Settant`anni di “Leonardo”

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Settant`anni di “Leonardo”
Settant’anni di “Leonardo”
Piccolo itinerario della memoria
Io vi parlo qui del tempo in cui, ragazzi, andavamo a scuola; del tempo
che vorremmo tornasse, ma è impossibile. Dei sogni, delle speranze che
avevamo nel cuore; della nostra innocenza; delle lucciole che credevamo
stelle perché piccolo piccolo era il nostro mondo, basso basso il nostro cielo.
Vi parlo delle stesse cose che voi ricordate, e se ve le siete scordate v’aiuto
a ricordarle. Di quelle cose perdute che voi ora ritrovate nei vostri figli, e
vorreste - tanto sono belle - che non le perdessero mai.
Giovanni Mosca, Ricordi di scuola
«Settanta mi dà tanto.»
Con questo significativo ed indovinato slogan, la
Centrale del Latte di Milano celebrava, pochi anni or sono, il suo settantesimo anniversario. Il motivo di fondo che ci ha spinto a mettere insieme questa piccola collezione
di ricordi e di immagini è che crediamo, a tutti gli effetti, di poter dire altrettanto.
L’analogia, del resto, è più che anagrafica: se il latte è il primo e prezioso nutrimento
che ci fa crescere nel corpo, una scuola elementare sa di essere la prima comunità dove
i bimbi trovano cibo per la mente e per l’animo. Per settant’anni la “Leonardo da
Vinci” ha svolto questo compito con assiduità e dedizione, piccola piccola tra “giganti”
dell’educazione come il Politecnico e le Facoltà di Città Studi, ma ben conscia di dare
un contributo che non ha confronti: seminare semi di cultura, socialità, umanità che, se
a Dio piacerà, fioriranno. Anni più buoni ed anni meno buoni: ma che hanno sempre
visto tanti bimbi entrare dalle sue grandi porte, impazienti o timorosi, con un sorriso o
con un capriccio, e altrettanti lasciarla per entrare, ormai quasi ragazzi, nella vita. Ma
una scuola non è un mondo chiuso: di questa città, di questo Paese la “Leonardo” ha
condiviso la storia, le vicissitudini, i successi, le tragedie, i mutamenti di costume. E
per sua natura è stata, prima di ogni altra cosa, testimone del tempo. Vogliamo allora
proporvi questo piccolo “percorso della memoria”: perché pensiamo che questi ricordi e
queste immagini non debbano andar perduti; perché speriamo suscitino in voi il ricordo
di quei giorni lontani, quando con una cartella sulle spalle tornavate felici da mamma
e papà; perché, soprattutto, crediamo che sulla memoria si fondi la dignità dell’uomo.
La memoria (quella vera, che non risiede nelle pagine del libri, ma solo negli attori
vivi dei momenti passati) è purtroppo soggetta all’inesorabile scure del tempo: cosı̀,
non è stato facile recuperare al ricordo fatti, persone e soprattutto atmosfere. Per nostra fortuna, nel ricostruire la storia della scuola fino alla metà degli anni ‘50 abbiamo
avuto il privilegio di poter far uso della “Cronaca della Leonardo”, due stupendi volumi scrupolosamente redatti dal primo direttore della “Leonardo” , Piero Bianchi, che
ha conservato con cura immagini e documenti di quei tempi, corredandoli di minuziose descrizioni tutte vergate con una stupenda e ormai introvabile calligrafia. Per
il periodo successivo, del quale non esiste purtroppo una documentazione nemmeno
lontanamente paragonabile, ci siamo avvalsi in primo luogo del prezioso contributo
di Eugenio e Consuelo Merzagora, che in occasione del sessantesimo anniversario
curarono con Federico Roberti il primo resoconto della storia della scuola, traccia
insostituibile per questo lavoro (talora ricalcata pedissequamente: non si poteva far
di meglio!). Ma essenziali sono state le testimonianze vive di molti ex-alunni della
“Leonardo” , che ci hanno permesso di ricostruire molti aspetti della vita passata della
scuola. Ricordiamo tra i tanti Gisella Vita-Finzi, Paolo Ossi, Valentina ed Antonio
Fortichiari. Un grazie anche a tutti coloro che ci hanno fornito materiale iconografico (foto, pagelle, quaderni, diplomi) che ha costituito un importante complemento a
quanto reperibile nella “Cronaca”. Nel tentativo di inquadrare almeno a grandi linee questo percorso nella “storia in grande” ci siamo ampiamente avvalsi di materiale
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presente sulla “rete”: citiamo in particolare lo stupendo sito sulla storia di Milano
(http://www.storiadimilano.it) curato da Paolo Colussi e Maria Grazia Tolfo.
La realizzazione di questo volumetto non sarebbe stata tuttavia possibile senza il
prezioso contributo e la dedizione di tante persone. Prima di tutto della Direttrice
Donata Andreotti, che ha creduto in questa iniziativa fin dal primo momento, sostenendola con entusiasmo e partecipazione. Del precedente Consiglio di Circolo, che ha
promosso le iniziative per il LXX, e di quello attuale che ha raccolto la non facile eredità
di metterle in atto. Ed infine di tutti i genitori e degli insegnanti che, con il loro lavoro
hanno fornito, raccolto, selezionato le testimonianze ed il materiale iconografico, dando reale consistenza ad una piccola idea. Vogliamo ricordare in particolare, in ordine
alfabetico e senza distinzione di ruoli, Giuseppe Aguzzi, Walter Barontini, Emanuela
Bassani, Elena Bonati, Nadia Caccia, Giorgia Camera, Giovanna De Putti, Sabina
Lanzoni, Antonella Morgillo, Laura Pellegrinelli, Liana Tortora, Maria Rita Trotta,
scusandoci fin da ora con chi fosse rimasto inavvertitamente escluso dalla lista. Un
discorso a parte va fatto per Giancarlo Redaelli che, come ex-alunno, genitore di alunni, ma anche insegnante e prezioso educatore, non sapremmo proprio dove collocare:
a lui un grazie particolarmente sentito per tutti i ricordi di cui ci ha fatto partecipi.
Vogliamo ringraziare anche il Prof. Claudio Beccari del Politecnico di Torino, che ha
fornito al curatore consigli preziosi per l’utilizzo del sistema di editoria LATEX 2ε usato per realizzare questo opuscolo (lungi da noi definirlo “libro”), e Sara Iacopini che,
con invidiabile cura e precisione, ci ha aiutato a comporre queste pagine in una veste
tipografica decente.
Un grazie del tutto particolare va al Politecnico di Milano e al suo Rettore, Prof.
Giulio Ballio che, offrendosi di stampare questo lavoro (in tempi non propriamente
rosei per le finanze dell’Università e della Ricerca), ci ha permesso di andare oltre i
“buoni propositi”; al Prof. Andrea Silvestri, Direttore del Servizio di Storia dell’Ateneo,
che ha dato un sostegno insostituibile per sviluppare la collaborazione ed approfondire i
legami tra “Leonardo” e Politecnico; ad Annamaria Galbani, del Centro di Documentazione per la Storia dell’Ateneo, che ci ha aiutato a ricostruire la storia di Città Studi;
alla Fondazione Politecnico, che ha supportato finanziariamente il lavoro di Sara; ad
Angelo Civardi, del Centro Fotoriproduzione e Stampa, che ha seguito con scrupolosità
e precisione la realizzazione di questo volumetto. Ed infine a tutti i colleghi ad amici
del “Poli” che per qualche tempo hanno smesso i “panni austeri” di docenti universitari
per tornare a vestire quelli di “leonardini” d’un tempo.
Quanto a me, come redattore e curatore di queste pagine, non resta che chieder
perdono a Giulia e Andrea, “leonardini” di oggi e di ieri, e alla loro mamma Silvia, per
aver loro sottratto in questi mesi molto del poco tempo che riusciamo a passare insieme.
Ma, soprattutto, consentitemi di dedicare il lavoro che ho svolto alla memoria di mio
padre e ad una “leonardina” della prima ora, a me sı̀ tanto cara: mamma Bianca.
Roberto Piazza
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Se attraverso l’educazione si forma e si plasma l’anima di
un popolo, se dalla scuola si sprigionano le forze vitali che
alimentano e forgiano i futuri cittadini, immensa è l’importanza dell’edificio che accoglie la gioventú di un popolo e la
guida dai primi passi dell’infanzia alle grandi vie della vita.
Luigi Lorenzo Secchi
Tutto cominciò quando. . .
L’attuale zona di “Città Studi” corrisponde alla località denominata “Cascine doppie”:
fino al primo decennio dello scorso secolo, un’antica strada si staccava dalla via Nino
Bixio e, con l’andamento dell’odierna via Pascoli, perveniva alla rustica chiesetta delle
Cascine doppie, che sorgeva proprio nel luogo oggi occupato dalla casa di piazza Leonardo 10. L’agglomerato rurale, formato da cascinali e da osterie raggruppate attorno alla
chiesetta, sorgeva al posto dei viali e dei giardini dell’attuale piazza. La strada omonima era un’importante arteria suburbana, che proseguiva oltre le cascine e dopo aver
attraversato il “Cavo Taverna”, raggiungeva la Forcella di Lambrate, dove si biforcava
nella strada che portava all’abitato di Lambrate ed in quella che conduceva a Pioltello.
Poco prima della Grande Guerra ebbe il via un ambizioso programma di trasformazione
della zona, che prevedeva di raggruppare nell’area alcuni istituti di istruzione superiore
quali «...il Regio Istituto tecnico superiore, la Regia Scuola superiore di agricoltura,
la Regia Scuola di medicina veterinaria, la Regia Accademia scientifico-letteraria, il
Regio Osservatorio astronomico, i Regi Istituti clinici di perfezionamento, il Regio Orto botanico». Una “Città degli Studi”, per l’appunto. Le gravi difficoltà sorte con
il sopraggiungere della guerra furono tuttavia causa di un sensibile allungamento dei
tempi. I lavori per realizzare l’edificio del Politecnico (come si sarebbe poi chiamato
il “Regio Istituto tecnico superiore”, che si trovava originariamente in Piazza Cavour)
erano stati ad esempio sospesi e, ripresi alla fine del 1919, erano finiti solo nel 1927.
Tra il ’26 ed il ’27 era stata anche sistemata a giardino Piazza Leonardo ed ultimato
l’Istituto di Chimica Industriale, che appariva al giovane ingegnere Carlo Emilio Gadda
(sublime apostata della benemerita professione) «edificio alquanto teatrale, pizzuto e
dolomitico, ma soprattutto assai sciocco, popolarmente denominato Kremlino» (Pianta
di Milano - Decoro dei palazzi, in «L’Ambrosiano», 6 luglio 1931).
Sul lato occidentale della piazza, in vista del “decennale” fascista che l’Amministrazione voleva celebrare con la realizzazione di significative opere pubbliche, si decide
la realizzazione di una scuola elementare “modello”. I lavori hanno inizio parallelamente a quelli per altre tre scuole tipo in diverse zone della città: la “Tommaso
Grossi”, la “Pietro Micca” e la “Luigi Cadorna”. La cronaca della scuola riferisce che
l’ideatore della struttura ad atrio centrale, atrii laterali, tre corpi fu il vicepodestà
Dorici: in realtà il progetto effettivo viene elaborato da Luigi Lorenzo Secchi, la cui
intensa attività di progettista e direttore lavori si applica essenzialmente nel campo
dell’edilizia scolastica e sportiva, campi che Secchi sente strettamente connessi sotto
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Gli esordi
la spinta di una sentita motivazione sociale. Negli anni immediatamente precedenti
Secchi aveva progettato o diretto i lavori di numerose opere pubbliche, tra queste: la
piscina della scuola all’aperto Umberto di Savoia, denominata anche “Casa del sole” nel
parco Trotter, la piscina “Guido Romano”, più nota come “Ponzio” (che Secchi vede
non più come un unicum centralizzato e selettivo secondo gli schemi del grande edificio
termale, bensı̀ come un impianto costruito in una zona periferica e popolare, aperto ad
un pubblico più vasto, con una fruizione prevalentemente balneare e sportiva ), diversi
impianti sportivi tra cui la trasformazione dell’Arena e il “Giuriati”, e alcune scuole
che Secchi progettò con criteri moderni ed innovativi, applicando gli aspetti tipologici,
tecnici ed estetici che aveva teorizzato nella sua pubblicazione del 1927 “Edifici scolastici italiani primari e secondari. Norme tecnico-igieniche per lo studio dei progetti”.
Il progetto della “Leonardo” , elaborato dalla commissione dell’ Ufficio Tecnico del Comune presieduta da Umberto Massari, si avvale ampiamente della recente esperienza
compiuta da Secchi con la realizzazione della scuola Giovan Battista Perasso, in via
Bottego. Nell’articolo Le opere pubbliche del Comune di Milano nell’anno decimo, in
Milano, XLVIII (1932), G.Baselli descrive in questo modo il progetto elaborato dalla
Commissione Massari:
«L’unità modello corrispondente ad una unità didattica è composta da 30 aule: il
fabbricato che la compone a forma di U, ha un ingresso comune e due uscite l’una per
i maschi, l’altra per le femmine; contiene laboratori per avviamento al lavoro, locali a
piano terreno o primo piano per la direzione, due bidellerie, l’alloggio per il custode, la
visita medica, nonché aule per il canto e per il disegno, due palestre poste agli estremi,
l’impianto per le docce. Un ampio cortile ben sistemato ed adornato di piante serve
per le esercitazioni all’aperto. L’area idonea allo scopo ha forma rettangolare con lati
all’incirca di m. 70 × 80; l’edificio è composto da almeno due piani oltre il terreno.
In un primo tempo si trovò opportuno costruire solo la fronte ed un’ala del fabbricato,
potendosi, quando i bisogni scolastici saranno aumentati, aggiungere l’altra ala; sembrò
pure utile prevedere la possibilità di sovralzare gli edifici stessi di un piano, con il
che la loro capacità verrà aumentata, raggiungendo nel contempo un migliore effetto
estetico. Anzi sin d’ora uno degli edifici, e precisamente quello di viale Romagna ( la
“Leonardo” ) venne fatto a tre piani oltre il terreno, con vantaggio evidente. Altre
caratteristiche importanti da rilevare: la larga applicazione di rivestimenti di pietre
naturali, l’assoluta semplicità delle linee, la notevole ampiezza delle scale sempre in
marmo con zoccolature pure in marmo; l’applicazione lungo tutti i corridoi di uno
zoccolino di pietra, per mantenere facilmente la pulizia, e la formazione superiormente
sino a quasi due metri di altezza di uno zoccolo lavabile; l’applicazione nelle pareti e nei
pavimenti dei prodotti migliori e più moderni; l’uso di tinte calde e vivaci; l’adozione
di robusti apparecchi di chiusura di lega di alluminio: cosı̀ pure in lega di alluminio
saranno gli attaccapanni».
La scuola elementare Leonardo da Vinci viene progettata seguendo questo modello.
Vengono inoltre resi abitabili i locali seminterrati, isolandoli completamente dal suolo
con vespai ed intercapedini, per poterli adibire a mensa, laboratori e piscina: forte della
sua esperienza nel campo delle piscine, Secchi dota infatti la “Leonardo” di una piccola
vasca natatoria coperta con acqua riscaldata (5 × 12, 5 m, profondità variabile da 50 a
90 cm), soddisfacendo le sue convinzioni pedagogiche. A tale proposito, è interessante
notare quanto lo stesso Secchi scrive nell’articolo “Le costruzioni igienico-sportive del
Comune nel Decennale” in Milano, XLIX (1933):
«. . . Dette piscine infatti consentiranno veramente di iniziare all’amore del nuoto
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le scolaresche, che potranno esercitarsi in tanto salutare esercizio in ogni tempo dell’anno: e per tale ragione furono caldamente desiderate e furono viste attuare con gioia
da quanti si interessano da anni al problema del nuoto: e in questo nuovissimo tipo di
piscine cui si è trovata sede in locali seminterrati delle ultime scuole costruite e in via
di costruzione, furono adottati i più moderni e perfezionati impianti tecnici, mentre
non fu dimenticata quella ricerca estetica che non deve mai andare disgiunta dai luoghi
di educazione o di istruzione della gioventù. E non essendo quivi possibile profondere
conforto di fiori o piante, si richiede alle note vivaci e gaie della ceramica quella armonia serena che deve far corona ad una vasca: e furono adottate piastrelle di ceramica
azzurra per la scuola di Piazza Leonardo da Vinci, piastrelle che formano non soltanto
la decorazione interna ed esterna della vasca, ma anche quella delle pareti dell’ampio
salone che racchiude in sé docce e pediluvi».
Il 4 gennaio 1932, inizia la costruzione della “Leonardo” che sarà sospesa esattamente un anno più tardi, dopo l’ultimazione delle prime 23 aule più una palestra e
alcuni locali di supporto formanti un’unità funzionale. La spesa è di lire 2.362.883,22
con un avanzo (sı̀, avete capito bene: un avanzo) di lire 512.166,60 rispetto allo stanziamento. La seconda unità funzionale, comprendente le rimanenti aule normali, tre aule
speciali, la seconda palestra, il refettorio e la cucina, è completata nel corso dello stesso
anno, con l’ulteriore spesa di circa un milione di lire. Quando nacque, la “Leonardo”
era costituita da 10 sezioni femminili, provenienti dalla “Caterina da Siena” e dalla
“G. Tavani Arquati”, e da 10 sezioni maschili, provenienti dalla “Tito Speri”. Gli alunni erano in tutto 852, con classi costituite da oltre 40 alunni. Il Direttore della scuola,
Piero Bianchi, e la segretaria, Edvige Locatelli, sarebbero rimasti alla “Leonardo” fino
al 1956. La solenne manifestazione dell’entrata delle scolaresche ebbe luogo il 19 aprile
1933, quando erano state ultimate l’ala centrale e l’ala femminile; il completamento dell’ala maschile avvenne nel corso dell’anno scolastico 1933–34. Poche settimane dopo, il
10 maggio 1933, la “Leonardo” venne visitata da re Vittorio Emanuele III. Il Corriere
della Sera descriveva cosı̀ la manifestazione:
«Qui era convenuta una folla considerevole specialmente di genitori degli
alunni e delle alunne; le scolaresche, in divisa di Balilla e di Giovani
Italiane, hanno intonato inni patriottici, e il Sovrano ha percorso le modernissime aule, scendendo anche nella piscina sotterranea...All’uscita acclamazioni scroscianti si sono rinnovate» (Corriere della Sera, 11 maggio
1933).
A testimonianza dell’interesse suscitato dalla realizzazione della scuola, la cronaca
della “Leonardo” ricorda le visite di eterogenee commissioni di studio: “Congressisti
stampa tecnica; Giornalisti siamesi; Ingegneri Zurighesi; Missione argentina; Studenti
universitari...” Manifestazioni patriottiche destinate a lasciare un’impronta anche esteriore si susseguirono nei primi tempi dell’attività della scuola, dove già campeggiavano
nell’atrio le due grandi lapidi con il proclama del re per l’entrata in guerra del 1915 (a
sinistra) ed il “bollettino della vittoria” di Diaz (a destra). L’11 giugno 1933 avvenne
la solenne benedizione della bandiera. Il 17 giugno 1934 ebbe luogo la cerimonia della
consacrazione delle aule a sessanta Caduti: maestri ed ingegneri, crocerossine, irredentisti e “martiri” fascisti. Il 2 giugno 1935 il Gruppo rionale “Tonoli”, i cui rapporti
con la scuola stavano diventando via via più stretti, preceduto dalla fanfara dei giovani
fascisti, donò alla scuola un frammento di roccia del Grappa e dell’acqua del Piave, che
tuttora fanno mostra di sè nell’atrio. Nei primi anni i vita, venne anche scelto lo stem-
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Gli esordi
ma della “Leonardo” , originariamente un ex libris, destinato a durare nel tempo e ad
accompagnare le comunicazioni della scuola. Si tratta del presunto ritratto di Leonardo
di autore ignoto che si conserva nella Galleria degli Uffizi di Firenze, incorniciato dalla
frase leonardesca “Naturalmente li omini boni desiderano conoscere”. Oltre a questa,
altre frasi di Leonardo, quali “L’ingegno senza esercizio si guasta”, “Non si volta chi a
stella è fiso” e “Non vale vale fortuna a chi non s’affatica”, vennero affrescate in vari
punti della scuola e riprodotte insieme ad altre sui vasi destinati ad ornare i davanzali
delle aule a partire dall’ottobre 1934. In seguito, gli insegnanti sarebbero stati invitati
a curare le piantine di primule sui davanzali.
Figura 2.1: Pagina della “Storia della Leonardo”, con la costituzione iniziale della Scuola
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Luoghi e gente di piazza Leonardo
nei ricordi di una mente acuta
. . . Quel trasloco a Lambrate si verificò in tutta puntualità: il novecentesco
evento, ruota inesorabile, stritolò le ultime, le più care briciole della speranza.
Nuovi edifici e nuove vie fanno oggi degli ex–prati uno de’ più moderni e
dinamici quartieri della metropoli, insignite le vie e le piazza con i nomi che son
vanto del pensiero umano e della scienza, quali Spinoza, Assuero e Giuseppe
Colombo. I nostri architetti si prodigarono alle geniali strutture, la Formen
und Farben alle forme, ai colori: del cioccolato–Nubia al verde–pisello.
