Q u a t t ro giorni di riflessione sulla guerra in Medio Oriente. Q u a t t

Transcript

Q u a t t ro giorni di riflessione sulla guerra in Medio Oriente. Q u a t t
Quattro giorni di riflessione
sulla guerra in Medio Oriente.
Quattro giorni di immagini,
suoni e parole per cercare
di capire meglio la situazione
del popolo palestinese.
Quattro giorni per dire PACE
e reclamare il rispetto dei
diritti umani.
Popoli, pietre e ulivi
Con l’attenzione pubblica mondiale concentrata
sull’Iraq, la morsa dell’esercito israeliano sulle città,
i campi profughi e i villaggi palestinesi si stringe di
settimana in settimana. La vita economica e sociale
nei territori occupati è diventata quasi impossibile:
lo stato d’assedio, le demolizioni di case, infrastrutture civili o interi quartieri, le distruzioni di campi e
uliveti per “ragioni di sicurezza” o attorno alla
costruzione del muro di separazione, i “trasferimenti”
forzati si succedono a ritmi sempre più intensi.
La popolazione Palestinese è vittima di continue e
gravissime violazioni dei diritti umani elementari,
del diritto umanitario internazionale, per non parlare
delle risoluzioni dell’ONU sistematicamente ignorate
da decenni. Ogni vittima civile – palestinese e
israeliana – è una vittima di troppo in questo conflitto
che si protrae con la complicità attiva o passiva
della comunità internazionale.
Le immagini visive, le testimonianze e gli incontri
con varie persone impegnate nella solidarietà con la
popolazione palestinese e con l’opposizione radicale
israeliana, proposti durante le giornate sulla Palestina
a Mendrisio e a Lugano (al CSA il Molino dal 27 al
30 marzo), intendono sensibilizzare il pubblico con
un’informazione diversa, inserita in un contesto
più ampio di quello quotidianamente proposto dagli
schermi televisivi. Lo scopo è anche mostrare le
possibilità di un maggiore coinvolgimento diretto
di noi tutti per fermare, con la solidarietà e con
la pressione civile internazionale, il processo di
cancellazione di un’intero popolo.
PROGRAMMA
Giovedì 20
18.00 Apertura della mostra fotografica Palestina in
immagini. Pierre Abensur, Michel Bührer, Enrico
Gastaldello, Thomas Hartwell, Didier Ruef e Gilbert
Vogt. Sei fotoreporter raccontano uno spaccato
della vita del popolo palestinese.
19.00 Cena mediorientale preparata da Al Mouna.
21.00 Proiezione del film Segell Ikhtifà (Cronaca di una
sparizione) di Elia Suleiman, Palestina/Israele, 1996,
88 minuti, v.o. araba, s.t. francesi.
22.30 Proiezione del film Yadon Ylaheyya (Intervento
divino) di Elia Suleiman, Francia/Palestina, 2002,
92 minuti, versione francese.
Venerdì 21
19.00 Cena mediorientale preparata da Al Mouna.
21.00 Proiezione del documentario Gaza strip di James
Longley, Palestina, 2001,74 minuti, v. o. araba
e francese.
22.15 Incontro con Federica Cecchini, psicologa di Médecins Sans Frontières di ritorno da Gaza.
23.00 Concerto con Al Mouna: Fatima, voce; Salwan, oud
e tastiere; Hussam Abou Zannad, bouzouk e
percussioni. Musiche tradizionali del Medio Oriente.
Sabato 22
16.00 Atelier storico-formativo. Storia del conflitto in
Palestina dalla prima guerra mondiale a oggi.
Con Marco Tognola (Associazione Svizzera-Palestina)
e Sergio Yahni (codirettore dell’Alternative Information Centre di Gerusalemme).
Le radici che condizionano ancora oggi il conflitto
israelo-palestinese affondano nella storia del secolo
scorso. Percor rendo le principali tappe della storia
del conflitto, l’atelier vuole offrire gli stimoli
per completare visioni sommarie e rivedere luoghi
comuni di una “Storia” troppo spesso scritta e
insegnata con l’intento di giustificare il punto di
vista del più forte.
19.00 Cena mediorientale preparata dall’Associazione
Svizzera-Palestina.
21.15 Proiezione del documentario Close, Closed, Closure
di Ram Loevy, Israele/Francia, 2002, 60 minuti, v.o.
araba e ebraica, s.t. italiani.
