CONFINDUSTRIA Costi minimi, sanzioni, termini di pagamento

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CONFINDUSTRIA Costi minimi, sanzioni, termini di pagamento
CONFINDUSTRIA
NOTA DI AGGIORNAMENTO
ATTUAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DELLA LEGGE 127/2010
SUI SERVIZI DI AUTOTRASPORTO
Costi minimi, sanzioni, termini di pagamento, tempi di carico/scarico, responsabilità condivisa, azione diretta del vettore e commercio dei pallets usati
L’articolato contenuto nella Legge 127/2010, di conversione del DL 103/2010,
in attuazione del Protocollo d’intesa sottoscritto da Governo, autotrasportatori
e da alcune sigle della committenza, ad eccezione di Confindustria, il 17 giugno 2010, nel modificare la Legge 133/2008 e il D.Lgs. 286/2005, ha previsto
una serie di adempimenti, da adottare anche con provvedimenti
dell’Amministrazione, relativi alla determinazione dei cd. “costi minimi” di esercizio per i contratti scritti, alle modalità di svolgimento delle operazioni e di rilevazione dei tempi di carico/scarico della merce e del relativo indennizzo al
vettore, alla commercializzazione dei pallets usati e alla responsabilità condivisa vettore-committente per le violazioni al CDS.
A riguardo, verranno svolte alcune considerazioni, che si ritiene necessario
sottoporre all’attenzione delle imprese, riguardanti l’applicazione delle norme a
seguito dell’adozione dei relativi provvedimenti e i suoi principali effetti sui
rapporti negoziali committente-vettore.
1.
COSTI “MINIMI” DI ESERCIZIO
1.1.
Estensione ai contratti scritti dei costi di esercizio per i contratti
verbali
A decorrere dal 13 giugno 2011, ai contratti di trasporto stipulati per iscritto è
applicabile la stessa disciplina in materia di determinazione dei corrispettivi
prevista per i contratti verbali.
L’estensione ai contratti scritti della normativa sui contratti verbali è conseguenza della mancata conclusione degli accordi volontari di settore (commi 4 e
4 bis, art. 83-bis, Legge 133/2008, modificato dalla Legge 127/2010) tra le organizzazioni associative dei committenti e quelle vettoriali (comma 16), chiamate a definire – entro nove mesi dall’entrata in vigore della Legge 127/2010 –
i costi minimi di esercizio “che garantiscono il rispetto dei parametri della sicurezza normativamente previsti”, e dalla mancata determinazione di tali costi
minimi, prevista entro i successivi trenta giorni, da parte dell’Osservatorio sulle
attività di autotrasporto (comma 4 bis).
La norma prevede, “ai soli fini della determinazione del corrispettivo”,
l’applicazione ai contratti scritti dei commi 6 e 7, che regolano i contratti verbali. Essendo tali commi non ancora efficaci – per la mancata determinazione
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dell’Osservatorio sulle attività di autotrasporto, ai sensi dei commi 1 e 2, dei
parametri sul costo chilometrico del gasolio e sulla relativa incidenza sui costi
di esercizio – sono diventati applicabili ai contratti scritti i dati mensilmente elaborati (in via transitoria) e pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti (MIT) ai sensi del comma 10, dell’art. 83-bis, della Legge 133/2008
(le cd. “tabelle ministeriali”).
Riguardo gli accordi volontari di settore, si ricorda che la loro mancata conclusione è dovuta soprattutto alle segnalazioni dell’Antitrust, espresse sia prima
sia a seguito dell’approvazione della Legge 127/2010, che hanno individuato
nella definizione dei costi minimi tramite accordi di settore, sottoscritti dalle
rappresentanze di vettori e committenti, la fissazione di “tariffe minime” e la
formazione di intese anticoncorrenziali. In caso di sottoscrizione dell’accordo,
l’Antitrust avrebbe dovuto aprire un’istruttoria e, eventualmente, comminare
sanzioni alle rappresentanze che li avessero sottoscritti e alle imprese che li
avessero attuati (come già avvenuto in casi assimilabili riguardanti gli spedizionieri e le assicurazioni).
La mancata determinazione dei costi minimi di esercizio “della sicurezza” da
parte dell’Osservatorio, entro i trenta giorni successivi al termine stabilito per
la conclusione degli accordi, è invece conseguenza di una precisa volontà politica del Governo, che nella riunione conclusiva del 10 giugno scorso, contrariamente agli impegni politici assunti in un incontro con le rappresentanze di
vettori e committenti, ha fatto venir meno il numero legale, ordinando ai rappresentanti ministeriali nell’Osservatorio di far mancare la loro presenza.
Per queste ragioni, dal 13 giugno 2011 si applicano alle prestazioni eseguite
in base ai contratti scritti le tabelle, già vigenti per i contratti verbali elaborate
mensilmente dal MIT, in attuazione del comma 10, dell’art. 83-bis, da utilizzare
per la determinazione del corrispettivo che il committente deve riconoscere al
vettore che esegue la prestazione del servizio di trasporto.
Si ricorda comunque che questa estensione “automatica” dell’applicazione delle “tabelle ministeriali” non è esplicitamente indicata dalla legge, ma dedotta
da essa. La disciplina, pur modificata profondamente dalla legge 127/2010,
mantiene ancora una netta distinzione nel regolare contratti verbali e contratti
scritti, sempre che questi ultimi presentino tutti gli elementi previsti dal D.Lgs.
286/2005 (art. 6); il fatto poi che lo stesso D.Lgs. 286/2005 (art. 4, comma 1)
preveda ancora la libera determinazione negoziale dei corrispettivi, lascia alquanto perplessi sull’obbligo di applicare le “tabelle ministeriali” sui costi di
esercizio ai contratti scritti. Pertanto, anche se tali argomentazioni possono
benissimo essere addotte a sostegno di eventuali opposizioni in via giudiziale
sulle controversie che dovessero emergere in materia di corrispettivi in applicazione dell’art. 83-bis, si raccomanda comunque la rigorosa applicazione delle “tabelle ministeriali” ai contratti scritti, anche per tutta una serie di cautele
che saranno più estesamente trattate in seguito.
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1.2.
Ambito di applicazione dei costi “minimi” di esercizio
Una delle più gravi carenze della disciplina introdotta dalla legge 127/2010 riguarda l’ambito di applicazione dei costi “minimi” (comunque intesi, cioè “di
esercizio” ex commi 1 e 2, “della sicurezza”, ex commi 4 e 4-bis, e “tabelle ministeriali”, ex comma 10) e, più in generale, della regolamentazione per la determinazione dei corrispettivi da essa prevista.
