Capitolo 2 - Libri Professionali

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Capitolo 2 - Libri Professionali
Edizioni Simone - Vol. 7 Diritto Processuale Penale
Capitolo 2
L’arresto ed il fermo
Sommario
1. L’attuazione dell’Habeas Corpus in Italia. Le misure precautelari.
2. Arresto in flagranza: nozione di stato di flagranza e di quasi flagranza. La flagranza differita.
3. L’arresto obbligatorio in flagranza. - 4. L’arresto facoltativo in flagranza. - 5. Il fermo di indiziato di delitto.
6. Doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto e fermo. - 7. Il giudizio di convalida dell’arresto e del fermo.
8. Il fermo nel Codice Antimafia.
1.L’attuazione dell’Habeas Corpus in Italia. Le misure precautelari
La misura in cui l’ordinamento appresta la tutela della libertà personale dell’individuo nei
confronti del potere coercitivo statuale è marcata dal principio dell’inviolabilità assoluta
sancito dall’art. 13 della Costituzione.
La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o di perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non
per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge (art. 13,
comma 1, Cost.).
L’impianto costituzionale a difesa della libertà personale dallo Stato (libertà negativa) si
giova del principio della riserva assoluta di legge che determina i casi tassativi e le modalità procedimentali per restringere la libertà individuale, nonché della competenza esclusiva
dell’Autorità giudiziaria a disporre per atto motivato ordini limitativi della libertà (riserva
di giurisdizione).
Le misure cautelari sono dunque coperte dalla riserva assoluta di legge. Il potere di disporle nei casi e modi tassativamente previsti spetta esclusivamente al potere giudiziario, terzo
e imparziale rispetto al potere esecutivo.
Il dettato costituzionale è il prodotto più nobile del pensiero giuridico europeo, ed affonda
le sue radici nel sistema anglosassone di common law. La tutela della libertà personale è
condensata nella locuzione latine Habeas Corpus (1), ovvero nel significato traslato dall’originario senso letterale di diritto riconosciuto all’individuo di difendersi dall’arresto o dalla
detenzione illegittima.
L’Habeas Corpus è da intendersi non solo in senso sostanziale quale diritto soggettivo a
tutela della libertà personale del cittadino nei confronti del potere coercitivo dello Stato, ma
anche in senso processuale, quale diritto ad ottenere una immediata pronunzia giurisdizionale avverso i provvedimenti restrittivi della libertà personale, disposti in via provvisoria e
cautelare in quanto precedenti all’affermazione di un giudizio incontrovertibile di condanna.
Corollari all’affermazione di tale principio sono: la natura interinale e provvisoria delle
forme restrittive della libertà personale disposte dal potere esecutivo (atti o provvedimenti
(1) Letteralmente dal latino: «che tu abbia il corpo», indicante in senso stretto l’ordine emesso da un giudice di tradurre un
prigioniero al proprio cospetto per procedere all’elevazione dell’imputazione, alle dichiarazioni preliminari di colpevolezza
o di non colpevolezza e al giudizio penale.
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Parte V: Le indagini preliminari
di polizia giudiziaria); la necessità di un tempestivo giudizio di convalida sui presupposti
di legalità e validità del provvedimento restrittivo, rimesso all’esclusiva competenza di un
giudice terzo e imparziale; la caducazione della misura provvisoria, con contestuale immediata rimessione in libertà dell’arrestato o del fermato, qualora per un qualsiasi motivo non
si tenga nei termini perentori il giudizio di convalida o vi sia un vizio o un errore di procedura, ovvero si accerti la carenza dei presupposti che hanno condotto all’emanazione di un
provvedimento coercitivo illegittimo.
La prima affermazione formale del principio dell’Habeas Corpus si rinviene nella Magna Charta Libertarum
(2), documento scritto che i baroni inglesi riuscirono a imporre al re Giovanni Senza Terra (King John, the
«Lackland») nel 1215. La codificazione è riprodotta nelle fonti di diritto inglese citate da sir William Blackstone nel 1305 sotto il regno di Edoardo I di Inghilterra, che riprende consuetudini giuridiche precedenti (Writs,
ordini del giudice di tradurre al cospetto l’arrestato o l’imprigionato per il giudizio di convalida, cd. habeas
corpus ad subjudiciendum).
La più completa definizione del principio si ha storicamente con l’emanazione del «Habeas Corpus Act emanato il 27 maggio 1679, a tenore del quale il diritto anglosassone ha codificato per iscritto l’emissione del Great
writ, ripristinandone la piena efficacia, che nel tempo si era parzialmente affievolita nella pratica delle corti
giudiziarie.
Occorre tenere a mente l’arresto o la cattura di un individuo nell’era moderna, erano disposti ed eseguiti (enforced) immediatamente dalla stessa autorità amministrativa, senza motivazione esplicita, spesso a fini non penali
(tributari, debiti privati, ordine pubblico). Il ricorso al giudice della Corona, emanazione del potere regio di
giudicare il suddito o lo straniero presente nel territorio del regno, costituì la prima e più importante garanzia
verso gli abusi del potere esecutivo, potendo superare l’autorità dell’ufficiale locale che aveva eseguito l’arresto.
Il Great writ (3) contenente l’Habeas Corpus si configura dunque quale mezzo di gravame avverso la detenzione ingiustificata.
L’Habeas Corpus trova la sua formulazione definitiva a seguito dell’emanazione del Bill Of Right a seguito
della Gloriosa Rivoluzione inglese del periodo 1688-1689, che trasformò il Regno in una monarchia Parlamentare (4). Da quel momento l’Habeas Corpus fu il principio cardine della libertà personale del cittadino, recepito in tutte le costituzioni di matrice illuministica e ottocentesca liberale. Il Bill Of Rights è attualmente in vigore quale allegato alla Costituzione degli Stati Uniti d’America (artt. 7 e 8, cd. Quinto e Sesto Emendamento).
Analogo principio è contenuto nell’art. 9 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, adottata in seno
all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 all’indomani della fine della Seconda Guerra
Mondiale (5).
Il tema dell’Habeas Corpus è divenuto di estrema attualità dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New
York nel fatidico 11 settembre 2001. La legislazione emergenziale degli USA a seguito di tale atto criminale
(2) Nella Magna Charta si registra la prima storica espressione del principio all’art. n. 39, line 40: «No free man shall be
taken, imprisoned or in any way destroyed, except by the lawful judgement of his Equals, and by the Law of the Land».
(3) Il writ in materia di Habeas Corpus è definito Great (grande, maggiore), poiché era il primo per importanza del diritto tutelato, la libertà personale, rispetto ad altri writs diretti a tradurre al cospetto del giudice procedente l’imputato libero e contumace per procedere al suo esame, oppure il testimone per escutere la testimonianza di costui. Si evidenzia che nell’attuale codice di procedura penale italiano, in modo del tutto analogo si atteggia il potere coercitivo del P.M. in materia di accompagnamento coattivo dell’indagato al fine di essere sottoposto ad interrogatorio o confronto, o in tema di citazione ed accompagnamento coattivo delle persone in grado di rendere circostanze utili per la prosecuzione delle indagini e per la ricostruzione dei
fatti. Ed ancora, in modo simile si tratteggia il potere di accompagnamento coattivo del giudice dibattimentale.
(4) Nell’apertura del Bill Of Right si legge: «Whereas great delays have been used by sheriffs, gaolers and other officers, to
whose custody, any of the King’s subjects have been committed for criminal or supposed criminal matters, in making returns
of writs of habeas corpus to them directed, by standing out an alias and pluries habeas corpus, and sometimes more, and by
other shifts to avoid their yielding obedience to such writs, contrary to their duty and the known laws of the land, whereby
many of the King’s subjects have been and hereafter may be long detained in prison, in such cases where by law they are
bailable, to their great charges and vexation».
(5) In cui si sancisce che nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato o detenuto, o esiliato (art. 9, Declaration of
human rights).
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(Patriot Act anno 2001, istituzione del dipartimento Homeland Security con poteri speciali) ha profondamente
inciso sul diritto di chi era indicato quale combattente in teatro di guerra (Irak, Afghanistan), o qualificato come
presunto terrorista, di essere detenuto e processato a seguito di una formale incriminazione entro perentori
termini di legge, determinando di contro il potere dell’amministrazione americana di mantenere lo stato di detenzione del prigioniero fino alla cessazione del conflitto e senza indicare una precisa imputazione sostenuta da
prove cristallizzate portate innanzi ad un giudice terzo per il necessario processo penale.