I pinnacoli del Kremlino sovrastano ed adombrano, pur dominando ogni cosa,
principalmente la vaccheria svizzera della Scuola Superiore di Agricoltura: è
un edificio, il Kremlino, de’ più necessarı̂ allo sviluppo delle scienze e delle tecniche. Regalato al Politecnico dal civismo di un oblatore (lombardo, beninteso,
come tutti gli oblatori), il brav’uomo era stato preso da un’impellente necessità: quella di disfarsi di alcuni milioni, che giudicava avrebbero sopravanzato
alle spese de’proprı̂ funerali e ai relativi annunci del Corriere della Sera. Né si
ingannò: e detto fatto. Quando finalmente la mole superba rifulse in tutto il
suo visigotico fulgore nel cielo azzurrissimo di Lombardia, sul verde smeraldino
de’prati (dall’alto tu ti abbandoni anima alla distesa pianura, verso il popolo
infinito de’pioppi), nessuno più si ricordava come adibire quel casamento: una
strana paresi aveva occupato le anime degli esecutori testamentarı̂ e de’ tutori politecnicali: i milioni, benché fossero molti, erano divenuti calcestruzzo,
cuspidi, pinnacoli, finestroni, finestrini. . .
. . . Tu penetravi nottetempo le porte e le scale tenebrose del Kremlino, ed
erano, l’antro e la porta, destituiti d’ogni presenza di umani: solo un gatto,
un gatto quadrumane, ti fuggiva innanzi, più nero e più zitto dell’ombre: o due
iridi gialle ti affisavano immobilmente, topazı̂ incastonati nella tenebra. Quel
grande istituto giuridico–sociale che è a Milano la «portinara», in quell’antro,
in quella porta, neppur vi avevi notizia.. . .
. . . (gli antri ) Ospitavano strana gente, per lo più a coppie, donne biondastre o nerissime, che si potevano supporre zigane, polacche, slovacche, violinisti boemi di passaggio, russi interessati in certe aste di tappeti, armeni od
ebrei venuti d’America o ritornanti in America: tutto un mondo instabile,
spregiudicato, capelluto, avvilito o sfrontato, lugubre o variopinto, che pesava
grandemente sullo stomaco della Regia questura e dava gran da fare ai più
indaffarati vicebrigadieri, non offrendo plausibili motivi da poterli sfrattare in
quarantott’ore.
C. E. Gadda, Un fulmine sul 220
(Sullo sfondo: Il “Gaddone” di Tullio Pericoli domina Piazza Leonardo.)
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Gli esordi
Figura 2.2: Planimetria della località detta “Cascine doppie” intorno all’anno 1910, sovrapposta alla
planimetria della Città degli Studi relativa al 1927.
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Figura 2.3: Immagini dell’area di Città Studi all’inizio dello scorso secolo. Dall’alto: le “Cascine
doppie”, l “Antica osteria della pulce” e l’interno della chiesa delle Cascine.
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Gli esordi
Figura 2.4: Il “Kremlino” e la piazza Leonardo da Vinci negli anni ’30, visti dall’edificio del Politecnico.
Figura 2.5: La piazza verso la fine degli anni ’30 (sulla destra in basso l’edificio della “Leonardo” ).
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Figura 2.6: Il cortile della “Leonardo” durante la costruzione della scuola.
Figura 2.7: A sinistra: re Vittorio Emanuele III fa la sua entrata nella “Leonardo” . A destra: il
“piccolo re” nel cortile della scuola
Gli esordi
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Figura 2.8: Inviti alla benedizione della bandiera e alla cerimonia di consegna del frammento di roccia
del Grappa e dell’acqua del Piave.
Figura 2.9: La cerimonia del primo alzabandiera l’11 giugno 1933.
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Figura 2.10: Balilla e Giovani Italiane davanti alla lapide con il “bollettino della vittoria” di Diaz .
Figura 2.11: Balilla con i quadri dei Caduti che verranno appesi nelle aule loro consacrate.
La scuola deve essere sempre più fascista. Non bisogna mai
credere di aver dato al proprio insegnamento un indirizzo troppo fascista. Quando si tratta del Fascismo, io in genere amo
gli eccessi, e siccome noi vogliamo formare l’italiano nuovo e vogliamo che le nuove generazioni realizzino appieno il
Fascismo, per questo vi ripeto che non bisogna avere incertezza.
Benito Mussolini.
Luci ed ombre del ventennio
Figlio di una maestra e maestro anch’egli (anche se per pochi mesi e solo come supplente), Mussolini ebbe chiara fin dall’inizio l’importanza della Scuola per la formazione
dell’“italiano nuovo” e per consolidare il consenso al nuovo regime. L’attenzione del
regime verso la scuola fu quindi, fin dai primi anni, estremamente vivace e puntuale,
attraverso una politica scolastica che riflette in pieno le luci e le ombre del ventennio
fascista. Da una parte infatti la scuola deve assumere la funzione primaria di “volano”
del regime, riassumendo in sé i propositi celebrativi del rinnovato orgoglio nazionale
e limitando gli impulsi all’analisi critica e allo sviluppo delle libere convinzioni nei
giovani. Dall’altra, per converso, la scuola riflette il dato di fatto più originale della
nuova fase storica che il Paese sta vivendo, con l’affacciarsi alla vita politica e sociale di
larghi strati della piccola e media borghesia confinati ai margini dei processi decisionali
nell’italia umbertina e giolittiana e radicalmente trasformati dal primo conflitto mondiale: l’allargamento della base sociale porta con sé anche un’ampia richiesta di forme
partecipative e assistenziali innovative promosse dal nuovo regime che coinvolgono la
Scuola in maniera diretta.
La struttura della Scuola Elementare venne delineata nel 1923 nell’ambito della
“riforma Gentile”. Erano previsti un grado inferiore di tre anni ed uno superiore di
due, con esami di profitto in terza e quinta. I programmi, pur dando rilievo primario
alla formazione storica e sociale dei bambini (si veda l’inserto che segue), volevano
comunque favorire lo sviluppo delle capacità espressive, dando ampio spazio al disegno
ed al canto nel triennio inferiore. Negli anni seguenti la riforma Gentile subı̀ numerosi
“ritocchi”. L’educazione fisica, l’istruzione militare e la partecipazione alle manifestazioni del regime acquistarono via via rilevanza nella vita scolastica, dove al momento
tradizionale dell’istruzione si affiancò quello della cosiddetta “educazione fascista”: significativamente, il Ministero della Pubblica Istruzione si trasformò nel 1929 in “Ministero dell’Educazione Nazionale”. Di esso divenne parte integrante l’Opera Nazionale
Balilla (O. N. B.) per l’assistenza e l’educazione fisica e morale della gioventù che, sorta
nel 1933 come organismo indipendente, raccoglieva i giovani dai 6 ai 18 anni. Oltre ad
occuparsi dell’educazione fisica, morale e politica, l’Opera assorbı̀ nel 1930 le attività
parascolastica e di assistenza come doposcuola, “ricreatori”, refezione, fino ad allora
gestite dai “patronati scolastici”. A partire dal giugno 1936, l’addestramento dei balilla
trovò la sua consacrazione nel “sabato fascista”, istituito dal ministro De Vecchi. Un
notevole strumento di propaganda divenne, a partire dall’anno scolastico 1930-31, il
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1933-1938
testo unico di stato per le elementari, che poteva contare anche su firme prestigiose
quali quella del premio Nobel Grazia Deledda. Per eliminare ogni possibile autonomia,
nel 1933 l’istruzione primaria, in precedenza dipendente soprattutto dai comuni, passò
integralmente allo Stato. Quanto ai maestri, dopo la liquidazione di ogni libera associazione sindacale e la piú o meno forzata adesione alla Corporazione degli Insegnanti,
fu loro imposto, nel febbraio del 1929, il giuramento al regime.
All’interno di questo quadro generale, la “Leonardo” venne a situarsi come scuola
particolarmente efficiente ed attenta a costruirsi un’accurata e ben definita immagine:
a cominciare dalla divisa che - prescindendo da quella del balilla - venne ufficialmente
adottata a partire dall’anno scolastico 1935-36, e che era sostanzialmente uguale a quella odierna. Riccamente dotata (fin dai primi anni esisteva un proiettore sonoro ed era
stato installato un impianto radio con diffusori nelle aule), la scuola incrementò le sue
attrezzature e attività grazie anche al volontariato. Nel 1933-34 nacque l’istituzione
“Amiche della Scuola”, per fiancheggiare l’opera dell’ O.N.B.: vennero organizzate lotterie ed iniziative che permisero l’integrazione di alcune forme assistenziali come la
refezione (che riguardava comunque solo il 5% degli alunni). Le “Amiche della Scuola”
erano promotrici di numerose iniziative tra cui le cerimonie di congedo delle quinte,
accompagnate da doni–ricordo dal tono decisamente propagandistico. Parallelamente
alle “Amiche della Scuola”, assunse indubbia rilevanza il “Gruppo Tonoli”, il nucleo
fascista della zona, che aveva sede in via Andrea del Sarto e che era sempre pronto
ad offrire foto e medaglie del Duce ai Balilla e alle Giovani Italiane della “Leonardo” .
L’anno scolastico era costellato da adunate nei cortili, saggi ginnici, rappresentazioni
teatrali, a cui si aggiungevano le specifiche celebrazioni della marcia su Roma, dell’anniversario della vittoria, della nascita di Roma e cosı̀ via. Non mancavano tuttavia
iniziative più familiari, come la “ciliegiata d’addio” delle quinte (giugno 1935) o i doni
dei bambini di quinta a quelli di prima (dicembre 1936 una bambolina per le femmine
ed una busta decorata con nettapenne e cannuccia per i maschi). La scuola partecipava attivamente alle “gare di risparmio” indette dalle banche, ai concorsi dell’I. N. A.,
persino alla “settimana del silenzio e della disciplina del traffico” promossa dal Regio
Automobile Club d’Italia. Caratteristiche erano, nel campo dell’assistenza sanitaria
erogata dall’ente nazionale per la mutualità scolastica—assorbito poi dalla G. I. L.—le
cure per i bambini giudicati gracili: tra queste le cure “attiniche” con raggi UV che
venivano effettuate nell’ampia sala al primo piano che oggi ospita le bacheche del museo
della scuola.
Una scuola, dunque, che sembrava rispecchiare in pieno l’obiettivo dichiarato nelle
premesse ai programmi ministeriali di favorire «l’agile indagare dello spirito popolare,
irrequieto e mai sazio di perché; il rapimento nella contemplazione dei quadri luminosi
dell’arte e della vita; la comunicazione con le grandi anime, fatte vive e quasi presenti
attraverso le parole del maestro». Forse, però, la vita quotidiana di quei bambini era
più simile a quella descritta da Giovanni Mosca ne Il balilla col paltoncino, con cui,
quasi a far da contrappunto alla frase di apertura, ci piace chiudere questo capitolo.
«Adunata! Adunata!»...Allineai il mio plotone con gli altri, e accanto a Martinelli,
fiero, diritto, con l’occhio acceso, col cuore che batteva insieme ai tamburi, insieme
agli altri che, impazienti, già segnavano il passo sognando le bandiere, l’assalto, la
polvere luminosa delle battaglie, stava Ronconi col paltoncino: il berretto, troppo
largo per quella testina, gli scendeva fin sugli occhi e non si vedeva che la bocca e
il piccolo mento affilato. . .
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In quegli anni, a Milano . . .
1933 Il Comune assume la gestione degli autobus e costituisce il Servizio Automobilistico Comunale (SAC). Inaugurazione della prima “filovia” sulla linea LoretoDergano. Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approva il progetto di una linea metropolitana ma solo all’interno dei confini comunali, costringendo i progettisti a riformulare il progetto e provocando la sospensione dell’iniziativa. Quinta
Triennale, la prima in città. Sironi dirige i lavori di decorazione. Per l’occasione
vengono inaugurati il Palazzo dell’Arte e la Torre Littoria (oggi Torre del Parco).
Il Politecnico si suddivide in due distinte facoltà: ingegneria e architettura.
1934 Borletti e Brustio, proprietari della Rinascente, aprono i Magazzini Upim.
Costruzione in viale Tunisia della piscina Cozzi, la prima piscina coperta d’Italia. Concorso per la Torre Littoria in piazza del Duomo dove sarà poi costruito
l’Arengario.
1935 Regio Decreto che stabilisce la cessione gratuita della Villa Reale di Monza ai
comuni di Monza e di Milano (la cessione non verrà riconosciuta dallo Stato
Repubblicano e la vertenza si protrarrà fino al 1996). Il Comune di Milano acquista la biblioteca conservata dai Trivulzio nel palazzo di piazza S. Alessandro,
che formerà il nucleo della Biblioteca Trivulziana. Inaugurazione dell’aeroporto Forlanini a Linate. Giovanni D’Anzi scrive musica e versi de La Madonina.
Costruzione del Velodromo Vigorelli.
1936 Demolizione della Manica Lunga di Palazzo Reale per consentire la costruzione
dell’Arengario. Gio Ponti ed altri progettano il palazzo della Montecatini in largo
Donegani, occupando l’ultimo residuo del giardino Melzi. L’ospedale Fatebenefratelli è trasferito nell’edificio delle Fatebenesorelle, sempre in corso di Porta
Nuova. Francesco Vitaloni apre in via Lecco la Rosticceria S. Carlo; nel 1940 si
trasferirà a Greco, dove inizierà la produzione industriale delle omonime patatine.
1937 La Società anonima Magazzini Standard, nell’ambito della campagna fascista
contro la lingua inglese, diventa la Standa. Approvazione del piano regolatore
particolareggiato, con il quale viene isolata la basilica di S. Lorenzo creando una
zona di rispetto sistemata a verde. Regio Decreto che sancisce la denominazione
ufficiale di “Politecnico di Milano”al Regio Istituto Tecnico Superiore, già diventato “Reale Scuola d’ingegneria” nel 1923. Vengono arrestati, a Milano, Rodolfo
Morandi, Aligi Sassu e altri esponenti del Fronte Unico Antifascista.
1938 Per iniziativa del governo sorgono al Lorenteggio le case popolari «con lo scopo
di alloggiare i rimpatriati che ritornano dalle colonie immiseriti fisicamente e
spiritualmente». Costruzione della nuova sede dell’Università Bocconi su progetto di G. Pagano. La Ca’ Granda viene ceduta al Comune per insediarvi la nuova
Università Statale. Inaugurazione del nuovo ospedale di Niguarda. Il Corriere
della Sera lancia la campagna contro il “lei”: il settimanale di moda Lei diventa
Annabella.
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1933-1938
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Spunti di riflessione per futuri maestri. . .
«Da quello che si è detto si desume, teoricamente e praticamente, che la scuola deve
ripetere i caratteri dello Stato Fascista, poiché essa è un organo dello Stato, e non
può essere che un organo politico, ossia, come disse il Duce, non potrà mai essere
abbastanza fascista, né troppo fascista.
Vi fu un tempo, in cui i Governi liberali, a base di maggioranza parlamentare, proclamavano l’apoliticità della scuola, con il pretesto e sotto la maschera del rispetto alla
libertà degli individui e delle famiglie, che mandavano i loro figliuoli alle scuole dello
Stato. Ma, nella realtà, questa apoliticità non era altro che la subordinazione della
scuola alle sette, ai partiti, alle associazioni magistrali e professorali, che facevano le
veci dello Stato agnostico e neutrale. La scuola cosı̀ detta apolitica diventava l’organo
dei partiti, che si trovavano al potere o periferico o centrale, o della setta massonica,
ch’era il denominatore comune di tutti i partiti acattolici od anticattolici
Lo Stato invece, quando è forte, esclude un’educazione apolitica della gioventù ed ammette solo un’educazione conforme e subordinata alla propria politica. Anche il frutto
più squisito del liberalismo e della massoneria, lo Stato Sovietico, non ammette né
l’apoliticità della scuola, né la scuola privata, ma considera la scuola esclusivamente
come organo dello Stato e parimente non ammette la libertà per la stampa, in quanto
questa scuola dell’opinione pubblica deve avere motivi, mezzi, fini identici a quelli dello
Stato.
. . . Cosı̀, nei Programmi e nelle prescrizioni didattiche per le scuole elementari, con la
storia, con la geografia, con le nozioni varie e con quelle di diritto e di economia, l’allievo viene a conoscere e ad ammirare le grandi opere del Regime, e a questo scopo molto
contribuiranno i giornali e le riviste fascisti, che il maestro deve leggere e commentare
agli allievi, si può dire quotidianamente, per seguire le tappe di quella rivoluzione in
marcia, che è il Fascismo. Se poi il maestro raccoglierà i saggi migliori dei suoi allievi, sia pur semplici e lineari, sulle realizzazioni del Regime nella politica interna ed
estera, egli formerà facilmente dei preziosi Albi degli anni dell’Era Fascista, che potrà
conservare nella bibliotechina di classe ad integrazione dei libri di testo, ma con tanto
maggior valore di questi in quanto espressione ingenua e spontanea d’anime giovinette.
. . . Scuola unitaria e nazionale, senza falsi regionalismi politici, ma con il sano regionalismo culturale e tradizionale, che potenzia dei suoi doni, delle sue prerogative, delle
sue qualità lo Stato nazionale, che in sé assomma e supera tutti quei caratteri. Ma la
Nazione italiana ha, sovra tutte le altre, una storia passata e contemporanea, che ha
un valore incommensurabile, che ne costituisce la assoluta aristocrazia. . . Ne consegue
che nella Scuola nazionale italiana la storia e la geografia, quale storia contemporanea,
occuperanno un posto preminente con un valore educativo straordinario, in quanto alimenteranno l’orgoglio nazionale, che è necessario ad ogni popolo, che, pur rispettando
gli altri, voglia avere rispetto di sé, del proprio passato e del proprio avvenire. Come
disse il Duce, “il passato non è che una pedana dalla quale si prende lo slancio verso
il più superbo avvenire”.»
da G. Marpillero, La Scuola elementare fascista
(testo per la preparazione dei concorsi magistrali)
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Ritratto irlandese
Attorno al Natale del 1939, la giornalista irlandese K. McGorthy (erroneamente ricordata come
“inglese” nella “Cronaca della Leonardo”. . . fortuna per Bianchi che molto probabilmente la
McGorthy non lo venne mai a sapere), corrispondente del quotidiano The People’s Press della
contea di Donegal, descriveva in questo modo la “Leonardo” . . .
. . . I visited a junior Elementary Mixed School. It is called the School of Leonardo da
Vince (sic) and is said to be the finest Elementary School in Europe. There are 2,500
pupils. I was told that teachers from every country in Europe and from America visit
it. It is build of cream and green stone and surround a quadrangle.
The entrance hall suggested a Cinema or a Hotel rather than a School. The walls were
of marble, there were shrubs in decorated tubs and beautiful pictures. The corridors
were wide and bright. Beautiful pictures hung on the walls, the frames all being similar.
The plant pots on the window sills were all similar and artistic. Each class-room is
dedicated to a war hero. The hero picture is hung in the room. The children put flowers
in vases near the picture and pray for this hero. There was a crucifix in every room.
There was a science room, a Cinema theatre, two gymnasiums, one for boys and one
for girls, a refectory, a kitchen and cook. The poor children get free dinners. There
was a swimming bath, a Doctor’s and Dentist’s room and a waiting room for parents.
A room for artificial sun baths and a room for vapour baths. The Head-master’s room
was worthy of a Cabinet Minister’s. First there was a a waiting room, then an office
where his lady secretary worked, then his private room. The walls were blue and the
general tone of the pictures blue. I regret I did not know sufficient Italian to ask all I
wanted to know about their system of education. The school hours are from 8.30 a.m. to
12.45. Then the children go home for the day. There are no senior elementary schools.
If a child shows sufficient intelligence to justify a secondary education he goes to the
secondary school when he is 12 years old, if not he goes to the Technical School. The
Head-master very kindly gave me two photos of the school and a book about the school
and regretted that I did not see the children at work as my visit was on holiday time. . .
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1933-1938
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Figura 3.1: Testi scolastici e supporti alla didattica del ventennio.
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Figura 3.2: Attinoterapia: bagni di sole nel salone al primo piano.
Figura 3.3: Ginnastica nel cortile della scuola.
1933-1938
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Figura 3.4: Lavori femminili.
Figura 3.5: In mensa.
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Figura 3.6: Un saggio di danza nell’atrio principale.
Figura 3.7: Festa in costume nel cortile della scuola.
1933-1938
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Figura 3.8: Rappresentazioni teatrali.
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Figura 3.9: La tessera G. I. L. “Gruppo Tonoli” per gli alunni della “Leonardo”
Figura 3.10: Il “saluto alle quinte” delle “Amiche della scuola”
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1933-1938
Figura 3.11: Bandierina commemorativa della guerra in Etiopia e cartina dell’ “Africa italiana”.
Quest’anno vi sono disposizioni perché non vengano iscritti
alunni di razza ebraica (i cui genitori siano entrambi israeliti).
(dalla “Cronaca della Leonardo”)
Anni difficili
Con la parole che aprono questo capitolo ha significativamente inizio il resoconto dell’anno scolastico 1939–1940, anno che prelude alla pagina più triste della storia della
nostra scuola. Inutilmente cercheremmo nelle pagine che seguono un qualsivoglia accenno, un riferimento anche indiretto alle conseguenze di quelle famigerate “disposizioni”:
la memoria storica ufficiale di quei tragici fatti si ferma qui. Poi, come ineluttabile
nemesi, verranno gli allarmi aerei, le bombe, le fughe nei rifugi, gli sguardi attoniti
su di una città straziata. Tutto questo però alla fine del 1939 è ancora lontano: continuano gli spettacoli teatrali e le visite illustri, si moltiplicano le grandi adunate nel
cortile. Nella “cronaca” si osserva solo come, con il richiamo al servizio militare di
buona parte del personale maschile, il numero di addetti alla Scuola sia notevolmente
ridotto, e pertanto si renda necessaria «. . . una maggiore attenzione per la pulizia da
parte di insegnanti e scolari». Nel novembre 1940 si dà inizio alla trasformazione dei
sotterranei della scuola in rifugio antiaereo e si fanno prove di “discesa rapida”. Specifiche iniziative del “periodo d’emergenza” sono la corrispondenza con i combattenti
(per cui viene creato un piccolo archivio), le visite ai feriti accompagnate da doni, la
sottoscrizione per l’acquisto di lana e la lavorazione della stessa a favore dei soldati.
