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La Newsletter de nr. 04-2017 CLICCA QUI PER ISCRIVERTI ALLA NEWSLETTER DEL BIOLOGICO… MA NON SOLO! ...SIAMO ANCHE IN FACEBOOK!! NOTIZIE DAL MONDO DEL BIOLOGICO, DALL’EUROPA E… DAL TAMISO Questa settimana parliamo di: Olio di palma e deforestazione, o Acrilammide e rischio tumore, La Biodiversità si può barattare…, La bolla degli inceneritori, o Trump, Brexit e il libero mercato cinese, Latte, da dove vieni?, o Senape OGM in India: No, grazie!, Due Università spiegano le nostre scelte al supermercato, Permacultura filosofia di vita, o Come abbiamo distrutto la Terra in 30 anni, Laura e Isidro: altri due difensori dell’ambiente assassinati in Sudmaerica, o Indagine DOXA sul grano: tanti italiani non lo vogliono importato, In Francia in primo supermercato cooperativo e partecipativo, I Signori del cibo stanno affamando la Terra, o Corso di cucina bio-vegetariana alla Biolca, Mettere l’Ambiente al centro: lettera di 16 Associazioni al futuro Sindaco di Padova, o Siamo in pericolo: Salviamo il suolo!!, Buona lettura!!! OLIO DI PALMA E DEFORESTAZIONE, GREENPEACE CONTRO LA BANCA HSBC. L’ACCUSA È DI FINANZIARE ALCUNE DELLE PIÙ DISTRUTTIVE SOCIETÀ DEL SETTORE Greenpeace accusa la banca HSBC di finanziare le compagnie che causano deforestazione. HSBC, la più grande banca d’Europa con sede centrale nel Regno Unito, è una delle maggiori finanziatrici dell’industria dell’olio di palma, comprese alcune società ritenute tra quelle maggiormente responsabili della distruzione dell’habitat. Solo negli ultimi cinque anni, HSBC ha fatto parte di consorzi bancari che hanno disposto prestiti da 16.3 miliardi di dollari e obbligazioni da circa 2 miliardi di dollari a sei società indonesiane (Bumitama, Goodhope, IOI, Noble, POSCO Daewoo e Gruppo Salim/Indofood) che producono olio di palma a discapito di vaste aree di foresta pluviale indonesiana. Praticamente, HSBC ha concesso prestiti e servizi finanziari a società responsabili di distruzione della foresta indonesiana e del drenaggio delle torbiere, di incendi forestali, di espropriazione delle terre ai danni delle popolazioni locali, di violazione dei diritti dei lavoratori e dello sfruttamento del lavoro minorile. È quanto denuncia Greenpeace, che ha documentato queste affermazioni in un rapporto intitolato Dirty Bankers, sottolineando come i prestiti e i servizi finanziari costituiscono una violazioni delle politiche di sostenibilità di HSBC. I rapporti di HSBC con queste sei società indonesiane, afferma l’associazione ecologista, espongono la banca ad un rischio reputazionale, oltre ai rischi finanziari connessi all’industria dell’olio di palma. Alcune delle società citate da Greenpeace sono state collegate a incendi delle foreste indonesiane. Le prove che le società indonesiane siano responsabili di pratiche inaccettabili sono di dominio pubblico, afferma Greenpeace, e sono state oggetto di esposti alla Tavola Rotonda sull’olio di palma sostenibile (RSPO), che nel caso dello IOI ne ha anche deciso la temporanea sospensione. Altre società sono state citate dal governo indonesiano per gravi incendi e sono state oggetto di rapporti critici da parte di organizzazioni non governative. Sarebbe stata sufficiente una valutazione di base di queste società per far suonare dei campanelli d’allarme, osserva l’associazione ecologista, e quindi si pone la questione se HSBC sia totalmente incapace di applicare i propri principi o se semplicemente non eserciti un sufficiente controllo dei propri clienti attuali o futuri. Prima della pubblicazione, Greenpeace ha sottoposto il rapporto a HSBC, che però si è rifiutata di commentare per ragioni di riservatezza. In una dichiarazione sui cambiamenti climatici del 17 ottobre scorso, HSBC informa di aver cessato di fornire i propri servizi bancari ad alcuni clienti, tra cui società operanti nel settore forestale, sulla base dei propri standard, ma non dice quali siano queste compagnie. Greenpeace chiede a HSBC di adottare deforestazione” verso i propri clienti una politica “no Greenpeace chiede a HSBC e in generale alle banche che offrono prestiti o altri servizi finanziari a società o gruppi di società che operano nel settore dell’olio di palma: Rivelare