L’Habeas Corpus è riconosciuto dalla Costituzione repubblicana, alla luce della lettura
combinata degli artt. 13, 24, 25 e 27 della Carta costituzionale. L’attuazione dei principi
costituzionali è sancita dagli artt. 309, 310 (riesame e appello avverso le misure cautelari)
ed artt. 390 e 391 (giudizio e udienza di convalida dell’arresto e del fermo).
Il modello accusatorio del processo penale prevede la presunzione di non colpevolezza
dell’imputato quale principio cardine per posticipare l’esecuzione della condanna alla restrizione della libertà personale solo a seguito della sentenza di condanna penale passata in
giudicato, sia in senso sostanziale (accertamento incontrovertibile sul giudizio di colpevolezza), sia in senso processuale (esaurimento di ogni mezzo di impugnazione ordinario previsto dalla legge).
Ne consegue la generale inammissibilità di strumenti coercitivi a carattere limitativo o
privativo della libertà personale, presunto innocente per espressa previsione di legge costituzionale.
La limitazione o la totale privazione della libertà personale ante causam è consentita solo
nei casi e modi tassativi previsti dalla legge per primarie e indifferibili esigenze di difesa
sociale nei confronti di episodi di criminalità che destano allarme nell’opinione pubblica
(pericolo di reiterazione del reato, pericolo di fuga), per esigenze di garanzia di corretta
acquisizione probatoria (pericolo di inquinamento probatorio).
Il potere cautelare è astretto a stringenti limiti costituzionali. La Costituzione pone il già
indicato principio dell’inviolabilità della libertà personale (art. 13 cost., espressione dell’Habeas Corpus di matrice liberale). La riserva di legge assoluta e la riserva di giurisdizione in
materia di misure cautelari.
La sussistenza di ancor più rigidi presupposti per l’applicabilità delle misure precautelari
dell’arresto e del fermo, che sono subordinate non solo alla riserva di legge, ma anche alla
sussistenza di ragioni di necessità e urgenza, di particolari pene edittali per i reati che destano grave allarme sociale, alla necessaria convalida da parte dell’A.G. requirente e del
giudice, cui la misura deve essere rispettivamente comunicata entro le 48 ore, con giudizio
di convalida da pronunciarsi indefettibilmente entro le 48 ore successive.
Il limite costituzionale sulle misure precautelari di P.G. è di complessive 96 ore (pari a 4
giorni), con possibilità di loro sostituzione con le vere e proprie misure cautelari, laddove
ne ricorrano i presupposti di legge.
Il codice di rito prevede una disciplina precautelare più restrittiva rispetto al dettato costituzionale (art. 386, comma 3, messa a disposizione dell’A. G. dell’arrestato o del fermato
immediata e comunque non oltre le 24 ore dall’esecuzione della misura).
Innanzi tutto occorre osservare che le misure precautelari a carattere custodiale sono di
pertinenza della P.G. quanto ad arresto in flagranza o in quasi flagranza e fermo. Il P.M. non
ha il potere di arresto, ma solo di fermo in limitate ipotesi che rivestono finalità investigativa (assicurare la fruttuosità delle indagini) e generalpreventiva (difesa sociale contro la
criminalità).
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Le misure precautelari sono per loro stessa natura interinali e precarie. La loro adozione
è prevista in casi tassativi diversamente declinati quanto a intensità dell’esercizio del potere coercitivo a carattere obbligatorio (art. 380) o facoltativo (art. 381).
Ai fini dell’applicazione delle predette misure la pena edittale o determinata a norma dell’art. 278.
La prevede che nei casi indicati dall’art. 380, la facoltà di arresto in flagranza è attribuita ai
privati, quando si tratta di delitti perseguibili d’ufficio.
La natura anticipatoria delle correlate misure cautelari custodiali è carattere comune del
fermo e dell’arresto di P.G.
Per il fermo di P.G. il pericolo di fuga, oltre ai gravi indizi di colpevolezza, costituisce la pratica attuazione dei casi eccezionali di necessità e urgenza scolpito dall’art. 13, comma 3, Cost.
Quanto all’arresto, non sono richiamati espressamente dalla legge i parametri cautelari (art.
274), ma i medesimi devono intendersi per presupposti ai fini della sostituzione della misura a seguito dell’udienza di convalida.
Le ipotesi di obbligatorietà della misura sono correlate allo stato di flagranza o di quasi
flagranza e alla gravità edittale del reato per cui si procede; le ipotesi facoltative sono
connesse alla minore gravità edittale del fatto e alla discrezionalità di chi procede all’arresto, oltre che allo stato di flagranza o di quasi flagranza (art. 381).
Il mutamento con le misure cautelari è previsto solo se sussistono le esigenze cautelari
previste per legge (art. 274), con la conseguenza che il P.M. ha l’obbligo di porre l’arrestato o il fermato in libertà qualora non ravvisi nel fatto le predette esigenze (art. 121 disp. att.).
La sostanziale differenza fra arresto e fermo riposa sul requisito della flagranza, occorrente per l’arresto ma non per il fermo (art. 382).
2.Arresto in flagranza: nozione di stato di flagranza e di quasi flagranza. La
flagranza differita
La disposizione dell’art. 382 descrive lo stato di flagranza in chi viene colto nell’atto di
commettere il reato (cd. effetto sorpresa), mentre attribuisce lo stato di quasi flagranza in
chi subito dopo il reato è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre
persone, ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia compiuto il
reato immediatamente prima.
Ai fini dell’arresto vi è equivalenza normativa fra flagranza e quasi flagranza. Entrambe le
situazioni sono descritte quasi come fossero una qualità personale del soggetto agente, la
cui sussistenza si protrae per un apprezzabile lasso temporale (stato) e che giustifica la reazione immediata dello Stato in casi in cui la condotta criminosa è in atto nel momento
stesso in cui viene percepita dalla P.G.
Si specifica che nel reato permanente (ad es. sequestro di persona) lo stato di flagranza
dura sino a quando non è cessata la permanenza. Il perdurare nel tempo dello stato di flagranza è una conseguenza della natura giuridica di reato permanente, nel quale la condotta
tipica si reitera nel tempo mantenendo intatta l’attualità della lesione al bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice (art. 382, comma 2). Il reato permanente desta
maggiore allarme sociale, proprio in ragione della persistenza della condotta criminosa che
presuppone una maggiore capacità criminale e una predisposizione di mezzi idonei a mantenere la consumazione del reato.
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La giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito che lo stato di flagranza ai sensi dell’art. 382,
si caratterizza per lo stretto nesso tra la condotta commissiva del delitto (o quella immediatamente posteriore nello stato di quasi flagranza) e la percezione della stessa ad opera della P.G.
Il collegamento sussiste e l’arresto è legittimamente operato, laddove, pur essendo trascorso un apprezzabile lasso di tempo dalla prima percezione della condotta criminosa, l’azione della P.G. si sia svolta senza soluzione di continuità (6).
La rilevanza fra commissione del reato e pronto intervento della P.G. ai fini dell’accertamento in concreto dello stato di flagranza è ribadito da altre pronunce di legittimità (7),
secondo un orientamento ormai consolidato che permette di affermare la correttezza delle
operazioni di P.G. compiute durante lo stato di flagranza, con lo scopo di espletare gli accertamenti necessari a identificare sostanzialmente il criminale, a qualificare la gravità del
fatto e a valutare l’esercizio della facoltà di arresto, essendo irrilevante ai fini della determinazione dell’arresto in flagranza la materiale redazione del verbale alcune ore dopo
l’intervento coercitivo delle forze di polizia.
Lo stato di quasi flagranza implica comunque che la P.G. abbia avuto immediata percezione della commissione del reato e che sulla base di tale subitanea percezione, si sia attivata
per inseguire o apprendere l’autore del crimine.
La percezione sensoriale non è limitata all’aspetto visivo ma anche uditivo, purché sussista il nesso di immediatezza tra fatto di reato ed intervento della P.G. (8).