22.15 La guerra in Palestina: come uscirne?
Incontro con Sergio Yahni e Khader Tamimi (medico
palestinese).
L’occupazione militare sempre più pesante, l’imminente guerra in Iraq, la destra, i militari e i coloni al
potere in Israele: quali scelte hanno ancora i palestinesi per uscire da questo vicolo apparentemente
cieco? L’opposizione pacifista israeliana ha delle
possibilità di influire sulla politica di Sharon? Cosa
chiedono queste deboli forze a noi “occidentali”?
23.00 Concerto con Dalouna: Ramzi Aburedwan, voce
e bouzouk; Ramadan Khattab, voce e percussioni;
Thierry Tribouet, clarinetti; Carla Palone, violino;
Jessy, voce e flauto. Musiche tradizionali del Medio
Oriente con influenze classiche e jazz.
Domenica 23
17.30 Gaddo Melani (giornalista della RSI) presenta
Randa Ghazy, la giovane scrittrice italo-egiziana,
autrice del romanzo Sognando Palestina.
MOSTRA FOTOGRAFICA
Palestina in immagini
L’esposizione vuole proporre l’opportunità
di riscoprire la valenza originale del mezzo
fotografico, il fermare la vita nell’atto in cui
viene vissuta per consegnarlo all’eternità.
Concedersi un confronto, prendere coscienza,
immergersi per un istante in un altro istante
accaduto altrove. Guardare una fotografia di
reportage si trasforma così – in tempi dove
anche i drammi diventanobanali consumandosi nello scorrere piatto, ossessivo e ripetitivo
delle immagini televisive – in un gesto di
disobbedienza civile, come lo è stata la presenza dei fotografi al momento dello scatto.
Le fotografie, “i racconti” presentati nella
mostra permettono un’osservazione tra le
pieghe di un’informazione sovente superficiale, soffocata dai ritmi dell’attualità. Costring o n oa d unfaccia a faccia c o nl a quotidianità
di un popolo che soffre ma resiste.
Immagini che “urlano” ma senza voler ferire,
piuttosto per incitarci o richiamarci all’impegno e contributo che ognuno può dare
per opporsi a queste logiche di oppressione
e di mancanza di rispetto per i diritti umani.
Orari della mostra
Sarà aperta fino al 6 aprile. Mercoledì,
giovedì e domenica dalle 16.00 alle 24.00,
venerdì e sabato dalle 16.00 alle 02.00.
Per le scuole che ne facessero richiesta sono
previste aperture straordinarie. Contattare
Marco al numero telefonico 079 220 58 71.
Pierre Abensur
Intifada al Aqsa
Nel novembre del 2000 la seconda Intifada,
battezzata al Aqsa, è al suo apice. Pierre
Abensur decide di interrompere un laborioso
soggiorno in Iraq per recarsi nella Striscia
di Gaza, regione meno coperta dai media e
nella quale la repressione è particolarmente
dura. Le fotografie ritraggono un quotidiano
f a t t od i violenze e scontri nelle stradedi Gaza,
Khan Younès e Deir el Ballah, in un vortice
di colpi, spari, sirene, morti e feriti. Una spirale di violenza nella quale si afferma un
cupo culto del martirio e dove i bambini guardano con invidia e ammirazione i più grandi
che armi in pugno rendono omaggio ai morti
per la causa, nell’attesa del loro turno. Un
rituale che si consuma quasi meccanicamente in una miseria senza speranza. Pierre
Abensur fa parte di una corrente del reportage comunemente definita “umanista”.
Ha documentato temi diversi ma sempre
attraverso un approccio etnografico, l’ultimo
dei quali, tutt’ora in corso, è dedicato allo
studio delle minoranze religiose nei paesi
islamici. Le immagini in mostra hanno vinto
il primo premio nella categoria “reportage
esteri” allo Swiss Press Photo 2001.
Membro fondatore dell’agenzia fotografica
Pixsil (www.pixsil.com), è nato a Nizza e
vive a Seyssel (F).
Didier Ruef
Il campo di Balata
Balata è uno dei luoghi d’esilio “interno” dei
palestinesi, precario da più di 53 anni.
In questo campo profughi situato all’ovest
della città di Nablus in Cisgiordania, vivono
quattromila famiglie. 18’762 individui che si
dividono 25 ettari, ovvero una densità di
74’680 abitanti per km2! Da sempre Balata è
un polmone della rivolta palestinese e a
causa di questa rabbia la popolazione ha
subito conseguenze pesanti. Numerose le
vittime e ovunque sono visibili i segni della
repressione, sugli edifici ma anche nelle
mutilazioni mostrate dalle persone.