Un primo aspetto riguarda l’applicazione al trasporto internazionale. A nostro
giudizio, tutta la regolamentazione sui costi/corrispettivi non è applicabile a tale tipo di servizio, né in misura parziale (limitatamente alle tratte svolte sul territorio nazionale), né in via generale (ai contratti di trasporto internazionale stipulati nel territorio nazionale, sia con vettore nazionale sia con vettore estero).
Tuttavia, la mancata indicazione della norma può dare adito a diverse interpretazioni (e non mancano, tra queste, neppure alcune di provenienza ministeriale contrarie a quella da noi qui indicata): nello specifico, alcune questioni potrebbero soprattutto sorgere qualora il trasporto internazionale è eseguito da
un vettore italiano, che potrebbe richiedere il cd. “corrispettivo minimo”, calcolato sulla base delle tabelle ministeriali.
In via di principio, le disposizioni sui costi “minimi” comunque intesi non dovrebbero trovare applicazione ai trasporti internazionali, anche se non sono da
escludere ricorsi giudiziari tendenti a contraddire o limitare tale conclusione.
Con riferimento al cabotaggio, la questione potrebbe sembrare più controversa. Il fatto che la disciplina comunitaria in materia (Reg. CE 1072/2009) faccia
riferimento all’applicazione della normativa nazionale in materia contrattuale
(cioè alle “condizioni che disciplinano il contratto di trasporto”), potrebbe anche portare all’applicazione dei costi “minimi” ai servizi in cabotaggio. Comunque, nel dubbio, conviene applicare le “tabelle ministeriali”, sempre che il vettore estero abbia interesse all’applicazione dei costi “minimi”.
Infine, riguardo al trasporto di collettame, la disciplina sui costi “minimi” di esercizio dovrebbe essere totalmente inapplicabile, per oggettiva impossibilità
derivante dalla pluralità di mittenti. Tuttavia, la mancata esplicita esclusione
della disciplina espone al rischio di eventuali rivalse (per non parlare dei possibili effetti in materia di responsabilità).
1.3.
La quantificazione specifica dei costi “minimi” di esercizio
Nella quantificazione del costo “minimo” di esercizio, inteso come corrispettivo
“minimo” da riconoscere al vettore, si fa qui esclusivo riferimento alle “tabelle
ministeriali”, pubblicate mensilmente dal MIT ex comma 10, dell’art. 83-bis, essendo l’unico riferimento utilizzabile previsto dalla legge1.
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Tale precisazione risulta necessaria per far comprendere che le diverse tipologie di “costi minimi” previste dalla legge hanno una diversa impostazione, anche di calcolo, ma
soprattutto di utilizzo nei contratti di trasporto. Nel caso in cui dovessero essere introdotte (anche se per ora la base normativa vigente non dovrebbe, almeno in teoria, consen-
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Il costo minimo di esercizio attualmente applicabile in base a quanto indicato
dalla legge non è direttamente esposto nelle “tabelle ministeriali”, ma è facilmente desumibile dai parametri in esse contenuti.
Al momento, i costi di esercizio2 (o, meglio, il corrispettivo minimo da riconoscere al vettore), con riferimento alla tabella specificamente riferita al mezzo
(classe di tonnellaggio o massa complessiva) col quale è effettuato il trasporto,
sono così calcolati:
1) si individua la fascia di percorrenza nella quale rientra la prestazione
chilometrica e i relativi parametri (costo medio del gasolio a km e la sua
incidenza sui costi di esercizio);
2) si divide il primo parametro per il secondo (espresso in termini numerici
e non percentuali), determinando così il costo di esercizio a chilometro
(vedi nella tabella allegata il calcolo effettuato per tutti i valori riportati
nelle tabelle pubblicate dal MIT il 3 agosto 2011, che riporta i dati relativi a giugno 2011).
Moltiplicandolo i costi di esercizio a km per il numero dei km effettuati nella
prestazione, si ottiene il valore al disotto del quale il relativo corrispettivo non
può andare.
Prendendo, per esempio, a riferimento la tabella di giugno 2011 un mezzo superiore alle 26 tonn. che percorre 155 km (fascia di percorrenza = 151-250
km), occorre estrarre dalla tabella i seguenti parametri e procedere al conseguente calcolo:

Costo medio del gasolio (Euro/Km) = 0,411

Incidenza % del costo del gasolio = 24,6% (in termini numerici = 0,246)

Costo minimo di esercizio (Euro/Km) = 0,411 : 0,246 = 1,67

Corrispettivo minimo totale = 1,67 Euro x 155 km = 258,85 Euro

Corrispettivo relativo al gasolio = 0,411 Euro x 155 km = 63,70 Euro.
Rispetto a valori del costo minimo diversi da quello qui indicato (vedi anche la
tabella allegata per tutte le altre tipologie di veicolo e di fascia di percorrenza
previste dalle “tabelle ministeriali”), elaborati dalle rappresentanze
dell’autotrasporto sulla base di presunti adeguamenti temporali o di relativi metodi di calcolo, si ricorda che la norma non prevede la pubblicazione di alcun
metodo, ma solo di due parametri (costo chilometrico del gasolio e relativa incidenza) coi quali calcolare il costo minimo a km (ossia il corrispettivo minimo),
il cui risultato, in base alla legge, non può essere che quello qui evidenziato.
Del resto, queste stesse diverse elaborazioni riportano chiaramente (e correttamente) la dicitura: “non riveste nel modo più assoluto carattere di ufficialità”.
tirlo) le altre tipologie di “costi minimi”, ci riserviamo di elaborare i necessari adattamenti
a quanto qui esposto.
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Si precisa che nel calcolo del corrispettivo non rilevano la tipologia della merce e il peso
della stessa, come previsto nella disciplina delle tariffe a forcella soppressa nel 2005.
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Lo stesso vale ovviamente per i dati qui esposti, ma che riteniamo essere stati
elaborati in modo conforme al dettato normativo.
