band: cocorosie

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ROCKSHOCK (7,5/10)
http://www.rockshock.it/news.asp?id=2558
Alex Gopher è uno dei più importanti artisti della scena elettronica francese. Molti ricordano la sua hit del
1999 The Child, costruita su un campionamento dell’affascinante voce di Billie Holliday, e molti sono ancora
incantati dal suono del suo primo album You, My Baby And I. Il nuovo lavoro, che è semplicemente intitolato
Alex Ghoper, segna un ritorno alla musica degli inizi, quando suonava con la sua prima band, gli Orange. Nel
disco collaborano Jean Benoit Dunkel e Nicolas Godin (attualmente i due Air, ma ex Orange), la cantante
francese Elena Noguerra, il chitarrista Olivier Libaux, in prestito dai Nouvelle Vague e il suo amico Etienne De
Crecy, alias Saint German, in veste di produttore.
Alex Gopher ha un modo geniale di fare elettronica. Nonostante abbandoni il tradizionale vocoder per
impugnare gli strumenti veri, nonostante sia orientato più al pop che all’house, nonostante si circondi di una
vera e propria crew dai nomi altisonanti, il suo tocco si sente. Questo album risulta essere un mix perfetto di
pop, funk, house, rock, con radici nella black e nella dance music. Tutto il disco è un’interpretazione
personale della musica del passato, un omaggio a band come Devo, Talking Heads, New Order, un tuffo
nell’immaginario infantile e adolescenziale di Alex Gopher, che non a caso prende scherzosamente il suo
nome di battaglia dal celebre e goffo personaggio omonimo di “Loveboat”, una fortunata serie televisiva di
qualche anno fa.
La voglia di sperimentazione elettronica naturalmente non è morta. I beat elettronici ci sono e si fanno
sentire all’occorrenza. È solo che l’album si muove da un estremo all’altro, da pezzi lenti (molti) si passa a
pezzi più movimentati (pochi). Brain Leech è il primo singolo e si capisce subito perché. È grintosa, ballabile,
ti entra subito nella testa. Da sola vale tutto il disco. Out Of The Inside parte ipnotica, ma le manca qualcosa
per esserlo completamente. Carmilla è un altro bel pezzo: diretta, travolgente, vagamente eighties. The
White Lane potrebbe essere un pezzo degli Air: rock-pop astratto e spirituale. Poi spazio alle ballate
romantiche. Le migliori sono Boulder Colorado e Song For Paul, delicate, astrali, ispirate.
In ogni modo, Alex Gopher rimane fedele al suo credo. Fare musica elettronica non vuol dire sempre fare
musica dance e lui non ha mai voluto fare musica da ballare a tutti i costi. Ascoltando il suo ultimo disco non
si può non dargli ragione. Anche se i pezzi migliori rimangono proprio quelli che ci fanno ballare. Grazie al
suo incredibile e inconfondibile french touch. Da ascoltare e da ballare.
COOLCLUB
http://www.coolclub.it/recensioni/dettaglio_dischi.asp?menu=6a&submenu=1&Id_Recensione=1383
Uno dei guru dell’elettronica made in France torna con un nuovo lavoro in dodici tracce, lavoro intitolato Alex
Gopher appunto. Brani di indubbia bellezza, del resto non ci si poteva aspettare altro da uno dei personaggi
che negli ultimi dieci anni ha impresso una pesante impronta nel panorama elettronico europeo. Sin dai
tempo degli Orange infatti, insieme ai due futuri Air, Gopher è stato tra i personaggi più rappresentativi di
queste sonorità. In queste dodici tracce che vanno dal synth-pop alle sonorità più Air, Gopher ci da lezioni di
stile. Meno belle le tracce synthpop più ballabili, semplicemente stupende quelle più lente ed evocative. Una
rivincita verso chi ha considerato Air e Daft Punk i punti di partenza e di arrivo dell’elettronica francese? Di
sicuro Gopher fa sapere di esserci anche lui, come del resto c’è sempre stato in questi ultimi dieci anni.
Sembra proprio essere il disco della maturità.
