Q u a t t ro giorni di riflessione sulla guerra in Medio Oriente. Q u a t t
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Q u a t t ro giorni di riflessione sulla guerra in Medio Oriente. Q u a t t
Quattro giorni di riflessione sulla guerra in Medio Oriente. Quattro giorni di immagini, suoni e parole per cercare di capire meglio la situazione del popolo palestinese. Quattro giorni per dire PACE e reclamare il rispetto dei diritti umani. Popoli, pietre e ulivi Con l’attenzione pubblica mondiale concentrata sull’Iraq, la morsa dell’esercito israeliano sulle città, i campi profughi e i villaggi palestinesi si stringe di settimana in settimana. La vita economica e sociale nei territori occupati è diventata quasi impossibile: lo stato d’assedio, le demolizioni di case, infrastrutture civili o interi quartieri, le distruzioni di campi e uliveti per “ragioni di sicurezza” o attorno alla costruzione del muro di separazione, i “trasferimenti” forzati si succedono a ritmi sempre più intensi. La popolazione Palestinese è vittima di continue e gravissime violazioni dei diritti umani elementari, del diritto umanitario internazionale, per non parlare delle risoluzioni dell’ONU sistematicamente ignorate da decenni. Ogni vittima civile – palestinese e israeliana – è una vittima di troppo in questo conflitto che si protrae con la complicità attiva o passiva della comunità internazionale. Le immagini visive, le testimonianze e gli incontri con varie persone impegnate nella solidarietà con la popolazione palestinese e con l’opposizione radicale israeliana, proposti durante le giornate sulla Palestina a Mendrisio e a Lugano (al CSA il Molino dal 27 al 30 marzo), intendono sensibilizzare il pubblico con un’informazione diversa, inserita in un contesto più ampio di quello quotidianamente proposto dagli schermi televisivi. Lo scopo è anche mostrare le possibilità di un maggiore coinvolgimento diretto di noi tutti per fermare, con la solidarietà e con la pressione civile internazionale, il processo di cancellazione di un’intero popolo. PROGRAMMA Giovedì 20 18.00 Apertura della mostra fotografica Palestina in immagini. Pierre Abensur, Michel Bührer, Enrico Gastaldello, Thomas Hartwell, Didier Ruef e Gilbert Vogt. Sei fotoreporter raccontano uno spaccato della vita del popolo palestinese. 19.00 Cena mediorientale preparata da Al Mouna. 21.00 Proiezione del film Segell Ikhtifà (Cronaca di una sparizione) di Elia Suleiman, Palestina/Israele, 1996, 88 minuti, v.o. araba, s.t. francesi. 22.30 Proiezione del film Yadon Ylaheyya (Intervento divino) di Elia Suleiman, Francia/Palestina, 2002, 92 minuti, versione francese. Venerdì 21 19.00 Cena mediorientale preparata da Al Mouna. 21.00 Proiezione del documentario Gaza strip di James Longley, Palestina, 2001,74 minuti, v. o. araba e francese. 22.15 Incontro con Federica Cecchini, psicologa di Médecins Sans Frontières di ritorno da Gaza. 23.00 Concerto con Al Mouna: Fatima, voce; Salwan, oud e tastiere; Hussam Abou Zannad, bouzouk e percussioni. Musiche tradizionali del Medio Oriente. Sabato 22 16.00 Atelier storico-formativo. Storia del conflitto in Palestina dalla prima guerra mondiale a oggi. Con Marco Tognola (Associazione Svizzera-Palestina) e Sergio Yahni (codirettore dell’Alternative Information Centre di Gerusalemme). Le radici che condizionano ancora oggi il conflitto israelo-palestinese affondano nella storia del secolo scorso. Percor rendo le principali tappe della storia del conflitto, l’atelier vuole offrire gli stimoli per completare visioni sommarie e rivedere luoghi comuni di una “Storia” troppo spesso scritta e insegnata con l’intento di giustificare il punto di vista del più forte. 19.00 Cena mediorientale preparata dall’Associazione Svizzera-Palestina. 21.15 Proiezione del documentario Close, Closed, Closure di Ram Loevy, Israele/Francia, 2002, 60 minuti, v.o. araba e ebraica, s.t. italiani. 