I parametri pubblicati nelle “tabelle ministeriali”, già applicabili per il calcolo dei
corrispettivi dei contratti verbali, sono dunque applicabili ai contratti scritti per
quanto riguarda le prestazioni effettuate dal 13 giugno 2011. Nella fatturazione
dei corrispettivi da parte del vettore è bene fare riferimento ai parametri contenuti nelle tabelle riferite ai dati del mese nel quale viene effettuata la prestazione. In altre parole, i corrispettivi dovuti per le prestazioni eseguite dal 13 al
30 giugno devono fare riferimento alle tabelle ministeriali che riportano i dati
riferiti a tale mese (nel caso specifico i parametri sono quelli pubblicati dal MIT
il 3 agosto scorso).
Si ricorda che già nelle fatture emesse per i contratti verbali il vettore è obbligato (anche se è stata successivamente soppressa la sanzione per l’eventuale
omissione) a indicare “la parte di corrispettivo (…) corrispondente al costo del
carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali”. Tale adempimento va preferibilmente richiesto anche per la fatturazione
delle prestazioni relative all’esecuzione di contratti scritti, anche come riferimento per eventuali contestazioni sul corrispettivo.
Ciò implica che, anche nell’ambito di un contratto scritto stipulato in data antecedente al 13 giugno 2011, i servizi effettuati a partire da tale data vadano remunerati nel rispetto dei parametri riportati nelle “tabelle ministeriali”.
Pertanto, nel caso in cui il contratto scritto in essere preveda una remunerazione inferiore, il corrispettivo deve essere quindi aumentato almeno fino al valore chilometrico indicato nelle “tabelle ministeriali”, pena eventuale azione di
rivalsa del vettore per ottenere la differenza (v. oltre).
Poiché le “tabelle ministeriali” sono aggiornate mensilmente in funzione della
variazione del prezzo del gasolio, le clausole di adeguamento del costo del
carburante eventualmente previste nei contratti scritti in essere non avrebbero
più alcun motivo di operare, salvo diversa pattuizione. Pertanto, nel calcolare il
corrispettivo sulla base delle “tabelle ministeriali” non è più necessario tener
conto di regolamentazioni contrattuali specifiche riguardanti eventuali variazioni in aumento o in diminuzione del costo del gasolio o di adeguamenti pattuiti sulla base del comma 5, dell’art. 83-bis, sempre che il corrispettivo totale
non sia inferiore al valore chilometrico desumibile dalle “tabelle ministeriali”.
Nel caso in cui il contratto scritto in essere, stipulato antecedentemente il 13
giugno 2011, garantisca corrispettivi superiori ai valori chilometrici delle “tabelle ministeriali”, essi continuano ad essere applicati fino alla scadenza del contratto o ad una eventuale rinegoziazione dello stesso.
Si consiglia, quindi, alle imprese committenti, che abbiano contratti scritti ancora in essere a tale data con corrispettivi superiori ai valori chilometrici delle tabelle ministeriali, di rivedere, se possibile e secondo la propria convenienza,
almeno la parte economica degli stessi, al fine di dare attuazione alle disposizioni relative ai costi minimi entrate in vigore il 13 giugno scorso.
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Fermo restando l’osservanza delle cd. “tabelle ministeriali” per il calcolo del
corrispettivo delle prestazioni eseguite dal 13 giugno 2011, per i contratti scritti
stipulati prima e dopo tale termine, si ricorda che committente e vettore possono comunque accordarsi per definire un “metodo di calcolo” differente per
l’elaborazione del corrispettivo, in modo da riconoscere al vettore l’eventuale
maggior costo sostenuto per l’aumento del costo del carburante o un semplice
adeguamento del corrispettivo totale. Ciò ovviamente va definito contrattualmente in modo tale che il corrispettivo unitario (in termini chilometrici) non sia
inferiore ai valori desumibili dalle “tabelle ministeriali”.
1.4.
L’effettivo oggetto del contratto
L’introduzione dei costi minimi presuppone anche un diverso approccio nel valutare le prestazioni negoziate nei contratti (scritti e verbali), nel senso che la
base minima di riferimento diviene strettamente la specifica prestazione di trasporto (servizio point to point della merce trasportata).
Eventuali prestazioni di trasporto connesse (ritorno a vuoto, tappe di avvicinamento/trasferimento a vuoto verso il luogo di carico, ecc.), ma non esclusivamente riferibili al trasporto della merce oggetto del servizio, vanno eventualmente negoziate a parte (sempre nel rispetto delle tabelle ministeriali, non
avendo possibilità di derogare ad esse), ma potrebbero anche essere escluse
nel contratto e, quindi, lasciate a carico del vettore, se accetta contrattualmente tale condizione.
Si ricorda, infatti, che la classe di “massa complessiva” del mezzo utilizzato
nello svolgimento del servizio, in base alla quale è calcolato il costo “minimo”,
va utilizzata per il calcolo/verifica del corrispettivo anche se la prestazione non
si riferisce strettamente al trasferimento della merce; in sostanza, se si negozia/fattura anche un viaggio a vuoto o una tratta di avvicinamento al luogo di
carico/scarico senza merce a bordo, la disciplina va applicata come se si trasportasse effettivamente la merce.
Anche il nuovo corrispettivo effettivamente pattuito può essere superiore alle
“tabelle ministeriali”, in relazione ai servizi resi dal vettore, trasportistici (principali e accessori, con le cautele sopra indicate) e di altra natura; tuttavia, la
ratio sottostante i costi minimi arriva (quasi) a imporre una logica negoziale diversa da quella finora seguita dal mercato, soprattutto se collegata ai profili di
eventuale accertamento della responsabilità non solo del vettore, ma anche di
altri soggetti della filiera, compreso il committente. In sostanza, la legge impone che “il servizio commissionato” al vettore debba essere remunerato nel rispetto dei parametri da essa stabiliti. La variabile fondamentale del contratto è
quindi “il servizio di puro trasporto”, che deve essere esattamente stabilito, per
quanto possibile, in termini di percorso e di distanza da percorrere per il trasferimento della merce.
In pratica, se il committente vuole negoziare e riconoscere al vettore il pagamento di prestazioni effettuate con lo stesso mezzo di trasporto, collegate al
trasferimento della merce, ma senza carico a bordo, lo può fare benissimo; ma
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se lo fa, deve rispettare le “tabelle ministeriali”, per non incorrere in azioni di
rivalsa o nell’eventuale coinvolgimento in altre responsabilità derivanti
dall’effettuazione del servizio. Diversamente dal passato, in cui il committente
normalmente pagava il vettore complessivamente per la prestazione eseguita
(onnicomprensiva della tratta di trasferimento della merce e delle tratte “accessorie”, più eventuali altri servizi, anche tenendo conto della garanzia di “bilanciamento” o di parziale copertura del “ritorno a vuoto”), dopo la legge
127/2010 conviene commissionare e pagare esclusivamente il servizio di trasporto con la merce a bordo e rispettare rigorosamente le tabelle ministeriali.
