Diapositiva 1 - La Gaiana SpA

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Diapositiva 1 - La Gaiana SpA
Il LOFT NEL CONTESTO URBANO:
TRA RIQUALIFICAZIONE E NUOVE ESIGENZE
DI VERSATILITA’ DELLO SPAZIO
22 settembre 2010
Centro Congressi – Palazzo delle Stelline
Atti del Seminario
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Programma
Moderatore Architetto Fabrizio Besana
Apertura lavori
Massimiliano Miceli - Direttore Generale di La Gaiana
Testimonianze e case history internazionali
Barcellona, Copenaghen – Manuel Ramello – AIPAI (Associazione Italiana
per il patrimonio archeologico industriale)
Costruire nel costruito. Fiat Mirafiori da industria a città
Saverio Isola – Amministratore Delegato Isolarchitetti
Il cambiamento degli stili di vita: nuove esigenze e nuovi spazi per
vivere e lavorare
Fabrizio Fornezza - Consigliere Delegato, GFK Eurisko
Il mercato dei loft e le esigenze dei milanesi
Guido Lodigiani - Direttore Ufficio Studi Gabetti
I loft nel contesto della normativa urbanistica della città di Milano
Giancarlo Bianchi Janetti - Direttore sportello unico edilizia del Comune di
Milano
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Fabrizio Besana
Nasce a Milano il 19 settembre 1958.
Dopo il conseguimento della maturità scientifica frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università Statale di Milano.
Inizia nel 1980, al termine del servizio militare ed ancora impegnato negli studi letterari, a
lavorare nel settore dell’arredamento di spazi commerciali e stands fieristici dove collabora
con importanti studi di progettazione alla realizzazione di negozi ed allestimenti per primarie
griffes italiane e straniere, curando fino al 1982 il settore fiere di una primaria azienda italiana
con sede a Milano e a Francoforte (D).
Dal 1982 si occupa, in qualità di responsabile commerciale e tecnico, di una ditta
specializzata nella realizzazione di punti vendita e di stands fieristici “chiavi in mano”, con
esperienze anche di grandi superfici commerciali, franchising e prototipi per grande
distribuzione oltre che allestimenti museali permanenti o provvisori, partecipando anche ad
installazioni per eventi di importanza internazionale in collaborazione con affermati studi di
architettura.
Affascinato e coinvolto dall’ambiente, si avvicina allo studio accademico della materia,
laureandosi presso il Politecnico di Milano e conseguendo l’abilitazione all’esercizio della
professione nel 1996.
Da allora è titolare di un proprio Studio con sede in Milano dal quale sono nati diversi progetti
e realizzazioni nell’ambito della costruzione, ristrutturazione e trasformazione di stabili
commerciali e di civile abitazione con particolare attenzione per il recupero ed il risanamento
di edifici industriali adibiti a loft o frazionati con diverse destinazioni d’uso.
Ha partecipato a numerosi corsi di aggiornamento e specializzazione, ricevendo svariati
riconoscimenti a partire dal 1981 come allestitore, vetrinista, progettista e responsabile lavori.
Attualmente impegnato come progettista e direttore lavori nel recupero di edifici storici rurali,
frazionamenti e nuove costruzioni residenziali.
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Manuel Ramello
Nato a Torino nel 1972 ,laureato in architettura presso il Politecnico di Torino, frequenta la
prima edizione del master in “Conservazione, Gestione e Valorizzazione del Patrimonio
Industriale” tenuto da Università degli Studi di Padova , IUAV e Politecnico di Torino.
Nel 2010 consegue il titolo di dottore di ricerca in Tecnologia dell'Architettura al Politecnico di
Torino con la tesi "Strumenti e metodi per la riqualificazione sostenibile del patrimonio
archeologico industriale”.
Attualmente è' condirettore di "Patrimonio Industriale", rivista semestrale dell'AIPAI Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, di cui è membro del
consiglio direttivo dal 2002.
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Manuel Ramello
Testimonianze e case history internazionali:
Barcellona e Copenaghen
Superata la stagione pioneristica dell'archeologia industriale che ha portato al riconoscimento
del loro valore di "bene culturale", i beni riconducibili al patrimonio industriale vivono oggi una
nuova e forse inaspettata “seconda giovinezza".
Le aree industriali di prima urbanizzazione, spesso localizzate ai margini delle città storiche,
con lo sviluppo e la densificazione urbana del secolo scorso, vengono a trovarsi in zone
strategiche della città contemporanea, assumendo un ruolo importante nel costruire nuove
polarità urbane.
