Piano Lauree Scientifiche – Fenomeni luminosi

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Piano Lauree Scientifiche – Fenomeni luminosi
Piano Lauree Scientifiche – Fenomeni luminosi
M. Ciminale, M. D’Angelo, C. Evangelista, E. M. Fiore
Esperienza N. 2 - Equazione delle lenti sottili
Le lenti sono sistemi ottici costituiti da un mezzo trasparente limitato da due superfici che
possono essere entrambe curve (sferiche, cilindriche, asferiche) o una curva ed una piana
(assimilabile ad una superficie curva con raggio di curvatura infinito). Quando una lente è immersa
in aria, la luce proveniente dall’aria si rifrange sulla prima superficie di separazione aria - mezzo,
attraversa la lente ed è nuovamente rifratta sulla seconda superficie di separazione mezzo - aria,
riemergendo nell’aria.
Nei casi più semplici le superfici che delimitano le lenti sono entrambe sferiche (lenti
biconvesse o biconcave) oppure una è sferica e l’altra piana (lenti piano-convesse o pianoconcave). I centri di curvatura delle due superfici sferiche individuano una retta che prende il nome
di asse ottico della lente 1 . Se lo spessore della lente lungo l’asse ottico è molto piccolo rispetto ai
raggi di curvatura delle due superfici sferiche (o dell’unica superficie sferica) si parla di lente
sottile.
Se le superfici che delimitano le lenti sono convesse o piano-convesse si parla di lenti
convergenti, se sono concave o piano-concave si parla di lenti divergenti. Infatti, per le lenti
convergenti un fascio di raggi luminosi parallelo all’asse ottico, dopo aver attraversato la lente,
converge in un punto detto fuoco. Per le lenti divergenti, invece, un fascio di raggi luminosi
parallelo all’asse ottico, dopo aver attraversato la lente, diverge: i raggi emergenti dalla lente
sembrano provenire da un unico punto, posto davanti alla lente, detto anch’esso fuoco (in altre
parole, se si prolungano all’indietro i raggi emergenti dalla lente si nota che essi convergono in un
punto, il fuoco). Questi effetti di convergenza o divergenza si osservano indipendentemente dalla
superficie su cui incide la luce; pertanto le lenti hanno sempre due fuochi. Nel caso di lenti sottili
immerse in un unico mezzo (ad es. l’aria), i due fuochi sono simmetrici rispetto al centro della lente
e la distanza del fuoco dal centro della lente prende il nome di distanza focale (f).
Le lenti sono dunque dispositivi in grado di far convergere o divergere fasci di raggi paralleli;
grazie al principio di reversibilità dei raggi luminosi, le lenti sono anche in grado di trasformare un
fascio di raggi convergenti o divergenti in un fascio di raggi paralleli. Queste proprietà di
convergenza/divergenza fanno sì che le lenti siano dispositivi in grado di fornire l’immagine di un
qualsiasi oggetto (sorgente luminosa, maschera o corpo opaco investiti da luce).
Per le lenti sottili le distanze dell’oggetto e dell’immagine dal centro della lente
(rispettivamente o ed i) e la distanza focale (f) sono legate dall’equazione di Gauss per le lenti
sottili:
1 1 1
+ = .
o i f
Scopo di questa esperienza è la verifica dell’equazione di Gauss per le lenti sottili e la
determinazione della distanza focale di una lente sottile convergente.
1
Nel caso di lenti piano-concave o piano convesse, l’asse ottico è la retta ortogonale alla superficie piana e passante
per il centro di curvatura della superficie sferica
Apparato sperimentale
•
Banco ottico
•
Lampada
•
Lente sottile convergente
•
Oggetto (ago)
•
Schermo
Montaggio dell’apparato sperimentale
Sul banco ottico montiamo la sorgente di luce (lampada) ed inseriamo l’oggetto (ago)
nell’apposito supporto della lampada. Per comodità lasceremo sempre fisso il sistema lampadaoggetto all’estremità sinistra del banco ottico. Montiamo poi la lente e lo schermo, come illustrato
in figura.
Notiamo che il banco ottico è munito di una scala graduata, con sensibilità di 1 mm/div, che
fornisce un riferimento per individuare la posizione dell’oggetto, della lente e dello schermo.
Osservazioni preliminari
1. Posizioniamo lo schermo e la lente a circa 1 m dall’oggetto e spostiamo la lente fino a vedere
sullo schermo l’immagine dell’ago.
1a. E’ diritta o rovesciata?
1b. E’ più grande o più piccola dell’oggetto?
2. Ora avviciniamo la lente all’oggetto.
2a. Come dobbiamo spostare lo schermo rispetto alla lente (allontanare o avvicinare) per vedere
l’immagine dell’ago? Rispetto all’oggetto lo schermo ora è più vicino o più lontano?
