio

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50 Tattiche Negoziali - FP CGIL Roma e Lazio
FORMAZIONE
Le 50 tattiche negoziali
per vincere
Dispensa integrativa del modulo formativo
(Tratto da: Rino Rumiati, Davide Pietroni, La negoziazione,
Raffaele Cortina Editore, Milano, 2001 - Ad uso esclusivamente didattico)
FP CGIL – via Leopoldo Serra n. 31 – 00153 Roma
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Premessa
La negoziazione integrativa o generativa postula una situazione finale win/win, nella
quale le controparti escono soddisfatte e con la sensazione di averci guadagnato
entrambe.
“Cinicamente Dawson ritiene che questa situazione ideale sia semplicemente un mito
per cui nella realtà l’obiettivo del bravo negoziatore non dovrebbe essere tanto un
accordo win/win, bensì un accordo che appaia win/win alla controparte…”
Secondo Dawson quindi tutte le negoziazioni sono di fatto distributive o ripartitive.
Il campione di 50 tattiche che seguono, tutte a carattere prevalentemente
distributivo, se ben condotte, possono convalidare la tesi di Dawson.
1. Chiedere di più
È la più basilare delle tattiche negoziali. Con le parole di Kissinger: "L'efficacia al
tavolo negoziale dipende dal sovradimensionamento delle richieste iniziali". Chiedere di
più di quello che ci si aspetta di ottenere consente di raggiungere due obiettivi: si
valorizza quello che si offre (dato che il prezzo è spesso usato come indicatore della
qualità) e si riduce la probabilità di raggiungimento del punto di rottura (quando la
trattativa scende sotto il proprio punto di indifferenza) lasciandosi un ampio margine
di trattativa.
Puntare in alto può consentire addirittura di massimizzare il rendimento negoziale
comune in quanto spinge le parti a non accontentarsi di un semplice compromesso
cercando invece migliori soluzioni creative (Pruitt, 1981). Al contrario il "volare basso"
costringe il negoziatore a dover comunque affrontare impegnative dinamiche negoziali
ma con una motivazione molto più debole che porta spesso a risultati deludenti (Neale,
Northcraft, 1986; Pruitt, Lewis, 1975).
Dawson propone l'acronimo MPP per indicare la Massima Posizione Plausibile con la
quale entrare in trattativa. Spesso la MPP impiegabile è superiore rispetto a quella che
un negoziatore inesperto osa chiedere. Ciò che frena è sostanzialmente la paura di
perdere credibilità, di scandalizzare e far fuggire la controparte o di dover subire la
frustrazione di un rifiuto. Quando il negoziatore riesce a superare queste apprensioni
in genere incassa i vantaggi dell'aver ancorato la controparte alla propria MPP. Questa
tattica è in linea con l'atteggiamento nordamericano dell"'ask for business" secondo cui
la maggior parte delle mancate opportunità professionali (e non solo) vengono perse per
l'incapacità di chiedere esplicitamente e con convinzione il meglio in ciò che si vuole
(sia esso un aumento, uno sconto, una dilazione, una prestazione eccellente ecc.).
Winkler afferma: "Le colpe, negli affari, sono colpe di omissione, non di azione”.
L'efficacia di questa tattica è massima quando è opportunamente combinata con una
affermazione di implicita flessibilità. Ad esempio “ per quello che ora sappiamo la
nostra offerta è di 5 euro al pezzo, se vorrete precisarci meglio la quantità che
intendete ordinare possiamo comunque discuterne...". In questo modo la controparte,
sebbene scossa, può percepire un'elasticità sufficiente per ritenere opportuno investire
il proprio tempo nella trattativa.
2.
Indugiare al sì
Non dire mai sì con prontezza alla prima offerta ricevuta, anche se fosse la più
vantaggiosa. Un'accettazione pronta ed entusiasta dell'offerta ricevuta crea nella
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controparte una pericolosa sensazione: "Avrei potuto chiedere di più: mi ha messo in
trappola!". Questa sensazione può rovinare il rapporto con la controparte e l'esito di
future negoziazioni. In altre parole non si dovrebbe mai negare alla controparte uno dei
tornaconti "emotivi" più importanti: la sensazione di essere stata la più furba e la più
in gamba nel negoziare.
Dawson arriva a suggerire di usare sistematicamente ad ogni proposta della
controparte la tecnica del "flinch" che consiste nel dimostrare shock, incredulità e
sconcerto. Dawson assicura che un buon "flinch" vale più di tante argomentazioni e
spesso produce risultati sorprendenti.
Questa tattica è utile per ridimensionare sul nascere le aspettative della controparte
evitando il rischio che essa si ancori su di esse.
(Nota - Flinch: ritrarsi, qui nel senso di mostrare una reazione fisica evidente e voluta al messaggio della
controparte)
3. Recalcitrare
Dawson consiglia di giocare nelle compravendite la parte del venditore o
dell'acquirente riluttante. Nel primo caso si dichiara di avere un particolare
attaccamento affettivo per la questione oggetto di trattativa e di non essere poi così
convinti di volersene liberare ma, dato che ci si sente in colpa per aver fatto perdere del
tempo alla controparte, si è comunque disposti a valutare la sua migliore offerta
assoluta. Al contrario, nei panni dell'acquirente, dopo un'appassionata presentazione
del prodotto da parte del venditore, si affermerà in modo cortese ma fermo che l'offerta
pur valida non risponde però alle proprie esigenze. Ancora una volta, per puro rispetto
del tempo e della professionalità della controparte, gli si chiederà di formulare comunque il prezzo in assoluto più basso che può proporre! Ci si può dimostrare riluttanti
anche a trattativa avviata affermando di cominciare a nutrire dei dubbi sull'utilità di
concludere l'affare. L'atteggiamento che caratterizza questa tattica è ben espresso dalla
frase "Guardi, lo sto facendo solo per farle un favore".
4. Migliorare
Questa tattica è di una semplicità disarmante, consiste nel dire alla controparte: "Lei
può fare meglio di così". E poi rimanere in perfetto silenzio. Ci sono casi in cui questa
tattica ha prodotto in pochi secondi concessioni per centinaia di euro. Dato che questi
rendimenti sono al netto delle tasse, Dawson nota acutamente che in poche altre
attività si possono "fare soldi" così velocemente come quando si negozia.
5. Argomentare
Essendo il prezzo un indicatore di qualità cognitivamente economico e
tendenzialmente valido, Dawson arriva ad affermare provocatoriamente che,
nonostante la presentazione del prezzo rappresenti spesso uno spauracchio per i
venditori inesperti, la gente in realtà vuole pagare di più piuttosto che pagare di meno!
La sfida sta tutta nel riuscire a giustificare quella spesa. La gente è quindi a caccia di
ragioni che la convincano della legittimità di ciò che gli viene richiesto.
In un esperimento classico della psicologia sociale la Langer (1989) ha dimostrato
come alla gente piaccia avere delle ragioni per quello che fa. Se doveste chiedere la
precedenza a delle persone in coda per fare delle fotocopie quale formula riterreste più
efficace: "scusi, ho 5 pagine; posso usare la fotocopiatrice perché ho una gran fretta",
oppure, "scusi, ho 5 pagine; posso usare la fotocopiatrice", oppure, "scusi, ho 5 pagine;
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posso usare la fotocopiatrice perché devo fare delle copie"? La prima formula appare la
più sensata, la seconda manca di argomentazione, la terza ha una giustificazione
ovvia. In realtà dall'esperimento emerge con chiarezza che ciò che conta, al fine di
avere più del 90% dei consensi, è la presenza di una argomentazione qualsiasi, poco
importa se essa sia valida come nella prima frase o banale come nell'ultima. Per le
persone è sufficiente udire la parola magica "perché", in quanto rappresenta un
segnale automatico dell'esistenza di una ragione.