Il nesso di immediatezza non è limitato alla sola P.G., ma è esteso alla persona offesa o
ad altre persone presenti in qualche modo sulla scena criminis.
Nel concetto di inseguimento, necessario per determinare lo stato di quasi flagranza, è ricompresa ogni attività di indagine finalizzata alla cattura dell’indiziato, purché la stessa non
subisca interruzioni del nesso di continuità dopo la commissione del reato e anche nelle
ipotesi in cui la predetta attività si protragga per un apprezzabile lasso di tempo, persino per
alcuni giorni (9).
Un orientamento più rigoroso, esclude che nel concetto di continuità dell’inseguimento del
reo possa rientrarvi la nozione di continuità delle indagini, atteso che il riferimento temporale non può essere dilatato ad libitum, sino a ricomprendervi condotte criminose commesse alcune ore prima, atteso che in tali evenienze la locuzione «immediatamente prima»
perderebbe ogni significato (10).
Occorre in realtà chiarire le varie ipotesi di quasi flagranza e i requisiti differenziali con lo
stato di flagranza.
La legge prescrive la relazione di immediatezza dell’azione di contrasto della P.G. con la
percezione della condotta criminosa tanto nello stato di flagranza, quanto in quello di quasi
flagranza.
Proprio in ragione della diversità strutturale e logica fra i due stati, che sono entrambi equiparati agli effetti di legge (art. 382), lo stato di quasi flagranza è tipizzato in due distinte
ipotesi e richiede oltre che il nesso di immediatezza, il nesso di continuità afferente le
(6) Cass. 10932/2004.
(7) Cfr., fra tutte, Cass. 22156/2005; Cass. 4860/1991; Cass. 3032/1999.
(8) Cass. 35458/2007 in relazione alla percezione del reato mediante telefono.
(9) Cass. 4348/2003; Cass. 29980/2006.
(10) Cass. 3980/2000.
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indagini o le azioni necessarie per la cattura del reo. Le due ipotesi si possono definire
quasi flagranza da inseguimento e quasi flagranza da possesso a sorpresa di cose o
tracce del reato.
Nella prima sequenza di ipotesi, ovvero di reo inseguito subito dopo il reato dalla P.G.,
dalla persona offesa o da altre persone presenti, la legge presuppone il nesso di immediatezza (diretta percezione del fatto), ed il nesso di continuità. La giurisprudenza si mostra più
elastica nel determinare l’apprezzabile lasso di tempo fra arresto e fatto di reato, purché non
vi sia stata interruzione di azione investigativa finalizzata alla cattura (11).
Nesso di immediatezza, ovvero percezione diretta della commissione del fatto di reato, che
non è peraltro richiesto, anzi è letteralmente escluso nel caso tipizzato di soggetto sorpreso
subito dopo il reato con cose o tracce pertinenti al reato.
L’apparenza di tali tracce o cose fa presumere che il reo, pur non direttamente percepito dalla
P.G. nell’immediatezza del fatto, appaia aver commesso il reato immediatamente prima (12).
L’effetto sorpresa che contraddistingue lo stato di flagranza e di quasi flagranza e che richiede il nesso di immediatezza non è riferito in tale peculiare ipotesi alla diretta percezione dell’azione criminosa, ma alla diretta e immediata percezione delle cose e tracce
dalle quali appaia che il reo abbia commesso il reato immediatamente prima (quasi flagranza da possesso a sorpresa) (13).
In tali casi la legge utilizza un rafforzativo temporale dato dalla locuzione «immediatamente prima» che determina un irrigidimento dei confini temporali dell’arresto in quasi
flagranza a bilanciamento della carenza della diretta percezione.
La dizione temporale «immediatamente prima», va intesa nel senso che debba sussistere
una stretta connessione fra il fatto-reato e la sorpresa con cose o tracce del medesimo, tale
da potersi accertare un’azione senza soluzione di continuità per arrestare l’autore dell’episodio criminoso.
L’intervallo temporale tra fatto e sorpresa in quasi flagranza non può essere determinato alla
stregua di un rigido criterio quantitativo, ma deve comunque essere di breve entità (14).
L’apprezzamento dello stato di flagranza circa il tempo trascorso tra commissione del fatto
ed arresto è rimesso in via esclusiva al giudice di merito. Tale apprezzamento se correttamente motivato non può essere censurato in sede di legittimità (15).
(11) Da ultimo la giurisprudenza di legittimità ha statuito che non sussiste la condizione di cosiddetta «quasi-flagranza»
qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della P.G. sia stato iniziato per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi (Cass. 27-9-2011, n. 34918).
(12) Sulla valutazione di «quasi flagranza» si sono consolidati in giurisprudenza due orientamenti interpretativi contrastati tra di loro. Secondo il primo, più restrittiva, non sussiste la condizione di cosiddetta «quasi-flagranza» qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della P.G. sia stato iniziato per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di
terzi (Cass. 34918/2011). Per il secondo orientamento, più estensivo, la nozione di inseguimento del reo, nell’ambito della
cosiddetta quasi flagranza del reato, ricomprende l’azione di ricerca immediatamente posta in essere, anche se non subito
conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità, sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a conoscenza dei fatti (Cass. 44369/2010). Sulla base di tale orientamento, pertanto, è stato ritenuto che l’inseguimento
può avvenire anche dopo un periodo di tempo necessario alla polizia giudiziaria per giungere sul luogo del delitto, acquisire
notizie utili e iniziare le ricerche, ed ha ritenuto legittimo l’arresto eseguito dagli operanti intervenuti nell’immediatezza
della commissione del fatto, i quali dopo circa quattro ore avevano trovato gli indagati sulla base delle dichiarazioni dei testimoni oculari e dei correi.
(13) Cass. 6642/1997.
(14) Cass. 5508/1998 che valorizza le locuzioni avverbiali «subito dopo» e «immediatamente prima».
(15) Cass. 1350/1998.
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L’utilizzo da parte del legislatore del verbo «commettere» in relazione all’atto di consumazione del delitto nelle ipotesi di flagranza e di quasi flagranza, impedisce di configurare tali
stati in caso di delitti non colposi omissivi, la cui perfezione si realizza mediante una condotta omissiva rispetto ad un obbligo giuridico di attivazione e giammai mediante una
condotta commissiva (tesi dell’inconfigurabilità dello stato di flagranza nei delitti omissivi).
Dalla teoria alla pratica
Un accorto passante scorge per caso un individuo che appicca il fuoco a più vetture parcheggiate
sulla pubblica via. Ne annota la targa, lo insegue ed avvisa via cellulare i Carabinieri che, immediatamente intervenuti sul posto e senza interrompere le ricerche, lo rintracciano, trovandolo in possesso di una tanica di benzina e del veicolo indicato dal passante. Il reo viene tratto in arresto per quasi
flagranza del delitto di incendio doloso (caso tratto da Cass. I, 23560/2006)
In ore notturne, i Carabinieri di pattuglia rinvengono un quantitativo di sostanza stupefacente nella
disponibilità di un cittadino extracomunitario che avevano visto essere avvicinato da alcuni individui.
La droga era occultata nel vano portabagagli del veicolo al medesimo riconducibile posteggiato poco
fuori dal parco cittadino. I militari dapprima sequestrano lo stupefacente e subito dopo traggono in
arresto il reo sorpreso in flagranza del reato permanente di detenzione illecita di sostanze stupefacenti a fini di cessione (caso tratto da Cass. VI, 751/1995).
A volte la legge, pur in presenza dei presupposti per la flagranza di reato, contempla la
possibilità di ritardare l’arresto con decreto motivato del P.M. L’ipotesi più usuale è descritta nella disposizione dell’art. 98, D.P.R. 309/1990, in tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti. In tali evenienze l’accertamento dello stato di flagranza deve essere
verificato non al momento del ritardato arresto, bensì a quello in cui il provvedimento restrittivo avrebbe dovuto essere eseguito (16).
In altri casi, espressamente previsti dalla legge penale, l’arresto prescinde dalla flagranza
di reato. Nel reato di evasione ad esempio l’art. 3 del D.L. 152/1991, convertito nella legge 203/1991, prevede la possibilità di effettuare l’arresto anche oltre i casi di flagranza. Alla
medesima soluzione si potrebbe peraltro giungere considerando il reato di evasione di cui
all’art. 385 c.p., alla stregua di un reato permanente, nel qual caso la flagranza cessa al
cessare della permanenza della condotta illecita.