i dettagli dei servizi finanziari forniti Impegnarsi per una politica di “No deforestazione, No drenaggio delle torbiere, No sfruttamento dei lavoratori e delle le comunità locali”. Interagire con i clienti esistenti per garantire la conformità con questa politica entro un determinato periodo di tempo, rifiutandosi di rifinanziare o rinnovare altri servizi fino a che ciò non sia stato fatto. Rifiutare finanziamenti o altri servizi a potenziali clienti che non sono conformi con questa politica. Analoghi impegni di trasparenza e rigore vengono chiesti da Greenpeace agli investitori istituzionali che hanno rilevanti partecipazioni in società operanti nell’industria dell’olio di palma, sino a prevedere il disinvestimento da quelle che non rispettano una rigorosa politica contro la deforestazione e per il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle popolazioni locali. §§§ **torna al sommario** L’acrilammide aumenta il rischio di tumore ed è presente in patatine fritte, pane, caffè. Le cose da fare per ridurre al minimo le quantità **torna al sommario** (da Il Fatto Alimentare – gennaio 2017) LA BIODIVERSITÀ SI BARATTA! Dieci anni fa diventa legge in Italia la possibilità di scambiare semi. La biodiversità in Italia è legge da oltre un anno ma i paladini della terra e dei suoi prodotti non hanno mai smesso di difenderla, anche con gli strumenti più semplici e immediati come il baratto e la conoscenza diretta. Solo fino a qualche decennio fa si trattava di pochi estimatori di prodotti di “nicchia” che, rischiando di beccarsi una salatissima ammenda, scambiavano con cavolo lucano, grano toscano con peperoncino nero di Salerno, all’insegna dell’abbondanza e della diversità che la nostra Penisola offre. Oggi stiamo parlando di un movimento “neorurale” che potenzialmente – tra campi, orti, giardini e balconi riadattati, in paese e in città – conta tre milioni di praticanti. Si riuniscono in tutta Italia in almeno 80 appuntamenti all’anno, in cui migliaia di persone si incontrano, come ieri a Ronco Scrivia, nel genovese, per regalare i semi prodotti dalla propria terra. “Libera festa del libero scambio di semi autoprodotti e lieviti di casa, esposizione di frumenti e frutta antica”, recita la locandina dell’evento ligure che si chiama Mandillo dei semi, il “fazzoletto”, in dialetto, all’interno del quale si ripongono le piccole pepite da scambiare. Un mercato di idee, ribellione e speranze: un nuovo, e allo stesso tempo antico, modo di vivere per piccoli contadini indipendenti e appassionati che tornano alla terra spinti da tanti motivi diversi. Tutto questo fino a pochi anni fa era fuorilegge in base a una direttiva europea del 1998 che considerava lo scambio e la commercializzazione delle sementi attività riservate alle ditte sementiere e vietate ai contadini. Ciò che gli agricoltori hanno fatto per millenni è stato di colpo cancellato. Massimo Angelini fu uno dei primi a cominciare una sorta di disobbedienza civile: il primo “scambio delle sementi”. Dopo anni di battaglie, nel 2007 è stata approvata una legge che riconosce ai coltivatori il diritto di scambiarsi le cosiddette “varietà di conservazione”: «Da allora siamo passati da 5 o 6 varietà di frumento conosciute a 110. Tanti panifici, in Puglia e Toscana, Sicilia, li stanno adottando. È solo l’inizio», promette Angelini. (da Slow Food – gennaio 2017) **torna al sommario** La bolla degli inceneritori **torna al sommario** §§§ Trump, Brexit e il “libero mercato” cinese segnano la fine della storia **torna al sommario** (da Altreconomia – gennaio 2017) Latte, da dove vieni? **torna al sommario** §§§ Senape GM in India? No grazie! **torna al sommario** (da Slow Food – gennaio 2017) DUE UNIVERSITÀ CI SPIEGANO LE NOSTRE SCELTE AL SUPERMERCATO L’esperimento è stato condotto da una società bolognese di consulenza e ricerca, la Agroter, e da BrainSigns, spin-off dell’università “La Sapienza” di Roma: alcuni clienti del reparto frutta e verdura di un grande supermercato sono stati equipaggiati con un caschetto per registrare le onde cerebrali e con un congegno per il monitoraggio dello sguardo. L’obiettivo era quello di registrare le emozioni durante l’acquisto della spesa quotidiana e quindi di valutare quei fattori, quali