In negoziazione si tratta quindi di puntellare ogni propria richiesta con un numero
opportuno di argomentazioni, possibilmente dettagliate, comprensibili ovvero
facilmente assimilabili negli schemi cognitivi dell'interlocutore, strutturate logicamente,
concrete, dimostrabili e poggiate su principi universalmente riconosciuti. Allo stesso
modo ogni propria concessione deve essere sostenuta da spiegazioni razionali così da
non apparire un semplice gesto di debolezza.
Le argomentazioni acquistano più forza se sono presentate in modalità multimediale
(grafici, dimostrazioni, audiovisivi ecc.). In generale il documento scritto gode di
un'aura di legittimità superiore rispetto alla forma orale (Craver, 1999) ed in
particolare una elegante presentazione statistica può essere molto efficace e credibile
nonostante vi siano ampie possibilità di gestire i numeri in modo che confermino
sempre le proprie tesi (in linea con l'aforisma secondo cui vi sono due tipi di bugie: le
menzogne e le statistiche!). Hindle (1998) consiglia di non temere di utilizzare la
ripetizione per dare forza agli argomenti chiave della propria offerta.
L'obiettivo di una buona argomentazione è quello di portare la controparte a vedere
le questioni negoziali dal proprio punto di vista aiutandola ad uscire dalla
egocentristica "visione a tunnel" che costringe i negoziatori a vedere solo le proprie
ragioni.
6. Limitarsi l’autorità
Consiste nell'affermare di non avere un'autorità sufficiente per decidere
personalmente l'accettabilità dell'accordo e cioè per ratificarlo. In questo modo è
possibile prendere tempo, indebolire la controparte (soprattutto se soffre di costi legati
al tempo), strappare ulteriori concessioni dell'ultim'ora od uscire comodamente dalla
trattativa. In alcuni casi l'autorità può non essere rappresentata da una persona fisica
ma da una norma, un budget o un principio aziendale presentato come assolutamente
vincolante (per esempio "la politica della nostra società di intermediazione prevede di
non accettare mai una provvigione inferiore al 3%").
Le contromosse sono numerose: se la controparte non ha veramente nessuna
autorità può essere utile rifiutarsi di trattare con lei (spesso è inviata solo per sondare
la disponibilità), se invece è un pretesto (come spesso accade) può essere utile
dichiarare di avere a propria volta una autorità limitata o impegnarsi in una sorta di
role-playing invitando la controparte a diventare propria complice descrivendo come a
suo parere la presunta persona con l'autorità di decidere si aspetta di vedersi proposto
l'affare. In questo modo si possono ottenere utili informazioni per riconfigurare la
propria offerta e soprattutto si ottiene un coinvolgimento attivo della controparte che
nel migliore dei casi può venire convinta a prendersi la responsabilità di concludere
personalmente l'accordo.
7. Far dividere la differenza
Rappresenta una versione evoluta della classica tattica che consiste nel richiedere
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alla controparte di colmare la differenza tra le rispettive posizioni incontrandosi in un
punto intermedio. In questa versione si tratta invece di operare al fine che sia la
propria controparte a formulare questa proposta. Questo è possibile mettendo in
risalto il tempo e l'impegno che ormai sono stati investiti nella trattativa e la differenza
relativamente piccola che ormai separa le due posizioni.
Una volta spinta la controparte a proporre la suddivisione si aprono due possibilità.
La più semplice consiste nell'accettare la sua proposta dandole così la sensazione di
aver avuto l'idea vincente per concludere il negoziato; la seconda consiste invece nel
tentativo di spremerla ulteriormente (ad esempio con la tattica dell'autorità limitata)
sfruttando il fatto che ormai si è dimostrata disponibile a venirci ulteriormente
incontro e ora la differenza tra le due posizioni ormai è veramente minima, quindi
perché non suddividere quella invece di arenare la trattativa?
8. Partire dall'accordo
Si tratta di assicurarsi innanzitutto l'accordo sulle questioni minori invitando a
lasciare per un po’ da parte le questioni più conflittuali.
Risolvendo le questioni più facili le parti potranno acquisire fiducia reciproca e senso
di efficacia nel gestire la trattativa, questo le renderà più flessibili e coinvolte al
momento di trattare i punti più spinosi. Utilizzando questa tattica è possibile ridurre il
rischio di stalli nel negoziato. Inoltre, sottolineare fin da subito i punti sui quali
concordiamo con la controparte è un'ottima tattica per incrementare la qualità della
relazione e quindi il potere di persuasione.
9. Concedere ad arte
Con un'espressione suggestiva di Aaronson: "Le concessioni, per quanto piccole,
dovrebbero essere date con molta attenzione, avvolte nell'argento e presentate come un
regalo di un monarca" Ogni concessione deve quindi venire adeguatamente giustificata
e ricevere una immediata concessione reciproca da parte dell'altro negoziatore. Dawson
osserva che possono essere sufficienti un paio d'ore perché la propria concessione sia
ormai data per scontata e la controparte non si senta più minimamente in debito.
Per preservarsi dall'errore di fare concessioni gratuite, Hindle suggerisce di
formularle nella forma di proposte ipotetiche in modo che siano sempre precedute da
un'espressione condizionale (ad esempio "se ci confermaste l'ordine in anticipo,
potremmo ridurre il prezzo del 7%").
La concessione è uno strumento prezioso per rafforzare la relazione con la
controparte e per tenere vivo il suo interesse e coinvolgimento nella trattativa. Ed è per
questi motivi che non deve venire inflazionata.
Uno degli errori più comuni è quello di concedere prima di aver capito esattamente
cosa la controparte vuole. E tipico dei venditori sperare di superare le titubanze
dell'acquirente agendo sulla riduzione del prezzo. Spesso si produce un effetto
boomerang: il facile sconto conferma i dubbi circa la scarsa qualità dell'offerta.
Il gioco della negoziazione distributiva si vince anche offrendo una serie centellinata
di piccole ma mirate concessioni e spingendo ogni volta la controparte a reciprocarle
con concessioni di valore lievemente maggiore. Viceversa, si può utilizzare la tattica
dell"'undermatching" reciprocando sistematicamente le offerte della controparte
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facendo concessioni di valore leggermente inferiore all'utilità di quanto si riceve.
Aronson consiglia di sentirsi liberi di ritirare una concessione nel caso in cui essa
non riceva una degna contropartita.
Al fine di valorizzarle, le concessioni non dovrebbero mai essere presentate tutte
insieme ed è utile per il negoziatore prendere nota di tutte le concessioni fatte in modo
da potervi fare continuo riferimento a fronte di nuove richieste della controparte
("Guardi, le concessioni le abbiamo fatte quasi tutte noi!").
Spesso si perde l'opportunità di fare una concessione utile a ricevere qualcosa in
cambio dando per scontati alcuni vantaggi che possiamo offrire alla controparte. Ad
esempio, se per la nostra azienda è la norma pagare a 30 giorni possiamo offrire un
pagamento a 90 e lasciare che sia la controparte a conquistarsi la nostra celerità.