Contemporaneamente, l'attribuzione di valore di bene culturale ha favorito lo sviluppo di
ricerche sempre più multidiscliplinari sul patrimonio industriale, portando alla luce, aspetti
economici e sociali legati al mondo produttivo entrati nel nostro vivere quotidiano. La
"memoria" dell'industria, fatta di “grandi contenitori” ma anche di saperi, innovazioni, prodotti,
etc… rappresenta un importante opportunità di riflessione sui luoghi già produttivi diventando
occasione per sviluppare nuove identità urbane
I due casi studio proposti, il quartiere del Poblenou a Barcellona e l'area Carlsberg di
Copenhagen, rappresentano alcuni dei casi più interessanti nel panorama europeo in cui
dalle memorie dell'industria si stanno costruendo nuove centralità urbane
@22 POBLENEU a BARCELLONA
Il Barrio del Poblenou è un distretto urbano di Barcellona che si è sviluppato prevalentemente
nel XIX secolo; grazie alla sua posizione strategica, ai margini della città storica e vicino alla
infrastrutture, è diventato il luogo di sviluppo delle più importanti industrie nazionali e delle
sedi di aziende estere operanti sul territorio spagnolo.
Con la delocalizzazione delle industrie fuori dal nucleo urbano della fine degli anni settanta e
la conseguente dismissione di quasi il 50% degli stabilimenti attivi, l’amministrazione si trovò
a dover ridisegnare importanti parti di città.
L’evento Olimpico fu quindi l’occasione per far decollare le trasformazioni che oggi rendono
la città una delle mete più visitate nel turismo europeo. Ci si rese però conto che le
operazioni di demolizione e ridisegno urbano avevano cancellato importanti tracce del
passato industriale e che a questa situazione non si poteva più porre rimedio.
Si intraprese quindi la strada del censimento delle aree industriali dismesse e il loro
riconoscimento di valore testimoniale della cultura industriale per non compromettere
ulteriormente la situazione laddove esistevano ancora edifici e memorie da conservare.
Fu proprio il quartiere del Poblenou, con la sua lunga tradizione produttiva che vide il
maggior incremento di edifici di conservare o tutelare inseriti nel catalogo dei beni culturali
della città.
Il Projecto 22@Barcelona, approvato nel 2001, tuttora in corso prevede la trasformazione di
200 ettari di aree industriali dismesse localizzate al Poblenou, in un distretto innovativo dove
si insedieranno attività legate all'economia della conoscenza.
Il progetto di rigenerazione urbana sostituisce l'originaria funzione produttiva dell'area,
esclusivamente industriale, con nuove attività produttive urbane “non disturbanti” o inquinanti.
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Manuel Ramello
Attraverso l'aumento degli indici, il piano contribuisce alla progressiva riqualificazione
infrastrutturale del quartiere che migliorerà la qualità della vita del Poblenou consentendo alle
imprese di coesistere con centri di ricerca innovativa, di formazione e trasferimento di
tecnologie con alloggi, strutture e aree verdi.
In questo modo, il Projecto 22@Barcelona ovvia alle carenze storiche di questa porzione di
città e stabilisce un nuovo modello urbano compatto, diversificato e sostenibile, in cui i nuovi
edifici e gli spazi pubblici coesistono con le tracce storiche e gli elementi più rappresentativi
dell’ex distretto industriale, creando un ambiente di grande significato culturale capace di
coniugare tradizione e innovazione, memoria e sviluppo.
A differenza dei comuni progetti di rigenerazione, il piano non delinea un esito finale della
trasformazione, ma promuove un rinnovamento progressivo e si adatta alle caratteristiche di
ciascuna parte del territorio, consente di riqualificare le preesistenze industriali, per nuovi
utilizzi, adattando le destinazioni alla caratteristiche tipologiche degli edifici, contribuendo
così a riqualificare l’ambiente urbano circostante
Al fine di incoraggiare questo processo di recupero dei simboli della memoria industriale, gli
uffici tecnici del Comune di Barcellona hanno predisposto, di concerto con le associazioni, gli
enti e i proprietari delle aree, un nuovo “catalogo” degli edifici “minori” da valorizzare (68) che
si sommano agli edifici già “vincolati” (46).
Tra questi, almeno sette sono di particolare interesse: la Can Ricart, la Scottish, la Can Gili,
la Palo Alto, la Mini, la CA Island e la Wald-fabbrica.
Alle politiche di tutela ed ai progetti e recuperi di questi beni si accompagnano interventi di
conservazione di singoli elementi, come ciminiere, o di edifici residenziali inseriti e
strettamente connessi all'antico tessuto produttivo della città. mediante strumenti e politiche
specifiche.
