Diabete n° 52 - ADM Associazione Diabetici Modenesi
Transcript
Diabete n° 52 - ADM Associazione Diabetici Modenesi
1 Diabete & Dintorni Medicina Oggi Diabete… e Infezioni *D.ssa Elisa GARLASSI (parte seconda) Riassunto della prima parte: Le ricerche dicono che il rischio di ammalarsi, per un paziente diabetico, è più alto. La malattia evolve in maniera più grave (es. l’influenza colpisce tre volte di più nei diabetici). I meccanismi responsabili di questa situazione sono le difese carenti, gli alti livelli di zucchero in sangue e urine che favoriscono lo sviluppo dei batteri. La circolazione del sangue è spesso difettosa. Deficit neurologici che riducono la sensibilità ai microtraumatismi favorendo le infezioni. ooooooOOOOOOOOoooooooo Tipologie di infezioni Alcune infezioni si verificano esclusivamente nei diabetici: - l’otite esterna invasiva maligna: quasi sempre causata da un germe chiamato Pseudomonas Aeruginosa, tipica dell’anziano con diabete non compensato, causa dolore, perdita dell’udito, otorrea. Può evolvere in infezioni gravi (mastoiditi, meningiti); - la mucormicosi rinocerebrale: infezione fungina caratterizzata da febbre, dolore oculare, secrezioni nasali; - le infezioni enfisematose (colecisti e pielonefriti). Numerose infezioni sono invece molto più comuni e a volte più gravi nei soggetti diabetici: - le infezioni respiratorie (Tubercolosi, virus influenzali, Polmonite da Pneumococco, Polmonite da Staphylococcus Aureus); - le infezioni delle vie urinarie (cistiti, pielonefriti); - le infezioni dell’apparato genitale (vaginiti, balanopostiti, uretriti); - le infezioni del cavo orale (stomatiti, gengiviti, piorrea); - le infezioni della cute e dei tessuti molli ( celluliti, erisipela, “piede diabetico” fasciti necrotizzanti, candidosi, onicomicosi). Prevenzione Per evitare l’insorgenza di infezioni è bene: - mantenere un buon controllo glicemico (dieta adeguata e idratazione, esercizio fisico e frequenti controlli); - fare attenzione nell’abbigliamento (indossare scarpe comode, abiti non aderenti); - praticare una buona igiene personale (utilizzare detergente a pH neutro, pulire unghie, pieghe cutanee, genitali con spugne non abrasive, lavare i denti senza provocare traumatismi delle gengive); - praticare adeguata disinfezione delle ferite (evitando l’automedicazione delle ferite complesse e l’utilizzo di creme che contengono cortisone); - effettuare le vaccinazioni raccomandate: i soggetti con diabete hanno una risposta normale alla vaccinazione. A causa della maggior suscettibilità di questi soggetti alle complicanze, le vaccinazioni antipneumococco e anti-influenzale sono raccomandate per tutti i pazienti; - non sottovalutare mai i sintomi che possono essere subdoli e che variano a seconda del tipo di infezione in cui si intercorre (bruciore o impellenza di urinare nelle infezioni delle vie urinarie, rossore gonfiore e calore nelle infezioni della cute). Importante! Ricordare che durante uno stato infiammatorio peggiora il compenso glicemico (aumenta la glicemia) e aumenta la richiesta di insulina; quindi è utile eseguire controlli più ravvicinati; può essere necessario assumere una quantità maggiore di insulina (evitare sempre l’autosospensione e l’autoprescrizione rivolgendosi al Medico di riferimento *Malattie Infettive Policlinico di Modena 2 Diabete & Dintorni L’ASSOCIAZIONE DIABETICI MODENESI SI MANTIENE ESCLUSIVAMENTE CON LE QUOTE DEI SUOI ISCRITTI E CON I CONTRIBUTI NON DETERMINANTI DERIVANTI DALLA PUBBLICITA’ DI INSERZIONISTI NON LEGATI AL COMPARTO SANITARIO PUBBLICO E/O FARMACEUTICO - FAI IL TUO INTERESSE AIUTACI A STAMPARE QUESTO GIORNALE E AD ESSERE INDIPENDENTI DA CHIUNQUE DONACI IL 5 x 1000 A TE NON COSTA NULLA PER L’ADM E’ UN AIUTO INDISPENSABILE ! ASSOCIAZIONE DIABETICI MODENESI CODICE FISCALE: 9000 3520 369 Organo di informazione dell’Associazione Diabetici Modenesi Direttore Responsabile Cristina Boschini Redazione e Amministrazione Piazza della Liberazione 13 Villaggio Modena Est 41122 MODENA Conto Corrente Postale 10005411 Grafica e Stampa Stampato in proprio Proprietà Associazione Diabetici Modenesi Reg. Trib. di Modena n° 1382 del 7.4.1997 3 Diabete & Dintorni DIABETE E CONTA DEI CARBOIDRATI *Dr. Matteo Rebecchi Parliamo oggi di una metodica dietetica utilizzata negli ultimi anni per i pazienti affettiva diabete tipo 1, ossia la cosi detta “conta dei carboidrati”. Tale metodica è stata studiata per rendere maggiormente libera la dieta permettendo di adattare, nel limite del possibile, il dosaggio di insulina al quantitativo dei carboidrati contenuto in vari alimenti, spesso graditi ai pazienti ma scarsamente rappresentati all’interno delle loro diete quali fette di crostata, castagne, ecc. La “bontà” di questa metodica è quella di andare a verificare cosa succede in ogni singolo paziente diabetico di tipo 1 quando, effettuata la somministrazione prevista di insulina ai pasti, egli assume alimenti a diverso contenuto di carboidrati. Tale metodica consiste di più fasi: Nella prima fase il paziente