Dawson consiglia di tenersi una piccola ma utile concessione (meglio se era già stata
richiesta e rifiutata in precedenza) finalizzata a dare la spinta finale per la chiusura
dell'accordo. E però importante che questa concessione sia marginale: ogni grossa
concessione non appare mai come quella finale e comunque, in base al "principio del
contrasto", impedisce poi di rifiutare altre piccole concessioni.
(Nota – undermatching: uguagliare al disotto)
10. Coinvolgere con il tempo
Più a lungo si riesce a tenere la controparte coinvolta in una trattativa, più essa
tende a divenire disponibile e comprensiva.
Questa tattica fa appello al principio di persuasione dell'impegno e della coerenza.
Più tempo si è investito nella negoziazione, più si è disponibili a fare concessioni in
quanto appare più alto il costo del mancato accordo. Il tempo impiegato nella trattativa
diventa quindi una forma di sunk-cost (vedi cap. 6).
Mutuando il principio "80/20" dell'economista Vilfredo Pareto, che studiando la
distribuzione della ricchezza nell'Italia dell'Ottocento aveva calcolato che 80% della
ricchezza era concentrata nelle mani del 20% della popolazione, Dawson stima che
l'80% delle concessioni in trattativa si ottengono nell'ultimo 20% della trattativa. In
effetti, la flessibilità e la disponibilità ad aperture che si osservano nelle ultime fasi del
negoziato in genere sono impensabili nei momenti d'apertura.
L'obiettivo è quindi quello di mantenere la controparte impegnata il più a lungo
possibile nella trattativa attraverso un programma di continui rinforzi (concessioni,
promesse, dichiarazioni di interesse) sapientemente alternati con posticipazioni e
rinvii.
(nota – Sunk cost: costo affondato, vale a dire costo sostenuto nel passato o che si riferisce a storie
pregresse)
11. Colpire basso
Il modo più potente per ottenere il coinvolgimento della contro-parte è quello di farle
credere di avere già in pugno un accordo per lei molto favorevole.
Proprio nel momento in cui ci si sente più entusiasti dando per scontata la riuscita
del negoziato, si è in realtà più vulnerabili. L'idea di tornarsene a casa senza l'accordo
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firmato diventa infatti molto penosa e spinge ad offrire ulteriori concessioni nel caso
l'altro negoziatore mostri di voler ritrattare. Coerentemente con la famosa "tecnica del
possesso", è molto difficile rinunciare a qualcosa che si ritiene già conquistato.
Cialdini cita l'esempio della supervalutazione dell'usato in permuta. Alcuni
concessionari conquistano nuovi clienti offrendo somme molto generose per la loro
vecchia auto, salvo poi, poco prima della firma per l'acquisto della nuova vettura, che
nel frattempo ha convinto il cliente, far intervenire il responsabile del settore auto
usate il quale, dichiarando che vi è stato un errore, ridimensiona l'eccessiva
valutazione del venditore riportandola ai valori di mercato. Molti clienti, trovandosi così
a dover decidere se andarsene o meno, oltre a concludere comunque l'affare si scusano
per non aver per primi fatto notare la sproporzione della cifra offerta per la loro vecchia
auto.
Una buona contromossa a questa tattica consiste nel dichiarare una autorità
limitata nel poter decidere se accettare la nuova situazione.
12. Tollerare il fallimento
Questa tattica fa riferimento ad un importante atteggiamento motivazionale. In ogni
negoziazione vi è un punto oltrepassato il quale si è così coinvolti da non poter più
accettare di andarsene con un nulla di fatto. Non importa se la questione sia una casa
meravigliosa, un'auto introvabile o un collaboratore eccellente, quando ci si pone come
sfida personale il voler arrivare a tutti i costi alla conclusione positiva di uno specifico
affare allora si perde la gran parte del proprio potere negoziale.
Diventa quindi strategico, durante la trattativa, ascoltare costantemente le proprie
emozioni in modo da capire se ci si sentirebbe eventualmente pronti ad abbandonare
immediatamente il tavolo senza troppi rimorsi. In caso contrario è utile raffreddare il
proprio coinvolgimento, magari focalizzandosi sulla bontà dello status quo o sulla disponibilità di alternative all'accordo.
13. Temporeggiare
È una tattica trasversale a molte altre. Si tratta di prendere tempo attraverso le
richieste di rinvii, di pause di riflessione o di raccolta di ulteriori informazioni. Inoltre si
possono promuovere discussioni lunghe ed articolate su cavilli, rendersi
momentaneamente irreperibili o perfino sabotare passivamente il procedere della
trattativa omettendo la produzione o la consegna di alcuni importanti documenti.
Questa tattica, quando integrata con l'invio di segnali di interesse per il negoziato,
tende ad indebolire la controparte mantenendola coinvolta. L'obiettivo fondamentale è
quello di accendere in lei "l'ansia di concludere".
Una contromossa può consistere nell'affrontare la propria controparte dichiarando
che si ritiene che il suo temporeggiare sia dovuto alla ricerca di ulteriori informazioni
necessarie per decidersi, e quindi offrirsi di aiutarla a procurare quelle informazioni
("Che cosa ancora vorrebbe saper per convincersi della validità di questo affare").
14. Tacere
È una tattica utile per strappare informazioni alla controparte. Si basa sull'esercizio
di uno dei comportamenti comunicativi più difficili da sostenere in un contesto
ansiogeno come quello negoziale: restare in silenzio. Aaronson utilizza il termine di
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"ascolto aggressivo" per indicare un ascolto attento, concentrato (lo sguardo e la
postura ne sono ottimi indicatori, silenzioso, emotivamente impassibile ("faccia da
poker") e senza fretta di saltare ad una risposta. Molti negoziatori possono temere di
restare in silenzio per paura di perdere controllo sulla dinamica negoziale. Gli effetti
positivi del silenzio possono essere numerosi: rende la controparte più loquace ed
espressiva, aiuta a valorizzare una concessione appena offerta, consente alla
controparte di "metabolizzare" un'informazione che le è stata appena fornita, permette
di catturare l'attenzione della controparte e magari di farle proseguire un discorso nella
direzione di una propria affermazione volutamente lasciata in sospeso (per esempio
"stavo riflettendo sui consumi...") Inoltre, tacendo si può indebolire la convinzione della
controparte circa la legittimità delle richieste che ha appena formulato e guadagnarsi
l'immagine di negoziatore attento e determinato. Un buon pretesto per rimanere in
silenzio è quello di valutare con attenzione la proposta ricevuta, magari scrivendo o
rileggendo degli appunti.
15. Raschiare il fondo
Consiste nel dichiarare che il "pozzo è asciutto", ovvero che ormai è stato raggiunto il
proprio punto di indifferenza ed ogni ulteriore concessione rappresenterebbe una
perdita. Evidentemente questa tattica è tanto più credibile quanto più si sono già
effettuate delle concessioni significative.