Margini di flessibilità a questa rigida impostazione desumibile dalla norma risultano estremamente limitati. Uno di questi può essere il computo “cumulato”
della percorrenza, oggetto del corrispettivo, derivante da più distanze percorse. In altri termini, se le singole tratte sono percorse in modo consecutivo con
uno stesso mezzo di trasporto, anche se interrotte da operazioni parziali/totali
di carico/scarico della merce, sarebbe possibile calcolare il corrispettivo in base alla somma delle singole tratte e non con riferimento a ciascuna di esse. Ad
esempio, un servizio unitario articolato su più tratte consecutive minori può essere negoziato e remunerato come un’unica tratta maggiore. Applicando le
“tabelle ministeriali” cambia, evidentemente, il costo minimo chilometrico di
esercizio da prendere a riferimento per il corrispettivo.
La disciplina dell’art. 83-bis non sembra escludere tale possibilità, purché essa
sia chiaramente pattuita nel contratto. Si tratta comunque di una flessibilità limitata, perché utilizzabile per cumulare piccole tratte consecutive di servizio,
ma potrebbe risultare utile per negoziare e remunerare (oltre che definire contrattualmente in termini più semplici) non solo alcune tipologie di trasporto
(come il collettame o le consegne o, più in generale, i servizi “multi-drop” o “bilanciati”), ma anche, eventualmente, le prestazioni “accessorie” a cui si è fatto
precedentemente riferimento.
Rispetto a eventuali variazioni del percorso stabilito contrattualmente, che
possono rendersi necessarie per le più svariate cause, purché indipendenti
dalla volontà del vettore (interruzione della strada, congestione, …), è sempre
il contratto che deve provvedere a definire anticipatamente le opportune flessibilità, fermo restando che poi deve essere la fattura emessa dal vettore a
quantificare esattamente il chilometraggio effettuato (e il relativo corrispettivo,
minimo o, eventualmente, superiore a quello minimo).
Data l’estrema rigidità del meccanismo imposto dalla legge, sono sicuramente
da prevedere contestazioni tra quanto pattuito, anche quando strettamente definito in termini di percorsi e di distanze, e quanto fatturato. Già sarà difficile e
amministrativamente oneroso arrivare a definire simili dettagli, ancor più se i
percorsi sono urbani, cioè soggetti alle più svariate difficoltà indotte dalla viabilità e dal traffico. Ciò nonostante, si consiglia di predeterminare in modo puntuale, per quanto possibile, e in via contrattuale la prestazione chilometrica e il
relativo percorso (in base alle poche esperienze finora maturate, alcuni utilizzano, ad esempio, delle distanze calcolate su pubblicazioni di uso comune,
come l’Atlante del Touring Club o la Guida Michelin), indicando eventualmente
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una “fascia di tolleranza” chilometrica oltre la quale la fatturazione dei chilometri non può andare.
1.5.
Costi “minimi” di esercizio e responsabilità del committente
Purtroppo, allo stato, prima che si consolidino “buone prassi”, eventualmente
riconosciute in via giudiziaria, conviene definire dettagliatamente le prestazioni
contrattuali, per evitare possibili ripercussioni nella sfera di responsabilità del
committente derivanti da eventi incidentali di particolare gravità. La legge, in
realtà, non stabilisce un preciso nesso di causalità tra il mancato rispetto
dell’art. 83-bis (e, quindi, dei costi minimi) e la responsabilità del committente
nel caso di incidente con gravi conseguenze in cui sia incorso il vettore nello
svolgimento di un servizio richiesto dal primo. Tutto dipende dalle connessioni
eventualmente desunte (dagli organi accertatori o liberamente dalle parti e sottoposte ad un eventuale giudizio) dall’interpretazione della stessa, tra il rispetto dei costi minimi, da un lato, e, dall’altro, la responsabilità dei vari soggetti
della filiera nelle violazioni al CDS commesse dal vettore o derivanti da controlli estensivi (a tutta la filiera) nel caso di incidenti gravi (v. oltre).
I possibili rischi del committente di essere coinvolto in responsabilità sostanzialmente estranee alla sua sfera d’influenza, ma che qualcuno potrebbe
chiamare in causa (che questo sia giuridicamente fondato oppure no, purtroppo, conta poco, poiché potrebbe essere esclusivamente un eventuale giudizio
a stabilirlo) nel caso di mancato rispetto dei costi minimi, dovrebbero indurlo a
circoscrivere al massimo il rapporto negoziale col vettore e, come detto in precedenza, per quanto possibile concentrarlo esclusivamente sul trasferimento
su strada della merce e sul relativo corrispettivo calcolato sui costi minimi, per
evitare che il loro mancato rispetto possa essere, sia pure “strumentalmente”,
interpretato come comportamento che ha indotto all’infrazione commessa dal
vettore in qualsiasi altra fase dell’incarico.
1.6.
Sanzioni ex comma 14, art. 83-bis
L’estensione delle disposizioni dei commi 6 e 7 (sul calcolo del corrispettivo
nei contratti verbali) anche ai contratti stipulati per iscritto è prevista ai soli fini
della definizione del compenso dovuto al vettore per l’esecuzione della prestazione. Pertanto, i contratti scritti non sono soggetti alle previsioni normative
contenute nel comma 9, ossia al vettore non è riconosciuta la possibilità di
presentare ricorso per decreto ingiuntivo (procedimento monitorio), ma può agire per le vie ordinarie per ottenere la differenza tra quanto dovuto, secondo
le tabelle ministeriali, e quanto realmente corrisposto dal committente. Inoltre,
per i contratti scritti, l’azione del vettore per le differenze di corrispettivo si prescrive in 1 anno dal giorno del completamento della prestazione di trasporto
(contro i 5 anni previsti nel caso di contratti verbali, di cui al comma 8, dell’art.
83-bis).
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Si sottolinea che il committente con contratto scritto, nel caso effettui il pagamento della prestazione eseguita (comma 13, art. 83-bis) oltre il 90° giorno
dalla data di emissione della fattura, è soggetto alle sanzioni di cui al comma
14 (esclusione fino a 6 mesi dalla procedura per l’affidamento pubblico della
fornitura di beni e servizi ed esclusione per un periodo di 1 anno dai benefici
fiscali, finanziari, e previdenziali di ogni tipo previsti dalla legge).
