Diapositiva 1 - La Gaiana SpA
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Diapositiva 1 - La Gaiana SpA
Il LOFT NEL CONTESTO URBANO: TRA RIQUALIFICAZIONE E NUOVE ESIGENZE DI VERSATILITA’ DELLO SPAZIO 22 settembre 2010 Centro Congressi – Palazzo delle Stelline Atti del Seminario 1 Programma Moderatore Architetto Fabrizio Besana Apertura lavori Massimiliano Miceli - Direttore Generale di La Gaiana Testimonianze e case history internazionali Barcellona, Copenaghen – Manuel Ramello – AIPAI (Associazione Italiana per il patrimonio archeologico industriale) Costruire nel costruito. Fiat Mirafiori da industria a città Saverio Isola – Amministratore Delegato Isolarchitetti Il cambiamento degli stili di vita: nuove esigenze e nuovi spazi per vivere e lavorare Fabrizio Fornezza - Consigliere Delegato, GFK Eurisko Il mercato dei loft e le esigenze dei milanesi Guido Lodigiani - Direttore Ufficio Studi Gabetti I loft nel contesto della normativa urbanistica della città di Milano Giancarlo Bianchi Janetti - Direttore sportello unico edilizia del Comune di Milano 2 Fabrizio Besana Nasce a Milano il 19 settembre 1958. Dopo il conseguimento della maturità scientifica frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Statale di Milano. Inizia nel 1980, al termine del servizio militare ed ancora impegnato negli studi letterari, a lavorare nel settore dell’arredamento di spazi commerciali e stands fieristici dove collabora con importanti studi di progettazione alla realizzazione di negozi ed allestimenti per primarie griffes italiane e straniere, curando fino al 1982 il settore fiere di una primaria azienda italiana con sede a Milano e a Francoforte (D). Dal 1982 si occupa, in qualità di responsabile commerciale e tecnico, di una ditta specializzata nella realizzazione di punti vendita e di stands fieristici “chiavi in mano”, con esperienze anche di grandi superfici commerciali, franchising e prototipi per grande distribuzione oltre che allestimenti museali permanenti o provvisori, partecipando anche ad installazioni per eventi di importanza internazionale in collaborazione con affermati studi di architettura. Affascinato e coinvolto dall’ambiente, si avvicina allo studio accademico della materia, laureandosi presso il Politecnico di Milano e conseguendo l’abilitazione all’esercizio della professione nel 1996. Da allora è titolare di un proprio Studio con sede in Milano dal quale sono nati diversi progetti e realizzazioni nell’ambito della costruzione, ristrutturazione e trasformazione di stabili commerciali e di civile abitazione con particolare attenzione per il recupero ed il risanamento di edifici industriali adibiti a loft o frazionati con diverse destinazioni d’uso. Ha partecipato a numerosi corsi di aggiornamento e specializzazione, ricevendo svariati riconoscimenti a partire dal 1981 come allestitore, vetrinista, progettista e responsabile lavori. Attualmente impegnato come progettista e direttore lavori nel recupero di edifici storici rurali, frazionamenti e nuove costruzioni residenziali. 3 Manuel Ramello Nato a Torino nel 1972 ,laureato in architettura presso il Politecnico di Torino, frequenta la prima edizione del master in “Conservazione, Gestione e Valorizzazione del Patrimonio Industriale” tenuto da Università degli Studi di Padova , IUAV e Politecnico di Torino. Nel 2010 consegue il titolo di dottore di ricerca in Tecnologia dell'Architettura al Politecnico di Torino con la tesi "Strumenti e metodi per la riqualificazione sostenibile del patrimonio archeologico industriale”. Attualmente è' condirettore di "Patrimonio Industriale", rivista semestrale dell'AIPAI Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, di cui è membro del consiglio direttivo dal 2002. 4 Manuel Ramello Testimonianze e case history internazionali: Barcellona e Copenaghen Superata la stagione pioneristica dell'archeologia industriale che ha portato al riconoscimento del loro valore di "bene culturale", i beni riconducibili al patrimonio industriale vivono oggi una nuova e forse inaspettata “seconda giovinezza". Le aree industriali di prima urbanizzazione, spesso localizzate ai margini delle città storiche, con lo sviluppo e la densificazione urbana del secolo scorso, vengono a trovarsi in zone strategiche della città contemporanea, assumendo un ruolo importante nel costruire nuove polarità urbane. Contemporaneamente, l'attribuzione di valore di bene culturale ha favorito lo sviluppo di ricerche