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I
giornali
parlavano
d’altro
di Gianluca Morozzi
C’è una libreria Feltrinelli in pieno centro di Bologna, sotto le Due Torri. In
quella libreria, in un giorno di primavera dell’83, c’era stata la mia iniziazione.
Fin lì ero stato un bimbetto con l’indipendenza e l’intraprendenza di un feto
di sei mesi, accompagnato sempre e ovunque da un piccolo esercito di nonne,
nonni, zie, prozie, a scuola, al parco, dappertutto. Alle soglie dei dodici anni,
aveva deciso il consiglio di guerra della famiglia, era tempo che io scoprissi il
mondo con le mie gambe: sarei andato da solo fino alle Due Torri, partendo
dalla fermata del 27 in via Corticella, al quartiere Bolognina in cui ero nato.
Un’impresa epica e titanica.
La missione era: prendere l’autobus, starmene buono buono in un angolo
senza farmi molestare né accettare caramelle da nessuno, contare tre fermate
dopo le quali avrei visto la stazione, contare altre tre fermate dopo le quali
avrei visto la statua del dio Nettuno, scendere in via Rizzoli. Lì, a meno di
diottrie improvvise, avrei scorto il celebre profilo delle torri Asinelli e Garisenda. La difficile missione era: entrare alla libreria Feltrinelli, comprare il
libro che avevo chiesto in regalo a mia madre –Cosmolinea B-2, racconti brevi
di Fredric Brown-, pagare con i soldi elargiti dalla nonna, uscire, riprendere il
27 in via Rizzoli, vicino al negozio Di Varese. Contare al contrario le fermate,
eccetera.
Bene: con la forza dei miei undici decimi di vista avevo azzeccato la stazione, il dio Nettuno, la giusta discesa, non mi erano sfuggite quelle due torri
alte novantanove metri, una, un po’ meno, l’altra –nessun bolognese sa dire
così, di primo acchito, quando alta sia di preciso la Garisenda-, ed ero entrato
alla libreria Feltrinelli senza andare a sbattere per sbaglio contro una vetrina.
L’entrata della Feltrinelli non era la stessa di oggi, anno 2011: era più spostata
verso via Rizzoli, quasi all’angolo. Davanti a quella stessa vetrina, come molti
affezionati lettori rammentano, si incontravano Aidi e Alex nel noto romanzo
di Enrico Brizzi Jack Frusciante è uscito dal gruppo.
Siccome mai e poi mai, avevo deciso, sarei andato da un commesso per chiedere Mi scusi mi saprebbe indicare per favore lo scaffale in cui è riposto il
volume Cosmolinea B-2 di Fredric Brown, mi ero preparato a una ricerca
privata di un’ora-un’ora e mezzo tra le varie sale di quell’enorme libreria, tanto
più grande della libreria Bolognina di via Matteotti. Invece, la ricerca era durata più o meno venti secondi: il libro di Fredric Brown era proprio lì, di fronte
all’entrata, ben visibile. L’avevo preso in mano quasi incredulo. In fondo era
un momento storico: la prima volta che sceglievo un libro io, da solo, che lo
pagavo, io, da solo…
Era tanto storico, il momento, che ero uscito dimenticandomi di pagarlo. Un
commesso aveva dovuto inseguire il ladro dodicenne appassionato di fantascienza fino in piazza Ravegnana, con mia incommensurabile vergogna.
Accusato di furto al primo tentativo di esplorazione del mondo! Che infelice
esordio, per il sottoscritto.
Molti anni dopo, l’Editore mi aveva fatto un discorso. Nell’estate del 2001,
Giorgio Pozzi, Capo Supremo della casa editrice Fernandel, l’uomo che pochi
mesi prima, parlando del mio manoscritto Despero, aveva pronunciato le due
parole più belle della lingua italiana (“lo pubblicherei”), mi aveva detto “Be’,
sappilo, il tuo libro non sarà proprio nelle vetrine di tutte le librerie d’Italia,
ovviamente, la tiratura è di ottocento copie, la distribuzione è quella che è, tu
sei un esordiente, ma su Bologna dovresti essere abbastanza visibile, secondo
le prenotazioni ce ne sarà una copia alla libreria Cappelli, una alle Moline, una
alle Due Torri, e tredici alla Feltrinelli, quella sotto le Due Torri.”
