breviario su variet`a differenziabili, immerse e astratte

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BREVIARIO SU VARIETÀ DIFFERENZIABILI,
IMMERSE E ASTRATTE
Lucio Guerra
Prefazione. Questo breviario è una successione di enunciati, presentati
senza dimostrazione, che costituisce una introduzione al concetto generale
di varietà differenziabile, al livello del secondo anno di studi universitari in
matematica. Ne sottolineo due caratteristiche.
Si passa dalle varietà immerse alle varietà astratte, e non nella direzione
inversa come a volte si tende a fare. Per le varietà immerse i concetti di
dimensione e di spazio tangente sono legati a una intuizione già formata negli
studi precedenti, mentre per le varietà astratte le definizioni corrispondenti
possono essere presentate come astrazioni dalle definizioni intuitive.
Viene introdotta fin dall’inizio la nozione geometrica di derivata direzionale, di cui le varie derivate rispetto alle direzioni di riferimento sono le
coordinate. Tutte le formule, espresse cosı̀ in modo sintetico, acquistano la
massima semplicità, che mette in evidenza il significato geometrico al di sopra della complicazione che può derivare dalla espressione analitica. Come
ad esempio nei testi classici di Rudin e di Spivak.
Gli argomenti in questo breviario formavano una parte del corso (annuale)
di Geometria II che ho tenuto presso l’Università di Camerino negli anni dal
1994 al 1997.
(marzo 2011)
Indice. I. Funzioni differenziabili. 1. Funzioni differenziabili. 2. Regole
di derivazione. 3. Formula di Taylor. 4. Germi di funzioni. 5. Vettori come
derivazioni formali. 6. Campi di vettori. 7. Campi di forme lineari. 8. Una
estensione. 9. Teorema della funzione inversa. 10. Rango della derivata. 11.
Teorema del rango. 12. Teorema della funzione implicita. 13. Parametrizzazioni.
II. Varietà differenziabili. 1. Varietà immerse. 2. Carte speciali, equazioni
locali. 3. Applicazioni differenziabili. 4. Cammini e curve. 5. Spazio tangente
immerso. 6. Applicazione tangente. 7. Campi di vettori. 8. Campi di forme. 9.
Gruppi lineari come varietà. 10. Varietà astratte. 11. Sottovarietà. 12. Prodotti.
13. Spazio tangente astratto. 14. Campi di vettori e di forme. 15. Diffeomorfismi
locali, rivestimenti. 16. Rango, immersioni, summersioni. 17. Varietà orientabili.
18. Curve e superfici.
I.
FUNZIONI DIFFERENZIABILI
1. Funzioni differenziabili
1.1. Sia f : U → Rm una funzione definita su un aperto U ⊂ Rn . Il vettore
di Rm definito come limite
f (p + tv) − f (p)
lim
t→0
t
se esiste si dice derivata (direzionale) di f nel punto p ∈ U secondo il vettore
v ∈ Rn , e si denota f ′ (p, v).
Supposto che questo limite esista per ogni (p, v), è definita una funzione
f ′ : U × Rn → Rm
che a sua volta induce
- per ogni v una funzione fv′ : U → Rm , derivata (parziale) di f secondo v,
- per ogni p una funzione fp′ : Rn → Rm , derivata (totale) o differenziale di
f in p.
1.2. Nel caso n = 1, quando f è funzione di una variabile x, si usa una
notazione più semplice. Si dice derivata o velocità il limite
lim
t→0
f (p + t) − f (p)
t
df
(p). Supposto che esista per ogni p, è definita
che si denota f ′ (p) o anche dx
una funzione f ′ : U → Rm . La derivata in (p, v) come definita sopra coincide
con f ′ (p) v.
Una derivata direzionale si interpreta come una velocità:
f ′ (p, v) =
d[f (p + tv)]
(0).
dt
1.3. Si dice che f è 1-differenziabile se esiste la funzione f ′ (p, v) ed è continua rispetto a p. Si dimostra allora che
1. f è continua;
2. f ′ (p, v) è lineare rispetto a v.
1.4. Detta e1 , . . . , en la base canonica di Rn , si scrive fe′ i =:
f ′ (p, v) =
∂f
∂xi ,
quindi
∂f
∂f
(p) v1 + · · · +
(p) vn ,
∂x1
∂xn
1.5. Posto f = (f1 , . . . , fm ), dette cioè f1 , . . . , fm le funzioni coordinate di
f rispetto alla base canonica di Rm , allora
f : U → Rm è 1-differenziabile se e soltanto se ogni fi : U → R è
1-differenziabile,
′ ).
e si ha in tal caso f ′ = (f1′ , . . . , fm
1
2
∂fm
1
= ( ∂f
∂xi , . . . , ∂xi ), quindi


 ∂f1
∂f1
v1
∂x1 (p) . . . ∂xn (p)
  .. 

..
..
f ′ (p, v) = 
 . .
.
.
∂fm
∂fm
vn
∂x (p) . . . ∂x (p)
1.6. In particolare
∂f
∂xi
1
n
La matrice delle derivate parziali si dice jacobiana di f e si denota Jp (f ).
1.7. Si dice che f è 2-differenziabile se esiste la funzione f ′ (p, v) continua
rispetto a p ed inoltre esiste la funzione
f ′′ (p, v, w) := (fv′ )′w (p)
ed è continua rispetto a p. Si dimostra allora che f ′′ (p, v, w) è
1. 2-lineare rispetto a v, w;
2. simmetrica (SCHWARZ).
1.8. Si scrive fe′′i ,ej =:
f ′′ (p, v, w) =
∂2f
∂xi ∂xj ,
quindi
∂2f
∂2f
∂2f
(p) v1 w1 +· · ·+
(p) vi wj +· · ·+
(p) vn wn .
∂x1 ∂x1
∂xi ∂xj
∂xn ∂xn
Nel caso m = 1 le derivate sono scalari e la matrice simmetrica delle derivate
seconde si dice hessiana di f e si indica Hp (f ).
1.9. Si dice che f è k-differenziabile se è (k − 1)-differenziabile ed esiste la
funzione
f (k) (p, v1 , . . . , vk ) := [fv(k−1)
]′ (p)
1 ,...,vk−1 vk
ed è continua rispetto a p. Si dimostra allora che
f (k) è k-lineare e simmetrica rispetto a v1 , . . . , vk .
Si dice che f è ∞-differenziabile se è k-differenziabile per ogni k. Si dice
0-differenziabile una f continua. Nel seguito diremo semplicemente differenziabile per intendere ∞-differenziabile.
1.10. Nota. Le precedenti definizioni fanno uso solo della struttura di
spazio affine e della topologia di Rn , non della struttura di spazio euclideo.
2. Regole di derivazione
2.1. Siano f : U → V e g : V → W funzioni differenziabili tra aperti
U ⊂ Rn , V ⊂ Rm , W ⊂ Rr , sia g ◦ f : U → W la funzione composta. Allora
(g ◦ f )′ (p, v) = g′ (f (p), f ′ (p, v)), vale a dire
(g ◦ f )′p = gf′ (p) ◦ fp′ .
2.2. Se f, g sono funzioni a valori in Rm , se a, b ∈ R, si ha
(af + bg)′ = af ′ + bg′ .
3
2.3. Formula di Leibniz. Se f, g sono funzioni a valori in R (caso m = 1),
allora
(f g)′ = f ′ g + f g′ .
Se f, g sono funzioni a valori in Rm , il prodotto scalare f · g = f1 g1 + · · · +
fm gm è una funzione a valori in R e si ha
(f · g)′ = (f ′ · g) + (f · g′ ).
P
Più in generale, se b(v, w)P=
aij vi wj è una qualsiasi forma bilineare su
Rm , la funzione b(f, g) = aij fi gj è a valori in R e si ha
b(f, g)′ = b(f ′ , g) + b(f, g′ ).