Il passato industriale del quartiere è condizione per costituire un ambiente di grandissimo
valore culturale in cui tradizione e innovazione convergano
L’AREA CARLSBERG A COPENHAGEN
La trasformazione dell’area Carlsberg di Copenhagen è uno dei più importanti processi di
dismissione industriale a scala urbana oggi presente in una capitale europea; la scelta di
ricorrere allo strumento del concorso internazionale di progettazione da parte della proprietà
per individuare nuovi modelli residenziali e sociali, la rende uno dei casi virtuosi nella
trasformazione del patrimonio industriale.
Nel 2006 La Società Carlsberg, d’accordo con la città di Copenhagen, ha indetto un concorso
internazionale di progettazione per riqualificare l’area dove ora sorge la fabbrica, poiché dalla
fine del 2008, la produzione verrà spostata in un altro luogo e rimarranno presenti sull’area
solo gli uffici amministrativi, attività di ricerca e servizi turistici, liberando circa 330.000 mq nel
centro della città.
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Manuel Ramello
La zona riqualificata sarà caratterizzata da un’intensa vita cittadina, generata da un mix di
residenze, servizi commerciali, spazi per la vita notturna e servizi pubblici e culturali, in
relazione alle attività che la Carlsberg continuerà ad intrattenere nell’area.
Gli obiettivi generali assunti nel Concorso, erano quelli di trasformare l’area in un nuovo
distretto urbano – Il Quartiere Carlsberg – nel quale condensare attività e funzioni che
possano renderlo vivo e fruibile da tutti in qualsiasi ora della giornata; connettere il nuovo
quartiere con il resto della città ed il suo intorno; mantenere lo spirito del luogo con un
progetto rispettoso della storia, della cultura del lavoro, degli spazi e degli edifici della
Carlsberg; innestare nuove relazioni, sociali e fisiche, all’interno della città di Copenhagen;
creare nell’area alti standard di qualità della vita prestando particolare attenzione alla
sostenibilità sociale, economica, ambientale; formare un distretto flessibile, in continuo
sviluppo, nel quale il variare di funzioni e attività crei occasioni che vadano a sommarsi nel
tempo; attirare interesse internazionale e turismo.
Gli esiti del concorso sono ora in fase di realizzazione e la struttura del nuovo quartiere
prevede nuove abitazioni con diverse tipologie, dimensione, prezzo e target; nuovi spazi per
il commercio per grandi e piccole iniziative con particolare attenzione alla creazione di spazi
per il “creative businesses”; nuovi servizi culturali, nuove aree a verde urbano; nuove
connessioni infrastrutturali per collegare il sito con la città e con i sobborghi vicini
La preesistenza industriale, anche in questo caso, diventa occasione per ospitare nuove
funzioni compatibili con le caratteristiche tipologiche dell’edificio o elemento caratterizzante
del nuovo contesto urbano.
I due casi studio presentano diverse affinità: in entrambi i casi viene valorizzata la
preesistenza industriale adattandola alle dinamiche delle trasformazione.
L’edificio industriale rappresenta l’identità del sito/quartiere e l’elemento da cui partire per
ricomporre il tessuto circostante.
In tutti e due i casi si è pervenuti alla conservazione attraverso a censimenti e analisi
storico/artistiche molto approfondite dei manufatti che hanno permesso di individuare le
peculiarità delle singole parti e a preservare soltanto le testimonianze più importanti dal punto
di vista architettonico e culturale. Tutto ciò dotandosi di strumenti decisionali molto flessibili
ed in grado di indirizzare il processo di recupero.
E’ la conoscenza del bene culturale, della sua complessità storica, artistica, architettonica,
economica, sociale, tipologica che determina l’esito del progetto. Tanto il progetto di
conoscenza è pluridisciplinare minori sono i tempi di realizzazione dell’intervento.
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Manuel Ramello
Nei casi studio affrontati le destinazioni d’uso insediate all’interno delle aree ex produttive
spaziano dalla residenza, al terziario al produttivo; in Italia, la via perseguita negli anni
passati è stata quella della musealizzazione, di cui abbiamo alcuni importanti esempi già
completati ed altri che si completeranno nei prossimi anni.
Ci si auspica un riuso il patrimonio industriale, con destinazioni d'uso compatibili con la
memoria dell'industria, capaci di essere sia testimonianza che simbolo della nuova società
post industriale
Il tema della residenza all'interno del contenitore industriale, concepita nel rispetto
dell'identità del luogo, può divenire importante motore di riqualificazione urbana.