Pertanto, dalla lettura della normativa in questione si evince che al committente che stipula un contratto scritto non sono applicabili le sanzioni di cui al
comma 14, qualora il corrispettivo pagato al vettore risulti inferiore alle le cd.
“tabelle ministeriali”, ma soltanto se effettua il pagamento della prestazione oltre il 90° giorno data fattura.
Le sanzioni di cui al comma 14 sono irrogate anche in presenza di contratti
verbali, sia nel caso di mancato pagamento oltre il termine suddetto, sia qualora il committente abbia corrisposto un importo inferiore a quanto risulta applicando le tabelle ministeriali (cioè per inosservanza tabelle MIT).
A tal proposito, si evidenzia che con decreto del Ministro delle Infrastrutture e
Trasporti (MIT), di concerto con Ministro dell’Economia, della Giustizia e dello
Sviluppo Economico, del 16 settembre 2009, sono state individuate le autorità
competenti che provvedono all’applicazione delle sanzioni suddette e il procedimento di irrogazione delle stesse. L’avvio del procedimento può avvenire per
diretta segnalazione delle imprese vettoriali interessate, delle Associazioni di
categoria a cui le stesse aderiscono o di “chiunque” vi abbia interesse, nonché
d’ufficio da parte delle Autorità individuate dal decreto medesimo, ove abbiano
avuto notizia delle violazioni di cui ai commi 7, 8, 9, 13 e 13 bis, dell’art. 83bis, della Legge 133/2008.
Con la modifica apportata al comma 14, dell’art. 83-bis, dal DL 225/2010, convertito nella Legge 10/2011, sono venute meno le sanzioni a carico del vettore
per la mancata evidenziazione in fattura di quella parte del corrispettivo corrispondente al costo del carburante (comma 6). Inoltre, è stata prevista
l’istituzione, presso le autorità competenti ad applicare la sanzioni, di un elenco contenente le informazioni necessarie per identificare i destinatari delle
sanzioni stesse (committenti) e il loro periodo di decorrenza. Tale elenco è
pubblicato sul sito internet dell’autorità chiamata ad irrogare la sanzione, per
rendere noto a enti e amministrazioni interessati di procedere alla verifica delle
sanzioni applicate nonché per adottare eventuali specifici provvedimenti.
Attualmente, soltanto l’Agenzia delle Entrate, secondo quanto prescritto dalla
legge, ha dato attuazione al DM suddetto, individuando al suo interno i soggetti competenti ad irrogare le sanzioni e fissandone le modalità di pubblicazione
e di permanenza sul sito dell’Agenzia medesima.
Da ultimo, la conversione in legge (n. 106/2011) del DL 70/2011 ha anche modificato il comma 15 dell’art. 83-bis, indicando direttamente il MIT come “autorità competente” all’applicazione delle sanzioni del comma 14, fermo restando le
modalità applicative definite con DM del MIT, di concerto con Ministro
dell’Economia, della Giustizia e dello Sviluppo Economico.
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Questa recente modifica, che non muta assolutamente l’impianto “delatorio”
della procedura di denuncia e verifica sul mancato adempimento delle disposizioni dell’art. 83-bis e che continua ad escludere il vettore (a meno che non sia
esso stesso committente), concentra nel MIT il potere di controllo e sanzione,
che assume così una sorta di competenza contemporaneamente inquirente e
giurisdizionale (anche se soggetta ad eventuali ricorsi alla giurisdizione amministrativa da parte dei soggetti sanzionati) che può essere attivata anche sulla
base di una semplice “voce” raccolta da un qualsiasi soggetto (alcune associazioni di trasportatori hanno pubblicamente invitato a segnalare qualsiasi cosa per farsene “latrice” nei confronti del MIT).
Resta da vedere se, nel caso in cui la segnalazione si riveli infondata, il soggetto indicato erroneamente come inadempiente possa promuovere azione in
sede civile per il risarcimento degli eventuali danni contro chi ha promosso
l’indagine del MIT. La norma (e la relativa disciplina attuativa) non prevedono
esplicitamente tale eventualità, ma in base ai principi generali dell’ordinamento
dovrebbe essere possibile.
2.
TERMINI DI PAGAMENTO
Fermo restando quanto sottolineato relativamente al regime sanzionatorio previsto per il mancato pagamento del corrispettivo nei contratti scritti e verbali, si
ribadisce che i termini di pagamento fissati dal comma 13, dell’art. 83-bis, valgono per entrambe le tipologie contrattuali e si applicano alle prestazioni fatturate anche dagli altri operatori della filiera (diversi dai vettori, cioè spedizionieri, logistici, ecc.) che partecipano al servizio di trasporto:
3.

il compenso può essere corrisposto non oltre i 60 giorni, decorrenti dalla data di emissione della fattura da parte del vettore;

oltre il 60° giorno decorrono gli interessi moratori, di cui all’art. 5 del
D.Lgs. 231/2002;

oltre il 90° giorno sono applicabili, previa attivazione della procedura di
cui sopra, le sanzioni di cui al comma 14, dell’art. 83-bis.
TEMPI DI CARICO/SCARICO
La disposizione (art. 6-bis del D.Lgs. 286/05), vigente sia per i contratti scritti
che verbali, è diretta a riconoscere un compenso aggiuntivo al vettore in caso
di eccessive attese prima di procedere al carico/scarico della merce, riconducibili anche a responsabilità del committente che non fornisce al vettore stesso
indicazioni precise per lo svolgimento di tali operazioni.
Nello specifico, il committente deve corrispondere al vettore un indennizzo per
ogni ora o frazione di ora eccedente il periodo di franchigia (fissato dalla legge
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in due ore massime)3. Tale indennizzo orario, ai sensi del comma 2, dell’art. 6bis, è stato determinato il 12 aprile scorso dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto in 40 euro, calcolato prendendo a riferimento il costo orario del lavoro e del fermo del mezzo.
Come prescritto dal comma 5 dello stesso articolo, il MIT ha emanato il decreto dirigenziale (DD) n. 69 del 24 marzo 2011, contenente le modalità applicative delle disposizioni inerenti la disciplina dei tempi di attesa ai fini del carico/scarico delle merci. Tale provvedimento, tra l’altro, stabilisce che il vettore è
tenuto a produrre apposita certificazione attestante l’orario di arrivo al luogo/punto di carico o scarico, che può essere rilasciata alternativamente dal
mittente, caricatore o altro soggetto deputato a tali operazioni; ove ciò non sia
possibile, il vettore potrà comprovare gli orari con la produzione della registrazione del crono-tachigrafo.
