doppia possibil. realizz. -ou-/-oi- (pp. 8-9, in giallo)
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doppia possibil. realizz. -ou-/-oi- (pp. 8-9, in giallo)
Avanguardia lusitana, innovazione lessicale e riforma ortografica: Pessoa e i suoi compagni nell’avventura futurista Arlindo José Nicau Castanho (Università di Bergamo) 1. Gli scopi preposti Devo premettere che, invece di parlare soprattutto di quanto si può fare, in termini di ricerca lessicale, con il CD-ROM che accompagna e funge da complemento al volume sulle Avanguardie iberiche che in questa giornata di studio viene presentato, incentrerò il mio intervento su quello in cui il suddetto CD-ROM non ci può affatto aiutare: non per una qualsiasi ipotetica inadempienza nella sua organizzazione, ma per i motivi incontornabili che presenterò in seguito. Questa impostazione del mio intervento è mirata, dunque, alla definizione dei limiti del corpus di testi portoghesi reso disponibile sul CD-ROM, così come è stato trascritto, cui si associa l'obiettivo di ovviare, almeno in parte, a tali limitazioni. Il primo problema che abbiamo dovuto affrontare, nella trascrizione dei manifesti selezionati, è stato quello della scelta del modello ortografico da adottare. Le modifiche subite dall’ortografia portoghese, lungo tutto il secolo scorso, sono state varie e profonde. Le alternative erano due, dunque: o trascrivere i testi esattamente come si presentavano, o uniformarli all’ortografia attuale. La prima soluzione si è dimostrata la meno appropriata agli obiettivi prefissati, per i motivi che passo ad esporre. Innanzi tutto, la mera trascrizione dei testi, così come sono stati inizialmente pubblicati (per la loro maggior parte, nel 1915 e nel 1917), avrebbe reso praticamente inutilizzabile il programma di ricerca lessicale impiantato: difficilmente verrebbe in mente a qualcuno, ad esempio, introdurre come parola da ricercare comprehensão, interpretaçõis, synthetico, invece di compreensão, interpretações, sintético. D'altra parte, se i testi fossero stati trascritti senza alcuna modifica, tale scelta non si sarebbe tradotta, semplicemente, nell’adozione di un’ortografia uniforme, sebbene ‘datata’, ma avrebbe implicato, piuttosto, lo smarrimento in mezzo ad un branco di grafie ‘selvagge’, proliferanti in uno stato di autarchica libertà... In effetti, tra gli scrittori presenti in questa raccolta non c’era accordo riguardo al modello ortografico da seguire, ed è già tanto se qualcuno, tra di loro, adottava un modello ortografico chiaro, almeno, e lo applicava con coerenza (come è il caso di Pessoa). Le diverse preferenze ortografiche e lessicali, che ho scelto di 1 evidenziare soprattutto riguardo ai testi pubblicati sul numero unico di «Portugal Futurista», costituiranno l’oggetto del capitolo 4. L'uniformazione dell'ortografia dei testi selezionati implica, a sua volta, un'adulterazione dei documenti e una perdita di dati non sempre del tutto secondari, come meglio si vedrà nei capitoli 5 e 6. Ma il presente lavoro non vuole limitarsi alla disamina di quello che non c'è, nel CD-ROM: vuole anche aiutare gli utenti a cercare quello che vi è, in effetti, ma che potrà venire a galla, nella ricerca lessicale resa possibile dal programma, solo se adottiamo, previamente, certi accorgimenti: è il caso dello studio di certi neologismi di effimera durata, come telefónio, ad esempio, di cui ci occuperemo al capitolo 6. 2. «Orpheu» contro l’‘ortografia repubblicana’ È nota l’opposizione di Pessoa alla riforma ortografica del 1911 − una riforma che sia lui che i suoi compagni di «Orpheu» giudicavano deleteria, in termini culturali, e per niente anodina, in termini politici. Le nuove regole ortografiche erano state imposte da quella repubblica instaurata nel 1910 ed erano sentite, dalla destra con la quale Pessoa e compagni senz’altro si schieravano, come un potente strumento per la trasmissione di valori: i valori − reputati corrotti e corruttori, ovviamente − di una repubblica che i dissenzienti bollavano come opportunista e demagogica, grossolanamente materialista e subdolamente plutocratica. Il primo esempio di questa opposizione palese alla riforma ortografica del 1911, e a tutto quanto essa potesse simboleggiare, lo troviamo proprio nel nome della prima pubblicazione che si assume come di avanguardia in Portogallo, cioè «Orpheu»: al di là della forte carica simbolica riscontrabile nella scelta del nome del poeta-musicista divinizzato − una scelta significativa, meritevole di un'attenzione critica particolare, la quale esula, tuttavia, dagli scopi preposti al presente lavoro −, quello che va sottolineato è che la decisione di conservarvi il ph, al posto della f preconizzata dalla riforma, è un chiaro segno dell’intenzione polemica e contestataria che animava i fondatori dell’irruente pubblicazione. Non sarebbe del tutto corretto affermare che i futuristi portoghesi si oppongono in blocco alla riforma ortografica1, ma i loro elementi di spicco, sì – e lo fanno, soprattutto, per ragioni 1 Così come sarebbe ugualmente improprio credere che tutti i difensori del nuovo regime repubblicano si schierassero in favore della riforma ortografica del 1911: ad esempio, Abel Botelho – l'autore del famoso O Barão de Lavos, repubblicano da sempre e sostenitore entusiastico del nuovo regime – ci si oppose nel modo più combattivo, dalle pagine del giornale «A Lucta», come si legge in BOURDON 1976, p. 270. 