la disposizione delle merci sugli scaffali o il tipo di luci adottate, che condizionano il processo di acquisto. Il primo dato che è emerso dimostra che il consumatore è più disposto all’acquisto quando sull’imballaggio sono presenti immagini raffiguranti il produttore o quando è presente fisicamente un agricoltore nel punto vendita. L’identificazione del prodotto con una persona fisica sembra quindi funzionare come una garanzia per l’acquirente. La biometrica può misurare il nostro ‘affetto’ per i prodotti. «L’incontro con l’agricoltore ha favorito la memorizzazione, l’attenzione e la piacevolezza del processo d’acquisto del prodotto – spiega Roberto della Casa, docente di marketing a Bologna e fondatore di Agroter – Il che dimostra come l’esperienza vissuta e raccontata appena fuori dal negozio abbia influenzato il consumatore anche a distanza di parecchi minuti dall’incontro. Ai prodotti che presentavano promozioni o tipi particolari di packaging, inoltre, sono stati associati tassi di vendita tripli rispetto al normale». «A volte – sottolinea Fabio Babiloni, direttore scientifico di BrainSigns – non ci spieghiamo perché acquistiamo d’impulso prodotti che non erano nella lista della spesa o perché ci sentiamo gratificati o delusi dopo un determinato acquisto. Esistono, però, prove scientifiche che dimostrano come il nostro cervello si attivi restituendo segnali oggettivi e fisiologici legati a quei processi e le moderne tecniche di misurazione biometrica consentono di misurarli». (da Asterisco Informazioni – gennaio 2017) **torna al sommario** QUANDO LA PERMAACULTURA DIVENTA UNA FILOSOFIA DI VITA… Sostenibilità, equilibrio, biodiversità, scambio e mutuo aiuto sono i principi fondamentali che muovono il progetto dell'associazione Permacultura La Castellana, nato a Castelfranco Veneto (TV) circa un anno fa. Con 29 persone coinvolte, un ettaro di terra presa in affitto dal Comune e un budget al minimo (3500 euro spesi in un anno) questo progetto di permacultura ha preso il volo iniziando dalla graduale riconversione di un terreno precedentemente sfruttato dall'agricoltura intensiva. L'obiettivo è recuperare risorse e valori fondamentali per il territorio e le persone, promuovere concretamente un'economia di sostentamento e scambio con le realtà virtuose vicine oltre che ridurre progressivamente il ricorso all'economia di mercato. In una società individualistica e basata quasi esclusivamente su valori fittizi dipendenti dal denaro e dal consumo senza limiti, principi fondamentali come la condivisione dei saperi e dei frutti della terra, la solidarietà e il rispetto della natura hanno un significato profondo e dirompente. Molti i progetti futuri dell'associazione: fare rete con altre realtà basate sulla cooperazione e lo scambio, realizzare attività di reciproca conoscenza e collaborazione con le scuole tradizionali di agricoltura, approfondire e allargare le possibilità di coltivazione. Incontriamo Daniele Zanetti, uno degli ideatori del progetto e co-fondatore dell'associazione Permacultura La Castellana. Che cos'è il Progetto Permacultura La Castellana? Permacultura La Castellana è un'associazione culturale senza fini di lucro che ha l'obiettivo di creare una comunità aperta di persone con l'intento di fare autoproduzione, avviare un'economia di sostentamento e vendere le eventuali eccedenze. Tuttavia, la cosa per noi più importante è iniziare a praticare un'economia di scambio con altre realtà del territorio come i GAS e gli orti solidali situati nelle vicinanze. Dove avete preso la terra? Abbiamo preso in affitto un ettaro di terra dal comune di Castelfranco per 470 euro l'anno. C'è la possibilità in seguito di prendere altri appezzamenti adiacenti, circa 5000 metri quadri. Abbiamo una concessione per i prossimi 5 anni, rinnovabile per altri 5. Chi è stato l'ideatore del progetto e come avete incontrato gli altri soci? L'input iniziale è stato mio e di un altro socio, Alessandro Bettati. Sono dieci anni che sono nel campo dell'associazionismo, avevo già un giro di conoscenze in questo settore e quindi non siamo partiti da zero. Attraverso incontri e fiere ci siamo fatti conoscere e sono entrate a far parte del progetto altre persone. Con quale budget avete