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Manuel Ramello: Barcellona - Copenhagen
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Saverio Isola
Saverio Isola Nasce il 27 ottobre 1972, si Laurea a Torino con Elio Luzi (Politecnico Di
Torino) e
Michel Vernes (Ecole d'architecture de Paris La Villette)
Studia alla Bartlett School of Architecture in Londra dove contemporaneamente inizia a
lavorare.
Fonda nel 2001 con Aimaro lo studio Isolarchitetti.
Insegna Progettazione alla Facoltà di Architettura di Parma.
Affianca alla professione e alla didattica un intenso lavoro di ricerca sui temi del rapporto tra
paesaggio e architettura e arte.
Lavora disegnando, scrivendo, fotografando e raccontando con workshop e lectures i
percorsi di ricerca dello studio.
E' direttore e AD di Isolarchitetti
ISOLARCHITETTI srl
Lo studio composto da Aimaro e Saverio Isola, Flavio Bruna, Michele Battaggia, Andrea
Bondonio e Stefano Peyretti raccoglie l’eredità dello studio Gabetti & Isola, che dal 1950 al
2000 forma uno dei sodalizi professionali più fertili nel panorama dell’architettura moderna e
contemporanea le cui opere sono state pubblicate sulle principali riviste nazionali e
internazionali dando luogo, a partire dalla nota Bottega d’Erasmo, a un articolato dibattito
relativo al rapporto tra modernità e tradizione. I molti progetti firmati dall’inizio dell’attività si
contraddistinguono per l’attenzione dedicata ai temi del paesaggio e dell’ambiente alle
diverse scale.
L’esperienza e la sensibilità maturate negli anni passati si riversano nei nuovi interventi
realizzati perlopiù in contesti di alto valore storico e ambientale, proseguendo l’esplorazione
di una vasta gamma di temi architettonici: dalla abitazioni, alle chiese, agli uffici, agli spazi
del commercio, dello svago e della cultura fino alla scala dell’allestimento e delle mostre.
Su questi temi si consolida la consapevolezza della centralità del valore dell’abitare rispetto
alla ricerca fine a se stessa di stilemi linguistici astratti.
Ai progetti alla scala architettonica si aggiungono, intensificandosi negli anni più recenti, le
consulenze per la progettazione di aree vaste di elevato valore paesaggistico, tema su cui lo
studio matura attraverso molteplici consulenze per enti pubblici e committenti privati una
specifica competenza riconosciuta in campo nazionale con pubblicazioni e premi. Queste
aree comprendono comparti urbani e complessi residenziali, marine portuali e comparti
produttivi, parchi e infrastrutture, nel loro intreccio con sistemi ecologici complessi.
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Saverio Isola
Costruire nel costruito.
Fiat Mirafiori da industria a città
Il riuso e recupero industriale in Italia discende direttamente da quella attenzione al restauro
propria della cultura architettonica nazionale. Recuperare è un atteggiamento progettuale
etico e sostenibile.
Costruire nel costruito vuole dire recuperare e comunicare la memoria dei luoghi e delle
persone che li hanno vissuti. Ogni volta si crea una nuova identità dei luoghi partendo però
da radici profonde, anche dalla storia operaia; non solo, l'identità finale viene affidata agli
utenti: i grandi spazi post industriali si prestano alle personalizzazioni più diverse e singolari
molto più che l'edilizia tradizionale. Non distruggere quindi, ma recuperare, trasformare,
aggiornare, reinterpretare, contrapporsi alle mode effimere, ai gesti da "archistar" che
invecchiano precocemente. La valorizzazione di un edificio già formato presuppone sforzi
sempre diversi ed originali, non è quasi mai possibile applicare modelli precostituiti. Gli
obbiettivi sono dunque quelli che puntano all'amenità e vivibilità dei luoghi: il verde anche
come memoria della campagna coperta dalle industrie, il confort ambientale, il rapporto
pubblico privato, la valorizzazione e la comunicazione della storia e la creazione dell'identità,
la sostenibilità del costruito e la formazione di comunità integrate dove lavoro tempo libero,
ricerca e svago e residenzialità si confondono e diventano modello ogni volta unico.