2 politiche, che Pessoa condivide con i suoi ‘confratelli’ di avanguardia. Tra di loro, è giustamente Pessoa quello che basa la sua opposizione sistematica alla riforma su argomenti di ambito più specificamente linguistico e culturale – anche se le motivazioni che adduce non sempre primeggiano per la loro coerenza, come vedremo nel capitolo successivo. Bisogna chiarire che l’anti-repubblicanesimo di Pessoa non è assoluto, bensì esclusivamente rivolto al tipo specifico di repubblica che si era imposta in Portogallo. Pessoa non era un monarchico, al contrario di alcuni suoi compagni di percorso avanguardista: era un repubblicano che non si identificava, però, con la Repubblica Portoghese, tale come essa si era sviluppata dopo la conquista del potere nel 1910. Ma Pessoa non si schiera, in nessun modo, con quelli che egli stesso definisce «os caturros [sic] do passado (...), que escrevem na grafia antiga por serem monárquicos», nel volume postumo A Língua Portuguesa2. Giustissimi, dunque, i commenti di Teresa Rita Lopes3, a proposito di alcune poesie, da lei pubblicate, di un Pessoa giovanissimo, datate 1908-1909: Num destes textos (T. 201), o jovem Pessoa manifesta-se contra o derrame de sangue que uma revolução representaria (o que faz também noutros escritos inéditos), pronunciando-se a favor do regicídio («soffra um só»), pela república. Não é, pois, verdade, que o jovem Pessoa fosse então monárquico – como pretende o seu primeiro, aliás muito estimável, biógrafo João Gaspar Simões. Contra aquela monarquia e contra João Franco, primeiro ministro de D. Carlos, vociferou os tais «insultos» do programa, escrevendo palavras que nunca deve ter pronunciado em público em toda a sua vida. A implantação da República foi, para Pessoa, motivo de expresso regozijo: o epílogo de um poema épico, de índole sebastianista, intitulado Portugal e datado de Agosto-Setembro/1910 recebeu, no final, um comentário: «recentes e gloriosos dias tornam [variante: tornaram], felizmente, irrisória esta poesia prefacial». Mas o «desgoverno» dos regimens que se sucederam desencadearam o repúdio de Pessoa que lhes não poupou críticas4. 3. Le riflessioni di Pessoa su A Língua Portuguesa − − nel volume omonimo e altrove A Língua Portuguesa, ‘di’ Pessoa, è un’antologia recente di testi indiscutibilmente scritti dal poeta di Mensagem, il quale non avrà mai pensato, comunque, di riunirli in un sol volume, sotto lo stesso titolo. Altri suoi testi postumi hanno raggiunto un'ampia popolarità, a livello sia nazionale che internazionale: è quanto succede nel caso del Faust, del Libro dell'inquietudine dell'eteronimo 2 MEDEIROS 1997, p. 26. I quali non rappresentano, in sé, una ‘novità’ interpretativa, ma soltanto l'espressione più vivida di una consapevolezza già maturata da tempo, nell'ambito degli studi pessoani: si veda, ad esempio, l'identica costatazione di Joel Serrão in SERRÃO 1979, pp. 15, corroborata a sazietà dai testi di Pessoa ivi pubblicati. 4 LOPES 1993, p. 53. 3 3 Bernardo Soares, etc. Non ci sono dubbi sulla particolare rilevanza dei titoli appena citati, all'interno dell'opera omnia di Pessoa, anche se postumi; e non ci sono dubbi sul fatto che, nonostante siano rimasti incompiuti, il Nostro li concepì come unità perfettamente delineate e, in quanto tali, destinate alla pubblicazione, anche se solo dopo le necessarie rifiniture. A Língua Portuguesa è un volume ugualmente prezioso, ma conviene rimarcare che i testi riuniti sotto questo titolo rappresentano una specie di antologia di inediti, concepiti unitariamente dal curatore e non dallo scrittore, il quale non solo ha lasciato i testi incompiuti e in stato di bozza – il che è ugualmente valido per gli altri suoi testi anteriormente riferiti – ma non ha neppure mai avuto, molto probabilmente, l'intenzione di pubblicarli insieme. Non si sa neanche, con precisione, quando saranno stati redatti i testi confluiti in A Língua Portuguesa. Si può, semmai, essere sicuri che il testo che costituisce la I Parte dell'antologia, e che la curatrice ha intitolato O problema ortográfico, è posteriore al 30 aprile 1930, poiché ci sono, in esso, riferimenti all'accordo ortografico che il Portogallo e il Brasile firmarono in quella stessa data. Ma gli altri testi inclusi in A Língua Portuguesa potrebbero essere anteriori o posteriori a O problema ortográfico. Pessoa parteggia, in ambito ortografico, per le soluzioni più ‘conservative’: per quelle di stampo etimologico, tanto per intenderci; le quali si ergono in franco contrasto con la tendenza ad avvicinare l'ortografia alla scrittura fonetica, tanto quanto possibile − cioè, in contrasto con la propensione verso una «grafia sónica»5. Il Nostro tende a conservare la h in chrisma, chrisol o Christo, ad esempio, dovendo però farne a meno – per non creare equivoci di lettura – nei casi in cui alla (-)ch- segua immediatamente una vocale: come in carácter (e non più character), coro (e non più choro – che d'altronde creerebbe una fastidiosa omonimia), arquipélago (e non più archipelago)6. In un altro appunto, però (p. 81), arriva al punto di suggerire due grafie distinte per lo stesso vocabolo, a seconda del significato che gli venga contestualmente attribuito: carta per la «lettera» (cioè per la «normale corrispondenza scritta», tanto per intenderci), charta per il documento o il proclama ufficiale (come la Carta dei diritti dell'uomo). Propone lo stesso tipo di scissione grafica per character e per tractar, tractado; termini che, secondo lui, si avrebbero potuto sdoppiare, rispettivamente, in character/carácter e in tractar/tratar, tractado/tratado: character per «indole», carácter per «segno tipografico»; tratar e tratado, per l'idea di «convenire», «convenzione», e tractar e tractado per i concetti di «sviluppare per iscritto» e di «monografia in cui si pretende di sviluppare esaurientemente un argomento». 