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INDIE-EYE
http://www.indie-eye.it/recensore/2007/03/19/alex-gopher-il-pop-dal-tocco-francese
Affermato dj e produttore, nonché nome di punta del French Touch, Alex Gopher devia momentaneamente
dal fortunato percorso dance intrapreso più di dieci anni fa e imbocca con convinzione il sentiero del pop.
Niente rivoluzioni intendiamoci: il groove c’è, Etienne De Crecy anche (produce l’album) e in diversi brani si
respira ancora una familiare aria Superdiscount; resta il fatto che con questo nuovo album che porta il suo
nome Alex Gopher scopre una nuova sensibilità melodica, ispirata e leggera, che svela apertamente l’antica
passione per i Talking Heads (”Out Of The Inside”), per i Devo (”Carmilla”) e per i New Order (da cui mutua
le chitarre piuttosto che non i sintetizzatori). La voce di Alex in particolare, abbandonati filtri ed effetti, si
scopre inaspettatamente duttile, espressiva e capace di reggere bene anche nei momenti più intimisti come
le ballate “Boulder Colorado” e “Song For Paul”, brani pacati e d’atmosfera dove si percepisce forte la
presenza di Nicolas Godin e Jean Benoit Dunkel meglio noti come Air.
Alex Gopher pare stia ottenendo ottimi riscontri in patria dove sta raggiungendo interessanti posizioni di
classifica e in effetti nel complesso si può dire un album molto ben confezionato, gradevole e il cui ascolto
scorre via senza intoppi dalla prima all’ultima canzone anche se, devo riconoscere, senza lasciare grandi
tracce dietro di se. Da questa parte un’interessante videografia; distribuisce V2
TECHNODISCO
http://www.technodisco.it/2007/02/alexgopher/
Bisogna catapultarsi nel passato e raggiungere il 1985 per fare riferimento agli Orange, la pop-band formata
da Alex Gopher (all’anagrafe Alexis Latrobe), Jean-Benoît Dunckel, Nicolas Godin e Xavier Jamaux. Qualche
anno più tardi Nicolas e Jean-Benoît creano gli Air, Xavier forgia i progetti Bang Bang ed A Bigger Splash
mentre Alex fonda la Solid assieme all’amico Etienne De Crecy. Da questo momento il francese diviene icona
di un nuovo e promettente movimento che trova modo di espandersi grazie all’esplosione del cosiddetto
‘french touch’ alla fine degli anni novanta. Avventure parallele vissute in progetti come WUZ e Superdiscount
fanno di lui un vero e proprio fenomeno che la Francia sfoggia con furore per anni. Il nuovo lavoro, intitolato
semplicemente “Alex Gopher”, prende le distanze da “You, My Baby & I” edito nel 1999 ed abbandona il
tradizionale vocoder per impugnare gli strumenti veri che però suonano ancora su beats elettronici. Un
ritorno alla musica degli inizi insomma, un’ispirazione germogliata dall’ascolto di bands come Devo, Talking
Heads e New Order, una rielaborazione del funk proiettato nel pop moderno in cui si registra il contributo da
parte dei già citati Dunckel e Godin, della cantante Helena Noguerra (sorella di Lio) e del chitarrista Olivier
Libaux ‘prelevato’ dalla formazione dei Nouvelle Vague. Presto disponibile su cd e vinile pubblicati dalla Go 4
Music, il disco porge un’interpretazione personale della musica del passato che diviene grintosa in tracce
come “Out Of The Inside”, “Camilla”, “Nasty Wish” e “Brain Leech” (uscita già come singolo con
l’abbinamento di alcuni remix) che pare seguire la strada degli Scissor Sisters ma meno scanzonata ed
ubicata nello spirito del recente “Motorcycle”. Spazio a ballate romantiche grazie a “Boulder Colorado”, “Song
For Paul” e “5000 Moons” (in cui si riscoprono affinità con gli inglesi Macondo), al rock spirituale (”The White
Lane”) e ad una incredibile sintesi tra rock, funk e dance elettronica (”The Game”) che oggi pare
rappresentare il futuro della musica prodotta nel Paese della Torre Eiffel.