iniziato? La quota associativa costa 50 euro l'anno ma col tempo abbiamo intenzione di ridurla. Abbiamo, al momento, fissato questa cifra perché abbiamo dovuto sostenere le spese per la serra e gli attrezzi necessari per l'orto. C'era bisogno di un budget iniziale ma nel giro di 5 anni la quota associativa si dimezzerà. Ci sono nostri colleghi che sono partiti con terreni di proprietà e con una cooperativa con un budget di 300000 euro. Noi siamo partiti con un budget molto limitato e alla portata di tutti. Naturalmente loro, della cooperativa, sono interessati a vendere all'esterno, noi invece siamo interessati più all'economia di scambio... continua QUI la lettura (da Il Cambiamento – gennaio 2017) **torna al sommario** Ecco come abbiamo distrutto la Terra negli ultimi 30 anni (prima e dopo) **torna al sommario** §§§ Addio Laura e Isidro: assassinati in Sudamerica altri 2 difensori dell’ambiente **torna al sommario** (da Greenme.it – gennaio 2017) INDAGINE DOXA SUL GRANO: PER TANTI ITALIANI QUELLO IMPORTATO NON VA BENE I vertici di Italmopa (leggere i mugnai d’Italia) dicono che questo è il frutto di un’informazione non corretta. Invece, finalmente, gli italiani vengono correttamente informati sui problemi che – ad esempio – può presentare il grano duro importato dall’estero. Basti pensare al glifosato e alle micotossine DON. Va anche smentito chi dice che l’Italia non è autosufficiente in questo settore. Basta solo mettere a produzione i terreni abbandonati a causa delle errate politiche portate avanti dai Governi ‘inginocchiati’ ai dettami di industriali e multinazionali. (Saverio De Bonis - presidente di GranoSalus) Da un indagine Doxa sulle farine commissionata da Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) e pubblicata da Repubblica.it emergono chiaramente alcune verità e qualche inesattezza. La ricerca ha provato a percepire il valore che gli italiani hanno nei confronti del grano, delle farine e dei loro derivati. Punto primo. Siamo soddisfatti perché la ricerca ha dimostrato che il 63% del campione dichiara di non credere che il frumento importato offra le stesse garanzie di igiene e sicurezza alimentare del prodotto nazionale. E questo non è un errore comune, come ritiene Italmopa, dovuto ad una non corretta informazione, ma – a nostro avviso – il successo della nostra incessante informazione che sta aprendo il vaso di Pandora sui limiti dei contaminanti inadeguati imposti in ambito europeo dalle lobby industriali e, soprattutto, dall’assenza di controlli a cui cercheremo di sopperire con il principio di sussidiarietà: se lo Stato non è in grado di tutelare la salute pubblica, ebbene, lo faranno i cittadini dal basso. Basti solo pensare che alcune micotossine come il Deossinivalenolo (DON), in Canada, hanno dei limiti per gli animali pari a 1000 ppb mentre in Europa il limite per gli umani è pari a 1750 ppb. Ne consegue che tutto ciò che è vietato per gli animali all’estero, è invece consentito per gli umani in Europa. Se a questo aggiungiamo anche che i limiti europei sono stati fissati per un consumatore medio di pasta che ne ingerisce cinque volte meno che da noi in Italia, va da sé che gli italiani sono cinque volte in più intossicati grazie ai loro alti livelli di consumo di derivati di cereali, pasta in primis. Ecco perché il rischio che corre l’industria italiana, con le proprie mani, è proprio quello di ridurre il consumo dei derivati del grano, tentando di propinare la pasta plastificata. E’ di alcuni giorni fa la notizia che, a Reggio Emilia, il consumo di pane si è ridotto del 32%: chi semina vento raccoglie tempesta. Il lavoro di Granosalus, al contrario, è proprio quello di spiegare a chi consuma che non è il pane o la pasta a far male, ma il pane e la pasta fatti con grano importato di qualità scadente, che non ha le stesse caratteristiche tossicologiche del grano italiano, in particolare del grano duro del Sud Italia, eccellente sotto questo profilo. La nostra informazione, sotto questo aspetto, è corretta e non allarmistica, come sostengono gli industriali. La dieta mediterranea, del resto, è tale se attuata con alimenti sani, di produzione locale, in ambienti vocati. Punto secondo. Non è vero che noi non riusciamo a soddisfare il nostro