5 6 Espressione corrente fra gli intellettuali, all’epoca, e riscontrabile in Pessoa, in MEDEIROS 1997, p. 42 et passim. Cfr. MEDEIROS 1997, p. 78. 4 La procedura appena descritta è molto curiosa e originale, configurando, a ben vedere, uno stratagemma del tutto artificiale − chiaramente votato all’insuccesso, sin dall’inizio − con il quale Pessoa pretendeva di ridurre la polisemia intrinseca di un termine, trasformandola in una specie di forzata omonimia; trasformando, in somma, il termine − ad esempio, carta − in un falso etimo, da cui far derivare, artificialmente, una specie di copia di allotropi. La riforma del 1911 introdusse molti accenti grafici fino ad ora ritenuti superflui. Pessoa si manifesta contrario anche a questo aspetto delle nuove norme, arrivando al punto di preconizzare che una parola venga graficamente accentata solo quando il contesto non permetta la sua immediata distinzione nei confronti di un eventuale paronimo. Così, ogni volta che l’aggettivo vária (/'vaj/) non possa venire confuso, nel contesto frasico, con la forma verbale varia (/v'i/), non è necessario accentare graficamente, secondo lui, né l’una né l’altra7. Con la stessa riforma divenne obbligatoria l'accentazione grafica di ogni sdrucciola, una norma che si è mantenuta in vigore fino ai giorni di oggi. Ma Pessoa non se ne cura affatto, continuando, ad esempio, a scrivere Africa, Alvares, America, Belgica, Republica, subdita, transatlantica8. Lo stesso fa Almada, in un modo ugualmente sistematico, e anche Bettencourt Rebelo, come si potrà constatare dalla lettura di un suo brano riprodotto al capitolo 5 − nonostante le varie e profonde divergenze che oppongono il suo modello ortografico a quello dei due veri protagonisti del milieu avanguardista lusitano. Tornando a Pessoa, conviene notare ancora che egli sembra adottare qualche volta un'impostazione cosmopolita, nei confronti delle alternative ortografiche concepibili, ma lo fa solo quando tale apparente spirito cosmopolita può corroborare le sue preferenze ‘conservative’ in ambito ortografico: è il caso della sua difesa della grafia philosophia, a scapito di filosofia, in un appunto trascritto in A Língua Portuguesa, nel quale il Nostro afferma che «Philosophia deve escrever-se com 2 vezes PH porque tal é a norma da maioria das nações da Europa (...)»9. Secondo me, questo vuol dire, semplicemente, che Pessoa ha tenuto conto soprattutto delle norme inglese e francese, trascurando invece quelle spagnola e italiana. 4. «Portugal Futurista»: porto franco linguistico, kermesse ortografica 7 Cfr. MEDEIROS 1997, p. 87. Tutti esempi tratti dall'Ultimatum di Álvaro de Campos e, più precisamente, dalla p. 30, 2.a col. di «Portugal Futurista». 9 MEDEIROS 1997, p. 56. 8 5 Nei testi selezionati, e come è proprio dello spirito cosmopolita che anima i futuristi, le lingue si incrociano, in uno sfoggio di neofilia che non se ne cura affatto − anzi, ne gode − dell’irritazione arrecata al ‘buon senso e buon gusto’ delle caste culturali dominanti. I forestierismi − che Pessoa nomina «peregrinismos», in uno dei testi riuniti in A Língua Portuguesa10 − abbondano, dunque: termini francesi, inglesi, più di rado italiani, e ancora meno spesso tedeschi o spagnoli. L’incidenza tutta particolare del francese si fa sentire ancora più intensamente per il fatto che il traduttore del marinettiano Il teatro di varietà/O Music-Hall, in «Portugal Futurista», ha lasciato in francese, inspiegabilmente, un lungo pezzo della parte finale del testo. Di questi ed altri «peregrinismos» si parlerà più dettagliatamente al sesto e ultimo capitolo. Per adesso, concentriamoci sull’aspetto più propriamente ortografico, il quale − come abbiamo già avuto modo di constatare − raggiunge, all’epoca, una complessità inaudita e un’importanza di prima grandezza. Su «Portugal Futurista» – che è stato la fonte principale dei manifesti trascritti sul CD-ROM – i testi firmati da Almada o da Pessoa (anzi, dal suo eteronimo Álvaro de Campos) si presentano molto più regolari degli altri, dal punto di vista ortografico, in generale, e anche riguardo all'incidenza relativa dei refusi: si può immaginare che questi due autori siano stati più diligenti nella correzione delle bozze. Molte grafie poco ‘ortodosse’ (fosse quale fosse la doxa adottata) sono dovute al traduttore o al responsabile redazionale, quasi sempre identificabile, ed in certi casi con assoluta certezza, con Bettencourt Rebelo: exita per hesita (p. 39) e exitante per excitante (p. 40, col. 1). In altri casi, non è facile capire se rese grafiche come abstrata (p. 40, col. 2), al posto di abstracta, e atualidade (p. 40, col. 1), al posto di actualidade11, sono soltanto un ennesimo esempio di sbadataggine o se si devono interpretare, invece, come un segno di adesione al «sistema sónico»12. Mi sento più propenso verso la prima interpretazione, giacché molti strafalcioni grafici, imputabili allo stesso autore, poco o niente hanno a che vedere con il suddetto «sistema sónico». D'altra parte, se eventualmente Bettencourt Rebelo avesse preteso di dimostrare, con lo scrivere abstrata e atualidade, la sua fedeltà al «sistema sónico» – una scelta alla quale, ad essere autentica, egli non ottemperava, comunque, con un minimo di coerenza –, allora si sarebbe rivelato, in questo, ‘più papista del papa’: in effetti, la norma introdotta nel 1911 continuava a preconizzare la scrittura abstracta e actualidade – anche se tali soluzioni erano incompatibili con l'impostazione generale della riforma ortografica, la quale era eminentemente «sónica», come giustamente segnala Manuel 10 Cfr. MEDEIROS 1997, p. 66. Termine che invece Almada scrive, come di regola, actualidade, ad esempio nell'Ultimatum futurista às gerações futuras («Portugal Futurista», p. 38, 1.a col.). 