22.15 La guerra in Palestina: come uscirne? Incontro con Sergio Yahni e Khader Tamimi (medico palestinese). L’occupazione militare sempre più pesante, l’imminente guerra in Iraq, la destra, i militari e i coloni al potere in Israele: quali scelte hanno ancora i palestinesi per uscire da questo vicolo apparentemente cieco? L’opposizione pacifista israeliana ha delle possibilità di influire sulla politica di Sharon? Cosa chiedono queste deboli forze a noi “occidentali”? 23.00 Concerto con Dalouna: Ramzi Aburedwan, voce e bouzouk; Ramadan Khattab, voce e percussioni; Thierry Tribouet, clarinetti; Carla Palone, violino; Jessy, voce e flauto. Musiche tradizionali del Medio Oriente con influenze classiche e jazz. Domenica 23 17.30 Gaddo Melani (giornalista della RSI) presenta Randa Ghazy, la giovane scrittrice italo-egiziana, autrice del romanzo Sognando Palestina. MOSTRA FOTOGRAFICA Palestina in immagini L’esposizione vuole proporre l’opportunità di riscoprire la valenza originale del mezzo fotografico, il fermare la vita nell’atto in cui viene vissuta per consegnarlo all’eternità. Concedersi un confronto, prendere coscienza, immergersi per un istante in un altro istante accaduto altrove. Guardare una fotografia di reportage si trasforma così – in tempi dove anche i drammi diventanobanali consumandosi nello scorrere piatto, ossessivo e ripetitivo delle immagini televisive – in un gesto di disobbedienza civile, come lo è stata la presenza dei fotografi al momento dello scatto. Le fotografie, “i racconti” presentati nella mostra permettono un’osservazione tra le pieghe di un’informazione sovente superficiale, soffocata dai ritmi dell’attualità. Costring o n oa d unfaccia a faccia c o nl a quotidianità di un popolo che soffre ma resiste. Immagini che “urlano” ma senza voler ferire, piuttosto per incitarci o richiamarci all’impegno e contributo che ognuno può dare per opporsi a queste logiche di oppressione e di mancanza di rispetto per i diritti umani. Orari della mostra Sarà aperta fino al 6 aprile. Mercoledì, giovedì e domenica dalle 16.00 alle 24.00, venerdì e sabato dalle 16.00 alle 02.00. Per le scuole che ne facessero richiesta sono previste aperture straordinarie. Contattare Marco al numero telefonico 079 220 58 71. Pierre Abensur Intifada al Aqsa Nel novembre del 2000 la seconda Intifada, battezzata al Aqsa, è al suo apice. Pierre Abensur decide di interrompere un laborioso soggiorno in Iraq per recarsi nella Striscia di Gaza, regione meno coperta dai media e nella quale la repressione è particolarmente dura. Le fotografie ritraggono un quotidiano f a t t od i violenze e scontri nelle stradedi Gaza, Khan Younès e Deir el Ballah, in un vortice di colpi, spari, sirene, morti e feriti. Una spirale di violenza nella quale si afferma un cupo culto del martirio e dove i bambini guardano con invidia e ammirazione i più grandi che armi in pugno rendono omaggio ai morti per la causa, nell’attesa del loro turno. Un rituale che si consuma quasi meccanicamente in una miseria senza speranza. Pierre Abensur fa parte di una corrente del reportage comunemente definita “umanista”. Ha documentato temi diversi ma sempre attraverso un approccio etnografico, l’ultimo dei quali, tutt’ora in corso, è dedicato allo studio delle minoranze religiose nei paesi islamici. Le immagini in mostra hanno vinto il primo premio nella categoria “reportage esteri” allo Swiss Press Photo 2001. Membro fondatore dell’agenzia fotografica Pixsil (www.pixsil.com), è nato a Nizza e vive a Seyssel (F). Didier Ruef Il campo di Balata Balata è uno dei luoghi d’esilio “interno” dei palestinesi, precario da più di 53 anni. In questo campo profughi situato all’ovest della città di Nablus in Cisgiordania, vivono quattromila famiglie. 