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ROCKLINE
http://www.rockline.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=1806
Elettronica di stile è quasi diventato il sinonimo del progetto Alex Gopher che con questo omonimo nuovo
lavoro vuole ributtarci nelle sonorità degli esordi con gli Orange, datato piena metà degli eighties. Se ci si
cimentasse infatti a scartabellare tra biografie e informazioni, ci troveremmo fra le mani un curriculum
davvero impressionante, prova del calibro dell’artista francese. Da un inizio pop, che però vede molto presto
lo scioglimento della band – da cui prenderanno forma gli Air – Alex decide di incamminarsi su una strada
solista, più incentrata sul songwriting e sulla produzione. Apre dunque l’etichetta Solid, sotto il cui marchio
realizza i suoi primi lavori, con la collaborazione di Etienne De Crecy (Superdiscount). Da quel periodo
prende forma un filone dell’elettronica denominato “French Touch” che contraddistinguerà da lì in poi anche
le produzioni firmate Gopher.
All’alba del 2007 il pioniere francese torna con dodici tracce fortemente “eightieseggianti”, portando in auge
la connotazione pop, suo background naturale. Il risultato è un album che mantiene toni emotivi brillanti per
tutta la sua durata; brani come Out Of The Inside, Carmilla o la seconda Brain Leech – brano scelto per
l’appena precedente singolo – testimoniano un uso anacronistico, ma ancora vitale ed energico, di tastiere e
sintetizzatori. Il tessuto sonoro si concilia perfettamente poi alle linee vocali del songwriter che, con alle
spalle collaborazioni di altissimo livello (Mozesli, Bob Sinclair, Nightmares on Wax, Teri Moise, Jean Louis
Aubert, Bootsy Collins, Jamiroquai, Vanessa Paradis e Sly and Robbie), sa perfettamente giostrarsi tra i
meandri del synth pop più moderno (The Game, dalle tinte suburbane e vorticanti) e i loop di matrice
classica.
Lascia poi spazio anche a soluzioni acustiche di chitarra (Song For Paul e 5000 Moons, con sprazzi di cantato
francese femminile), più rilassate, dal ritmo blando, che risultano dolci tanto quanto avvolgenti.
Ottima prova dunque per Alex Gopher, artista dai grandi numeri che probabilmente ha ricevuto fin ora meno
di quanto non meriti.
DELROCK
http://www.delrock.it/album/2007/alex_gopher.php
Alex Gopher è uno dei più importanti produttori d’oltralpe. Parigino, artista di solida capacità tecnica e
brillantezza sonora, iniziò a farsi conoscere oltre dieci anni orsono, emergendo dalla corrente house della
dance.
Era il periodo in cui dalla Francia iniziavano a distinguersi una serie di artisti (Daft Punk, i due Motorbass,
Philippe Zdar ed Etienne De Crecy e altri ancora) in seguito classificati sotto la comoda etichetta French
Touch. Tra questi produttori, Gopher si segnalò per il suono colorato e profondo, ben bilanciato tra forza
ritmica e precisi disegni melodici, come in seguito confermato dalla sua vasta discografia e in particolar
modo dalla sua duratura collaborazione con altri apprezzati produttori come Demon e lo stesso Etienne De
Crecy e Demon.
Il suo nuovo album, invece di proseguire sui binari dance/elettronici, compie un vero e proprio ritorno alle
origini, al periodo post 1985 in cui Alex era membro degli Orange, una band sconosciuta ai più di cui
facevano parte anche Jean Benoit Dunkel e Nicolas Godin, i futuri Air (appena usciti con un nuovo album).
Mosso dal desiderio di mettere in mostra il suo background musicale e ripercorrere i sentieri della sua
formazione sonora, Gopher è tornato a cantare, suonare, comporre, unendo questi elementi a un influsso
elettronico molto posato e per nulla invadente. I quaranta minuti di questo disco viaggiano tra gli influssi del
pop e della new wave, con l’evidente influenza di artisti come Devo, New Order e Talking Heads, interpretati
con tocco personale. Un album dai buoni spunti anche se il Gopher più scintillante è ancora quello lanciato
nelle traiettorie dance.