12 Che Pessoa definisce in MEDEIROS 1997, pp. 37-43. Da segnalare, per il suo interesse particolare per un pubblico italiano, quanto dice il Nostro, in queste pagine – e soprattutto a pp. 42-43 –, sui pregi e difetti del «sistema sónico» dell'italiano. 11 6 Mendes de Carvalho13; e la norma brasiliana – l'unica che oggi preconizza una grafia decisamente «sónica», sotto questo aspetto, poiché gli stessi termini vengono scritti, in Brasile, abstrata e atualidade – era, all'epoca, ancora più ‘conservativa’ di quella portoghese... Il Poeta trovava che certe soluzioni ortografiche, all'epoca già ritenute antiquate, erano portatrici di una carica evocativa – e, dunque, espressiva – assolutamente unica. È il caso della sua strenua difesa della -y- etimologica, in parole come abysmo (ortografia tradizionale)/abismo (ortografia «sónica»): Pessoa afferma addirittura, da qualche parte, che «l'abisso, senza la y, è meno profondo». Un identico atteggiamento si riscontrava nelle già menzionate diatribe di un repubblicano ad oltranza, Abel Botelho, contro la riforma ortografica del 191114; il quale diceva, a proposito della preconizzata semplificazione di hymno in hino: «Esta palavra hymno, escrita assim, tem uma estrutura perfeita, tem poesia, tem encanto: simplifiquem-na segundo a última moda, e converterão êsse belo vocábulo, tão expressivo, tão cheio, em coisa nenhuma...»15. E Pessoa, questa volta sotto la mascara dell’abitualmente mite Bernardo Soares, va ancora oltre, nelle espressioni di avversione per l'«ortografia senza ipsilon»: Non m'importerebbe niente se invadessero od occupassero il Portogallo, a condizione che non mi disturbassero personalmente. Ma odio, con un odio vero, con l'unico odio che sento, non chi scrive male il portoghese, non chi scrive con un'ortografia semplificata, ma la pagina scritta male, come se fosse una persona vera; la sintassi sbagliata come se fosse qualcuno da picchiare; l'ortografia senza ipsilon, come uno sputo diretto che mi fa schifo indipendentemente da chi sputa. Sì, perché anche l'ortografia è una persona. La parola è completa se vista e sentita. E la gala della traslitterazione greco-romana me la veste col suo vero manto regio, per il quale è signora e regina16. Come si vede, non è solo l'«ortografia senza ipsilon» che fa rabbrividire Pessoa: anche se il nodo retorico del brano citato sembra essere la traslitterazione greco-romana e l'impiego della y all'interno del modello ortografico che adotta tali norme di traslitterazione, il nodo concettuale del brano si identifica piuttosto con «la pagina scritta male» e «la sintassi sbagliata» – queste, sì, imperdonabili manchevolezze. Una prospettiva condivisa da Sciascia − o, almeno, da un personaggio sciasciano che, molto verosimilmente, rispecchia il punto di vista dell'autore stesso. Il personaggio è un maestro elementare in pensione, e la situazione che evoco è quella in cui esso viene stuzzicato da un ex allievo mediocrissimo, il quale si vantava del proprio successo sociale e professionale e, soprattutto, di esserci arrivato nonostante i brutti voti che il vecchio maestro era 13 «O essencial da reforma ortográfica de 1911 foi acabar com o despotismo da etimologia, aproximando a ortografia oficial de uma escrita fonética. Aproximando, apenas, note-se, dado que, apesar de tudo, se fizeram vastas concessões a hábitos anteriores, como era o caso de manter inúmeras consoantes mudas, com um ou outro pretexto (homem, directo, sciência, etc.).» – MENDES DE CARVALHO 1996. 14 Vedi nota 1. 15 In BOURDON 1976, p. 270. 16 In LANCASTRE 1986, p. 252. 7 solito appioppargli, in italiano. Il vecchio insegnante gli risponde con una frase lapidaria: «L'italiano non è l'italiano...» – ma devo interrompere la citazione per commentare subito questo secondo l'italiano; il quale, al contrario del primo, eppure nell'assenza di alcun segno grafico che ce lo suggerisca, non può risuonare nelle nostre menti se non con il noto timbro sostenuto, il ‘do di petto’ della tradizionale recitazione istrionica. E adesso, chiedendo venia, riprendo la citazione e la concludo: «L'italiano non è l'italiano, è il ragionare»17. Le idiosincrasie pessoane, rispetto a certe tendenze dominanti nell’evoluzione della lingua, in generale, e dell’ortografia, in particolare, e rispetto alla mediocrità della scrittura/del pensiero, influenzano fattivamente la sua scrittura in vari modi, tra i quali si annoverano, a titolo di esempio, gli oggetti delle osservazioni che seguono. 