LA FINESTRA DEL DIRETTORE Marzo pazzerello
Transcript
LA FINESTRA DEL DIRETTORE Marzo pazzerello
LA FINESTRA DEL DIRETTORE Marzo pazzerello di Pasquale Tanzini Dopo Obama, adesso abbiamo le cinquanta sfumature di color arancione. Anzi, nessuna sfumatura, Donald biondo-arancio è drastico e tribunizio, dopo l’eccesso di pragmatismo, ora è l’ora della retorica d’assalto. Come intitolava la recente serie tv, Orange is the new Black. Vediamo quanto tempo reggerà in equilibrio sul toro meccanico del rodeo americano, vediamo quanto ci mette a ruzzolare nella polvere. Sarà uno spettacolo interessante, vale la pena di stare a guardare, non dovrebbe durare molto, e non è solo la mia opinione. Nel frattempo, in questi giorni, come Manzoni che risciacquava i suoi panni in Arno, qualcuno, dalle sponde del fiumicel che nasce in Falterona, corre in California a cercare spunti e ipotesi alternative alla presidenza del consiglio, alla segreteria del partito, al modo di mettersi a fare il capopopolo, a cercare un nuovo passaggio a nord ovest per conquistare il consenso, assolutamente convinto che non è ancora tempo per fare il Cincinnato, per ritirarsi nell’Aventino della sconfitta. Tutto fa, come diceva quello che stava pisciando in mare. Peraltro ci sono anche altri soggetti che, come si dice, la buttano di fuori. Sindachessi (ma era proprio necessario chiamarla sindaca, un termine così brutto che repelle persino sentirlo pronunciare) che ogni volta che aprono un cassetto trovano un’assicurazione, mentre i loro mentori, i loro cani guida, conducator, duci, arruffapopolo e burattinai o come altro definibili, quelli che si strozzano la vena del collo come invasati, urlando dalle piazze, o giocando a fare le vergini dai candidi manti. Dimenticando peraltro il metodo di riferimento culturale, perché Roma, da GRILLO ANNO 29 N° 2 MARZO - APRILE 2017 Aut. Trib. Firenze n° 3556 del 25.02.87 BIMESTRALE DEL DLF FIRENZE Via Paisiello, 131 Firenze SEGRETERIA E REDAZIONE Via G. Michelucci 1/d Firenze Tel 055/2609536 Direttore responsabile PASQUALE TANZINI Direttore editoriale GIOVANNI RUSSO Hanno collaborato a questo numero; Lucia Bruni, Donatella Fabbri, Catia Funai, Donatella Pezzoli, Piero Paoletti, Giovanni Russo, Chiara Sacchetti, Enzo Sacchetti, Pasquale Tanzini. La foto di copertina è di Massimo Mariottini La collaborazione a questo giornale è gratuita ed aperta a tutti. Il materiale, anche se non pubblicato non si restituisce. La direzione lascia agli autori degli articoli la massima libertà nell’esprimere le proprie opinioni e non si assume la responsabilità dei testi firmati. E mail: [email protected] FB: HTTPS://facebook.com/DopolavoroFerroviarioFirenze “du’mila e più” anni a questa parte, basterebbe avessero aperto qualche libro di storia, si governa ottemperando ad un solo dettato: “panem et circenses”. Se dal lato proposta della pensione di cittadinanza, proposta che neppure i più illuminati stalinisti sovietici e cinesi mai hanno pensato di introdurre, se questa acchiappa consenso (Franza o Spagna…), il porre veti preventivi prima ai giochi olimpici, tanto per perdere un’opzione di ripartenza, poi, come negli ultimi giorni, negare il nuovo stadio accampando paure di contaminazioni e connessioni con l’aspetto “fognario” della gestione degli appalti, come se fosse una novità il vedere che i veri padroni di Roma sono “li sorci”, parenti stretti delle “zoccole” altrimenti dette. Capisco la velleità del donchisciottismo, onestà “pelosa” (io non accetterei diktat di onestà da un buffone con villone al mare e Ferrari in garage), il voler a tutti i costi “épater le burgeois”, ma dimenticarsi che l’ottavo re di Roma è Totti, e che quindi il remare contro uno stupido esempio come il calcio, mettendo stizzosi puntini su ogni ipotesi, mi pare proprio non abbiano compreso poi nulla di come il mondo realmente va. Questo generume, peraltro, non è in cattiva compagnia. Tutta la sinistra (absit iniuria