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KDCOBAIN
http://www.kdcobain.it/pagine/recensioni/alexgopher.htm
Forse ai più è un nome che dice poco e niente, ma ALEX GOPHER era uno dei quattro componenti degli
Orange. E chi sarebbero questi Orange? Gli Orange sono la band che vide esordire alla fine degli anni 80 due
dei musicisti di punta della scena electro-pop francese, Jean Benoit Dunkel e Nicolas Godin, meglio noti
come Air. E nel terzo lavoro del dj-producer, noto anche per aver collaborato con Vanessa Paradise, Bob
Sinclair e Jamiroquai, ricompaiono non a caso proprio i due illustri soci insieme al chitarrista dei Nouvelle
Vague, Olivieri Libaux.
Suona come un ritorno alle radici questo nuovo lavoro di Gopher che rinuncia al caratteristico vocoder alla
Daft Punk che caratterizzava i suoi brani e, in parte, alle venature house dei suoi infiniti remix (tra i quali si
ricorda l'eccellente Gordini remix di "Brakes on" degli Air) per un suono levigato, figlio dell'esperienza con gli
Orange. Non mancano gli episodi synth-pop, spigolosi quanto ballabili, da "Out of the inside" a "Carmilla" o
la sfrenata "The game" che piacerebbe ai Re Mida del remix come Tiga, ma prevalgono atmosfere meno
movimentate pur melodiche e catchy al punto giusto. Su tutte spicca l'ottima "Brain leech", elegante
bozzetto dance tra Colder e Junior Boys, che avrebbe tutte le potenzialità del tormentone estivo intelligente.
Atmosfere rilassate che nei momenti più frenetici possono dare l'idea dei Depeche Mode più recenti ("Nasty
wish") o di quelli degli albori delle intuizioni sintetiche tra Devo e Kraftwerk (di cui Alex è un orgoglioso
estimatore),"Go!".
Sorprende la voce di Gopher, purificata e spogliata di filtri e effetti, che si esalta nei momenti più
inevitabilmente Air della raccolta, in cui è la chitarra acustica più che le tastiere a indicare la strada.
Dall'evanescente sussurrata "The white lane" a la moon-safariana "Boulder colorado" che inizia come uno di
quei stralunati brani di Syd Barrett (che è rievocato in una sorta di tributo indiretto anche nella pregevole
ballata chitarra/voce "Song for paul") per poi perdersi in un soffice tappeto di tastiere e chitarre. Sorprende
per vena compositiva il raffinato pop francese altamente vintage di "Isn't it nice" in cui però
l'accompagnamento non disdegna una propensione tra Talking Heads e Stereolab.
Il tocco dei due-Air si sente eccome dunque. Arrangiamenti eterei e lunari, cura del suono maniacale, brani
immediati che non superano mai i quattro minuti. Tuttavia, cosa più importante, non è solo il contorno a fare
il disco, ma sorprendentemente un pugno di melodie ad effetto, fresche e immediate. E, parrebbe un
controsenso ma non lo è, le chitarre indirizzano il sound del disco quanto le tastiere. Ciò che stupisce, poi, è
che le perle dell'album non siano i brani tipicamente electro-dance (il travolgente remix ai limiti dell'electroclash di "Brain leech" prodotto dal fido chitarrista 25 Hours A Day) incluso in coda all'album che hanno reso
famoso Gopher quanto piuttosto le ballad, inconsuete e decisive.
Dare tutto il merito agli Air sarebbe un'ingiustizia insomma. Forse…
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STORIA DELLA MUSICA
http://www.storiadellamusica.it/Alex_Gopher_–_Alex_Gopher_(V2,_2007).p0-r494
Un serpente che si morde la coda. Essenzialmente potrebbe bastare quest’immagine, svuotata dei suoi
risvolti negativi, ad illustrare l’essenza di questa rentrée di Alex Gopher. Che arriva a circa un decennio di
distanza dai fasti del french touch ma anche vent’anni dopo le prime sortite negli Orange, misconosciuto
gruppo francese dedito al new wave pop in cui militavano anche J ean-Benoît Dunckel e Nicolas Godin, alias
i futuri Air.