deve registrare su un diario alimentare l’esatto contenuto di ogni pasto, pesando ogni singolo alimento per 7–10 giorni, effettuare un prelievo di sangue capillare dal dito e misurare la glicemia col glucometro a digiuno prima di ciascun pasto principale e poi dopo 2 ore da esso, per un totale di 6 prelievi al giorno. Una volta compilato il diario e misurato l’andamento della glicemia il paziente porta in visione i risultati allo specialista di riferimento (diabetologo o dietista) che sulla base del diario alimentare va a ricostruire, mediante le tabelle di composizione degli alimenti o programmi informatici, l’esatto quantitativo di carboidrati assunti in ciascun pasto e il dosaggio di insulina effettuato. In questo modo si possono mettere in relazione i grammi di carboidrati assunti, le unità di insulina somministrate e l’andamento della glicemia per vedere quale sia il rapporto ottimale per la glicemia del singolo paziente fra grammi di carboidrati assunti rispetto alle unità di insulina fornite. Una volta trovata la risposta glicemica migliore fra i vari pasti studiati e teorizzato il rapporto ottimale di grammi di carboidrati ed unità di insulina, si passa alla seconda fase della metodica dove, mantenendo costante il dosaggio di insulina somministrato, si dice al paziente di mangiare diversi alimenti indicando l’esatta grammatura, in modo da fornire ad ogni pasto quel quantitativo di carboidrati che si ritiene ottimale per quello specifico paziente. Di nuovo vengono fatti 6 prelievi al giorno per altri 7-10 giorni e di seguito lo specialista verifica se quel quantitativo costante di carboidrati contenuti negli alimenti suggeriti e le unità fornite, mantenute invariate, abbiano determinato sempre la risposta glicemica attesa. Se tale risposta viene confermata allora lo specialista di riferimento può dire con relativa sicurezza che per quel paziente la risposta glicemica migliore si ottiene con quello specifico quantitativo di carboidrati (calcolato nelle prime due fasi) proporzionato in maniera aritmetica alle unità di insulina somministrate. A questo punto si entra nella fase finale della metodica, dove al paziente viene insegnato quanti carboidrati sono contenuti in 100 grammi di diversi alimenti in modo che, una volta istruito, egli possa decidere nell’ambito del possibile cosa e quanto mangiare, perché sapendo quanti carboidrati introdurrà con un certo alimento potrà semplicemente regolare il dosaggio di insulina ai pasti per mantenere costante la propria risposta glicemica secondo quella proporzione rappresentata da grammi di carboidrati su unità di insulina che si è andati a ricostruire nelle settimane precedenti. Così per esempio, se si desidera mangiare ogni tanto una fetta di crostata in sostituzione di una razione di frutta, il paziente lo potrà fare con sicurezza, perché sapendo quanti carboidrati in più introduce in quel pasto, aumenterà il dosaggio di insulina in modo proporzionale per mantenere costante le sua risposta glicemica. Ovviamente, tale metodica non è applicabile a tutti i pazienti affetti da diabete di tipo 1, ma soltanto in quelli che hanno un diabete compensato e sono disposti, nelle prime due fasi della metodica, a una registrazione precisa di cosa e quanto mangiano e ad effettuare più prelievi al giorno. Tuttavia, una volta superate queste prime due fasi un po’ macchinose ed imparato il contenuto di carboidrati nei vari alimenti, il paziente diventa più autonomo nelle scelte alimentari e nella gestione della dieta che diventa in questo modo davvero personalizzata. *Specialista in Dietologia - Ospedale di Baggiovara - Modena 4 Diabete & Dintorni 5 Diabete & Dintorni Forum Fatti e cifre del diabete in Italia 4° Changing Diabetes Barometer Forum Report Malati e mortalità 3 milioni di italiani adulti hanno il diabete, pari al 4,9% della popolazione totale. Si stima che un ulteriore milione di persone abbia il diabete senza saperlo e che 2,65 milioni di cittadini (6% della popolazione) soffrono di alterata intolleranza al glucosio (pre-diabete). La situazione peggiorerà in futuro, si stima infatti che nel 2030 quasi 5 milioni di cittadini adulti soffriranno di diabete. Oltre 27.000 cittadini italiani fra i 20 e i 79 anni muoiono di diabete ogni anno, questo vuol dire 3 cittadini all'ora. Il diabete di tipo 2, relativo al 90% di tutti i casi di diabete in Italia, riduce l'aspettativa di vita di 5 -10 anni. Secondo L'Organizzazione Mondiale della Sanità, il diabete sarà entro il 2030 la quarta causa principale di morte di Europa. Il diabete è una delle cause principali di malattie cardiovascolari, renali, cecità e amputazione di arti.2 Circa il 7080% di tutti i cittadini dell'Unione Europea con il diabete di tipo 2 muoiono di malattie cardiovascolari. Molti cittadini soffrono di altre complicanze legate al diabete. Le cifre che seguono si riferiscono specificatamente all’Italia: - il 10% di tutte le persone con diabete soffrono di cardiopatia ischemica, - il 32% di tutte le persone con diabete soffrono di