Le fotografie di questo servizio furono scattate nel 1991, all’epoca del primo incontro
ufficiale israelo-palestinese a Madrid (trattative che por tarono agli accordi di Oslo, in
buona parte oramai disattesi).
Didier Ruef è nato a Ginevra ma attualmente
vive a Lugano. Dopo gli studi in economia,
si diploma in fotogiornalismo all’ICP di New
York. Dal suo rientro in Svizzera ha iniziato
una serie di reportage sul tema della condizione umana (tra i più recenti, uno dedicato
all’Africa, per conto della sezione svizzera
d iM SF). È uno deimembri fondatoridell’agenzia fotografica Pixsil.
Gilbert Vogt
Palestina 1997–2000
“(…) Realizzare la migliore immagine è
un’ambizione comune ad ogni fotore p o rt e r.
Ma nel mio caso c’è un altro elemento fondamentale: il destino. Quello che ti fa trovare
qui piuttosto che là e chesovente attraverso
situazioni impreviste ti permette una nuova
presa di coscienza. Ad esempio, anni fa
volevo conoscere meglio il funzionamento
dello stato d’Israele e ho finito per ritrovarmi
in piena Intifada, io che non sopporto la
guerra. Ho vissuto allora dall’interno la quotidianità del popolo palestinese, come tempo
prima avevo condiviso quella del popolo
africano. Ho visto bambini, donne e uomini,
vittime innocenti di decisioni internazionali
che non considerano il valore sacro e unico
della vita umana. Obiettore di coscienza a
vent’anni, obietto tutt’oggi perché non sopporto che il mondo degli adulti imponga
tutta la sua follia a quello dei bambini, che
i diritti fondamentali siano regolarmente
e banalmente calpestati (…)”. Gilbert Vogt
presenta una serie di immagini scattate in
Palestina (e più precisamente nella Striscia
di Gaza, a Hebron e Ramallah) tra il 1997
e il 2000. Una parte è dedicata all’Intifada
al Aqsa scoppiata nel 2000. Vogt è nato
a Basilea e attualmente vive a Sion. Il suo
spirito nomade, irrequieto e sovente intrec ciato con il destino lo ha portato in situazioni e luoghi molto diversi. Collabora regolarmente con le principali testate svizzere ed
è tra i membri fondatori dell’agenzia Pixsil.
PROIEZIONI
Michel Bührer
Ritratti in Palestina
Tra il 1988 e il 1989 Michel Bührer ha realizzato in Cisgiordania e nella striscia di
Gaza (territori occupati da Israele dal 1967)
una serie di ritratti a Palestinesi e a Israeliani. I primi ci sono nati o sono rifugiati,
mentre i secondi hanno installato delle colonie sulle aree confiscate ai palestinesi. Dieci
anni dopo l’autore è tornato per ritrovare
queste persone e ritrarle una seconda volta
nelle stesse condizioni. Ogni fotografia
è completata con delle note biografiche.
L’esposizione mostra una selezione dei Portraits en Palestine raccolti in un libro pubblicato nel 1999 dalle Editions Territoires
(Ginevra). La prima serie è stata scattata
durante la prima Intifada, la seconda dopo la
costituzione dell’Autorità palestinese. Da
allora il numero delle colonie è costantemente cresciuto e la situazione si è drammaticamente degradata. Una condizione di convivenza forzata che fa presagire il peggio.
Michel Bührer alterna e combina le attività
di giornalista e fotografo indipendente.
Collabora con la stampa svizzera ed è autore
dinumerose pubblicazioni,tra l eq u a l i citiamo
Rwanda, mémoire d’un génocide e Transit,
l’Europe des réfugiés. Vive a Orbe (VD).
Enrico Gastaldello
Territori occupati 1988–1991 e 2000
“(…) Ciò che mi ha spinto a recarmi in questa regione è stata la volontà di rendermi
conto di persona della realtà vissuta da queste donne e da questi uomini che vivono sotto
un’occupazione costante da più di trenta
anni. Queste due serie di immagini non
pretendono mostrare e nemmeno raccontare
tutto quanto ho visto e fotografato: sono
solo un piccolo puzzle della vita quotidiana
dellapopolazione palestinese(…).”Gastaldello
espone due selezioni di immagini. La prima
illustra il suo primo impatto con la situazione
dei territori occupati ed è stata realizzata
tra il 1988 e il 1991. Un lavoro che ora fa
parte della collezione del Musée de l’Elysée,
reso possibile dall’interessamento di Charles
Henry Favrod, a quei tempi conservatore
del museo. La seconda serie è invece tratta
dall’ultimo viaggio del fotografo, allo scoppio
dell’Intifada al Aqsa, e presenta dei ritratti
di giovani sulle barricate.
