“Tre colori – Film blu” di Krzysztof Kieslowski

Transcript

“Tre colori – Film blu” di Krzysztof Kieslowski
Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
Progetto CINEMAINSIEME
in collaborazione col circolo ARCI Benassi
“Dare un senso alla vita (2)”
Tre serate cinematografiche per affrontare il tema dell’elaborazione del lutto.
1. martedì 1 aprile 2014
2. martedì 8 aprile 2014
3. martedì 15 aprile 2014
“Departures”
“Il cammino per Santiago”
“Tre colori – Film blu”
di Yôjirô Takita
di Emilio Estevez
di Krzysztof Kieslowski
3
martedì 15 aprile 2014 ore 20:45
verrà proiettato, in sala audiovisivi dell’oratorio, il film
“Tre colori – Film blu”
di Krzysztof Kieslowski
SCHEDA
titolo
Tre colori - Film Blu (tit. orig.: Trois
couleurs: Bleu)
distribuito da
Academy
Pictures
Florence Pernel (Sandrine), Benoît
Régent (Olivier) [dopp. da Carlo Valli],
Juliette Binoche (Julie Vignon (de
Courcy)) [dopp. da Alessandra
Korompay], Charlotte Véry (Lucille),
Hélène Vincent (la giornalista),
interpreti
Philippe Volter (l'agente immobiliare),
Claude Duneton (il medico),
Emmanuelle Riva (la madre), Isabelle
Sadoyan (la domestica), Idit Cebula
(.), Philippe Morier-Genoud (.), Julie
Gayet (.).
fotografia Slawomir Idziak
musiche Zbigniew Preisner
Krzysztof Kieslowski; Krzysztof
sceneggiatura Piesiewicz; Agnieszka Holland;
Edward Zebrowski; Slawomir Idziak
regia Krzysztof Kieslowski
Francia/Polonia
produzione /Svizzera/GB,
1993
gen. drammatico
durata 1h 40'
In un incidente stradale, Julie perde il marito Patrice, un celebre
compositore, e la piccola figlia Anna. Julie inizia così una nuova vita,
trama anonima, indipendente, lasciandosi deliberatamente alle spalle tutto ciò di
cui disponeva prima, in abbondanza. Un giornalista musicale sospetta che in
realtà fosse Julie l'autrice delle musiche del marito, ma lei nega …
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
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19 edizione Académie des arts et techniques du cinéma (César) (1994) concorrendo nell*
categori* miglior film (a Krzysztof Kieslowski), miglior attrice esordiente (a Florence
Pernel), migliore regia (a Krzysztof Kieslowski), migliore sceneggiatura originale (a
Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz), migliore colonna sonora (a Zbigniew Preisner),
migliore fotografia (a Slawomir Idziak) e vincendo nell* categori* migliore attrice
protagonista (a Juliette Binoche), miglior montaggio (a Jacques Witta), migliore
sonoro (a William Flageollet, Jean-Claude Laureux);
7 edizione European Film Academy Awards (1994) concorrendo nell* categori* miglior
film (a Marin Karmitz);
51 edizione Golden Globe Awards (1994) concorrendo nell* categori* miglior film
straniero, migliore attrice protagonista in un film drammatico (a Juliette Binoche), migliore
colonna sonora (a Zbigniew Preisner);
50 edizione Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (1993) vincendo nell*
categori* Leone d'Oro al miglior film, premio speciale Ciak d'oro (a Krzysztof
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Kieslowski), Osella d'oro per la migliore fotografia (a Slawomir Idziak), Leoncino
d'Oro (a Krzysztof Kieslowski), premio OCIC (a Krzysztof Kieslowski), premio
Pasinetti alla miglior attrice (a Juliette Binoche), Coppa Volpi per la miglior
interpretazione femminile (a Juliette Binoche);
49 edizione Nastro d'Argento (1994) vincendo nell* categori* migliore doppiatrice (a
Alessandra Korompay);
28 edizione National Society of Film Critics Awards (1994) concorrendo nell* categori*
miglior film il lingua straniera;
19 edizione Sant Jordi (1994) vincendo nell* categori* miglior film straniero (a
Krzysztof Kieslowski), migliore attrice straniera (a Juliette Binoche).