sempre più multidiscliplinari sul patrimonio industriale, portando alla luce, aspetti economici e sociali legati al mondo produttivo entrati nel nostro vivere quotidiano. La "memoria" dell'industria, fatta di “grandi contenitori” ma anche di saperi, innovazioni, prodotti, etc… rappresenta un importante opportunità di riflessione sui luoghi già produttivi diventando occasione per sviluppare nuove identità urbane I due casi studio proposti, il quartiere del Poblenou a Barcellona e l'area Carlsberg di Copenhagen, rappresentano alcuni dei casi più interessanti nel panorama europeo in cui dalle memorie dell'industria si stanno costruendo nuove centralità urbane @22 POBLENEU a BARCELLONA Il Barrio del Poblenou è un distretto urbano di Barcellona che si è sviluppato prevalentemente nel XIX secolo; grazie alla sua posizione strategica, ai margini della città storica e vicino alla infrastrutture, è diventato il luogo di sviluppo delle più importanti industrie nazionali e delle sedi di aziende estere operanti sul territorio spagnolo. Con la delocalizzazione delle industrie fuori dal nucleo urbano della fine degli anni settanta e la conseguente dismissione di quasi il 50% degli stabilimenti attivi, l’amministrazione si trovò a dover ridisegnare importanti parti di città. L’evento Olimpico fu quindi l’occasione per far decollare le trasformazioni che oggi rendono la città una delle mete più visitate nel turismo europeo. Ci si rese però conto che le operazioni di demolizione e ridisegno urbano avevano cancellato importanti tracce del passato industriale e che a questa situazione non si poteva più porre rimedio. Si intraprese quindi la strada del censimento delle aree industriali dismesse e il loro riconoscimento di valore testimoniale della cultura industriale per non compromettere ulteriormente la situazione laddove esistevano ancora edifici e memorie da conservare. Fu proprio il quartiere del Poblenou, con la sua lunga tradizione produttiva che vide il maggior incremento di edifici di conservare o tutelare inseriti nel catalogo dei beni culturali della città. Il Projecto 22@Barcelona, approvato nel 2001, tuttora in corso prevede la trasformazione di 200 ettari di aree industriali dismesse localizzate al Poblenou, in un distretto innovativo dove si insedieranno attività legate all'economia della conoscenza. Il progetto di rigenerazione urbana sostituisce l'originaria funzione produttiva dell'area, esclusivamente industriale, con nuove attività produttive urbane “non disturbanti” o inquinanti. 5 Manuel Ramello Attraverso l'aumento degli indici, il piano contribuisce alla progressiva riqualificazione infrastrutturale del quartiere che migliorerà la qualità della vita del Poblenou consentendo alle imprese di coesistere con centri di ricerca innovativa, di formazione e trasferimento di tecnologie con alloggi, strutture e aree verdi. In questo modo, il Projecto 22@Barcelona ovvia alle carenze storiche di questa porzione di città e stabilisce un nuovo modello urbano compatto, diversificato e sostenibile, in cui i nuovi edifici e gli spazi pubblici coesistono con le tracce storiche e gli elementi più rappresentativi dell’ex distretto industriale, creando un ambiente di grande significato culturale capace di coniugare tradizione e innovazione, memoria e sviluppo. A differenza dei comuni progetti di rigenerazione, il piano non delinea un esito finale della trasformazione, ma promuove un rinnovamento progressivo e si adatta alle caratteristiche di ciascuna parte del territorio, consente di riqualificare le preesistenze industriali, per nuovi utilizzi, adattando le destinazioni alla caratteristiche tipologiche degli edifici, contribuendo così a riqualificare l’ambiente urbano circostante Al fine di incoraggiare questo processo di recupero dei simboli della memoria industriale, gli uffici tecnici del Comune di Barcellona hanno predisposto, di concerto con le associazioni, gli enti e i proprietari delle aree, un nuovo “catalogo” degli edifici “minori” da valorizzare (68) che si sommano agli edifici già “vincolati” (46). Tra questi, almeno sette sono di particolare interesse: la Can Ricart, la Scottish, la Can Gili, la Palo Alto, la Mini, la CA Island e la Wald-fabbrica. Alle politiche di tutela ed ai progetti e recuperi di questi beni si accompagnano interventi di conservazione di singoli elementi, come ciminiere, o di edifici residenziali inseriti e strettamente connessi all'antico tessuto produttivo della