verbis, non vorrei che qualcuno si offendesse), o perlomeno quelli che dicono di esserne e sentirsene parte, mentre velenosissimi crotali seminano panico tra le seggiole delle assemblee, dividendo e spezzettando le platee che si immedesimano nei nutritori di riferimento, che siano strascinati cu li rape, pane carasau, piadine e culatelli, quando non vino biologicomunista acido, non pastorizzato, fatto all’antica maniera centralisticodemocratica, da velista diventato vinaio. Oppure bistecche alla fiorentina contrapposte a ribollita (sì perché, di piatti pronti (a vestirsi da segretario, intendo) a volte ce ne sono più di uno per regione, i nomi li sapete tutti, sono famosi -che tra l’altro un tempo questo termine, famosi, indicava di cattiva fama, tanto per andare all’incontrario anche nei concetti, sono settimane che ci fracassano i cosiddetti, quasi quasi meglio l’isola dei suddetti sopra. Si ribaltano, oltre ai termini, anche i modi per stare a tavola, adesso con la sinistra si divide e con la destra si ingozza il cibo. Non basta scambiare le posate, ci sono le rigidità del dottor Stranamore, in arte Matteo, o degli scatti legnosi del braccio del capo delle guardie del dr. Frankenstein, curatore di rivolta da dietro i baffi. Come nella parodia del film, potrebbe andare peggio, potrebbe piovere. Vedremo come andrà a finire, questo gioco infinito del divide per imperare. Mi pare che ce ne sia, in questo marzo già pazzerello, di buona carne al fuoco. Tanto per 2 dire, nessuno parla più del festival, il che significa preoccupazione, al posto della chiacchiera che segna la quaresima. Sarà per quei tre miliardi e mezzo che dobbiamo all’Europa, e che il ministro delle finanze Padoan, grattandosi la pera, non sa dove raccattarli. Questo forse è un poco più importante delle bugie di Trump, o delle palme in piazza duomo a Milano. Tutti gridano allo scandalo per l’inserimento, le bruciacchiature, la pubblicità che si vuol fare la Starbucks, lo sponsor della cosa. Ne sento dire in tutti i bar, luoghi laddove si commentano i fatti del mondo, aggiungendo al caffè e al rumore delle slot-machines la sagra quotidiana del luogo comune, con tutta l’ignoranza possibile. Bah, ce ne fosse uno a sostenere che la cosa aliena davanti al Duomo sarebbe l’albero di Natale, dato che non fa parte della nostra cultura religiosa, mentre le palme da duemila anni rappresentano un simbolo di pace, di confronto. Altro che africanizzazione di Milano. Dato che siamo vicini anche alla domenica delle palme, chiudiamo la parentesi. Oggi che va di moda l’antipolitica, nel senso che è sempre andata di moda, mi piace sottoporre ai lettori una serie di tre brevi considerazioni, delle quali citerò i sorprendenti rispettivi autori, per scoprire che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, e che vale sempre il detto “chi critica invidia, e chi biasima vuol comprare”. Primo inciso: ”Tutto quel tramestio di voci, di frasi, di votazioni ecc. che si chiama volgarmente “vita politica” è una specie di grossa commedia (grossa ma di rado grandiosa, spesso ridicola) organizzata da quelli che hanno voglia di mangiare il meglio del pranzo senza far vedere le zampe. La democrazia, com’è oggi nei principali paesi del mondo, non è che un paravento ideologico-parlamentare per ricoprire gli affari dei veri poteri -soprattutto del Danaro, che su tutti primeggia-“ (da Giovanni Papini, scrittore fiorentino, scritto ad inizio ‘900). Passiamo al secondo inciso :“Io credo, con fede sempre più profonda, che il Parlamento in Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue della nazione. Occorre estirparlo. C’è da rabbrividire al pensiero che si trovano, in questo momento a Roma, più di duecento deputati. E costoro tramano, brigano, ciarlano: non hanno che un pensiero: conservare la medaglietta, non hanno che una speranza, quella di entrare, sia pure come la quinta ruota del carro, in qualche combinazione ministeriale”(Benito Mussolini, 1915, allora era socialista e giornalista). Infine, il terzo inciso: “Gli uomini politici professionali costituiscono un gruppetto d’una scarsa decina di migliaia di persone che tengono a soqquadro l’Italia, litigando intorno a cinquecento posti da deputato, quasi altrettanti di senatore (…) la sproporzione è troppo forte. Da una parte quarantacinque milioni di esseri umani, dall’altra diecimila vociatori, scrivitori, sfruttatori, iettatori (…) Noi non abbiamo bisogno che di essere amministrati, quindi ci occorrono degli amministratori, non dei politici”.