16. Gestire il rifiuto
Anche questa tattica fa riferimento ad un atteggiamento motivazionale piuttosto che
ad un comportamento. La parola che più spaventa venditori e negoziatori è una
semplice sillaba: "no". Ricevere un rifiuto può essere una esperienza penosa e
frustrante ma al contempo essere pronti a riceverlo è l'unico modo per negoziare con
efficacia. Infatti, pur di scongiurare il rischio di sentirsi dire no, si tende ad
autocensurare alcune delle proprie richieste precludendosi così ogni possibilità di
vederle accettate. È chiaro che se non esistesse il "no" non ci sarebbe bisogno di negoziatori e venditori: sono pagati appunto per incassarlo e superarlo. Probabilmente i
migliori venditori sono quelli disponibili a ricevere il maggior numero di rifiuti (e
ovviamente ad imparare da essi)! Ciò che conta è evitare di assimilare il rifiuto ad una
svalutazione personale e tanto meno ad una definitiva rottura del negoziato. Al
contrario un "no" ha un notevole vantaggio rispetto ad un "forse": consente di chiedere
"perché". Dopo aver pronunciato un no di fronte ad una proposta comunque
presentata con cortesia e professionalità, la controparte tende a provare un certo senso
di colpa che può essere sfruttato, in base al principio del "ripiego dopo rifiuto" (vedi
Cialdini), per richiedere almeno delle motivazioni sincere e approfondite. In questo
modo si può portare la controparte ad aprirsi dichiarando sentimenti, obiettivi, dubbi e
punti di indifferenza sui quali poi si può tentare di ricostruire l'accordo negoziale.
Nella dinamica negoziale, può quindi essere utile stimolare obiezioni e rifiuti a patto
di farlo solo nelle fasi centrali della trattativa. Infatti, nelle fasi iniziali è importante
evidenziare i punti di accordo mentre in quelle finali l'obiettivo è formulare le proprie
proposte in modo che non possano venire respinte.
Viceversa, quando siamo noi a dover opporre un rifiuto, è utile che esso sia espresso
con calma e fermezza, argomentato senza cadere nelle scuse, formulato con frasi chiare
e dirette che pur lascino alla controparte la possibilità di sperare (per esempio "Terrò
comunque presente la sua richiesta"). Inoltre, ogni espressione di rifiuto dovrebbe
essere preceduta da affermazioni che rassicurino la controparte che la sua posizione è
stata comunque compresa ed è ritenuta legittima.
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Nel caso la controparte insista, non si ha che da reiterare in maniera pacata ma
decisa la stessa identica formula di rifiuto (tecnica del "disco rotto") evitando così la
trappola dell'innervosirsi per la noia di ricercare ogni volta formule efficaci ed originali
per esprimere il proprio rifiuto.
17. Pressare
I bambini ne sono maestri. Chiedere insistentemente qualcosa, farsi vedere
continuamente, non mollare la presa sulla controparte, sono comportamenti che
rappresentano indici di forza e di determinazione davanti ai quali spesso si finisce per
cedere.
La tattica della pressione, se combinata con la tattica del "chiedere di più», viene
denominata "tecnica del salame". Consiste nel fare richieste limitate ma sistematiche e
continue (“…solo ancora un'altra fettina, cosa ti costa?"). In modo lento e
apparentemente innocuo si ha modo così di ripulire il tagliere della controparte prima
che questa abbia modo di rammaricarsene.
18. Indirizzare
Si tratta di dichiarare subito con convinzione e franchezza quali delle questioni sul
tavolo sono negoziabili e quali no. In questo modo si focalizza fin dall'inizio l'attenzione
della controparte sulle questioni ritenute meno centrali preservandosi così da pressioni
ma dimostrando al contempo flessibilità, chiarezza ed onestà. La contromossa più
diretta consiste nel fingere di non aver udito ed affrontare la questione nelle fasi più
avanzate della trattativa.
19. Mettere all’asta
Nelle forme più semplici consiste nel dichiarare, a fronte di una proposta, di aver già
ricevuto delle proposte migliori. Questa tattica può essere contrastata chiedendo
maggiori dettagli ("in che senso e quanto migliori?”) e cercando di caratterizzare e
distinguere la propria proposta da quella degli altri.
Nella forma più complessa consiste nel mettere a confronto contemporaneamente
tutte le proprie possibili controparti invitandole implicitamente a gareggiare per
aggiudicarsi l'accordo, che ovviamente verrà lasciato aperto fino all'ultimo rilancio.
20. Cogliere i segnali deboli
La posizione della controparte andrebbe ascoltata anche con gli occhi oltre che con le
orecchie. Le componenti paraverbali (il tono di voce, il volume, il ritmo, le pause, le
risate nervose, i sospiri...) insieme alle componenti comportamentali (postura,
gestualità, mimica facciale, sguardo, prossemica...) hanno un impatto comunicativo
circa dieci volte superiore rispetto alla sola componente verbale. Spesso un negoziatore
può mentire con le parole ma gli è difficile coordinare tutti gli aspetti non verbali al fine
di apparire perfettamente coerente. È appunto con il grado di coerenza tra tutti questi
segnali che il negoziatore determina l'efficacia e l'impatto persuasivo della sua
comunicazione.
Tra gli indici non verbali quello che appare più indicativo del livello di condivisione di
una proposta è la postura. Difficilmente si mantiene la stessa postura dopo aver
ricevuto una richiesta che non si condivide e spesso la risposta è di allontanamento. Di
conseguenza, alcune tecniche di persuasione hanno come obiettivo quello di "agganciare" (imitandola) la postura della controparte al fine di riportarla gradualmente ad
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un riavvicinamento ("mirror and match").
(Nota - mirror and match: qui nel senso di rispecchiare, mirror, e ricalcare, match, il linguaggio del corpo
dell’altro per farsi accettare emotivamente)
21. Imporre scadenze
È sostanzialmente la tattica dell'ultimatum, ovvero la proposta finale viene
presentata nella forma "prendere o lasciare". È una tattica che utilizza pienamente il
"principio di scarsità". L'offerta deve infatti apparire come irripetibile, vantaggiosa al
punto di interessare già altre persone e valida ancora per poco tempo. Al fine di
rendere credibile l'ultimatum, Winkler consiglia di mostrarsi chiusi anche alla minima
concessione, di usare poche argomentazioni e frasi brevi, di rispondere sinteticamente
alle domande della controparte, di adottare un tono perentorio e di riordinare le proprie
carte come se si fosse pronti a lasciare il tavolo negoziale.
Qualora questa tattica venga utilizzata immediatamente all'apertura della trattativa,
essa prende il nome di "Boulwairismo" (vedi capitolo 3) ed ha esiti spesso deludenti
fosse solo per il fatto che essa non concede alla controparte la soddisfazione di
partecipare attivamente al "gioco" negoziale.
(Nota: Lemuel Boulware, V. P. General Electric, entrava nelle trattative dichiarando subito l’offerta finale
e irremovibile che aveva già deciso in precedenza)
22. Avvisare e promettere
Avvisare è una alternativa più diplomatica alla minaccia. Si tratta di mettere in
guardia la controparte circa i rischi ai quali potrebbe andare incontro nel caso
l'accordo non fosse raggiunto. Per apparire credibile l'avvertimento deve riferirsi a
conseguenze effettivamente indesiderabili e far trasparire una franca preoccupazione
per il benessere della controparte.
Dall'altra parte, le promesse fanno spesso riferimento a concessioni che si potranno
offrire alla controparte a seguito di cambiamenti nella sua posizione (la più classica è
quella della "divisione della differenza"). La promessa funziona come esca utile a
coinvolgere più saldamente la controparte nella trattativa in modo da poter poi tirare
con più vigore. Ad esempio il potenziale nuovo collaboratore potrebbe essere invitato a
dare un'occhiata agli uffici più eleganti della nuova sede prospettandogli che la
questione della sua sistemazione sarà risolta al meglio una volta superata la questione
dello stipendio. Tendenzialmente le promesse sono più efficaci degli avvertimenti sia in
termini relazionali che in termini di esiti negoziali.