2.4. Se U è connesso e f ′ ≡ 0, allora f è costante.
2.5. Sia U = A × B un aperto prodotto di Ra × Rb = Rn . Se U è connesso,
se fv′ ≡ 0 per ogni vettore v ∈ Ra × 0, allora esiste g : B → Rm tale che
f (x1 , . . . , xa , y1 , . . . , yb ) = g(y1 , . . . , yb ).
3. Formula di Taylor
3.1. Sia f : U → Rm una funzione definita su un aperto U ⊂ Rn . Se f è
1-differenziabile si può scrivere
f (p + v) = f (p) + f ′ (p, v) + ǫ1 (p, v)
dove ǫ1 è un infinitesimo di ordine maggiore di 1 rispetto a ||v||
ǫ1 (p, v)
= 0.
v→0 ||v||
lim
3.2. Se f è 2-differenziabile, detta f 2 (p, v) := f ′′ (p, v, v) la applicazione
quadratica associata alla derivata seconda, si può scrivere
f (p + v) = f (p) + f ′ (p, v) + 21 f 2 (p, v) + ǫ2 (p, v),
ǫ2 (p, v)
= 0.
v→0 ||v||2
lim
3.3. Definiamo in generale f k (p, v) := f (k) (p, v, . . . , v) l’applicazione omogenea di grado k che si ottiene dalla derivata k-esima, e conveniamo che
f 1 := f ′ , f 0 := f . Allora
f (p + v) = f (p) + f ′ (p, v) + 21 f 2 (p, v) + . . . +
1 k
k! f (p, v)
+ ǫk (p, v),
ǫk (p, v)
= 0.
v→0 ||v||k
lim
3.4. Nel caso n = 1, la formula di approssimazione si scrive
f (p + v) = f (p) + f ′ (p) v + 12 f ′′ (p) v 2 + . . . +
1
k!
f (k)(p) v k + ǫk (p, v).
3.5. Nota. In questi enunciati si fa uso della struttura di spazio euclideo
di Rn .
4
4. Germi di funzioni
4.1. L’insieme delle funzioni differenziabili f : U → R definite in un aperto U ⊂ Rn contenente p ha delle operazioni naturali somma, prodotto
di funzioni, in particolare prodotto per scalari reali. Se f, g sono definite su U, V rispettivamente, allora su U ∩ V si definiscono (f + g)(x) :=
f (x) + g(x), (f · g)(x) := f (x)g(x). Le applicazioni costanti 0, 1 definite su
Rn fanno da elemento neutro di somma, prodotto rispettivamente, ma non
esiste l’opposto di una f definita su U 6= Rn , semplicemente perchè f + (−f )
è la restrizione 0|U e non 0.
4.2. Due funzioni differenziabili f, g definite su intorni U, V del punto p
si dicono equivalenti in p se esiste un aperto p ∈ W ⊂ U ∩ V tale che
f |W = g|W . La classe di equivalenza [f ] si dice il germe di f in p, e l’insieme dei germi di funzioni in p si denota E(p). Le operazioni di somma,
prodotto di funzioni sono compatibili con la equivalenza, ed inducono analoghe operazioni [f ] + [g] := [f + g], [f ] · [g] := [f · g] nell’insieme E(p).
Rispetto a queste operazioni, si ha un anello ed anche uno spazio vettoriale
su R. La proiezione f 7→ [f ] conserva le operazioni cosı̀ definite.
4.3. Se f, g sono equivalenti in p allora f ′ (p, v) = g′ (p, v) per ogni v. Quindi
la derivata direzionale f ′ (p, v) dipende solo dal germe [f ] ∈ E(p).
5. Vettori come derivazioni formali
5.1. Nel caso di funzioni f a valori in R, si usa denotare con il simbolo
vp [f ]
la derivata direzionale f ′ (p, v), per mettere in evidenza che i vettori v operano sulle funzioni f definite in un intorno di p.
5.2. Ogni vettore v determina una applicazione lineare Dv : E(p) → R, che
ad una [f ] associa la derivata direzionale vp [f ]. Questo poi definisce una
applicazione lineare Rn → LIN(E(p), R), che a v associa l’applicazione Dv .
5.3. Una applicazione lineare D : E(p) → R che soddisfa la proprietà di
Leibniz D(f g) = D(f )g(p) + f (p)D(g) si dice una derivazione sullo spazio E(p), e ogni Dv è in questo senso generale una derivazione. L’insieme
DER(E(p), R) di tutte le derivazioni su E(p) è un sottospazio vettoriale di
LIN(E(p), R), e si ha dunque una applicazione lineare
Rn −→ DER(E(p), R).
Questa applicazione è un isomorfismo. Alla base canonica e1 , . . . , en di Rn
corrisponde la base
∂
∂
(p), . . . ,
(p)
∂x1
∂xn
nello spazio delle derivazioni. La dimostrazione fa uso del seguente lemma.
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5.4. Se f è una funzione differenziabile definita in un disco D con centro p,
esistono funzioni differenziabili g1 , . . . , gn definite su D tali che
f (x) − f (p) = g1 (x) (x1 − p1 ) + · · · + gn (x) (xn − pn ).
6. Campi di vettori
6.1. Una applicazione differenziabile V definita su un aperto U ⊂ Rn a
valori in Rn (caso n = m), che associa a un punto p ∈ U un vettore V (p),
che si considera applicato in p, si dice un campo di vettori su U . Si usa
denotare con il simbolo
∇vp V
′
la derivata direzionale V (p, v).
6.2. Un campo di vettori V può essere usato per derivare qualsiasi funzione
f a valori reali, definita nello stesso aperto U dove il campo di vettori V è
definito, in ogni punto p secondo il vettore V (p) indicato da V . Si definisce
una nuova funzione a valori reali V [f ] ponendo
V [f ](p) = V (p)[f ].
6.3. Analogamente, un campo di vettori V può essere usato per derivare un
secondo campo di vettori W , definito sullo stesso aperto dove V è definito,
in ogni punto p secondo il vettore V (p). Si definisce un nuovo campo di
vettori ∇V W ponendo
(∇V W )(p) = ∇V (p) W.
6.4. Regole di derivazione.
(f V + gW )[h] = f V [h] + g W [h]
V [af + bg] = a V [f ] + b V [g]
V [f g] = V [f ] g + f V [g]
∇V (aY + bZ) = a ∇V Y + b ∇V Z
∇f V +gW Y = f ∇V Y + g ∇W Y
∇V (f Y ) = V [f ] Y + f ∇V Y
V [Y · Z] = ∇V Y · Z + Y · ∇V Z
7. Campi di forme lineari
7.1. Se f : U → R è una funzione differenziabile su un aperto U ⊂ Rn , per
ogni punto p ∈ U il differenziale fp′ : Rn → R è una forma lineare, elemento dello spazio vettoriale duale LIN(Rn , R), si ha quindi una applicazione
differenziabile
df : U → LIN(Rn , R)
definita ponendo df (p) := fp′ , che si dice il differenziale di f .
6
7.2. Dette x1 , . . . , xn le funzioni coordinate di punti rispetto al riferimento
0, e1 , . . . , en , si ha in particolare dxi (p, v) = vi . Allora
df =
∂f
∂f
dx1 + · · · +
dxn .
∂x1
∂xn
7.3. Una applicazione differenziabile θ : U → LIN(Rn , R) si dice un campo
di forme su U . Più in generale, una applicazione differenziabile f : U →
Rm induce una U → LIN(Rn , Rm ), che si potrebbe chiamare un campo di
applicazioni lineari.
8. Una estensione
8.1. Se X è un sottoinsieme di Rn , una funzione f : X → Rm si dice
differenziabile (in senso esteso) se esiste un ricoprimento di X con aperti
U di Rn tali che ogni f |X ∩ U è restrizione di una funzione differenziabile
fU : U → Rm .