neuropatia, - fino al 34% di tutte le persone con diabete soffrono di retinopatia, che può portare alla cecità, - il 30-40% delle persone con diabete di tipo 1 e il 5-10% di quelle con diabete di tipo 2 sviluppano nel corso della vita insufficienza renale con necessità di dialisi. Due terzi delle persone con diabete di tipo 1 e oltre la metà di quelle con diabete di tipo 2 non presentano un adeguato controllo metabolico. Il 26-50% delle persone con diabete di tipo 2 non sono a conoscenza delle loro condizioni e restano senza cure. Questo significa che una persona su due viene diagnosticata troppo tardi, generando un incremento delle complicazioni e dei costi. Nonostante il diabete di tipo 2 abbia molti fattori di rischio (età, etnicità, fattori genetici, ipertensione, dislipidemia e obesità) l'obesità è stata identificata come il fattore con la più forte associazione al diabete di tipo 2. Un italiano adulto su tre è in sovrappeso (36%) e uno su dieci è obeso (9,9%). In Italia ci sono oggi 17,6 milioni di persone in sovrappeso e 4,9 milioni di obesi. Anche le giovani generazioni hanno mostrato una scarsa capacità di gestire il peso: un bambino di 8-9 anni su tre è in sovrappeso o obeso, ma in molte aree del sud la proporzione sale a uno su due. Tutela della salute, costi del diabete I costi del diabete per il budget della sanità italiana ammontano al 9% delle risorse.3 Questo vuol dire più di 9,22 miliardi di EUR all'anno o 1,05 milioni di EUR ogni ora. In generale il costo della sanità per un cittadino italiano con diabete è in media di 2.600 EUR € all'anno, più del doppio rispetto a cittadini di pari età e sesso, ma senza diabete. Nonostante le forti convinzioni, non è il trattamento del diabete che costa di più ma il trattamento della sue complicanze. In altre parole più sono lunghe le attese per i trattamenti più questi costeranno. Infatti, solo il 7% della spesa riguarda i farmaci anti diabete, il 25% è legato alle terapie per le complicanze e le patologie concomitanti, mentre il 68% è relativo al ricovero ospedaliero e alle cure ambulatoriali. 6 Diabete & Dintorni Da un punto di vista sociale, i costi economici includono anche perdita di produttività e conseguentemente perdita di opportunità per lo sviluppo economico. Prevenzione, diagnosi precoce e cura La maggior parte dei casi di diabete di tipo 2 possono essere prevenuti da un cambiamento degli stili di vita, includendo una dieta sana con una limitata quantità di grassi e 30 minuti di moderato esercizio fisico quotidiano. Lo Screening per il diabete e per il pre-diabete è consigliabile per tutti i cittadini sopra i 40 anni. L'intervento precoce produce significativi risparmi nei costi sanitari a lungo termine. L'efficace trattamento del diabete riduce significativamente le complicanze del diabete, come l'infarto, ictus e grave deterioramento della vista. Il trattamento efficace comporta un attento monitoraggio e controllo del livello di glucosio nel sangue, pressione arteriosa e dei lipidi. Principali sfide e azione politica sul diabete: Grandi sfide: - rapida crescita del numero dei cittadini con diabete, pre-diabete e obesità - aumento della morbilità e mortalità legate al diabete e ai suoi fattori di rischio. - crescente onere dei costi diretti e indiretti del diabete e delle sue complicazioni per il sistema sanitario e la società italiana. - lo scarso livello di educazione al diabete e di sensibilizzazione alla salute stanno portando a bassi livelli di conformità medica e al fallimento nel perseguire uno stile di vita sano. Priorità chiave: - prevenzione / strategie stili di vita - investimenti nella diagnosi precoce / programmi di screening per le persone con diabete e pre-diabete - sviluppo di un piano nazionale del diabete - elevare il livello di consapevolezza e educazione circa il diabete - una maggiore cooperazione tra professionisti di assistenza sanitaria e pazienti al fine di prevenire gravi complicanze. - accrescere le conoscenze riguardo l’impatto del diabete e delle sue complicanze acute e croniche sui costi diretti, indiretti e intangibili. Azioni politiche: - Dal 2004, l'Italia ha un piano nazionale di prevenzione, che include una sezione sulla prevenzione delle complicanze del diabete. Questo piano stabilisce un quadro nazionale per l'implementazione da parte delle autorità regionali. Vincoli di bilancio spesso minano però l'implementazione regionale del piano nazionale. - Non esiste nessun piano nazionale specifico per il diabete, ma il Ministro della Salute ha predisposto un comitato permanente al fine di prepararne uno. - Il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 pone il diabete fra le priorità per il Sistema Sanitario Nazionale. - Dal 2007, gli 'standard italiani per il trattamento del diabete' forniscono le linee guida per gli operatori sanitari. - Attualmente l'Italia ha oltre 600 ‘Centri specialistici per il diabete'. - I sistemi sanitari regionali sono chiamati alla implementazione di “chronic care model”, basati su una forte centralità del