In alcuni casi può rivelarsi efficace combinare un avviso/minaccia con una promessa
(Snyder, Diesing, 1977). In questo modo la controparte avrà un doppio incentivo ad
accettare la richiesta: l'evitamento di una perdita e la conquista di un beneficio.
23. Inscenare "emotional labor»
Introdotto dalla Hochschild (1983), per "emotional labor" si intende la capacità di
manipolare più o meno artificiosamente la propria espressività emotiva al fine di
ottenere specifici esiti relazionali e professionali. E tipica la prestazione emozionale
delle assistenti di volo che sono pagate anche per esprimere emozioni di serenità e
gioia verso i passeggeri; dall'altro lato vi sono le prestazioni emozionali dei riscossori
crediti a cui è richiesto di apparire scocciati e severi. L'espressione strategica di
specifiche emozioni durante le interazioni di lavoro tende a divenire sempre più una
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prescrizione del ruolo professionale (Pietroni, Rumiati, Rizzi, 1999).
Anche al negoziatore è richiesto un intenso "emotional labor". Di seguito elenchiamo
alcune delle emozioni strategiche inscenabili durante la trattativa.
Rabbia: è spesso usata per convincere la controparte della serietà della propria
posizione e per intimidirla al fine di mantenere il controllo sul negoziato.
Sdegno: rappresenta la migliore risposta di fronte ad una controparte aggressiva; il
dimostrarsi personalmente offesi per una reazione esagerata spesso fa sbollire la
controparte.
Empatia: è l'atteggiamento emotivo con cui affrontare le obiezioni irrazionali della
controparte che sono spesso dovute a paure; attraverso l'empatia le paure vengono
condivise e la controparte viene rassicurata (utile è il confidare come si sono superate a
propria volta le stesse paure).
Ammirazione: se è espressa in modo credibile è uno degli strumenti più potenti per
riscaldare la relazione con la controparte aumentandone così la disponibilità.
Coinvolgimento: dimostrare la propria determinazione nell'arrivare ad un buon esito
del negoziato fa acquisire credibilità e rende la controparte più propensa a sbilanciarsi.
Distacco: nelle fasi avanzate del negoziato e se la controparte è sufficientemente
coinvolta, mostrare improvvisamente indifferenza o riluttanza può aiutare a strapparle
nuove concessioni facendole temere di veder svanire un accordo ormai vicino.
Calma: dimostrare di saper attendere più a lungo della controparte (a partire dai
"turn-taking" della conversazione) può produrre risultati estremamente positivi.
Sbalordimento: consiste sostanzialmente nella tecnica del "flinch" suggerita da
Dawson; è utile per testare la convinzione della controparte mentre formula proposte e
richieste.
Entusiasmo: è da molti ritenuto il più potente strumento di persuasione; sostenute
da esso le argomentazioni acquistano vigore e le offerte diventano più convincenti.
Preoccupazione: è utile per superare eventuali rischi di rottura e consiste nel
mostrarsi spaventati per le gravi conseguenze a cui le parti potrebbero andare incontro
in caso di mancato accordo.
Concitazione: ultimatum e scadenze appaiono molto più credibili se chi li impone
dimostra di avere fretta in quanto sollecitato da altre proposte.
Data la centralità della componente emotiva nelle dinamiche negoziali la lista
potrebbe essere ancora lunga arrivando a comprendere perfino "emotional labor" di
tristezza e disperazione (Aaronson cita casi in cui ha visto scaltri negoziatori crollare in
lacrime).
(Nota – Emotional labor: travaglio emotivo, qui nel senso di espressione emotiva caricata. Flinch:
ritrarsi, qui nel senso di mostrare una reazione fisica evidente e voluta al messaggio della controparte.
Turn-taking: prendere il proprio turno nel parlare)
24. Vedere il bluff
Davanti ad una minaccia è utile chiedersi quali sarebbero i danni che la controparte
stessa soffrirebbe nel caso la minaccia venisse attuata. E nel caso essi siano ritenuti
notevoli, sfidare la controparte a scoprire il bluff. Se un'azienda dichiara di vedersi
costretta a licenziare il 50% dei propri operai nel caso la trattativa salariale in corso
non si concluda lasciando intoccato l'attuale salario, ed i rappresentanti sindacali
fossero convinti che il 50% restante non basterebbe alle esigenze produttive
dell'azienda, questi potrebbero vedere il bluff dichiarando di essere disponibili ad
accettare la proposta a patto che gli operai rimasti godano di un significativo
incremento salariale
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25. Provocare il boia
Questa tattica si basa sul principio della "reattanza psicologica" ed è utile soltanto
davanti ad una controparte particolarmente competitiva. Per certi negoziatori il valore
del proprio rendimento negoziale si misura nei termini di quanto la controparte ha
perso piuttosto che nei termini di quanto si è personalmente guadagnato. Il loro
obiettivo primario è pertanto quello di costringere l'avversario al peggiore risultato
possibile. Di fronte a questa tipologia patologica benché non infrequente di negoziatori,
può essere utile chiedere con convinzione l'alternativa che in realtà non si desidera. Ad
esempio, se si riconosce questo atteggiamento competitivo in chi ci sta vendendo
un'auto usata con installata una vecchia autoradio che prevediamo immediatamente di
rimuovere, possiamo tentare di risparmiarci il lavoro dimostrando particolare interesse
per quell'optional!
26. Giocare al buono e al cattivo
Questa tattica richiede che la propria parte sia rappresentata da almeno due
negoziatori, reali o “virtuali”. Nel primo caso i due negoziatori saranno entrambi
presenti nell'arena negoziale e, mentre uno si mostrerà irritato per l'inaccettabilità delle
proposte e la scarsa disponibilità della controparte, l'altro cercherà di consolarla e
rabbonirla invitandola a fare uno sforzo di avvicinamento. In questo modo il
negoziatore ragionevole finirà con l'assumere il ruolo di mediatore tra il compagno
irritato e la controparte.
Nel caso "virtuale" invece il negoziatore si presenterà come il rappresentante di una
persona estremamente esigente, dura e pretenziosa e si dichiarerà disponibile a dare
tutta la sua gratitudine alla controparte se collaborerà con lui nel tentativo di
raggiungere comunque un accordo sforzandosi di soddisfare il più possibile le esose
aspirazioni del capo.
La contromossa consiste nell'evitare la trappola di rincorrere la gratificazione del
negoziatore "irriducibile" concentrandosi invece nell'ottenere il consenso esplicito e
convinto del negoziatore “conciliante" e quindi lasciare a lui (e al suo orgoglio
personale) il compito di persuadere il compagno (facendo quindi leva sul principio dell"'impegno e della coerenza").
Nelle trattative che coinvolgono squadre di negoziatori, vi sono numerosi ruoli
assegnabili ai membri. Oltre a quello del Buono (comprensivo e simpatico, che
rabbonisce) e del Cattivo (intimidatore ed esigente, che attacca), anche quello del
Leader (autorevole e saggio, che coordina), dell'Intransigente (puntiglioso e scrupoloso,
che rallenta), del Propositivo (creativo e persuasivo, che sblocca) e dell'Esperto
(competente ed aggiornato, che informa).