Il Centro del Design
Il progetto che presento è il primo progetto realizzato del grande piano di trasformazione
dell’area ex Fiat Mirafiori, interviene sugli spazi dismessi del capannone “ex Dai” al fine di
ricavarne un nuovo Centro del Design, dove sono compresenti attività didattiche del
Politecnico, laboratori e sperimentazioni connesse al mondo della produzione, per una
superficie complessiva di circa 21.000 mq. Il nesso con la memoria industriale viene
volutamente evidenziato mantenendo la grande struttura metallica e parte della copertura in
lamiera, riutilizzandola come grande superficie sotto cui collocare i sei blocchi edilizi a due
livelli. Sotto la copertura dell’“ex Dai”, le cui orditure vengono caratterizzate da una nuova
connotazione cromatica, la ripetitività dei moduli conosce una differenziazione nella scelta
dell’immagine in maniera che ogni singolo blocco abbia riconoscibilità propria attraverso l’uso
di rivestimenti di diversi materiali. Il principio di architettura sostenibile alla base dell’intero
intervento di recupero e si concretizza nella scelta dei materiali di costruzione: strutture in
acciaio rendono possibile il rapido montaggio dei singoli moduli mentre le facciate ventilate
chiuse consentono la climatizzazione degli ambienti, attraverso un sistema di ricircolo
dell’aria. L’organizzazione interna degli spazi segue criteri di flessibilità e di apertura verso
l’esterno; i diversi edifici, pur mantenendo funzioni diverse ed una sostanziale indipendenza,
sono messi in relazione – a gruppi di tre – da tratti di passerelle aeree che vengono a
costituire un sistema orizzontale di terrazzo coperto. Nel corridoio centrale che s’interpone
tra le due unità di volumi trovano collocazione giardini ad hortus conclusus, spazi a cielo
aperto con caratteristiche botaniche differenti. L’opera da 25 milioni di euro sarà consegnata
entro la fine del 2010.
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Saverio Isola: Centro Design Mirafiori
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Fabrizio Fornezza
Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano. Ha svolto attività professionale in
Eurisko dal 1987, con incarichi di crescente responsabilità. Come professional nella ricerca
sociale e di mercato ha sviluppato una specializzazione nelle ricerche sui servizi ed in
particolare di quelli finanziari. Dirige una divisione che opera principalmente nelle industry
della Finanza, dell'Automotive, dei Media, delle infrastrutture, del Largo Consumo e dell’Alta
Gamma. Ha ricoperto in Eurisko la carica di direttore delle HR e di Direttore Generale.
Attualmente ricopre l'incarico di membro del CDA e Consigliere Delegato.
GfK Eurisko
GfK Eurisko è oggi il più importante istituto operante in Italia nelle ricerche sul consumatore.
L’Istituto svolge indagini che coprono l'intero panorama della ricerca sociale e di mercato in
termini di finalità, aree e settori, metodologie e procedure. GfK Eurisko, parte del Gruppo GfK
, uno dei più importanti e stimati gruppi di ricerche a livello globale, garantisce ai propri clienti
un servizio di alta qualità in oltre 100 paesi del mondo.
Le caratteristiche di creatività e imprenditorialità hanno conferito a GfK Eurisko una
posizione di indiscussa leadership in Italia e lo hanno reso un interlocutore di valore per tutti i
clienti e partner del Made in Italy e internazionali.
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Fabrizio Fornezza
Il cambiamento degli stili di vita
nuove esigenze e nuovi spazi per vivere e lavorare
Il nostro stile di vita sta subendo profondi cambiamenti e l’elemento che si impone con più
forza sia in ambito lavorativo sia in ambito personale è quello della flessibilità.
In ambito lavorativo la flessibilità è diventata un valore permanente che si manifesta in tre
aspetti: la flessibilità nel ruolo, nel tempo e nello spazio, un meccanismo che può creare delle
opportunità interessanti ma che deve essere gestito per non stritolarci. La flessibilità nel ruolo
si associa a un mutamento che è anche culturale e che vede il mondo del lavoro approdare a
una fase matura in cui il rapporto tra persona e azienda è sempre più fondato sulla
responsabilità personale anziché sul controllo professionale e sociale. Questo mutamenti
concretizza, ad esempio, nella revisione del vecchio mix delle competenze, nell’ibridazione
delle famiglie professionali, ma anche nella condivisione di progetti e clienti tra aziende
concorrenti per conquistare nuovi mercati. La flessibilità nel tempo si manifesta nella nuovo
intreccio tra il tempo per il lavoro e il tempo per la vita. Questo significa non solo la
possibilità. per esempio, di usufruire di periodi di sospensione ma anche un nuovo rapporto
tra pensione e lavoro in cui non si abbandona completamente la propria identità
professionale ma si rialloca in maniera diversa il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata.