Si evidenzia che le disposizioni del DD sono efficaci dal 13 aprile 2011 e, pertanto, a partire da tale data deve essere riconosciuto l’indennizzo al vettore.
Tenuto conto della difficoltà applicativa del DD nelle realtà più complesse (ad
esempio, strutture della GDO e dedicate alla movimentazione urbana della
merci), si raccomanda alle aziende committenti di accordarsi con le strutture di
carico e scarico delle merci per fornire al vettore indicazioni precise circa il
luogo e l’orario in cui devono svolte le operazioni di trasferimento della merce,
nonché le modalità di accesso dei veicoli alle strutture suddette, al fine di evitare la corresponsione dell’indennizzo al vettore, o in caso contrario, di potersi
rivalere sull’effettivo responsabile del ritardo (poiché il committente è comunque il soggetto tenuto a corrispondere materialmente l’eventuale indennizzo).
Da evidenziare che questa disciplina può non trovare attuazione (o avere una
differente regolamentazione) qualora le rappresentanze vettoriali e della committenza stipulino un accordo volontario di settore, ai sensi del comma 16
dell’art. 83 bis, oppure vengono sottoscritti degli accordi di programma con le
amministrazioni e gli enti competenti nei porti, interporti e terminal ferroviari.
Con riferimento agli accordi di programma, ad oggi, sarebbe concluso uno solo
a Genova, che non è stato comunque siglato da tutte le rappresentanze presenti nel porto.
4.
RESPONSABILITÀ CONDIVISA VETTORE/COMMITTENTE
Fermo restando le considerazioni espresse nella nota di Confindustria di luglio
2010 sull’argomento, occorre aggiungere che il MIT e il Ministero dell’Interno,
con circolare congiunta del 18 maggio 2011, hanno diramato le disposizioni attuative dell’art. 7, comma 7-bis del D.Lgs. 286/2005, inserito dall’art. 51 della
Legge 120/2010.
3
Pertanto, il superamento delle due ore massime di franchigia comporta il pagamento al
vettore dell’indennizzo, di cui all’art. 6 bis, comma 2, D.Lgs. 286/05.
12
La norma prevede che, qualora dalle violazioni di disposizioni del CDS derivino la morte delle persone o lesioni personali gravi o gravissime (secondo la
definizione dell’art. 583 del Codice Penale) e le suddette violazioni siano state
commesse alla guida di uno dei veicoli per i quali è richiesta la patente di guida C o C + E, è disposta la verifica presso il vettore e gli altri soggetti della filiera (committente, caricatore e proprietario della merce) del rispetto delle
norme sulla sicurezza della circolazione stradale, con esplicito riferimento
all’art. 7, D.Lgs. 286/2005 (riguardante alcune specifiche violazioni al CDS), e
all’art. 83-bis, Legge 133/2008 (che, come visto, riguarda la regolamentazione
dei rapporti economici sottostanti il contratto di trasporto).
È stato specificato, tra l’altro, che tali controlli verranno effettuati dallo stesso
organo di polizia stradale che ha proceduto alla rilevazione e/o ricostruzione
del sinistro con riferimento a:

esercizio abusivo della professione di autotrasportatore o violazione
delle condizioni e dei limiti stabiliti nel titolo autorizzativo;

corretta compilazione della scheda di trasporto (SDT), in caso di contratto verbale;

compatibilità delle istruzioni fornite in relazione agli artt. 142 (velocità) e
174 (tempi di guida e di riposo) del CDS per contratti scritti e verbali;

violazione degli artt. 61, 62, 164 e 167 CDS, in presenza di contratto
scritto, di verifica dello stesso contratto o SDT o documenti equipollenti,
per accertare che non siano state fornite dal committente o da altri soggetti della filiera al vettore istruzioni incompatibili con le norme sulla sicurezza stradale. Il caricatore è comunque sempre responsabile senza
ulteriori verifiche per quanto riguarda eventuali infrazioni sui limiti di carico.
Come precedentemente evidenziato, gli esiti di tali controlli possono non solo
comportare (come già previsto dal D.Lgs. 286/2005) l’applicazione al committente (o ad altri soggetti della filiera) delle stesse sanzioni previste dal CDS
per il vettore, ma potrebbero anche indurre a collegare tale sanzionabilità, sia
pure indirettamente, al mancato adempimento delle disposizioni previste
dall’art. 83-bis. In sostanza, la violazione dei termini di pagamento o il mancato
rispetto dei costi “minimi” da parte del committente potrebbero essere addotte
come “causali” della violazione al CDS e del grave incidente a cui va collegata. In sostanza, il committente potrebbe essere coinvolto nella responsabilità
civile e penale derivante dall’incidente.
In tal senso, si conferma la raccomandazione già espressa nella precedente
Nota Confindustria del luglio 2010 in materia di istruzioni e di SDT e si ribadisce quanto precedentemente evidenziato in materia di rispetto dei costi “minimi” e di conseguente regolazione contrattuale.
13
5.
RESPONSABILITÀ
SOLIDALE DELLA FILIERA
(CD. “AZIONE
DIRETTA”) PER
MANCATO PAGAMENTO
Si ricorda che, a partire dal 12 agosto 2011, ha efficacia la disposizione (art. 7ter, D.Lgs. 286/2005) sulla cd. “azione diretta”, volta a garantire il pagamento
del prezzo del servizio di trasporto al vettore finale, al quale è riconosciuto il
diritto all’azione di rivalsa verso tutti i soggetti della filiera del trasferimento del
contratto per il mancato pagamento del corrispettivo. A ciascuno di essi, compreso il mittente, il vettore finale può richiedere il pagamento del corrispettivo
ad esso spettante, in base all’obbligazione solidale posta in capo ad essi, di
cui rispondono entro i limiti delle prestazioni ricevute e della quota di corrispettivo pattuita nel passaggio contrattuale da ciascuno di essi stipulato.
Ai vettori intermedi è data facoltà di procedere alla richiesta del pagamento del
corrispettivo (azione di rivalsa) soltanto verso i loro rispettivi dante-causa.