paziente e una completa integrazione fra medicina specialistica e territoriale, resa possibile dalla definizione di percorsi assistenziali condivisi. ********* HAI UN PROBLEMA CHE RIGUARDA L’ASSISTENZA E CURA DEL DIABETE ? TELEFONA ALL’ ADM LO RISOLVEREMO INSIEME 059 / 364446 - LUNEDI’ / VENERDI’ 09,00 / 11,OO 7 Diabete & Dintorni 8 Diabete & Dintorni 9 Diabete & Dintorni DIETETICA & NUTRIZIONE Le proprietà ipoglicemizzanti della PORTULACA OLERACEA G li studi condotti negli ultimi decenni in Cina sulle abitudini alimentari delle numerose minoranze etniche, diffuse in tutto il Paese e ancora strettamente legate alle risorse del territorio, ovvero ancora estranee all'ondata di occidentalizzazione che ha profondamente cambiato e spesso stravolto anche le abitudini alimentari tradizionali nelle aree metropolitane, hanno portato alla luce dati talvolta sorprendenti, suscitando l'interesse della comunità scientifica. E' questo il caso della Portulaca oleracea. Benché da millenni usata nella medicina tradizionale cinese in virtù delle sue proprietà antibatteriche, antivirali, ipoglicemizzanti e di stimolazione delle difese immunitarie, composizione e meccanismo di azione della Portulaca non erano stati mai accertati. La Portulaca oleracea figura del resto da sempre tra le piante commestibili nella tradizione orientale: insalata, infuso, erba aromatizzante, molteplici sono i ruoli che essa può rivestire all'interno della dieta. Le osservazioni condotte sul territorio hanno evidenziato come, nelle regioni in cui l'utilizzo della Portulaca oleracea è quotidiano e abbondante, l'incidenza del diabete è decisamente minore rispetto alla media. Se da una parte era già evidente come i gruppi esaminati seguissero una dieta di per se sana, ricca di fibre, antiossidanti, grassi insaturi e fenoli, associata ad uno stile di vita ricco di attività fisica e pressoché privo di stress, è stato però altrettanto importante osservare che questi stessi gruppi consumassero, così come diverse altre piante dalle capacità diuretiche e depurative, grandi quantità di Portulaca oleracea. Da essa ricavano soprattutto un infuso da consumare nell'arco dell'intera giornata, insieme o in alternativa al the verde, abitudine che viene seguita quotidianamente e per tutta la vita. Tali osservazioni hanno indotto gli studiosi ad approfondire caratteristiche e proprietà della Portulaca oleracea. Ne è stata innanzitutto determinata la composizione: acidi organici, flavonoidi, alcaloidi, terpene, idrossibenzene, saponina e polisaccaridi. Dagli esperimenti successivamente condotti su topi in cui era stato indotto il diabete è risultato che il trattamento quotidiano con alte dosi (400 mg/Kg) di Portulaca oleracea è in grado di determinare una significativa diminuzione della glicemia, del colesterolo totale e dei trigliceridi, oltre che favorire il recupero del peso corporeo dopo la repentina perdita all'insorgenza della malattia. Nei soggetti trattati si sono registrati: diminuzione del glucosio nel sangue e rallentamento del processo di aumento dei lipidi associato alla malattia diabetica, miglioramento del metabolismo del glucosio ed aumento della secrezione di insulina attraverso il recupero di attività da parte di cellule ??pancreatiche dopo l'induzione del diabete, assenza di effetti collaterali. Tutto ciò suggerisce che la Portulaca oleracea abbia un importante potenziale ipoglicemizzante e possa essere significativamente utile nella terapia del diabete. Continueremo a monitorare l'attività di ricerca, rivolta ora alla ulteriore identificazione e purificazione dei suoi ingredienti. Sono infatti allo studio le potenziali applicazioni 10 Diabete & Dintorni Nel frattempo, vi segnaliamo la possibilità di reperire la Portulaca oleracea molto facilmente qui in Italia. Raccolta allo stato spontaneo o talvolta coltivata, sin da tempi remoti, in tutto il bacino mediterraneo e nel Medio Oriente (dove è tuttora molto consumata), è oggi da noi considerata perlopiù come specie infestante e modestamente apprezzata quale pianta commestibile. Nota con diverse denominazioni a seconda della regione (porcellana, procaccia, porcacchia) si riproduce infatti assai velocemente, invadendo con facilità orti e giardini. E' un'ottima pianta tappezzante e può essere facilmente coltivata in vaso. Le foglie, dal sapore acidulo, si possono consumare in insalata (pucchiacchella nella tradizione napoletana, parte della misticanza in quella romana) o cotte, aggiunte a minestre, sottaceto e ancora meglio in infusione, utilizzando in questo caso anche fusti, fiori e semi. La Portulaca oleracea ha fusti rossastri, carnosi, molto ramificati, portamento prostrato, foglie verde chiaro, cilindriche, succulente, con un ciuffetto ascellare di sottili peli bianchi. Da giugno fino ai primi freddi autunnali sull'apice dei rami sbocciano numerosi fiori a rosellina, con petali dall'aspetto stropicciato, che si chiudono con il buio, di tutti i colori tranne il blu. D.ssa Donatella SPARGOLI L’Associazione Diabetici Modenesi è aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 11.00 Fuori da questo orario è attiva la Segreteria Telefonica e il Fax Puoi lasciare un messaggio. Ti contatteremo entro 24 ore 11 Diabete & Dintorni La nostra mente Diabete e Gravidanza *Dott.ssa Sonia Cavedoni La gravidanza, per una donna con il diabete come per qualsiasi donna, è un momento della vita di grande importanza, probabilmente il più importante in assoluto. Sulla base di dati nazionali ed europei, si stima che circa il 6-7% di tutte le gravidanze risulta complicato da diabete (97,5% diabete gestazionale, 2,5% diabete pre-gravidico). In linea con questi dati ogni anno in Italia oltre 40.000 gravidanze sono complicate da diabete gestazionale e circa 1500 da diabete pre-gestazionale. Dal secolo scorso si è osservato un rilevante interesse per gli aspetti psicologici connessi alla gravidanza e alla genitorialità e i contributi presenti in letteratura hanno consentito una nuova concettualizzazione della gravidanza intesa come un momento evolutivo fondamentale dello sviluppo dell’identità femminile. A partire dal concetto di gravidanza come fattore biopsicologico centrale nell’identità femminile e nel processo di maturità della donna (H. Deutsch, 1945), passando attraverso la visione di Benedek (1956) di “evento psicosomatico”, con corrispondenze tra modificazioni fisiologiche e tendenze psicologiche, fino ad arrivare alla formulazione di un rilevante cambiamento caratterizzato da una profonda destrutturazione e riorganizzazione del senso di identità della donna. In questo delicato percorso di ristrutturazione psicologica è stato ampiamente documentato il ruolo di fattori di rischio (biologici, psicologici e ambientali) presenti durante la gravidanza, o almeno nell’anno precedente alla nascita, che possono incidere sullo stato emotivo della donna, in particolare con l’insorgere di una sintomatologia depressiva, e sulla relazione che questa madre instaura con il suo bambino. Insieme a tali fattori ne sono stati individuati altri, quelli di protezione ovvero elementi di sostegno per la persona in grado di contrastare il livello di rischio e la vulnerabilità ai quali è esposta favorendo un buon adattamento generale anche a condizioni difficili che si sono presentate nel corso della vita. Tra i fattori biologici di rischio troviamo l’insorgere di una patologia medica come il diabete gestazionale o la preesistente presenza di diabete tipo I che richiedono alla donna che attende un figlio un ulteriore lavoro di elaborazione dei correlati psicologici ad essi connessi. Nel diabete gestazionale sembra emergere principalmente l’impatto traumatico, improvviso e inaspettato della diagnosi. Le donne che ricevono tale diagnosi si trovano a sperimentare un vissuto caratterizzato da ansia e senso di allarme, temono per la salute del loro bambino e avvertono un senso di colpa originato dalla sensazione di aver trascurato la propria salute, prendendosi scarsa cura di sè. Il trattamento terapeutico della patologia di queste donne dovrebbe avere come obiettivo il lenimento dell’ansia, a volte anche con l’ausilio di un sostegno psicologico, che permetta loro una migliore tolleranza delle preoccupazioni attivate dalla diagnosi, che vanno ad accrescere quelle normali e tipiche di qualsiasi gravidanza che si esplicano soprattutto rispetto alle proprie capacità di essere una buona madre, di gestire il bambino e gli altri aspetti presenti nella propria vita (rapporto di coppia, lavoro). Le gravidanze in corso di diabete, invece, sono caratterizzate da un notevole investimento di energie fisiologiche ed emotive da parte della donna che deve, necessariamente, programmare una gravidanza e attivare risorse importanti nel mantenimento di un buon compenso metabolico. La gravidanza ha, dunque, un significativo impatto sulla maggior parte delle donne affette da diabete mellito che si trovano a dover rispondere ad un aumento di richieste ed esigenze nella cura della loro malattia come risposta alla gravidanza stessa. Esse vengono sottoposte a un trattamento di cura intensivo con l’obiettivo di evitare patologie al feto quali malformazioni e difetti alla nascita, e complicanze diabetiche quali pre-eclampsia, aborto, morte intrauterina, macrosomia e morbilità neonatale. Numerosi studi scientifici concordano sulla necessità che la gravidanza di una donna diabetica venga programmata attentamente, per quanto possibile, da parte del diabetologo in condivisione con la donna stessa per abbassare e cercare di controllare il rischio di tali complicanze. In conseguenza di ciò, è prevedibile un vissuto di intensa fatica emotiva e un bisogno di maggiore dipendenza dal medico e dal trattamento che si esplica nella necessità di avere a disposizione una cura sentita come molto specializzata, individualizzata ma anche molto rattificata che vada a compensare da un punto di vista fisiologico ma anche psicologico la carenza intrinseca alla condizione di malattia stessa. Quindi, possiamo assumere che l’insorgenza di una malattia di