E in un momento in cui i reduci della leftfield francese di fine anni ’90 proseguono tra alti e bassi,
reinventandosi e reiterandosi negli anni del punk funk e del revival ‘80s (che essi stessi hanno contribuito a
riportare in auge), Gopher dà un colpo al cerchio ed uno alla botte, ricongiungendo presente, passato
prossimo e remoto: chiama in causa i due Air e si fa aiutare da Etienne De Crecy, dando alle stampe un
disco più organico, che non rinuncia alle ritmiche dance, ma dove si canta e si suona di più.
L’effetto è quello di una sorta di trompe l’oeil sonoro, paradigmatico del paradosso temporale su cui si
avvolge la storia della musica: se Out Of The Inside riaggiorna il french touch agli anni del punk funk citando
garbatamente i Talking Heads, Brain Leech pare un brillante inedito dei migliori New Order, Nasty Wish e
Isn’t Is Nice intrecciano sapientemente arpeggi di acustica e tastiere vintage di scuola Air con suggestioni
pop wave. E, non fosse per la voce di Gopher, pure Song For Paul e The White Line potrebbero essere
tranquillamente estratti da un disco del duo.
Pezzi piacevoli ma nati un po’ stanchi, questi ultimi: risulta evidente come Gopher prenda coraggio e cuore
negli episodi più dance del disco: le già citate Out Of The Inside e Brain Leech, ma anche l’acceso synth pop
di Carmilla e la gradevolmente tamarra (se ci passate l’ossimoro) The Game, vicina alle peripezie degli ultimi
Rinocerose.
I cicli e le sovrapposizione temporali che gravitano intorno a questo disco possono indurre forti emicranie: si
consiglia quindi all’ascoltatore di spegnere il cervello e rimettere in moto cuore e gambe: alla fine di tutto
resta la musica, e, alla fine del gioco delle discendenze e dei rimandi, resta un signore, di nome Alex Gopher,
che si riconferma, per l’ennesima volta, produttore di (gran) razza.
KRONIC
http://www.kronic.it/artGet.aspx?aID=2&sID=14812
Gopher, proprio lui. Dopo i lavori nel secondo Superdiscount, tutto ci aspettavamo dall’uomo che diede così
tanto al french touch fuorché un album del genere. Eppure le premesse c’erano tutte.
Un anno fa, compilation Kitsuné, il nostro tesseva violenze uditive in “Motorcycle” 12”, una cosa che faceva
presagire il ritorno a quella vitalità quasi abbrutente nel suo essere così piena e così intensa, mentre il
presente è solo maniera e poco più.
Apertura “Out of the Inside”, stupidi arpeggi, chitarrine stanche e vocetta buona per un nu-rave mediocre,
“Brain Leech” è una piccola vergogna formato famiglia con chitarrone interessante quando non scade nel
rapture-ismo, poi lentamente si degenera in un lavoro che sembra versione fiacca dei Bloc Party più stanchi,
poi se avete la forza arrivate a “Boulder Colorado” e piangete. Non tanto perché la canzone (provi ad essere)
triste, quanto per il glorioso passato dell’uomo che si sfascia lentamente sugli scogli.
“Carmilla” prova a risalire, “The Game” azzarda furori, ma è troppo tardi, tempo di una “song for Paul” e poi
potrebbe pure esserci qualcosa della potenza del Metal Box dei P.I.L, non possiamo andare avanti. Il dovere
di cronaca ci fa arrivare svogliati all’alternate version di “Brain Leech” e un vaffanculo attraversa la stanza.
Perché il nostro non ha perso il tocco, e chissà che vuole fare. Smanettoni di internet, fate in modo di
ascoltare solo la chiosa di questa piccola schifezza male assortita, perché è nell’innocenza di un uomo che
non sa cantare eppure ci prova, mentre salgono chitarre marziali e la ranza aumenta, che si può vedere un
bagliore nel buio.