Si può cosı̀ parlare di diffeomorfismi tra sottoinsiemi qualsiasi X ⊂ Rn ,
Y ⊂ Rm , anche se non si può parlare di applicazione derivata. Un diffeomorfismo f : U → X tra un aperto U ⊂ Rn e un sottoinsieme X ⊂ Rm si
dice una parametrizzazione di X.
8.2. Esempio. Se f : U → Rm è una funzione differenziabile, detto G(f ) ⊂
U × Rm ⊂ Rn+m il grafico di f , l’applicazione grafico f¯ : U → G(f ) definita
da f¯(x) = (x, f (x)) è una parametrizzazione di G(f ), perchè l’applicazione
inversa è restrizione della proiezione canonica U × Rm → U .
9. Teorema della funzione inversa
9.1. Una applicazione differenziabile f : U → V tra un aperto U ⊂ Rn e
un aperto V ⊂ Rm che ammette una inversa differenziabile f −1 : V → U si
dice un diffeomorfismo. Se p ∈ U l’applicazione derivata fp′ : Rn → Rm è un
isomorfismo lineare tale che
(fp′ )−1 = (f −1 )′f (p) .
Si ha di conseguenza n = m (invarianza differenziabile della dimensione).
9.2. Teorema della funzione inversa. Se f : U → Rn è una applicazione
differenziabile di un aperto U ⊂ Rn tale che in un punto p ∈ U il differenziale
fp′ è un isomorfismo, allora esiste un intorno U ′ di p in U tale che f (U ′ ) è
aperto e la restrizione U ′ → f (U ′ ) è un diffeomorfismo.
10. Rango della derivata
10.1. Sia f : U → Rm una applicazione differenziabile definita su un aperto
U ⊂ Rn . Per ogni punto p ∈ U l’applicazione derivata fp′ : Rn → Rm è
lineare ed il suo rango rg fp′ si dice anche rango di f in p. E’ chiaro che
rg fp′ min{n, m}. Si dice rango di f il valore massimo rg f = maxp∈U rg fp′ .
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10.2. Un punto p ∈ U si dice un punto regolare di f se rg fp′ = min{n, m},
altrimenti si dice un punto critico. Se p è un punto critico il valore f (p) si
dice un valore critico di f . Un punto q ∈ f (U ) si dice un valore regolare se
non è un valore critico. Notare che una diversa convenzione è anche diffusa,
di chiamare regolari solo i punti in cui rg fp′ = m.
10.3. Per ogni intero k, l’insieme Uk = {p ∈ U : rg fp′ k} è chiuso in U .
Posto r = rg f , si ha una catena ascendente di sottoinsiemi chiusi
U0 ⊂ U1 ⊂ . . . ⊂ Ur−1 ⊂ Ur = U
dove Ur − Ur−1 è un aperto non vuoto di U , sul quale f ha rango costante
r.
11. Teorema del rango
11.1. Sia f : U → Rm una applicazione differenziabile di un aperto U ⊂ Rn
tale che in ogni punto p ∈ U il differenziale fp′ abbia rango r e sia diverso
da zero il determinante jacobiano
∂(f1 , . . . , fr ) ∂(x1 , . . . , xr ) (p).
Allora U ha un ricoprimento che consiste di aperti U ′ ⊂ U tali che la
restrizione U ′ → Rm si decompone come:
U′
ϕ↓
V ×W
f
→ Rr × Rm−r
,
↑ ḡ
pr1
→
V
ϕ un diffeomorfismo su un aperto prodotto V × W ⊂ Rr × Rn−r ,
ḡ l’applicazione grafico di una applicazione differenziabile g : V → Rm−r .
Dimostrazione. Posto
f = (f ′ , f ′′ ) dove f ′ = (f1 , . . . , fr ), f ′′ = (fr+1 , . . . , fm ),
x = (x′ , x′′ ) dove x′ = (x1 , . . . , xr ), x′′ = (xr+1 , . . . , xn ),
con la convenzione f ′′ = 0 nel caso r = m, x′′ = 0 nel caso r = n,
si determina ϕ tale che ϕ(x) = (f ′ (x), x′′ )
e di conseguenza ϕ−1 si scrive come
ϕ−1 (v, w) = (ψ(v, w), w)
con ψ =
(ψ1 , . . . , ψr ). Inoltre
f ′ (ϕ−1 (v, w)) = v per costruzione,
f ′′ (ϕ−1 (v, w)) = g(v) si dimostra indipendente da w.
Notare che g = 0 nel caso r = m. Si scrive dunque f (ϕ−1 (v, w)) = (v, g(v)).
11.2. Osservare le seguenti conseguenze.
1. L’immagine f (U ′ ) è il grafico di g.
2. Per ogni punto q ∈ f (U ′ ), posto q = ḡ(v), si ha
f −1 (q) ∩ U ′ = ϕ−1 (v × W ).
Questo insieme si può anche descrivere come il grafico della applicazione
differenziabile ψv : W → Rr definita da ψv (w) = ψ(v, w).
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11.3. Se g : V → Rm è una funzione differenziabile su un aperto V ⊂ Rn ,
detta ḡ : V → V × Rm l’applicazione grafico di g, esiste un diffeomorfismo
α : V × Rm → V × Rm tale che α(ḡ(V )) = V × 0.
11.4. La decomposizione 11.1 si può riscrivere nella forma
f
U′
ϕ↓
→
V ×W
id×0
V × Rm−r
,
↓α
V × Rm−r
→
dove ϕ, α sono diffeomorfismi.
11.5. Teorema del rango. Sia f : U → Rm una applicazione differenziabile
di un aperto U ⊂ Rn tale che in ogni punto p ∈ U il differenziale fp′ ha
rango r. Allora U ha un ricoprimento che consiste di aperti U ′ ⊂ U tali che
la restrizione U ′ → Rm si decompone come:
f
U′
ϕ↓
→
V ×W
id×0
V′
↓α
,
V × Rm−r
→
ϕ un diffeomorfismo su un aperto prodotto V × W ⊂ Rr × Rn−r ,
α un diffeomorfismo di un aperto V ′ ⊂ Rm tale che f (U ′ ) ⊂ V ′ .
12. Teorema della funzione implicita
12.1. Nel caso r = m, omettendo i fattori banali Rm−r = 0, g = 0, la
decomposizione 11.1 diventa
U′
ϕ↓
V ×W
f
→ Rm
↑ ,
pr1
→ V
quindi f (U ′ ) = V è un aperto di Rm e f è una applicazione aperta. In questo
caso l’applicazione f si dice una summersione locale o anche semplicemente
una summersione.
12.2. Sia f : U → Rm una applicazione differenziabile di un aperto U ⊂ Rn
tale che in un punto p ∈ U sia diverso da zero il determinante jacobiano
∂(f1 , . . . , fm ) ∂(x1 , . . . , xm ) (p)
e sia q = f (p). Allora esistono un intorno di p in U del tipo V × W ⊂
Rm × Rn−m ed una unica funzione differenziabile ψ : W → Rm tale che
f −1 (q) ∩ (V × W ) = ψ̄(W ).
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12.3. La derivata fp′ : Rm × Rm−n → Rm si può scrivere come somma di
applicazioni lineari
fp′ (v ′ , v ′′ ) = λ′ (v ′ ) + λ′′ (v ′′ )
di cui λ′ : Rm → Rm è invertibile. Posto p = ψ(u), la derivata della funzione
implicita è data da
ψu′ = −(λ′ )−1 ◦ λ′′ .
12.4. Teorema della funzione implicita. Sia f : U → Rm una applicazione
differenziabile di un aperto U ⊂ Rn tale che in un punto p ∈ U il differenziale
fp′ ha rango m, e sia q = f (p). Allora esistono un intorno di p in U del tipo
V × W ⊂ Rm × Rn−m ed una unica funzione differenziabile ψ : W → Rm
tale che
f −1 (q) ∩ (V × W ) = ψ̄(W ).