A partire da novembre viene attuato l’orario alternato «. . . allo scopo di far funzionare, agli effetti del risparmio di combustibile per il riscaldamento, una sola ala dell’edificio scolastico». Nel giugno 1942 le autorità scolastiche dispongono di effettuare
un “esperimento di autarchia” nelle scuole del comune di Milano, volto alla raccolta e
al riciclo di rottami metallici e non metallici. L’ iniziativa “Fiocco di lana” dà risultati
particolarmente significativi, con la raccolta e la lavorazione da parte delle alunne di
sei quintali di lana. L’anno scolastico 1942–43 vede l’inizio del periodo più difficile per
la “Leonardo” . Si è costretti a prolungare le vacanze invernali dal 6 dicembre al 15
febbraio, ma il personale insegnante non può abbandonare la sede senza permesso delle
autorità: chi intende pernottare fuori Milano deve farne domanda al Provveditorato.
In seguito ai bombardamenti alleati del 13 e 14 febbraio, dopo i quali si presentano alle
lezioni meno di cento alunni sui duemila circa in forza alla Scuola, l’Ispettorato riduce
le classi, abbinandole, a sole diciotto. Per le lezioni, trasformate in “colloqui” di tre
ore al giorno, ci si avvale di “Radio–scuola”. Viene disposta una sovvenzione straordinaria di indennità bellica per gli insegnanti. Con l’intensificarsi delle incursioni aeree,
il 24 marzo si deve porre termine all’anno scolastico. Con l’anno scolastico 1943–44, la
“Leonardo” viene trasferita nell’edificio di via Stoppani: le lezioni avvengono a giorni
alterni per le classi delle due scuole. Il 10 agosto 1944 ha luogo il sacrificio del maestro
Salvatore Principato. L’anno successivo la scuola di via Stoppani viene occupata da un
reparto di Polizia Speciale: pertanto la “Leonardo” si trasferisce di nuovo nell’edificio
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1939-1948
di via Pisacane e successivamente in viale Romagna. Si cerca di facilitare l’iscrizione
dei numerosi profughi che rientrano in città, anche quando non possano esibire un certificato scolastico. Le lezioni, comunque, non occupano più di due giorni alla settimana.
Il ritorno della “Leonardo” in sede avviene solo il 25 maggio 1945.
Il primo anno scolastico del dopoguerra mette in piena luce le difficoltà in cui si
dibatte la scuola, come del resto il Paese intero: in novembre, per il freddo, l’orario
viene ridotto a sole due ore e mezza: in questo modo, riscaldando solo alcune aule,
tutte le classi (che includono anche quelle della “Stoppani”, ospite della “Leonardo” ,
e successivamente alcune sezioni della Scuola Magistrale “Virgilio”) possono svolgere
a turno tutte le lezioni. L’orario regolare riprende solo il 5 aprile. Il 10 agosto viene
scoperta nell’atrio della scuola una lapide a Salvatore Principato. L’alternarsi delle
lezioni di “Leonardo” e “Stoppani” prosegue anche per l’anno successivo.
La “cronaca della Leonardo” riporta al termine del 1948, con le parole sconsolate
di Pietro Bianchi, un quadro desolante degli effetti degli anni di guerra su quella che,
come abbiamo visto, era descritta anche da giornalisti stranieri come una scuola d’avanguardia a livello europeo: «. . . La dotazione della scuola fu quasi totalmente distrutta;
le carte geografiche murali, i sussidi per l’insegnamento scientifico e aritmetico, i libri
della biblioteca magistrale, il teatro con gli accessori, la sala cinematografica, le palestre,
l’archivio didattico e fotografico, i cartelloni. Si salvarono parzialmente l’impianto radiomicrogrammofonico, con centralino modello, la discoteca e i pianoforti. Vennero
asportati e distrutti i mobili della Direzione e della Segreteria».
Figura 4.1: Nella pianta: effetti dei bombardamenti sul centro storico, con in nero gli stabili
completamente distrutti ed in grigio quelli gravemente danneggiati. Nei riquadri la Scala, Palazzo
Marino, l’ Ospedale Maggiore, S. Maria delle Grazie.
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In quegli anni, a Milano . . .
1939 Come conseguenze delle leggi razziali, Ettore Modigliani deve lasciare la direzione di
Brera e l’editrice Fratelli Treves viene rilevata da Aldo Garzanti. Inaugurazione del
nuovo ospedale di Niguarda. Muore a Milano Delio Tessa.
1940 Decreto che ordina la requisizione delle cancellate di ferro: vengono fusi molti portoni di
epoca umbertina e liberty. Nella notte del 16 giugno prime bombe su Milano. Il tribunale
trasloca dal palazzo di piazza Beccaria al nuovo Palazzo di Giustizia in corso di Porta
Vittoria.
1941 Campagna per gli “orticelli di guerra”: tutto il verde pubblico, dalle aiuole di piazza
del Duomo ai cortili del Castello, viene coltivato a grano e ortaggi. Muore a Milano
Giuseppe Gervasini, il pret de Ratanà, sacerdote che guariva i poveri con medicamenti
ispirati all’antica scuola salernitana.
1942 Razionamento del pane: la razione giornaliera viene ridotta a 150 grammi pro capite.
Dopo il primo grande bombardamento del 24 ottobre la popolazione comincia a sfollare dalla città. Vengono tra l’altro colpiti gli ospedali Maggiore e Fatebenefratelli,
l’Università e il Cimitero Monumentale.
1943 Alla fine di marzo, primo sciopero alla Falck di Sesto, seguita dalla Pirelli e da molte altre
industrie milanesi. Nei tre grandi bombardamenti di agosto vengono colpiti gravemente
tutti i simboli storici della città, compresi il Duomo, la Galleria e Palazzo Marino. I
bombardamenti distruggono o colpiscono gravemente il 15% circa dei vani esistenti. Tre
giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre il comando tedesco si insedia all’Albergo Diana.
1944 Una bomba dei GAP fa saltare un camion militare tedesco in viale Abruzzi provocando
8 morti. Per rappresaglia il 10 agosto i tedeschi fucilano 15 partigiani in piazzale Loreto,
tra cui Salvatore Principato. Il 20 ottobre, durante un bombardamento, viene colpita la
scuola elementare “Francesco Crispi”: muoiono 200 bambini, 14 insegnanti e 2 bidelli.
1945 Nella notte tra il 25 e il 26 aprile le formazioni partigiane occupano gli edifici pubblici,
la stazione radio, le principali caserme della città, la tipografia del Corriere della Sera.
L’alba del 29 aprile i corpi di Mussolini, Claretta Petacci e 15 gerarchi giustiziati a Dongo
vengono esposti in Piazzale Loreto. Il giorno dopo le truppe alleate entrano a Milano.
Esce dalla redazione di viale Tunisia il primo numero del Politecnico di Elio Vittorini.
1946 A Milano si forma un consiglio comunale a maggioranza socialista, con sindaco Antonio
Greppi. Rivolta dei detenuti di San Vittore, dove sono rinchiusi sia fascisti che partigiani,
domata solo con l’intervento di reparti alleati. Le tre banche di interesse nazionale
(Comit, Credito Italiano e Banco di Roma) fondano Mediobanca.
1947 La “Volante Rossa” , gruppo che si richiama nel nome ad una formazione della Resistenza,
compie omicidi e numerose aggressioni nei confronti di militanti neofascisti e sedi di
partiti moderati. Apertura del Piccolo Teatro di via Rovello. L’VIII Triennale presenta
un progetto di quartiere popolare sperimentale che prenderà poi il nome di Quartiere
Triennale 8 (QT8).
1948 Dopo il fallito attentato a Togliatti, gli operai occupano numerose fabbriche, mentre
diversi industriali riparano in Svizzera. Don Gnocchi crea la “Fondazione Pro Juventute”
per assistere i bambini mutilati. Nasce la Charitas Ambrosiana. Dino Buzzati pubblica
il racconto fantastico Paura alla Scala.
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1939-1948
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Ricordi di una bambina senza colpe
. . . I libri di testo ufficiali erano impregnati di propaganda fascista fin dalla prima classe.
Si studiavano a memoria poesie di Mussolini (ad esempio sul pane, profumo della terra,
gioia del focolare); c’era la raccolta di materiale di ferro per fare armi; la raccolta
delle fedi d’oro delle mogli, sostituite dalle fedi d’acciaio; ricevevi in dono una foto di
Mussolini con la raccomandazione di esporla in bella vista. Mia madre era antifascista,
ma ritenendo che io fossi troppo piccola per affrontare contrasti di opinioni tra scuola
e casa, era molto brava nell’evitare certi problemi. Cosı̀ mi convinse che la foto di
Mussolini non doveva rovinarsi ed era meglio archiviarla in un cassetto. La cosa era
delicata perché il regime si sosteneva anche con lo spionaggio: bastava che un bambino
riferisse discorsi sentiti a casa e non allineati al regime fascista per avere dei guai. Cosı̀
capitò ad un compagno di mio fratello il cui padre venne prontamente convocato nella
sezione del fascio in via Caldamosto, dove con le maniere forti cercarono di convincerlo
che aveva torto. Ora in questa sede ci sono uffici della questura dove sono stata tante
volte, ma è una porta che varco sempre con un certo disagio. . . Nell’autunno del ‘38
la nostra vita da bambini italiani ebrei cambiò profondamente e fino alla fine della
guerra nel ‘45 abbiamo vissuto in un mondo a parte, quelli che sono sopravvissuti alle
deportazioni. Fra i provvedimenti delle leggi razziste quello che limitava le possibilità
di lavoro a mio padre ebbe effetti sul nostro tenore di vita; quello che ci impose di
allontanare la donna di servizio comportò grossi problemi nella gestione quotidiana della
casa (non c’erano gli elettrodomestici che oggi semplificano i lavori casalinghi) e quello
che comportava l’allontanamento dalla scuola ebbe un fortissimo impatto sulla nostra
vita di bambini. Mio fratello Emilio aveva frequentato la quarta classe alla “Leonardo” ,
io la seconda e mia sorella Paola si apprestava ad entrare in prima. Andammo con la
mamma a scuola dal direttore Piero Bianchi, per ritirare le nostre pagelle e il direttore
fu molto civile ed espresse rammarico per quanto era successo. Ad un certo punto, non
ricordo in che data, ci fu offerta la possibilità di frequentare la scuola elementare di via
Spiga, con orario pomeridiano perchè non incontrassimo e non “contagiassimo” con la
nostra presenza i bambini “ariani”. . . Cosı̀ cessarono i rapporti con gli ex-compagni e in
genere con i bambini del vicinato. Nessuno dei compagni ci cercò e noi non volevamo
esporci ad un rifiuto. Non sappiamo se a scuola si parlò di noi, probabilmente no: la
nostra scomparsa passò sotto silenzio. Negli anni seguenti passammo alla scuola della
Comunità Israelitica in via Eupili, con un lungo percorso in tram (50 minuti) che ci
toglieva molto tempo libero. Nuovi compagni, nuovi amici, qualcuno poi scomparso ad
Auschwitz, qualcuno emigrato, altri ancora qui. Se si potesse ragionare serenamente si
potrebbe dire per assurdo che fu per noi una fortuna. Infatti uscimmo da una scuola
fascista e poliziesca che dava un’educazione negativa sotto molti aspetti, che per noi
s’interruppe, sostituita da una scuola che dal punto di vista educativo e culturale era
ottima.
Gisella Vita-Finzi
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Un maestro di vita
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Salvatore Principato divise la sua vita tra l’insegnamento e l’impegno politico, visti l’uno come
completamento dell’altro. Militante del movimento “Giustizia e Libertà”, appena ventenne
fu processato e assolto per aver animato con altri giovani una protesta sindacale a Piazza
Armerina. Avversario dichiarato di ogni forma di violenza, durante la Grande Guerra ottenne
la medaglia d’argento al valor militare non per temerarie imprese d’assalto, bensı̀ per aver
realizzato un sorprendente numero di prigionieri austriaci con lo scopo esplicito di salvare loro
la vita.
Maestro elementare dal 1913, si trasferı̀ dalla natia Sicilia prima a Vimercate e poi a Milano
“dove la vita offriva maggiori possibilità”, inserendosi rapidamente nel tessuto umano e sociale
della città. Insegnò, oltre che alla “Leonardo” , alla “Giulio Romano” e alla “Tito Speri”. A
Milano incominciò una fervente attività politica, frequentando la casa di Filippo Turati e Anna
Kuliscioff, e collaborando con Giacomo Matteotti e con i fratelli Rosselli. Deferito nel 1933
al Tribunale Speciale di Roma, fu rilasciato dopo oltre tre mesi di carcere. Fece parte della
33a brigata Matteotti, fu nel secondo e nel terzo comitato antifascista di Porta Venezia e nel
Comitato di Liberazione Nazionale della Scuola.
In via Cusani 10 gestiva anche una piccola officina meccanica allo scopo di arrotondare lo
stipendio di maestro e di mascherare uno smistamento di propaganda clandestina. Qui, forse
tradito dalla delazione di un giovane operaio, fu arrestato dai nazifascisti nel luglio 1944 ed
imprigionato prima nel carcere di Monza, dove fu torturato dalla polizia fascista che gli ruppe
anche un braccio, e poi trasferito a San Vittore. Per avere qualche notizia sulla sua posizione,
alla moglie e alla figlia Concettina fu suggerito di rivolgersi a “uno molto influente”. Si trovarono
di fronte a un individuo arrogante in divisa nazista, che parlando in milanese disse di «non
sapere chi fosse questo Principato, ma che avevano preso uno dei capi, che gli avevano spaccato
un braccio e gliela avrebbero fatta pagare cara»: durante uno straziante incontro, avvenuto a
S. Vittore “in un sotterraneo del carcere, con i fucili puntati”, il maestro finse tuttavia (non
creduto) di “essersi fatto male da solo”. Per rappresaglia nei confronti di un’azione partigiana,
il 10 agosto 1944 quindici antifascisti, già detenuti nel carcere di S. Vittore e completamente
estranei all’azione, furono scelti uno per uno da Theodor Saevecke, capo della Gestapo di
Milano (che sarà condannato alla pena dell’ergastolo solo nel 1999, dopo una lunga e tranquilla
carriera nel Ministero degli Interni tedesco) e fucilati in piazzale Loreto: fra questi c’era anche
Salvatore Principato. Le salme vennero ammucchiate a terra e fu impedito qualsiasi gesto di
omaggio da parte della popolazione e dei parenti. Alcuni presenti all’eccidio affermano di aver
sentito Principato incoraggiare le povere vittime nel momento estremo, allargando le braccia e
pronunciando le parole: “Coraggio: è questione di pochi istanti”.
Maestro anche nella vita, Principato aveva abituato la famiglia al rispetto e al confronto: alla
figlia che gli chiedeva “ma chi siamo noi?”, soleva rispondere “siamo liberi pensatori”. Vogliamo
ricordarlo con la breve poesia che Alfonso Gatto scrisse e diffuse clandestinamente pochi giorni
dopo la strage.
Ed era l’alba, poi tutto fu fermo
La città, il cielo, il fiato del giorno.
Restarono i carnefici soltanto
Vivi davanti ai morti.
Era silenzio l’urlo del mattino,
Silenzio il cielo ferito:
Un silenzio di case, di Milano.
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1939-1948
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Figura 4.2: L’“autocertificazione” di non appartenenza alla “razza ebraica”.
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Figura 4.3: “Adunata generale” nel cortile della scuola.
Figura 4.4: Il saluto (romano) alla bandiera.
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Figura 4.5: Immagine dell’Italia “imperiale” nel cortile.
Figura 4.6: L’offerta della lana.
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Figura 4.7: “Impero” e guerra attraverso le pagelle.
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1939-1948
Figura 4.8: Nel 1939 il ministro Bottai, nell’intento di riorganizzare completamente l’ordinamento
scolastico “gentiliano”, presentò al Gran Consiglio un progetto di riforma che prese il nome di “Carta
della Scuola” e che indicava, attraverso le sue diciannove “dichiarazioni” ordinamenti, insegnamenti e
orari per tutti i gradi di insegnamento, dalla scuola materna al sistema universitario. La riforma non
fu attuata per lo scoppio della guerra: l’unica disposizione adottata fu la scuola media unica, istituita
nel 1940, ma che in realtà non ebbe tempo per diventare realmente effettiva. Nel 1942, comunque, il
direttore Bianchi informava le famiglie delle opportunità fornite dal nuovo ordinamento, trasmettendo
lo schema della riforma completa e le modalità per accedere alla scuola media unificata. Nello schema
in figura, lo spazio occupato dalle singole caselle indica la durata del corso di studi; il passaggio dall’uno
all’altro ordine è indicato con una linea continua quando può avvenire direttamente, mentre una linea
tratteggiata interrotta da un circolino indica la necessità di un esame di ammissione o integrazione.
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Figura 4.9: Disposizioni per i genitori in caso di allarme aereo.
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1939-1948
Figura 4.10: Il “decalogo” per gli alunni con le norme di comportamento in caso di allarme aereo.
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Figura 4.11: Lapide commemorativa a Salvatore Principato.
È già stata fortuna per me cominciare con voi il nostro lavoro.
In tanti anni ho qui visto passare migliaia di alunni: tutti mi
sono presenti. E come loro, io seguirò sempre col pensiero e col
cuore anche tutti voi, alunni e insegnanti, nel vostro lavoro.
Piero Bianchi
Ricominciare
La progressiva ripresa economica, sociale e culturale degli anni ‘50 ha riflessi anche
sulla ristrutturazione del tessuto educativo del Paese. Per ciò che riguarda la situazione generale dell’istruzione nel Paese, una commissione d’inchiesta parlamentare
mette in luce come, nei primi anni del decennio, l’85% della forza lavoro abbia al più
un istruzione elementare (nonostante l’introduzione nel 1947 di “corsi di cultura popolare contro l’analfabetismo”) e come degli iscritti alle elementari solo 1/8 arrivi alle
scuole medie e 1/16 alle superiori. Dal punto di vista normativo, nell’ottobre 1955
entrano in vigore i nuovi programmi didattici (“Programmi Ermini”—D. P. n. 503),
sollecitati direttamente dalla necessità di «far aderire maggiormente il piano didattico
alla struttura psicologica del fanciullo e tenere conto che per precetto della Costituzione
l’istruzione inferiore obbligatoria ha per tutti la durata di almeno otto anni». Per rendere questi intenti praticamente attuabili, il carico delle nozioni fu alleggerito rispetto
ai programmi quinquennali precedenti e vennero elaborati programmi graduati per cicli
didattici, atti a «rendere meglio possibile un insegnamento individualizzato in relazione
alle capacità di ciascuno, cosı̀ che in un periodo di tempo a più largo respiro ogni alunno possa giungere, maturando secondo le proprie possibilità, al comune traguardo»,
e mirati a sviluppare in tutti gli alunni “intuizione, fantasia, sentimento”. Particolare rilievo viene assegnato all’insegnamento religioso, che dev’essere considerato come
“fondamento e coronamento di tutta l’opera educativa”: pertanto, «la vita scolastica
abbia quotidianamente inizio con la preghiera, che è elevazione dell’animo a Dio, seguita dalla esecuzione di un breve canto religioso o dall’ascolto di un semplice brano di
musica sacra». Trovano anche maggior spazio libere attività espressive quali il disegno
ed il canto corale. Permane una specifica distinzione per il “lavoro femminile”, che
è essenziale «sia tenuto nella più alta considerazione come uno degli elementi di formazione spirituale della donna e per la sua grande influenza morale e materiale nella
vita domestica. Le fanciulle saranno pertanto esercitate in graduali lavori più facili
e più comuni di maglia, di cucito, di rattoppo, di rammendo e di ricamo, con particolare riguardo alle esigenze più sentite ed alle tradizioni dell’ambiente locale. Siano
inoltre educate ai più facili lavori di pulizia, di abbellimento e di buon governo della
casa. Sarà curata anche la pratica dell’igiene e, possibilmente, delle più elementari
abilità nel cucinare». Di un certo interesse per l’istruzione di base è l’istituzione della scuola “post-elementare”, pianificata nel tentativo di ottemperare all’Art.34 della
Costituzione che prevede otto anni di istruzione obbligatoria: l’avvento della scuola
media unificata è tuttavia, come vedremo, ancora ben al di là da venire. L’intensa
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1949-1959
attività di ricostruzione e ristrutturazione edilizia dà origine ad un certo ampliamento
degli spazi destinati alle strutture educative di base, che viene in parte a sostenere le
esigenze derivanti dalla crescita della popolazione scolastica. Per quanto riguarda la
zona di “Città Studi”, è di particolare interesse la creazione nel 1958, in via Clericetti,
della scuola speciale “Antonio Scarpa” per “subvedenti” o “ambliopi”, nata per offrire
a bambini con gravi minorazioni della vista l’opportunità di essere seguiti didatticamente come ipovedenti, con un residuo visivo da sfruttare ed educare, piuttosto che
essere inseriti negli Istituti per Ciechi come “non vedenti”.