fabbisogno di grano. L’Italia è in grado di produrre tutta la materia prima necessaria per fare pane e pasta di qualità sufficienti a soddisfare il proprio fabbisogno nazionale. Vorremmo che fosse questo il vero Made in Italy, il resto è solo ricerca di profitto per pochi. Ed è proprio nell’ottica di informare i consumatori che l’associazione GranoSalus ha realizzato un proprio sito. E’ ufficiale: il glifosato contenuto nella pasta provoca la Sla e il morbo di Alzheimer “Il grano canadese che arriva in Europa è un rifiuto speciale che finisce sulle nostre tavole” Presenza di glifosato nei vaccini per uso umano, a cominciare da quelli per i bambini nei primi mesi di vita? (da I Nuovi Vespri – gennaio 2017) **torna al sommario** Il primo supermercato cooperativo e partecipativo aprirà quest’anno in Francia **torna al sommario** §§§ Stefano Liberti. Come i signori del cibo stanno affamando la terra **torna al sommario** (da LifeGate – gennaio 2017) CORSO DI CUCINA BIO-VEGETARIANA Sabato 28 e domenica 29 gennaio 2017 Conduttrice: Carmen Bellin Corso teorico-pratico: come preparare piatti salutari e gustosi seguendo una dieta vegetariana o vegana e usando ingredienti integrali di stagione e provenienti da agricoltura biologica. Corso teorico-pratico in programma sabato e domenica 28-29 gennaio presso la sede Biolca a Battaglia Terme. In questo corso si potrà vedere come una dieta vegetariana e vegana comprende tutti i prodotti commestibili che offre madre natura. Infatti con cereali, legumi, ortaggi, spezie, erbe aromatiche e frutta si possono preparare una infinità di piatti che non hanno nulla da invidiare ai piatti tradizionali. Però con un valore aggiunto che è costituito dalla qualità dei prodotti biologici- integrali e dal loro impatto positivo sull’ambiente e sulla salute. Il corso prevede la partecipazione attiva degli allievi, sia nella preparazione dei piatti e, cosa più piacevole, anche alla degustazione degli stessi. Verrà distribuito materiale didattico e le ricette del corso. Date e orari: Sabato 28 gennaio dalle 15,30 alle 18,30 parte teorica Domenica 29 gennaio dalle 9,30 alle 13,30 parte pratica Conduce Carmen Bellin, Educatore Alimentare dell'Associazione La Biolca. Quota di partecipazione: € 60,00 per i soci Biolca (i non soci devono aggiungere la quota associativa di € 20,00 che dà diritto a ricevere il mensile Biolcalenda per un anno). Per informazioni: 333.6071916 (Carmen) o 049.9101155 (La Biolca) o [email protected] (da La Biolca – gennaio 2017) **torna al sommario** METTERE AL CENTRO AMBIENTE, INNOVAZIONE E PARTECIPAZIONE: 16 ASSOCIAZIONI SCRIVONO A CHI SI CANDIDA A SINDACO In merito alle elezioni del futuro Sindaco di Padova le associazioni e comitati firmatarie condividono le seguenti preoccupazioni e proposte: Le città europee emergenti sono quelle che oggi sanno affrontare insieme la crisi economica, sociale ed ambientale avviando coraggiosi programmi di rigenerazione urbana, incrementando il sistema del verde e promuovendo l’agricoltura urbana, rinaturalizzando i corsi d’acqua, potenziando i trasporti pubblici, creando nuove economie connesse all’ecologia e al territorio, valorizzando le reti delle relazioni sociali e dando vita ad una comunità inclusiva ma aperta all’innovazione e alla creatività. Al tempo stesso sono quelle città che fanno dell’inclusione sociale un valore e che hanno ben chiaro come vi sia una interconnessione fra la crisi ambientale, sociale ed economica, ragion per cui solo affrontandole insieme si può pensare di trovare una soluzione. Crediamo quindi che il dibattito attorno al futuro Sindaco di Padova non possa rimanere privo della proposizione di un disegno chiaro e coerente sullo sviluppo della città. Se nei prossimi anni qualcosa non cambierà, Padova rimarrà ferma agli errori degli ultimi decenni: nella gestione dell’urbanistica cittadina ad esempio vi è stata l’assenza di una visione strategica e di un disegno urbano coerente, privilegiando la scelta di nuove costruzioni a scapito di quartieri che, se rigenerati, avrebbero avuto modo di migliorare la qualità della vita dei cittadini e innescare importanti volani economici. Purtroppo questo modo di agire si è ripetuto più volte; ed è per questo motivo che, Amministrazione