città. mediante strumenti e politiche specifiche. Il passato industriale del quartiere è condizione per costituire un ambiente di grandissimo valore culturale in cui tradizione e innovazione convergano L’AREA CARLSBERG A COPENHAGEN La trasformazione dell’area Carlsberg di Copenhagen è uno dei più importanti processi di dismissione industriale a scala urbana oggi presente in una capitale europea; la scelta di ricorrere allo strumento del concorso internazionale di progettazione da parte della proprietà per individuare nuovi modelli residenziali e sociali, la rende uno dei casi virtuosi nella trasformazione del patrimonio industriale. Nel 2006 La Società Carlsberg, d’accordo con la città di Copenhagen, ha indetto un concorso internazionale di progettazione per riqualificare l’area dove ora sorge la fabbrica, poiché dalla fine del 2008, la produzione verrà spostata in un altro luogo e rimarranno presenti sull’area solo gli uffici amministrativi, attività di ricerca e servizi turistici, liberando circa 330.000 mq nel centro della città. 6 Manuel Ramello La zona riqualificata sarà caratterizzata da un’intensa vita cittadina, generata da un mix di residenze, servizi commerciali, spazi per la vita notturna e servizi pubblici e culturali, in relazione alle attività che la Carlsberg continuerà ad intrattenere nell’area. Gli obiettivi generali assunti nel Concorso, erano quelli di trasformare l’area in un nuovo distretto urbano – Il Quartiere Carlsberg – nel quale condensare attività e funzioni che possano renderlo vivo e fruibile da tutti in qualsiasi ora della giornata; connettere il nuovo quartiere con il resto della città ed il suo intorno; mantenere lo spirito del luogo con un progetto rispettoso della storia, della cultura del lavoro, degli spazi e degli edifici della Carlsberg; innestare nuove relazioni, sociali e fisiche, all’interno della città di Copenhagen; creare nell’area alti standard di qualità della vita prestando particolare attenzione alla sostenibilità sociale, economica, ambientale; formare un distretto flessibile, in continuo sviluppo, nel quale il variare di funzioni e attività crei occasioni che vadano a sommarsi nel tempo; attirare interesse internazionale e turismo. Gli esiti del concorso sono ora in fase di realizzazione e la struttura del nuovo quartiere prevede nuove abitazioni con diverse tipologie, dimensione, prezzo e target; nuovi spazi per il commercio per grandi e piccole iniziative con particolare attenzione alla creazione di spazi per il “creative businesses”; nuovi servizi culturali, nuove aree a verde urbano; nuove connessioni infrastrutturali per collegare il sito con la città e con i sobborghi vicini La preesistenza industriale, anche in questo caso, diventa occasione per ospitare nuove funzioni compatibili con le caratteristiche tipologiche dell’edificio o elemento caratterizzante del nuovo contesto urbano. I due casi studio presentano diverse affinità: in entrambi i casi viene valorizzata la preesistenza industriale adattandola alle dinamiche delle trasformazione. L’edificio industriale rappresenta l’identità del sito/quartiere e l’elemento da cui partire per ricomporre il tessuto circostante. In tutti e due i casi si è pervenuti alla conservazione attraverso a censimenti e analisi storico/artistiche molto approfondite dei manufatti che hanno permesso di individuare le peculiarità delle singole parti e a preservare soltanto le testimonianze più importanti dal punto di vista architettonico e culturale. Tutto ciò dotandosi di strumenti decisionali molto flessibili ed in grado di indirizzare il processo di recupero. E’ la conoscenza del bene culturale, della sua complessità storica, artistica, architettonica, economica, sociale, tipologica che determina l’esito del progetto. Tanto il progetto di conoscenza è pluridisciplinare minori sono i tempi di realizzazione dell’intervento. 7 Manuel Ramello Nei casi studio affrontati le destinazioni d’uso insediate all’interno delle aree ex produttive spaziano dalla residenza, al terziario al produttivo; in Italia, la via perseguita negli anni passati è stata quella della musealizzazione, di cui abbiamo alcuni importanti esempi già completati ed altri che si completeranno nei prossimi anni. Ci si auspica un riuso il patrimonio industriale, con destinazioni d'uso compatibili con la memoria dell'industria, capaci di essere sia testimonianza che simbolo della nuova società post industriale Il tema della residenza all'interno del contenitore industriale, concepita nel rispetto dell'identità del luogo, può divenire importante motore di riqualificazione urbana. 