La cronaca della “Leonardo” annota che il primo anno scolastico “normale” fu il
1949–50: vengono tra l’altro sistemate cucina e dispensa, rimesse in funzione le palestre,
riadibito a “Sala Maestri” un locale al piano terreno. In questo stesso anno rinacque il
gruppo delle “Amiche della Scuola”, composto da una quarantina di mamme, e venne
istituita un’“Associazione per padri di famiglia e insegnanti” con finalità di collaborazione ed approfondimento. Nel 1956 nasce anche una “ Fondazione Leonardo”, promossa da Giuseppe Grego, che fornirà tra l’altro borse di studio agli alunni meritevoli
e bisognosi. In breve tempo, la dotazione di cassa della Fondazione è già di 450.000
Lire, cifra non trascurabile per l’epoca (per fare un raffronto, si tenga conto che in
quegli anni era tra le aspirazioni di un ogni impiegato di buon livello raggiungere uno
stipendio mensile di 50.000 Lire). Nella vita della scuola assumono importanza particolare la prevenzione e l’assistenza medica, che divengono via via più assidue, con
visite periodiche, “nebulizzazioni”, e l’istituzione di corsi di ginnastica “correttiva”;
tra il personale medico della Scuola è stabilmente presente anche un dentista. Nella
formazione degli alunni vengono progressivamente introdotti elementi di educazione
civica, in particolare attraverso la proiezione di filmati, una serie di lezioni via radio
svolte dal Direttore stesso e la rievocazione di personaggi di spicco nella storia culturale
e civile del Paese. Particolare rilievo viene dato a fatti salienti quali, ad esempio, la
riannessione di Trieste all’Italia nel 1954; o alla solidarietà verso chi è colpito da eventi
disastrosi, come in occasione dell’alluvione del Polesine del 1955, quando la “Leonardo” si offre di accogliere alunni provenienti dalle zone colpite. Uno sforzo particolare
viene compiuto per incrementare i sussidi didattici e la strumentazione di laboratorio
per l’insegnamento delle scienze naturali, ad esempio con l’acquisto di un microscopio,
un piccolo planetario, una grande bussola marina ed infine materiale per una piccola
stazione meteorologica, da realizzarsi con l’aiuto e la consulenza del Prof. Cavedon,
dell’Osservatorio di Brera e Merate. Lezioni di scienze erano talora svolte nell’aula del
Museo dal Direttore stesso, che inoltre usava con frequenza la radio per “iniziare” i
bambini all’ascolto della musica classica. Verso la fine del decennio viene anche ristrutturata e rimessa in funzione la piscina, con i nuovi mosaici disegnati da Mario Vago e
messi in opera dalla ditta Fantini.
Il primo giorno di scuola si svolgeva più o meno come quello descritto da Giovanni Mosca nell’articolo La rosa dei venti apparso su Il Tempo e in parte riportato al
termine di questo capitolo (Oltre a Paolo, anche Benedetto e Maurizio Mosca furono allievi della “Leonardo” ). Come riporta testualmente la cronaca della scuola: «. . . Note
dominanti del discorso del Direttore sono: Dio, la Patria, il lavoro». La vita scolastica
di ogni giorno era improntata ad una certa severità: in alcune classi non mancavano
le punizioni corporali, o quelle più “sottili” come il ritiro della “merendina”. Alcuni
scolari di quinta (quelli considerati più meritevoli) avevano l’incarico di “caposcala” e
aiutavano a disciplinare l’entrata e l’uscita delle scolaresche: la carica era molto ambita
e veniva segnalata da un particolare della divisa (stemma bianco e rosso e, per le bimbe,
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colletto di velluto amaranto con pizzo bianco). Nell’immaginario degli alunni di allora è
circondata da un alone magico la visita di un principe vietnamita, col dono per tutti di
un profumato quaderno di foglie di banano, su cui purtroppo si rivelò impossibile scrivere con l’inchiostro. Verso la fine del decennio, con la progressiva ripresa economica
e sociale del Paese, si manifesta anche qualche perplessità da parte del corpo docente,
talora critico nei confronti del mutato del tenore e stile di vita delle famiglie. Nella
relazione finale sulla classe IA del 1956–57 leggiamo ad esempio che « . . . La disciplina
apparentemente è stata ottima, ma sostanzialmente ho notato in questo turno (il IX
della mia carriera) una incapacità nelle bimbe a dominarsi, a durare nell’attenzione.
Sarò in errore, ma di questa irrequietezza, di questa instabilità rendo responsabile la
TV, alla quale erano ammessi anche i bimbi fino a tarda ora. Le piccine venivano
frastornate ed eccitate, dominate dai ricordi dei vari spettacoli a cui avevano assistito
le sera innanzi - “Dotta ignoranza” dei genitori! ». In un epoca in cui la televisione
era presente in meno di una casa su trenta, temiamo che la nostra maestra non potesse
che soffrire della sindrome di Cassandra. . .
«Chi è stanco deve riposare»: con queste parole, l’8 novembre 1956 ha inizio il
discorso di commiato agli scolari del direttore Piero Bianchi, che lascia il posto ad
Anna Maria Zanoni. All’inizio dell’anno scolastico aveva lasciato la scuola anche Edvige Locatelli, segretaria ed infaticabile ausilio del Direttore fin dai primi giorni della
“Leonardo” . Una solenne cerimonia, cui intervennero tra l’altro numerose autorità
cittadine, segnò nel 1956 l’addio di Bianchi alla scuola. Purtroppo, questo personaggio
“simbolo”, indissolubilmente legato alla storia della “Leonardo” , non avrà molto tempo per godersi il meritato riposo: pochi mesi dopo, Piero Bianchi lascia per sempre,
con questa vita, i bambini che aveva sempre amato.
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In quegli anni, a Milano . . .
1949 Viene approvato il piano di ricostruzione di Milano. Sulle rovine di Palazzo Melzi si
costruisce un nuovo complesso che comprende la galleria e il Teatro di via Manzoni. La
Rizzoli, con I Promessi Sposi, lancia la BUR, prima collana economica del dopoguerra.
1950 Il grattacielo di piazza della Repubblica, alto 114 metri, è il primo edificio al quale è
consentito di superare la Madonnina. Franco Lombardi e Giannino Castiglioni realizzano
le porte del Duomo con la Storia del Comune di Milano e la Vita di S. Ambrogio. Il
palazzo di Brera restaurato è riaperto al pubblico. Riapre la Rinascente, nella nuova
sede di piazza del Duomo.
1951 In maggio violenta scossa di terremoto, che comunque non provoca danni. Viene eletto
sindaco Virgilio Ferrari. Si parla di vendere la Galleria per costruire case popolari, ma
non se ne fa nulla. Vittorio De Sica gira “Miracolo a Milano”.
1952 Il Comune acquista la Pietà Rondanini di Michelangelo dagli eredi Vimercati Sanseverino.
I Cistercensi tornano nell’abbazia di Chiaravalle da cui erano stati allontanati nel 1798.
1953 Con una mostra celebrativa del quinto centenario della nascita di Leonardo da Vinci,
viene inaugurato il Museo della Scienza e della Tecnica nell’ex convento di S. Vittore.
Costruzione (1953-55) dell’edificio delle Ferrovie Nord in piazzale Cadorna. Iniziano
i lavori della nuova strada che viene battezzata “Corso Europa” come auspicio per la
futura Unione Europea.
1954 Utilizzando quanto resta del chiostro di S. Pietro in Gessate, inizia la costruzione del
Liceo Scientifico Leonardo da Vinci. Conclusione ufficiale dei restauri di palazzo Marino
danneggiato dai bombardamenti. Al Politecnico viene installato il primo elaboratore
elettronico.
1955 Il ministro dei Lavori Pubblici firma il decreto che dà il via ai lavori della prima linea
metropolitana. Cessa definitivamente il traffico merci lungo la Martesana, da tempo
ridotto a pochi barconi di sabbia e ghiaia. Inaugurazione del secondo anello dello stadio di S. Siro, inaugurato l’anno successivo dalla partita Italia–Brasile, e della Galleria
restaurata.
1956 Il Comune di Milano cede allo Stato l’Ospedale Maggiore per la nuova sede dell’Università, ottenendo in cambio Palazzo Reale. Inizia la costruzione della Torre Velasca, che
sarà terminata nel 1958. Esce il primo numero de “Il Giorno”. Inizia la costruzione del
grattacielo Pirelli, che verrà inaugurato il 4 aprile 1960.
1957 Imperversa la grave epidemia influenzale “asiatica”. Iniziano in via Buonarroti i lavori
della linea 1 della metropolitana. Ultimo viaggio del “gamba de legn”: uno degli ultimi
treni viene esposto nel Museo della Scienza e della Tecnica.
1958 Al restaurato Ospedale Maggiore si insediano le facoltà umanistiche dell’Università
Statale. Rapina di via Osoppo con bottino di 200 milioni. Un pittore squilibrato sfregia
con un punteruolo lo Sposalizio della Vergine di Raffaello a Brera. Si inaugura il primo
tratto Milano-Parma dell’Autostrada del Sole.
1959 L’Istituto lombardo passa da Brera a palazzo Landriani. Possiede 200.000 volumi. Riaffiorano in corso Europa i resti romani delle Terme Erculee. Inaugurazione dell’Opera S.
Francesco per i poveri in viale Piave.
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Una traccia indelebile
È difficile riassumere in poche righe anche solo gli aspetti essenziali della figura di Piero Bianchi,
personalità che ha forgiato l’ossatura portante sul piano educativo e soprattutto umano della
“Leonardo” , divenuta traccia indelebile e modello di riferimento per la la nostra scuola lungo
tutta la sua storia successiva.
Iniziamo con alcune note biografiche. Nato a Gardone Valtrompia nel 1889, figlio e nipote
di maestri elementari, “milanese” dal 1896, dove si era diplomato presso la Scuola Normale
“Gherardini”, Bianchi aveva iniziato la sua lunga carriera magistrale a Seregno come insegnante
presso l’Istituto Zaccaria dei Padri Barnabiti. Decorato con la croce al merito come combattente
della prima guerra mondiale, nel 1929 divenne direttore didattico a Milano. La direzione
della “Leonardo” non gli impedı̀ di svolgere molte altre funzioni: ispettore di circoscrizione,
consigliere comunale, presidente del consiglio di amministrazione della Scuola Alberghiera,
membro del direttivo sindacale e del “Gruppo d’azione per le scuole del popolo”. Trovò anche
modo di dedicarsi alla scrittura di libri per l’infanzia, tra cui ricordiamo Il primo dizionario per
le elementari, La nuova aurora (corso completo di letture), Le storielle dei tre gnomi arguti,
Nel paese delle meraviglie, Capitan Folchetto. Non potevano mancare, ovviamente, libri sulle
figure di Leonardo da Vinci e, forse perchè a lui debitore dell’invenzione di cui fece ampio
uso per comunicare con i fanciulli, di Guglielmo Marconi. Tutto ciò comunque non sottrasse
una briciola alla dedizione costante alla nostra scuola, che Bianchi visse sempre come impegno
primario verso la propria “creatura”. Una nota personale fa da sfondo anche alla sua capacità
di comunicare ai bimbi l’amore per la musica: Bianchi aveva infatti sposato Lina Sormani, una
collega che proveniva da un’illustre famiglia di musicisti.
I ricordi personali, che ci permetterebbero di delineare con maggiore efficacia la figura umana
di Bianchi, si fanno, per ovvie ragioni anagrafiche, sempre più scarsi. Quelli che siamo riusciti
a raccogliere hanno, in ogni caso, un tratto distintivo in comune: delineano inequivocabilmente
una grande persona, di notevole spessore, carisma e umanità; e anche quando si riferiscono
a momenti difficili, sono ispirati senza mezzi termini ad una grande stima e ad un profondo
affetto. Bianchi severo e che ispira soggezione; ma che anche, immancabilmente, si ferma a
salutare i suoi bimbi, classe per classe, all’uscita. Bianchi che fa il saluto fascista di fronte agli
alunni schierati nel cortile; ma che cerca anche di evitare l’espulsione dei bambini ebrei dalla
scuola e, quando è costretto a farlo, lo fa con vero e sentito dispiacere.
Non ci è dato conoscere in qual modo Bianchi abbia vissuto dal punto di vista personale quel
periodo storico: certamente condivideva in pieno molti dei valori a cui la scuola di quei tempi si
ispirava e fu sempre conscio della sua funzione istituzionale come esecutore e non come giudice.
Ma rispettò sempre colleghi come Salvatore Principato, con cui condivise un lungo cammino,
e dei quali sarebbe azzardato credere non conoscesse le idee e le scelte: in un mondo in cui
anche un portinaio poteva essere strumento di delazione e di rovina per una vita, Bianchi
non lo fu mai nei confronti di coloro della cui azione educativa era in fondo referente. Le
sue scelte del primo dopoguerra, con l’adesione appassionata al Partito Socialista Democratico,
l’attività di consigliere comunale, l’impegno costante verso le scuole professionali, testimoniamo
in pieno, come ricordò l’assessore Giuseppe Spalla al suo funerale, quanto per Bianchi avesse
fondamentale importanza «l’impegno ideale nei confronti dei più umili».
Una volta lasciata la “Leonardo” se ne andò in fretta, troppo in fretta, per una banale conseguenza post–operatoria di un intervento che aveva a lungo rimandato. Ma, in fondo, aveva
forse ragione Luigi Cremaschi, ex-Direttore della “Casa del Sole”, che cosı̀ lo ricordava:
«Non voleva, non poteva lasciare la sua Scuola. E non solo perché l’aveva presa
appena terminata e ne aveva fatto un istituto modello, improntato del suo gusto,
della sua precisione, della sua serena compostezza, ma perché la Scuola era, anche
fisicamente, la Sua stessa vita. . . »
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Riflessioni di Giovanni Mosca sul primo giorno di scuola
Permettendo ai padri e alle madri di andar su a vedere coi loro occhi, nelle aule di prima,
in qual banco e accanto a quale compagno la maestra ha messo il loro figliuolo, il Direttore
ha avuto una bellissima idea. . . nata sotto il sole nel cortile grande quanto una piazza d’una
delle più belle scuole di Milano, coi fiori ad ogni finestra, e con un pensiero, in ogni classe, di
Leonardo da Vinci, inciso nella pietra e pur facile ed aereo come una pennellata di celeste . . .
. . . C’è un momento da superare, uno solo, ma diffı̀cilissimo: quando la maestra cui è toccato
il nostro figliuolo (quale sarà? quella giovane e simpatica, o quella grossa, vestita di nero,
con uno di quei cappelli simili a cespugli pieni di nidi che portano solo le vecchie maestre, o
quella, vecchia anche essa, alta e sottile, con la voce rabbiosa?), quando dunque la maestra
cui è toccato il nostro figliuolo, nel silenzio del cortile in cui risuona come un grido anche
la parola più sommessa oh, non dice come sempre fino ad oggi abbiamo detto noi, Paolo, o
Enrico, o Carlo, o Roberto, ma, prima del nome, il cognome, col quale è la prima volta che
sentiamo chiamare nostro figlio (Mosca Paolo, Bellometti Enrico, Morini Carlo, Caccialupi
Roberto) e che d’un tratto ce lo allontana come fosse non qui, dov’è, tra il padre e la madre
che lo consegnano alla maestra, ma laggiù, in alto, piccolo piccolo, seduto su quella nuvola che
passa, e ci chiama, ma non sentiamo, e ci saluta, ma vediamo appena, fra tanti barbagli di sole
nell’azzurro del cielo, la manina che s’apre e si chiude. Questo è il momento da superare. . .
Noi siamo ancora come se Paolo fosse il primo dei nostri figli, e per la prima volta venissimo
qui, in questo grande e bel cortile sul cui pavimento, al centro, è disegnata una immensa rosa
dei venti, e ogni punta è di un colore, e sono tante, c’è perfino il nord-nord-ovest, c’è perfino il
sud-sud-est. Da questo punto, al centro della rosa dei venti, comincia la vita dei nostri ragazzi.
Partono. Come rondini. Dove andranno, non si sa. Bellometti Enrico, ch’è il più piccino di
tutti, sembra abbia quattr’anni eppur già parte per la vita, dove andrà? Prenderà la strada del
sud-sud-est o quella del nord-nord-ovest? . . .
. . . La voce della maestra ci coglie all’improvviso.
«Mosca Paolo»
«Eccolo, signora. Quanta fretta! Ci dia almeno il tempo di rassettargli il grembiule, d’accomodargli il fiocco della cravatta, di tirargli indietro il ciuffo dei capelli, di dirgli. . . ». Non si
fa in tempo a dirgli niente perché i ragazzi d’oggi né piangono né, impauriti, tornano indietro,
verso la mamma, con le braccia aperte. . .
. . . Torniamo nel cortile deserto, dove l’enorme rosa dei venti distende in tutte le direzioni le
cento sue punte colorate. Nord-nord-est, sud-sud-ovest . . .
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Giovanni Mosca con i figli Paolo, Maurizio e Benedetto (da sinistra).
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Gli anni ‘50 visti dalla cattedra
Come note aggiuntive alla storia della “Leonardo” nel primo dopoguerra, includiamo qualche
breve commento degli insegnanti, tratto dai registri e dalle cronache di classe che, forse più che
ogni dato di fatto, ci può dare un quadro reale della vita e del clima della nostra scuola, visto
“dalla parte della cattedra”. . .
Il primo giorno di scuola . . . «Nuovo inizio, nuova energia, nuove speranze, nuovo
lavoro, sempre con freschezza e con giovanile entusiasmo, felicità di ritrovarci tutte,
meno tre rimaste senza promozione, nella nostra classe per il quinto anno» (ottobre
1953)
. . . e l’ultimo: «È l’ultimo giorno di scuola per le classi scrutinate. La Direzione
impartisce ordini chiari e precisi ed a mezzogiorno l’imponente scolaresca esce dall’atrio
d’onore, rendendo omaggio alle bandiere spiegate. . . Le mamme fanno corona davanti
agli ingressi commosse dallo spettacolo che danno i loro figlioli: grazia e semplicità,
ordine e dignità caratterizzano la bella, significativa cerimonia. Ed io, dopo vent’anni
trascorsi alla “Leonardo” , abituata a questo stile, mi rifugio nella mia classe, ormai
silenziosa, profondamente commossa. Le mie piccole rondini sono sciamate lontano:
io resto sola con il cuore greve di troppi ricordi.» (giugno 1954)
Le aule, l’assistenza sanitaria. . . «Una classe bella ed accogliente: pavimenti in
linoleum, schienale in sughero, pareti ripulite di fresco con alto zoccolo verniciato in
verde, tende verdi ed ampie alle finestre, lavagne alle pareti, tavolini individuali. Si lavorò sempre con gioia con il senso di conservare tutto lindo ed ordinato: le bimbe ebbero
una cura scrupolosa nella pulizia dell’aula e nel mantenimento delle piante verdi. . . Le
lampade germicide sono sempre accese. L’assistenza medico–sanitaria è degna di nota:
le bimbe vennero tutte visitate sia dal medico generico che dal dentista, venne curata la
rivaccinazione antivaiolare e antidifterica, venne somministrata la cura polivitaminica
a pillole, vennero scelte le alunne bisognose di cure marine e montane.» (Relazione
finale III B femminile, a.s. 1956/57)
. . . E gli svaghi educativi «Inaugurazione della nuova macchina cinematografica.
Le alunne vengono invitate a dire le loro impressioni ed a esprimere i loro desideri.
Sono tutte entusiaste e vedo che, la maggior parte, richiede pellicole raffiguranti la vita
di animali e di uomini illustri. Gustano (le alunne) molto la musica: l’hanno rivelato
nell’entusiasmo dimostrato durante la proiezione della pellicola “Armonie pucciniane”
e durante le lezioni di canto.» (gennaio 1954)
Talora, anche qualche incomprensione con i genitori. . . «I genitori si preoccupano troppo del benessere materiale, spesso offerto in modo esagerato, e trascurano
l’assistenza morale, per cui mi sento frequentemente porre domande alle quali dovrebbero rispondere solo i genitori con i quali, invece, non c’è la necessaria confidenza.»
(Sfogo di un maestro, dopo aver rivolto ai genitori di due alunni l’invito, caduto nel
vuoto, a conferire – dicembre 1954)
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1949-1959
Figura 5.1: Piero Bianchi con un alunno e in posa con le partecipanti ad un saggio ginnico.
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Figura 5.2: Il libro di Piero Bianchi dedicato alla figura di Leonardo.
1949-1959
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Figura 5.3: La gioia di un gelato.
Figura 5.4: Immagini di una gita allo zoo.
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Figura 5.5: La visita del principe vietnamita Buu-Loc.
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1949-1959
Figura 5.6: La piscina della “Leonardo” , con i particolari dei mosaici disegnati da Mario Vago.
Tra tutti gli strumenti educativi un’importanza particolare
riveste la scuola, che in forza della sua missione, mentre con
cura costante matura le facoltà intellettuali, sviluppa la capacità
di giudizio, mette a contatto del patrimonio culturale acquistato
dalle passate generazioni, promuove il senso dei valori, prepara
alla vita professionale, genera anche un rapporto di amicizia
tra alunni di carattere e condizione sociale diversa, disponendo
e favorendo la comprensione reciproca. Essa inoltre costituisce
come un centro, alla cui attività ed al cui progresso devono insieme partecipare le famiglie, gli insegnanti, i vari tipi di associazioni a finalità culturali, civiche e religiose, la società civile
e tutta la comunità umana.