12.5. Il teorema della funzione implicita consegue dal teorema del rango e
a sua volta implica il teorema della funzione inversa.
13. Parametrizzazioni
13.1. Nel caso r = n, omettendo i fattori banali W = Rn−r = 0, la
decomposizione 11.1 diventa
f
U ′ → Rn × Rm−n
,
ϕ↓
↑ ḡ
V
=
V
dunque f (U ′ ) è il grafico di g e la restrizione f |U ′ è iniettiva di rango costante
n. In questo caso l’applicazione f si dice una immersione locale o anche
semplicemente una immersione.
13.2. Esempio. L’applicazione f : R → R2 definita da f (θ) = (cos θ, sin 2θ)
ha rango costante 1. L’immagine di questa f è una “figura otto”. Posto I =
2
(− π2 , 3π
2 ), la restrizione I → R è iniettiva e non è una parametrizzazione.
13.3. Sia f : U → Rm una funzione differenziabile su un aperto U ⊂ Rn .
Allora f è una parametrizzazione se e solo se f è una immersione locale e la
restrizione U → f (U ) è un omeomorfismo.
II.
VARIETÀ DIFFERENZIABILI
1. Varietà immerse
1.1. Sia X un sottospazio di RN . Se ψ : U → RN definita su un aperto
U ⊂ Rn è una parametrizzazione di un sottoinsieme aperto ψ(U ) ⊂ X,
allora l’applicazione inversa ψ −1 : ψ(U ) → Rn si dice una carta locale o
anche un sistema di coordinate locali sull’aperto ψ(U ), il quale si dice un
aperto coordinato di X. Se gli aperti coordinati ricoprono il sottospazio X,
questo si dice una varietà differenziabile immersa in RN . Il sottospazio ψ(U )
immagine di una parametrizzazione ψ si dice una varietà elementare. Ogni
varietà è unione di varietà elementari.
1.2. Una collezione di carte locali tale che la collezione degli aperti coordinati ψ(U ) ricopre X si dice un atlante differenziabile su X. La collezione
di tutte le carte è l’atlante differenziabile massimale. Si dice anche che una
varietà differenziabile è una coppia (X, U) dove X è un sottospazio di RN e
U è un atlante differenziabile massimale su X.
1.3. Se due parametrizzazioni ϕ : U → X, ψ : V → X definite su aperti
U ⊂ Rn , V ⊂ Rm sono tali che ϕ(U ) ∩ ψ(V ) 6= ∅ allora si hanno applicazioni
di cambiamento di coordinate ϕ◦ψ −1 , ψ◦ϕ−1 tra l’aperto ϕ−1 (ψ(V )) ⊂ Rn e
l’aperto ψ −1 (ϕ(U )) ⊂ Rm . Queste applicazioni sono diffeomorfismi. Allora
m = n segue dalla invarianza differenziabile della dimensione.
1.4. Una varietà differenziabile X è una varietà topologica. Per ogni punto
x ∈ X, per ogni parametrizzazione ψ : U → X di un intorno di x definita
su un aperto U ⊂ Rn , la dimensione lineare n coincide con la dimensione
dimx X della varietà topologica X.
1.5. Esempi. Carte su Rn , S n . Ogni aperto di una varietà differenziabile
è una varietà differenziabile. Ogni componente connessa di una varietà è
aperta, quindi è una varietà.
2. Carte speciali, equazioni locali
2.1. Una varietà X ⊂ RN ha un atlante che consiste di carte ϕ tali che
ϕ−1 = ḡ è il grafico di una funzione differenziabile g : V → RN −n definita
su un aperto V ⊂ Rn .
2.2. Un diffeomorfismo α : A → V × W di un aperto A ⊂ RN su un aperto
V × W ⊂ Rn × RN −n è una carta locale di RN , che si dice adattata a una
varietà X ⊂ RN se α(A ∩ X) = V × 0, cosı̀ di conseguenza è indotta una
carta α′ : A ∩ X → V sulla varietà X.
2.3. Se X è una varietà in RN , esiste una collezione di carte α adattate a
X che ricopre un intorno di X e quindi induce un atlante di carte α′ su X.
10
11
2.4. Se A è un aperto di RN tale che A ∩ X è il grafico di una g, ovvero se A
è il dominio di una carta α adattata a X, esiste una funzione differenziabile
f : A → RN −n di rango costante N − n tale che A ∩ X = f −1 (0). Basta
prendere f (x′ , x′′ ) = x′′ − g(x′ ) nel primo caso, oppure f = α′′ nel secondo
caso.
2.5. Sia f : A → Rm una applicazione differenziabile su un aperto A ⊂ Rn
avente rango costante r. Per ogni q ∈ f (A) la fibra f −1 (q) è una varietà
differenziabile in Rn di dimensione costante n − r. Consegue dal teorema
del rango.
2.6. Sia X una varietà in RN . Esiste una collezione di applicazioni differenziabili f : A → RN −n definite su aperti A ⊂ RN , ciascuna f di rango
costante N − n e tale che A ∩ X = f −1 (0), e la collezione degli aperti A
ricopre un intorno di X.
2.7. Esempio. La figura cuspide {(x, y) ∈ R2 : x3 − y 2 = 0} non è una
varietà differenziabile in R2 .
3. Applicazioni differenziabili
3.1. Se X ⊂ RN e Y ⊂ RM sono varietà differenziabili, una applicazione
continua f : X → Y è differenziabile, nel senso esteso, se esiste una collezione di applicazioni differenziabili F : A → RM definite su aperti A ⊂ RN
ciascuna tale che F |A ∩ X = f |A ∩ X, e la collezione di aperti A ricopre un
intorno di X.
3.2. Per ogni carta ϕ : U → Rn su un aperto di X e ogni carta ψ : V → Rm
su un aperto di Y tali che U ∩ f −1 (V ) 6= ∅ si ha una applicazione ψ ◦ f ◦ ϕ−1
dell’aperto ϕ(U ∩ f −1 (V )) ⊂ Rn nell’aperto ψ(V ) ⊂ Rm che rappresenta
f nelle coordinate locali ϕ, ψ. Questa è una applicazione differenziabile.
Infatti si ha che f è differenziabile se e solo se ψ ◦ f ◦ ϕ−1 è differenziabile
per ogni ϕ, ψ.
3.3. Se X ⊂ RN e Y ⊂ RM sono varietà differenziabili, lo spazio prodotto
X × Y è immerso in RN × RM = RN +M . Se ϕ : U → RN , ψ : V → RM sono
parametrizzazioni di X, Y rispettivamente, l’applicazione prodotto ϕ × ψ :
U × V → RN × RM è una parametrizzazione di X × Y . Le proiezioni
canoniche X × Y → X e X × Y → Y sono applicazioni differenziabili di
varietà. La dimensione della varietà prodotto è data da
dim(x,y) X × Y = dimx X + dimy Y.
3.4. Esempi. Il cilindro = S 1 × R e il toro ∼
= S 1 × S 1 sono varietà in R3 .
12
4. Cammini e curve
4.1. Una applicazione differenziabile α : I → RN definita su un intervallo
aperto I ⊂ R si dice un cammino differenziabile in RN . L’applicazione
derivata α′ : I → RN si dice anche velocità del cammino, la derivata seconda
α′′ si dice accelerazione. Lo studio dei cammini differenziabili è l’argomento
della cinematica. Si dice che α è un cammino regolare se ha velocità α′ (t) 6= 0
in ogni istante t. È equivalente dire che α è una immersione locale.