norma transitoria come il diabete gestazionale o la presenza di una patologia pregressa come il diabete mellito possano rappresentare importanti fattori di rischio all’instaurarsi di una sintomatologia psicopatologica rilevante ma, allo stesso modo, possiamo pensare che un trattamento multidisciplinare che tenga conto sia degli aspetti fisiologici che di quelli psichici, nell’ottica di una specificità della cura in gravidanza, rappresenti uno dei possibili fattori di protezione. *Psicologa e Terapeuta 12 Diabete & Dintorni Buone notizie per i diabetici che necessitano di un intervento cardochirurgico * Dr. Diego Magnano Vorrei presentarvi due interessanti articoli scientifici che riguardano il mondo dei diabetici. Secondo autorevoli ricercatori svizzeri i pazienti anziani diabetici con dolore toracico cronico di origine cardiaca (angina) beneficiano di un intervento chirurgico per aprire le arterie coronarie ostruite nella stessa misura dei pazienti senza diabete che debbono affrontare lo stesso tipo di intervento. Il capo di tale ricerca Dr. Mathias E. Pfisterer della University Hospital di Basilea ha dichiarato che "i pazienti anziani ed i loro medici possono scegliere una strategia invasiva oppure una strategia medica con un risultato analogo a lungo termine". Ogni scelta ha i suoi pro ed i suoi contro, ha sottolineato: la cardiochirurgia fornisce "sollievo precoce dei sintomi e miglioramento dello stato di benessere", ma comporta costi notevoli, d'altro canto, la gestione medica comporta l’assunzione continua di farmaci e comunque più del 50 per cento di probabilità della necessità di rivascolarizzazione tardiva" – ovvero nella metà dei casi di andare comunque incontro prima o poi alla chirurgia o ad angioplastica per ripristinare il flusso di sangue al muscolo cardiaco. Pfisterer e colleghi hanno valutato 301 pazienti di 75 anni di età o più anziani con malattia coronarica sintomatica. Sessantanove soggetti erano anche affetti da diabete. Il team ha esaminato i risultati per più di 4 anni tra i pazienti diabetici e non diabetici, e ha riferito i risultati sull' autorevole rivista scientifica American Journal of Cardiology. In entrambi i gruppi, la sopravvivenza globale è stata del 61 per cento senza rivascolarizzazione, rispetto al 79 per cento con rivascolarizzazione. In questi anni di crisi e di tagli al sistema sanitario occorre purtroppo spesso anche considerare il problema della spesa pubblica ma Pfisterer ha anche osservato che dall'analisi dei costi è emerso che il costo iniziale maggiore di chirurgia cardiaca è bilanciato nel caso della scelta per una strategia medica dal maggior costo per onorari dei medci e dei costi per chirurgia tardiva. L’intervento cardiochirurgico è completamente a carico del Sistema Sanitario Nazionale mentre, spesso, molti cardiopatici diabetici si recano a proprie spese da un cardiologo di fiducia e quindi la scelta della sola terapia medica riversa i suoi costi completamente sulle loro finanze! Il secondo articolo di cui vorrei parlare oggi riguarda gli avanzamenti delle conoscenze sulla gestione specifica del paziente diabetico in sala operatoria: meglio si conoscono i meccanismi che portano alle complicanze per il diabetico operato e meglio sarà possibile attuare protocolli di prevenzione e trovare le migliori strategie mediche. In tal senso è interessante quanto scoperto da una ricerca presso l’Università di Bristol: tale studio mostra che perturbazioni della glicemia dopo un intervento cardochirurgico sono comuni e che un inadeguato controllo glicemico in pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca è associato ad un aumento di quattro volte di decesso post-operatorio e di complicanze maggiori e inoltre che tali aumenti di glicemia si verificano in pazienti con e senza diabete. La ricerca dell'Università di Bristol è stata finanziato dalla British Heart Foundation (BHF) e Garfield Weston Trust e pubblicata sull’importantissima rivista Circulation. Lo studio ha coinvolto quasi 9.000 pazienti e ha dimostrato che le alterazioni della glicemia si sono verificate non solo nei pazienti diabetici noti, ma anche in più della metà dei pazienti cardiopatici non diabetici. Il diabete è stato a lungo associato a una complessa prognosi clinica seguente ad intervento chirurgico al cuore e ci sono stati una serie di progressi nelle tecniche di cura intensiva e operatorie per i pazienti diabetici. Questi risultati hanno implicazioni nuove e importanti per il trattamento di pazienti cardiopatici in cui suggeriscono che un inadeguato controllo della glicemia indipendentemente dal diabete mellito è associato ad aumento di quattro volte della mortalità in ospedale e di complicanze maggiori incluso l'infarto cardiaco (2,7 volte maggiore), complicanze neurologiche, renali, polmonari e gastrointestinali. Lo studio, condotto dal dottor Raimondo Ascione, Cardiochirurgo presso la Bristol Heart Institute, esorta chirurghi e specialisti n cure intensive ad utilizzare rigidi protocolli di controllo attivo della