Per contrastare il fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive e calcistiche, il D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, convertito in L. 24 aprile 2003, n. 88 ha inciso con
modifiche sulla legge n. 401/1989 ampliando le ipotesi di flagranza differita.
Trattasi di un istituto di creazione legislativa (fictio juris), che equipara alla flagranza alcune ipotesi in cui non è possibile procedere per ragioni di sicurezza o di incolumità pubblica
all’arresto degli autori di gravi reati contro l’ordine pubblico (es. la Polizia osserva il lancio
di oggetti pericolosi fra due opposte fazioni di tifosi allo stadio, ma non procede all’arresto
nell’immediatezza per evidenti ragioni di opportunità).
Segnatamente, la legge prevede le ipotesi di reati commessi con violenza alle persone o alle
cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto in flagranza ai sensi degli artt. 380 e 381. Quando non sia possibile procedere
in via immediata all’arresto per ragioni di incolumità e di ordine pubblico, si considera
comunque in stato di flagranza ai sensi dell’art. 382 c.p., colui che sulla scorta di documen(16) Cass. 14126/2007.
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tazione video-fotografica o in base ad altri inequivocabili elementi oggettivi, ne risulti autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque non oltre le 48 ore dal fatto (termine di flagranza differita dilatato dalle
originarie 36 ore a mente dell’art. 4, comma 1, del D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, convertito in
legge 4 aprile 2007, n. 41 (17).
Nei casi di arresto in flagranza differita. Le misure coercitive possono essere applicate anche
al di fuori dei limiti previsti dal codice di rito in via generica ai sensi degli artt. 274, comma
1, lett. c) e 280.
Dalla teoria alla pratica
Durante la manifestazione calcistica del derby romano, a seguito di alcuni lanci di oggetti contundenti e di lacrimogeni fra le due opposte tifoserie, la Digos identifica alcuni facinorosi. Il martedì mattina
successivo alla partita domenicale trae in arresto 24 ultras in flagranza differita.
3.L’arresto obbligatorio in flagranza
In considerazione del carattere di estrema urgenza che caratterizza l’arresto in flagranza, la
titolarità del potere coercitivo spetta alla P.G. per l’arresto e per il fermo; al P.M. per il
fermo e per i reati commessi in sua presenza in udienza, ad esclusione dei reati di falsa o
reticente testimonianza ex art. 378 c.p. (art. 476, 1 e 2 comma, unico caso di potere di arresto incardinato nelle mani del magistrato requirente); al privato (potere di arresto facoltativo) nei casi di reati perseguibili d’ufficio, in ordine ai quali la P.G. avrebbe il potere di
arresto obbligatorio (art. 383).
Come già evidenziato l’arresto in flagranza può essere obbligatorio o facoltativo.
L’obbligatorietà dell’arresto in specifici casi previsti dalla legge, si giustifica con la particolare gravità dell’azione criminosa, e con il favor per l’azione di contrasto immediata ad
opera della P.G. Non sempre alla misura pre-cautelare dell’arresto obbligatorio in flagranza
segue l’applicazione di una misura cautelare custodiale, coercitiva o interdittiva. La valutazione circa la legittimità dell’arresto e la sussistenza per l’applicazione delle misure cautelari è affidata all’A. G. e al giudice della convalida.
I presupposti cui la legge subordina l’arresto obbligatorio in flagranza si connettono alla
natura di delitto consumato o tentato non colposo; allo stato di flagranza o di quasi flagranza nei termini indicati nel paragrafo precedente; alla gravità del fatto di reato desunto da
parametri di legge che limitano le ipotesi in base alla pena edittale o ad un elenco di delitti
contenuti nel codice penale o nelle leggi penali speciali.
La quantità della pena edittale irrogabile nei reati soggetti ad arresto obbligatorio in flagranza varia dalla reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a 20
anni, ovvero la pena dell’ergastolo. Il computo si effettua sulla pena astrattamente comminata dalla legge per il delitto non colposo consumato o tentato e non alla pena applicata in
concreto dal giudice in caso di condanna (art. 380).
(17) Come detto il termine che consente l’arresto differito è stato esteso da 36 ore a 48 ore dal D.L. 8-2-2007, n. 8 (conv.
in L. 41/2007). La disposizione ha efficacia sino al 30-6-2013, ai sensi del comma 1quinquies dell’art. 8 della L. 401/1989
(introdotto dal D.L. 187/2010, conv. in L. 217/2010).
Capitolo 2: L’arresto ed il fermo
243
Anche fuori del calcolo qualitativo della pena edittale, l’art. 380, comma 2, prevede un’elencazione tassativa di delitti non colposi consumati o tentati per cui gli ufficiali o gli agenti
di P.G. debbono obbligatoriamente procedere all’arresto in flagranza.
L’elenco dei reati riportato nell’art. 380 prevede gravi delitti anche di criminalità organizzata di stampo mafioso e comune, che destano maggiore allarme sociale:
a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall’articolo 419 del codice penale;
c) delitti contro l’incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita
la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;
d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall’articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall’articolo 600bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall’articolo 600ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600quater.1, e delitto di iniziative turistiche
volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall’articolo 600quinquies del codice penale;
d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall’articolo 609bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall’articolo 609octies del codice penale;
d-ter) delitto di atti sessuali con minorenne di cui all’articolo 609quater, primo e secondo comma, del codice penale;
e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977,
n. 533 quella prevista dall’articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo
che, in quest’ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4),
del codice penale;
e-bis) delitti di furto previsti dall’articolo 624bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante
di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;
f) delitto di rapina previsto dall’articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall’articolo 629 del
codice penale;
g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in
luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi
clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’articolo 2, comma terzo, della
legge 18 aprile 1975, n. 110;
h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’art. 73 del testo unico approvato con
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo;
i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni;
l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall’articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, delle associazioni di carattere militare previste dall’articolo 1
della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e
2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art.
3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654;
l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall’articolo 416-bis del codice penale;
m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista
dall’articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale, se l’associazione è diretta alla commissione di più delitti
fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma.
L’elencazione contenuta nell’art. 380 è stata oggetto di alcuni notevoli ampliamenti delle fattispecie, introdotti
con leggi speciali in materia di sicurezza pubblica (18).
(18) La legge 26 marzo 2001, n. 128 (cd. pacchetto sicurezza) ha individuato nel furto in abitazione e nel furto con strappo
(cd. scippo) autonome figure di reato, con conseguente impossibilità di calcolarne il bilanciamento delle circostanze delle
medesime ipotesi di furto aggravato, in precedenza considerate quali mere circostanze aggravanti del furto. Altri interventi
legislativi tendenti all’inasprimento repressivo si sono registrati in materia di violenza sessuale (D.L. 11/2009, convertito
nella L. 38/2009) e in materia di sicurezza pubblica sempre sul furto aggravato (L. 94/2009).
244
Parte V: Le indagini preliminari
4.L’arresto facoltativo in flagranza
Nelle diverse ipotesi contemplate dall’art. 381, l’arresto in flagranza diviene facoltativo,
ovvero è rimesso alla discrezionalità dell’operatore di P.G.
L’ufficiale o l’agente di P.G. nell’esercizio del proprio potere discrezionale deve considerare due criteri inerenti la pericolosità sociale del reo, desunta dalla sua personalità o dalle
circostanze del reato (parametro soggettivo) e dalla gravità del fatto commesso, da intendersi quale intensità della lesione o della messa in pericolo dell’interesse giuridicamente tutelato dalla norma penale incriminatrice (parametro oggettivo) (19).
La giurisprudenza ritiene che per la legittimità dell’arresto facoltativo in flagranza non
occorra la compresenza di entrambi i requisiti, essendo sufficiente che ne ricorra almeno
uno (20).
La norma non impone l’obbligo di motivazione alla P.G. Gli operanti possono indicare
specificamente le ragioni che hanno determinato la scelta di procedere all’arresto facoltativo in flagranza, al fine di permettere il sindacato sulla legittimità dell’arresto a cura dell’A.