27. Fare l’ingenuo
Questa tattica consiste nel dichiarare scarse abilità negoziali, nel riconoscere le
competenze superiori della controparte e nel mostrarsi pertanto disponibili a mettersi
completamente nelle sue mani confidando nella sua correttezza ed equità. Gli effetti di
questa tattica possono essere molteplici: si appare più spontanei e simpatici, la
controparte inizia a sentirsi sicura, abbassa le difese fornendo preziose informazioni, e
mostra una minore tendenza a sovradimensionare le richieste d'apertura
("overbidding"). Ancora, la controparte può sentirsi incentivata a comportarsi in modo
da confermare l'immagine positiva che ha di lei il negoziatore ingenuo impegnandosi
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quindi a dimostrare che è effettivamente in grado di soddisfarlo. A questo punto il
negoziatore ingenuo non dovrà far altro che continuare a rifiutarsi di partecipare
attivamente al processo negoziale ("ci pensi lei che è così bravo!") limitandosi a chiedere
umilmente volta per volta una generosa ed ulteriore "assistenza". In questo modo la
controparte rischierà presto di trovarsi spogliata seppure molto gratificata!
28. Dividere e imperare
Nel caso di trattative tra gruppi è possibile assumere atteggiamenti diversi nei
confronti di uno o più membri del gruppo opposto, in modo così da conquistarne
l'orientamento favorevole che contrasterà con quello dei membri più inflessibili
provocando spaccature nella controparte.
Inoltre si possono sfruttare le fisiologiche differenze di opinione fra i negoziatori della
squadra della controparte avvalorando quelle più vicine alla propria.
La contromossa consiste in un accurato lavoro di coordinamento prenegoziale tra i
membri e, ai segni delle prime fratture interne, chiedere prontamente un
aggiornamento della seduta.
29. Presentare in prospettiva
Ogni concessione offerta assume più valore se la si presenta nei termini dei
particolari vantaggi e dei guadagni che essa può rappresentare per la controparte. Si
tratta quindi di mettersi nei panni dell'altro negoziatore e di cercare di comprendere al
meglio quali sono le sue aspirazioni ed i suoi obiettivi operativi in modo da poter
presentare in questi termini tutte le proprie concessioni. Ad esempio, la possibilità di
una più celere finitura di un immobile può venire presentata nei termini di quanto
l'acquirente risparmierà sull'affitto che sta attualmente pagando.
Lo schema classico di questa presentazione si sviluppa in tre passaggi: che cos'è (in
cosa consiste la concessione); che cosa fa (quali sono i benefici che procura); quanto fa
guadagnare (che rendimento può rappresentare per la controparte).
Questa tattica è ben rappresentata dall'adagio del marketing secondo cui il cliente
non compra trapani ma buchi! In effetti spesso si rischia di essere così focalizzati sulla
qualità oggettiva della propria offerta da trascurare di illustrare in modo convincente
come questa si può tradurre in utilità soggettiva per l'acquirente finale.
30. Inibire la ricerca
Il potere di ogni parte negoziale è direttamente proporzionale alla qualità della sua
BATNA, cioè ai rendimenti che essa può comunque sperare di ottenere in caso di
mancato accordo. A sua volta la qualità della BATNA è spesso correlata alla quantità di
potenziali alternative disponibili, per esempio se all'annuncio di vendita della mia auto
rispondono dieci persone, ho più probabilità di ricevere una buona offerta che se rispondono solo in due (in questo caso "la qualità nasce dalla quantità").
La quantità di alternative disponibili è infine proporzionale all'impegno che si è
profuso in termini di ricerca e comunicazione.
Ne deriva che per indebolire la posizione negoziale della controparte può essere
strategico sfruttare la latente pigrizia umana, invitandola più o meno implicitamente a
sospendere il faticoso lavoro di ricerca di altri potenziali interlocutori perché ha già
trovato il "suo uomo", cioè noi.
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(Nota – BATNA: Best Alternative To the Negotiation Agreement, In Italiano si traduce MAAN, Miglior
Alternativa ad un Accordo Negoziato)
31. Scoraggiare
Questa tattica consiste nel lanciare alla controparte affermazioni in apparenza
indirette e circostanziali ma in realtà mirate ad indebolire la sua posizione e ad
abbassare le sue aspettative. Ad esempio il venditore di un immobile potrebbe riferirsi
ad un suo ex vicino di pianerottolo che è rimasto molto deluso perché ha scoperto dopo
un mese che avrebbe potuto vendere il suo immobile al 10% in più. Dall'altra parte
l'acquirente potrebbe fare un'osservazione generale su una presunta stagnazione che
attualmente affligge il mercato immobiliare.
Si tratta di affermazioni finalizzate a condizionare la controparte facendogli sorgere
dubbi e preoccupazioni. La loro influenza è tanto profonda quanto più le affermazioni
appaiono sincere e disinteressate. Il massimo sarebbe far arrivare questi messaggi
attraverso una terza persona apparentemente neutrale.
32. Confidarsi.
Consiste nell'invitare la controparte con calore e complicità ad un'apertura
confidenziale così da potersi rivelare reciprocamente in tutta onestà cosa ci si
ripromette dall'affare. Si tratta di proporre uno stile più informale, senza difese e
convenzionalismi, in modo da risparmiare tempo, riunioni ed eventuali spese di
mediazione.
Questo atteggiamento diventa una tattica astuta quando la parte che la propone è
già preparata a rilevare in modo apparentemente spontaneo solo ciò che gli è più utile.
Diventa poi particolarmente insidiosa quando si riesce a farsi confidare le offerte che la
controparte ha già ricevuto e perfino quali potrebbero essere le proprie stesse
alternative all'accordo con lei ("mi dica...come lavora la concorrenza...")
Indici dell'utilizzo di questa tattica sono spesso gli inviti alla riservatezza e alla
segretezza verso terzi ("che resti tra noi!").
33. Dimenticare
L'efficacia di questa tattica è proporzionale alla smemoratezza e alla distrazione della
controparte. Consiste, al termine di una riunione lunga e articolata, nel dichiarare di
aver dimenticato cosa è stato concordato in precedenza e nel pregare la controparte di
riassumerlo. Alle volte facendo il punto della situazione possono sfuggire alcuni dettagli e, dato che si tendono a ricordare meglio le concessioni fatte piuttosto che quelle
ricevute in quanto le perdite sono più emotivamente pregnanti, vi è una certa
probabilità che i dettagli dimenticati siano fatalmente quelli a sé favorevoli.
Quando poi verranno ricordati il più delle volte sarà ormai troppo tardi!
34. Allearsi
Secondo Cohen e Bradford (1999) coltivare alleanze è una delle strategie più potenti
per acquisire potere. Procurarsi un alleato di prestigio (una persona influente,
un'azienda, una istituzione ecc.) consente di acquisire a propria volta autorità (effetto
alone) e di poter offrire alla controparte anche un valore d'immagine nel caso l'accordo
venga concluso.
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In alcuni casi ci si può mostrare interessati ad allearsi con la controparte stessa
usando magari la tecnica del "nemico comune” (per esempio "In tutta sincerità
preferirei l'abitazione che vende il suo vicino, ma proprio non riesco a sopportarlo, avrà
notato anche lei quanto sia sgradevole, perciò vorrei dargli uno smacco concludendo
l'affare con lei... naturalmente a parità di condizioni!").
35. Scegliere l’arbitro
Se una delle parti riesce ad introdurre in trattativa un esperto che appaia
assolutamente imparziale e distaccato (utilizzando magari la tecnica dell'affermazione
contraria agli interessi della parte che lo assolda), esso potrà lentamente conquistarsi
la fiducia di tutti i negoziatori acquisendo implicitamente il ruolo dell'arbitro. Di
conseguenza potrà in modo sottile ma efficace iniziare a lavorare a favore di chi alla fin
fine lo sta pagando.