18’762 individui che si dividono 25 ettari, ovvero una densità di 74’680 abitanti per km2! Da sempre Balata è un polmone della rivolta palestinese e a causa di questa rabbia la popolazione ha subito conseguenze pesanti. Numerose le vittime e ovunque sono visibili i segni della repressione, sugli edifici ma anche nelle mutilazioni mostrate dalle persone. Le fotografie di questo servizio furono scattate nel 1991, all’epoca del primo incontro ufficiale israelo-palestinese a Madrid (trattative che por tarono agli accordi di Oslo, in buona parte oramai disattesi). Didier Ruef è nato a Ginevra ma attualmente vive a Lugano. Dopo gli studi in economia, si diploma in fotogiornalismo all’ICP di New York. Dal suo rientro in Svizzera ha iniziato una serie di reportage sul tema della condizione umana (tra i più recenti, uno dedicato all’Africa, per conto della sezione svizzera d iM SF). È uno deimembri fondatoridell’agenzia fotografica Pixsil. Gilbert Vogt Palestina 1997–2000 “(…) Realizzare la migliore immagine è un’ambizione comune ad ogni fotore p o rt e r. Ma nel mio caso c’è un altro elemento fondamentale: il destino. Quello che ti fa trovare qui piuttosto che là e chesovente attraverso situazioni impreviste ti permette una nuova presa di coscienza. Ad esempio, anni fa volevo conoscere meglio il funzionamento dello stato d’Israele e ho finito per ritrovarmi in piena Intifada, io che non sopporto la guerra. Ho vissuto allora dall’interno la quotidianità del popolo palestinese, come tempo prima avevo condiviso quella del popolo africano. Ho visto bambini, donne e uomini, vittime innocenti di decisioni internazionali che non considerano il valore sacro e unico della vita umana. Obiettore di coscienza a vent’anni, obietto tutt’oggi perché non sopporto che il mondo degli adulti imponga tutta la sua follia a quello dei bambini, che i diritti fondamentali siano regolarmente e banalmente calpestati (…)”. Gilbert Vogt presenta una serie di immagini scattate in Palestina (e più precisamente nella Striscia di Gaza, a Hebron e Ramallah) tra il 1997 e il 2000. Una parte è dedicata all’Intifada al Aqsa scoppiata nel 2000. Vogt è nato a Basilea e attualmente vive a Sion. Il suo spirito nomade, irrequieto e sovente intrec ciato con il destino lo ha portato in situazioni e luoghi molto diversi. Collabora regolarmente con le principali testate svizzere ed è tra i membri fondatori dell’agenzia Pixsil. PROIEZIONI Michel Bührer Ritratti in Palestina Tra il 1988 e il 1989 Michel Bührer ha realizzato in Cisgiordania e nella striscia di Gaza (territori occupati da Israele dal 1967) una serie di ritratti a Palestinesi e a Israeliani. I primi ci sono nati o sono rifugiati, mentre i secondi hanno installato delle colonie sulle aree confiscate ai palestinesi. Dieci anni dopo l’autore è tornato per ritrovare queste persone e ritrarle una seconda volta nelle stesse condizioni. Ogni fotografia è completata con delle note biografiche. L’esposizione mostra una selezione dei Portraits en Palestine raccolti in un libro pubblicato nel 1999 dalle Editions Territoires (Ginevra). La prima serie è stata scattata durante la prima Intifada, la seconda dopo la costituzione dell’Autorità palestinese. Da allora il numero delle colonie è costantemente cresciuto e la situazione si è drammaticamente degradata. Una condizione di convivenza forzata che fa presagire il peggio. Michel Bührer alterna e combina le attività di giornalista e fotografo indipendente. Collabora con la stampa svizzera ed è autore dinumerose pubblicazioni,tra l eq u a l i citiamo Rwanda, mémoire d’un génocide e Transit, l’Europe des réfugiés. Vive a Orbe (VD). Enrico Gastaldello Territori occupati 1988–1991 e 2000 “(…) Ciò che mi ha spinto a recarmi in questa regione è stata la volontà di rendermi conto di persona della realtà vissuta da queste donne e da questi uomini che vivono sotto un’occupazione costante da più di trenta anni. Queste due serie di immagini non pretendono mostrare e nemmeno raccontare tutto quanto ho visto e fotografato: sono solo un piccolo puzzle della vita quotidiana dellapopolazione palestinese(…).”Gastaldello espone due selezioni di immagini. La prima illustra il suo primo impatto con la situazione dei territori occupati ed è stata realizzata tra il 