5 Certi allotropi, ‘catalizzatori letterari’ Il portoghese sfoggia una particolare specie di allotropi, quella costituita dai termini in cui si può − o si poteva, un tempo − optare tra una realizzazione in -oi- o in -ou-. Si può scegliere liberamente, ancora, tra coiro e couro, loiça e louça, loiro e louro, moiro e mouro, oiro e ouro, tesoiro e tesouro, toiro e touro, etc. Si noti, però, che, se sono ancora tenute per ugualmente valide le realizzazioni toiro e touro, lo stesso non succede più nel caso dei derivati tourada o toureiro, giacché hanno smesso di ‘suonare naturali’ le varianti ??toirada, ??toireiro. La stragrande maggioranza degli esempi di questo curioso tipo di allotropi si annovera tra i sostantivi e gli aggettivi, come si può evincere dagli esempi precedenti, ma le sue manifestazioni non sono esclusive delle due suddette parti del discorso. All’indicativo presente di ouvir (mai *oivir, però) si può scegliere tra [eu] oiço e ouço, ma le restanti forme ammettono soltanto il ditongo ou-: [tu] ouves, [ele] ouve, etc. La doppia possibilità si ripresenta, tuttavia, lungo l’intera coniugazione del congiuntivo presente: [eu, ele] oiça/ouça, [tu] oiças/ouças, [nós] oiçamos/ouçamos, [vós] oiçais/ouçais, [eles] oiçam/ouçam. Fino ad un momento storico preciso − sebbene non precisato, in genere, dai filologi cui avrebbe toccato, in primis, il compito di segnalarlo − è stata ugualmente possibile la libera scelta tra coisa e cousa, doido e doudo, dois e dous, noite e noute, oito e outo. In mancanza di altri testimoni, sopperisco io stesso con i miei ricordi. Posso garantire, dunque, che negli anni ’60 del secolo scorso nessuno con meno di 60 anni avrebbe più detto cousa, doudo o noute: varianti ancora riscontrabili, all’epoca, nel linguaggio delle persone della generazione dei miei nonni, ma non più in quello della 17 L. SCIASCIA, Una storia semplice, Milano, Adelphi 19928, p. 44. 8 generazione dei miei genitori. Per quanto riguarda l’uso di dous, invece, bisogna andare molto più indietro nel tempo, poiché siamo di fronte, in questo caso, ad una variante che avrà smesso di essere una ‘parola in corso’ (per dirla con Gian Luigi Beccaria) verso la metà dell'Ottocento. Non bisogna essere dei poeti per stabilire uno stretto rapporto tra suono e significato, come comprovano gli esperimenti di Köhler circa i significati percepiti delle ‘parole inesistenti’ Maluma e Takete. Ma i poeti sono particolarmente sensibili ad un tale nesso, come è noto, ed è chiaro che Pessoa non poteva esserne un’eccezione. Non stupisce, dunque, che sia proprio del Nostro uno dei pochi testi − l’unico a me noto, in effetti, fino ad ora − sul suddetto fenomeno spontaneo di selezione (piuttosto che evoluzione) fonetica, in seno alla lingua portoghese. Ci si riferisce, addirittura, come a un fenomeno che comporta e riflette un cambiamento significativo, al livello collettivo, nell'ambito delle tendenze dominanti dell'immaginario e della sensibilità, in una poesia venuta alla luce, per la prima volta, nella sezione A nossa magna língua portuguesa del site dell’Instituto Camões, agli inizi del 2001 (e nel pieno rispetto dell’ortografia adottata dal poeta)18: A nossa magna lingua portugueza De nobres sons é um thesouro. Seccou o poente, murcha a luz represa. Já o horizonte não é oiro: é ouro. Negrou? Mas das altas syllabas os mastros Contra o ceu vistos nossa voz affoite. O claustro negro ceu alva luz de astros, Já não é noute: é noite. [26/8/1930] É un fatto assodato che Pessoa preferiva adoperare -ou- invece di -oi-, ogni volta che era (ancora) possibile scegliere tra le due realizzazioni. E, così, attraverso il corpus messo a disposizione nel CD-ROM è facile verificare che, nei manifesti trascritti, le forme cousa, cousas occorrono soltanto nell’unico testo suo selezionato, l’Ultimatum dell’alter ego Álvaro de Campos. Abbiamo già visto, pure, che le preferenze ortografiche di Pessoa sono ampiamente condivise da Almada Negreiros. In quanto riguarda la scelta tra allotropi in -oi- o in -ou-, invece − la quale trascende, ovviamente, lo stretto ambito ortografico −, Almada non segue più le orme del suo compagno d’arte. Una rapida consultazione del corpus proposto nel CD-ROM permetterà di constatare che sia Almada sia Bettencourt Rebelo impiegano soltanto le forme coisa, coisas. 18 <http://www.instituto-camoes.pt/bases/magnalingua.htm> (22/01/2001). Si trattava di un’anteprima assoluta, giacché il volume in cui questa poesia sarebbe finalmente data alle stampe, Poemas de Fernando Pessoa (1921-1930), a cura di Ivo Castro (Lisboa, Imprensa Nacional-Casa da Moeda 2001), era ancora in preparazione. 9 In coisa c’è un quid di luccicante e di superficiale, mentre cousa sembra implicare compatezza, opacità, profondità. Questa piccola incursione nel regno della psicolinguistica è giustificata, per quanto riguarda il rapporto tra suono e senso, in generale, dalla poesia prima riprodotta; e, per quanto riguarda gli allotropi coisa/cousa, in particolare, dal confronto di un brano di una poesia pessoana, firmata Alberto Caeiro, con un passo del panegirico che Bettencourt Rebelo dedica a Santa Rita Pintor, presente in «Portugal Futurista» e trascritto nel ‘nostro’ CD-ROM. La seguente citazione di Pessoa-Campos è un frammento della poesia V di O Guardador de Rebanhos, pubblicata per la prima volta nel gennaio 1925, che riproduco senza attualizzarne l’ortografia: O mysterio das cousas? Sei lá o que é mysterio! O unico mysterio é haver quem pense no mysterio. Quem está ao sol e fecha os olhos, Começa a não saber o que é o sol E a pensar muitas cousas cheias de calor. Mas abre os olhos e vê o sol, E já não pode pensar em nada, Porque a luz do sol vale mais que os pensamentos De todos os philosophos e de todos os poetas. A luz do sol não sabe o que faz E porisso não erra e é commum e boa. Metaphysica? Que metaphysica teem aquellas arvores? A de serem verdes e copadas e de terem ramos E a de dar fructo na sua hora, o que não nos faz pensar, A nós, que não sabemos dar por ellas. Mas que melhor metaphysica que a d’ellas, Que é a de não saber para que vivem Nem saber que o não sabem? «Constituição intima das cousas»... «Sentido intimo do universo»... Tudo isto é falso, tudo isto não quer dizer nada, É incrivel que se possa pensar em cousas d’essas. É como pensar em razões e fins Quando o começo da manhã está raiando, e pelos lados das arvores Um vago ouro lustroso vae perdendo a escuridão. Pensar no sentido intimo das cousas É accrescentado, como pensar na saúde Ou levar um copo á agua das fontes. O unico sentido intimo das cousas É ellas não terem sentido intimo nenhum19. E adesso, anche in questo caso rispettando l’ortografia originale, il terzo capitoletto (in un totale di sei) del goffo panegirico che Bettencourt Rebelo dedica a Santa Rita Pintor: 19 In «Athena. Revista de Arte», pp. 146-147. 