(da Guglielmo Giannini, 1944, fondatore del partito dell’Uomo Qualunque) Tanto per dire, del pensiero dominante del momento, con la spinta dell’antipolitica che ovviamente non comincia con Grillo (e neppure finirà dopo di lui), così come l’erosione dei confini tra populismo e democrazia, il tracollo del politicamente corretto, questi segnali sono tutto quello che abbiamo ereditato dalla fine del secolo passato, dopo lo sfaldamento dei partiti, della loro classe politica, dell’avvento dei magistrati giustizialisti, che qualcuno hanno salvato, ma che, come Orwell ipotizzava per i maiali, pur essendo uguali, alcuni sono più uguali di altri. In un mondo dominato dal grande fratello televisivo, che di Orwell ha preso anche la fattoria per farne strame per guardoni da divano, come possiamo sorprenderci dell’emergere di personaggi come Donald Trump, di cui resterà aperta per anni la discussione in chiave politica, antropologica, e metafisica. E l’unico che aveva imbroccato questa possibilità fu, quasi vent’anni fa, Matt Groening, l’autore dei cartoni di Homer Simpson, che ci aveva fatto una puntata. Noi potremo discettare, naturalmente con cognizione di causa, anche per merito di oltre vent’anni di indignazione sul Berlusconismo (che non scimmiottava il fascismo) e soprattutto, per l’anti-berlusconismo (che invece scimmiottava l’antifascismo). Siamo (sono)stati capaci di considerare una macchietta che fece leva sull’ottimismo come un semplice parvenu, che invece colmò un vuoto determinato dalla crisi dei partiti. Sarebbe pecoreccio fare parallelismi tra la P2 e il Ku Klux Klan, sarebbero entrambe delle forzature, ma da qualche parte qualcuno con mentalità complottista rumina. Però non dimentichiamo che l’imprenditore newyorchese invece ha fatto tesoro e metabolizzato i segnali che arrivavano di qua dall’oceano, tanto che ha poi rovesciato l’America come un calzino, lasciando al palo molta gente politicamente più esperta, ma incapace di intercettare il malumore che per osmosi, contamina tutto l’occidente. Mentre in questa quaresima, il nostro piccolo Napoleone rignanese, dopo la prima grande sconfitta, invece che in purgo all’Elba va in California, a cercare un modo per affrontare nuove battaglie, in attesa forse di una definitiva Waterloo, ora che si può finalmente anche arrivare con facilità a sant’Elena ( non la Boschi, intendo l’isola). C’è un eterno ritorno nelle cose, come i corsi e ricorsi storici cari a Giambattista Vico, che ci portano alla valutazione empirica del “meglio i nobili degli ignobili” e qualcuno dovrebbe rileggere una massima di Samuel Beckett: “- Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio”. Ma gli attributi, che sono come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha, non se li può evidenziare…..Speriamo di rileggerci per cose migliori, ne abbiamo bisogno. Buona primavera ai lettori. 