1988 e il 1991. Un lavoro che ora fa parte della collezione del Musée de l’Elysée, reso possibile dall’interessamento di Charles Henry Favrod, a quei tempi conservatore del museo. La seconda serie è invece tratta dall’ultimo viaggio del fotografo, allo scoppio dell’Intifada al Aqsa, e presenta dei ritratti di giovani sulle barricate. Enrico Gastaldello è uno dei membri fondatori dell’agenzia Pixsil. Vive a Ginevra. Thomas Hartwell The state of Palestine:1998–2000–2002 I lavori esposti rappresentano un campione di un’ampia mostra di fotografie scattate in occasione di diversi soggiorni nei territori palestinesi. Nella primavera del 1998Thomas Hartwell ha trascorso tre settimane a Gaza e nella West Bank, documentando i progetti disviluppo e i loro effettinellavita quotidiana, nonché la nascita di segnali incoraggianti per l’affermarsi di un vero stato palestinese. Nell’ottobre del 2000, dopo l’esplosione della seconda Intifada, ritorna a Gaza come inviato di Newsweek, ritraendo una situazione rapidamente compromessa, con molte vittime civili tra le quali un alto numero di bambini. Il seme del martirio iniziava a germogliare. Due anni dopo il fotografo ha lavorato per tre settimane a Ramallah e Gaza, diventate zone diguerraquotidiana in unacontinua escalation di reciproche ostilità, con vittime, ritorsioni, funerali e missioni punitive. La speranza di un processo di pacificazione era oramai sepolta lasciando a tutte le par ti coinvolte un futuro sempre più incerto. Thomas Hartwell è un fotogiornalista statunitense che ha dedicato più di 25 anni al Medioriente e che dal 1979 vive al Cairo. Ha lavorato dapprima per delle agenzie ed in seguito per importanti testate come Time, Geo, Life, ecc. Segell Ikhtifà – Chronicle of a disappearance di Elia Suleiman, Palestina/Israele, 1996, 88 minuti, v.o. araba s.t. francesi. In quest’opera d’esordio, il regista mette in scena il suo ritorno al paese, alla ricerca di ciò che significa oggi essere palestinesi. Con uno stile a metà tra la commedia e il documentario, lo vediamo dapprima nel villaggio natale, con i genitori e gli amici, poi in viaggio verso altre città. Il film rivela l’aspetto grottesco di una situazione senza via di scampo, dove la presenza dell’esercito si è fusa nel quotidiano e dove non ci si inquieta più neppure vedendo dei militari attraversare un salone con le mitragliatrici spianate. La vena umoristica di Suleiman, del tutto inedita nel panorama cinematografico mediorientale, ricorda per alcuni versi la comicità discreta e paradossale di Buster Keaton o di Jacques Tati. Premio per la migliore opera prima a Venezia 1996. Yadon Ylaheyya – Intervention divine di Elia Suleiman, Francia/Palestina, 2002, 92 minuti, versione francese. Babbo Natale corre tra i cipressi in Terra Santa inseguito da alcuni ragazzi. Giunto alle porte di una piccola chiesa in cima ad una collina, si appoggia ad una colonna. Ha un coltello infilzato nel cuore. Siamo a Nazareth. Due uomini siedono attorno ad un piccolo tavolo da the. Osservano impassibili. La rappresentazione dello spettatore. Intervento divino è un film dalla trama apparentemente discontinua, attuata per frammenti che solo con un po’ di pazienza si rivelano infine storia completa. Dialoghi quasi inesistenti – i protagonisti sono silenziosi, mentre i personaggi di contorno parlano – ripetizioni a tratti estenuanti, gag ciniche e incredibili: lentamente prende corpo una quotidianità rappresentata per piccoli eventi che, seppure esasperati, sembrano rappresentare una vita normale in un luogo come un altro. I luoghi storici di una guerra infinita tra israeliani e palestinesi, territori martoriati da un’annosa questione che sembra non poter trovare una giusta conclusione, appaiono come località distanti dalla violenza, dalle sopraffazioni, dal terrore. Suleiman preferisce giungere all’esposizione di questo stato di cose tramite una tagliente ironia, da sempre il miglior strumento di sopravvivenza dei deboli. Il vero