Infine, la flessibilità nell’utilizzo degli spazi dove il concetto di condivisione incomincia a
assumere nuove interpretazioni: dallo stereotipo dell’ufficio personale riservato e separato si
passa nuovo ufficio a tempo, alle soluzioni di “contaminazione” degli spazi che diventano
“spazi multi aziende” dove la fruizione condivisa di uno stesso luogo diventa momento di
opportunità e di arricchimento per lo scambio di esperienze che rende possibile. Per tornare
al tema di questo Seminario costatiamo che il fenomeno dei loft è in fondo una risposta
funzionale alle esigenze che questi cambiamenti stanno evidenziando. In ambito personale
tutti questi nuovi stimoli generano nell’individuo una corsa al proprio empowerment per
essere sempre all’altezza delle nuove sfide che la società crea. Si genera, quindi, un
proliferare di richieste per avere a disposizione nuovi servizi. Ad esempio, nuovi servizi
finanziari, nuove proposte di mobilità individuale, e anche nuove soluzioni per l’abitare.
Alcune ricerche condotte dal nostro istituto, hanno, infatti, rilevato che esiste in alcune fasce
di popolazione il bisogno di una nuova casa che si potrebbe definire “multiruolo e
multifunzione”, ovvero una casa che possa mutare rapidamente a seconda delle esigenze
come si fosse uno spazio teatrale da riallestire secondo bisogno come un cambio di scena.
L’esigenza di flessibilità nella fruizione della casa sta portando anche alla voglia di superare il
rapporto tradizionale tra interno e esterno dell’abitazione per arrivare ad appropriarsi di nuovi
spazi. Di qui la voglia di grandi vetrate, di tetti vetrate, di giardini portati in casa, di orti urbani.
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Fabrizio Fornezza
Questa nuova tendenza nella scelta dell’abitare deve essere tenuta
in grande
considerazione quando si progettano le nuove case perché ci sono già 6 milioni di famiglie
che vivono in una casa del tipo “multi ruolo.” Inoltre, non è una necessità avvertita solo da
chi può vivere in abitazioni in cui sono disponibili ampi spazi, che quindi ben si prestano a
questo tipo di soluzioni, ma anche e forse soprattutto da chi vive in abitazioni dove gli
spazi sono più angusti, ad esempio nei bilocali.
In conclusione, le bisogni che si manifestano quando il lavoro incontra la casa, o viceversa,
sia perché intervengono mutamenti in ambito personale, sia perché ci sono mutamenti
professionali - e non solo per l’aumento dei lavoratori autonomi ma anche per il mutamento
del lavoro dipendente che prevede nuove formule di collaborazione stanno a casa - devono
essere tenuti in grande considerazione perché spesso i bisogni si evolvono più velocemente
del sistema di offerta.
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Guido Lodigiani
Nasce a Milano l’ 08 novembre 1968. Laureato in Economia aziendale con specializzazione
in Marketing, conseguita a pieni voti nel 1992, presso l’Università Bocconi di Milano.
Tesi in Marketing: “ La gestione della qualità nelle imprese di servizi: il caso Autogrill”.
Diploma di maturità scientifica conseguito nel 1987 presso il liceo scientifico statale “Elio
Vittorini” di Milano.
Da Settembre 2007: Direttore Ufficio Studi Gabetti Property Solutions SPA. Coordinamento
Struttura interna di Geomarketing. Analisi nuovo sistema informatico raccolta dati del
gruppo. Ricerche di mercato per soggetti interni ed esterni (fra cui Ing Real Estate, Impresa
Rosso, Draco, Generali, Valore Reale). Realizzazione Gabetti Overiew residenziale e
corporate.
Da Dicembre 2006 ad Agosto 2007:
Immobiliare.it
Business Develompment Manager start up di
Da Gennaio 2005 a Novembre 2006: A.D. Tecnoweb, società di servizi editoriali, internet e
marketing alle agenzie in franchising del gruppo Tecnocasa. Docente nei Corsi interni di
Marketing base e Marketing Avanzato.
Maggio 2003: Analisi e test programma S.V.I (Sistema Valutazione Immobili on-line).
Da Aprile 2002 a Dicembre 2006: Membro del Team misto con Banca per la Casa per
migliorare i prodotti, le funzionalità e i processi di erogazione dei finanziamenti.
Maggio 1998 – Dicembre 2000: Capo progetto S.I.T (Sistema Informativo Tecnocasa) volto
alla ridefinizione dei moduli operativi dei diversi settori aziendali. Primo sistema in Italia per il
monitoraggio delle reti in franchising.