G. procedente alla luce degli elementi contenuti nel verbale d’arresto e negli atti investigativi compiuti (21).
La tecnica legislativa che individua le ipotesi in cui poter procedere con l’arresto facoltativo in flagranza è analoga a quella prevista per l’arresto obbligatorio, differenziandosi esclusivamente per la minore gravità dei delitti individuati tramite elenco tassativo, o mediante
criteri qualitativi (fattispecie tipizzate) o sanzionatori (quantità della pena edittale irrogabile).
Differentemente a quanto previsto in tema di arresto obbligatorio, si può procedere all’arresto facoltativo anche per delitti colposi. Non è inoltre indicata una soglia edittale minima.
In linea generale, l’art. 381, comma 1, prescrive che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo,
consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel
massimo a tre anni, ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena
della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
La disposizione elenca una serie di ipotesi di reato tassative. Altre ipotesi possono essere contemplate in norme
penali incriminatrici extracodicistiche:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
h)
i)
l)
peculato mediante profitto dell’errore altrui previsto dall’articolo 316 c.p.;
corruzione (propria) per un atto contrario ai doveri d’ufficio prevista dagli art. 319 e 312 c.p.;
violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336, comma 2, c.p.;
commercio e somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive, previsti dagli articoli
443 e 444 del c.p.;
corruzione di minorenne prevista dall’articolo 609-quinquies del c.p.;
lesioni personali prevista dall’art. 582 del c.p.;
furto previsto dall’articolo 624 c.p.;
danneggiamento aggravato a norma dell’articolo 635, comma 2, c.p.;
truffa prevista dall’articolo 640 c.p.;
appropriazione indebita prevista dall’articolo 646 c.p.;
(19) Art. 381, comma 4: si procede all’arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero
dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto.
(20) Sul principio dell’alternatività v. Cass. 25694/2003.
(21) Cfr., su tutte, Cass. 7153/1998.
Capitolo 2: L’arresto ed il fermo
245
m) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24, comma 1,
della legge 18 aprile 1975, n. 110;
m-bis) fabbricazione, detenzione o uso di documento d’identificazione falso, previsti dall’art. 497bis c.p.;
m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di
altri ai sensi dell’art. 495 c.p.;
m-quater)fraudolente alterazioni per impedire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali ai sensi
dell’art. 495ter c.p.
Se tratta di delitto perseguibile a querela, l’arresto in flagranza può essere eseguito se la
querela viene proposta anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di
polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela,
l’arrestato è posto immediatamente in libertà.
Non è consentito l’arresto della persona richiesta di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero per reati concernenti il contenuto delle informazioni, attesa la configurabilità in tali ipotesi del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere e
della possibilità di utilizzare misure coercitive per assicurare quantomeno l’identificazione
del soggetto.
Il divieto di arresto si connette anche al delitto di false informazioni al P.M. ai sensi dell’art.
371 c.p.
Dalla teoria alla pratica
A seguito di una chiamata al pronto intervento, i Carabinieri di pattuglia intervengono per sedare una
lite familiare. Giunti sul posto scoprono che il marito aveva picchiato ripetutamente la moglie e i figli.
Assunte sommarie informazioni sul luogo del fatto, scoprono nell’immediatezza che l’atto di violenza
non è un episodio isolato, bensì l’ultimo di una serie costante di minacce e percosse. I militari operanti traggono il marito in arresto (facoltativo) per il delitto di maltrattamenti in famiglia (caso tratto da
Cass. 888/1994).
5.Il fermo di indiziato di delitto
Al pari dell’arresto in flagranza di reato il fermo è una misura precautelare privativa della libertà personale. Il fermo ha durata temporanea e provvisoria. Entro 48 dall’avvenuto
fermo il P.M. deve chiedere al G.I.P. la convalida della misura e l’applicazione di misure
cautelari custodiali o coercitive (art. 390).
L’art. 384, comma 1, recita: «anche fuori dai casi di flagranza, quando sussistono specifici
elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato, fanno ritenere
fondato il pericolo di fuga, il P.M. dispone il fermo della persona gravemente indiziata di
un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel mino a due anni e superiore nel massimo a sei anni, ovvero di un delitto concernente le armi da guerra o gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo,
anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico».
A ben osservare il testo dell’art. 384, la norma distingue fra presupposti applicativi e limiti legali o condizioni di applicabilità della misura pre-cautelare. Tutti i requisiti previsti
dalla norma devono sussistere per l’applicabilità del fermo.
Il presupposto del fermo è individuato dalla norma processuale nel fondato pericolo di
fuga del gravemente indiziato di delitto (art. 384).
246
Parte V: Le indagini preliminari
Il pericolo di fuga è la tipizzazione anticipata della medesima esigenza cautelare indicata
nell’art. 274, comma 1, lett. b). Tale presupposto che caratterizza in fermo, oltre al contesto
di gravità indiziaria e ai limiti quantitativi e qualitativi del delitto per cui si procede,
consente al giudicante di applicare una misura cautelare a seguito del giudizio di convalida
che può essere anche più tenue rispetto alla restrizione in carcere o alla detenzione presso
l’abitazione.
Il fermo è adottabile anche fuori dei casi di flagranza di reato e per delitti dolosi e colposi
(art. 384). Il fermo non è mai eseguibile dai privati.
Quindi, il fermo, rispetto all’arresto ha una portata investigativa più ampia, perché prescinde
dalla flagranza di reato; pone quale presupposto il fondato pericolo di fuga; richiede quale
condizioni di applicabilità la gravità indiziaria; individua il limite legislativo nei reati a pena
edittale compresa in una forbice minima (cd. floor: reclusione non inferiore a due anni) e
massima (cd. cap: reclusione superiore a sei anni o ergastolo), ovvero in reati che destano
grave allarme sociale (armi da guerra, esplosivi, terrorismo interno e internazionale).
Il potere di disporre la misura pre-cautelare è demandato in via principale al P.M. e in via
subordinata e residuale alla P.G. di propria iniziativa prima che il P.M. abbia assunto la
direzione delle indagini (art. 384, comma 2).
Gli ufficiali e gli agenti di P.G. procedono inoltre al fermo di propria iniziativa qualora sia
successivamente individuato l’indiziato, ovvero sopravvengano specifici elementi, quali il
possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l’indiziato sia in procinto
di darsi alla fuga e non sia possibile per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del P.M.
Ne consegue che le ipotesi di fermo ad iniziativa della P.G. sono connesse a due ordini di
situazioni: la carenza sulla scena investigativa dell’intervento del P.M. dominus delle investigazioni (art. 384, comma 2) in tali casi la P.G. svolge un ruolo di supplenza e di sostituzione dell’organo requirente); oppure il versare in una situazione di urgenza investigativa,
sopravvenuta in base a specifici elementi, anche tipizzati, quali il possesso di documenti
d’identificazione falsi, che impongano alla P.G. di procedere immediatamente senza attendere l’intervento del P.M. (art. 384, comma 3).
Qualora, nonostante il fermo disposto con decreto motivato del P.M., l’indiziato si dia con
successo alla fuga, la misura precautelare è caducata e perde automaticamente efficacia. Al
P.M. non resta che richiedere al giudice l’ordinaria misura cautelare custodiale ed accertare,
eventualmente lo stato di latitanza (22).
La giurisprudenza ha analizzato soprattutto la sussistenza del pericolo di fuga. In sintesi si
deve ritenere che per essere legittimamente disposto il fermo debba costituire condicio sine
qua non per la captazione dell’indiziato di delitto e per la sua assicurazione all’autorità
giudiziaria procedente. Nel senso che se il fermo non intervenisse, si porrebbe la ragionevole probabilità che l’inquisito faccia perdere le proprie tracce (23).
Gli elementi dai quali desumere il fondato pericolo di fuga debbono essere connotati dalla
specificità e concretezza, ovvero direttamente riferibili alla persona dell’indiziato e connotanti un pericolo reale e concreto che il medesimo si dia alla fuga (24).
(22) Cass. Sez. Un. 9/1993.
(23) Cass. 1520/1991.
(24) Cass. 3364/1998.
Capitolo 2: L’arresto ed il fermo
247
La probabilità del verificarsi della fuga può essere desunta da elementi indiziari, purché
gravi, univoci e concordanti (25).