8 Manuel Ramello: Barcellona - Copenhagen 9 Saverio Isola Saverio Isola Nasce il 27 ottobre 1972, si Laurea a Torino con Elio Luzi (Politecnico Di Torino) e Michel Vernes (Ecole d'architecture de Paris La Villette) Studia alla Bartlett School of Architecture in Londra dove contemporaneamente inizia a lavorare. Fonda nel 2001 con Aimaro lo studio Isolarchitetti. Insegna Progettazione alla Facoltà di Architettura di Parma. Affianca alla professione e alla didattica un intenso lavoro di ricerca sui temi del rapporto tra paesaggio e architettura e arte. Lavora disegnando, scrivendo, fotografando e raccontando con workshop e lectures i percorsi di ricerca dello studio. E' direttore e AD di Isolarchitetti ISOLARCHITETTI srl Lo studio composto da Aimaro e Saverio Isola, Flavio Bruna, Michele Battaggia, Andrea Bondonio e Stefano Peyretti raccoglie l’eredità dello studio Gabetti & Isola, che dal 1950 al 2000 forma uno dei sodalizi professionali più fertili nel panorama dell’architettura moderna e contemporanea le cui opere sono state pubblicate sulle principali riviste nazionali e internazionali dando luogo, a partire dalla nota Bottega d’Erasmo, a un articolato dibattito relativo al rapporto tra modernità e tradizione. I molti progetti firmati dall’inizio dell’attività si contraddistinguono per l’attenzione dedicata ai temi del paesaggio e dell’ambiente alle diverse scale. L’esperienza e la sensibilità maturate negli anni passati si riversano nei nuovi interventi realizzati perlopiù in contesti di alto valore storico e ambientale, proseguendo l’esplorazione di una vasta gamma di temi architettonici: dalla abitazioni, alle chiese, agli uffici, agli spazi del commercio, dello svago e della cultura fino alla scala dell’allestimento e delle mostre. Su questi temi si consolida la consapevolezza della centralità del valore dell’abitare rispetto alla ricerca fine a se stessa di stilemi linguistici astratti. Ai progetti alla scala architettonica si aggiungono, intensificandosi negli anni più recenti, le consulenze per la progettazione di aree vaste di elevato valore paesaggistico, tema su cui lo studio matura attraverso molteplici consulenze per enti pubblici e committenti privati una specifica competenza riconosciuta in campo nazionale con pubblicazioni e premi. Queste aree comprendono comparti urbani e complessi residenziali, marine portuali e comparti produttivi, parchi e infrastrutture, nel loro intreccio con sistemi ecologici complessi. 10 Saverio Isola Costruire nel costruito. Fiat Mirafiori da industria a città Il riuso e recupero industriale in Italia discende direttamente da quella attenzione al restauro propria della cultura architettonica nazionale. Recuperare è un atteggiamento progettuale etico e sostenibile. Costruire nel costruito vuole dire recuperare e comunicare la memoria dei luoghi e delle persone che li hanno vissuti. Ogni volta si crea una nuova identità dei luoghi partendo però da radici profonde, anche dalla storia operaia; non solo, l'identità finale viene affidata agli utenti: i grandi spazi post industriali si prestano alle personalizzazioni più diverse e singolari molto più che l'edilizia tradizionale. Non distruggere quindi, ma recuperare, trasformare, aggiornare, reinterpretare, contrapporsi alle mode effimere, ai gesti da "archistar" che invecchiano precocemente. La valorizzazione di un edificio già formato presuppone sforzi sempre diversi ed originali, non è quasi mai possibile applicare modelli precostituiti. Gli obbiettivi sono dunque quelli che puntano all'amenità e vivibilità dei luoghi: il verde anche come memoria della campagna coperta dalle industrie, il confort ambientale, il rapporto pubblico privato, la valorizzazione e la comunicazione della storia e la creazione dell'identità, la sostenibilità del costruito e la formazione di comunità integrate dove lavoro tempo libero, ricerca e svago e residenzialità si confondono e diventano modello ogni volta unico. Il Centro del Design Il progetto che presento è il primo progetto realizzato del grande piano di trasformazione dell’area ex Fiat Mirafiori, interviene sugli spazi dismessi del capannone “ex Dai” al fine di ricavarne un nuovo Centro del Design, dove sono compresenti attività didattiche del Politecnico, laboratori e sperimentazioni connesse al mondo della produzione, per