dopo Amministrazione, nessuno ha mai modificato il modello di sviluppo della città: aggravando così il consumo di suolo, la cattiva urbanistica e la cementificazione, la crescita della mobilità basata sull’uso dell’auto privata a scapito di altre modalità di spostamento con il conseguenza di rendere spuntata la lotta all’inquinamento atmosferico urbano e alle emissioni climalteranti. Ora è giunto il momento di un Sindaco e di programmi di svolta! Nel frattempo la società padovana è in parte cambiata, e con essa comportamenti e stili di vita, diventando più consapevole dell’importanza di dare risposte ai problemi posti dalla crisi ambientale, che si intreccia sempre più strettamente a quella economica e sociale. È fondamentale quindi che nel dibattito elettorale che si sta sviluppando emerga al centro della discussione la comprensione della assoluta necessità di coinvolgere la cittadinanza, nella costruzione di un nuovo disegno per la città sostenibile. Un disegno, che a nostro parere deve basarsi su alcune chiare priorità: Lavorare per sviluppare ulteriormente gli elementi di innovazione ambientale che si stanno facendo strada nel mondo dell’economia e nel sociale (smart e soft city, green economy, economia circolare). Concretizzare la rigenerazione urbana, a partire dallo stop al consumo di suolo e dalla revisione al ribasso delle spropositate previsioni di espansione edilizia, dalla tutela e sviluppo delle aree verdi, dallo sviluppo, quantitativo e qualitativo delle alberature in città, dall’adozione di una adeguato regolamento energetico per l’edilizia. Modificare il modello di mobilità sviluppando le alternative alla preponderanza degli spostamenti in auto. Valorizzare il tessuto culturale presente in città e il patrimonio monumentale, storico, artistico. Lavorare per sviluppare l’inclusione e la solidarietà sociale. Garantire la partecipazione delle tante associazioni, enti no profit e organizzazioni sociali, che lavorano sui vari temi dei beni comuni, alle scelte di sviluppo della città e alla costruzione di un disegno condiviso assieme agli attori economici e politici. Un disegno per lo sviluppo sostenibile, la coesione sociale e la rigenerazione urbana. Senza tutto ciò – senza il messaggio di un vero cambio di passo – l’allontanamento dei cittadini dalla politica e il disinteresse verso le prossime elezioni comunali cresceranno di giorno in giorno. Con la triste conseguenza di vedere sfumare una ad una tutte le potenzialità che questa città potrebbe cogliere, proprio quando il mondo attorno a noi sta cambiando e la nostra città potrebbe trarre nuovo vigore e farsi apripista di un rinnovamento non più rimandabile. Associazioni: Aiab Veneto, Amissi del Piovego, ASU-Studenti Universitari, El Tamiso coop., Italia Nostra sez. di Padova, La Mente Comune, Legambiente, Presidio Il portico Wigwam, Rete degli Studenti Medi, Udu Studenti Per. Comitati: Che aria respiriamo Camin, Comitato Difesa Alberi e Territorio, Comitato Iris, Comitato Residenti Padova Zona Nazareth, Palestro 30 lode, Rete Arcella Viva scarica qui la lettera in versione pdf (da Ecopolis Newsletter di Legambiente Padova – gennaio 2017) **torna al sommario** SIAMO IN PERICOLO: SALVA IL SUOLO CON LA TUA FIRMA !!!! Proprio in questo momento stiamo correndo un grave pericolo. Ogni minuto che passa il suolo è violentato, soffocato, contaminato, sfruttato, avvelenato, maltrattato, consumato. In Europa, non esiste ancora una legge europea che difenda il suolo. Tutelare il suolo è il primo modo di proteggere uomini, piante, animali. Senza un suolo sano e vivo non c'è futuro. Un suolo sano e vivo ci protegge dai disastri ambientali, dai cambiamenti climatici, dai veleni nel piatto. Il Circolo Wigwam® Il Presidio ti chiede di difenderlo dal cemento, dall’inquinamento e dagli interessi speculativi. Con noi, oltre 450 associazioni formano la coalizione “People4Soil” che chiede all'UE norme specifiche per tutelare il suolo, bene essenziale alla vita come l'acqua e come l'aria. Fare una nuova legge europea è possibile: prepara la tua carta d'identità e firma l'Iniziativa dei Cittadini Europei. FIRMA LA PETIZIONE (da Circolo Wigwam Il Presidio – gennaio 2017) **torna al sommario** Buon fine settimana a tutti