protagonista di Intervento divino diviene il check-point di Ramallah, luogo reale e di convergenza delle varie parti della storia, figura simbolo: è lì a rappresentare il punto d’arrivo e quello di partenza, concreto motivo di sofferenza e risultato di tant’altra. Premio della Giuria al Festival di Cannes 2002. Premio internazionale Filmkritik 2002. Elia Suleiman, nato a Nazareth nel 1960, emigra a 22 anni a New York. Lavora a diversi documentari e cor tometraggi, spesso premiati, affiancando all’attività di regista quella di insegnante invitato in molte Università, musei e istituzioni artistiche statunitensi. Nel 1994 ritorna a Gerusalemme dove insegna teoria del cinema e dei massmedia. Gaza strip Documentario di James Longley, Palestina, 2001, 74 minuti, v. o. araba e francese. Girato nella primavera del 2001, Gaza Strip tuffa lo spettatore nel tumulto della striscia di Gaza occupata da Israele, esaminando le vite e i punti di vista degli abitanti palestinesi. Il documentario vede il mondo attraverso gli occhi di persone giovani. Il personaggio centrale è Mohammed Hejazi, un venditore di giornali tredicenne di Gaza City, uno dei “ragazzi delle pietre” che rischiano la vita gettando sassi ai carri armati lungo il filo spinato. Attraversando la striscia di Gaza, la camera raccoglie ovunque i segni dell’occupazione. Folle di palestinesi obbligati, quando i soldati israeliani chiudono le strade, a spostarsi sulla spiaggia a piedi, con carretti tirati dagli asini e rimorchi trainati da trattori. I palestinesi interrogati mentre passano rivelano un comune conflitto interno, tra rabbia per l’occupazione e desideriodivivere inpace. James Longley è nato in Oregon nel 1972. Ha studiato cinema negli Stati Uniti e a Mosca. Con Portrait of Boy with Dog, documentario su un bambino che vive in un orfanotrofio di Mosca, ha ricevuto lo Student Academy Award dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Gaza Strip è stato realizzato con una DVCAM nella striscia di Gaza durante la primavera del 2001. Close, Closed, Closure Documentario di Ram Loevy, Israele/Francia, 2002, 52 minuti, v.o. araba e ebraica, s.t. italiani. Realizzato da una troupe composta da palestinesi e israeliani il film si interroga sulle possibilità di vedere e sentire le cose così come sono in un contesto di conflitto senza fine, nel quale il sangue versato fa di ogni pietra un simbolo e tutte le immagini sono intrise di significato. La striscia di Gaza è un’area di 288 km quadrati circondata da una rete elettrificata nella quale un milione di persone vivono sotto assedio e si sentono imprigionate, in un continuo emergere di rabbia e frustrazione che ha portato all’inizio della seconda Intifada. Il regista intreccia le voci dei palestinesi con i confronti tra coloni e pacifisti israeliani, presentando differenti punti di vista. CUCINA Al Mouna La cena proporrà pietanze palestinesi e libanesi, tra le quali foul, hummus, babaghanoush, tabouleh, schamandar, bamije. Il cuoco Hussam Abou Zannad, figlio di madre palestinese e padre libanese, vive da diversi anni a Berna dove gestisce un ristorante e suona nel gruppo Al Mouna. CONCERTI Al Mouna Musiche tradizionali mediorientali (Svizzera). Hussam Abou Zannad dopo aver cucinato anche la cena di venerdì lascerà i fornelli per presentarci l’altra sua passione: la musica e in particolare le percussioni. Ha invitato ad accompagnarlo altri musicisti arabi che vivono in Svizzera: la tunisina Fatima (canto e danza) e l’iracheno Salwan (oud e tastiere). Dalouna Musiche mediorientali con influenze classiche e jazz (Francia). Alcuni ragazzi provenienti dai quartieri di Ramallah, Ramzi e Ramadan da tre anni beneficiano di un soggiorno di studio presso il Conservatorio Nazionale della regione di Angers (nei pressi di Nantes). Assieme a dei compagni di conservatorio hanno fondato Dalouna, gruppo che propone un repertorio a dominante mediorientale cercando di creare un ponte con altre sonorità, dal barocco al