Recensioni.
ACEC
Soggetto: Julie De Courcy, una giovane parigina di famiglia facoltosa, perde marito e figlioletta in
un incidente stradale e finisce all'ospedale, dove, come dal subconscio, le affiorano le musiche
composte dal marito, che stava lavorando a un grandioso Concerto per l'Europa, rimasto quindi
incompiuto. Julie stenta a riaversi fisicamente, ma in modo più grave pare ferita intimamente, al
punto di tentare il suicidio. La prima a dimostrarle rispetto e comprensione è un'infermiera
notturna, che minimizza l'accaduto. E tuttavia quelle musiche continuano ad ossessionarla:
durante la convalescenza, nel drammatico rientro a casa, negli incontri con le persone di "prima",
in piscina. Julie, cui un giornalista musicale pone l'interrogativo se non sia proprio lei l'autrice di
quelle musiche, ricevendone in risposta un brusco diniego decide di distruggere tutte le partiture
del marito ed ogni ricordo legato al proprio passato. Ma una bibliotecaria ne ha in precedenza
fotocopiato le pagine, che vengono segretamente recuperate dal giovane assistente del musicista
scomparso, Olivier, che da molto tempo ama Julie, pur senza dichiararsi. La donna sembra vivere
come pietrificata dallo shock subìto e sempre più determinata a rompere con qualunque cosa le
ricordi il passato: al proprio amministratore ingiunge di mettere in vendita la villa; al ragazzo che
si è trovato presente al momento dell'incidente e si presenta a restituirle una catenina con crocetta
da lui raccolta sul posto, riconsegna senza emozione il gioiello ricevuto in dono dal marito; si
trasferisce in un quartiere di Parigi, affollato e vivace, e affitta un appartamento popolare in via di
sistemazione, pur di assicurarsi l'anonimato e cancellare il passato. L'unica qualità che Julie pare
non avere affatto perduto è l'attenzione verso quelli che non contano e da cui in genere si rifugge:
l'infermiera, cui chiede scusa; la governante, che abbraccia a lungo appena rientrata nella villa e
alla quale assicura un vitalizio al moment o della vendita; l'affezionato giardiniere; la prostituta
della porta accanto, scoperta appena Julie è entrata nel disadorno appartamento testè preso in
affitto; la madre anziana e mentalmente sconnessa; il poveraccio giacente sulla strada fra
l'indifferenza dei passanti; la vecchietta che si sforza di introdurre un rifiuto nel cassonetto troppo
alto per lei; la nidiata di topolini indifesi che si ritrova un mattino sulla soglia uscendo; il suonatore
ambulante di flauto al quale chiede dove mai abbia preso quelle note, le note di una musica del
marito. Poi viene a scoprire che il marito ha fatto dono dell'identica catenina con crocetta, ritrovata
dall'occasionale testimone dell'incidente in cui è perito, anche a Sandrine, la giovane e avvenente
avvocato che ne era segretamente l'amante e sta per darne alla luce il figlio; che Olivier sta
lavorando al completamento del "Concerto per l'Europa" del defunto marito, di cui è riuscito a
trovare la partitura. Decide di concedersi a lui a freddo e in seguito a collaborare con lui, perché il
completamento dell'incompiuto Concerto vada alla fine. Non è delusa neppure dal rifiuto di Olivier
di raggiungerla per esaminarne insieme alcuni passaggi cui ha lavorato con tenacia... Si reca lei
stessa da Olivier e si abbraccia a lui, superando forse definitivamente il proprio trauma, dopo aver
intestato a Sandrine e al nascituro la villa e i beni del marito.