3 I GENI DEL GENIO ROMANO di Chiara ed Enzo Sacchetti del Gruppo Archeologico Fiorentino DLF Il corpo del Genio romano, formato sin dal periodo Repubblicano da ingegneri, architetti, fabbri, falegnami, geometri, era al servizio delle singole legioni romane, dando loro un supporto tecnico-militare militare a secondo del loro fabbisogno; ne facevano parte un Praefectus fabrum, che aveva fra i suoi compiti quello di agevolare le unità combattenti durante i loro riposi, con la costruzione di campi di Marcia (castra aestiva), oppure permanenti (castra Hiberna), oltre a ponti, come quello fatto edificare da Giulio Cesare sul Reno; strade che permettevano una maggiore rapidità per lo spostamento dei legionari, alcune delle quali, dopo 2000 anni, sono ancora percorribili; macchine d’assedio e le loro eventuali riparazioni, rampe o terrapieni, mura attorno alle città assediate, oppure costruzione di protezione sui confini di alcune province come il Vallo d’Adriano, il Limes Germanico-Retico Retico ecc. Dobbiamo dire che anche nei periodi di pace, questi tecnici usavano la loro esperienza per la costruzione di acquedotti, anfiteatri, fiteatri, ponti in muratura, dei quali ancora qualcuno è ancora esistente, mura di protezione per le città costruite in zone colonizzate ed altro ancora: in entrambi questi periodi la manodopera era fornita dagli stessi legionari. Già dall’inizio della sua istituzione il compito fu quello di fornire alle truppe un sicuro riparo dopo una giornata di marcia o di combattimento per la notte; come abbiamo visto, la sua realizzazione era affidata al Praefectus Fabrum coadiuvato da alcuni genieri, gli Architecti detti Immunes perché essendo degli specialisti erano esentati dai servizi riguardanti la truppa; il Metator che precedeva la legione e doveva trovare un luogo adatto ove costruire il castrum, mentre il Librator si occupava dell’orizzontalità zontalità del campo (successivamente fu incaricato di compiti riguardanti l’artiglieria a la realizzazione di canali): mentre la competenza del Mensor era quella della sistemazione delle tende ed in seguito anche quella della riparazione delle macchine da guerra: l’accampamento di Marcia era protetto per tutto il suo contorno da una fossa, un agger ed un valium, valium ed una legione era addestrata a costruirlo, anche sotto attacco nemico, in circa due ore. Durante le invasioni, i genieri romani, dovevano costruire costrui strade percorribili per le truppe in poco tempo limitandosi soltanto all’abbattimento di alberi, rimozione di massi o a creare passaggi percorribili scavati nella roccia lungo i fianchi delle montagne come avvenne durante la conquista della Dacia, dove ancora è visibile la Tabula Traiana,, oppure prosciugare paludi e acquitrini e, solo dopo la colonizzazione dei luoghi si potevano anche costruire delle grandi arterie per approvvigionare l’esercito. La loro capacità costruttiva è arrivata a fare tratti stradali radali in territori paludosi come i cosiddetti Pontes Longi,, nella Germania Magna durante l’occupazione romana di Augusto sotto il proconsole Lucio Domizio Enobarbo. Per il passaggio di grandi spazi fluviali fra riva e riva, in alcuni casi veniva richiesto richiest l’intervento della flotta, mentre in altri, venivano usate delle barche affiancate e legate fra loro, potendo quindi costruirvi sopra un ponte. A seconda del suo utilizzo, temporaneo o duraturo, venivano costruiti dei ponti sia in legno che in pietra, piet dei primi non abbiamo traccia mentre di quest’ultimi alcuni rimangono ancora in piedi grazie all’uso della “chiave di volta”, un elemento architettonico introdotto dagli Etruschi nelle loro costruzioni e usato in seguito dai Romani e precedentemente era er già comparso in Mesopotamia, usato anche per costruzioni civili come acquedotti, Colosseo, ecc.; uno degli esempi di ponti di legno è quello fatto costruire da Giulio Cesare sul Reno, presso Coblenzo lungo circa 500 metri e, costruito soltanto in 10 giorni; ni; mentre per quelli in muratura, va ricordato quello fatto costruire da Traiano sul Danubio nel punto nel quale il fiume è lungo 800 metri «Poggia « su 20 pilastri in pietra quadrangolare di 150 piedi di altezza escluse le fondamenta e di 60 di larghezza, questi piloni sono distanti 170 piedi l’uno dall’altro e sono collegati da archi (da Cassio Dione, Storia Romana, LXVIII, 13. 