classico e al jazz. Hanno appena pubblicato un CD autoprodotto comprendente 11 titoli. La formazione è stata inserita nella prima raccolta francese di solidarietà con il popolo palestinese Il y a un pays… Palestine, che uscirà il 30 marzo, Giornata della Terra. All’album partecipano tra gli altri i Noir Désir, Manu Chao, Sergent Garcia, Zebda. I proventi andranno a sostenere progetti di scambi culturali e di realizzazione di strutture nei campi profughi. E proprio uno dei progetti di Dalouna è la raccolta di sostegno e fondi per la realizzazione di scuole di musica nei campi profughi, un’idea della quale ci faranno partecipi. Ramzi Aburedwan, bouzouk e canto; Ramadan Khattab, percussioni e canto; Jessy, canto e flauto; Carla Palone, violino; Thierry Tribouet, clarinetti. INCONTRI E ATELIER Federica Cecchini Federica Cecchini è da poco tornata dalla striscia di Gaza, nella quale ha lavorato in un programma di Médecins sans Frontières. Presenterà l’organizzazione, il suo ruolo e l’attuale situazione nei territori palestinesi, dopo l’inizio della seconda Intifada, con le mille difficoltà quotidiane, sottolineando il ruolo svolto da MSF, e nello specifico il programma psicologico-medico. Sergio Yahni Quando Sergio Yahni aveva 10 anni la sua famiglia ebrea è stata espulsa dall’Argentina, suo paese d’origine, dalla dittatura militare. Oggi vive in Israele e, dopo essere stato attivo fin dall’inizio in questa organizzazione fondata da Michel Warshawski, è condirettore dell’Alternative Information Center (www.alternativenews.org). Storico e politologo,unisce all’attivitàpolitica di base il lavoro di ricerca e le pubblicazioni; Sergio Yahni è uno dei soldati di milizia israeliani che hanno rifiutato il servizio militare nei territori occupati, e per questo ha appena scontato una pena detentiva in una prigione militare israeliana. A Mendrisio si esprimerà principalmente in spagnolo, con eventualetraduzioneinitaliano. L’AIC di Gerusalemme-Betlemme è un’organizzazione israelo-palestinese che si batte per l’uguaglianza e la giustizia sociale, contro il razzismo, la colonizzazione e ogni forma di discriminazione e che lavora per una pace giusta tra israeliani e palestinesi. Oltre a elaborare analisi e informazioni indipendenti sul conflitto israelo-palestinese, l’AIC è anche molto impegnata, dall’inizio della seconda Intifada, nella costruzione e nel coordinamento di movimenti di base israeliani e palestinesi che si oppongono in maniera radicale e non violenta alla politica di dominazione israeliana e lottano per trovare soluzioni giuste e civili al conflitto. L’AIC si oppone alla militarizzazione della società israeliana e vede nella fine della collaborazione militare tra Israele e i paesi occidentali un contributo importante al cambiamento della politica israeliana. Khader Tamimi Khader Tamimi, medico pediatra palestinese abitante a Milano, è vicepresidente dell’associazione italiana amici della Palestina. Randa Ghazy Nata in Italia da genitori di origini egiziane, Randa Ghazy vive tra due mondi: l’occidente e la cultura araba. A soli quindici anni, scossa dalla generalizzata indifferenza degli europei per il dramma del popolo palestinese, ha scritto il romanzo Sognando Palestina, una storia d’amicizia e paura al tempo dell’Intifada, grazie al quale ha acquisito un’improvvisa notorietà, affermandosi nell’ambiente letterario italiano. Spazio socioculturale La Colonia via Pier Francesco Mola (zona Liceo) 6850 Mendrisio telefono 091 630 29 49 www.lacolonia.ch Per informazioni generali contattare lo Spazio socioculturale La Colonia. Per informazioni sugli incontri e gli atelier contattare Tobia 076 392 32 42. Per informazioni sulla mostra fotografica e sui concerticontattare Marco 079 2 2 05 8 71. Ringraziamo il Musée de l’Elysée di Losanna e Cons Arc di Chiasso per la disponibilità e la collaborazione. Ringraziamo inoltre Pro Helvetia e la Repubblica e Cantone Ticino, Divisione della cultura, per il sostegno finanziario.