Dalla Gravissimum Educationis, Concilio Vaticano II
“Sogni d’oro” in anni di fermento
Gli anni ‘60 testimoniano la nascita e lo sviluppo di nuovi fermenti nella società, nella
politica, nella cultura, nel mondo giovanile, destinati a incidere profondamente ed
irreversibilmente nella successiva storia del Paese. Molte le ragioni che stanno alla
base di questa stupefacente “esplosione”: innanzitutto il “boom” economico dei primi
anni del decennio, che prospetta una crescita economica e civile prima impensabile;
ma nel creare il clima dell’epoca giocano un ruolo di rilievo anche il mutato clima
internazionale, con il progressivo avvento della “distensione”, ed il Concilio Vaticano II,
che apporta nuova vitalità alla Chiesa favorendo il fiorire di nuove iniziative comunitarie
di base. Sul finire del decennio queste spinte verranno a radicalizzarsi nell’esplosione
della contestazione studentesca e nelle lotte operaie. Ma il retroterra sociale e culturale
delle violente tensioni e delle dure contrapposizioni del decennio che seguirà trae le sue
origini nel “mutamento di pelle” della società italiana negli anni ‘60.
Da un punto di vista istituzionale, il mondo della Scuola subisce in parte l’influsso
dei cambiamenti culturali del periodo. Nei primi anni del decennio l’avvenimento
centrale fu l’istituzione della scuola media unica (legge del 31 dicembre 1962, n.1859),
che finalmente attuava l’obbligo scolastico fino ai 14 anni previsto dalla Costituzione.
In precedenza, nel 1961, era stato abolito l’esame di ammissione alla scuola media.
Di una certa importanza per i riflessi che avrebbe avuto sulle elementari fu, nel 1968,
l’istituzione della scuola materna statale, anche se un effettivo raccordo tra i due ordini
di scuola dovrà attendere tempi molto recenti. Nella nostra zona il nuovo il boom
scolastico si tradusse, per quanto riguarda la scuola dell’obbligo, nella costruzione di
sedi funzionali per le scuole medie “Cairoli” (1963) e “Pascoli” (1964), queste ultime
dichiarate inagibili nel 1992 (e da non prendere certo come esempio di edilizia pubblica).
Ben diversa è la situazione per quanto riguarda lo specifico della “Leonardo” . Nel
tentativo di conservare, quasi di cristallizzare, la struttura esistente e le funzionalità
collaudate, opera della figura ancora onnipresente di Bianchi, la nostra scuola rimane
sostanzialmente immutata per buona parte del decennio, rifuggendo per quanto possi51
52
1960-1969
bile da ogni spinta innovativa. Mentre ad esempio in molte scuole della zona si mette in
opera e si consolida una struttura didattica basata su classi miste, alla “Leonardo” nella
prima parte del decennio si continuano ancora ad utilizzare separatamente le porte di
sinistra e di destra per l’ingresso differenziato delle classi, rispettivamente, maschili e
femminili. Il primo esperimento di classe mista venne effettuato nell’anno scolastico
1966–67, con una sola classe prima costituita da 14 maschi e 8 femmine, e ripetuto,
sempre per una classe, nei due anni successivi. Ovviamente, qualcosa cambia anche per
quanto riguarda gli “strumenti” più classici del fare scuola: se nel 1963–64 si scriveva
ancora con la penna e il calamaio, riempito con regolarità e rito quasi solenne dai bidelli, la fine degli anni ‘60 vide il passaggio alla penna stilografica e poi la progressiva e
definitiva affermazione della “biro”. “Vigili” e ben selezionati alunni si incaricano con
solerzia di individuare e segnalare i ritardatari all’entrata, cosa certamente non amata
da molti studenti (a ben guardare l’andazzo di oggi, forse un certo ripensamento critico
su queste pratiche sarebbe tuttavia di dovere. . . ) Sui pavimenti dei corridoi, strisce colorate poste in prossimità delle pareti guidavano gli alunni alle loro classi. Gli alunni che
provenivano da più lontano venivano raccolti da uno “Scuolabus” rosso e bianco, a dire
il vero piuttosto rumoroso e scalcinato (ma pur sempre preferibile alle odierne invasioni
di auto ed ai patemi d’animo che la ricerca affannosa di un posteggio—competizione
inevitabilmente impari con gli studenti di Città Studi—provoca nei genitori dei nostri
giorni. . . )
Novità di qualche rilievo riguardarono tuttavia l’edilizia della scuola e lo sport.
Nel 1966–67 la “Leonardo” venne sottoposta ad un profondo ed accurato restauro e
dopo un paio d’anni vennero rifatte le palestre. La piscina, rimessa in funzione come
abbiamo visto sul finire degli anni ‘50, era il regno del signor Cecchi, che sarebbe
rimasto ad insegnare nuoto sino all’anno scolastico 1986–87, tra ricorrenti polemiche
sul tempo necessario per cambiarsi, su quello da dedicare alla ginnastica e al nuoto
effettivo, sulla temperatura e sulla quantità del cloro nell’acqua. La maestra di canto
Fasoli accompagnava al piano gli alunni: il repertorio era in prevalenza patriottico–
operistico, ma non mancavano timide aperture alle “canzonette”. C’erano poi i corsi di
ginnastica correttiva che, fluttuando tra gratuità e pagamento, sarebbero durati sino
alla fine degli anni ‘80. Per qualche anno vennero organizzati (a pagamento) dei corsi
di lingua francese ed inglese, che dovettero poi essere spostati in altra sede: era infatti
ancora lontana la legge che avrebbe permesso l’uso degli edifici e delle attrezzature
scolastiche al di fuori dell’orario delle lezioni.
Ma la novità più interessante del periodo è senza dubbio la nascita, fortemente
incoraggiata dalla Direttrice Zanoni, del primo giornalino della scuola, il Quaderno
della Leonardo, di cui sarebbero usciti con cadenza più o meno annuale otto numeri. Il
“Quaderno”, degno di nota sia per la ricchezza dei contenuti che per l’estrema cura degli
aspetti compositivi e giustamente premiato tra i giornalini delle scuole milanesi, offre
un delizioso spaccato della “Leonardo” in quegli anni attraverso composizioni, disegni
e foto realizzate dai bambini, ma anche risposte dei docenti e della direttrice a quesiti
posti dai genitori o dagli alunni, interviste a personaggi famosi, rubriche di passatempi
enigmistici e culturali. In tempi in cui si discute animatamente sull’opportunità, le
finalità e le modalità di finanziamenti alla Scuola da parte di privati, è interessante
anche notare come Il Quaderno della Leonardo fosse regolarmente “sponsorizzato”
da esercizi commerciali della zona: non ci risulta che, nei lontani anni ‘60, sia stata
sollevata una qualsivoglia obiezione. . .
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In quegli anni, a Milano . . .
1960 Atterra a Linate il primo aereo di linea. Muore lo scrittore e giornalista Orio Vergani.
Luchino Visconti gira a Milano “Rocco e i suoi fratelli” sui drammi dell’immigrazione
dal Sud, tratto da “Il ponte della Ghisolfa” di Testori.
1961 L’Alfa Romeo si trasferisce dal Portello nel nuovo stabilimento di Arese. Nel corso degli
scavi per la metropolitana viene trovato sotto il sagrato del Duomo il battistero del IV
secolo di S. Giovanni alle Fonti. Si concludono i lavori della nuova sede della Facoltà di
Architettura del Politecnico.
1962 Prime prove delle vetture della linea 1 della metropolitana. Sono in edicola il primo
numero di Panorama, mensile (poi settimanale) della Mondadori, e di “Diabolik”, il
primo fumetto che ha come protagonista un eroe negativo, opera delle sorelle milanesi
Angela e Luciana Giussani. A Bascabè, tra Milano e Pavia, precipita l’aereo di Enrico
Mattei.
1963 L’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini viene eletto papa Paolo VI. Inaugurazione della Stazione Garibaldi. Inizia l’attività l’Istituto di ricerche farmacologiche
“Mario Negri”. Giulio Natta, del Politecnico, riceve il premio Nobel per la chimica
per la sintesi del “polipropilene isotattico”, che la Montecatini commercializzerà come
“Moplen”.
1964 Viene eletto sindaco Pietro Bucalossi. Si inaugura la linea 1 della metropolitana per
un tratto di 12 km, da Lotto a Marelli. “Sensazionale” rapina in pieno giorno ad una
gioielleria in via Montenapoleone.
1965 Demolizione del mercato ortofrutticolo di corso XXII marzo: dei numerosi edifici presenti
sull’area del mercato rimane soltanto la Palazzina Liberty. Inaugurazione dell’ultima
porta a destra del Duomo con la Storia della cattedrale realizzata da Luciano Minguzzi.
Esce il primo numero de “Il Sole–24 ore”. Concerto dei Beatles al Velodromo Vigorelli.
1966 Inaugurazione della nuova Pinacoteca Ambrosiana, riordinata e ristrutturata da Luigi
Caccia Dominioni. Scoppia al liceo Parini di Milano la questione de “La Zanzara”,
giornale studentesco incriminato dalla Procura per un’inchiesta sui costumi sessuali degli
studenti.
1967 Si dimette Pietro Bucalossi e viene eletto sindaco Aldo Aniasi. Un gruppo di banditi
guidati da Pietro Cavallero spara sulla folla nei pressi della Fiera, provocando 4 morti e
20 feriti: verranno catturati pochi giorni dopo. Concerto dei Rolling Stones a Milano. La
polizia demolisce la tendopoli di Mondo Beat in via Ripamonti. L’Università Cattolica
è occupata dagli studenti.
1968 Occupazione dell’Università Statale. Dopo lo sgombero da parte della forze dell’ordine,
primi grandi scontri tra polizia e studenti. Forti contestazioni alla prima della Scala.
Esce a Milano il primo numero del quotidiano cattolico “L’Avvenire”. Prima pietra
dell’ospedale S. Raffaele.
1969 Inizia la “strategia della tensione”: attentato a Palazzo Marino, strage della Banca
dell’Agricoltura in Piazza Fontana (16 morti e 90 feriti), morte in questura dell’anarchico
Giuseppe Pinelli. Viene inaugurata la linea 2 della metropolitana tra Caiazzo e Cascina
Gobba.
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Ricordi “di famiglia”
Come meglio rievocare l’atmosfera di quegli anni, se non con i ricordi di due fratelli, Valentina e Antonio Fortichiari, che, come già la loro mamma in precedenza, furono allievi della “Leonardo” , rispettivamente all’inizio e sul finire degli anni ‘60. Lasciamo la parola a
Valentina. . .
«Il primo ricordo, una circostanza abbastanza singolare: ho avuto la stessa maestra di mia
madre, la Vanotti. Ormai alle battute finali della propria carriera di insegnante, dunque una
donna in là negli anni, molto materna. Un particolare: andava dietro alla lavagna, una sorta
di pesante tabellone in legno, per mettere in bocca caramelle che scartava con un gesto furtivo
in cattedra. Faceva sempre confronti fra me e mia madre, dicendo che la mamma era discola
e io più brava di lei (mi suonava strano). . . E poi ricordo la sala dei raggi ultravioletti: una
doccia blu, dove si stava in maglietta a lungo, senza fare nulla, immobili, anche senza parlare.
Era naturalmente una specie di vacanza tra le lezioni. . . Altri ricordi? Il mattino: un piccolo
altoparlante in aula trasmetteva una musica, forse il nostro inno nazionale? Non so, ma noi
tutte si stava in piedi e subito dopo si recitavano le preghiere. C’era un crocefisso e nessuno lo
trovava strano. La nostra maestra aveva un forte sentimento di appartenenza alla nazione italiana, un forte senso delle tradizioni, delle autorità. Le piaceva farci intonare Fratelli d’Italia.
Ci parlava sempre del sindaco di Milano (che venne in visita e ci regalò il libro di Milano, che
conservo ancora da qualche parte). Quando entrava la direttrice, una donna piccola e bruttina,
ma con un cipiglio straordinario, dovevamo stendere le braccia avanti e toccare il bordo del
banco con le dita tese (sull’attenti) e, al segnale “riposo” metterci a “braccia conserte”. Tutto
un gergo che non può non segnare la mente di una bambina, con un senso di ritualità per certi
aspetti misterioso. Infine, ho negli occhi la figura del bidello, vestito di nero (tutti noi avevamo
grembiuli neri, collettini amaranto, come il simbolo della Leonardo ricamato, LdV): portava
una bottiglia di vetro con beccuccio lungo e ricurvo, riempiva di inchiostro i calamai (adoravo il
mio pennino torre) e asciugava con uno straccio sporchissimo le colate eccedenti. I banchi erano
di legno, massicci, robusti, con i sedili che si potevano alzare e abbassare, i predellini. C’era
ancora un’aria intorno da anni difficili, compagne di classe con problemi evidenti di povertà,
segni di esistenze buie. Insomma il benessere non era ancora arrivato nelle case di tutti. Molti
stentavano: io non mi accorgevo. I miei segnalibri coi lustrini colorati in rilievo, comprati dal
“cartolaio della Leonardo”, mi facevano sentire quasi una privilegiata.»
Quanto ad Antonio. . .
«. . . Della Leonardo mi davano sicurezza anche le precise regole che venivano impartite e che
erano la base del codice dell’educazione. Ancora oggi ho l’istinto di alzarmi in piedi, se qualcuno
entra nella mia stanza, come mi veniva richiesto alla Leonardo quando la direttrice o un adulto
si affacciava alla porta della classe. Persino il ricordo delle punizioni non è opprimente perché,
alla Leonardo, la severità di un castigo, cioè finire fuori dalla classe per qualche momento,
non era mai umiliante e punitivo: imponeva soltanto un momento di riflessione interiore nel
silenzio e nella solitudine del corridoio a guardare gli appendini pieni di cappotti sperando che
la direttrice non passasse. La gioia poi è una sensazione acquisita alla Leonardo: mi riporta a
quella euforica per un giudizio positivo del maestro, a quella, liberatoria, che provavo quando mi
scalmanavo nei corridoi durante l’intervallo oppure uscivo dal portone della Leonardo rompendo
il disciplinato schieramento a file per tre con cui, con i miei compagni e con il maestro, ero
sceso dai grandi scaloni della scuola. . . . E se oggi rientrassi, dopo tanti anni alla Leonardo,
certamente cercherei sul pavimento le strisce colorate che correvano vicino ai muri e che dovevo
seguire per andare in classe. Una di queste strisce, forse gialla, portava alla V D, la classe dove
una volta mi offersi di portare qualcosa per vedere una bambina che mi emozionava. Con me
prendeva il pullman, bianco e rosso, rumorosissimo e scalcagnato, che ci riaccompagnava a
casa. Si chiamava Patrizia e scendeva dopo di me, in piazza Gobetti. Il suo sorriso simpatico,
i suoi occhi neri sul grembiulino bianco con lo stemma amaranto della Leonardo sono ancora
dentro di me perché, poi, ho saputo dare un nome più preciso al sentimento che la bambina
della Leonardo aveva acceso in me per la prima volta.»
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Un passato da “Kapò”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la confessione spontanea di Paolo Ossi, alunno degli anni
‘60 che, quale novello Raskolnikov, altro non attendeva che questa occasione per redimersi da
crimini gravanti da tempo immemore sulla sua coscienza di “leonardino”. A discapito delle
sue pur gravi colpe, il curatore testimonia che al giorno d’oggi il reo confesso, docente universitario, non tratta poi tanto male gli aspiranti ingegneri. Quale difensore d’ufficio, chiede pertanto
clemenza alla Corte dei lettori ritenendo equo, anche in considerazione della giovane età dell’imputato al tempo in cui l’attività delittuosa ebbe luogo, un verdetto se non d’innocenza,
almeno d’incapacità di intendere e di volere. . .
Capita una volta nella vita di pentirsi. É un po’ seccante quando ci si deve già pentire
dei propri trascorsi “alle elementari”. C’è un forte sospetto di scivolare inesorabilmente
verso “Cuore”. Ma tant’è. Ho un passato di cui fui fiero (sı̀, al passato remoto) e sono
stato via via meno certissimamente certo.
Insomma, ai bei (per chi?) tempi sono stato Vigilatore.
In realtà non ricordo bene se fra noi ci chiamassimo e fossimo dagli altri riconosciuti
come “Vigili”, “Vigilanti”, o “Vigilatori”: la sostanza non cambia. Eravamo (visione
retrospettiva) la “longa manus” del controllo sui nostri compagni di classe–scuola. Insomma, dei super–capoclasse: il capoclasse esisteva, come da tradizione, ma non era
esattamente la stessa cosa.
Non vanto ascendenti pretoriani, ma credo che nel nostro immaginario ci vedessimo
cosı̀, una specie di guardia scelta dell’Imperatore (cioè del maestro). Con quali funzioni? Semplice, controllo della regolarità dell’uscita–entrata in classe e sulle scale
(dei discreti cani da pastore, in realtà), qualche ambasceria del nostro maestro presso
qualche Collega, o dalla Direttrice (gambe tremanti al cospetto della sempre–perfetta
Signorina Zanoni), l’accompagnamento ordinato della classe (la nostra classe) da un
punto all’altro della scuola (in genere non oltre il nostro corridoio) in assenza temporanea del maestro e quello che, con più o meno zelo, era di fatto la spia (che come si sa,
non è figlia di Maria, con quel che segue, ma resta un ruolo che esercita un’attrazione,
appunto, diabolica). Sono portato alla comprensione per la dichiarata buona fede degli
appartenenti a certe caste privilegiate che, con malposto zelo, hanno, nei più diversi
regimi, perpetrato le peggiori efferatezze. Credo bene: c’è sempre stato un pensierino
recondito su me stesso.
Naturalmente riconoscibili per i guanti bianchi obbligatori, che tali dovevano essere
e che potevano–dovevano essere indossati solo nell’esercizio della funzione, e per la
losanga “LdV” su fondo rosso fuoco, anzichè amaranto, il gilet bianco, nonchè (facoltativi, se ben ricordo) calzettoni bianchi, ci davamo un mucchio di arie. Solo a partire
dalla terza, se ben ricordo, si era designati (uno, talora due, per classe) ad inizio d’anno dal maestro e se non ci si fosse dimostrati all’“altezza” (o bassezza?, ma questo è
uno dei soliti dubbi a posteriori) era chiaro che si sarebbe stati sostituiti con qualche
compagno, sempre pronto al subentro. Una galera. Cosı̀ ci si sosteneva a vicenda, in
particolare quando qualcuno degli “altri” scolari aveva da battibeccare con uno di noi
vigilatori.
Un brutto ruolo? Chissà. Visto da fuori, antipatichino, soprattutto se “ben” interpretato. É passato, resta il ricordo, forte, della losanga rossa e dei guanti bianchi (ma che
scomodi!), con un retrogusto amarognolo “alla carognetta”.
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“Chicche” da Il Quaderno della Leonardo
Non parli di te da un quarto d’ora, non sei francese; t’intrattieni con uno straniero per
più di mezz’ora, non sei svizzero; non hai ancora lodato la Germania, non sei tedesco;
non gridi viva Franco a morte il toro, non sei spagnolo; non chiami «compagno» il
Direttore, non sei russo; non hai fegato, non sei ungherese; sei troppo vivace per essere
un inglese; sei linfatico per essere irlandese; sei piccolo e nero, non sei nemmeno
svedese; non ti fai cento volte al giorno il segno della croce, non sei un americano
del Sud; non ti pigli i piedi in mano, non sei un americano del Nord; dunque sei un
italiano. (da “Propositi e spropositi”, di Camillo Furgione–V F)
In un gelido inverno
in uno squallido abbaino
si sente solo un povero bambino.
Ha termine il giorno
arriva la sera
il bimbo piange
e si dispera.
Invocando, implorando
nel piccolo stanzino
si sente solo la voce del piccino.
–Mamma, mamma–
ma la mamma non ode
la voce del piccino.
Non era morta,
non era a far la spesa,
era solo sorda.
(Paolo Gagliardi–V B)
La casa
Docile,
un essere di mattoni;
ma umano più
degli uomini
che la popolano.
Terra
Giacimento di guerre
Padrona sottomessa
Madre seconda.
(Antonio Fortichiari–V D)
Mondo Primo
Eri solo, astro incantato.
Ora, mondo girovago
hai scoperto una compagna;
mai più sarai solo
nel girotondo.
“PENNINI SPUNTATI”
“Io sono promosso di sicuro perché la maestra non mi può bocciare perché la Diretrice
(sic) ha detto che mi promuove per anzianità.”
“Non posso neanche dire una parolina perché la maestra mi lancia delle occhiate
peggiorative di angoscia furibonda”
“Il prato era coperto di lucciole come un cimitero di cicche accese, ma però che
volavano.”
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Figura 6.1: Il primo numero de il Quaderno della Leonardo.
1960-1969
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Figura 6.2: Interviste a personaggi famosi ne il Quaderno della Leonardo.
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Figura 6.3: Il nuoto alla “Leonardo” . Dall’alto, in senso orario: la ginnastica prenatatoria, il tuffo, lo
stile libero, il delfino. Al centro il “brevetto di nuoto” rilasciato al termine dei corsi.
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1960-1969
Figura 6.4: Pagine da un quaderno di musica degli anni ‘60: la foto e la firma del (noto) alunno sono
visibili in alto a sinistra.
Al fine di realizzare, nel rispetto degli ordinamenti della scuola
dello Stato e delle competenze e delle responsabilità proprie del
personale ispettivo, direttivo e docente, la partecipazione della
gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità
che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica, sono
istituiti, a livello di circolo, di istituto, distrettuale, provinciale
e nazionale, gli organi collegiali di cui agli articoli successivi.
Art. 1 del D. P. R. n. 416, 31 maggio 1974.
Partecipare
La splendida metafora su cui si basa “L’uovo del serpente”, girato da Ingmar
Bergman proprio nel decennio che ci accingiamo a considerare, può ben rappresentare
anche il legame tra gli anni ‘70 ed il decennio precedente: a ben guardare, oltre il guscio
translucido delle idee e dei fermenti degli anni ‘60, si potevano già intravvedere, come
attraverso la sottile pellicola di un uovo di serpente, i fantasmi ed i mostri che agiteranno buona parte di questi anni. Anni bui per l’Italia, e per Milano in particolare:
“anni di piombo”, come abbiamo imparato a chiamarli, quando l’“immaginazione al
potere” diviene spesso ossessione ed incubo del potere.