4.2. Sia X = α(I) la traiettoria del cammino, sottospazio di RN . Se α
è un cammino regolare e se la restrizione I → α(I) è un omeomorfismo
allora α è una parametrizzazione e la traiettoria X è una 1-sottovarietà di
RN che diremo una curva elementare. Ogni curva differenziabile X ⊂ RN
è per definizione ricoperta da sottoinsiemi aperti U = α(I) che sono curve
elementari. Lo studio delle curve elementari è dunque la geometria locale
delle curve immerse.
4.3. Supposto per semplicità che I sia un intervallo contenente 0 ∈ R, sia
p = α(0). L’insieme delle rette di RN passanti per p è in biiezione con lo
spazio proiettivo PN −1 . Nell’ipotesi che α induca una biiezione I → α(I),
l’applicazione s : I − 0 → PN −1 definita da s(t) = [α(t) − α(0)] è la funzione
retta secante. Nell’ipotesi α′ (0) 6= 0, restringendo I se necessario, si può
sia 6= 0 per ogni t ∈ I, cosı̀ l’applicazione
supporre che s′ (t) = α(t)−α(0)
t
′
N
s : I − 0 → R − 0 è un sollevamento di s rispetto alla proiezione quoziente
π : RN − 0 → PN −1 . Segue che esiste la retta limt→0 s(t) posizione limite
della secante e coincide con la retta π(limt→0 s′ (t)) = [α′ (0)] determinata
dal vettore velocità.
5. Spazio tangente immerso
5.1. Sia X una varietà differenziabile in RN , sia p ∈ X. L’insieme dei
vettori velocità α′ (0) di cammini differenziabili α : I → RN definiti in un
intorno di 0 ∈ R tali che α(0) = p e α(I) ⊂ X è un sottospazio vettoriale di
RN , che si dice lo spazio tangente immerso di X in p e si denota
Tp (X).
Notare che Tp (RN ) = RN . Se U ⊂ X è una sottovarietà aperta si ha
Tp (U ) = Tp (X).
5.2. Se ψ : U → RN definita su un aperto U ⊂ Rn è una parametrizzazione
di un intorno di p = ψ(u) in X, considerata l’applicazione derivata ψu′ :
Rn → RN , si ha
Tp (X) = Im ψu′ .
Di conseguenza Tp (X) è un sottospazio vettoriale di RN di dimensione
dim Tp (X) = n = dimp X.
13
In particolare, se X = α(I) è una curva elementare, la retta tangente
Tp (X) nel punto p = α(t) è lo spazio generato dal vettore velocità α′ (t).
5.3. Alla base canonica di Rn corrisponde tramite ψu′ la base
∂ψ
∂ψ
(u), . . . ,
(u)
∂x1
∂xn
dello spazio tangente Tp (X).
Se α è un cammino differenziabile in X con α(0) = p esiste un unico
cammino differenziabile β in Rn tale che α = ψ ◦ β e quindi β(0) = u. La
formula
∂ψ
∂ψ
α′ (0) =
(u) β1′ (0) + · · · +
(u) βn′ (0)
∂x1
∂xn
descrive le coordinate del vettore tangente α′ (0) rispetto alla base di Tp (X)
indotta da ψ.
6. Applicazione tangente
6.1. Sia f : X → Y una applicazione differenziabile tra varietà differenziabili X ⊂ RN e Y ⊂ RM . Sia F : A → RM una funzione differenziabile
definita su un aperto A ⊂ RN che estende f |X ∩ A. Sia p ∈ X ∩ A. La
derivata Fp′ : RN → RM soddisfa
Fp′ (α′ (0)) = (f ◦ α)′ (0)
se α è un cammino differenziabile in X ∩ A. Quindi induce una applicazione
lineare
Tp (X) → Tf (p) (Y )
tra gli spazi tangenti, che si denota Tp (f ) oppure f∗p e si dice applicazione
tangente oppure anche derivata o differenziale di f in p. Questa applicazione
indotta dipende solo da f e non dalla particolare estensione F . Notare che
F∗p = Fp′ .
6.2. Siano ϕ, ψ parametrizzazioni di intorni di p = ϕ(u), f (p) = ψ(v)
rispettivamente. Restringendo il dominio di ϕ, se necessario, si può supporre
che f mandi l’aperto immagine di ϕ nell’aperto immagine di ψ. Allora
si può scrivere f ◦ ϕ = ψ ◦ γ dove γ è l’applicazione differenziabile che
rappresenta f nelle coordinate locali. Quindi anche F ◦ ϕ = ψ ◦ γ. Rispetto
∂ψ
∂ϕ
∂ψ
∂ϕ
(u) di Tp (X),
(u), . . . , ∂x
alle basi ∂x
∂y1 (v), . . . , ∂ym (v) di Tf (p) (Y ),
n
1
l’applicazione tangente f∗p : Tp (X) → Tf (p) (Y ) è rappresentata dalla matrice
jacobiana Ju (γ).
In particolare, nel caso f = idX , quando ϕ, ψ sono due parametrizzazioni
di intorni di un punto p in una varietà X, quindi γ è l’applicazione cambiamento di coordinate locali, si ha che la matrice del cambiamento di base in
Tp (X) è la matrice jacobiana del cambiamento di coordinate γ.
14
6.3. Se g : Y → Z è una seconda applicazione differenziabile, allora
(g ◦ f )∗p = g∗f (p) ◦ f∗p .
Di conseguenza, se f è un diffeomorfismo di varietà allora f∗p è un isomorfismo di spazi vettoriali e
(f∗p )−1 = (f −1 )∗f (p) .
6.4. Sia X una varietà differenziabile in RN . Sia f : A → RN −n una
funzione differenziabile di rango costante N −n definita su un aperto A ⊂ RN
tale che A ∩ X = f −1 (0). Sia p ∈ X ∩ A. Allora lo spazio tangente
Tp (X) = Ker fp′
è rappresentato dalle equazioni lineari Jp (f ) · v = 0.
7. Campi di vettori
7.1. Sia X una varietà in RN . Una applicazione differenziabile V : X → RN
si dice un campo di vettori su X. Si scrive V (p) ∈ Tp (RN ). Si dice che V è
un campo di vettori tangenti se V (p) ∈ Tp (X) per ogni p ∈ X.
7.2. Esempi.
1. Se X è una curva elementare, immagine della parametrizzazione α,
ponendo V (p) = α′ (t) se p = α(t) si definisce un campo tangente su X.
2. Se f : A → R è una funzione differenziabile di rango costante 1 su
∂f
∂f
un aperto A ⊂ RN , ponendo ∇f = ( ∂x
) si definisce un campo di
, . . . , ∂x
1
N
−1
vettori mai nullo su A. Se X = f (0) la restrizione ∇f |X è un campo
normale sulla sottovarietà X.
7.3. Si definiscono campi di vettori E1 , . . . , EN su RN ponendo Ei (p) =
ei , dove e1 , . . . , eN è la base canonica. Un campo di vettori V su una
sottovarietà X ⊂ RN si scrive come
V = f1 E1 + · · · + fN EN
dove le coordinate fi sono funzioni differenziabili su X.
7.4. Se ψ è una parametrizzazione di un aperto della sottovarietà X, esi∂ψ
∂ψ
. Se
, . . . , ∂x
stono campi di vettori tangenti che indichiamo ancora con ∂x
n
1
V è un campo di vettori tangenti su X, si può anche scrivere
∂ψ
∂ψ
+ . . . + Vn
V = V1
∂x1
∂xn
con coefficienti Vi che sono funzioni differenziabili sull’aperto parametrizzato
da ψ. Infatti le coordinate V si ricavano risolvendo il sistema lineare J(ψ) ·
V = f.
7.5. La derivata di una funzione f : X → R secondo un vettore tangente
v ∈ Tp (X) si indica anche con il simbolo vp [f ]. Un campo di vettori tangenti
V su X può essere usato per costruire una funzione V [f ], definita nel modo
usuale.