Valutazione Pastorale: quanto è entrato nel film di Kieslowski dell'inno alla carità di S. Paolo,
dispiegato a caratteri cubitali nei sottotitoli dell'edizione italiana come testo del coro "Concerto per
l'Europa", continuamente ricorrente? Carità ridotta ad amore a livello sessuale, come estremo
rifugio di una donna demotivata e gelida? "La cosa più facile, quella che non deve cercare altrove,
che è lì presente?" come conclusione (piuttosto riduttiva) di una drammatica lacerazione di cui è
pieno il film, e che pure non pochi non esitano a sbandierare? Oppure inno estraneo a un film
cerebrale, costruito, non coinvolgente, non sentito come altri asseriscono? Forse è stato più nocivo
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che utile alla comprensione di "Film Blu" il lancio concertato dell'opera come "Film Tricolore" "Film
Europeo". Forse va letto al di fuori di ogni schema precostituito, per quello che dice, non per quello
che se ne dice. E quello che dice non è di facile lettura, anche per la scelta narrativa a stacchi
bruschi, con dovizia di sovrimpressioni, dissolvente elucubrate, effetti a sorpresa. Eppure
Kieslowski ha scelto quel testo, forse proprio per proporre all'Europa in costruzione dietro lo
schermo di una vicenda personale femminile
lacerante qualche suggerimento perché possa esser
costruita, oltre che su basi politiche ed economiche,
anche sulla base di princìpi etici condivisibili, su basi
umane comuni: il rispetto, l'accettazione dell'altro,
nonostante le sue personali e a volte assai
discutibili scelte di vita, l'attenzione all'altro, in
particolare al più debole e trascurato, il
superamento delle vedute e degli interessi
personali, la collaborazione. Ma appunto perché
queste idee non si colgono con immediata evidenza
nel film e viene lasciato spazio a immagini e
situazioni negative, aspirazione piuttosto utopistica.
Cristina Dall’Igna (“Rivista del Cinematografo”)
Tre colori - Film blu fa parte di una trilogia di lungometraggi (Film blu, Film rosso, Film bianco)
firmati dal polacco Krzysztof Kieslowski (ma prodotti in Francia da Marin Karmitz) tra il 1992 e il
1994 e ispirati ai principi della Rivoluzione francese – libertà, uguaglianza, fratellanza –
metaforicamente rappresentati dai colori della bandiera nazionale. Il fatto che sia un autore
straniero a rivolgersi al pubblico francese trattando un tema così fortemente patriottico è
volutamente provocatorio, anche se in realtà le tre tematiche che dovrebbero fungere da fil rouge
delle singole opere non vengono poi realmente sviluppate nel corso delle vicende, rivelandosi
semplicemente meri pretesti per suscitare preventivamente l'interesse dello spettatore.
Il tema conduttore di Film blu è quello della libertà. Perché un pretesto? Perché attraverso la storia
di Julie, personaggio praticamente unico ed incontrastato dell'opera, Kieslowski ci illustra sì un
percorso verso la libertà, ma non tanto una libertà fisica quanto interiore. La perdita della figlia e
del marito in un incidente stradale conducono la protagonista ad una sorta di annientamento di sé
stessa attraverso l'anestesia del sentimento e dell'emozione, passando attraverso l'abbandono e la
distruzione di tutto ciò che ricorda il passato. Questo "suicidio simbolico" che apre la vicenda e
caratterizza buona parte del film costituisce il punto di partenza del percorso verso una nuova vita,
verso la liberazione dal sentimento di oppressione e solitudine che attanagliano Julie e che le
impediscono di vivere e di reagire.
La sequenza iniziale anticipa da subito le costanti formali che si svilupperanno lungo il corso del
lungometraggio e che assumeranno via via una forma ed un significato sempre più precisi
nell'economia della vicenda; ad emergere è innanzitutto la salda fusione audiovisiva che costituisce
il fulcro drammaturgico fondante. Il ritmo incalzante delle immagini e dei suoni dà
immediatamente allo spettatore un senso di oppressione e di disagio, dilatando il tempo e creando
così una dimensione di attesa che suggerisce l'ineluttabile evolversi di un destino implacabile.