10 Artista que o genio da epoca produziu, o seu espirito de adivinhão latino, como ele proprio se define, é como um buzio onde a intuição resôa... Ouvir a intuição é já adivinhar... A voz da intuição é uma voz de Alem... Santa Rita Pintor apercebe-se da natureza intima das coisas, muito antes mesmo de as ter tocado. Talvez por esse motivo, nada o surpreende. A vida exterior antes de vir a sêr a sua sensação é já ha muito, no seu intimo, uma vida embrionaria... − N’ele o Futuro é já Presente20... Le due idiosincrasie di Pessoa, per le coisas che scansano le cousas e per la propensione alla ricerca di un loro «sentido íntimo», vanno a bracetto nel brano citato, e non possiamo evitare di confrontarle con quella contrastante «natureza íntima das coisas», inneggiata da Bettencourt Rebelo. Si potrebbe obiettare che il paragone non coglie, giacché la data apposta alle poesie di O Guardador de Rebanhos, pubblicate in «Athena» (1925), è 1911-191221, e il testo di Bettencourt Rebelo dovrà essere, verosimilmente, del 1917 o di poco prima. Ma è ormai assodato22 che quella datazione di O Guardador de Rebanhos non è altro che un artificio pessoano, essendo le poesie sicuramente posteriori. Anche la pretesa accampata da Pessoa − in franca contraddizione, d’altronde, con la datazione appena menzionata − di aver composto di getto quella poesia, e molte altre ugualmente firmate Alberto Caeiro, in una sola ispirata giornata (quella dell’8 marzo 1914), merita poca o nessuna fiducia. Sarà che Pessoa scrisse quei versi come una specie di reazione alle banalità (e all’ortografia ugualmente banale) di Bettencourt Rebelo? O sarà stato Bettencourt Rebelo, invece, che avrà scritto il suo panegirico di Santa Rita Pintor quando era già a conoscenza della poesia (ancora inedita) di Pessoa-Caeiro? O, allora, non potrà darsi che siamo soltanto di fronte a mere coincidenze e, insomma, a due testi ‘che si disconoscono a vicenda’? È inutile che ci arrovelliamo attorno a questioni molto probabilmente irresolubili; e, comunque, non dobbiamo cercare di trovare loro una soluzione, in questa sede. Era doveroso, invece, mettere in risalto le coincidenze e i contrasti appena rilevati, perché sono dati di fatto, sui quali converrà meditare. Il chiarimento degli eventuali rapporti genetici tra i due testi esula, tuttavia, dal nostro attuale ambito di ricerca. 6. Neologismi: effimeri e duraturi 20 In «Portugal Futurista», pp. 3-4. Cfr. «Athena. Revista de Arte», p. 145. 22 Vedi, in proposito, le considerazioni di Maria José de Lancastre in TABUCCHI 1984, vol. 2, p. 250. 21 11 Le edizioni originali, o diplomatiche, o i facsimili dei testi del primo modernismo portoghese costituiscono un fondamentale terreno di indagine per la rilevazione delle tendenze dominanti nell’evoluzione del portoghese europeo, nei primi decenni del XX secolo, e per la valutazione dei principali influssi da essa subiti. Abbiamo analizzato, nel capitolo precedente, un fenomeno di evoluzione fonetica ancora oggi in pieno sviluppo, e già riscontrabile nei testi di cui ci stiamo occupando. Anche l’influenza esercitata dalle altre lingue europee, in un momento in cui la cultura nazionale − o almeno la sua avanguardia − si ammantava di uno smaccato cosmopolitismo, rappresenterà dunque, et pour cause, un ambito di ricerca degno di una particolare attenzione. L’adozione di termini stranieri è un fenomeno che si mantiene permanentemente ‘all’ordine del giorno’, in ogni epoca e in ogni lingua. Ma tale fenomeno acquista una configurazione diversa, come è ovvio, per ogni spazio linguistico e per ogni particolare momento storico. I termini stranieri riscontrabili nei testi trascritti − quelli ‘di importazione recente’, s’intende − hanno un ruolo decisivo nella caratterizzazione della imagery dell’ambiente socioculturale che direttamente ci impegna. E sono tanti, infatti. Purtroppo, il corpus raccolto nel CD-ROM ignora una gran parte dei termini stranieri presenti nei testi trascritti. Comunque, la trascrizione stessa dei testi selezionati fornisce al ricercatore diligente una preziosa base documentale, qualora voglia esplorare questo campo promettente e abbastanza trascurato, fino ad ora. E, d’altra parte, la presente comunicazione si propone proprio di contribuire ad allargare le possibilità di lavoro profferte dalle trascrizioni e dal programma di ricerca lessicale messo a disposizione degli interessati. Preferisco seguitare a classificare i termini stranieri adottati dal portoghese secondo la terminologia adoperata da Tagliavini − una terminologia ‘datata’, forse, ma non superata, a mio avviso −, che li divideva in Fremdwörter e Lehnwörter23; cui aggiungo la suddivisione dei Fremdwörter in Fremdwörter colti, dunque non (non ancora?) integrati veramente nella lingua, e Fremdwörter assimilati. È una differenza che ha un interesse preciso per gli utenti dei testi trascritti, per i motivi che passo ad illustrare. Un esempio di Fremdwort colto è maelstrom, mai integrato del tutto nella lingua24 − e, tuttavia, annoverato eccezionalmente nel corpus digitalizzato. È un termine che ‘ha fatto epoca’, maelstrom: oggi non va più tanto di moda. Se vogliamo un esempio di Fremdwort colto dei giorni di oggi, ugualmente rimasto ‘al di fuori’ della lingua propriamente detta, pensiamo, ad esempio, a 23 Nelle precise accezioni specifiche che il filologo attribuisce ai termini in. TAGLIAVINI 1982, p. 271. A comprovarlo, il fatto che il termine non è registrato in nessuno dei dizionari più consultati e più autorevoli (il Porto Editora, il Dicionário da Academia das Ciências, l’Aurélio etc.). Per trovarlo infine, come voce di un’opera di consultazione, ho dovuto servirmi della Lexicoteca (detta anche Moderna Enciclopédia Universal). 