Enrico Gastaldello è uno dei membri fondatori
dell’agenzia Pixsil. Vive a Ginevra.
Thomas Hartwell
The state of Palestine:1998–2000–2002
I lavori esposti rappresentano un campione
di un’ampia mostra di fotografie scattate
in occasione di diversi soggiorni nei territori
palestinesi. Nella primavera del 1998Thomas
Hartwell ha trascorso tre settimane a Gaza
e nella West Bank, documentando i progetti
disviluppo e i loro effettinellavita quotidiana,
nonché la nascita di segnali incoraggianti
per l’affermarsi di un vero stato palestinese.
Nell’ottobre del 2000, dopo l’esplosione
della seconda Intifada, ritorna a Gaza come
inviato di Newsweek, ritraendo una situazione
rapidamente compromessa, con molte vittime civili tra le quali un alto numero di bambini. Il seme del martirio iniziava a germogliare. Due anni dopo il fotografo ha lavorato
per tre settimane a Ramallah e Gaza, diventate zone diguerraquotidiana in unacontinua
escalation di reciproche ostilità, con vittime,
ritorsioni, funerali e missioni punitive. La
speranza di un processo di pacificazione era
oramai sepolta lasciando a tutte le par ti
coinvolte un futuro sempre più incerto.
Thomas Hartwell è un fotogiornalista statunitense che ha dedicato più di 25 anni al
Medioriente e che dal 1979 vive al Cairo.
Ha lavorato dapprima per delle agenzie ed in
seguito per importanti testate come Time,
Geo, Life, ecc.
Segell Ikhtifà – Chronicle of a disappearance
di Elia Suleiman, Palestina/Israele, 1996,
88 minuti, v.o. araba s.t. francesi.
In quest’opera d’esordio, il regista mette in
scena il suo ritorno al paese, alla ricerca
di ciò che significa oggi essere palestinesi.
Con uno stile a metà tra la commedia e
il documentario, lo vediamo dapprima nel
villaggio natale, con i genitori e gli amici,
poi in viaggio verso altre città. Il film rivela
l’aspetto grottesco di una situazione senza
via di scampo, dove la presenza dell’esercito
si è fusa nel quotidiano e dove non ci si
inquieta più neppure vedendo dei militari
attraversare un salone con le mitragliatrici
spianate.
La vena umoristica di Suleiman, del tutto
inedita nel panorama cinematografico
mediorientale, ricorda per alcuni versi la
comicità discreta e paradossale di Buster
Keaton o di Jacques Tati. Premio per
la migliore opera prima a Venezia 1996.
Yadon Ylaheyya – Intervention divine
di Elia Suleiman, Francia/Palestina, 2002,
92 minuti, versione francese.
Babbo Natale corre tra i cipressi in Terra
Santa inseguito da alcuni ragazzi. Giunto alle
porte di una piccola chiesa in cima ad
una collina, si appoggia ad una colonna. Ha
un coltello infilzato nel cuore. Siamo a
Nazareth. Due uomini siedono attorno ad
un piccolo tavolo da the. Osservano impassibili. La rappresentazione dello spettatore.
Intervento divino è un film dalla trama apparentemente discontinua, attuata per frammenti che solo con un po’ di pazienza
si rivelano infine storia completa. Dialoghi
quasi inesistenti – i protagonisti sono silenziosi, mentre i personaggi di contorno parlano – ripetizioni a tratti estenuanti, gag
ciniche e incredibili: lentamente prende
corpo una quotidianità rappresentata per
piccoli eventi che, seppure esasperati,
sembrano rappresentare una vita normale
in un luogo come un altro. I luoghi storici
di una guerra infinita tra israeliani e palestinesi, territori martoriati da un’annosa questione che sembra non poter trovare una
giusta conclusione, appaiono come località
distanti dalla violenza, dalle sopraffazioni,
dal terrore. Suleiman preferisce giungere
all’esposizione di questo stato di cose tramite una tagliente ironia, da sempre il miglior
strumento di sopravvivenza dei deboli. Il
vero protagonista di Intervento divino diviene
il check-point di Ramallah, luogo reale e
di convergenza delle varie parti della storia,
figura simbolo: è lì a rappresentare il punto
d’arrivo e quello di partenza, concreto motivo
di sofferenza e risultato di tant’altra.