15
7.6. La derivata di un campo di vettori V : X → RN secondo un vettore
tangente v ∈ Tp (X) è il vettore V∗p (v). Si indica anche con il simbolo ∇vp V .
Un secondo campo W tangente a X può essere usato per costruire un
campo di vettori ∇W V , definito nel modo usuale. Se V, W sono entrambi
tangenti il campo ∇W V non è necessariamente tangente a X.
8. Campi di forme
8.1. Un campo di forme su X è una applicazione θ che associa a un punto
p ∈ X una forma lineare θ(p) elemento dello spazio duale
Tp∗ (X) = LIN(Tp (X), R)
che si dice lo spazio cotangente di X in p.
8.2. Sia f una funzione differenziabile su X a valori reali. Per ogni p ∈
X il differenziale Tp (X) → Tf (p) (R) = R determina una forma lineare
df (p) ∈ Tp∗ (X). Questo definisce un campo di forme differenziabile df su
X, il differenziale della funzione f .
8.3. Una carta locale ϕ su un aperto coordinato U , inversa della parametrizzazione ψ, determina campi di forme dϕ1 , . . . , dϕn , i differenziali delle
funzioni coordinate di ϕ. Questi forniscono in ogni punto la base duale della
∂ψ
∂ψ
. Un campo di forme θ si scrive allora come
, . . . , ∂x
base ∂x
n
1
θ = θ1 dϕ1 + · · · + θn dϕn
∂ψ
dove i coefficienti θi = θ( ∂x
) sono funzioni su U . Si definisce differenziabile
i
il campo θ se e solo se le funzioni θ1 , . . . , θn sono differenziabili per ogni
carta locale ϕ.
9. Gruppi lineari come varietà
2
9.1. 0. Mn×n ∼
= Rn è una varietà differenziabile.
1. Il determinante det : Mn×n → R è una funzione differenziabile.
2. GLn = det−1 (R∗ ) è una sottovarietà aperta, di dimensione costante
n2 .
3. GLn = det−1 (R>0 ) ∪ det−1 (R<0 ) è una sconnessione.
4. E’ la decomposizione in componenti connesse, ovvero connesse per
archi.
5. La restrizione det : GLn → R∗ ha rango costante 1.
6. SLn = det−1 (1) è una sottovarietà differenziabile di dimensione costante n2 − 1.
7. Si ha un isomorfismo di gruppi GLn /SLn ∼
= R∗ .
∼
8. Si ha un diffeomorfismo di varietà GLn = SLn × R∗ .
9. SLn è connesso per archi. Da 8 + 9 segue 4.
16
n(n+1)
9.2. 0. Sn×n ∼
= R 2 è una varietà differenziabile.
1. L’applicazione f : Mn×n → Sn×n definita da f (A) = At A è una
summersione.
2. On = f −1 (1n ) è una sottovarietà differenziabile di dimensione costante
n(n−1)
.
2
3. La restrizione det : On → {1} induce un diffeomorfismo On ∼
= SOn ×
{1}.
4. SOn è una sottovarietà aperta di On .
5. SOn è connesso per archi.
10. Varietà astratte
10.1. Sia X una varietà topologica. Due carte ϕ : U → Rn , ψ : V → Rm su
aperti coordinati U, V ⊂ X tali che U ∩ V 6= ∅ si dicono differenziabilmente
compatibili se le applicazioni di cambiamento di coordinate ϕ ◦ ψ −1 , ψ ◦ ϕ−1
sono diffeomorfismi tra l’aperto ϕ(U ∩ V ) ⊂ Rn e l’aperto ψ(U ∩ V ) ⊂ Rm .
Allora m = n segue dal teorema di invarianza differenziabile della dimensione. Due carte su aperti coordinati che non si intersecano si considerano
anche compatibili.
10.2. Una collezione U di carte ϕ differenziabilmente compatibili tale che
la collezione degli aperti coordinati U ricopre X si dice un atlante differenziabile su X. Ogni atlante differenziabile è contenuto in un unico atlante
differenziabile massimale. Un atlante massimale si dice anche una struttura
differenziabile su X. Una coppia (X, U) dove X è una varietà topologica e U
è un atlante differenziabile massimale su X si dice una varietà differenziabile
astratta.
10.3. Per ogni punto x ∈ X, la dimensione lineare n in ogni carta ϕ : U →
Rn su un intorno U di x appartenente all’atlante differenziabile U coincide
con la dimensione dimx X della varietà topologica X.
10.4. Se X è una varietà immersa in RN secondo la definizione del n. 1
allora le carte locali ϕ tali che l’applicazione inversa ϕ−1 = ψ è una parametrizzazione formano una struttura differenziabile U e si ha una varietà
astratta (X, U).
10.5. Esempi. Carte affini su Pn . Varietà grassmanniana Gn,N . Strutture differenziabili su R. Una varietà topologica può non ammettere alcuna
struttura differenziabile.
10.6. Se (X, U) e (Y, V) sono varietà differenziabili, una applicazione continua f : X → Y si dice differenziabile rispetto alle strutture differenziabili
U, V se per ogni carta ψ : V → Rm dell’atlante V, per ogni carta ϕ : U → Rn
dell’atlante U, tali che U ∩f −1 (V ) 6= ∅ allora l’applicazione ψ ◦f ◦ϕ−1 dell’aperto ϕ(U ∩ f −1 (V )) ⊂ Rn nell’aperto ψ(V ) ⊂ Rm , che rappresenta f nelle
coordinate locali ϕ, ψ, è una applicazione differenziabile. Si scrive allora
f : (X, U) → (Y, V).
17
10.7. Esempi. La proiezione S n → Pn . Strutture diffeomorfe su R. Una
varietà può ammettere strutture differenziabili non diffeomorfe.
11. Sottovarietà
11.1. Sia (X, U) una varietà differenziabile. Un sottospazio Y ⊂ X si dice
una sottovarietà differenziabile se esiste una collezione V di carte locali su Y
tale che per ogni ϕ : U → Rn appartenente all’atlante U e per ogni ψ : V →
Rm appartenente alla collezione V, tali che U ∩V 6= ∅, allora l’applicazione ϕ◦
ψ −1
dell’aperto
ψ(U ∩ V ) ⊂ Rm nell’aperto ϕ(U ) ⊂ Rn è una parametrizzazione dell’insieme
immagine ϕ(U ∩ V ).
Allora la collezione V è un atlante differenziabile su Y . Si ottiene un
atlante massimale V prendendo la collezione di tutte le carte locali ψ su Y
che soddisfano la stessa condizione rispetto alle carte ϕ di U. La coppia
(Y, V) è dunque una varietà differenziabile.
11.2. Esempi. Ogni aperto di una varietà differenziabile è una sottovarietà
differenziabile. Ogni componente connessa di una varietà è aperta, quindi è
una sottovarietà. La cuspide ammette una struttura di varietà, diffeomorfa
a R, ma non è una sottovarietà di R2 .
11.3. Sia X un sottospazio di RN . Allora X è una sottovarietà della varietà RN secondo la definizione precedente se e soltanto se X è una varietà
immersa nello spazio RN secondo la definizione del n. 1.
11.4. Sia f : X → X ′ una applicazione differenziabile di varietà. 1. Se Y è
una sottovarietà di X, la restrizione f¯ = f |Y : Y → X ′ è differenziabile. 2.
Se Y ′ è una sottovarietà di X ′ che contiene l’immagine f (X), la restrizione
f ′ : X → Y ′ è differenziabile.
11.5. Teorema di immersione di Whitney. Ogni varietà astratta è diffeomorfa
a una varietà immersa in un opportuno RN .