Wow, avevo pensato compiaciuto, Tredici, sono cifre che fanno girare la testa!
“Poi” aveva continuato “sarebbe bello organizzarti una presentazione proprio
lì, alla Feltrinelli, ma quello non sarà semplice.”
Wow, avevo pensato compiaciuto, Alla Feltrinelli, ma non riuscirò mai a parlare in pubblico del mio libro, balbetterò, mi emozionerò, sverrò.
Infine avevo smesso di compiacermi e avevo fatto una domanda sensata:
“Senti…”
“Sì?”
“Ma il libro, quindi, di preciso, in che giorno esce?”
“A settembre” aveva risposto Giorgio Pozzi, in quell’estate del 2001 “Il dodici
settembre.”
Il dodici settembre 2001, per inspiegabili motivi forse legati all’inguaribile esterofilia, i quotidiani e i telegiornali, anziché parlare dello straordinario
debutto dell’astro nascente del mondo letterario nazionale con un romanzo
intriso di rock, umorismo e sentimenti, parlavano in continuazione di bizzarri
eventi capitati da tutt’altra parte del mondo.
Sull’autobus numero 27 che mi portava verso le Due Torri passando davanti
al negozio di maglieria che era stata la libreria Bolognina, anche sul 27, chissà
perché, i famigerati omarelli bolognesi non parlavano tanto di quel romanzo
fatto di palchi, chitarre elettriche e lettere d’amore mai spedite.
Gli omarelli bolognesi discutevano di cose che di colpo conoscevano benissimo, cose tipo: punto di fusione di un grattacielo colpito da un aereo, situazione politico-religiosa del medio Oriente, cose così.
Non che a me non interessassero i punti di fusione di un grattacielo colpito da
un aereo o la situazione politico-religiosa del medio Oriente, per carità, però,
diciamo, mi interessavano di più le tredici copie del mio romanzo che, diceva
Giorgio Pozzi, quel giorno sarebbero comparse alla libreria Feltrinelli.
Ero entrato dalla stessa porta di quel giorno di tanti anni prima, dieci centimetri più alto, pronto a una lunga e faticosa ricerca. Mai e poi mai avrei chiesto
a un commesso Scusi, è mica uscito Despero di Gianluca Morozzi, edizioni
Fernandel, Morozzi, non Marozzi, mio?, no, non è mica mio, è di un mio
amico, anzi, che dico, mi hanno detto che è un autore molto promettente,e
allora…
No, no, lo avrei cercato io, con calma, senza fretta. Avevo aspettato fino ai
trent’anni compiuti per esordire, potevo permettermi di fare le cose con calma, senza fretta.
Be’, non ci si crede.
L’editore mi aveva detto: Despero c’è, per esserci, non in vetrina, temo, speriamo ad altezza occhi, con la copertina ben visibile, non di costa, che non
si vede, non troppo in basso, non troppo in alto, non coperto da Mozzi o da
Moravia...
Despero era esattamente nel punto in cui avevo trovato Cosmolinea B-2 di
Fredric Brown: copertina ben visibile, altezza occhi, non di costa, non in basso, non in alto, non coperto da Mozzi o da Moravia.
Cosa ho provato nel vedere Despero ben visibile di fronte all’entrata di Feltrinelli? La risposta è: non ho figli, non so come sia avere figli, ma secondo me,
più o meno, è così.
A novembre, poi, l’avevo fatta davvero, la presentazione da Feltrinelli.
Il giorno prima era morto George Harrison. Uno dei Beatles.
Anche in quel caso, chissà perché, i giornali parlavano d’altro.
Vabbè.