Il paradosso di Fermi

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Il paradosso di Fermi
Nibiru 2012
Il paradosso di Fermi
Inviato da Sirius_Cily
Il paradosso di Fermi è un paradosso che si dice sia stato proposto dal fisico Enrico Fermi nel contesto della probabilità di
contattare forme di vita intelligente extraterrestre.
Il paradosso si riassume solitamente nella domanda "Dove sono tutti quanti? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché
non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali?".
Estremizzando la questione, il problema diventa se noi esseri umani siamo la sola civiltà tecnologicamente avanzata
dell'Universo. Questo problema viene usualmente posto come monito alle stime più ottimistiche dell'equazione di Drake
(vedi più in basso), che proporrebbero un universo ricco di pianeti con civiltà avanzate, in grado di stabilire comunicazioni
radio, inviare sonde o colonizzare altri mondi.
La situazione paradossale è dovuta al contrasto tra la sensazione, da molti condivisa e supportata da stime del tipo di
quella di Drake, che noi non siamo soli nell'universo e il fatto che i dati osservativi contrastino con questa sensazione.
Ne deriva che la nostra osservazione o comprensione dei dati deve essere errata o incompleta.
Nel 1950, mentre lavorava nei laboratori di Los Alamos, Enrico Fermi prese parte ad una conversazione con alcuni
colleghi, tra cui Edward Teller, mentre questi si recavano a pranzo. La conversazione verteva su un recente
avvistamento di UFO riportato dalla stampa, su cui ironizzava una vignetta satirica. La conversazione si protrasse su
vari argomenti correlati, finché improvvisamente, durante il pranzo, Fermi non esclamò "Where are they?" (trad. "Dove
sono?").
Possibili soluzioni (qui ne elenchiamo qualcuna, per altre ipotesi rimando alla lettura di "If the Universe is Teeming with
Aliens...Where is everybody?" di Stephen Webb)
Siamo soli
La soluzione più semplice è che la probabilità che la vita si evolva spontaneamente nell'universo e si evolva fino a
produrre una civiltà evoluta sia estremamente bassa.
Molti sono gli elementi contemporaneamente necessari perché la vita come la intendiamo noi, basata sul carbonio,
possa evolversi su un pianeta. Fattori astronomici, come la posizione all'interno della galassia, l'orbita percorsa dal
pianeta intorno alla sua stella centrale e la tipologia di quest'ultima, la sua ellitticità e l'inclinazione dell'orbita, nonché la
presenza di satelliti naturali delle caratteristiche della Luna, sono tutti fattori determinanti alla predisposizione alla vita.
L'attuale nascita della vita, lo sviluppo di forme di vita intelligente e quindi di civiltà richiede che molte altre coincidenze
siano verificate. Gli studi sul nostro Sistema Solare sembrano confermare l'eccezionalità della vita sulla Terra.
Questa tesi può essere contestata sostenendo che la vita non debba necessariamente essere come la osserviamo sulla
Terra, ma possa evolversi in condizioni differenti, e che non debba necessariamente basarsi sul carbonio. Molta
dell'incertezza deriva dal fatto che i meccanismi che portano alla nascita della vita sono ignoti e quindi è molto difficile,
se non impossibile, stimarne la probabilità. Tuttavia l'occorrenza della vita è ritenuta un evento poco probabile anche da
parte di alcuni sostenitori dell'esistenza di civiltà aliene; per scavalcare questo problema costoro hanno formulato l'ipotesi
della panspermia, la quale sostiene che la vita possa diffondersi facilmente attraverso l'universo o addirittura, nella
forma sostenuta da Francis Crick, che possa essere deliberatamente diffusa da civiltà tecnologicamente evolute.
Le civiltà evolute hanno breve durata
Un parametro dell'equazione di Drake è la durata media delle civiltà tecnologicamente evolute. Drake stimò una durata di
10.000 anni (da quando ha iniziato a poter comunicare con onde radio).
Le cause della scomparsa di una civiltà possono essere sia naturali che culturali. Se una civiltà tende naturalmente ad
annientarsi, è solo questione di tempo perché inventi i mezzi necessari. L'unico dato osservativo disponibile è che la
nostra civiltà dispone da decenni dei mezzi necessari, ma per ora è sopravvissuta. Anche in questo caso è difficile dire
quanto la lotta gerarchica, l'aggressività, e l'autoritarismo, elementi del militarismo, siano prerogative della razza umana
o siano costanti universali intrinsecamente legate all'evoluzione o all'organizzazione politica degli individui intelligenti. Si
consideri che non è necessaria una distruzione totale della specie, ma è sufficiente una involuzione a livelli primitivi dei
sopravvissuti per sottrarre la civiltà alla lista di quelle in grado di comunicare. Anche eventi catastrofici di tipo naturale
possono considerarsi come gravi pericoli per un pianeta vivo: l'impatto di una cometa, di un asteroide, l'eruzione di un
supervulcano o l'alterazione delle condizioni climatiche sono tutte minacce alla vita sulla Terra. Sappiamo che la Terra
è stata più volte bersaglio di eventi catastrofici, che hanno causato diverse estinzioni di massa (la più nota nell'opinione
pubblica è quella dei dinosauri). Eventi di questo tipo sarebbero prevedibili da una civiltà anche più arretrata della nostra,
ma difficilmente rimediabili o prevenibili.