Da Gennaio 1994: Direttore Osservatorio Immobiliare Tecnocasa. E’ stata curata la
pubblicazione di 12 edizioni della testata. L’Osservatorio è stato allegato a partire dal 1995 a
Gente Money, dal 1998 a Milano Finanza, dal 2001 a Il Sole 24 Ore.
Da Aprile 1993: Ufficio Studi della Tecnocasa Franchising, l’attività di rilevazione dati e
analisi di mercato di 24 sessioni diverse.
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Guido Lodigiani
Il mercato dei loft e le esigenze dei milanesi
I loft sono associati a diverse tipologie immobiliari, appartenenti alle categorie C1, C3, A10,
A3, etc.
Sul mercato si incontrano diverse Destinazioni d’Uso, target di utilizzatori e fasce di prezzo.
Le caratteristiche dei Loft dipendono in parte dalle tipologie immobiliari da cui hanno preso
origine:
* Loft da recupero capannone
Caratteristiche: altezze 7-10 mt, isolati chiusi con gestione unitaria di verde, riscaldamento,
sicurezza, spazi esterni fruibili, aree di carico-scarico, a sviluppo orizzontale.
* Loft da negozio
In seguito ai cambiamenti in essere nel tessuto commerciale delle città vengono disponibili
sempre più negozi su strade secondarie, con altezze di solito medie, soppalcabili, convertibili
in residenziale.
* Loft da ufficio
Caratteristiche: Altezze medie, unità isolate, possibile promiscuità di contesto e condominiale
uffici-residenziale, no spazi esterni fruibili PT, scomodi per attività che richiedano frequenti
movimentazioni di merci.
Fra il 1996 e il 2008 il numero di imprese attive cresce del 21.17%, mentre la popolazione
residente in provincia di Milano solo del 6.23%. Cresce a Milano il numero di imprese con 1
o 2 addetti, nel settore manifatturiero, costruzioni, trasporti-magazzinaggio-comunicazioni,
altri servizi sociali e personali.
In questo contesto i loft rappresentano una proposta di Nuovo prodotto, molto versatile come
funzionalità. I valori dei loft sono inferiori di un 15-25% rispetto ai prezzi del residenziale
signorile nuovo dello stesso quartiere. In ottica d’investimento, i rendimenti sono in media
intorno al 6% quando il residenziale si aggira sul 3.5%.
A Milano sono presenti tante figure professionali provenienti da diverse province italiane che
hanno la necessità di lavorare in città.
Con i prezzi d’acquisto o i canoni attuali di un’abitazione (600-650 € al mese per un bilocale)
e di un laboratorio/negozio (800 € al mese per 50 mq) in periferia, è complicato dare vita ad
una start up per un’attività con un monocomponente, in cui ci siano da sostenere i costi per
un appartamento e per uno studio. L’eventuale conduttore di un loft è quindi in media più
solvibile rispetto a chi debba gestire due immobili diversi.
Soluzioni miste possono contribuire quindi a diminuire il traffico e favorire la nascita di nuove
attività in città (considerata la diminuzione di costi gestionali), con modularità e versatilità
degli spazi, che possa permettere nel tempo anche variazione dei lay out interni, il tutto
riducendo il consumo del territorio.
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Guido Lodigiani
I Ioft da riqualificazioni di capannoni hanno diverse caratteristiche positive aggiuntive:
eccellenti rapporti aeroilluminanti, la vigilanza facilitata, aree di carico-scarico utili, altezze
significative, privacy.
I loft contribuiscono a migliorare la vivibilità delle zone riqualificate, ad aumentare il bacino
commerciale per le attività e i servizi in loco. Anche la sicurezza dei quartieri in cui sono
presenti indirettamente cresce.
Sono quindi una soluzione che, conservando un fascino “storico”, costituisce una risposta
estremamente “moderna” per le esigenze dei milanesi e rappresenta la fase di start up per il
processo di riqualificazione delle aree industriali dismesse.
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Giancarlo Bianchi Janetti
Il loft nell’immaginario collettivo è il loft storico, nato dal riuso di edifici industriali, di
magazzini, di capannoni ed è un fenomeno tipico della città portuale prevalentemente nord
europea. Milano non è una città portuale e come città industriale si è sviluppata con poche
grandi aree industriali, ad esempio: Pirelli Bicocca, OM , Montedison , Innocenti e Alfa
Romeo. Queste aree sono state tutte oggetto di specifici piani urbanistici che hanno previsto
la totale sostituzione del tessuto industriale attraverso i Piani di Riqualificazione urbana
avviati tra il’95 e il’99.