L'intera costruzione del film ruota infatti attorno alla musica, legata visivamente all'uso di due filtri
colorati che caratterizzeranno le immagini: quello blu e quello giallo. La funzione drammatica di
queste due linee cromatiche è quella di accompagnare, insieme alle note, l'evolversi del percorso
interiore della protagonista da quello che abbiamo chiamato il "suicidio simbolico" iniziale ad una
reazione al dolore e al destino che hanno segnato la sua vita. Il blu, colore "negativo" in quanto
prossimo all'ombra, rappresenta la svolta di Julie dalla sofferenza alla passività e incarna la sua
iniziale scelta di auto-annientamento e di silenzio; inoltre, per la sua profondità, esso richiama
fortemente un'idea di infinito, motivo per cui la protagonista, alla ricerca frenetica di una pace
interiore, ne rimane affascinata e se ne circonda in diverse occasioni (l'acqua della piscina, il
lampadario di vetro che appende in casa…).
Associato quasi costantemente ad una musica di archi, il blu è la tonalità prevalente della prima
parte della pellicola, interrotto con sempre maggiore frequenza dal giallo, che si pone invece al
vertice dei colori "positivi", in quanto molto chiaro e prossimo alla luce. Esso manifesta
inizialmente l'impulsività degli accesi sentimenti della protagonista, che emergono
improvvisamente e spontaneamente in lei e fanno da preludio all'uscita dal suo stato di torpore;
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via via il giallo, legato sonoramente ad una musica di ottoni, si insinuerà con sempre maggior
frequenza nei momenti sereni di Julie, a sottolineare il suo mutamento interiore in atto.
La parola, quasi del tutto assente, giunge sempre a posteriori e proprio per esplicitare quello che i
mezzi tecnici – in particolar modo la musica e il colore – hanno anticipato e il corpo della
protagonista ha già espresso. Il dialogo si presenterà ovviamente con maggior frequenza man
mano che ci si avvicina all'epilogo, quando da una drammaturgia della musica e del colore si passa
ad una drammaturgia dell'azione. Nel momento in cui Julie si accorge che nonostante la voluta
apatia la sua persona influisce comunque sulla realtà circostante e su coloro che la circondano,
comincia ad agire; l'armonia cromatico-sonora accompagna anche questo cambiamento di ritmo
del film, che all'improvviso subisce un accelerazione temporale, la scansione degli eventi diventa
affannosa, scompare la ciclicità dei gesti e la sospensione del tempo, i filtri gialli invadono le
sequenze per rappresentare la nascita di una nuova istintività. Il passato di Julie torna
(simboleggiato dall'incontro con l'amante del marito) ma non per essere mitizzato né per
rinnovarsi, ma per scomparire per sempre.
Con questo film Krzysztof Kieslowski si affaccia sull'interiorità umana con uno sguardo nuovo, di
sconfinata compassione; attraverso un uso fortemente semantico di elementi quali la musica e il
colore e la creazione di un montaggio polifonico e complesso, in cui i movimenti di macchina
trovano costantemente un preciso riscontro con quelli dei personaggi e delle linee cromaticosonore, il regista ha saputo cogliere e sondare con grande profondità e raffinatezza l'intimo
itinerario di una coscienza che dal desiderio di morte muove verso quello di vita. Si tratta senza
dubbio di un film "difficile", da vedere e rivedere per coglierne fino in fondo le sfumature e la
complessità drammaturgica, ma sicuramente è una delle analisi più profonde e affascinanti
dell'interiorità umana che il cinema ci ha regalato.