24 12 Weltanschauung, termine già da qualche anno registrato sullo Zingarelli, ma che nessuno si è ancora sognato di inserire in un vocabolario della lingua portoghese. Un buon esempio di Fremdwort assimilato è smoking, già in uso un po’ dappertutto, in Europa, all’epoca del marinettiano Il teatro di varietà (1913), sebbene trasformato in sostantivo e radicalmente risemantizzato (poiché, per gli inglesi o gli americani, una giacca come quella che abbiamo in mente noi, ‘continentali’, non potrà essere mai designata da quel termine)25. Il termine è stato ovviamente mantenuto nella traduzione portoghese del suddetto testo di Marinetti, comparsa nel numero unico di «Portugal Futurista» col titolo O Music-Hall; ma, curiosamente, il Fremdwort smoking, pienamente assimilato dalla lingua portoghese, e in modo durevole (anche se non ha mai subito adattamenti grafici), non viene annoverato nel corpus proposto nel CD-ROM. Un Fremdwort colto può diventare un Fremdwort assimilato e poi, eventualmente, un Lehnwort. Ma i termini possono anche fermarsi ad una di queste fasi evolutive o, addirittura, tornare indietro in questa scala, in principio progressiva. Il Fremdwort colto lazzarone, ad esempio − riscontrabile, al plurale e scevro da adattamenti grafici, in uno dei testi trascritti26, ma non nel corpus tratto da essi −, ha avuto un successo epocale che ha fatto sì che venisse registrato come Fremdwort assimilato, e adattato (lazarone), nel Cândido de Figueiredo27, e che venga tuttora registrato nel Porto Editora o nell’Aurélio − ma non più nel Dicionário da Academia das Ciências, il quale si incentra sulla lingua corrente di oggi, dalla quale il termine è sicuramente sparito (e nel cui ambito, forse, non è neppure mai entrato). La consultazione di O Music-Hall, la traduzione portoghese di Il teatro di varietà presente in «Portugal Futurista»28, ci permetterà pure di verificare29 che, all’epoca, bicyclette veniva ancora usato, almeno da certuni, come un Fremdwort assimilato, ma non adattato30, solo più tardi ‘promosso’ Lehnwort, quando diventò bicicleta. Un altro esempio di termine straniero, già all’epoca pienamente assimilato come Lehnwort, è maquete, presente nel Manifesto Anti-Dantas di Almada. Si noti, infine, che si tratta di un Lehnwort ‘sdoppiato’, giacché circola ugualmente la variante ancora più ‘lusitanizzata’ maqueta. 25 Vedi, in proposito, TAGLIAVINI 1982, pp. 274-276. Nell’Ultimatum di Álvaro de Campos − «Portugal Futurista», p. 31, 2.a col. 27 La prima edizione del Dicionário da Língua Portuguesa di Cândido de Figueiredo è del 1899 (FABBRI 1994, p. 40) e l’autore «retocou e ampliou ainda o seu dicionário em sucessivas edições (...) até à 4.a, em 1926» (Verdelho 1994, 5.3.4). Pare che la 16.a edizione − quella da me consultata − corrisponda nell’essenziale alla sesta, pubblicata nel 1949 sotto gli auspici di Júlio Dantas. 28 Cfr. «Portugal Futurista», p. 40, 2.a col. Designare O Music-Hall «traduzione portoghese» è, comunque, una generalizzazione spiccia, giacché il curatore (si fa per dire...) della detta versione di Il teatro di varietà ne ha lasciato una porzione non indifferente – ben metà della pagina conclusiva del testo (la p. 42 di «Portugal Futurista») – tutta in francese, come se non avesse avuto il tempo di finire la traduzione. 29 Ovviamente, solo se consultiamo l’edizione originale di «Portugal Futurista» o una sua trascrizione fedele. 30 In questa precisa occorrenza del termine riscontriamo un adattamento grafico parziale, e del tutto involontario, sicuramente, poiché il termine viene erroneamente trascritto biciclette (come succedeva pure con smoking, trascritto smocking nell’unico passo di O Music-Hall, già menzionato supra, in cui il termine occorre). 26 13 Un’avvertenza particolare va fatta a proposito di hilaridade, che gli utenti del CD-ROM troveranno nel corpus, anche se questa corretta trascrizione del termine non si riscontra nel marinettiano O Music-Hall di «Portugal Futurista»: quello che vi si trovava, in effetti, era hilariedade, una forma filologicamente aberrante ma senz’altro esistente (purtroppo), e resistente come la gramigna... E possiamo essere certi che non si tratta di un mero refuso, poiché lo sciagurato traduttore di O Music-Hall ha scritto hilariedade almeno tre volte31. Ancora uno svarione di Bettencourt Rebelo? Non ci è dato saperlo con assoluta certezza, poiché tale grafia ci si presenta in un testo di cui la traduzione non è firmata. Possiamo sospettare che sia dovuta a Bettencourt Rebelo – il quale ha pubblicato, sempre nel numero unico di «Portugal Futurista», un pot-pourri di pensieri (più o meno adattati, sarebbe interessante sapere fino a che punto) di Marinetti, Boccioni e Carrà, intitolato O Futurismo – ma non possiamo esserne sicuri32. Perché insisto sull'importanza della grafia hilariedade, allora (purtroppo non mantenuta nella trascrizione del corpus), al contrario di quanto è stato fatto per tutti gli altri errori o refusi, che abbiamo corretto senza remore (avendo trascritto, dunque, brejeiro