Tuttavia, il patrimonio di idee, princı̀pi, aspirazioni, sbocciato dall’humus degli anni
‘60 non va completamente perso. Il Paese sta cambiando, ed in modo irreversibile:
nuove forme di partecipazione diretta alla vita democratica si concretizzano e vengono
istituzionalizzate. Le istituzioni educative vengono coinvolte direttamente da questo
processo: nel maggio 1974, con i “decreti delegati”, vengono istituiti «al fine di realizzare la partecipazione nella gestione della scuola» gli organi collegiali, che rendono
effettiva la presenza dei genitori e degli studenti nel contesto scolastico. Per quanto
concerne specificamente la scuola elementare, oltre che nel Consiglio di Circolo, in
cui sono presenti originariamente sei o otto genitori, a seconda che la popolazione
scolastica superi o meno i 500 alunni, e che deve essere necessariamente presieduto da
un genitore, i genitori vengono rappresentati per elezione anche nei consigli di classe
ed interclasse. Le funzioni del Consiglio di Circolo includono tra l’altro l’adozione del
regolamento interno (che stabilisce anche le modalità d’uso delle attrezzature didattiche
e sportive e per la vigilanza degli alunni), l’acquisto e conservazione di attrezzature
tecnico-scientifiche e sussidi didattici, l’adattamento del calendario scolastico a esigenze
specifiche, l’individuazione di criteri per l’attuazione di attività para/extrascolastiche
(con particolare riguardo ai corsi di recupero e di sostegno e ai viaggi di istruzione),
la promozione di contatti con altre scuole, la partecipazione dell’istituto ad attività
culturali, sportive e ricreative di particolare interesse educativo e lo svolgimento di
iniziative assistenziali. Nel 1977 viene inoltre abolito l’esame di passaggio dal primo al
secondo ciclo e avviato un nuovo sistema di valutazione del “processo di apprendimento
e di maturazione”: i voti delle pagelle vengono sostituiti dai più articolati giudizi delle
“comunicazioni alla famiglia”. Con la stessa legge, il primo giorno di scuola viene
anticipato dall’inizio di ottobre a metà settembre.
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1970-1979
All’inizio del decennio la Direttrice Zanoni, che aveva raccolto la pesante eredità
di Piero Bianchi, lasciò la “Leonardo” , sostituita, a partire dall’anno scolastico 1971–
72, da Zeila Cristofani, che rimarrà fino al 1976. Con l’avvento della nuova Direttrice
cominciarono a svilupparsi nuove iniziative, come il passaggio per tre classi dal disegno
tradizionale geometrico alla pittura libera a tempera, la dotazione di tavolozze e cavalletti (sistema Aaron), l’introduzione sperimentale in alcune classi del “metodo Yard”,
che voleva avvicinare i bambini alla natura. Le attività extracurricolari erano svolte
(a pagamento) da Enti che usufruivano della Scuola in orario tardo pomeridiano. A
ciò si aggiungeva il doposcuola, gestito da docenti comunali preparati e d’iniziativa:
si ricordano molti lavori di collage, manipolazione, realizzazione di ceramiche (cotte
facendo uso di apposito fornetto) e, nella prima metà del decennio, di fotografia. Di
converso, attività come quelle scientifiche, che non potevano più trarre beneficio dai
ricordati interventi diretti di Bianchi, si erano ridotte rispetto al decennio precedente e
sopravvivevano solo grazie alla buona volontà di qualche insegnante. Altre, come l’uso
della “sala raggi”, vennero abbandonate per cessati criteri di cura, mentre sopravviveva
la “ginnastica correttiva”, gestita direttamente dal Comune. Finalmente, inoltre, si affermarono in pieno le classi miste, mettendo la parola fine ad una “pruderie vittoriana”
a lungo mascherata con la scusa dell’assenza di servizi igienici differenziati.
L’introduzione del sistema partecipativo previsto dai Decreti Delegati generò reazioni
contrastanti: da un lato, taluni insegnanti assunsero un atteggiamento di rifiuto, paventando il crollo di un modello scolastico consolidato che, pur nella sua rigidità, aveva
molti lati positivi; dall’altro, parte dei genitori e degli stessi docenti premeva al fine di
ottenere cambiamenti radicali quali l’abolizione dei libri testo, l’introduzione di classi
a composizione variabile, l’abolizione del “nozionismo” e della “meritocrazia”. Nelle
votazioni per gli Organi Collegiali prevalse tuttavia (e fortunatamente) una terza parte,
che cercava di mediare tra queste posizioni estreme proponendo una gestione dinamica
ed aperta al cambiamento, ma non di rottura con tutto quanto c’era di buono o di
molto buono nella Scuola. Tra gli interpreti principali di questo movimento fu l’ingegner Redaelli, che divenne primo presidente del Consiglio di Circolo. Redaelli, molto
legato alla “Leonardo” come alunno e padre di alunni, iniziò inoltre nel 1975 a tenere
delle lezioni di scienze per alcune classi. Da allora quest’attività non è mai cessata
e ancor oggi, a quasi trent’anni di distanza, Redaelli, con il suo immancabile camice
bianco marcato “LdV”, continua a dare un contributo estremamente prezioso nell’educare i nostri bambini all’amore per la Natura e la Scienza. Il coinvolgimento dei
genitori come ausiliari della didattica cominciò comunque ad interessare anche le attività di disegno/pittura e soprattutto il riordino delle vecchie biblioteche di classe, con
la costituzione di un gruppo di lavoro che per ben quattro anni riordinò e catalogò
circa duemila volumi per riunirli nella nuova biblioteca centrale alunni. Aperta nel
maggio 1978, la biblioteca ha continuato da allora, grazie all’impegno costante dei genitori stessi, a costituire uno degli aspetti di eccellenza della “Leonardo” , accrescendo
costantemente il suo patrimonio e la sua funzionalità.
Le difficoltà legate all’aumento della scolarizzazione erano tuttavia in agguato: l’ondata di sovraiscrizioni causata dalle nascite negli “anni del boom” portò dapprima, nel
tentativo di contenere il numero di alunni per classe, ad aumentare il numero di sezioni
e a riempire ogni locale utilizzabile, compresa l’aula del “Museo Principato”; in seguito,
indusse a trasferire quotidianamente con un autobus ATM parte delle classi al plesso
“Bertolazzi–Pini” di Lambrate. A ciò si aggiunse il crollo di una controsoffittatura in
un aula, per fortuna senza conseguenze per gli alunni: un successivo controllo, che mise
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in luce la precarietà strutturale di molti soffitti, obbligò al parziale trasferimento della
“Leonardo” presso la “Nolli Arquati” di Viale Romagna, fino a quando si conclusero i
lavori di completo rifacimento dei controsoffitti.
Nel frattempo aveva fatto il suo ingresso nella scuola Silvano Belloni, il custode
destinato a diventare una “colonna” della “Leonardo” , sempre impeccabile nella sua
divisa e nella sua funzione, spesso scambiato dai più piccoli per il Direttore e descritto
dai bambini come «un orso in letargo che dorme dentro la sua grotta»: ma un “orso”
dal sonno leggero, cosı̀ da essere temuto perché «con lui di guardia, nessuno osa sfiorare
le aiuole, ma se un bambino si dimentica delle sue inflessibili regole, impugna la scopa,
si fa largo tra i bambini tirando urli che buttano giù i muri, nel rincorrere i bambini»;
Silvano, che forse è un po’ “rude”, visto che «ogni volta che un bambino passa dall’atrio,
lui gli fa tutti i giochetti con le mani che finiscono sempre con un coppino (sberletta)»,
ma che in questo modo testimonia tutto il suo grande amore per i bambini (le frasi che
precedono, prudentemente vergate come “anonimo”, sono tratte dal Salaino). Ancora
oggi, Silvano “abita” la nostra scuola: e noi tutti in fondo rimpiangiamo i suoi modi
un po’ burberi, ma carichi di umanità.
Nel 1976 arriva alla “Leonardo” il nuovo Direttore Liborio Smriglio, che dà un
notevolissimo impulso, in un contesto di ordine ed organizzazione, a molte attività
innovative. La sua esperienza personale come calciatore semiprofessionista lo portò ad
istituire una “Commissione sport”, che coinvolgeva molti genitori e che promosse le
prime giornate di atletica al “Saini”, e un campionato di calcio, inizialmente svolto alla
Parrocchia di S. Spirito, e poi nel nuovo centro (oggi “Campo Zelasco”) concesso dal
Comune in comodato ai dirigenti della “Leonardo” e della “Cairoli”( diretta da Zelasco
stesso). Queste attività sportive assumevano la dignità di “tempo scuola” e potevano
quindi essere praticate anche in orario scolastico. Ben presto il programma si ampliò,
e la “Leonardo” prese a partecipare, con ottimi risultati, ai “Giochi della Gioventù” e
ai Trofei A.I.C.S. Nel novembre dello stesso anno, con lo scopo di «mantenere i legami
affettivi che legano alla scuola chi vi ha lavorato e studiato o esercitato la funzione di
genitore» e collaborare con gli organi collegiali per «attuare concretamente il diritto allo
studio e promuovere attività integrative all’attività didattica», venne costituita davanti
al notaio l’Associazione “Amici della Leonardo”. Molte attrezzature, che il bilancio
della scuola non avrebbe potuto permettersi cominciarono cosı̀ ad essere acquistate
dall’Associazione, che avrebbe finanziato anche le lezioni di educazione fisica e di canto,
quest’ultime tenute in precedenza sino ad esaurimento da docenti dal Comune.
Verso la fine degli anni ’70 emerse il problema del doposcuola, le cui sezioni venivano
fino ad allora formate raggruppando nel pomeriggio alunni provenienti da diverse classi,
e quindi con età e compiti diversi. Poiché “il Collegio Docenti non intendeva e non
poteva” procedere a sperimentazioni di tempo pieno (che tuttavia una legge rendeva
possibile dal 1971), si arrivò a sperimentare 1’accorgimento organizzativo del “tempo
lungo”, che prevedeva 44 ore settimanali e che oltre agli insegnanti statali utilizzava, in
considerazione della loro provata validità e per quanto ancora possibile, gli insegnanti
comunali del doposcuola, in regime di esaurimento del ruolo.
Nel 1978 vide la luce Il Salaino, che nei primi numeri fu tuttavia più un notiziario dei
genitori che non un giornale dei bambini, come sarebbe diventato in seguito. É grande
merito dei docenti e dei Dirigenti Scolastici che si sono susseguiti alla “Leonardo” l’aver
consentito di mantenere in vita questa iniziativa che, ancora oggi, costituisce una delle
attività di integrazione alla didattica più interessanti della scuola.
1970-1979
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In quegli anni, a Milano . . .
1970 Si insedia il primo Consiglio regionale della Lombardia con la prima Giunta presieduta
dal democristiano Piero Bassetti. Il Comune di Milano concede la chiesa sconsacrata di
S. Sisto allo scultore Francesco Messina per aprirvi il suo studio–museo.
1971 Al censimento Milano tocca la punta massima di 1.729.269 abitanti: nei decenni successivi la popolazione continuerà a calare. Riapre il Teatro Litta, chiuso dal 1958. Durante
lavori di restauro, crolla la chiesa di S. Bernardo, da tempo adibita a officina. Muore
Arnoldo Mondadori.
1972 A Segrate, sotto un traliccio dell’alta tensione, muore per lo scoppio di una bomba
l’editore Giangiacomo Feltrinelli. Viene ucciso in largo Cherubini il commissario Luigi
Calabresi. La linea 2 della metropolitana si estende fino a Gorgonzola inglobando parte
delle Linee celeri dell’Adda. Viene chiusa per inagibilità la Torre del Parco al Sempione,
che riaprirà solo nel 1997 come Torre Branca. Muore Dino Buzzati.
1973 Quattro persone rimangono uccise da una bomba lanciata davanti alla questura da Gianfranco Bertoli. E’ inaugurato il Salone Pier Lombardo, voluto dall’attore Franco Parenti.
Muore a Roma Carlo Emilio Gadda. In seguito all’“austerità”dichiarata in conseguenza delle crisi petrolifera, prima domenica di divieto della circolazione degli automezzi
privati.
1974 Esce il primo numero de Il Giornale Nuovo di Indro Montanelli, che lascia il Corriere
della Sera per divergenze con la linea di Piero Ottone. Il “Corrierone” passa invece alla
Rizzoli. La famiglia Bagatti Valsecchi vende alla Regione Lombardia il palazzo di via S.
Spirito. Muore Giovanni D’Anzi.
1975 Si accentua la violenza politica: le Brigate Rosse feriscono alle gambe Massimo de Carolis,
capogruppo DC al Comune; vengono uccisi gli studenti Sergio Ramelli, Claudio Varalli
e Giannino Zibecchi. Si inaugura il prolungamento della linea 1 della metropolitana da
Lotto a QT8.
1976 Viene eletto sindaco Carlo Tognoli. Disastro di Seveso: dagli impianti dell’ICMESA
fuoriesce per molti giorni una nube tossica di diossina che inquina una vasta zona circostante. A Porta Ticinese vengono arrestati Renato Curcio e Nadia Mantovani, “capi
storici” delle Brigate Rosse.
1977 Viene ferito dalle Brigate Rosse Indro Montanelli. Le automobili non possono più circolare in piazza del Duomo. Piero Ottone lascia la direzione del Corriere della Sera,
sostituito da Franco di Bella.
1978 Il grattacielo Pirelli diventa sede della Regione Lombardia. Iniziano i lavori di ristrutturazione del Palazzo Reale che dovrà ospitare il Museo d’Arte Contemporanea e mostre
temporanee.
1979 Carlo Maria Martini è nominato arcivescovo di Milano in sostituzione di Giovanni
Colombo. Il giudice Emilio Alessandrini, che stava indagando sul Banco Ambrosiano,
viene ucciso da un commando di Prima Linea. Arriva alla Darsena di Porta Ticinese
l’ultimo barcone. Muore l’architetto Gio Ponti.
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Il Prof. Redaelli racconta. . .
«C’era una volta un bambino della Leonardo che aveva da poco guadagnato la camicia grigioferro in luogo del grembiule nero. Un bel giorno il suo maestro annunciò che si sarebbe andati al
Museo, la grande aula al primo piano, sopra l’atrio. E lı̀ apparve il Direttore. Era un’apparizione
non da poco, perché il Direttore Pietro Bianchi era ammirato da tutti, anche amato, ma tutti
intimidiva con il suo sguardo severo. Lo vedevamo sempre ritto accanto alla porta “maschile”
(quella a est) all’entrata e all’uscita. Perciò immaginarsi l’emozione quando capimmo che ci
avrebbe fatto, lui, lezione: lezione di Scienze. Gli incontri non furono molti nel corso di quei tre
anni, dal 1939 al 1941, anche per gli eventi della guerra che premevano su tutti e avvelenavano
l’allegria generale. Quegli esperimenti passarono. Forse quel bambino, che ero io, li dimenticò.
Ma anni dopo, leggendo libri astrusi, che dicevano a parole quel che mi sarebbe piaciuto vedere,
alcuni esperimenti emersero dalla nebbia del passato e mi aiutarono a capire quel che leggevo.»
«Ma come è passato dal ruolo di studente a quello di docente?»
«Passarono tanti anni e nel 1975 la Signora Tiziani, che educava il mio secondogenito, mi
chiese di dire due parole in classe sull’elettricità. Esistevano dei sussidi, altri si potevano fare o
ottenere. Decidemmo che avrei cominciato con Idraulica, perché era troppo difficile parlare di
tensione e corrente elettrica, senza aver prima parlato di pressione e corrente d’acqua. Cominciai
un sabato ed il successivo mi fu detto che alcune Maestre di classi vicine volevano partecipare.
Il programma si ampliò e nel successivo anno tutte le sezioni di quarta e quinta parteciparono.
A me si aggiunsero altri genitori: uno che faceva meccanica, uno che faceva esperimenti di
chimica, uno che dava rudimenti di pronto soccorso. Ci accorgemmo tutti di quanto fosse
difficile parlare a dei bambini. Bisognava prima capire le cose, come forse non le avevamo mai
capite. Le definizioni non valgono coi bambini e i paroloni talvolta mascherano a noi stessi il
vero significato delle cose. . .
«Che si fa a Scienze?»
«Parliamo un po’ di tutto, toccando i vari punti del programma. Parliamo per esperimenti legati
tra loro in una sequenza logica e cercando di avere un colloquio più che una lezione. Non mi
riprometto che i bambini “imparino” nulla, a parte qualche concetto base tipo forza, pressione,
lavoro, e qualche nozione “salvavı̀ta” in elettricità. Mi aspetto che cerchino di ragionare e
di capire che le scienze sono belle, che le materie si integrano tra loro. Molti capiscono al
momento. Pochi ricordano a lungo, anche se ci sono fascicoletti, con cui un giorno (quello
dopo, o anni dopo) i bambini possono aiutarsi a ricordare cosa si è fatto. Non chiedo che
studino, soprattutto non a memoria. Sarebbe bello che ne parlassero in seguito in classe o che
ripetessero gli esperimenti per assimilare quanto possono.
«Ci sono molti bambini che fanno fatica a seguirla?»
«Qualche volta ho notato che alunni che sono generalmente in difficoltà seguono con particolare
interesse e attenzione quanto facciamo. Qualche volta mi è capitato di sapere che ex-alunni si
sono aiutati da grandi con ricordi delle elementari. Qualcuno ha conservato una passione per
le Scienze o per la tecnica. Questi casi mi rendono felice perché mi danno l’impressione di aver
fatto qualcosa di più, che il far passare un’ora ogni tanto in allegria a dei bambini. Ho cosi reso
(è il senso della vita) quello che il Direttore Bianchi e il Maestro Piazza avevano dato a me»
da Il Salaino
La vita come “rendere ciò che ci è stato dato”. . .
Grazie, Ingegnere! Dovrebbe tenere lezione anche a tutti noi . . .
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1970-1979
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Lingua e societá attraverso i dettati
Nel corso degli anni, i “dettati” hanno rappresentato uno specchio della societá, della lingua,
della cultura italiana. Ve ne riproponiamo alcuni particolarmente significativi, tratti dalle prove
d’esame della “Leonardo” dagli anni ‘30 agli anni ‘70.
Il tricolore. Salutatelo con gioia e con rispetto il nostro tricolore. Tanti hanno sopportato
ferite, prigionia, fame, patimenti, tanti sono morti per quei tre colori benedetti! Ora la nostra
bella bandiera sventola per tutta l’Italia, per tutto l’Impero riconquistato a Roma dalla volontà
del Duce e dal valore dei nostri soldati. (1936–37)
Il Signor Direttore ha fatto appendere in ogni aula un grande manifesto. Noi tutti, appena visto il cartellone abbiamo capito che cosa vuol dirci. Vi e’ un ragazzino che, visto un
ordigno in un prato allunga la mano per afferrarlo. In alto si vede la mamma terrorizzata,
che gli grida:- «no, c’è la morte! È vero!» L’ordigno è una bomba di guerra dimenticata. Se
scoppiasse, povere mani, poveri occhi, povero bimbo e. . . povera mamma! Quanti bimbi sono
rimasti uccisi o mutilati cosı̀! Noi dobbiamo ricordare l’ammonimento e dobbiamo ricordare
quei nostri infelici fratellini che la guerra ha orrendamente mutilati. Dobbiamo amarli, aiutarli
a crescere perdonando, per tutto il male che soffrono. (1949–50)
L’eroismo silenzioso. L’eroismo non deve essere cercato soltanto nella lotta cruenta e nelle
marce disperate. In ogni ponte ferroviario e in ogni edifizio che oggi si fabbrica, sui treni delle
ferrovie e sulla tolda delle navi, nei recinti del bestiame e nelle miniere, fra i pompieri e gli
agenti dell’ordine pubblico, dappertutto il dispendio di coraggio è incessante, e mai esso vien
meno. Dovunque una pala, un’ascia, un piccone o una cazzuola sono in azione, la natura umana
suda, geme, sospira, e con tutte le sue forze essa tende all’estremo, per quanto son lunghe le
ore del lavoro e della fatica. (1959–60)
La scia del reattore. Che cos’è, le nuvole si mettono a fare l’arcobaleno? Questo attraversa tutto il cielo da est ad ovest, nasce dai monti e scende nel mare, sembra nastro bianco
sfrangiato ai lati, anzi, ora è rosso e violetto perché s’è tinto proprio come fanno le nuvole, dei
colori del tramonto. Ma non lasciarti trarre in inganno, cara ragazza; è una falsa nuvola; non
abbiamo di genuino nemmeno il cielo! È la scia del reattore! Prima due fili di fumo paralleli
come un binario; poi s’ingrossano, si uniscono, si sfioccano, il vento li deforma, prendono i
contorni incerti e mutevoli delle nuvole e, come le nuvole, secondo l’ora e la stagione, s’illuminano, si colorano, si accendono, promettono pioggia o neve. Ma lascia a casa l’ombrello, cara
ragazza: sono nuvole false, sono nuvole chimiche; una rondine che le attraversasse ne uscirebbe
tramortita.(1969–70)
Avete mai pensato che cos’è un giornale? È un grande libro che si stampa ogni giorno.