2b. Come è cambiata l’immagine dell’oggetto?
Avviciniamo sempre più la lente all’oggetto (3 o 4 posizioni) e ripetiamo le osservazioni
precedenti prendendo nota delle eventuali difficoltà trovate nell’individuare univocamente la
posizione dell’immagine. Come si modifica l’immagine man mano che riduciamo la distanza
oggetto - lente?
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Equazione delle lenti sottili
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Esecuzione dell’esperimento
Utilizzando la scala graduata del banco ottico individuiamo la posizione XS della sorgente
luminosa. La coordinata XO dell’ago non coincide con quella della lampada, ma risulta spostata in
avanti di ε cm. Pertanto la posizione dell’oggetto è individuata dall’ascissa XO = XS + ε (cm).
Riportiamo il valore di XO nella seconda colonna della tabella. Per comodità continuiamo a
mantenere fissa questa posizione dell’oggetto durante l’intera esperienza.
Notiamo che sia la posizione XL del centro della lente, sia la posizione XI dello schermo,
coincidono con le posizioni dei rispettivi supporti, essendo i montaggi perfettamente centrati. La
lettura di queste due quantità è quindi immediata.
Misuriamo con un righello le dimensioni ho dell’oggetto, quindi posizioniamo la lente a circa
18 cm dall’oggetto e spostiamo lo schermo alla ricerca dell’immagine dell’ago. Riportiamo le
posizioni XL ed XI nelle corrispondenti colonne della tabella.
Con un righello misuriamo inoltre la dimensione hi dell’immagine dell’ago e riportiamola in
tabella con il valore dell’ingrandimento: m = hi/ho .
-
-
Come possiamo stimare l’errore su XO , XL e XI ? E su ho ed hi ?
Come possiamo ricavare le grandezze che ci interessano (o ed i) per verificare la validità
dell’equazione di Gauss per le lenti sottili a partire dalle posizioni XO, XI ed XL misurate
direttamente? Riportiamo i valori calcolati per le grandezze o ed i nelle corrispondenti
colonne della tabella.
Come possiamo stimare l’errore su o e su i?
Ripetiamo la procedura appena descritta (misure e calcoli ad esse associati) per una decina di
posizioni diverse della lente (aumentando sempre più la distanza oggetto-lente) e completiamo la
tabella.
Per ciascuna posizione della lente è necessario riflettere attentamente su come stimare gli
errori sulle varie grandezze che misuriamo: quali errori ti aspetti che siano costanti? C’è qualche
grandezza per la quale l’errore varia da misura a misura? Se si, quale?
N
XO
(cm)
ΔXO
(cm)
XL (cm)
ΔXL
(cm)
XI (cm)
ΔXI
(cm)
o (cm)
Δo (cm)
i (cm)
Δi (cm)
hi (cm)
m
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
…
…
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Analisi dei dati
Con l’ausilio del foglio Excel riportiamo in un grafico i valori di i in funzione dei valori di o.
Che dipendenza ci suggerisce l’andamento dei punti sperimentali?
Per verificare la correttezza della nostra ipotesi dobbiamo effettuare un cambio di variabili che
ci consenta di “linearizzare” la curva sperimentale, ovvero di trasformare l’andamento dei punti
sperimentali in un andamento di tipo rettilineo (lineare). Aggiungiamo, perciò, due colonne alla
tabella in modo da inserirvi le nuove variabili (ottenute a partire da o ed i) e riportiamo tali variabili
in un nuovo grafico. Se otteniamo una retta, determiniamone l’equazione.
- Che conclusioni possiamo trarre?
- Qual è il significato fisico della pendenza della retta trovata?
- Come possiamo stimare la distanza focale della lente f a partire dal grafico ottenuto?
Appendice – Equazione di Gauss per le lenti sottili
B
C
O
A’
A
D
B’
Dalla similitudine dei triangoli ABF e ODF si ricava:
x+ f
y + y'
y + y' y'
AF AB
x
y
o y + y'
=
⇔ = ⇒
=
⇔ =
⇒
=
FO OD
f
y'
f
y'
f
y'
o
f
Dalla similitudine dei triangoli COF’ e A’B’F’ si ricava:
f + x' y + y '
y + y'
y + y' y
OF ' OC
f
y
i
=
⇔ = ⇒
=
⇔ =
⇒
=
F ' A' A' B'
x' y '
f
y
f
y
i
f
Sommando membro a membro:
y + y' y + y' y' y 1
1 1 1
+
= + = ( y + y ') ⇒ + =
o
i
f
f
f
o i f
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