Il pericolo di fuga comprende anche le ipotesi in cui l’indiziato abbia fatto perdere momentaneamente le proprie tracce e si sia reso irreperibile sia sul territorio nazionale che verso l’estero.
Il pericolo di fuga oltre i confini del territorio dello Stato, attesta una situazione di pregiudizio particolarmente qualificata.
Dalla teoria alla pratica
Il P.M. emette un decreto di fermo per un delitto per il quale è gravemente indiziato un militare americano appartenente alle forze N.A.T.O. di stanza a Napoli. Il G.I.P. non convalida la misura pre-cautelare disattendendo la tesi secondo cui il fondato pericolo di fuga possa essere desunto dall’impossibilità per le autorità italiane di controllare la permanenza dell’indiziato sul territorio nazionale, in
ragione della competenza a disporre la permanenza o il trasferimento da parte dell’autorità militare
straniera. La Suprema Corte per i medesimi motivi rigetta il ricorso proposto dal P.M. (caso tratto da
Cass. 20969/2004).
Il P.M. può legittimamente disporre il fermo di persona già detenuta per un precedente titolo custodiale, che debba essere scarcerata per motivi formali, come nel caso di sopravvenuta inefficacia della misura cautelare custodiale per tardiva trasmissione degli atti procedimentali (26).
Il potere di fermo è legittimamente esercitato dal P.M., ricorrendone i presupposti anche se
la fase delle indagini preliminari si è temporalmente conclusa per esserne scaduti i termini
determinati dalla legge (27).
Le previsioni di fermo (o di arresto) contenute in leggi speciali successive all’introduzione
della disciplina codicistica, si applicano in luogo di questa in ragione del criterio di specialità. Le ipotesi di fermo previste in leggi posteriori e speciali sono disciplinate, quanto a
presupposti di applicazione, dalle norme in esse leggi contenute.
L’art. 230 disp. att. prevede una limitata ultrattività, per le previgenti ipotesi di fermo (e di
arresto) contenute in leggi speciali precodicistiche. Il limite generale è la compatibilità con
la normativa codicistica. Ne consegue che in caso di flagranza, le precedenti previsioni
speciali di fermo o di arresto debbano tutte essere riferite all’arresto obbligatorio o facoltativo descritto negli artt. 380 e 381, purché ne ricorrano tutti i presupposti delineati dal codice di rito. Sono pertanto abrogate per incompatibilità le residuali ipotesi di fermo (e arresto) che contemplano un limite sanzionatorio inferiore a quello codici stico (pari alla reclusione superiore ad anni tre).
La legge impone il divieto di arresto o di fermo, allorché, tenuto conto delle circostanze del
fatto, appare che questo sia stato commesso nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio
di una facoltà legittima, ovvero in presenza di una causa di non punibilità (art. 385). Sono
i casi in cui la condotta formalmente tipica prevista dalla norma penale incriminatrice risulta carente del requisito dell’antigiuridicità, per essere il fatto commesso in presenza di una
causa di giustificazione o di una causa di non punibilità.
(25) Cass. 1396/1994.
(26) Cass. 8124/2005.
(27) Cass. 1331/2007.
248
Parte V: Le indagini preliminari
Dalla teoria alla pratica
Accertato in base ad univoci elementi di prova che l’omicidio del protettore di una prostituta, maggiorenne, non identificata, extracomunitaria e priva di fissa dimora nel territorio dello Stato, era stato
commesso dalla stessa donna che aveva agito per evitare la violenza carnale tentata dal suo sfruttatore, il P.M. procedente decide di non emettere il decreto di fermo per la presenza della scriminante della legittima difesa.
6.Doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto e fermo
L’esecuzione delle misure pre-cautelari di arresto in flagranza e di fermo d’indiziato di
delitto, conduce in ogni caso ad applicare al destinatario lo stato di detenzione mediante
privazione della libertà personale. Il codice di rito disciplina gli adempimenti procedurali e
formali che devono essere compiuti dalla P.G. che esegue la misura coercitiva secondo una
scansione logica e cronologica (art. 386).
La disposizione procedimentale si preoccupa di assicurare la tempestiva messa a disposizione dell’Autorità giudiziaria dell’arrestato o del fermato, allo scopo di consentire il primo
e approfondito vaglio di legittimità della procedura, nonché di assicurare il tempestivo
esercizio del diritto di difesa della persona privata della libertà personale.
Se risulta evidente che l’arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori
dei casi previsti dalla legge, o se la misura è divenuta inefficace, il P.M. dispone che l’arresto o il fermato sia posto immediatamente in libertà con un motivato decreto di liberazione
(art. 389).
La liberazione è disposta anche prima dell’intervento del P.M. dallo stesso ufficiale di P.G.
che ne informa subito il P.M. del luogo in cui il fermo o l’arresto è stato eseguito. La legge
pertanto impone in capo all’ufficiale di P.G. (che ha operato o che controlla l’operato dei
suoi colleghi), ancor prima della messa a disposizione del P.M., un preliminare controllo
estrinseco di legittimità sulla corretta esecuzione della misura pre-cautelare e sulla sussistenza dei presupposti e delle condizioni di legge.
Al di fuori dei casi stabiliti dall’art. 389 c.p., la liberazione è disposta con decreto motivato del P.M., qualora egli ritenga di non dover richiedere l’applicazione di misure coercitive (art. 121 disp. att.). In tali casi si può comunque procedere alla convalida dell’arresto
o del fermo. Il Giudice nel fissare l’udienza di convalida ne dà avviso senza ritardo alla
persona liberata.
Dalla teoria alla pratica
Il P.M. procede all’arresto obbligatorio in flagranza del reato di ingiustificato trattenimento sul territorio
dello Stato in violazione dell’ordine del Questore reso nei confronti dello straniero extracomunitario
(art. 14, comma 5quater, D.Lgs. 286/1998). Non dovendo applicare misure coercitive ai sensi dell’art.
121 disp. att. dispone la liberazione dell’arrestato con decreto motivato e contestualmente richiede al
giudice la fissazione dell’udienza di convalida che può essere celebrata anche con l’indagato a piede
libero (caso tratto da Cass. 39771/2005).
Gli ufficiali e gli agenti di P.G. che hanno seguito l’arresto o il fermo o che hanno avuto in
consegna l’arrestato o il fermato devono dare immediata notizia al P.M. del luogo ove
l’arresto o il fermo è stato eseguito (art. 386, comma 1).
Capitolo 2: L’arresto ed il fermo
249
Avvisano l’arrestato o il fermato della facoltà di nominare un difensore di fiducia.
Dell’avvenuto arresto o fermo gli operanti di P.G. danno avviso immediato al difensore di
fiducia o a quello nominato d’ufficio ai sensi dell’art. 97.
L’assistito in vinculis ha diritto di colloquio immediato con il difensore, salvo che il P.M.
o il G.I.P. non dispongano un ritardo comunque non superiore a cinque giorni per specifiche ed eccezionali esigenze di cautela investigativa (art. 104, commi 3 e 4).
L’inosservanza della comunicazione dell’arresto o del fermo al difensore non determina
alcuna forma di invalidità o di inefficacia dell’atto (28). Non sussiste, peraltro, l’onere per
la P.G. di ricercare il difensore di fiducia dell’indagato oltre le dichiarazioni e le indicazioni dal medesimo rese (29).
Gli operanti di P.G. mettono a disposizione del P.M. l’arrestato o il fermato al più presto e
comunque non oltre le ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo (art. 386, comma 3).
In caso di inosservanza dei termini perentori testé indicati l’arresto o il fermo diviene inefficace (art. 386, comma 7).
Gli operanti devono altresì produrre la documentazione dell’attività di P.G. trasfusa nel
verbale di arresto o di fermo che deve essere trasmesso entro il medesimo termine (ventiquattro ore), salvo che il P.M. non autorizzi una dilazione maggiore.
In tema di dilazione si registrano alcune pronunzie di legittimità che individuano nei presupposti del legittimo ritardo nella trasmissione del verbale l’oggettiva difficoltà o impossibilità di trasmissione tempestiva, ma non la scarsa organizzazione degli uffici giudiziari,
che devono essere pronti a ricevere gli atti de libertate, al fine di garantire il controllo del
P.M. in vista della possibile liberazione dell’arrestato o del fermato (30).