Speriamo.
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FREAKOUT
http://www.freakout-online.com/album.aspx?idalbum=1178
Questo disco è stato una sorpresa. Conoscendo solo il lato “elettronico/dance” di Alex Gopher (da solo o nel
progetto Superdiscount), tra i produttori-dj più apprezzati e famosi al mondo, ignoravo fosse capace di
scrivere pop songs così interessanti.
Poi leggo nella sua biografia dei trascorsi in una band chiamata Orange, di cui facevano parte anche Jean
Benoit Dunkel e Nicolas Godin (oggi con gli Air), che ritroviamo come ospiti nel disco, e tutto torna.
Sono proprio gli Air che vengono in mente negli episodi più languidi e dilatati (“Isn’t it nice”; la sussurrata
“The white lane”), mentre altrove troviamo splendidamente rielaborati influssi new wave-post punk (Talking
Heads, XTC) interpretati con attitudine dance-rock, come in “Carmilla”, nell’ottima “Brain leech” (pezzo forte
del disco – non a caso proposta in due versioni - dalla melodia memorabile…) o nel pezzo d’apertura, “Out of
the inside”, dove chitarre, beat e suoni elettronici sono intrecciati con straordinaria fluidità.
Alex Gopher non teme neanche di confrontarsi con ballad acustiche “nude e crude” come “Song for paul”, in
cui mette in evidenza la sua vena da songwriter di classe.
A dargli una mano, oltre gli ospiti già citati, ci sono anche Olivieri Libaux (Nouvelle Vague) e la cantante
Elena Noguerra. La produzione è affidata al suo “compagno di viaggio” Etienne de Crecy, non proprio
l’ultimo arrivato.
Da applausi.
DISC-JOCKEY
http://www.discjockey.it/2/index.php?m=single&id=540&PHPSESSID=18c16c19939e683db37c1c7064cfa18b
Bisogna catapultarsi nel passato e raggiungere il 1985 per fare riferimento agli Orange, la pop-band formata
da Alex Gopher (all'anagrafe Alexis Latrobe), Jean-Benoît Dunckel, Nicolas Godin e Xavier Jamaux. Qualche
anno più tardi Nicolas e Jean-Benoît creano gli Air, Xavier forgia i progetti Bang Bang ed A Bigger Splash
mentre Alex fonda la Solid assieme all'amico Etienne De Crecy.
Da questo momento il francese diviene icona di un nuovo e promettente movimento che trova modo di
espandersi grazie all'esplosione del cosiddetto 'french touch' alla fine degli anni novanta.
Avventure parallele vissute in progetti come WUZ e Superdiscount fanno di lui un vero e proprio fenomeno
che la Francia sfoggia con furore per anni. Il nuovo lavoro, intitolato semplicemente "Alex Gopher", prende
le distanze da "You, My Baby & I" edito nel 1999 ed abbandona il tradizionale vocoder per impugnare gli
strumenti veri che però suonano ancora su beats elettronici.
Un ritorno alla musica degli inizi insomma, un'ispirazione germogliata dall'ascolto di bands come Devo,
Talking Heads e New Order, una rielaborazione del funk proiettato nel pop moderno in cui si registra il
contributo da parte dei già citati Dunckel e Godin, della cantante Helena Noguerra (sorella di Lio) e del
chitarrista Olivier Libaux 'prelevato' dalla formazione dei Nouvelle Vague.
Presto disponibile su cd e vinile pubblicati dalla Go 4 Music, il disco porge un'interpretazione personale della
musica del passato che diviene grintosa in tracce come "Out Of The Inside", "Camilla", "Nasty Wish" e "Brain
Leech" (uscita già come singolo con l'abbinamento di alcuni remix) che pare seguire la strada degli Scissor
Sisters ma meno scanzonata ed ubicata nello spirito del recente "Motorcycle".