glicemia in tutti i pazienti ricoverati per interventi di chirurgia maggiore. L'efficacia di questi protocolli e dei meccanismi biologici che portano a questo problema deve ulteriormente essere studiata con rigorosa ricerca. Il Dr Ascione ha dichiarato: "Crediamo che i risultati del nostro studio potrebbe applicarsi anche a tutti quei pazienti sottoposti a chirurgia non-cardiaca ammessi per qualsiasi altra procedura chirurgica importante a livello mondiale. Ciò potrebbe avere gravi implicazioni per l'aspettativa di vita dei pazienti e un onere enorme per le risorse ospedaliere. ". Il professor Peter Weissberg, direttore medico del BHF, che ha co-finanziato lo studio, ha dichiarato: “Mentre la ricerca precedente ha mostrato che i livelli di glicemia hanno un impatto importante sul risultato di pazienti che soffrono un attacco cardiaco, questo studio dimostra per la prima volta lo stesso può essere vero anche per i pazienti sottoposi a chirurgia cardiaca.” "Questa ricerca costituisce la base per ulteriori approfondimenti per cercare di capire come controllare meglio la glicemia possa contribuire a salvare più vite umane durante e dopo l'intervento chirurgico al cuore." *Specialista in Cardiochirurgia – Chirurgia Mininvasiva - [email protected] 13 Diabete & Dintorni Diabetici Celebri La tragedia di Vermicino e i suoi Protagonisti Quella di Vermicino è la storia di un bambino cardiopatico finito in fondo a un pozzo artesiano. Ma è anche la storia di un Angelo *Ricerca di Salvatore BRUNO E’il 10 giugno 1981 e sono le ore 19.30, Nando Rampi, un impiegato dell’Acea, passeggia con gli amici e con il figlioletto Alfredo, di 6 anni, nelle campagne di Vermicino, a pochi chilometri da Frascati. Ad un certo punto Nando si accorge che il piccolo Alfredo si è allontanato dal gruppo. “Si sarà avviato da solo verso casa”, pensa. Invece, nel giro di qualche ora la famiglia si rende conto che il piccolo Alfredo è scomparso. Con l’aiuto di qualche volontario iniziano subito le ricerche. Qualcuno si ricorda che lì vicino c’è un pozzo; corrono a vedere, ma l’imboccatura è coperta da una lamiera. Sono già le 21,30 e le prime ricerche di Alfredo non sono andate a buon fine. Viene avvisata la Polizia che inizia immediatamente una battuta. Intorno alle 24,00 un sottufficiale della Polizia sente parlare del pozzo. Pur sapendo che è coperto, decide di fare un nuovo controllo. Si reca sul luogo, sposta la lamiera e sente i lamenti di Alfredo. Cominciano i primi tentativi di salvataggio, con sistemi rudimentali. Prima si prova a lanciare una corda, poi una tavoletta di legno, nella speranza che il bimbo l’afferri per risalire in superficie. La tavoletta però si incastra nello stretto pozzo e sarà un ostacolo gravissimo per i soccorritori che devono inviare acqua e cibo al bambino. Alle ore 5.00 dell’11 giugno uno speleologo, Tullio Bernabei, si cala nel pozzo a testa in giù. Giunge a venti metri di profondità, poi non ce la fa più ed è costretto a risalire. Verso le 8.30 giunge sul posto una trivella: servirà a scavare un secondo pozzo, parallelo a quello dove è caduto il bambino, per poi raggiungerlo con una galleria che intersechi il budello dove Alfredino è prigioniero. Sullo spiazzo intorno al pozzo, nel frattempo, sono arrivate migliaia di persone: soccorritori, volontari, curiosi e operatori delle TV di tutto il mondo. I tecnici dei vigili del fuoco sostengono che Afredino potrebbe essere liberato intorno alle 18,00. Ma la trivella incontra un grave ostacolo: uno spesso strato di roccia, impossibile da perforare. Si cerca quindi una macchina più sofisticata, che fortunatamente una società privata mette a disposizione. Alfredino, nel frattempo, è in costante contatto con parenti, medici e soccorritori grazie a una radiosonda. Il piccolo si lamenta e chiede acqua e cibo. Ma anche la seconda trivella si blocca. I medici cercano di far arrivare al bambino un po’ di liquidi e vitamine tramite un sottile cavo collegato con un flacone da fleboclisi. Alfredo è un bambino forte, ma sono già passate 22 ore da quando è precipitato nel pozzo e rischia di indebolirsi troppo. I lavori ricominciano, ma lo strato di roccia resiste oltre ogni aspettativa. Si riparte con una nuova trivella, ma anche questa volta i risultati sono scarsi e si va a rilento. Verso le 23,00 un manovale della zona, che verrà battezzato “uomo ragno”, tenta di calarsi nel pozzo per sbloccare la tavoletta. L’uomo ha una corporatura molto esile e riesce a scendere più in basso di quanto aveva fatto il precedente soccorritore, ma alla fine anche lui deve desistere. La giornata si chiude con risultati mediocri perché la roccia continua a resistere. I medici sono sempre più preoccupati: Alfredo è stato bravissimo ed ha avuto una capacità di reazione incredibile, ma ora rischia un cedimento psicologico. Non si conoscono soste per salvare il bambino, si lavora tutta la notte. Sono le 6,00 del mattino e Alfredino continua a resistere. Ha anche un interlocutore privilegiato: un vigile del fuoco che sembra ispirargli particolare fiducia. Il bambino è ormai alla sua trentatreesima ora dentro il pozzo. Alle 9,00 una buona notizia: la trivella riesce a rompere la roccia. Ora resta da superare uno spesso strato di argilla. 