Il problema con questa tesi è che non esiste un campione statisticamente valido con cui poter stimare il parametro di
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durata media di una civiltà tecnologicamente evoluta. Infatti estrapolare tale valore dalle informazioni relative alla nostra
esistenza, oltre a non essere statisticamente sensato, vizia il risultato con un effetto di selezione. Piccola parentesi per i
fumettologi: questa tesi è stata anche sostenuta nei fumetti della serie Marvel Ultimate, in cui Reed Richards, membro
dei Fantastici 4, sostiene che le civiltà aliene si estinguano a causa dell'arrivo di Galactus (Gah Lak Tus), se non erro nella
saga Ultimate Nightmare oppure in Ultimate Secret.
Esistono ma sono troppo lontane
L'universo è estremamente vasto. Prendendo come riferimento la velocità della luce, essa impiega oltre 2 milioni di anni
solo per arrivare alla galassia più vicina. È dunque possibile che esistano diverse civiltà evolute e desiderose di
comunicare, ma isolate dalle enormi distanze intergalattiche. Questa soluzione però implica che probabilmente siamo
soli nella nostra galassia, in contrasto con le stime meno pessimistiche dell'equazione di Drake, che ipotizza l'esistenza
di 600 civiltà evolute. Una forma corretta di questa tesi afferma che le civiltà aliene sono attualmente troppo lontane,
ovvero che esistono civiltà relativamente vicine, ma che non hanno ancora intrapreso o hanno intrapreso da poco
esplorazioni o comunicazioni spaziali.
Ma anche questa ipotesi non è del tutto soddisfacente: infatti se il principio di mediocrità deve essere applicato per
postulare l'esistenza di altre razze aliene, deve essere applicato anche per scartare posizioni temporali speciali nella
storia della galassia, come sarebbe quella dell'inizio della colonizzazione galattica.
Esistono ma non comunicano o non vogliono comunicare
Ancora più complesso è ipotizzare quale sia la probabilità che una prima forma di vita biologica possa evolversi fino a
creare una specie autocosciente e desiderosa di comunicare. È possibile che nell'universo esistano molti corpi celesti
ospitanti una forma di vita, ma su pochissimi questa si sia evoluta in una civiltà tecnologica. Inoltre anche se una civiltà
sviluppa i mezzi adatti, non è detto che abbia l'idea o il desiderio di cercare di comunicare con altri mondi, magari o
perché non ci considerano degni (potrebbero considerare la nostra una civiltà troppo guerrafondaia che mal reagirebbe
ad un contatto con loro) o hanno paura di noi o comunque perché forse pensano che un contatto diretto possa nuocere
a noi o a loro o semplicemente non hanno mai sviluppato l'idea dell'esistenza di altre civiltà con cui comunicare.
Tuttavia concepire una razza aliena come un'unica entità non è soddisfacente: se pure la civiltà o razza aliena nel suo
complesso fosse disinteressata, timorosa o non desiderosa di comunicare con altre civiltà, ciò non preclude che al suo
interno debbano esistere individui o gruppi di individui che siano desiderosi o interessati a comunicare.
Non siamo in grado di ricevere le loro comunicazioni
Tutti i nostri attuali tentativi di inviare o ricevere comunicazioni con altri mondi si sono basati sull'utilizzo di onde
elettromagnetiche. Così come prima dell'epoca di Guglielmo Marconi non avremmo neppure immaginato di usare
questo mezzo, così potremmo non essere neppure in grado di immaginare le tecniche usate da civiltà radicalmente
diverse dalla nostra. Alcune tecnologie teorizzate potrebbero essere basate sui neutrini, le onde gravitazionali o la
correlazione quantistica. Vi è da aggiungere che tali tecnologie di comunicazioni teorizzate sono molto opinabili sulla
base delle conoscenze scientifiche attuali, in particolare utilizzare la correlazione quantistica per trasmettere
informazioni contrasta con un ben assodato teorema della meccanica quantistica. La trasmissione mediante onde
gravitazionali o neutrini, non pone obiezioni di carattere teorico, ma richiederebbe delle civiltà con a disposizione una
quantità di energia paragonabile a quella contenuta in larga parte dell'Universo. Attualmente vi sono in funzione in alcuni
laboratori rivelatori di neutrini e di onde gravitazionali in grado di misurare tali ipotetici segnali se particolarmente intensi.
Si può comunque ipotizzare che una civiltà attraversi diverse fasi di evoluzione tecnologica, passando anche per le
relativamente facili onde elettromagnetiche. È ragionevole ritenere che scienziati di questa civiltà siano in grado
comunque di ricevere e decodificare segnali radio, anche se per loro ormai obsoleti.