La contromossa consiste nel rifiutarsi di trattare con l'esperto per quanto super
partes possa sembrare.
36. Tirare le fila
Rappresenta la tattica speculare a quella del "dimenticare". In questo caso saremo
noi stessi a offrirci di riassumere e/o mettere a verbale il quadro della situazione
delineatasi a fine incontro, risparmiando alla controparte una gravosa incombenza. In
questo modo si potrà tentare di inserire qualche nuova concessione, dandola come
implicita in ciò che già è stato accordato. Se la controparte non noterà questa
"integrazione" le sarà difficile ritirarla a posteriori.
Nel pieno della trattativa si può utilizzare questa tattica anche in risposta ad una
obiezione cercando di riformularla in modo fedele ma più attenuato e quindi più
facilmente confutabile. In questo modo si può indurre la controparte ad ammorbidire le
proprie posizioni dandogli al contempo la sensazione di essere ascoltata e capita.
37. Apprezzare
È la tattica del "pugno di ferro in guanto di velluto". Più si dimostra stima personale,
rispetto e benevolenza verso la controparte, più si guadagna margine di tolleranza per
negoziare in modo duro sui contenuti. Nei casi estremi si può arrivare ad abbandonare
con prepotenza il tavolo negoziale, mantenendo comunque buoni rapporti personali e
tenendosi la porta aperta per tornare ammettendo di essere stati troppo duri e
complimentandosi per il sangue freddo della controparte.
38. Stremare
Winkler ha osservato l'uso di questa tattica da parte di alcuni negoziatori medioorientali che invitano i rappresentanti dei fornitori europei a fare un giro turistico della
città nelle ore più calde. Finito l'estenuante tour li portano poi ad assistere ad uno
spettacolo di varietà in un night-club. Solo verso mezzanotte interviene il responsabile
dello staff della società medio-orientale che, forte dell'aver riposato tutto il pomeriggio,
comincia a lavorarsi i negoziatori europei fino a strappare le concessioni più generose
alla volta delle tre del mattino! In un contesto più nostrano possono fungere allo stesso
scopo ricchi pranzi con abbondanti libagioni, inviti a teatro, visite guidate all'intero
stabilimento ecc. Chiaramente il negoziatore dovrà trovare una buona scusa per
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delegare al suo staff l"'intrattenimento" della controparte.
39. Mettere fuorigioco
Attraverso questa tattica un funzionario governativo addetto agli acquisti per
Giakarta riusciva puntualmente a dare il colpo di grazia ai fornitori occidentali,
arrivando perfino a farli vendere sottocosto. Dopo aver già torchiato la controparte con
le tattiche dell'asta, dell'allearsi, del confidarsi e del temporeggiare, chiedeva condizioni
di pagamento particolarmente favorevoli.
Una volta strappata anche quest'ultima concessione, volava in Europa presso la sede
del fornitore e al cospetto del direttore generale si informava con atteggiamento
benevolo se la concessione della dilazione del pagamento fosse stata molto gravosa per
l'azienda. Prontamente il direttore non si faceva scappare l'occasione di sottolineare
che grosso sacrificio la sua società stava sostenendo per soddisfare anche quella
richiesta, arrivando ad esagerare la dichiarazione delle perdite economiche che essa
comportava. A quel punto il funzionario tirava fuori il contratto già firmato dal suo
governo dichiarando con soddisfazione che la dilazione al momento non era più
necessaria e che quindi quella perdita che ora la società avrebbe risparmiato doveva
trasformarsi in un ulteriore sconto di pari valore!
Si tratta quindi di dimostrare il proprio interesse per un particolare elemento
dell'offerta della controparte e farla sbilanciare circa il suo valore (che verrà
puntualmente esagerato), quindi si dichiara di volervi rinunciare chiedendo di
trasformare in sconto quel valore.
40. Sbiadire i costi
Questa tattica è comunemente usata per far apparire meno onerosi i costi che la
controparte dovrà sopportare per chiudere l'affare. Vi sono numerosi modi per
raggiungere questo obiettivo. Distribuire il costo nel tempo (ad esempio il classico
"costa come un caffè al giorno..."), non presentare il prezzo totale dell'offerta ma quella
dei singoli elementi che la compongono magari rendendo difficilmente calcolabile il costo complessivo (per esempio "ogni volume di quest'opera costa solo 47 euro... ed il
prezzo resterà invariato fino alla consegna del novantesimo volume!!"), dimostrare come
il costo è facilmente ammortizzabile (per esempio "la rata per queste finestre con
doppia vetrocamera si paga con i risparmi energetici"), confrontarlo con costi più
consistenti relativi sia a spese da poco effettuate (per esempio la tattica dell'optional,
non starà mica a speculare su poche centinaia di euro ora che ha acquistato la sua
splendida nuova auto!") sia a spese che si effettuano quotidianamente non notando la
loro incidenza (per esempio "ma ha mai pensato a quanto spende in sigarette in un
anno...") ed infine sottraendo al costo della richiesta quello che comunque la
controparte dovrebbe spendere rivolgendosi altrove, in modo da non dover più giustificare l'intero prezzo ma solo la differenza (irrisoria!) tra il prezzo della propria offerta e
quello della concorrenza.
41. Chiedere un’opzione
È una tattica semplice ma efficace soprattutto se è buona la relazione con la
controparte. Dopo una trattativa serrata si fa in modo che la controparte dichiari
esplicitamente qual è la sua ultima offerta. Essendo le posizioni ancora distanti, si
chiede quindi di poter ricevere un'opzione: cioè il diritto di essere informato e decidere
se concludere l'affare qualora la controparte stesse accordandosi con un altro
negoziatore su una posizione più ridimensionata.
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Se la controparte fosse così cortese (ed ingenua!) da concedere l'opzione, si avrà
acquisito il diritto di chiudere l'affare alle condizioni migliori e senza essere obbligati a
fare un'offerta più alta.
42. Pilotare
Consiste nel sottoporre alla controparte le proprie proposte negoziali nella forma di
domande pilotanti. Questo tipo di domande sono insidiose perché nonostante sembrino
consentire alla controparte una certa libertà di scelta, in realtà mirano a sottrargli la
libertà principale: quella di rifiutare la proposta.
La classica domanda pilotante è quella che presenta due o più alternative chiedendo
di scegliere la più interessante. Ad esempio: "a fronte di questo stipendio preferirebbe
come benefit l'auto aziendale o l'assicurazione odontoiatrica?", "le offro il 10% in meno
di quello che lei chiede: preferisce un pagamento in contanti o con assegno circolare?".
Se la controparte ingenuamente risponde a una domanda così formulata, si ritrova ad
aver implicitamente accettato le premesse su cui si fonda.
In generale la domanda ha un notevole potere nel catturare ed indirizzare
l'attenzione dell'interlocutore. Ciò viene sfruttato per far avanzare la trattativa dando
implicitamente per risolte questioni potenziaimente ancora conflittuali o per indirizzare
l'attenzione della controparte su contenuti a noi favorevoli (per esempio "ti ricordi
esattamente quali concessioni ti ho fatto nelle trattative dell'anno scorso?").