Al fine di evitare la richiesta di pagamento del corrispettivo al mittente del trasporto (1° committente) da parte del vettore che ha eseguito la prestazione e
dover poi svolgere indagini per ricostruire la filiera della sub-vezione per individuare il soggetto verso cui promuovere l’azione di rivalsa, è consigliabile inserire nel contratto scritto una clausola con cui si impone al vettore di eseguire
il trasporto con mezzi propri, a meno che il vettore medesimo non presti garanzia (fideiussione) per procedere all’eventuale cessione del contratto. Alcune perplessità sorgono qualora tale clausola sia inserita solo nella SDT o in
documenti equivalenti o equipollenti, poiché potrebbe non avere validità giuridica.
Un’ipotesi alternativa, ma piuttosto complessa nel caso in cui la filiera sia particolarmente estesa, potrebbe essere quella di prevedere contrattualmente che
il pagamento del corrispettivo da parte del committente al 1° vettore avvenga
solo qualora quest’ultimo abbia trasmesso quietanza di pagamento al 2° vettore. Tuttavia, tale possibilità necessita di un’identica previsione contrattuale per
tutti i livelli di sub-vezione (qualcuno dei quali potrebbe anche sfuggire ad un
“controllo negoziale”) e di una distribuzione dei termini di pagamento tra i vari
soggetti tale per cui nessuno di essi si trovi a rinunciare ad una parte rilevante
dei tempi concessi per legge per provvedere al pagamento. In sostanza, si dovrebbe porre in essere un meccanismo di presentazione congiunta fatturaquietanza al rispettivo committente che non penalizzi eccessivamente gli ultimi
anelli della catena.
6.
COMMERCIALIZZAZIONE DEI PALLETS USATI
La regolamentazione relativa alle unità di movimentazione usate (art. 11-bis,
D.Lgs. 286/2005), meglio note come “pallets”, è stata rivisitata dal DL
225/2010, cd. “milleproroghe”, convertito nella Legge 10/2011 (art. 2, comma
4-terdecies), che ha disposto che l’esercizio dell’attività di commercio di tali unità, a prescindere dal valore delle stesse, è soggetto al Testo Unico delle
Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS, R.D. 18 giugno 1931 n. 773).
14
Ciò è stato confermato anche dalla Circolare del Ministero dell’Interno del 13
maggio scorso, la quale ha precisato che, al fine di prevenire l’abusivismo nel
settore, chiunque svolga l’attività di commercio delle unità di movimentazione
usate deve presentare la dichiarazione preventiva (art. 126) ed osservare
l’obbligo di tenuta del registro delle operazioni giornaliere (art. 128).
Resta fermo il principio di riconoscimento al vettore di un compenso nel caso
di gestione delle unità di movimentazione; compenso che, comunque, può essere negoziato dalle parti oppure non riconosciuto, se committente e vettore si
accordano diversamente, derogando la disposizione.
7.
CONCLUSIONI: PREFERENZA PER IL CONTRATTO SCRITTO
Dall’esame della normativa introdotta dalla legge 127/2010 e della sua più recente attuazione si evince che, nonostante il suo notevole ridimensionamento
(e i dubbi con cui è operato), il contratto scritto (ritenuto tale se contenente tutti
gli elementi previsti dall’art. 6, D.Lgs. 286/2005) resta ancora uno strumento di
rilevante importanza, poiché con esso committente e vettore possono negoziare, in osservanza della normativa, alcuni aspetti comunque determinanti del
servizio di trasporto.
Fermo restando la libera contrattazione del prezzo del servizio di trasporto effettuato entro i 100 km giornalieri, le parti possono, infatti, accordarsi per definire, tra l’altro, modalità e aspetti della prestazione del servizio ai fini delle operazioni di carico/scarico delle merci, sub-vezione e gestione dei pallets.
Da sottolineare, come si evince dal comma 4 dell’art. 7 del D.Lgs. 286/2005,
l’importanza delle istruzioni che il committente deve fornire al vettore per
l’esecuzione della prestazione. Tali istruzioni devono prevedere la stretta osservanza delle norme sulla sicurezza stradale e vanno riportate nel contratto
scritto, oppure qualora il committente ritenesse opportuno non fornirlo al vettore, nella scheda di trasporto (SDT) o nella documentazione equivalente o equipollente (che il vettore deve tenere a bordo mezzo).
Ciò al fine di evitare che al committente o agli altri soggetti della filiera, diversi
dal vettore, vengano applicate le stesse sanzioni imputabili al vettore medesimo per la violazione di determinate norme del CDS (artt. 61, 62, 142, 164, 167
e 174).
Anche con riferimento alla normativa relativa ai tempi di carico/scarico, le istruzioni che il committente è tenuto a fornire al vettore – circa il luogo e
l’orario in cui sono previste le operazioni, nonché le modalità di accesso ai
punto di carico/scarico – rivestono primaria importanza.
Pertanto, si consiglia alle aziende committenti di concordare anche con le
strutture di carico e scarico indicazioni precise (luogo, modalità, orario in cui si
svolgono le operazioni di trasferimento delle merci) da trasferire al vettore, inserendole, se possibile, anche nel contratto scritto (oltre che SDT o documentazione equivalente o equipollente), al fine di evitare l’eventuale corresponsio-
15
ne di un indennizzo a quest’ultimo o di poter eventualmente precostituire le
basi di una rivalsa nei confronti del titolare del luogo di carico o di scarico.
Relativamente al trasferimento del contratto di trasporto e alla responsabilità
solidale della filiera al pagamento del vettore-esecutore del trasporto (azione
diretta), valgono le considerazioni esposte precedentemente e si ribadisce che
sarebbe opportuno inserire nel contratto di trasporto una clausola che impedisca al vettore di procedere alla cessione del contratto medesimo (o, in alternativa, l’acquisizione di garanzie fideiussorie). L’eventuale inserimento di una
clausola siffatta nella SDT o nella documentazione equivalente o equipollente
potrebbe non avere validità giuridica.
Riguardo ai pallets, sarebbe opportuno inserire nel contratto scritto la regolamentazione della loro gestione, al fine di stabilire preventivamente un compenso per il vettore. Sarebbe inoltre preferibile che il committente si accordi
con il destinatario della merce per la restituzione degli stessi, tenendo anche
conto di responsabilità che possono essere imputate ai soggetti suddetti sia
per la gestione che per altri profili (rottura, ecc.).