Un libro ogni giorno diverso. Più complesso, però perché contiene tanti argomenti. Il libro lo
scrive un uomo solo, il giornale sono in tanti a metterlo insieme. Nel giornale c’è di tutto:
dalla geografia alla letteratura. Tutte queste cose, che sono appunto cultura, sono nascoste
dentro alle notizie. È il prodotto industriale più vivo che ci sia. Esso serve a renderci cittadini
coscienti. Ci aiuta a partecipare responsabilmente alla vita della nostra società. Ci informa
sulle piccole e grandi cose. Il giornale è il simbolo di libertà e democrazia. Quando muore un
giornale è come una bandiera che si ammaina; quando un giornale vince è un passo avanti sulla
via della libertà. (1971–72)
Estate in città. È sera. Davanti ai caffè, tra quattro palme impoverite nelle loro cassettine
verdi, un cameriere innaffia il marciapiede con una lunga canna di gomma; le famiglie sedute ai
tavolini guardano il suolo bagnato, come a respirarvi un po’ di frescura. A poco a poco la piazza
si fa deserta; fantasmi grigi appaiono subito ai davanzali e sui balconi, a godere, finalmente , il
fresco della notte. Da qualche salotto scende il suono rauco della radio: vecchie romanze, vecchi
cori gravi e chiocci, orchestrine leggere e nasali, in un concerto stonato e pazzesco, ultima festa
della serata. Giù, nel giardino, l’arganello idraulico si è fermato, intorno non c’è più nessuno,
l’aiuola umida brilla nella sua rugiada artificiale illuminata da elettrici soli. (1975–76)
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Figura 7.1: Il primo giorno di scuola del 1978.
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1970-1979
Figura 7.2: Una delle ultime pagelle “tradizionali”(a sinistra), sostituita a partire dall’anno scolastico
1977–78 dalle nuove “schede di valutazione” (a destra).
Figura 7.3: Attestato finale di profitto rilasciato dal “Comitato per la diffusione del tedesco”.
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Figura 7.4: Il Direttore Smriglio saluta Rosa Tiziani Dal Borgo, che lascia la scuola.
Figura 7.5: Alunni della “Leonardo” alle prese con un concerto per flauti.
1970-1979
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Figura 7.6: Carnevale 1979 alla “Leonardo” .
Non si volta chi a stella fiso.
Leonardo da Vinci
Verso il nuovo millennio
L’ultimo ventennio è stato testimone di rapidi e profondi cambiamenti nella società
italiana. La fine degli “anni di piombo” coincide con l’inizio di una sensibile crescita
economica e con un’affermazione internazionale del “sistema Italia” paragonabile solo
a quella degli “anni del boom”: verso la metà degli anni ‘80 sarà motivo di orgoglio
nazionale l’aver superato in termini di prodotto interno lordo una potenza di grandi
tradizioni industriali e sociali come l’Inghilterra (sarà, purtroppo, un primato del tutto
effimero). Milano, come spesso si è verificato nella storia del Paese, gioca un ruolo
trainante nella nuova fase di sviluppo: sono gli anni della “Milano da bere”, come recita
un noto slogan della Ramazzotti, anni di riscoperta del piacere di vivere, del sorgere
come funghi di mille locali a Brera e sui Navigli, insomma di quello che sarà detto, con
un’espressione efficace, l’“edonismo reaganiano”. Nell’immaginario collettivo rimarrà
poi sempre impressa la famosa nevicata del 1985, che piegò in ginocchio la città per
molti giorni, ma fu anche l’occasione per rivedere all’opera una “solidarietà meneghina”
che sembrava ormai dimenticata. Come tutti i bicchieri, anche quello della “Milano
da bere” è sı̀ mezzo pieno ma, purtroppo, anche mezzo vuoto: l’ebbrezza dei successi
dà alla testa e cresce il malcostume politico. Nel 1992 ha inizio l’operazione “Mani
Pulite” che agirà come un domino sulla società italiana, portando alla scomparsa di
molti partiti tradizionali, al nascere di nuove organizzazioni politiche, al sorgere di
quella che sarà detta, forse con troppa enfasi, “Seconda Repubblica”.
Per la scuola elementare, il cambiamento non è da meno: dopo una lunghissima
gestazione, nel 1985 vengono finalmente emanati i nuovi programmi didattici. Nella premessa generale venivano sottolineate l’importanza della “interazione formativa
con la famiglia”, la priorità della “educazione alla convivenza democratica”, l’attenzione alla “potenziale creatività del fanciullo”, la necessità che ogni alunno vivesse la
scuola come “ambiente educativo e di apprendimento”, la considerazione per le “diversità”. Veniva introdotto l’insegnamento di una lingua straniera (preferibilmente,
ma non necessariamente, l’inglese) dalla terza; nell’ambito della matematica veniva
inserita l’educazione logica; per la prima volta si riservava uno spazio ben definito alle
scienze; storia e geografia assumevano un taglio diverso e venivano associate agli studi
sociali; l’educazione all’immagine, quella al suono e alla musica, l’educazione motoria
acquistavano una specifica dignità. Quanto all’insegnamento della religione cattolica,
continuava ad essere assicurato, ma in base all’accordo ratificato nel 1985 che apportava
modifiche al Concordato con la Santa Sede, veniva garantito “nel rispetto della libertà
di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori” il diritto di avvalersene oppure no. Una sentenza della Corte Costituzionale del 1989 escluse poi l’obbligatorietà
di un insegnamento “alternativo”.
Per assicurare la piena attuazione dei nuovi programmi era necessario dar vita ad
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1980-2003
una struttura organizzativa della didattica completamente rinnovata: a ciò provvide
la legge n. 148 del 5 giugno 1990, che è a tutti gli effetti una vera e propria riforma dell’intero ordinamento della scuola elementare. La novità più significativa, quasi
epocale, consiste nella scomparsa del maestro unico, che da sempre aveva rappresentato una figura centrale nell’educazione infantile. Al suo posto, un team coordinato
di tre insegnanti - ciascuno specialista per alcune materie - che prende in carico un
“modulo” costituito da due classi, con un orario di ventisette ore per le prime e le
seconde, che sale a trenta nel secondo ciclo con l’introduzione della lingua straniera.
La legge prevedeva anche la possibilità di utilizzare in alternativa quattro insegnanti su
tre classi e di creare classi a tempo pieno, con quaranta ore di insegnamento e quattro
insegnanti su due classi. Tra le motivazioni di fondo che portarono alla legge 148 non si
può tuttavia dimenticare la tacita esigenza di mantenere in ruolo ed utilizzare in modo
proficuo un corpo docente che, di fronte alla diminuzione delle nascite e della scolarità,
mostrava una preoccupante tendenza all’esubero.
Al di là delle perplessità suscitate in molti genitori ed insegnanti dal drastico cambiamento del modo di fare scuola, la riforma creò indubbi problemi pratici. Come
abbiamo visto nel capitolo precedente, la “Leonardo” si avvaleva in quegli anni del
“tempo lungo”, molto diverso dal tempo pieno in termini di organizzazione didattica
(con il mattino destinato alle discipline caratterizzanti ed il pomeriggio alle attività
integrative) e non contemplato dalla nuova legge. A ciò si aggiungeva la difficoltà di
organizzare team omogenei ed equilibrati associando docenti con una lunga esperienza di insegnamento ed un notevole carisma personale con maestri “alle prime armi”.
Infine, la nuova organizzazione comportava una ben più sostanziale presenza di alunni
nel pomeriggio e di conseguenza la necessità di utilizzare ampi locali mensa.
Questi ed altri furono i seri problemi che si trovò ad affrontare la nuova direttrice
Domenica Cortese Saggin, che sostituı̀ Smriglio, collocato a riposo per raggiunti limiti
d’età, a partire dall’anno scolastico 1991–92. In particolare, la Saggin ricorda vivamente il problema della mensa come un vero e proprio “calvario”. Il vecchio refettorio
del sotterraneo era chiaramente inadatto e pertanto si dovette attrezzare a mensa tutto
il piano rialzato: ciò comportava tuttavia il trasferimento della biblioteca al terzo piano
ma, per far ciò, fu necessaria una sfibrante battaglia per ottenere dalle ASL e dai Vigili
del Fuoco una lunga serie di permessi di agibilità (non c’è che dire: i libri pesano!).
Bastasse solo questo: e invece no, ci si mise anche qualche stupida farfallina del riso a
svolazzare in dispensa o, peggio, ad annegare nei piatti. Come risultato, la cucina fu
chiusa ed i pasti cominciarono ad essere portati dalla scuola di viale Romagna: dato
che però, a quanto pare, gli addetti al trasporto non erano esattamente delle folgori
(vorremmo comunque vedere voi salire e scendere gli scaloni della “Leonardo” carichi
di ingombranti contenitori termici), il metodo sembrava prestarsi più per piatti freddi che non per fumanti pastasciutte (che comunque, giunte sul tavolo dei bambini,
dai suddetti piatti freddi erano termicamente indistinguibili). A poco valeva confidare
nell’intervento sanatorio del Comune, dove l’assessore di turno (tacciamo il nome per
decenza) veniva pressoché contemporaneamente condannato per furto negli approvvigionamenti delle derrate. . . Ovvie ed ovviamente “vivaci” (per usare un eufemismo) le
proteste dei genitori. Che, comunque, a qualcosa di davvero utile servirono: da quelle
proteste nacque la prima “Commissione Mensa”, che attraverso la presenza durante i
pasti di “genitori–osservatori” rappresenta tuttora (in regime di appalto del servizio)
un importante organo di controllo. Ma i guai per la direttrice e per la scuola non
erano finiti: nuove nuvole nere si affacciavano all’orizzonte. Un sopralluogo mise in
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luce la precarietà strutturale del corpo centrale e rese necessaria la chiusura del Museo
Principato. Per rinforzare la struttura, i pavimenti di tutti i piani del corpo centrale
vennero supportati con robusti cavi d’acciaio in trazione: superfluo aggiungere che ciò
richiese un intervento non da poco e comportò parecchi disagi.
Domenica Saggin rimase alla guida della “Leonardo” fino al 1994: nonostante il
breve periodo come dirigente ed i gravi problemi che si trovò a dover affrontare, è
tuttora ricordata con grande affetto e simpatia da ex-alunni, genitori ed insegnanti. Al
suo posto subentrò, a partire dall’anno scolastico 1994–95, l’attuale direttrice, Donata
Andreotti. Nello stesso anno vengono introdotte al posto delle tradizionali pagelle, le
nuove “ Schede di Valutazione”, in cui i voti vengono sostituiti da giudizi articolati1 .
Tra i temi di principale interesse della seconda metà degli anni ‘90 è l’utilizzo degli
spazi destinati a laboratorio. In particolare, la direttrice provvede, grazie al supporto
economico dei genitori, a far installare l’acqua nel laboratorio di pittura, necessaria per
poter far uso di molte tecniche. Utilizzando i progetti ministeriali “1A” e “1B” si dà
inizio alla cosiddetta “alfabetizzazione informatica” e si comincia ad attrezzare, con i
primi computer, un laboratorio d’informatica.
Nel 1997, nel quadro di un programma di “razionalizzazione” dell’organizzazione
delle strutture scolastiche del Provveditorato (condotto, come purtroppo spesso avviene,
sulla base di idee generali, senza un concreto riferimento con l’effettiva realtà territoriale), si decide di “accorpare” gli Istituti con meno di 500 allievi: e cosı̀, la scuola
elementare di viale Romagna viene accorpata alla “Leonardo” . Si forma in tal modo
un mastodontico complesso costituito da 1100 alunni e 110 docenti, con un singolo Dirigente Scolastico (Donata Andreotti, per l’appunto) a cercar di ricucire insieme
tradizioni, metodi, strutture, composizioni piuttosto difformi e a dirimere i contrasti che
inevitabilmente si vengono a creare. La conflittualità che si genera nel nuovo Consiglio
di Circolo unificato, presieduto da Pietro Tardini, è emblematica di questa situazione:
in particolare, risulta difficile fugare in molti consiglieri l’impressione che questa operazione coincida con una sorta di “colonizzazione” della “Romagna” da parte della
“Leonardo” . Tuttavia, tra tanti aspetti problematici, sboccia anche qualche forma di
sinergia tra le due scuole: la “Romagna” ad esempio istituisce una biblioteca scolastica
sul modello di quella della “Leonardo” , mentre la nostra scuola trae vantaggio dalla
maggiore esperienza dei “cugini” per ciò che riguarda l’insegnamento dell’informatica.
Nel frattempo, seguendo l’esempio di altre strutture pubbliche, le due scuole adottano
una “Carta dei Servizi” che mira ad assicurare chiarezza e trasparenza nei confronti
dei genitori sui servizi offerti dalla struttura scolastica. Sul finire del secolo, inoltre,
comincia a farsi strada l’“autonomia scolastica” sia in fatto di organizzazione della
didattica (con la possibilità di adeguare il calendario scolastico alle esigenze locali),
che di finanziamenti (con l’opportunità di ricorrere a supporti integrativi da parte dei
genitori o di privati), che della sicurezza (con la legge n. 626, che ridefinisce il concetto
di sicurezza ed introduce nuove responsabili figure a garanzia della stessa). Nell’estate
del 1998 ci lasciano per sempre il maestro Iemmolo, curatore tra l’altro della bella
raccolta di poesie “ enne o pi”, e Consuelo Merzagora, che si era dedicata con passione
1
Il curatore osserva come le conseguenze immediate di questa operazione ben testimonino la naturale
(ma spesso mal coltivata) attitudine dei bambini a comprendere concetti matematici anche avanzati, ed
in particolare quello di “isomorfismo algebrico”: gli alunni infatti non solo stabiliscono immediatamente
una corrispondenza biunivoca tra valutazioni “letterali” e voti (“ottimo”↔ 10, “sufficiente”↔ 6. . . ),
ma comprendono anche che questa corrispondenza vale anche per le operazioni sui due insiemi (la
media tra “ottimo” e “buono” è ad esempio “distinto”).
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allo sviluppo della biblioteca della scuola, ai quali saranno dedicate rispettivamente la
sala lettura e la biblioteca alunni.
Per quanto riguarda lo sport, all’inizio degli anni ‘80 la “Leonardo” , insieme alla
scuola media “Cairoli”, ottenne dal Comune la gestione dell’area incolta adiacente
all’oratorio “S. Spirito”, in via Valvassori Peroni, da utilizzare come impianto sportivo
(la convenzione venne rinnovata nel 1989 per vent’anni). I lavori per la sistemazione del
campo coinvolsero la scuola elementare “Tito Speri” e la media “Quintino Di Vona”,
che acquisirono cosı̀ il diritto di usufruire della struttura. Nel 1985 questo spazio cosı̀
prezioso venne dedicato al preside della “Cairoli” Gianfranco Zelasco che per primo ne
aveva voluta la realizzazione e che nell’agosto di quell’anno era rimasto vittima della
tragedia di Stava insieme alla moglie Rita Martin, maestra della “Leonardo” . Sono
anni di particolare successo per il calcio, con la “Leonardo” vincitrice del torneo dei
“Giochi della Gioventù” e poi campione provinciale, dopo essere stata per tre volte
campione cittadina. Tra il 1994 ed il 1997, la partecipazione della scuola ai “Giochi
dell’AICS” che si svolgono all’Arena raggiunge il suo culmine, con l’adesione di tutte le
classi: successivamente, purtroppo, il disimpegno di molti insegnanti porterà ad un una
progressiva perdita di attenzione per questa bella manifestazione. Per fortuna, cresce
invece progressivamente l’importanza dei “Giochi della Leonardo”, nati già nel 1976 e
organizzati autonomamente dall’Associazione Sportiva dei genitori al centro “Saini”.
I “Giochi”, che nel 2004 giungeranno alla loro XXVIII edizione ed oltre a vedere la
presenza massiccia dei bambini costituiscono un momento essenziale per familiarizzare
con gli altri genitori della “Leonardo”, sono possibili anche grazie alla dedizione di
ex–alunni e di tante, tante persone affezionate alla “Leonardo” e alla sua tradizione
sportiva. Vero e proprio tour de force di due giorni, suscitano sentimenti misti di
amore e odio nei genitori, costretti a rinunciare a progetti di gite del fine settimana
(o alla meno peggio, all’usuale e meritato pisolino festivo) per raggiungere il “Saini” il
sabato pomeriggio, con ancora il boccone in gola (per non parlare delle code in auto
che segnano inevitabilmente il ritorno della domenica).
Le strade della “Leonardo” e della “Romagna” si separano di nuovo, dopo il breve
percorso comune, nel settembre del 2000. Pochi mesi dopo viene eletto il nuovo Consiglio di Circolo della sola “Leonardo” , presieduto da Duilio Preti. Tra i primi problemi
che il Consiglio si trova ad affrontare c’è quello della piscina. Da tempo infatti la storica “vasca” della Leonardo e le strutture di supporto erano inesorabilmente scivolate
verso uno stato di parziale o totale degrado: l’aggravarsi della situazione ed il verificarsi di piccoli incidenti portarono ad un’accurata ispezione della struttura da parte del
responsabile della prevenzione Sangalli e alla conseguente chiusura dell’impianto nel
settembre 2000. La speranza era, naturalmente, quella di poter provvedere in breve
tempo alle riparazioni di urgenza, permettendo cosı̀ alle attività della piscina (non solo
quelle della scuola, ma anche quelle organizzate da organizzazioni pubbliche e sportive
esterne) di riprendere. Ma s’eran fatti i conti senza l’oste: le nuove normative, che
definiscono in modo più attento il concetto di “mettere in sicurezza”, richiedevano un
intervento di portata molto maggiore di quello inizialmente previsto e portarono a preventivi d’opera da capogiro. La Direzione, il Consiglio, ma soprattutto i genitori, non
avevano tuttavia intenzione di darsi per vinti cosı̀ facilmente: vennero raccolte firme
(tantissime), presentate interpellanze al Comune, pubblicati articoli su giornali prestigiosi quali il Corriere della Sera (il cui Direttore, ai tempi, era anche genitore della
“Leonardo” ). Invano: l’Ufficio Tecnico del Comune si dichiarò “sensibile” al problema,
ma sottolineò l’esigenza di far fronte a ben più importanti urgenze di edilizia scolasti-
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ca, quali ad esempio l’eliminazione della controsoffittature in amianto di molte scuole
(per dirla con una stringata ma efficace espressione milanese, la risposta fu, in pratica,
rangéves). Ragioni validissime, invero: ma rimane—per ora—l’amaro in bocca di aver
visto morire una delle poche strutture in grado di assicurare le attività di nuoto non
solo alla scuola ma anche all’intera Zona.
Tra le iniziative del nuovo Consiglio vogliamo ricordare la nascita di un nuovo “giornalino”, specificamente destinato ad informare i genitori sulle iniziative della scuola:
in analogia con Il Salaino, dedicato alla figura di un allievo di Leonardo, il giornale
fu chiamato I fogli di Fra’ Luca, ricordando cosı̀ Luca Pacioli, matematico del Quattrocento legato a molte grandi figure del Rinascimento, da Piero della Francesca a
Leon Battista Alberti, ma soprattutto grande amico di Leonardo, il quale si avvicinò
proprio grazie alla “Summa” di Pacioli (una specie di “enciclopedia” della matematica
del tempo) alle idee di un altro grande “Leonardo”, Fibonacci, uno dei più importanti
matematici italiani di tutti i tempi. Curato in modo encomiabile da Andrea Prati
(che si sobbarcò l’estenuante lavoro di sollecitare testi e comporli tipograficamente) e
“sponsorizzato” da diverse piccole aziende facenti capo a genitori della scuola, il giornale ebbe purtroppo vita difficile e la pubblicazione fu interrotta sul finire dello scorso
anno. Ma non è detta l’ultima parola. . .
Nel frattempo, la progressiva riduzione dei finanziamenti alla scuola pubblica cominciava a creare seri grattacapi e a mettere seriamente in pericolo la continuità di
molte attività di supporto alla didattica, come quella di musica del Maestro Pedrotti, quella di supporto psico–pedagogico ad alunni ed insegnanti, lo stesso laboratorio
d’informatica. Il Consiglio prese cosı̀ la decisione di richiedere ai genitori un contributo (volontario, ma fortemente caldeggiato) di 50.000 delle vecchie Lire (divenuto con
l’anno successivo di 25 Euro, unico esempio di de-flazione conseguente all’introduzione
della nuova valuta a noi noto). I fondi raccolti tramite bollettino postale (forse una
scelta non del tutto lungimirante), corrispondenti a poco più della metà degli alunni,
vennero integrati successivamente organizzando manifestazioni ad hoc quali la giornata
“E. R.: genitori in prima linea” del Natale 2002. Con tali fondi, oltre a coprire le esigenze sopra citate, è stato possibile acquistare nuovi computer, installare un impianto di
videoproiezione, attrezzare in parte il laboratorio di Matematica e Scienze, restaurare
lo storico pianoforte della “Leonardo” e infine avviare un progetto di totale rifacimento
del teatro: quel teatro che, oggi completamente ristrutturato, si appresta ad ospitare
anche la bella ricorrenza per la quale abbiamo messo insieme questo piccolo, ma sentito,
itinerario della memoria.
1980-2003
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A Milano, negli anni ‘80 . . .
1980 Inizia le trasmissioni “Canale 5” di Silvio Berlusconi, nuovo nome di “Telemilano” che
aveva iniziato le trasmissioni nel 1978. Il Planetario viene aggregato al Museo di Storia
Naturale. Inaugurazione del grande disco girevole, scultura di Arnaldo Pomodoro posta
al centro di piazza Meda.
1981 E’ arrestato a Milano il capo delle Brigate Rosse Mario Moretti. Iniziano in piazza IV
novembre i lavori della linea 3 della metropolitana. Muore a Milano Eugenio Montale.
Il Corriere d’informazione, quotidiano pomeridiano de Il Corriere della Sera, cessa le
pubblicazioni.
1982 Fallimento del Banco Ambrosiano: il giorno seguente Roberto Calvi viene trovato impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati Neri. Viene fondata l’Orchestra Filarmonica della
Scala. Iniziano i lavori del Passante ferroviario dalla Stazione Garibaldi alla Stazione
Vittoria.