e non più bregeiro, hesita invece che exita, hesitante per exitante, etc)33? È presto detto: perché l’erronea grafia hilariedade, e la pronuncia ugualmente erronea che essa implica, sono l’esempio di una tendenza riscontrabile sia nel portoghese sia nell’italiano contemporanei: quella di confondere i sostantivi astratti in –tà/-dade (come semplicità/simplicidade) con quelli in –età/-edade (come varietà/variedade). Sia in italiano che in portoghese ci scontriamo ogni giorno, in effetti, con deprimenti strafalcioni come complementarietà/complementariedade, interdisciplinarietà/interdisciplinaridade, i quali non risparmiano neppure i documenti ministeriali (dei rispettivi ministeri della pubblica istruzione, addirittura) e sguaiatamente si esibiscono, perfino, nei documenti prodotti dai dipartimenti di certe Facoltà di lingue... Credevo, fino a poco tempo fa, che la resa hilariedade per hilaridade − comune quanto gli altri svarioni appena menzionati e ancora più antica nella pratica linguistica corrente, come si evince dal nostro esempio datato 1917 − fosse caratteristica del portoghese ma non dell’italiano: mi è bastata una rapida consultazione della versione italiana di Google, però, per verificare che anche ilarietà sta dilagando come un virus, tra gli italofoni. Agli utenti del CD-ROM servirà pure una ulteriore avvertenza riguardo a certi neologismi di cui esistevano, all’epoca, forme alternative in concorrenza tra loro: a volte la forma presente nei 31 In «Portugal Futurista», la prima volta a p. 40, 1.a col, e le altre due a p. 42, 1.a col. L’unica volta in cui il termine è correttamente trascritto si trova nella parte finale del testo, lasciata dal curatore in francese, dove si fa vedere, in effetti, un inappuntabile hilarité ( p. 42, col. 2). 32 Un pot-pourri che si presenta, infatti, zeppo di refusi e di strafalcioni ortografici quanto O Music-Hall, il che rinforza il sospetto che il diretto responsabile dell'edizione di entrambi i testi possa essere lo stesso individuo. 33 Tutti esempi tratti da O Music-Hall. 14 manifesti, e rispettosamente trascritta nel CD-ROM, è giustamente quella che si è ‘estinta’ nel frattempo, e che difficilmente verrebbe in mente a qualcuno di cercare nel corpus (o, addirittura, di concepirne l’esistenza). Gli esempi che addurrò sono tutti tratti dal già menzionato O Futurismo, un testo manifestamente dovuto, nel suo insieme, alla penna di Bettencourt Rebelo. Forse dobbiamo annoverare tra queste proposte lessicali votate all’insuccesso il termine fisicologia34, non registrato in nessun dizionario di mia conoscenza. Non mi è dato sapere, pertanto, fino a che punto il termine possa rappresentare una variante in circolazione, all’epoca, o una mera proposta personale di innovazione linguistica, da parte del traduttore-adattatore Bettencourt Rebelo. Sono sicuramente da annoverare tra quegli esperimenti lessicali ‘condannati dalla storia’, invece, gramofónio e telefónio, termini che Bettencourt Rebelo adopera, nello stesso documento, al posto di gramofone e telefone, uniche forme conservate dalla lingua fino ai nostri giorni. Il dizionario di Cândido de Figueiredo − nelle sue diverse edizioni novecentesche, credo, e fino, almeno, alla più recente che mi è stato dato consultare35 − attesta gramofónio e telefónio, in effetti, aggiungendo in ambedue i casi che tali forme sono addirittura preferibili a gramofone e telefone. È interessante verificare come siano sopravissute soltanto le ultime forme, cioè, proprio quelle deprecate dal lessicografo: una prova da aggiungere a tante altre − se ce ne fosse ancora il bisogno − del fatto che la lingua fluisce in un corso suo proprio, incurante dei canali e degli argini cui vorrebbero sottometterla i più svariati nomoteti. Bibliografia essenziale «Athena. Revista de Arte», ed. facs., Lisboa, Contexto 19942. BOURDON 1976 = A.-A. BOURDON, Ortographie et politique sous la Première Republique portuguaise, in «Arquivos do Centro Cultural Português», X, 1976, pp. 261-300. FABBRI 1994 = M. FABBRI, A Bibliography of Portuguese and Luso-Brazilian Dictionaries, s. l., Piovan Editore 1994. LANCASTRE 1986 = F. PESSOA, Il libro dell'inquietudine (a c. di Maria José de Lancastre), Milano, Feltrinelli 1986. LOPES 1993 = T. R. LOPES (a c. di), Pessoa Inédito, Lisboa, Livros Horizonte 1993. MEDEIROS 1997 = F. PESSOA, A Língua Portuguesa (a c. di Luísa Medeiros), Lisboa, Assírio & Alvim 1997. 34 35 E, se lo metto in forse, è perché non è detto che non si tratti di un semplice refuso per fisiologia. Vedi nota 27. 15 MENDES DE CARVALHO 1996 = M. MENDES DE CARVALHO, História da ortografia em Portugal e no Brasil. Documento redatto nel 1990 e rivisto nel 1996, accessibile in rete attraverso la URL <http://dha.lnec.pt/npe/portugues/paginas_pessoais/MMC/Ortograf.html> (25/06/2006). «Portugal Futurista», 1917, ed. facs., Lisboa, Contexto 1984. SERRÃO 1979 = F. PESSOA, Da República (a c. di Joel Serrão), Lisboa, Ática 1979. TABUCCHI 1984 = F. PESSOA, Una sola moltitudine (a cura di Antonio Tabucchi), 2 voll., Milano, Adelphi 1984. TAGLIAVINI 1982 = C. TAGLIAVINI, Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Pàtron 1982 (ristampa della 6.a ed. del 1972). VERDELHO 1994 = T. VERDELHO, Portugiesisch: Lexikographie. Lexicografia, in Lexicon der Romanistischen Linguistik (LRS), a c. di Günter Holtus, Michael Metzeltin e Christian Schmitt, Band/Volume VI, 2, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1994. Disponibile in rete, nel formato Adobe Acrobat, attraverso la URL http://www.instituto-camoes.pt/cvc/hlp/biblioteca/lexicon3.pdf (25/06/2006). 16