Spazio a ballate romantiche grazie a "Boulder Colorado", "Song For Paul" e "5000 Moons" (in cui si
riscoprono affinità con gli inglesi Macondo), al rock spirituale ("The White Lane") e ad una incredibile sintesi
tra rock, funk e dance elettronica ("The Game") che oggi pare rappresentare il futuro della musica prodotta
nel Paese della Torre Eiffel.
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EXTRAMUSIC
http://www.extramusic.it/disco/novitadiscografiche411.htm
Alex Gopher riparte da zero. Dopo aver girato il mondo in compagnia di Etienne De Crecy con il progetto
Superdiscount, Alex è tornato al suo primo amore, l'elettro pop. Quello che suonava tanti anni fa negli
Orange, il gruppo dei futuri Air Benoit Dunkel e Nicolas Godin, che aiutano l'amico occhialuto anche in
questa nuova impresa. Come se gli ultimi vent'anni non fossero mai passati. Gopher piazza immediatamente
in apertura di disco gli omaggi a Talking Heads e New Order, rispettivamente "Out Of The Inside" e "Brain
Leech", due pezzi da novanta che dimostrano tutta l'abilità e il gusto nel costruire l'atmosfera giusta per una
serata di divertimento. Il disco poi rallenta e quando la mano degli Air si sente in modo più evidente ("Isn't
Nice", "Boulder Colorado") la voce acerba e squillante di Alex sembra un po' fuori luogo. A fine corsa una
versione alternativa di "Brain Leech" ricorda dove risieda l'abilità di uno dei dj francesi più vezzeggiati al
mondo.
SENTIREASCOLTARE
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2007/recensioni/AlexGopher.htm
A cinque anni di distanza dall'ultimo album Wuz, Alex Gopher esce con un disco omonimo che segna un
deciso ritorno alle origini, sia a livello sonoro, per la forte ispirazione eighties, sia dal punto di vista tecnico,
per l'abbandono del vocoder e l'ampio utilizzo di strumentazione rock. Non dimentichiamo che Alex a metà
degli anni '80 suonava negli Orange insieme ai futuri Air e a Xavier Jamaux.
L'incipit Out Of The Inside punta decisamente al dancefloor, house contagiosa caratterizzata da synth
striscianti e tastiere travolgenti, uno di quei pezzi che magnetizzano i neuroni e mandano in loop i
movimenti, forte di un refrain elettro-pop alla Ultravox che non dà scampo. La chicca è il pezzo che segue,
Brain Leech. Già uscito come doppio maxi-single, ha numeri per ripetere l'exploit di Toop Toop dei Cassius.
Parte morbosa, inalza rampe sintetiche ed esplode nel cantato disco-epic, potrebbe essere un finto mash-up
tra Pet Shop Boys e Daft Punk e intitolarsi One More Chance, On More Time. Nasty Wish ci riporta con i piedi
per terra, Alex sfodera la chitarra acustica e la butta sulla ballatona, scivolando clamorosamente nelle paludi
del tedio, Isn't It Nice non risolleva le sorti, sembra un outtake (scartato) di Pocket Symphony degli excompagni Dunkel e Godin e con Boulder Colorado si tocca il fondo, facendo affiorare, tra un mmh mmh
imbarazzante e un armonica stucchevole, il fantasma di Simon Le Bon.
Alla fine ci si trova di fronte a dei pastrocchi indie-elettro-pop che più che a un piacevole decompressione in
sala chill-out fanno pensare al conoscente sfigato che attacca bottone quando si è in fila per i bagni.
Meglio premere in fretta il tasto skip per ributtarsi in pista con la caussiana Carmilla, fresca e avvolgente, tra
protesi robotiche, giostre italo-disco, percussioni cristalline e ranze spasmodiche. Come nella successiva
Game, ellittica e mutante, Gopher gioca in casa e porta a casa il risultato. La conturbante 5000 Moons si
salva grazie il contributo prezioso di Helena Noguerra dei Nouvelle Vague. Una versione Brain Leech chiude
un disco altalenante, che oscilla tra intuizioni brillanti e sabbie mobili creative, tra déja-vu intriganti ed ennui
diffuso.
(6.0/10)