una superficie complessiva di circa 21.000 mq. Il nesso con la memoria industriale viene volutamente evidenziato mantenendo la grande struttura metallica e parte della copertura in lamiera, riutilizzandola come grande superficie sotto cui collocare i sei blocchi edilizi a due livelli. Sotto la copertura dell’“ex Dai”, le cui orditure vengono caratterizzate da una nuova connotazione cromatica, la ripetitività dei moduli conosce una differenziazione nella scelta dell’immagine in maniera che ogni singolo blocco abbia riconoscibilità propria attraverso l’uso di rivestimenti di diversi materiali. Il principio di architettura sostenibile alla base dell’intero intervento di recupero e si concretizza nella scelta dei materiali di costruzione: strutture in acciaio rendono possibile il rapido montaggio dei singoli moduli mentre le facciate ventilate chiuse consentono la climatizzazione degli ambienti, attraverso un sistema di ricircolo dell’aria. L’organizzazione interna degli spazi segue criteri di flessibilità e di apertura verso l’esterno; i diversi edifici, pur mantenendo funzioni diverse ed una sostanziale indipendenza, sono messi in relazione – a gruppi di tre – da tratti di passerelle aeree che vengono a costituire un sistema orizzontale di terrazzo coperto. Nel corridoio centrale che s’interpone tra le due unità di volumi trovano collocazione giardini ad hortus conclusus, spazi a cielo aperto con caratteristiche botaniche differenti. L’opera da 25 milioni di euro sarà consegnata entro la fine del 2010. 11 Saverio Isola: Centro Design Mirafiori 12 Fabrizio Fornezza Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano. Ha svolto attività professionale in Eurisko dal 1987, con incarichi di crescente responsabilità. Come professional nella ricerca sociale e di mercato ha sviluppato una specializzazione nelle ricerche sui servizi ed in particolare di quelli finanziari. Dirige una divisione che opera principalmente nelle industry della Finanza, dell'Automotive, dei Media, delle infrastrutture, del Largo Consumo e dell’Alta Gamma. Ha ricoperto in Eurisko la carica di direttore delle HR e di Direttore Generale. Attualmente ricopre l'incarico di membro del CDA e Consigliere Delegato. GfK Eurisko GfK Eurisko è oggi il più importante istituto operante in Italia nelle ricerche sul consumatore. L’Istituto svolge indagini che coprono l'intero panorama della ricerca sociale e di mercato in termini di finalità, aree e settori, metodologie e procedure. GfK Eurisko, parte del Gruppo GfK , uno dei più importanti e stimati gruppi di ricerche a livello globale, garantisce ai propri clienti un servizio di alta qualità in oltre 100 paesi del mondo. Le caratteristiche di creatività e imprenditorialità hanno conferito a GfK Eurisko una posizione di indiscussa leadership in Italia e lo hanno reso un interlocutore di valore per tutti i clienti e partner del Made in Italy e internazionali. 13 Fabrizio Fornezza Il cambiamento degli stili di vita nuove esigenze e nuovi spazi per vivere e lavorare Il nostro stile di vita sta subendo profondi cambiamenti e l’elemento che si impone con più forza sia in ambito lavorativo sia in ambito personale è quello della flessibilità. In ambito lavorativo la flessibilità è diventata un valore permanente che si manifesta in tre aspetti: la flessibilità nel ruolo, nel tempo e nello spazio, un meccanismo che può creare delle opportunità interessanti ma che deve essere gestito per non stritolarci. La flessibilità nel ruolo si associa a un mutamento che è anche culturale e che vede il mondo del lavoro approdare a una fase matura in cui il rapporto tra persona e azienda è sempre più fondato sulla responsabilità personale anziché sul controllo professionale e sociale. Questo mutamenti concretizza, ad esempio, nella revisione del vecchio mix delle competenze, nell’ibridazione delle famiglie professionali, ma anche nella condivisione di progetti e clienti tra aziende concorrenti per conquistare nuovi mercati. La flessibilità nel tempo si manifesta nella nuovo intreccio tra il tempo per il lavoro e il tempo per la vita. Questo significa non solo la possibilità. per esempio, di usufruire di periodi di sospensione ma anche un nuovo rapporto tra pensione e lavoro in cui non si abbandona completamente la propria identità professionale ma si rialloca in maniera diversa il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata. Infine, la flessibilità nell’utilizzo degli spazi dove il