Oltreché dalla presenza delle grandi industrie di fine ‘800 e primi del ‘900, Milano è
caratterizzata da tessuti fortemente misti. Specialmente a partire dagli anni’50 si è sviluppato
un tipo di insediamento urbano con residenze fronte strada e capannoncino interno al cortile.
In questo tessuto misto si è innestato il fenomeno della conversione di queste strutture in
loft.
Questa trasformazione ha cozzato con la normativa vigente a Milano. Il PRG del 1980 aveva
definito le destinazioni funzionali in maniera molto rigida e aveva fondato la propria scelta
urbanistica confermando il mantenimento dell’industria a Milano con tutte le aree esistenti e
prevedendone addirittura la loro espansione e escludendo possibilità di una destinazione
residenziale all’interno di un’area industriale.
In realtà, subito dopo l’adozione del PRG del 1980, gli insediamenti industriali si sono
spostati da Milano, prima quelli grandi e poi anche quelli di piccole e medie dimensioni.
A fronte di questo fenomeno di dismissione industriale la normativa nazionale ha consentito
degli strumenti specifici d’intervento, che sono quei piani urbanistici che introducono varianti
ai Piani Regolatori. Le aree industriali si sono potute, quindi, trasformare e si sono
trasformate tantissimo.
In questo processo però si sono innestate due problematiche importanti.
La prima: i tempi amministrativi per le trasformazioni. Un PII richiede quasi 5 anni di tempo
per essere definito nella sua articolazione urbanistica, poi bisogna presentare i progetti e
iniziare a costruire. Sono tempi troppo lunghi per il mercato.
La seconda: l’introduzione, dal 1994-97, della normativa in materia ambientale, che comporta
circa 2 anni per le bonifiche dei terreni.
La possibilità di trasformazione delle aree industriali si è scontrata, quindi, con tempi e oneri
finanziari costosissimi.
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Giancarlo Bianchi Janetti
In questo contesto si è innescato un sottomercato che è quello che ha conferito al termine loft
una connotazione non chiara. Questo sottomercato parte da un’occasione normativa
presente nel PRG dell’80 che aveva attribuito alla destinazione industriale degli indici che
erano il 20% superiori a tutti gli altri indici edificatori in quanto quasi tutte le aree industriali
avevano ancora capacità edificatoria residua. Di conseguenza nel corso degli anni si è
diffuso un fenomeno, che il Comune ha cercato di contrastare al massimo, che è quello del
loft di nuova costruzione che nasce dalla demolizione di un fabbricato esistente a vocazione
industriale e dalla successiva costruzione di palazzine a tipologia residenziale senza passare
attraverso un cambio di destinazione. Queste nuove costruzioni in categoria C3 (laboratori)
sono poi stati venduti come loft residenziali.
Altra cosa sono i loft nati dal recupero di fabbricati esistenti (per i quali i cambi di
destinazione d’uso sono peraltro possibili dal 2001).
Per venire alla situazione attuale, con il PGT che dovrebbe entrare in vigore il 15 febbraio
2011 in tutto il territorio comunale sarà possibile trasformare in residenziale gli edifici che
prima erano in zona industriale senza fare alcuna variante di Piano Regolatore ponendo
attenzione, però, a due temi.
Il primo: qualsiasi trasformazione in residenziale è sottoposta al conferimento della dotazione
urbanistica (“aree a standard”) in ragione del 100% della SLP prevalentemente attraverso il
criterio della monetizzazione.
Il secondo: si è sempre tenuti al rispetto della normativa ambientale. Quindi, per fare un
esempio, quando ci troviamo situazioni in cui si costruiscono residenze dove prima c’era una
conceria o una fabbrica di vernici occorrono le dovute bonifiche.
Una considerazione sulla tipologia: il loft si presenta come una tipologia totalmente aperta in
cui convive la destinazione della residenza con altre attività.
In questo caso i loft, rispetto alle residenze, aprono delle opportunità in termini di flessibilità
della fruizione dello spazio che può essere liberamente organizzato all’interno dell’alloggio e
cambiare destinazione anche nell’ambito della stessa giornata a seconda delle esigenze. Ad
esempio, la cucina può essere confinata in un’armadiatura chiudibile e diventare soggiorno,
su questa strada possono essere gestiti anche gli altri spazi.
Il regolamento dell’Edilizia del Comune di Milano prevede per il loft il concetto di pianta
aperta, cioè una volta che è stato compartimentato lo spazio per i servizi igienici con il loro
antibagno, è possibile suddividere gli spazi semplicemente con l’utilizzo di arredi, di pareti
mobili a patto che il loft sia dotato di ampie superfici vetrate per garantire il giusto rapporto
aeroilluminante in ogni spazio.
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