Premio della Giuria al Festival di Cannes
2002. Premio internazionale Filmkritik 2002.
Elia Suleiman, nato a Nazareth nel 1960,
emigra a 22 anni a New York. Lavora a diversi
documentari e cor tometraggi, spesso
premiati, affiancando all’attività di regista
quella di insegnante invitato in molte
Università, musei e istituzioni artistiche
statunitensi. Nel 1994 ritorna a Gerusalemme
dove insegna teoria del cinema e dei massmedia.
Gaza strip
Documentario di James Longley, Palestina,
2001, 74 minuti, v. o. araba e francese.
Girato nella primavera del 2001, Gaza Strip
tuffa lo spettatore nel tumulto della striscia
di Gaza occupata da Israele, esaminando le
vite e i punti di vista degli abitanti palestinesi. Il documentario vede il mondo attraverso
gli occhi di persone giovani. Il personaggio
centrale è Mohammed Hejazi, un venditore
di giornali tredicenne di Gaza City, uno dei
“ragazzi delle pietre” che rischiano la vita
gettando sassi ai carri armati lungo il filo
spinato. Attraversando la striscia di Gaza, la
camera raccoglie ovunque i segni dell’occupazione. Folle di palestinesi obbligati, quando
i soldati israeliani chiudono le strade, a spostarsi sulla spiaggia a piedi, con carretti tirati dagli asini e rimorchi trainati da trattori.
I palestinesi interrogati mentre passano rivelano un comune conflitto interno, tra rabbia
per l’occupazione e desideriodivivere inpace.
James Longley è nato in Oregon nel 1972.
Ha studiato cinema negli Stati Uniti e a
Mosca. Con Portrait of Boy with Dog, documentario su un bambino che vive in un
orfanotrofio di Mosca, ha ricevuto lo Student
Academy Award dall’Academy of Motion
Picture Arts and Sciences.
Gaza Strip è stato realizzato con una DVCAM
nella striscia di Gaza durante la primavera
del 2001.
Close, Closed, Closure
Documentario di Ram Loevy, Israele/Francia,
2002, 52 minuti, v.o. araba e ebraica,
s.t. italiani.
Realizzato da una troupe composta da palestinesi e israeliani il film si interroga sulle
possibilità di vedere e sentire le cose così
come sono in un contesto di conflitto senza
fine, nel quale il sangue versato fa di ogni
pietra un simbolo e tutte le immagini sono
intrise di significato. La striscia di Gaza è
un’area di 288 km quadrati circondata da
una rete elettrificata nella quale un milione
di persone vivono sotto assedio e si sentono
imprigionate, in un continuo emergere di
rabbia e frustrazione che ha portato all’inizio
della seconda Intifada.
Il regista intreccia le voci dei palestinesi
con i confronti tra coloni e pacifisti israeliani,
presentando differenti punti di vista.
CUCINA
Al Mouna
La cena proporrà pietanze palestinesi e libanesi, tra le quali foul, hummus, babaghanoush, tabouleh, schamandar, bamije. Il
cuoco Hussam Abou Zannad, figlio di madre
palestinese e padre libanese, vive da diversi
anni a Berna dove gestisce un ristorante e
suona nel gruppo Al Mouna.
CONCERTI
Al Mouna
Musiche tradizionali mediorientali (Svizzera).
Hussam Abou Zannad dopo aver cucinato
anche la cena di venerdì lascerà i fornelli per
presentarci l’altra sua passione: la musica e
in particolare le percussioni.
Ha invitato ad accompagnarlo altri musicisti
arabi che vivono in Svizzera: la tunisina
Fatima (canto e danza) e l’iracheno Salwan
(oud e tastiere).
Dalouna
Musiche mediorientali con influenze classiche e jazz (Francia).
Alcuni ragazzi provenienti dai quartieri di
Ramallah, Ramzi e Ramadan da tre anni
beneficiano di un soggiorno di studio presso
il Conservatorio Nazionale della regione di
Angers (nei pressi di Nantes). Assieme a dei
compagni di conservatorio hanno fondato
Dalouna, gruppo che propone un repertorio a
dominante mediorientale cercando di creare
un ponte con altre sonorità, dal barocco al
classico e al jazz. Hanno appena pubblicato
un CD autoprodotto comprendente 11 titoli.