concetto di condivisione incomincia a assumere nuove interpretazioni: dallo stereotipo dell’ufficio personale riservato e separato si passa nuovo ufficio a tempo, alle soluzioni di “contaminazione” degli spazi che diventano “spazi multi aziende” dove la fruizione condivisa di uno stesso luogo diventa momento di opportunità e di arricchimento per lo scambio di esperienze che rende possibile. Per tornare al tema di questo Seminario costatiamo che il fenomeno dei loft è in fondo una risposta funzionale alle esigenze che questi cambiamenti stanno evidenziando. In ambito personale tutti questi nuovi stimoli generano nell’individuo una corsa al proprio empowerment per essere sempre all’altezza delle nuove sfide che la società crea. Si genera, quindi, un proliferare di richieste per avere a disposizione nuovi servizi. Ad esempio, nuovi servizi finanziari, nuove proposte di mobilità individuale, e anche nuove soluzioni per l’abitare. Alcune ricerche condotte dal nostro istituto, hanno, infatti, rilevato che esiste in alcune fasce di popolazione il bisogno di una nuova casa che si potrebbe definire “multiruolo e multifunzione”, ovvero una casa che possa mutare rapidamente a seconda delle esigenze come si fosse uno spazio teatrale da riallestire secondo bisogno come un cambio di scena. L’esigenza di flessibilità nella fruizione della casa sta portando anche alla voglia di superare il rapporto tradizionale tra interno e esterno dell’abitazione per arrivare ad appropriarsi di nuovi spazi. Di qui la voglia di grandi vetrate, di tetti vetrate, di giardini portati in casa, di orti urbani. 14 Fabrizio Fornezza Questa nuova tendenza nella scelta dell’abitare deve essere tenuta in grande considerazione quando si progettano le nuove case perché ci sono già 6 milioni di famiglie che vivono in una casa del tipo “multi ruolo.” Inoltre, non è una necessità avvertita solo da chi può vivere in abitazioni in cui sono disponibili ampi spazi, che quindi ben si prestano a questo tipo di soluzioni, ma anche e forse soprattutto da chi vive in abitazioni dove gli spazi sono più angusti, ad esempio nei bilocali. In conclusione, le bisogni che si manifestano quando il lavoro incontra la casa, o viceversa, sia perché intervengono mutamenti in ambito personale, sia perché ci sono mutamenti professionali - e non solo per l’aumento dei lavoratori autonomi ma anche per il mutamento del lavoro dipendente che prevede nuove formule di collaborazione stanno a casa - devono essere tenuti in grande considerazione perché spesso i bisogni si evolvono più velocemente del sistema di offerta. 15 Guido Lodigiani Nasce a Milano l’ 08 novembre 1968. Laureato in Economia aziendale con specializzazione in Marketing, conseguita a pieni voti nel 1992, presso l’Università Bocconi di Milano. Tesi in Marketing: “ La gestione della qualità nelle imprese di servizi: il caso Autogrill”. Diploma di maturità scientifica conseguito nel 1987 presso il liceo scientifico statale “Elio Vittorini” di Milano. Da Settembre 2007: Direttore Ufficio Studi Gabetti Property Solutions SPA. Coordinamento Struttura interna di Geomarketing. Analisi nuovo sistema informatico raccolta dati del gruppo. Ricerche di mercato per soggetti interni ed esterni (fra cui Ing Real Estate, Impresa Rosso, Draco, Generali, Valore Reale). Realizzazione Gabetti Overiew residenziale e corporate. Da Dicembre 2006 ad Agosto 2007: Immobiliare.it Business Develompment Manager start up di Da Gennaio 2005 a Novembre 2006: A.D. Tecnoweb, società di servizi editoriali, internet e marketing alle agenzie in franchising del gruppo Tecnocasa. Docente nei Corsi interni di Marketing base e Marketing Avanzato. Maggio 2003: Analisi e test programma S.V.I (Sistema Valutazione Immobili on-line). Da Aprile 2002 a Dicembre 2006: Membro del Team misto con Banca per la Casa per migliorare i prodotti, le funzionalità e i processi di erogazione dei finanziamenti. Maggio 1998 – Dicembre 2000: Capo progetto S.I.T (Sistema Informativo Tecnocasa) volto alla ridefinizione dei moduli operativi dei diversi settori aziendali. Primo sistema in Italia per il monitoraggio delle reti in franchising. Da Gennaio 1994: Direttore Osservatorio Immobiliare Tecnocasa. E’ stata curata la pubblicazione di 12 edizioni della testata. L’Osservatorio è stato allegato a partire dal 1995 a Gente Money, dal 1998 a Milano Finanza, dal 2001 a Il Sole 24 Ore. Da Aprile 1993: Ufficio Studi della Tecnocasa Franchising, l’attività di rilevazione dati e analisi di mercato di 24 sessioni diverse. 