Carmen Rossi (“Cinemavvenire”, 1 dicembre 2012)
Tre Colori-Film Blu è il primo film della trilogia che il regista polacco Krzysztof Kieślowski ha
dedicato ai tre colori della bandiera francese e al motto della rivoluzione francese, "Liberté, Égalité,
Fraternité". Leone d'Oro a Venezia nel 1993 e Coppa Volpi come migliore attrice a Juliette Binoche.
Julie (Juliette Binoche), una donna felicemente sposata, perde il marito e la figlia in un incidente
d'auto dal quale lei riesce a salvarsi. Il dolore per la perdita è enorme e l'annienta, spingendola a
rinchiudersi in un isolamento fisico e mentale, nella convinzione che solo liberandosi dai suoi
dolorosi ricordi, solo negandosi ogni sentimento che sia amore, odio, dolore, rabbia, o
compassione, riuscirà a ritornare a vivere. Ed è seguendo questa illusione che Julie, dopo la morte
del marito e della figlia, tenta di suicidarsi senza successo. Non riuscendo a punirsi fino a questo
punto per essere sopravvissuta, Julie decide di iniziare una nuova vita, un'altra vita, lasciandosi
deliberatamente alle spalle tutto ciò che la lega al passato e, senza nessuna elaborazione del lutto,
abbandona tutto, legami, affetti, casa. Rifiuta tutto e tutti: le lacrime, il dolore, la compagnia;
getta via la partitura che insieme al marito stava componendo per un concerto dedicato all'Europa
unita, e si isola in un appartamento
di Parigi, lontana dal suo mondo e
da tutti gli affetti; rifiuta anche
l'aiuto di Olivier (Benoît Régent),
assistente e amico del marito,
segretamente innamorato di lei.
Come se "l'amnesia dei sentimenti"
fosse l'unica forma possibile di
libertà e di felicità, confessa alla
mamma anziana e malata: "Non
voglio più né proprietà né ricordi,
amici, amori o legami: sono tutte
trappole". Chiusa nel suo dolore, la
donna non riesce comunque a
sfuggire alla realtà della vita, fatta
di legami, di sentimenti, di rapporti
umani. Nonostante il suo desiderio
di confondersi col nulla, il semplice
fatto di esistere, la costringe a confrontarsi con la vita e con il suo passato. La prima occasione le
viene data da Lucille (Charlotte Véry): sarà proprio una spogliarellista vicina di casa, emarginata e
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desiderosa di aiuto economico e di conforto, a scuotere per la prima volta Julie che, pur compiendo
un primo passo verso l'apertura al mondo, rimane, tuttavia, convinta che sia meglio continuare a
evitare accuratamente le "trappole" che minano la sua libertà. Il destino (tema tanto caro a
Kieślowski), farà però in modo che Julie scopra delle verità che la renderanno finalmente
consapevole e davvero libera: attraverso un servizio alla TV, la donna viene a conoscenza del fatto
che il marito aveva un'amante, Sandrine (Florence Pernel), in attesa di un bambino che l'uomo non
conoscerà mai e che l'amico di suo marito, Olivier, sta tentando di completare l'opera incompiuta
del marito. Alla luce di questa nuova rivelazione Julie si vede allora costretta a riaffacciarsi in quel
suo mondo che tanto aveva fatto per allontanare e ritornare pian piano alla vita, riappropriandosi
finalmente della sua personale identità (un tempo confusa e nascosta dietro quella di Patrice):
dona all'amante di suo marito la villa che aveva messo in vendita e che ora, grazie alla donna e al
bambino che verrà, ritornerà ad essere animata di vita. Con l'aiuto di Olivier, Julie trova la sua
musica, riuscendo così a completare il "Concerto per l'Europa" iniziato dal marito, giungendo anche
a scegliere il canto per il coro, tratto dall'inno all'amore di San Paolo nella prima lettera ai Corinti:
"Se anche avessi il dono della profezia e della conoscenza...se non avessi l'amore non sono nulla".