La contromossa consiste nel vincere la tendenza a rispondere in automatico alle
domande, magari fornendo informazioni che poi ci danneggiano, ed imparare a
rispondere alle domande con altre domande (per esempio se la controparte chiede
"Come crede che dovrei comportarmi?" possiamo rispondere "Non si sente ancora
sicuro sul da farsi?"). Hindle consiglia di considerare le informazioni che si danno alla
controparte come delle concessioni, ogni apertura deve venire reciprocata.
43. Evidenziare le differenze
È una tattica per incrementare la propria forza negoziale agli occhi della controparte.
In genere chi per primo ha il coraggio di dichiarare in modo esplicito e dettagliato quali
sono i punti di contrasto tra sé e la controparte, è percepito come colui che ha meno da
perdere. Al contempo si qualifica anche come il più zelante ed il più franco.
44. Fare l'avvocato del diavolo
Consiste nel controbattere alle richieste ed alle argomentazioni della controparte
invitandola a soffermarsi a riflettere su quali potrebbero essere le conseguenze negative
se queste venissero accettate come valide. È una strategia da presentare come un
modo per aiutare la controparte a vedere le questioni con una prospettiva più ampia
evitandole di doversi poi pentire in futuro a causa di ripercussioni non previste.
45. Andare oltre
È una tattica finalizzata a comprendere in profondità quali sono le motivazioni e gli
interessi della controparte. Spesso l'occasione più preziosa per raccogliere queste
informazioni è quando la controparte solleva obbiezioni circa la qualità di una proposta
ricevuta. Per questo motivo, nonostante sia utile riuscire a prevenirle, le obbiezioni
rappresentano spesso una preziosa opportunità per i venditori ed i negoziatori.
Il problema è che alle volte le obbiezioni sono solo dei pretesti che nascondono i veri
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motivi di disaccordo. Inoltre alcune obbiezioni sono puramente emotive e sono spinte
dal desiderio di mettere in difficoltà la controparte, di dimostrarsi esperti, di sentirsi
importanti ecc. Una risposta fredda e formale a questo tipo di obbiezioni spesso
innesca discussioni viziose e distruttive. La migliore risposta consiste nell'interpretarle
come un invito a migliorare la qualità della relazione con la controparte.
Per approfondire i motivi sottostanti alle obbiezioni speciose può essere utile la
tattica dell"'andare oltre" che consiste semplicemente nel rispondere all'obbiezione con
un convincente “... e oltre a questo..." o “se questo problema fosse risolto cos'altro
ancora non la convincerebbe?".
In questo modo la controparte viene invitata ad andare finalmente al cuore delle sue
esitazioni così da poterle trattare e superare.
46. Scrutinare i dettagli
Secondo Anderson il successo di una negoziazione sta nei dettagli dell'accordo finale.
Quindi sono da analizzare punto per punto e, quando si individua un aspetto che non
era stato definito, si deve fare in modo di precisarlo a proprio vantaggio. Nulla è da
dare per scontato, nulla deve essere ritenuto insignificante e tutto deve venire sondato.
Negoziare in modo puntiglioso su tutti i punti, specialmente quelli più marginali, è poi
utile per sfiancare la controparte e farla arrivare indebolita alla discussione sulle
questioni principali.
Infine, per suggestionare ed intimidire la controparte, può essere utile mostrarsi a
prendere frequentemente appunti o persino chiedere di poter usare un registratore.
47. Concordare
Non porsi mai in una posizione frontale per demolire le affermazioni della
controparte, anche se si è in netto disaccordo. Diversamente si ottiene in genere l'unico
risultato di far arroccare ulteriormente il proprio interlocutore sulle sue posizioni. Le
idee ed i sentimenti che la controparte esprime, anche se non ci trovano d'accordo,
devono comunque venire accettati come legittimi. Nelle tecniche di vendita ci si
riferisce a questa tattica come quella dell"'aikido" o del "sì... ma ("sì capisco la sua
critica ma tenga presente che...") Ancora più efficace è la tecnica delle tre P: Prova,
Provato e Portato suggerita nella versione anglosassone da Dawson. La forma è
"comprendo bene quello che Prova, io stesso e molte altre persone hanno Provato le
stesse cose all'inizio, ma poi sa che cosa ci ha Portato a vederla diversamente? Il fatto
che...". Da questo punto può proseguire l'opera di persuasione, senza però avere
lasciato cicatrici nella relazione.
48. Manipolare il “frame”
A seconda del contesto ("frame") in cui una concessione od una richiesta vengono
presentate, viene modificata la percezione del loro valore. La controparte legge ogni sua
concessione sostanzialmente in due modi: o come una perdita o come un mancato
guadagno. Ad esempio, se vendo i vecchi mobili del mio ufficio a 3000 euro invece che
a 3500, posso interpretare lo sconto che ho concesso come un mancato guadagno di
500 euro o come la perdita di 500 euro che dovrò aggiungere di tasca mia assieme ad
altri 2500 per comprare i nuovi mobili che costano 6000 euro.
Molte ricerche dimostrano che l'essere umano è più avverso alle perdite rispetto a
quanto sia orientato ai guadagni, quindi la stessa concessione è percepita come più
gravosa se letta come perdita invece che come mancato guadagno. Ne consegue che il
negoziatore dovrebbe cercare di creare un "frame" positivo per la propria controparte in
modo da renderla più disponibile a concedere. Al contempo, egli dovrebbe presentare le
proprie richieste non come spinte dall'ingordigia del guadagno ma dalla necessità di
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evitare passività. Ad esempio: "se non ricevo l'aumento che avevo richiesto, dovrò
impiegare due anni in più del previsto per estinguere il mutuo per la mia prima casa"
(poco importa se è una villa con piscina'.). In base allo stesso principio, il negoziatore
dovrà valorizzare le proprie offerte presentandole come perdite che dovrà subire.
49. Porre problemi etici
Questa tattica mira ad indebolire le argomentazioni impiegate dalla controparte per
sostenere le proprie richieste. Si tratta di metterne in luce le eventuali incoerenze, gli
errori di logica, la scarsa fondatezza su dati concreti, ma soprattutto di estremizzarne
le conseguenze fino a renderle moralmente discutibili o perfino inaccettabili. Ad esempio, se un nostro condomino, proprietario di un locale accatastato come ufficio, volesse
il nostro benestare per utilizzarlo comunque come appartamento con l'argomentazione
che per il condominio ciò non fa alcuna differenza, potremmo obiettare che se tutti
trasformassero la destinazione d'uso del proprio appartamento dichiarandolo come ufficio, allora nessuno pagherebbe più le tasse sulla casa.
Una versione più rischiosa della tattica mira a creare sensi di colpa nella controparte
per la sua scarsa disponibilità o per l'offensività e l'ingiustizia delle sue proposte.
50. Raccogliere informazioni
Essendo una tattica distributiva, la ricerca di informazioni è finalizzata soprattutto a
scoprire i punti deboli della controparte. Il negoziatore dovrebbe procedere come un
detective sfruttando tutte le possibili occasioni per ottenere informazioni sulla
controparte. Occasioni sociali informali, contatti con ex dipendenti dell'azienda, visite
presso la sede della controparte magari nella veste di Utenti, consultazione dei rapporti
annuali della società, ricerche in Internet; sono numerose le fonti attraverso cui
acquisire notizie ed indicazioni. Una volta che si è verificata la loro, fondatezza, queste
informazioni possono essere utilizziate sia per indebolire la controparte sia per
rafforzare la propria posizione confezionando su misura le proprie proposte.
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