Oltre agli aspetti precedentemente esporti, si evidenzia che l’estensione dei
commi 6 e 7, dell’art. 83-bis, della Legge 133/2008 (calcolo del corrispettivo
per i contratti verbali) anche ai contratti scritti, si limita alla sola determinazione del corrispettivo. Pertanto, non sono applicabili le sanzioni di cui al comma
14, qualora il committente proceda al pagamento di un importo inferiore a
quanto realmente dovuto secondo le tabelle ministeriali. In tal caso il vettore
non può proporre domanda di ingiunzione di pagamento (ex art. 638 c.p.c.),
ma procedere per le vie ordinarie (l’azione vettoriale si prescrive entro in un
anno, decorrente dal giorno del completamento della prestazione di trasporto).
Il termine annuale è previsto anche nel caso di mancato pagamento dell’intero
corrispettivo.
Un’ulteriore considerazione riguarda la stipula, oltre i termini previsti dal comma 4-bis, dell’art. 83-bis, degli accordi volontari di settore per la determinazione di costi minimi di esercizio che garantiscono i parametri di sicurezza
nell’ambito dello specifico settore interessato. In base al dettato normativo del
comma 4, la loro mancata stipula entro il termine fissato dalla legge prevede la
determinazione dell’Osservatorio (e, nel caso di mancata determinazione,
l’applicazione dei commi 6 e 7, sempre riferiti ad una diversa determinazione
dell’Osservatorio, e, nel caso di questa ulteriore mancata determinazione,
l’applicazione delle “tabelle ministeriali”). Dato il meccanismo automatico di
sostituzione “a cascata” delle varie tipologie di “costi minimi” da applicare ai
corrispettivi, potrebbe non avere “sostegno giuridico” la possibilità di stipulare
accordi sui “costi minimi” oltre il termini previsti dalla legge.
Di conseguenza, la possibilità di derogare a tali costi minimi – oltre che alle
norme sulla responsabilità e sulla SDT (art. 7, commi 3 e art. 7-bis, D.Lgs.
286/2005), nonché alla disposizione riguardante l’azione diretta (art. 7-ter,
D.Lgs. 286/2005) – nel caso di contratti di trasporto di durata o quantità garantite (attuativi dell’accordo volontario) potrebbe risultare improponibile. Né la di-
16
sciplina prevede che tale fattispecie (durata o quantità garantite) sia applicabile su base contrattuale in via derogatoria alle altre tipologie di costi “minimi”
(determinati in vario modo dall’Osservatorio o dal MIT).
Resta sempre possibile la stipula di accordi volontari di settore ex art. 83-bis
(per quanto riguarda deroghe ai termini di pagamento e esclusione dalle sanzioni ex comma 14) o ex art. 5 del D.Lgs. 286/2005 (deroghe su tempi di carico/scarico e azione diretta) per tutti i profili contrattuali diversi da determinazioni di corrispettivi o costi, fintantoché non venga chiarito, stante l’attuale assetto normativo, a quali condizioni la negoziazione a livello settoriale dei profili
economici possa essere esclusa da eventuali censure Antitrust o della Commissione Europea.
Un ultimo accenno va fatto ai contratti in essere, sui quali intervengono i parametri delle “tabelle ministeriali”. L’entrata in vigore di queste ultime comporta
una verifica dei corrispettivi pattuiti e l’esigenza di adeguarli, se inferiori al valore del costo di esercizio chilometrico determinato dal MIT o, comunque, di rispettarli concretamente nel pagamento di corrispettivi per prestazioni eseguite
dal 13 giugno 2011.
Si consiglia, in ogni caso e se possibile, di rivedere la parte economica dei
contratti scritti in essere. L’obbligo economico derivante dall’introduzione dei
costi minimi di esercizio agisce esclusivamente nei confronti della prestazione
di trasporto pattuita, che può comprendere, ma può anche escludere fasi di
trasporto “accessorie” a quella principale, materialmente svolta per il trasferimento della merce. In sostanza, basandosi esclusivamente su una prestazione
chilometrica, il corrispettivo deve fare stretto riferimento quantitativo ed economico ad essa, purché sia almeno uguale al valore chilometrico desumibile
dalle tabelle ministeriali, in funzione della massa complessiva del veicolo utilizzato e della fascia chilometrica in cui rientra la tratta di trasporto pattuita.
Esemplificazione del costo medio del gasolio e relativa incidenza % sul costo minimo di esercizio: calcolo
del costo di esercizio in €/km desunto dalle tabelle ministeriali su dati di Giugno 2011.
Massa dei veicoli
Lunghezza tratta km
Costo medio del
gasolio €/km
Da 51 a 150
Da 151 a 250
Da 251 a 350
Da 351 a 500
Oltre 500
0,138
0,138
0,138
0,138
0,138
Meno di 3,5 tonn.
Incidenza % del
Costo di esercizio
costo medio del
€/km
gasolio
9,1%
11,5%
13,1%
13,9%
15,2%
1,52
1,20
1,05
0,99
0,91
Tra 3,5 e 7,5 tonn.
Incidenza % del
Costo medio del
Costo di esercizio
costo medio del
gasolio €/km
€/km
gasolio
0,239
0,239
0,239
0,239
0,239
14,8%
17,9%
21,7%
22,0%
23,3%
1,61
1,34
1,10
1,09
1,03
Massa dei veicoli
Lunghezza tratta km
Da 51 a 150
Da 151 a 250
Da 251 a 350
Da 351 a 500
Oltre 500
Tra 11,5 e 26 tonn.
Incidenza % del
Costo medio del
Costo di esercizio
costo medio del
gasolio €/km
€/km
gasolio
0,288
0,288
0,288
0,288
0,288
16,8%
19,2%
22,1%
25,0%
27,7%
1,71
1,50
1,30
1,15
1,04
Pari o superiore a 26 tonn.
Incidenza % del
Costo medio del
Costo di esercizio
costo medio del
gasolio €/km
€/km
gasolio
0,411
0,411
0,411
0,411
0,411
22,9%
24,6%
27,4%
34,2%
36,7%
Fonte: Elaborazioni su ultimi dati disponibili del Ministero Infrastrutture e Trasporti (3 agosto 2011).
1,79
1,67
1,50
1,20
1,12
Tra 7,5 e 11,5 tonn.
Incidenza % del
Costo medio del
Costo di esercizio
costo medio del
gasolio €/km
€/km
gasolio
0,245
0,245
0,245
0,245
0,245
14,9%
18,0%
20,3%
20,7%
24,6%
1,64
1,36
1,21
1,18
1,00