Come gli altri film della trilogia, il film allude spesso al colore del suo titolo. Le scene sono
dominate dal colore blu: il blu della piscina in cui Julie si tuffa; il blu dei riflessi che si compongono
sul viso; il blu di un lampadario, unico oggetto di memoria cui Julie non rinuncia; il blu dello sfondo
che chiude il film. Ci sono, tuttavia, sottili legami e allusioni agli altri colori della trilogia (quando
Julie porta un pacco nella sua nuova casa, su di esso compare la scritta "Blanco"; nella piscina blu
dove va a nuotare a un certo punto si getta una classe di bambini con costumi bianchi e bracciali
salvagente rossi; la scena del processo in cui Julie si affaccia brevemente quando è alla ricerca
dell'amante del marito, è quella che si svolge all'inizio di Tre Colori-Film Bianco; inoltre,
un'allusione a Tre Colori-Film Rosso può essere vista nelle luci di Pigalle (quartiere a luci rosse di
Parigi), dove Julie si reca per rispondere a un appello di Lucille.
La chiave di questo film, dunque, sta proprio nel colore blu del suo titolo, che Kieślowski stesso ha
detto non dover essere associato alla libertà intesa in senso politico o sociale, ma come libertà
della vita stessa. Il grande lavoro di Kieślowski, non è stato solo quello di offrirci, attraverso il suo
film, un ritratto particolareggiato di un animo umano devastato dal dolore, ma, soprattutto, quello
di esprimerlo sfruttando al massimo e nella loro completezza le potenzialità che offre il cinema.
Attraverso un uso sapiente della fotografia, di soggettive e, soprattutto, di filtri blu, Kieślowski non
crea soltanto un film dove la storia ha un forte impatto emotivo, ma un film dove è anche lo stesso
impatto visivo a creare emozioni. La protagonista assoluta è Juliette Binoche, capace di esprimere
in modo magistrale l'enorme e folle dolore Julie.
Il film è un complesso studio psicologico della libertà emotiva. All'inizio, per Julie, la libertà
coincide con il dover chiudere ogni sorta di rapporto con il passato per poter ricominciare da zero,
dal nulla. Si tratta di un passaggio necessario dettato dal bisogno estremo di difendersi dalle
proprie ferite laceranti (così come simbolicamente mostrato nella scena in cui Julie si lacera
volontariamente le mani). Successivamente, inizia un percorso scandito dai bagni in piscina: una
piscina azzurra, che, se da un lato ripropone una tonalità del blu, ricalcando quindi una costante
del film, dall'altro, pone l'accento sull'elemento acqua, da sempre simbolo di purificazione. L'acqua
contiene in sé il principio della vita, ma, l'immagine di acqua ferma (l'acqua della piscina è
"ferma", non scorre come, ad esempio, quella di un fiume) porta dentro di sé significato di morte.
Tuttavia, se dentro Julie c'è essenzialmente morte, fuori c'è la vita: solo accettando le perdite nella
consapevolezza di trovare ciò che si è perso a un livello più alto si può compiere quel processo
creativo che porta a superare e a trasformare le proprie ferite. Il colore blu e la luce azzurra che
più volte avvolge Julie è sapientemente accompagnata dal tema musicale intorno al quale il film
ruota. Le note del concerto per l'Europa unita, insieme ai versi di San Paolo, danno il senso del
percorso interiore compiuto da Julie (che riesce a essere davvero libera grazie a una scelta
d'amore) e concludono un film con grande poesia: "Ora perdurano Fede, Speranza e Amore...ma
dei tre il più grande è l'Amore", rappresentando il ritorno alla luce di una donna colpita nei suoi
affetti, suggerendo la possibilità di svelare il mistero della vita attraverso il mistero dell'amore.
Arrivederci a martedì 6 maggio, per vedere, al circolo ARCI “Benassi”,
“Affetti & dispetti” di Sebastian Silva.
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C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo M. dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
sito web: http://www.donbosco-bo.it
e-mail: [email protected]