1-2)», 2)», per una lunghezza complessiva di 1135 metri, mentre durante l’assedio di Acquileia da parte di 4 Massimino Trace, e, con il fallito attacco alla città a causa dell’annegamento di molti legionari durante l’attraversamento dell’Isonzo, il genio usò delle botti da vino unite fra loro per costruire il ponte. Tra le molte opere d’idraulica-militare, forse la più famosa è quella costruita da Druso, nella campagna contro il popolo Germanico dei Frisi nel 12 a.C., riutilizzato in seguito da suo figlio Germanico e chiamata “Fossa Drusi”, un canale che iniziava a nord della foce del Reno, fino a congiungersi con lo Zuiderzee, allo scopo di permettere alla flotta romana di raggiungere il Mare del Nord in sicurezza e non farsi travolgere da eventuali tempeste. Per il controllo dei territori occupati, i romani, fin dalla Repubblica, adottarono accampamenti semi-permanenti detti castra Hiberna che permettevano ai conquistatori il controllo militare e amministrativo nelle province: nel 29-30 a.C. Augusto riorganizza la difesa dell’Impero facendo restare i legionari in modo permanente in fortezze e forti (castra stativa) posti lungo il limes. La struttura di queste costruzioni derivava dagli accampamenti di Marcia ma in dimensioni ridotte, pari a 15-20 ettari, anche se fino all’89 a.C. sotto Domiziano si trovavano lungo i confini fortificazioni doppie che ospitavano due legioni come a Castra Vetera e a Mongontiacum di circa 40 ettari: da Diocleziano la loro dimensione fu ridotta dato che gli effettivi delle legioni furono diminuiti della metà arruolando al loro posto delle unità ausiliarie: le fortificazioni di queste unità erano chiamate castella, ospitando, o cohors di fanteria, o alae di cavalleria oppure cohors equitatae, composte di unità miste con la conseguenza di spazi differenti per il fabbisogno di ogni unità. In queste fortezze, il genio aveva il compito della costruzione dei baraccamenti per le truppe, il praetorium del legatus legionis, ovvero l’alloggio del comandante romano della legione (il nome deriva da preator, uno dei principali magistrati repubblicani), i principia, ossia l’insieme degli edifici militari che costituivano il quartier generale del castrum, il valentudinarium, l’ospedale militate, gli hoprea, cioè i granai: oltre alla riparazione delle macchine da guerra. Queste fortezze erano anche fornite di alcune fabbriche (fabricae) utili per la produzione di armi e mattoni (le tegulae) sotto il controllo di un magister fabricae assistito da un optio fabricae e di un doctor fabricae. Per la difesa dei propri confini, sulle province da loro conquistate, costituirono delle barriere che potevano essere costituite da un terrapieno (ogger – di terra), oppure ad una palizzata in legno o un muro di pietra; il tutto protetto da un fossato antistante, come troviamo nel Vallo di Adriano in Inghilterra, o quello di Antonino del limes Porolissensis ecc.: su tutto il suo percorso, una strada congiungeva, ad intervalli regolari i castella (forti), i burci (fortini), ed anche le turris (torrette) e le stationes (postazioni di controllo e avvistamento). La raffigurazione del coordinamento del confine romano, si può vedere nella Colonna Traiana e in quella di Marco Aurelio, dove sono rappresentate sulla riva destra del Danubio, con una serie di posti di guardia, forti e fortezze con delle palizzate messe per la loro difesa e con cataste di legna e covoni di paglia, necessari al momento del bisogno per la segnalazione di pericolo incendiandoli. Nei periodi di pace, i legionari, venivano utilizzati per la costruzione di opere civili, sia in patria che nelle province, come la costruzione di porti, acquedotti, canali di navigazione, drenaggio di terreni, per poterli rendere coltivabili, strade, ecc., in questo modo i soldati non venivano pagati stando in ozio e, permetteva di tenerli sempre in forma fisica grazie al duro lavoro che dovevano svolgere ed evitando da parte di questi eventuali ribellioni. 