12. Prodotti
12.1. Se (X, U) e (Y, V) sono varietà differenziabili, lo spazio prodotto X×Y
è una varietà topologica, e la collezione di carte del tipo ϕ × ψ : U × V →
Rn × Rm , dove ϕ : U → Rn appartiene a U e ψ : V → Rm appartiene a
V, è un atlante differenziabile su X × Y , che determina un unico atlante
massimale U × V. La varietà differenziabile (X × Y, U × V) si dice varietà
prodotto delle due. Le proiezioni canoniche X × Y → X e X × Y → Y sono
applicazioni differenziabili di varietà. La dimensione della varietà prodotto
è data da
dim(x,y) X × Y = dimx X + dimy Y.
12.2. Una applicazione f : S → X × Y è data da una coppia di applicazioni
g : S → X, h : S → Y e si scrive anche f = (g, h). Allora f è differenziabile
se e solo se g, h sono differenziabili.
18
12.3. In modo analogo si introduce una struttura differenziabile su un prodotto finito di varietà differenziabili X1 × · · · × Xn .
13. Spazio tangente astratto
13.1. Sia X una varietà differenziabile, sia p ∈ X. L’insieme E(X, p) dei
germi di funzioni differenziabili f : U → R definite in un aperto U ⊂ X
contenente p è in modo naturale uno spazio vettoriale reale. Una applicazione lineare D : E(X, p) → R che soddisfa la proprietà D(f g) =
D(f ) g(p) + f (p) D(g) si dice una derivazione su E(X, p). Nello spazio duale
LIN(E(X, p), R) l’insieme DER(E(X, p), R) di tutte le derivazioni è un sottospazio vettoriale, che si dice lo spazio tangente astratto di X in p e si denota
Tp (X).
13.2. Sia f : X → Y una applicazione differenziabile di varietà, sia p ∈ X.
È indotta una applicazione lineare E(Y, f (p)) → E(X, p) che manda g 7→
g ◦ f . L’applicazione duale LIN(E(X, p), R) → LIN(E(Y, f (p)), R) manda
derivazioni in derivazioni, cioè induce una applicazione lineare Tp (X) →
Tf (p) (Y ) che si dice applicazione tangente o differenziale di f in p, e si denota
Tp (f ) oppure f∗p .
In particolare, se i : U → X è l’inclusione di una sottovarietà aperta
U ⊂ X l’applicazione tangente i∗p : Tp (U ) → Tp (X) è un isomorfismo, che
si scrive a volte come una uguaglianza.
13.3. Se g : Y → Z è una seconda applicazione differenziabile, allora
(g ◦ f )∗p = g∗f (p) ◦ f∗p .
Di conseguenza, se f è un diffeomorfismo di varietà allora f∗p è un isomorfismo di spazi vettoriali e
(f∗p )−1 = (f −1 )∗f (p) .
13.4. Sia X una varietà e sia ϕ : U → Rn una carta locale su un intorno di
p ∈ X. L’applicazione tangente ϕ∗p : Tp (U ) → Tϕ(p) (Rn ) è un isomorfismo.
Usando l’isomorfismo Tp (U ) → Tp (X) indotto dall’inclusione, e ricordando
l’isomorfismo Rn → Tϕ(p) (Rn ) in cui i vettori corrispondono a derivazioni,
si deduce un isomorfismo Rn → Tp (X). Si ha quindi dim Tp (X) = n =
dimp X.
13.5. Alla base canonica di Rn corrisponde una base nello spazio delle
derivazioni Tp (X), che si indica ancora
∂
∂
(p), . . . ,
(p).
∂x1
∂xn
∂
∂
(p) dove
(p) + · · · + vn ∂x
Ogni derivazione D si scrive come D = v1 ∂x
n
1
vi = D(ϕi ) e ϕi = xi ◦ ϕ è una funzione componente di ϕ.
19
13.6. Sia f : U → Rm una applicazione differenziabile su un aperto U ⊂ Rn ,
sia p ∈ U . Si ha un diagramma commutativo
DER E(Rn , p)
↑
Rn
f∗p
−→ DER E(Rm , f (p))
↑
,
fp′
−→
Rm
in cui il differenziale f∗p risulta isomorfo alla derivata totale fp′ .
13.7. Sia X una sottovarietà di RN . Siano ϕ una carta su un intorno di p,
ψ la parametrizzazione inversa. Detta i l’inclusione, si può scrivere i = ψ ◦ ϕ
quindi si ha i∗p = ψ∗u ◦ ϕ∗p dove si è posto u = ϕ(p). Si ha inoltre ψ∗u ∼
= ψu′
come nel numero precedente. Si deduce
i∗p
DER E(X, p) ∼
= Im ψu′
= Im ψ∗u ∼
un isomorfismo naturale degli spazi tangenti astratto e immerso.
14. Campi di vettori e di forme
14.1. Sia X una varietà differenziabile, non immersa. Un campo di vettori
(tangenti) su X è una applicazione V che associa a un punto p ∈ X un
vettore tangente V (p) ∈ Tp (X). Per ogni funzione differenziabile f a valori
reali definita su un aperto U ⊂ X si definisce una nuova funzione V [f ]
ponendo V [f ](p) = V (p)[f ] per ogni p ∈ U . Si dice che V è differenziabile
se la funzione V [f ] è differenziabile per ogni f differenziabile.
Una carta locale ϕ su un aperto coordinato U ⊂ X determina campi di
∂
∂
vettori differenziabili ∂x
su U che forniscono una base dello spazio
, . . . , ∂x
n
1
∂
tangente Tp (X) per ogni p ∈ U . Si può scrivere allora V = V1 ∂x
+ ... +
1
∂
Vn ∂xn , dove le funzioni coordinate Vi = V [ϕi ] sono differenziabili su U .
14.2. Sia X una varietà differenziabile, f una funzione differenziabile su X a
valori reali. Per ogni p ∈ X il differenziale Tp (X) → Tf (p) (R) ∼
= R determina
una forma lineare df (p) elemento dello spazio duale Tp∗ (X) = LIN(Tp (X), R),
che si dice lo spazio cotangente di X in p.
Un campo di forme su X è una applicazione θ che associa a un punto
p ∈ X una forma lineare θ(p) ∈ Tp∗ (X). Per ogni campo di vettori V
definito su un aperto U ⊂ X si definisce una funzione a valori reali θ(V )
ponendo θ(V )(p) = θ(p)(V (p)) per ogni p ∈ U . Si dice che θ è differenziabile
se la funzione θ(V ) è differenziabile per ogni campo di vettori V . Se f è una
funzione differenziabile su X a valori reali, il campo di forme df che associa
a un punto p ∈ X il differenziale df (p) ∈ Tp∗ (X) è differenziabile.
Una carta ϕ su un aperto coordinato U determina campi di forme dϕ1 , . . . , dϕn ,
i differenziali delle funzioni coordinate di ϕ, che forniscono in ogni punto la
∂
∂
. Un campo di forme θ si scrive allora
, . . . , ∂x
base duale della base ∂x
n
1
∂
) sono
come θ = θ1 dϕ1 + · · · + θn dϕn , dove le funzioni coordinate θi = θ( ∂x
i
differenziabili.
20
15. Diffeomorfismi locali, rivestimenti
15.1. Una applicazione differenziabile f : X → Y si dice un diffeomorfismo
locale nel punto p ∈ X se esistono intorni U di p in X, V di f (p) in Y , tali che
f (U ) = V e la restrizione U → V è un diffeomorfismo. Allora il differenziale
f∗p : Tp (X) → Tf (p) (Y ) è un isomorfismo di spazi vettoriali. Segue dal
teorema della funzione inversa che il differenziale f∗p è un isomorfismo se e
soltanto se l’applicazione f è un diffeomorfismo locale in p. Notare che se f
è biiettiva ed è un diffeomorfismo locale allora f è un diffeomorfismo.
15.2. Se f è un diffeomorfismo locale, allora f (X) è una sottovarietà aperta
di Y e per ogni q ∈ f (X) la fibra f −1 (q) è un sottospazio discreto di X.