La formazione è stata inserita nella prima
raccolta francese di solidarietà con il popolo
palestinese Il y a un pays… Palestine, che
uscirà il 30 marzo, Giornata della Terra.
All’album partecipano tra gli altri i Noir Désir,
Manu Chao, Sergent Garcia, Zebda.
I proventi andranno a sostenere progetti di
scambi culturali e di realizzazione di strutture
nei campi profughi.
E proprio uno dei progetti di Dalouna è la
raccolta di sostegno e fondi per la realizzazione di scuole di musica nei campi profughi,
un’idea della quale ci faranno partecipi.
Ramzi Aburedwan, bouzouk e canto;
Ramadan Khattab, percussioni e canto;
Jessy, canto e flauto; Carla Palone, violino;
Thierry Tribouet, clarinetti.
INCONTRI E ATELIER
Federica Cecchini
Federica Cecchini è da poco tornata dalla
striscia di Gaza, nella quale ha lavorato in
un programma di Médecins sans Frontières.
Presenterà l’organizzazione, il suo ruolo
e l’attuale situazione nei territori palestinesi,
dopo l’inizio della seconda Intifada, con le
mille difficoltà quotidiane, sottolineando
il ruolo svolto da MSF, e nello specifico il
programma psicologico-medico.
Sergio Yahni
Quando Sergio Yahni aveva 10 anni la sua
famiglia ebrea è stata espulsa dall’Argentina,
suo paese d’origine, dalla dittatura militare.
Oggi vive in Israele e, dopo essere stato
attivo fin dall’inizio in questa organizzazione
fondata da Michel Warshawski, è condirettore dell’Alternative Information Center
(www.alternativenews.org).
Storico e politologo,unisce all’attivitàpolitica
di base il lavoro di ricerca e le pubblicazioni;
Sergio Yahni è uno dei soldati di milizia
israeliani che hanno rifiutato il servizio militare nei territori occupati, e per questo ha
appena scontato una pena detentiva in una
prigione militare israeliana.
A Mendrisio si esprimerà principalmente in
spagnolo, con eventualetraduzioneinitaliano.
L’AIC di Gerusalemme-Betlemme è un’organizzazione israelo-palestinese che si batte
per l’uguaglianza e la giustizia sociale, contro
il razzismo, la colonizzazione e ogni forma
di discriminazione e che lavora per una pace
giusta tra israeliani e palestinesi.
Oltre a elaborare analisi e informazioni indipendenti sul conflitto israelo-palestinese,
l’AIC è anche molto impegnata, dall’inizio
della seconda Intifada, nella costruzione
e nel coordinamento di movimenti di base
israeliani e palestinesi che si oppongono
in maniera radicale e non violenta alla politica
di dominazione israeliana e lottano per
trovare soluzioni giuste e civili al conflitto.
L’AIC si oppone alla militarizzazione della
società israeliana e vede nella fine della
collaborazione militare tra Israele e i paesi
occidentali un contributo importante
al cambiamento della politica israeliana.
Khader Tamimi
Khader Tamimi, medico pediatra palestinese
abitante a Milano, è vicepresidente dell’associazione italiana amici della Palestina.
Randa Ghazy
Nata in Italia da genitori di origini egiziane,
Randa Ghazy vive tra due mondi: l’occidente
e la cultura araba.
A soli quindici anni, scossa dalla generalizzata indifferenza degli europei per il dramma
del popolo palestinese, ha scritto il romanzo
Sognando Palestina, una storia d’amicizia e
paura al tempo dell’Intifada, grazie al quale
ha acquisito un’improvvisa notorietà, affermandosi nell’ambiente letterario italiano.
Spazio socioculturale La Colonia
via Pier Francesco Mola (zona Liceo)
6850 Mendrisio
telefono 091 630 29 49
www.lacolonia.ch
Per informazioni generali contattare lo
Spazio socioculturale La Colonia.
Per informazioni sugli incontri e gli atelier
contattare Tobia 076 392 32 42.
Per informazioni sulla mostra fotografica e
sui concerticontattare Marco 079 2 2 05 8 71.
Ringraziamo il Musée de l’Elysée di Losanna
e Cons Arc di Chiasso per la disponibilità e
la collaborazione.
Ringraziamo inoltre Pro Helvetia e la
Repubblica e Cantone Ticino, Divisione della
cultura, per il sostegno finanziario.