Rimanendo nel campo delle onde radio dobbiamo tenere in considerazione il problema della velocità della luce. Le
microonde da noi emesse da quando si è sviluppata la televisione, si stanno ancora allontanando da noi alla velocità
della luce in tutte le direzioni. Il raggio in anni luce della sfera entro la quale queste informazioni sono ricevibili coincide
numericamente con il periodo in anni dal quale le trasmissioni sono iniziate. Nel caso della Terra questo valore è quindi
di circa 50 anni luce. La tendenza ad ottimizzare le trasmissioni per ragioni economiche, come nel caso della
televisione digitale o dei telefoni cellulari, focalizzandole in fasci di microonde e sopprimendo la portante, fa sì che i
segnali trasmessi siano meno distinguibili dallo spazio.
I critici di questa soluzione fanno notare che se una civiltà aliena volesse comunicare, utilizzerebbe dei segnali
facilmente riconoscibili come tali, come ad esempio una modulazione con portante. Se tale civiltà intendesse usare
segnali di difficile ricezione per evitare di comunicare con altre civiltà più arretrate o diverse, si ricadrebbe nel caso
precedente. Inoltre alcuni dei mezzi di comunicazione proposti, alternativi alle onde elettromagnetiche, o sono
speculazioni teoriche o sono già rilevabili con la tecnologia terrestre.
------------------------------------------- Equazione di Drake
L'equazione di Drake è il risultato di un ragionamento speculativo sulla possibile esistenza e numero di civiltà evolute
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extraterrestri.
L'equazione fu proposta nel 1961 dall'astronomo Frank Drake come tentativo di stimare il numero di civiltà extraterrestri
evolute presenti nella nostra galassia, con le quali potremmo pensare di entrare in contatto. Il problema più impegnativo
per la ricerca è ora di determinare i fattori che figurano nell'equazione.
La formula è la seguente:
in cui:
N
R*
fp
ne
fl
fi
fc
fm
L
è il numero di civiltà extraterrestri evolute presenti oggi nella nostra Galassia
è il tasso medio di formazione stellare nella Via Lattea
è la frazione di stelle che possiedono pianeti
è il numero di pianeti per sistema solare in condizione di ospitare forme di vita
è la frazione dei pianeti ne che ha effettivamente sviluppato la vita
è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti
è la frazione di civiltà extraterrestri in grado (e con la volontà) di comunicare
è la frazione di civiltà in grado di raggiungere e colonizzare più pianeti (non sempre considerata)
è la stima della durata di queste civiltà evolute
La determinazione dei parametri è molto difficile ed in genere mancano molte informazioni necessarie ad una stima
anche approssimativa.
I valori scelti inizialmente da Drake e collaboratori sono:
* R* = 10 per anno
* fp = 0,5
* ne = 2
* fl = 1
* fi = fc = 0,01
* L = 10.000 anni.
Il valore R* (tasso di formazione stellare) è quello meno incerto. Anche fp (stelle con pianeti) è relativamente meno
dibattuto ed è possibile iniziare a dare un valore anche grazie alle prime osservazioni di pianeti extrasolari a partire
dagli anni ottanta. Gli esobiologi possono tentare di fornire un valore per ne e fl ma ci sono dubbi sulle tipologie di stelle
che possono offrire condizioni adatte per lo sviluppo della vita. È necessaria l'emissione di una certa quantità di
radiazione ultravioletta perché la vita possa avere inizio, mentre la presenza di raggi X è dannosa. Secondo alcune
ipotesi la vita è più ubiquitaria di quanto possa apparire (vedi panspermia) ed il valore di fl può essere elevato.
fi, fc ed L sono ben più difficili da proporre. È possibile che l'evoluzione della nostra civiltà sia avvenuta in seguito ad una
precisa combinazione di eventi, difficilmente ripetibile. La durata di vita di una civiltà può essere limitata dalla possibilità di
autodistruzione o da eventi naturali catastrofici, quali l'alterazione del clima o l'impatto di meteoriti. Drake ipotizzò una
stima minima di 10 anni, ovvero all'epoca il periodo di tempo dal quale l'umanità aveva iniziato ad inviare segnali radio
nel cosmo (in particolare involontariamente con la televisione). Per lo stesso motivo oggi si può ragionevolmente indicare
un periodo di 50 anni.
Applicando i parametri inizialmente adottati da Drake si ottiene un valore di N = 10. In seguito egli dichiarò che tali
parametri erano troppo riduttivi e giunse al valore finale N = 600.
Altre stime dei parametri, altrettanto plausibili, danno risultati molto più grandi. Per esempio, posto R* = 20/anno, fp =
0.1, ne = 0.5, fl = 1, fi = 0.5, fc = 0.1 ed L = 100.000 anni, si ottiene N = 5.000.
Valori più pessimistici danno valori di N minori di uno, cosa che non può essere valida per la nostra Galassia in quanto in
essa esiste almeno una civiltà tecnologica (la nostra). In questo caso, riconciliare il dato con le osservazioni porterebbe
alla conclusione che la maggior parte delle galassie sono vuote.
Le stime più ottimistiche si scontrano però con il paradosso di Fermi, ovvero se esistono tante civiltà in grado di
contattarci, perché questo non è ancora avvenuto?
L'unico valore di N dato dalle osservazioni è N=1, ovvero che la nostra civiltà è l'unica a noi nota.
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