L’autorizzazione del P.M. a procrastinare la trasmissione del verbale può rivestire anche la
forma orale, diretta o via telefono. L’omessa annotazione ai sensi dell’art. 373 a cura dell’ausiliario del P.M. non è causa di nullità dell’atto. Normalmente la P.G. annota la dilazione
orale del P.M. sul verbale trasmesso successivamente alle ventiquattro ore.
Il termine di dilazione non può comunque superare le quarantotto ore entro cui richiedere il giudizio di convalida a pena di inefficacia della misura (art. 390, comma 1).
Il contenuto del verbale deve indicare l’eventuale nomina del difensore di fiducia, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui la misura è stata eseguita e l’enunciazione
delle ragioni che lo hanno determinato (art. 386, comma 3).
Non occorre invece una specifica attestazione circa la tempestiva conduzione dell’arrestato
in carcere (31).
Il verbale di arresto che sia carente dell’enunciazione delle ragioni che lo hanno determinato non è affetto da nullità, né da inefficacia, ma può determinare la non convalida della
misura e quindi riverberarsi sul prosieguo della procedura coercitiva (32).
L’enunciazione delle motivazioni dell’arresto possono essere ottenute anche mediante audizione dei verbalizzanti o con altri atti complementari al verbale di arresto che sono da questo
succintamente richiamati per relationem e che giustifichino l’esecuzione del provvedimento.
(28) Cass. 36941/2007.
(29) Cass. 446/1992; Cass. 3324/1993.
(30) Cfr., ad es., Cass. 20509/2003.
(31) Cass. 5188/1998.
(32) Cass. 97/1993.
250
Parte V: Le indagini preliminari
La trasmissione del verbale di arresto alla segreteria del P.M. può avvenire anche via fax o
con qualunque altro mezzo idoneo (33).
Il verbale di fermo deve essere trasmesso al P.M. che lo ha disposto se diverso da quello del
luogo in cui il fermo è stato eseguito (art. 386, comma 4).
La P.G. operante ha l’obbligo di tradurre l’arrestato o il fermato a disposizione del P.M.,
mediante conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo in cui l’arresto o
il fermo è stato eseguito (criterio di collegamento territoriale).
Nella prassi giudiziaria accade spesso che l’arrestato che deve poi essere sottoposto al rito direttissimo sia condotto nelle celle di sicurezza della Questura o della Caserma o del comando dei Carabinieri. Siffatto trasferimento determina la messa a disposizione del P.M. dell’arresto o del fermato.
La P.G. con il consenso dell’interessato ha l’obbligo di dare notizia senza ritardo dell’arresto o fermo ai suoi familiari (art. 387). Costoro hanno facoltà di nominare al congiunto
che ne è privo un difensore di fiducia (art. 96).
Il P.M. può procedere all’interrogatorio della persona in vinculis dandone tempestivo avviso al difensore di fiducia o d’ufficio.
Durante l’interrogatorio, il P.M. con le garanzie di legge (art. 64) informa l’arrestato o il
fermato del fatto per cui si procede e delle ragioni che lo hanno determinato, comunicandogli gli elementi a suo carico e, se non deriva pregiudizio per le indagini, le fonti.
Si tratta di un obbligo di immediata discovery del capo di accusa, che ancora non si è tradotto in una vera e propria imputazione, e degli elementi che lo sostengono, al fine di assicurare una difesa partecipata e consapevole dell’arrestato o del fermato, anche in ragione della
scelta difensiva di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande formulate dal P.M.
7.Il giudizio di convalida dell’arresto e del fermo
Entro quarantotto ore dall’arresto o dal fermo il P.M., qualora non debba procedere alla
liberazione immediata della persona in vinculis richiede la convalida al G.I.P. competente
in relazione al luogo ove l’arresto o il fermo è stato eseguito. (art. 390, comma 1).
Il giudice deve fissare l’udienza di convalida e decidere al più presto e comunque non oltre le
quarantotto ore successive (totale 96 ore dall’avvenuto arresto o fermo ai sensi dell’art. 13 Cost.).
Il P.M. e il difensore sono avvisati tempestivamente della celebrazione dell’udienza di convalida. Se non ritiene di comparire il P.M., trasmette al giudice della convalida le proprie
richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui esse si fondano (art. 390,
comma 3bis).
L’udienza di convalida è dunque un giudizio necessario da avviare in termini perentori a
pena di inefficacia delle misure pre-cautelari (art. 390, comma 3).
La partecipazione del P.M. all’udienza è meramente facoltativa ed eventuale, purché egli
trasmetta al giudice procedente le determinazioni de libertate. Indefettibile è invece la
partecipazione del difensore dell’arresto o del fermato (34).
(33) Cass. 10274/2009.
(34) L’udienza di convalida e l’interrogatorio devono essere svolti presso il luogo ove l’arrestato è custodito (di regola il
carcere). Può essere disposta la convocazione presso altro luogo (es. ufficio del giudice), se l’indagato si trova agli arresti
domiciliari (art. 123 disp. att.).
Capitolo 2: L’arresto ed il fermo
251
Il giudizio di convalida deve essere celebrato anche se l’arrestato è stato già posto in libertà, poiché è sempre configurabile l’interesse statuale all’accertamento giurisdizionale della
legittimità dell’arresto o del fermo (35). Appare ovvio che il giudizio di convalida celebrato nei confronti di un indagato a piede libero non deve aver luogo, né essere richiesto, nei
termini perentori stabiliti per l’arresto o il fermato in vinculis.
Di norma il giudice della convalida è il G.I.P. del tribunale nel cui circondario è avvenuto
l’arresto o il fermo. L’udienza di convalida può essere incardinata innanzi al giudice che
procede col rito direttissimo (art. 449).
La competenza funzionale per la convalida in capo al G.I.P. del luogo in cui la misura è stata
eseguita è assolutamente inderogabile, riposando tale requisito nell’esigenza di assicurare l’immediatezza del controllo di legalità sul provvedimento di privazione della libertà individuale.
Il giudice della convalida dopo essersi necessariamente pronunziato in ordine alla richiesta
sulla legittimità del provvedimento di arresto e fermo, può declinare la propria competenza
territoriale, senza dover motivare circa l’urgenza di tutelare le esigenze cautelari ai sensi
dell’art. 27. Ad esempio, nel caso in cui venga effettuato un fermo a Palermo per un omicidio commesso a Torino, competente per la convalida è il GIP di Palermo (art. 390, comma
1), ma competente per il prosieguo del procedimento è l’A.G. di Torino.
Con la richiesta di convalida il P.M. trasmette al giudice il verbale di arresto o di fermo, il
decreto che dispone il fermo e copia della documentazione attestante che l’arresto o il fermato sia stato tempestivamente tradotto nel luogo di custodia (art. 122 disp. att.). L’attività di
documentazione del P.M. nell’udienza di convalida non incontra limiti ed è tesa a dimostrare
la legittimità e la sussistenza dei presupposti per l’esecuzione della misura pre-cautelare.
Quanto al termine per la richiesta di convalida, il termine utile decorre dal momento in cui si
è verificata l’effettiva privazione della libertà personale (quarantotto ore dall’arresto o dal fermo).
La trasmissione della richiesta può pervenire anche tramite fax all’ufficio del giudice procedente, purché nei termini di legge. La comunicazione al difensore può essere disposta per
le vie brevi ed informali, purché se ne ritrovi contezza nel decreto di fissazione dell’udienza di convalida.
L’omessa comunicazione al difensore determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio
di convalida (36). La modalità di comunicazione dell’udienza al difensore può assumere
forme diverse, purché si sia verificata l’idoneità del mezzo in concreto utilizzato per avvisare il patrocinatore (37). Infatti, la norma prevede che l’avviso non debba essere «notificato», bensì che debba essere «dato». L’espressione significa che l’autorità procedente, non
essendo imposto lo strumento della notificazione, può portare a conoscenza dell’interessato
l’avviso dovuto con modalità diverse da quelle prescritte per le notificazioni, sempre che
siano idonee a procurare la conoscenza effettiva della notizia (38) (39).