1983 Visita di Giovanni Paolo II a Milano, la prima visita di un papa dopo oltre mezzo
millennio. Bruno Tassan Din e i fratelli Angelo e Alberto Rizzoli sono arrestati per
bancarotta fraudolenta: il Tribunale di Milano formalizza l’amministrazione controllata
per l’“Editoriale Corriere della Sera”.
1984 Viene inaugurato il Museo d’Arte Contemporanea in Palazzo Reale. Termina il restauro della Sagrestia Vecchia e del chiostro del Bramante di S. Maria delle Grazie. La
finanziaria Gemina, controllata da FIAT e Mediobanca, acquista il Corriere della Sera:
Piero Ostellino è il nuovo direttore.
1985 Grande nevicata che abbatte il Palazzetto dello Sport e la copertura del Vigorelli, che
da allora resta chiuso per molti anni. Chiude definitivamente il Brefotrofio.
1986 Carlo Tognoli si dimette e viene eletto sindaco Paolo Pillitteri, cognato di Bettino Craxi.
A conclusione dei lavori di restauro, viene inaugurato il nuovo altare del Duomo.
1987 Raul Gardini diventa presidente della Montedison. Nel centenario della nascita, i Cappuccini inaugurano in piazza Velasquez un monumento a Padre Pio di Pietralcina.
1988 Per tentare di porre rimedio all’inquinamento atmosferico, il centro di Milano viene
chiuso al traffico non autorizzato dalle ore 7,30 alle 18. Dopo una lunga lotta legale, il
Gruppo Mondadori viene spartito tra De Benedetti e Fininvest.
1989 Il Politecnico inizia l’insediamento alla Bovisa. Dopo novant’anni, La Domenica del
Corriere cessa le pubblicazioni. Muoiono a Milano l’attore teatrale Franco Parenti e
Cesare Musatti, padre della psicoanalisi italiana.
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. . . e negli anni ‘90
1990 Inaugurazione del terzo anello dello stadio di S. Siro: i posti a sedere diventano oltre
85.000. Viene inaugurato il primo tronco della linea 3 della metropolitana.
1991 Al censimento gli abitanti del Comune sono 1.371.008, in forte diminuzione sia per il calo
della natalità che per lo spostamento di molte famiglie nei comuni limitrofi. Si dimette
Paolo Pillitteri.
1992 Con l’arresto per corruzione di Mario Chiesa, direttore del Pio Albergo Trivulzio, ha
inizio l’operazione “Mani Pulite”. Il nuovo sindaco Borghini firma la convenzione per lo
spostamento della Fiera verso un polo esterno non ancora definito. Muore in un incidente
stradale Gianni Brera.
1993 Dopo le dimissioni di più di quaranta consiglieri, viene commissariato il consiglio comunale: alle successive elezioni viene eletto sindaco, con la nuova legge elettorale, Marco
Formentini. Il 27 luglio scoppia un’autobomba in via Palestro: muoiono cinque persone e viene completamente distrutto il Padiglione d’Arte Contemporanea. Il finanziere
Raul Gardini si suicida nella sua casa di piazza Belgioioso. Chiude lo stabilimento
automobilistico della Maserati in via Rubattino, in precedenza sede della Innocenti.
1994 Viene consegnato all’Università Statale il nuovo palazzo alla Bicocca, nell’area dismessa
dalla Pirelli, dove avranno sede alcune facoltà a partire dal 1995. Il Comune sgombera
la sede del Centro Sociale Leoncavallo, occupata abusivamente da quasi un ventennio.
Crolla un palazzo in viale Monza in seguito a una fuga di gas, provocando sette morti e
dodici feriti.
1995 Maurizio Gucci, appartenente alla nota famiglia di imprenditori della moda, è assassinato
davanti alla sua abitazione di via Palestro 20. Muore lo scultore Francesco Messina.
1996 Viene allargata la zona pedonale in centro. Oltre a piazza del Duomo e Corso Vittorio
Emanuele diventano pedonali anche via Mercanti e via Dante. Chiudono le acciaierie
Falck di Sesto S. Giovanni.
1997 Dopo il ballottaggio con Aldo Fumagalli, Gabriele Albertini è il nuovo sindaco. Disastro
in una camera iperbarica dell’Ospedale Galeazzi: muoiono dieci pazienti e un infermiere.
Dario Fo riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore, nella sua casa di Milano,
Camilla Cederna.
1998 Dopo un travagliato periodo di polemiche, inizia a funzionare il nuovo aeroporto Malpensa 2000. Viene privatizzata l’AEM. Il Comune approva la costruzione del Teatro degli
Arcimboldi, destinato a sostituire la Scala durante il futuro restauro. Inaugurazione
del Nuovo Piccolo Teatro. Muore Ugo Lanza, che con Marcello Bich aveva lanciato nel
dopoguerra, in via Quaranta, la produzione di penne a sfera, su brevetto acquistato
dall’ungherese Biro.
1999 La Giunta comunale delibera la vendita di tutte le farmacie comunali in un unico blocco.
Termina il restauro del Cenacolo di Leonardo, opera di Pinin Brambilla. Inaugurazione
all’Ippodromo di S. Siro del colossale monumento del Cavallo di Leonardo, realizzato
dalla scultrice giapponese Nina Amaku.
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Il saluto del Direttore
Il Salaino dedicò uno spazio speciale al direttore Smriglio in occasione del suo pensionamento.
Riportiamo qui il saluto del direttore, contraccambiato da tre alunni.
Cari ragazzi, sono grato alla redazione de “Il Salaino” per lo spazio che mi mette
a disposizione per permettermi di rivolgermi, ancora una volta, a voi. Lascio, dopo
quasi vent’anni di attività alla Leonardo, la scuola e la lascio con l’animo sereno dalla
consapevolezza di aver fatto quanto potevo per mantenerla al livello di eccellenza che ha
avuto fin dall’inizio. Ammetto volentieri che, se ci sono riuscito, il merito è soprattutto
vostro e dei vostri insegnanti. Mi mancherete molto perché vi voglio molto bene e perché
sempre bene mi sono trovato in mezzo a voi. Capisco che è giusto che i quadri della
Scuola si rinnovino periodicamente, ma mi dispiace staccarmi da voi, anche se sono
sicuro di lasciarvi in buone mani perché so che i vostri Maestri (ho usato volutamente
la lettera maiuscola, non è un errore!) opereranno nel migliore dei modi nei vostri
confronti. Confesso che mi mancherete ed oso sperare di mancare un pochino anche io
a voi. Vi voglio bene e vi incarico di dire ai vostri maestri ed ai vostri genitori che voglio
bene anche a loro. Vi auguro che la vostra carriera scolastica sia ricca di successi e che
la vittoria vi permetta di acquisire serenamente tutto quello che desiderate. Vi abbraccio
tutti e vi ricorderò con affetto e nostalgia; in cambio chiedo di essere ricordato, se mi
ricorderete, con affetto.
Il vostro direttore
Caro Signor Direttore, anche lei, come noi bambini di quinta, quest’anno lascerà la
scuola, e penso di poter capire cosa prova. Certo lasciare le persone a noi care non
è facile, ma lei dopo tanto lavoro si è meritato il giusto riposo. Ricordo quand’ero
in prima, quando la guardavo e quando lei mi carezzava la testa: ero felice, e me ne
vantavo, oppure quando io e una mia compagna eravamo scese in segreteria, lei ci ha
chiamato nella sua stanza e ci diede delle figurine per il nostro buon comportamento.
Tornate in classe i compagni ci invidiavano. Questi sono solo alcuni ricordi di lei,
un uomo buono, gentile, generoso, esemplare. Mi dispiace che i bambini dell’anno
prossimo, in prima, non possano avere un direttore come lei.
Caro Direttore, ti scrivo questa lettera per ringraziarti di questi miei primi cinque anni
di scuola. Mi ricordo il primo giorno, tutte le classi prime erano riunite nel cortile e per
la prima volta ti ho visto insieme a tutte le maestre, tu mi hai ispirato subito simpatia
con quei baffoni folti e con quel sorriso cordiale. Mi ricordo che mia mamma ha detto
che eri molto simpatico, ti aveva già conosciuto prima quando mia sorella frequentava
la Leonardo. Un po’ mi dispiace di non averti visto più spesso, però forse è meglio
cosı̀: vuol dire che non sono mai stato cosı̀ discolo da essere mandato in direzione. Ti
ringrazio anche per le volte che sei passato nella mia classe a salutarci.
Caro signor Direttore, non sa come mi rattrista l’idea che presto lascerà la scuola
per andare in pensione. Quando andrà in pensione, sarà sempre nel nostro cuore, la
penseremo sempre, anche quando saremo alle medie. Tutti sanno quanto è comprensivo
e buono, sorride sempre anche quando facciamo qualcosa di male. Si sa che arrabbiandosi non si ottiene niente, in nostro Direttore invece è tutto il contrario: è allegro e
felice. Chissà perchè lo Stato inventa queste regole!
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Liriche elementari
I bambini mostrano spesso una spiccata predisposizione naturale al componimento poetico, che
purtroppo in genere si perde con gli anni. Ve ne proponiamo alcuni, tratti da Il Salaino e da
raccolte curate degli insegnanti quali enne o pi (“Noi Osiamo Poetare”) o Liriche elementari,
che ci mostrano un caleidoscopio di sensazioni, gioiose ma anche tristi, sognanti ma anche crude.
In una nuvola c’è
il mare, un mare
di ricordi; c’è il profumo
del latte, il profumo
dell’infanzia.
(Francesca)
Un cupo mantello
scende impetuosamente
sul sole addormentato. . .
con un grande rombo,
quasi come un tuono,
tutto copre
e nel sonno sprofonda
(Elisa)
Un cielo che minaccia,
che inghiotte tutto,
delle mani
che chiedono perdono,
ed un sole cupo,
che cerca di resistere
alla furia del vento.
(Sacha)
La luna
è chiara
e rara.
I suoi raggi
delicati
non sono mai
bagnati.
Vorrei che diventasse
una mamma, cantante
di ninne nanne
(Sara)
Io sono il lupo
che ulula alla luna
e risveglia altri lupi
al sorgere del sole.
(Edoardo)
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Ci sono fili taglienti
sul mio quaderno
che uccidono il vento
troppo lunghi
per essere guardati
e troppo belli
per essere dimenticati
Sulle rughe
del mio quaderno
infinite corde di violino
tese a spezzare
l’interminabile equatore.
(Simone)
La fantasia
è pensare,
giocare,
la fantasia
è come le bollicine
che entrano in tutte le cose,
la fantasia è un aereo
chiuso nel cuore
e fa andare avanti
la tua vita.
(Federico)
La notte cupa
di una persona
è l’inverno di un’altra.
Il rumore delle spade
segna la fine di un’uomo.
La vita è una carogna
perchè davanti un vecchio
c’è un muro.
Il giorno dopo
l’uomo sparisce. . .
(Mohamed)
C’era una foglia giovane
che si sentiva molto sola
le altre foglie dell’albero
erano tutte grandi.
Le foglie grandi
sapevano già la storia:
che in autunno si muore,
ma lei no
era troppo giovane.
(Paolo)
Le tessitrici
con aghi di legno
a ogni primavera
cuciono
un tessuto nuovo
per il vento.
(Simone)
Mare mosso,
come dei lunghi capelli
argentati,
accarezzati dal vento.
Lunga distesa
di mille colori.
Mare di molti amori
amori di vento,
amori scoperti
in quel momento.
(Francesca)
Come smeraldi
i suoi occhi,
come velluto
i suoi capelli,
è lei,
la mamma
che vive con allegria,
la più grande avventura:
la vita.
(Valeria)
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Qualche chiarimento per un piccolo sforzo
Riportiamo il breve articolo redatto dal Consiglio di Circolo e pubblicato da I fogli di Fra’Luca, dove vengono presentate le motivazioni che stanno alla base della richiesta del contributo
volontario ai genitori.
«Qualcuno di voi sarà rimasto sorpreso e forse perplesso nel vedersi recapitare a casa
dai propri bambini una lettera in cui la Leonardo (o meglio, il suo Consiglio di Circolo)
veniva a “battere cassa” chiedendovi, con tanto di bollettino postale incluso, un versamento a favore delle attività della Scuola. Sorpresa e perplessità del tutto giustificabili:
“tirar su” dei figli costa già abbastanza, lo sappiamo tutti e, prima di aprire per l’ennesima volta il portafogli, è meglio aver ben chiaro il perché. Chiediamoci allora: a che
cosa serve questo fantomatico contributo? O meglio, cominciamo a dire a che cosa non
serve. La cifra che verrà raccolta non servirà a “tappare i buchi” che la progressiva
riduzione degli stanziamenti per la Scuola pubblica stanno creando per quanto riguarda
il funzionamento corrente e la situazione delle strutture della Scuola. Per intenderci, niente bollette del telefono, carta per fotocopiatrici, riparazioni di rubinetti. Non
servirà neppure a finanziare interventi di sostegno o corsi formativi per gli insegnanti.
Avete il diritto ed il dovere di chiedere che a queste cose, di per se molto importanti, ci
pensi qualcun altro. A che cosa servirà, allora? É molto semplice. Ci sono cose che da
qualche tempo la Leonardo cerca di fare, e che vanno al di là della formazione educativa
di base che in ogni caso essa deve garantire. Alla Leonardo ci sono insegnanti che si
sono impegnati a sviluppare attività teatrali in un teatrino che, diciamocelo chiaro, lascia molto a desiderare. C’è un laboratorio di informatica, che continuerà a permettere
ai vostri figli di mettere il naso nel mondo della comunicazione del loro domani, sempre
che mantenga il passo con lo sviluppo della tecnologia. Ci sono sant’uomini come l’Ing.
Redaelli, che da anni ha messo in piedi tra mille difficoltà un magnifico laboratorio per
avvicinare i vostri figli alla scienza e alla tecnica. Tutto questo costa. E i soldi non ci
sono. Né c’è speranza di vederli arrivare, senza il nostro aiuto. Vi sembra ancora un
po’ vago? Lo è di proposito. Non abbiamo voluto come Consiglio di Circolo scendere
maggiormente nei dettagli, proprio perché sceglieremo di “investire” i vostri soldi solo
di fronte a progetti chiari, fattibili, ragionevoli. E, naturalmente, assicurandoci che il
controllo di questi investimenti sia sempre ed esclusivamente nelle mani del Consiglio
di Circolo, cioè, alla fin fine, nelle vostre mani. Rileggete infine con cura la lettera
e la nota sul bollettino allegato. Il contributo che vi si chiede è volontario. Nessuno
vuole o può vincolarvi a contribuire. Anche la cifra di 50.000 Lire è puramente indicativa: rappresenta solo una stima di quanto potrebbe essere un contributo ragionevole da
parte di ciascuna famiglia per raggiungere almeno in parte gli obiettivi di cui abbiamo
parlato. Nessun obbligo quindi, né tanto meno una “tassa imposta”. Chi può può, chi
non può non può. E se qualcuno pensa di potere di più, tanto meglio. Speriamo solo di
avervi convinto, con quanto vi abbiamo detto, che vale la pena di farlo. Anche perché,
in fondo, questo è il modo migliore di dire che la Scuola pubblica può e deve funzionare.
Magari con un po’ del nostro aiuto. Noi, intanto, vi ringraziamo fin d’ora.»
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Figura 8.1: I piccoli atleti della “Leonardo” festeggiano il primo computer della scuola, vinto
meritatamente in una competizione sportiva del 1984.
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Figura 8.2: I giudizi su una “scheda personale” del 1987, redatta secondo la legge n. 517 del 1977.
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Figura 8.3: Volantino con il programma dei festeggiamenti per il LX della “Leonardo” .
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Figura 8.4: Copertine de Il Salaino degli anni ‘90: la prima in alto a sinistra si riferisce al numero
speciale prodotto in occasione del sessantesimo anniversario della scuola.
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Figura 8.5: Immagini dai “Giochi della Leonardo” degli anni ‘90.
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Figura 8.6: Momenti di vita di classe sul principio degli anni ‘90.
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Figura 8.7: Immagini dello stato di degrado della piscina sul finire degli anni ‘90. A fianco, l’articolo
del Corriere della Sera del 10 aprile 2001 che documenta la protesta nei confronti del Comune.
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Figura 8.8: Il primo numero de I fogli di Fra’ Luca.
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Figura 8.9: Manifesto per la giornata di sostegno alla scuola del dicembre 2001.
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Figura 8.10: Immagini della “Leonardo” di oggi: il laboratorio di psicomotricità e quello di pittura.
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Figura 8.11: Immagini della “Leonardo” di oggi: il laboratorio di lingua e il Museo Principato.
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Figura 8.12: Immagini della “Leonardo” di oggi: la biblioteca alunni e il laboratorio di scienze.
È
venuto il momento di “ tirare le somme”, di riassumere in una visione d’insieme il lungo cammino percorso dalla nostra scuola in questi settant’anni. Nei grafici
nella pagina seguente, un’occhio attento può cogliere come dato globale una specie di
“tripartizione” della storia della scuola, quasi un succedersi, un darsi il cambio di tre
“Leonardo” con caratteristiche molto diverse. La prima, la scuola di Bianchi, è una
sorta di “grande impresa” al servizio di un numero di bambini che oscilla attorno
alle duemila unità e con un numero di alunni per classe che sfiora la quarantina. Se
si eccettua il crollo verticale degli anni della guerra, abbiamo a che fare in termini
numerici (ma, come abbiamo visto, anche effettivi) con una situazione di equilibrio
complessivo. La seconda scuola che ad essa succede ha sembianze molto diverse, più
“inquiete” e dinamiche. Ad un rapido crollo degli iscritti dopo la metà degli anni
‘50 segue un’impennata evidente negli anni ‘70, riflesso delle nascite negli “anni del
boom”. La terza scuola infine, la “nostra” scuola, che nasce più o meno alla metà
degli anni ‘80, si caratterizza di nuovo per un equilibrio globale, ma su livelli decisamente più bassi in termini di numero totale e di media di alunni per classe rispetto alla
“Leonardo” delle origini. Tutto ciò costituisce molto più che un mero dato statistico:
rileggendo le pagine precedenti, risulta evidente come queste tendenze globali abbiano
avuto (e avranno) conseguenze sul modo di organizzare e assicurare il funzionamento
della didattica, di predisporre un credibile piano di offerta formativa e di individuare
gli spazi in cui inserirla, insomma in generale del modo di fare scuola. In un Paese che
ha una scarsa tradizione di “attenzione ai numeri”, pensiamo sia opportuno riflettere
sul futuro della scuola partendo anche da questi dati di fatto.
E adesso? I rapidi cambiamenti della struttura della scuola dell’obbligo ed in par-
ticolare la legge n. 53/2003 rappresentano, qualunque sia il giudizio che se ne voglia
dare, una nuova sfida. Abbiamo visto ad esempio quanto tempo, fatica ed intelligenza
siano stati necessari per passare dal “maestro unico” ai “team” didattici e plasmare
quella che è l’attuale (crediamo buona) offerta formativa della “Leonardo” : ora si
chiede alla Scuola di ripercorrere in parte il cammino in senso opposto, anche se su
binari diversi. Sarà meglio? Sarà peggio? In ogni caso, non sarà facile. Ma sarebbe
miope chi limitasse il proprio orizzonte a questi problemi contingenti: sfide di ben più
profonda natura attendono la “Leonardo” . In primo luogo, nuove forme di trasmissione dell’informazione (i mezzi di comunicazione di massa, internet, presto forse la
“realtà virtuale”) competono ormai vigorosamente con i luoghi tradizionali della crescita educativa. È indubbio che la Scuola, con la sua insostituibile funzione socializzante,
debba restare il fulcro del processo educativo: ma come assicurarlo non è del tutto
evidente. La “Leonardo” dei prossimi anni sarà poi una scuola diversa in termini di
composizione: sarà anche la scuola dei “nuovi italiani”, dei figli di chi è giunto da
lontano per assicurare loro una vita degna. Negli ultimi tre anni, per restare alle cifre,
la presenza di bambini “stranieri” alla “Leonardo” è cresciuta da 25 a 57 alunni. È
ovvio che ciò comporta problemi, perchè amalgamare culture, tradizioni, lingue diverse
non è certo facile: ma è anche un’occasione unica per mettere a frutto la ricchezza di
stimoli culturali che ne deriva, per amalgamare una tavolozza di colori nell’arcobaleno
di una nuova tela. Anche perché (come sanno bene Paesi come gli Stati Uniti) la Scuola costituisce un momento unico nella formazione di una coscienza nazionale. Saprà
rispondere, la “Leonardo” , a queste sfide? Forse, anzi ne siamo convinti. Ma solo con
l’impegno di tutti noi. Buon compleanno,“Leonardo” !
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94
2500
TOTALE ALUNNI
2000
1500
1000
500
0
1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000
50
ALUNNI PER CLASSE
40
30
20
10
0
1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000
Andamento negli anni del numero totale di iscritti e della media di alunni per classe alla “Leonardo”.
95
Bimbi della “Leonardo” di ieri e di oggi.. . .
Indice
iii
1
2 Gli esordi
1
3 1933-1938
13
4 1939-1948
25
5 1949-1959
39
6 1960-1969
51
7 1970-1979
61
8 1980-2003
71
96
Questo volume è stato interamente redatto utilizzando il sistema di editoria elettronica LATEX 2ε .
Desideriamo esprimere il nostro più vivo ringraziamento a tutti coloro che si adoperano per fini
non commerciali al progetto e allo sviluppo di un software editoriale sofisticato e di alta qualità:
in altri termini per ciò che viene definito, con un’espressione davvero efficace, “careware”.
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