5 Partigiano dell’Europa di Pasquale Tanzini Ogni tanto è bene anche iniziare un articolo con il farsi delle domande, spesso anche non sapendo dove la serie di concetti ci porterà a parare, pur intimamente sapendo che ogni domanda potrebbe restare senza risposta. Il tutto non ci impedisce di formularle comunque, queste interrogazioni, spesso fatte come se stessimo guardandoci in uno specchio. Sto conducendo la mia personale resistenza. I partigiani scelgono come arroccarsi, come attendere il momento, come difendere il proprio patrimonio di libertà che conquistano. Io cerco un modo di interpretare i segni nel mio circostante. Sono in una piazza, sto ad un tavolo, sorseggio una birra. Potrei essere in qualsiasi capitale d’Europa, seduto in una Bier-stube, in un Pub, un Bistro, una caffetteria, cambierebbe solo il panorama (e il gusto di ciò che bevo). Chi oggi fa quello che sto facendo io in questo momento, chi compie questo atto di pensieroso coraggio risponde a molte delle domande con le quali si inizia una giornata, e che spesso alla fine restano pure inevase, perché mancano le risposte. La nostra generazione, scimmiottando frasi da JFK, con il non chiedersi più cosa può fare il tuo paese per te, ma quello che noi, etc. etc., finalmente arriviamo oggi a chiederci cosa possiamo fare per smettere di porci domande idiote. Comunque sempre meglio tardi che mai. Arrivo al concetto. Ci siamo fatti delle seghe mentali, per decenni, ogni volta che si intonava l’inno alla Gioia, tra Schiller e Beethoven, credevamo di aver trovato la chiave di volta dell’Europa. Una bandiera blu stellata di giallo garriva nel vento di Bruxelles, si coronava un sogno di visionari reduci dalle devastazioni della guerra, un popolo, una nazione, una moneta, un passaporto. Come l’America, come la Russia, ma noi eravamo Europa, un crogiuolo di razze, di culture, di storia, di guerre, del dominio dell’uno sull’altro che si stemperava nella pace, nella tolleranza e nel rispetto reciproco. La materializzazione si un sogno che pochi, fortunati visionari avevano concepito per il futuro, per i loro figli e per le generazioni successive, forti nelle loro convinzioni di poter cambiare il mondo, forti della loro fiducia nell’uomo. Il manifesto di Ventotene (1944), il Trattato di Roma(1958), l’inno alla Gioia nel 1972, muro di Berlino nel 1989, il trattato di Maastricht (1992), 6 Schenghen (tutti i Paesi firmatari, dal 1990 al 1996) e quello di Lisbona (2009). Per chi ha vissuto la propria gioventù, fino all’età matura, attraverso questa scansione temporale, che ha attraversato più di una generazione, ha osservato questa lenta palingenesi. Rispetto ad altre parti del mondo, ed anche ad altre epoche storiche, ha vissuto una stagione meravigliosa. Quando, non appena l’età anagrafica lo permetteva, la logica del partire, dell’andare, del girare il mondo e conoscerlo, si riempivano le pagine del passaporto di visti, di timbri, di attraversamenti di frontiere, di possesso del mondo attraverso la conoscenza. C’era una differenza di lingue, di culture, di economie, di moneta. E, negli anni successivi, la progressiva scomparsa dei limiti, dei confini, il sentirsi parte di un insieme, di qualcosa di più grande, di un nuovo modo di rapportarsi con il mondo, dove non c’erano più nemici, dove ci si guardava con occhi nuovi. Restava la lingua, ma una moneta comune seguiva la cancellazione delle frontiere, la scomparsa della dogana. La mia generazione ha visto materializzarsi il sogno dei nostri padri, il superamento delle differenze (e delle diffidenze), il mettere a regime il concetto del “mai più!”, come quello espresso dal Papa all’ONU nel 1965, nell’appello al mondo per il mai più la guerra. Praticamente, la realizzazione di un sogno per quindici nazioni iniziali, nel prosieguo quasi raddoppiate. Il poter viaggiare per l’Europa senza un passaporto, un visto, senza controlli alle frontiere, con una moneta unica in tasca, da Gibilterra a Helsinki. Un continente