14 Diabete & Dintorni I Vigili del Fuoco lavorano intensamente. Alle 16,30 giunge sul posto il Presidente della Repubblica Sandro Pertini che scambia anche qualche parola con Alfredino. Poi si fa strada l’ipotesi che il piccolo non sia a 30 metri di profondità come creduto finora, ma molto più in basso. Alle 23.35 il tentativo di un altro speleologo fallisce. L’uomo, benché minuto, non è riuscito a raggiungere il bambino. E’ da poco passata la mezzanotte quando un altro volontario, Angelo Licheri, ripete il tentativo e, finalmente, raggiunge il bambino. Ma il piccolo è coperto di fango e il soccorritore non riesce ad afferrarlo saldamente. Per sette volte lo prende, facendolo salire di una decina di metri, e per sette volte gli sfugge la presa. Altri tentativi si susseguono nel corso delle ore: Alfredino è a oltre 63 metri di profondità (sotto i suoi piedi vi sono ancora 20 metri di vuoto), ma nessuno riesce ad afferrarlo e a portarlo in salvo. Alle 19,42 per stabilire se Alfredino è ancora vivo viene introdotto nel pozzo un potente stetoscopio, che dovrà controllare se è ancora presente attività cardiaca. La risposta, come ormai tutti si aspettano, è negativa. Ma chi era quel volontario che per ben sette volte aveva afferrato il bambino e per sette volte gli era sfuggita la presa? Emilio Orlando Angelo Licheri è un eroe dimenticato, che quasi nessuno ricorda più, anche se la vicenda della quale fu protagonista tenne l’Italia intera con il fiato sospeso per tre giorni e tre notti. Licheri tentò l’impresa impossibile di salvare il piccolo Alfredino Rampi. Di professione tipografo, un fisico da contorsionista, Angelo si fece legare per i piedi e fu calato a testa in giù a una profondità di 63 metri nel pozzo artesiano nel quale era precipitato il bambino. Fece di tutto per tentare di imbragare il piccolo ma quell’inferno di fango vanificò il suo tentativo e, appena tornato in superficie scoppiò in un pianto dirotto. All’epoca dei fatti Licheri aveva trentasette anni; oggi ne ha sessantasette ed è da poco rientrato in Italia dopo una lunga permanenza in Africa. Il diabete gli ha portato via una gamba. Così, in questo stato, dopo trent’anni, ritroviamo Angelo Licheni. E’ sempre stato magro, oltre che piccolino di statura, ma il coraggio di farsi calare nel cunicolo del diametro di 30 centimetri e di oltre 80 metri di profondità non gli era mancato. Era arrivato a sentire il rantolo del bambino stremato da due giorni in fondo al pozzo, lo aveva toccato, per 45 minuti. A distanza di tanti anni Licheri - in un’intervista rilasciata qualche anno fa al giornalista Oliviero Marchesi è ancora in grado di ricordare i più piccoli dettagli della vicenda. «La discesa nel pozzo - ricorda l’ex tipografo che ora vive con una misera pensione di 600 euro al mese - fu un vero incubo, che non finiva mai; ricordo che una voce a un microfono scandiva i metri che scendevo appeso a un filo. A un certo punto, avvolto nella melma, vidi il piccolo Alfredino. Lo sentii rantolare, stava soffocando, perché aveva la bocca piena di fango, non potrò mai dimenticare quel rantolo». «Con un dito - prosegue Licheri - cercai di pulire la sua bocca poi tentai di liberarlo dal fango per poterlo poi imbracare per la risalita. Il suo corpicino, quasi esanime, aveva la mano sinistra sotto al ginocchio ed era rannicchiato. Per un momento mi sembrò di avercela fatta, ma purtroppo l’imbracatura scivolò e accadde il peggio». Il cadavere del piccolo Alfredo Rampi verrà recuperato un mese più tardi, alle 14.25 dell’11 luglio 1981, dopo un mese di incessanti lavori. Le cause della morte, secondo i periti, furono un collasso cardiaco e un principio di asfissia. Oggi ci sono trivelle speciali come nel caso dei minatori in Cile, ma allora no. Non esisteva neppure una seria organizzazione di intervento in caso di emergenza. In quel contesto, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini promise alla signora Franca Rampi che tali fatti non sarebbero più accaduti. Furono i primi passi verso la Protezione Civile. Ora Angelo Licheri versa in cattive condizioni di salute ed economiche. E’ ricoverato in una casa di cura. Di lui si sono ricordati però i Vigili Del Fuoco che hanno raccolto circa 10.000 euro che gli sono stati consegnati dal Ministro dell’Interno Roberto Maroni e dall’ex Sindaco di Roma Walter Veltroni. Ad Angelo Licheri furono offerte 27 medaglie d’oro al valor civile e tanti, tantissimi soldi. A tutto questo, Egli rispose: “Chi può accettare un premio dopo che ha fallito? Io non ce l’ho fatta”. *Presidente Associazione Diabetici Modenesi Buone Vacanze a tutti i Diabetici 15 Hotel TERME San Vincenzo*** FORIO D’ISCHIA STAGIONE 2011 Dal 16.10 al 30.10.2011 - €. 560,00 A RICHIESTA SONO DISPONIBILI ANCHE ALTRI TURNI 16 Per prenotazioni A.D.M. 059/364446 - 059/282039 17