Se X è una varietà compatta, allora f (X) è chiuso-aperto in Y , per ogni
q ∈ f (X) la fibra f −1 (q) è un insieme finito ed esiste un intorno V di q
in f (X) la cui immagine inversa f −1 (V ) è unione disgiunta di aperti U
tali che la restrizione U → V è un diffeomorfismo. Dunque la restrizione
f : X → f (X) è un rivestimento differenziabile.
15.3. Teorema fondamentale dell’algebra. Ogni polinomio a coefficienti complessi f = z n + an−1 z n−1 + · · · + a1 z + a0 ha almeno una radice in C.
b (omeomorfa
Dimostrazione. Adoperando la compattificazione con un punto C
2
a S ).
b → C
b con fˆ(∞) = ∞. Segue che
1. Esiste una estensione continua fˆ : C
ˆ
b
f (C) = f (C) ∩ C è chiuso in C.
2. Esiste un sottoinsieme finito B ⊂ C tale che la restrizione C−f −1 (B) → C−B
è un diffeomorfismo locale. Segue che f (C − f −1 (B)) è aperto in C − B.
b ∩ (C − B) è anche chiuso in C − B, si deduce
3. Poichè f (C − f −1 (B)) = fˆ(C)
−1
che f (C − f (B)) = C − B, quindi C = C − B ⊂ f (C), infine f (C) = C.
16. Rango, immersioni, summersioni
16.1. Il rango rgf∗p del differenziale si dice anche rango di f in p. Per ogni
intero k, l’insieme Xk = {p ∈ X : rgf∗p k} è chiuso in X. Se la varietà X
ha dimensione costante n, oppure Y ha dimensione costante m, allora esiste
r = maxp∈X rgf∗p . Inoltre l’insieme X − Xr−1 è un aperto non vuoto di X
su cui f ha rango costante r.
16.2. Siano X, Y varietà differenziabili di dimensione costante, siano n, m
le rispettive dimensioni, sia f : X → Y una applicazione differenziabile di
rango costante r. Segue dal teorema del rango che f ha localmente una
decomposizione
f
U
ϕ↓
−→
V ×W
id×0
U′
↓ψ
−→ V × W ′
21
dove U, U ′ sono aperti di X, Y tali che f (U ) ⊂ U ′ , e dove ϕ è un diffeomorfismo su un aperto V × W ⊂ Rr × Rn−r , ψ è un diffeomorfismo su un aperto
V × W ′ ⊂ Rr × Rm−r .
16.3. Si ha un diffeomorfismo f (U ) ∼
= V indotto da ψ. Se f (U ) è un
sottospazio aperto di f (X) si ha una carta locale su f (X). Se questo accade
per ogni aperto U dove si ha una decomposizione come sopra, allora f (X)
è una sottovarietà differenziabile di Y di dimensione costante r.
Per ogni q ∈ f (U ) si ha un diffeomorfismo f −1 (q) ∩ U ∼
= W indotto da ϕ.
Quindi per ogni q ∈ f (X) la fibra f −1 (q) è una sottovarietà differenziabile
di X di dimensione costante n − r.
16.4. Si dice che f è una immersione locale in p se l’applicazione f∗p è
iniettiva. Per ogni q ∈ f (X) la fibra f −1 (q) è uno spazio discreto. Notare
che se f è iniettiva ed induce un omeomorfismo X → f (X) (per esempio se
la varietà X è compatta), allora f (X) è una sottovarietà differenziabile di
Y e la restrizione X → f (X) è un diffeomorfismo, quello che si dice anche
una immersione oppure una inclusione differenziabile.
16.5. Si dice che f è una summersione locale in p se l’applicazione f∗p è
suriettiva. Allora f è una applicazione aperta, quindi f (X) è una sottovarietà aperta di Y . Per ogni q ∈ f (X) la fibra f −1 (q) è una sottovarietà
differenziabile di X di dimensione n − m. Inoltre Tp (f −1 (q)) ∼
= Ker(f∗p ).
17. Varietà orientabili
17.1. Sia X una varietà differenziabile. Siano ϕ, ψ due carte su aperti
coordinati U, V tali che U ∩ V 6= ∅. Per ogni punto p ∈ U ∩ V si hanno
∂
∂
indotta da
, . . . , ∂x
allora due basi dello spazio tangente Tp (X), quella ∂x
n
1
∂
∂
ϕ, quella ∂y1 , . . . , ∂yn indotta da ψ. La matrice del cambiamento di base è
∂xi
del cambiamento di coordinate ϕ ◦ ψ −1 . Le due
la matrice jacobiana ∂y
j
carte ϕ, ψ si dicono
concordemente orientate se forniscono basi concordi, vale
∂xi
a dire se det ∂y
> 0 per ogni p ∈ U ∩ V . Due carte su aperti coordinati
j
che non si intersecano si considerano anche concordi. Notare che il segno
del determinante jacobiano è costante se U ∩ V è connesso.
17.2. Un atlante differenziabile U contenuto nell’atlante massimale che definisce la struttura differenziabile di X si dice orientato se consiste di carte
concordi. Un atlante orientato U determina per ogni punto p ∈ X una orientazione Up dello spazio tangente Tp (X). La varietà X si dice orientabile se
ammette un atlante orientato. Un atlante differenziabile orientato massimale si dice una orientazione di X. Una coppia (X, U) dove X è una varietà
differenziabile e U è una orientazione di X si dice una varietà orientata.
17.3. Una varietà connessa ammette al massimo due orientazioni, che si
dicono opposte.
22
17.4. ESEMPI.
1. Una sottovarietà aperta di una varietà orientabile è orientabile.
2. Una varietà ricoperta da una sola carta è orientabile. Una varietà
ricoperta da due carte su aperti coordinati U, V con U ∩ V connesso è
orientabile.
3. S n è orientabile.
4. Il nastro di Möbius non è orientabile.
5. P2 non è orientabile perchè contiene un nastro di Möbius aperto.
17.5. Sia f : X → X ′ un diffeomorfismo di varietà. Se U è un atlante
orientato su X allora f (U) è un atlante orientato su X ′ . Segue che X è
orientabile ses X ′ è orientabile. Se (X, U) e (X ′ , U ′ ) sono varietà orientate,
un diffeomorfismo f : X → X ′ tale che f (U) = U ′ si dice un diffeomorfismo
di varietà orientate e si scrive f : (X, U) → (X ′ , U ′ ).
17.6. Si dimostra che la orientabilità è una proprietà topologica: se due
varietà differenziabili sono omeomorfe, se una orientabile anche l’altra è
orientabile. Si può infatti definire un concetto di orientabilità più in generale
per varietà topologiche.
17.7. Sia X una varietà connessa orientabile (non orientata), e sia f : X →
X un diffeomorfismo della varietà in sè. Se U è un atlante orientato su X e
se f (U) = U allora anche f (U ′ ) = U ′ dove U ′ è l’orientazione opposta, e si
dice che f conserva le orientazioni. Altrimenti f (U) = U ′ , f (U ′ ) = U, e si
dice che f scambia le orientazioni.
17.8. L’applicazione antipodale a : S n → S n conserva le orientazioni se e
solo se n è dispari.
17.9. Pn è orientabile se e solo se l’applicazione antipodale a : S n → S n
conserva le orientazioni, dunque se e solo se n è dispari.
18. Curve - Superfici
18.1. Una 1-varietà si dice una curva. Ogni curva topologica ha una struttura differenziabile. Si dimostra che una curva differenziabile connessa è diffeomorfa alla circonferenza S 1 oppure alla retta R, secondo che sia compatta
oppure no.
18.2. Una 2-varietà si dice una superficie. Tutte le superfici “modello” nella
classificazione topologica hanno una naturale struttura differenziabile. Si
dimostra che una superficie differenziabile connessa e compatta è diffeomorfa
a una di queste superfici modello.