(35) Cass. 492/2003; contra Cass. 5396/1995 secondo la quale il giudizio di convalida presuppone necessariamente l’attualità dello stato di detenzione dell’indagato.
(36) Cass. 1760/2005.
(37) Cass. 9799/2008.
(38) Cass. 3093/2000.
(39) Il difensore dell’arrestato o del fermato ha diritto, nel procedimento di convalida, di esaminare ed estrarre copia
degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare; il denegato accesso a tali atti determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell’interrogatorio e del provvedimento di convalida, da ritenersi sanata se non eccepita nel corso dell’udienza di convalida (Cass. Sez. Un. 36212/2010).
252
Parte V: Le indagini preliminari
Non può che ritenersi ritualmente avvisato, benché effettivamente non reperito, il difensore
di fiducia che non sia stato possibile rintracciare sulla base delle informazioni disponibili e
a seguito di una seria ricerca (40).
Dalla teoria alla pratica
Il cancelliere dell’ufficio G.I.P. del tribunale di Verona, avvisa telefonicamente il difensore dell’arresto
della data, ora e luogo in cui si celebrerà l’udienza di convalida. Il messaggio non giunge a destinazione per il malfunzionamento della segreteria telefonica del difensore. La Suprema Corte decide sul
ricorso presentato dal difensore per nullità assoluta determinata dalla violazione del diritto di difesa e
di partecipazione all’udienza di convalida, statuendo che grava sul difensore medesimo l’obbligo di
accertare e prevenire l’eventuale malfunzionamento delle apparecchiature di cui si serve presso il suo
studio professionale. Il mancato ascolto del messaggio proveniente dal cancelliere non determina
l’irritualità dell’avviso medesimo e non è causa di nullità dell’udienza di convalida (caso tratto da Cass.
Sez. Un. 39414/2002; e anche da Cass. 4515/2008).
Nel corso dell’udienza di convalida il giudice procede all’interrogatorio dell’arrestato o
del fermato, salvo che questi abbia rifiutato o non abbia potuto comparire. In ogni caso è
sentito il suo difensore (art. 391, comma 3).
Il provvedimento che definisce la fase di convalida prende la forma dell’ordinanza motivata.
L’ordinanza è comunicata o notificata a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione
se sono pronunziate in udienza. Tali ordinanze sono comunicate al P.M. e notificate all’arrestato o al fermato se non comparsi (art. 391, comma 7).
I termini per proporre l’impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza, ovvero dalla sua comunicazione o notificazione (art. 391, comma 7).
L’arresto o il fermo cessano di avere efficacia se l’ordinanza non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui il soggetto in vinculis è stato messo a
disposizione del giudice (art. 391, comma 7), trattasi dell’esplicitazione più evidente dei
principi dell’habeas corpus nell’ordinamento italiano.
Quanto al contenuto dell’ordinanza, va premesso che la richiesta del P.M. di regola contiene due istanze al GIP : una di convalida dell’arresto\fermo; l’altra di emissione di una
misura cautelare. Infatti il provvedimento di convalida serve solo ha certificare che la P.G.
o il P.M. abbiano agito legittimamente; mentre l’adozione di una misura cautelare consente
di mantenere in vinculis l’arrestato/fermato.
Pertanto il G.I.P. adotta la decisione di convalida, se l’arresto o il fermo era legittimo ab
initio e non sia divenuto inefficace per decorrenza della serie di termini brevi innanzi esaminata; di non convalida in caso contrario.
L’ordinanza di convalida, in quanto tale, attiene solo al controllo giurisdizionale sull’atto
privativo di libertà operato dalla P.G. (arresto o fermo) o dal P.M. (fermo), ma non vale a
legittimare l’ulteriore protrazione dello stato di fermo o arresto (41). Infatti, il G.I.P., se non
(40) Cass. 39274/2008.
(41) In ordine ai limiti del sindacato del giudice in sede di convalida, la giurisprudenza ha precisato che questi è tenuto
unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che legittimavano l’adozione della misura con una verifica ex ante (deve
tener conto, cioè, della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria ovvero da quest’ultima conoscibile con l’ordinaria diligenza al momento dell’arresto o del fermo), con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, le
Capitolo 2: L’arresto ed il fermo
253
emette anche ordinanza ulteriore di applicazione di una misura coercitiva, deve, in ogni
caso, ordinare la immediata liberazione dell’indagato, sicché la restrizione in vinculis prosegue soltanto se la contestuale richiesta di misura coercitiva è accolta dal G.I.P.
Pertanto, sia nell’ipotesi di mancata convalida, sia in quella di convalida non seguita dalla
irrogazione di una misura coercitiva, il fermato o arrestato deve essere immediatamente
liberato (art. 391, comma 6).
Pertanto in un unico atto documentale emesso dal G.I.P. saranno contenuti due provvedimenti: uno sulla convalida, l’altro sulla richiesta di misura cautelare. La loro autonomia si riverbera sui diversi mezzi di impugnazione proponibili. Infatti, avverso il provvedimento di convalida è esperibile solo il ricorso per Cassazione ex
art. 391, comma 4; mentre contro l’eventuale misura cautelare adottata, può proporsi l’ordinario mezzo di
impugnazione del riesame previsto dall’art. 309.
8.Il fermo nel Codice Antimafia
Con il d.lgs. 6/9/2011, n. 159 è stato introdotto nel nostro ordinamento il “Codice delle
leggi antimafia e delle misure di prevenzione” (42).
Nell’art. 4 è specificato che le misure di prevenzione personali previsti da detto codice si
applicano a determinate categorie di soggetti, tra i quali gli indiziati di appartenere alle
associazioni mafiose di cui all’art. 416bis c.p.; gli indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3bis; coloro che abitualmente vivono di attività delittuosa; soggetti che
pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di reati con finalità di terrorismo; ecc.
L’art. 77 del codice prevede, inoltre che, nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4 il
fermo di indiziato di delitto è consentito anche al di fuori dei limiti di cui all’articolo
384 del codice di procedura penale, purché si tratti di reato per il quale è consentito l’arresto
facoltativo in flagranza ai sensi dell’articolo 381 del medesimo codice.
La norma mira a consentire l’adozione del fermo anche se non ricorrano i limiti di pena
previsti dall’art. 384. In sostanza è stata creata una figura ibrida di arresto facoltativo indipendente dalla flagranza. La giurisprudenza di legittimità ha però precisato che pur sempre
devono sussistere i requisiti dei gravi indizi di colpevolezza e del pericolo di fuga (43).
quali sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo status libertatis e cioè per decidere se adottare o meno la misura
cautelare. Ne deriva che, per decidere sulla convalida o meno, il vaglio cui è chiamato il giudice in questa fase attiene soltanto
alla verifica del ragionevole uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria; per decidere, invece, sull’adozione o meno
della misura cautelare, dovrà valutare la presenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, secondo i canoni degli artt. 273 e
274 (cfr. Cass. 25-5-2009, n. 21577 e Cass. 28-1-2011, n. 3075).
(42) Pubblicato sulla G.U. del 28 settembre 2011.
(43) Cass. 23-7-2012, n. 29911.
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Parte V: Le indagini preliminari
ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO
(artt. 380-391)
Arresto
obbligatorio
(art. 380)
Fermo (art. 384)
facoltativo
(art. 381)
disposto in presenza di gravi indizi
di colpevolezza e pericolo di fuga
in flagranza di reato
(art. 382)
facoltà
di arresto
del privato
.
ufficiali e agenti di P.G
P.M.
presentazione al P.M.
(entro 24 ore)
liberazione
immediata (art. 389)
udienza di convalida
(entro le 48 ore)
(art. 391)
ordinanza che
decide sulla convalida
(art. 391, c. 4)
accoglimento
richiesta del P.M.
rigetto
richiesta del P.M.
ricorso per cassazione ricorso per cassazione
dell’arrestato o del fermato
del P.M.
richiesta di convalida
al G.I.P. (art. 390)
ordinanza che decide
sulla richiesta in ordine
alla libertà personale (art. 391, c. 5)
non accoglimento e
liberazione dell’arrestato
applicazione di una
misura coercitiva
appello del P.M.
richiesta di riesame
dell’indagato o del
suo difensore