16 Guido Lodigiani Il mercato dei loft e le esigenze dei milanesi I loft sono associati a diverse tipologie immobiliari, appartenenti alle categorie C1, C3, A10, A3, etc. Sul mercato si incontrano diverse Destinazioni d’Uso, target di utilizzatori e fasce di prezzo. Le caratteristiche dei Loft dipendono in parte dalle tipologie immobiliari da cui hanno preso origine: * Loft da recupero capannone Caratteristiche: altezze 7-10 mt, isolati chiusi con gestione unitaria di verde, riscaldamento, sicurezza, spazi esterni fruibili, aree di carico-scarico, a sviluppo orizzontale. * Loft da negozio In seguito ai cambiamenti in essere nel tessuto commerciale delle città vengono disponibili sempre più negozi su strade secondarie, con altezze di solito medie, soppalcabili, convertibili in residenziale. * Loft da ufficio Caratteristiche: Altezze medie, unità isolate, possibile promiscuità di contesto e condominiale uffici-residenziale, no spazi esterni fruibili PT, scomodi per attività che richiedano frequenti movimentazioni di merci. Fra il 1996 e il 2008 il numero di imprese attive cresce del 21.17%, mentre la popolazione residente in provincia di Milano solo del 6.23%. Cresce a Milano il numero di imprese con 1 o 2 addetti, nel settore manifatturiero, costruzioni, trasporti-magazzinaggio-comunicazioni, altri servizi sociali e personali. In questo contesto i loft rappresentano una proposta di Nuovo prodotto, molto versatile come funzionalità. I valori dei loft sono inferiori di un 15-25% rispetto ai prezzi del residenziale signorile nuovo dello stesso quartiere. In ottica d’investimento, i rendimenti sono in media intorno al 6% quando il residenziale si aggira sul 3.5%. A Milano sono presenti tante figure professionali provenienti da diverse province italiane che hanno la necessità di lavorare in città. Con i prezzi d’acquisto o i canoni attuali di un’abitazione (600-650 € al mese per un bilocale) e di un laboratorio/negozio (800 € al mese per 50 mq) in periferia, è complicato dare vita ad una start up per un’attività con un monocomponente, in cui ci siano da sostenere i costi per un appartamento e per uno studio. L’eventuale conduttore di un loft è quindi in media più solvibile rispetto a chi debba gestire due immobili diversi. Soluzioni miste possono contribuire quindi a diminuire il traffico e favorire la nascita di nuove attività in città (considerata la diminuzione di costi gestionali), con modularità e versatilità degli spazi, che possa permettere nel tempo anche variazione dei lay out interni, il tutto riducendo il consumo del territorio. 17 Guido Lodigiani I Ioft da riqualificazioni di capannoni hanno diverse caratteristiche positive aggiuntive: eccellenti rapporti aeroilluminanti, la vigilanza facilitata, aree di carico-scarico utili, altezze significative, privacy. I loft contribuiscono a migliorare la vivibilità delle zone riqualificate, ad aumentare il bacino commerciale per le attività e i servizi in loco. Anche la sicurezza dei quartieri in cui sono presenti indirettamente cresce. Sono quindi una soluzione che, conservando un fascino “storico”, costituisce una risposta estremamente “moderna” per le esigenze dei milanesi e rappresenta la fase di start up per il processo di riqualificazione delle aree industriali dismesse. 18 Giancarlo Bianchi Janetti Il loft nell’immaginario collettivo è il loft storico, nato dal riuso di edifici industriali, di magazzini, di capannoni ed è un fenomeno tipico della città portuale prevalentemente nord europea. Milano non è una città portuale e come città industriale si è sviluppata con poche grandi aree industriali, ad esempio: Pirelli Bicocca, OM , Montedison , Innocenti e Alfa Romeo. Queste aree sono state tutte oggetto di specifici piani urbanistici che hanno previsto la totale sostituzione del tessuto industriale attraverso i Piani di Riqualificazione urbana avviati tra il’95 e il’99. Oltreché dalla presenza delle grandi industrie di fine ‘800 e primi del ‘900, Milano è caratterizzata da tessuti fortemente misti. Specialmente a partire dagli anni’50 si è sviluppato un tipo di insediamento urbano con residenze fronte strada e capannoncino interno al cortile. In questo tessuto misto si è innestato il fenomeno della conversione di queste strutture in loft. Questa trasformazione ha cozzato con la normativa vigente a Milano. Il PRG del 1980 aveva definito le destinazioni funzionali in maniera molto rigida e aveva fondato la propria scelta urbanistica confermando il mantenimento dell’industria a Milano con tutte le aree esistenti e prevedendone addirittura la loro espansione e escludendo possibilità di una destinazione residenziale all’interno di un’area industriale. In realtà, subito dopo l’adozione del PRG del 1980, gli insediamenti industriali si sono spostati da Milano, prima quelli grandi e poi anche quelli di piccole e medie dimensioni. A fronte di questo fenomeno di dismissione industriale la normativa nazionale ha consentito degli strumenti specifici d’intervento, che sono quei piani urbanistici che introducono varianti ai Piani Regolatori. Le aree industriali si sono potute, quindi, trasformare e si sono trasformate tantissimo. In questo processo però si sono innestate due problematiche importanti. La prima: i tempi amministrativi per le trasformazioni. Un PII richiede quasi 5 anni di tempo per essere definito nella sua articolazione urbanistica, poi bisogna presentare i progetti e iniziare a costruire. Sono tempi troppo lunghi per il mercato. La seconda: l’introduzione, dal 1994-97, della normativa in materia ambientale, che comporta circa 2 anni per le bonifiche dei terreni. La possibilità di trasformazione delle aree industriali si è scontrata, quindi, con tempi e oneri finanziari costosissimi. 19 Giancarlo Bianchi Janetti In questo contesto si è innescato un sottomercato che è quello che ha conferito al termine loft una connotazione non chiara. Questo sottomercato parte da un’occasione normativa presente nel PRG dell’80 che aveva attribuito alla destinazione industriale degli indici che erano il 20% superiori a tutti gli altri indici edificatori in quanto quasi tutte le aree industriali avevano ancora capacità edificatoria residua. Di conseguenza nel corso degli anni si è diffuso un fenomeno, che il Comune ha cercato di contrastare al massimo, che è quello del loft di nuova costruzione che nasce dalla demolizione di un fabbricato esistente a vocazione industriale e dalla successiva costruzione di palazzine a tipologia residenziale senza passare attraverso un cambio di destinazione. Queste nuove costruzioni in categoria C3 (laboratori) sono poi stati venduti come loft residenziali. Altra cosa sono i loft nati dal recupero di fabbricati esistenti (per i quali i cambi di destinazione d’uso sono peraltro possibili dal 2001). Per venire alla situazione attuale, con il PGT che dovrebbe entrare in vigore il 15 febbraio 2011 in tutto il territorio comunale sarà possibile trasformare in residenziale gli edifici che prima erano in zona industriale senza fare alcuna variante di Piano Regolatore ponendo attenzione, però, a due temi. Il primo: qualsiasi trasformazione in residenziale è sottoposta al conferimento della dotazione urbanistica (“aree a standard”) in ragione del 100% della SLP prevalentemente attraverso il criterio della monetizzazione. Il secondo: si è sempre tenuti al rispetto della normativa ambientale. Quindi, per fare un esempio, quando ci troviamo situazioni in cui si costruiscono residenze dove prima c’era una conceria o una fabbrica di vernici occorrono le dovute bonifiche. Una considerazione sulla tipologia: il loft si presenta come una tipologia totalmente aperta in cui convive la destinazione della residenza con altre attività. In questo caso i loft, rispetto alle residenze, aprono delle opportunità in termini di flessibilità della fruizione dello spazio che può essere liberamente organizzato all’interno dell’alloggio e cambiare destinazione anche nell’ambito della stessa giornata a seconda delle esigenze. Ad esempio, la cucina può essere confinata in un’armadiatura chiudibile e diventare soggiorno, su questa strada possono essere gestiti anche gli altri spazi. Il regolamento dell’Edilizia del Comune di Milano prevede per il loft il concetto di pianta aperta, cioè una volta che è stato compartimentato lo spazio per i servizi igienici con il loro antibagno, è possibile suddividere gli spazi semplicemente con l’utilizzo di arredi, di pareti mobili a patto che il loft sia dotato di ampie superfici vetrate per garantire il giusto rapporto aeroilluminante in ogni spazio. 20 Contatti di Direzione La Gaiana Massimiliano Miceli – Direttore Generale 02/7755300 [email protected] Ufficio studi Gabetti Guido Lodigiani – Direttore 02/7755860 [email protected] Ufficio Marketing, Comunicazione e Media Relations Rita Tornari – Direttore 02/7755348 [email protected] 21