che ritrovava, aveva ritrovato, il suo nocciolo duro, la sua unità di volontà culturale, segno del superamento definitivo di ogni differenziazione, di ogni conflitto. Altri paesi ci guardavano, molti anche da Est, dopo la frammentazione dell’impero sovietico, individuando un punto di riferimento, una possibilità pacifica di progresso civile e sociale. La fine del ventesimo secolo ha visto ciò che altre epoche storiche (e in molti paesi) non hanno mai vissuto, delle variate condizioni di comunicazione tra i popoli, in una raggiunta libertà individuale, contro ogni scetticismo, e pure senza nessun particolare compiacimento. Duecento anni fa, su cento nazioni, una sola era in democrazia, due secoli dopo sono 56, con 44 non ancora. Anche questo è progresso, mi pare. Non a caso il primo ed unico evento accaduto dalla fine della seconda guerra mondiale è stata l’annessione forzata della Crimea da parte della Russia, nel 2014. A parte questo caso, dopo il secolo breve, l’Europa entrava nel terzo millennio ancora da protagonista, protagonista di una casa comune. Poi, in modo abbastanza brusco, ci siamo risvegliati. Questa nostra realtà attuale pare svanire. Oggi sono stati ripristinati molti controlli alle frontiere, molti dei paesi che avevano aderito al patto di Schenghen sono costretti a rivedere le loro condizioni. C’è in essere un fenomeno di migrazione di stampo biblico, un mondo di profughi, di diseredati, di gente che fugge dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni preme alle porte di ogni paese, di ogni nazione. Nessuno resta escluso, i fronti sono ampi, via Mediterraneo arrivano dall’Africa, dove le guerre stanno riprendendo vigore su molti dei paesi che si affacciano sull’Europa, da Est c’è un flusso che preme per il dramma che si sta consumando in tutto il medio Oriente, Tra lo Yemen e la Siria, che è in guerra civile, con nel mezzo i fondamentalisti islamici, in guerre di religione tra loro e tutti assieme contro un occidente che, dalla Grecia all’Ungheria, costruisce muri di protezione per controllare il flusso di profughi. Tutti i paesi diventano posti di transito, tutti i paesi finiscono per diventare la meta finale per chi fugge dalla fame, dalla morte, dalle dittature. Nei nostri libri di storia i romani chiamavano “barbari” tutti coloro che non erano greci o romani, e per i popoli che migravano verso di noi, producendo quelle “invasioni barbariche” che invece quei popoli stessi chiamavano “lebensraum”, vale a dire ricerca di un nuovo spazio vitale, cambiando completamente il concetto di una serie di avvenimenti che allora cambiarono la storia europea, durata almeno fino alla nostra ricerca della “quarta sponda”, ai tempi dell’Impero e del fascismo. Ma in questo inizio del terzo millennio si presenta, oltre ai fenomeni migratori, il carico di drammi causati dalla crisi economica, simile a quella che colpì il mondo intero più di ottant’anni fa, riproponendo depressione e disoccupazione. Questo, a livello economico, perché a livello politico si riscoprono le tensioni di settant’anni fa, con interventi violenti di controllo (Ucraina e Crimea) che la caduta del muro di Berlino pareva aver messo al sicuro da ogni tentativo di ingerenza e di sopraffazione. La sommatoria di questi malesseri sociali, ha richiuso tutto l’orizzonte europeo. Il terrorismo islamico, le migrazioni incontrollate, l’arrocco economico, la crisi dei rifugiati (che scuote ulteriormente le economie nazionali), l’alimentarsi del malessere e la richiesta di remissione di una scelta operata guardando al progresso non ha prodotto solo la Brexit, ma attizza fuochi separatisti, spinte 7 centrifughe dalla moneta unica, nazionalismi e populismi che dal malcontento traggono motivazioni e spinte verso la disgregazione. L’ondata di xenofobia è palpabile, si percepisce nelle parole e negli sguardi di troppa gente. La nostra classe politica europea, ipocritamente, finge che ogni problema sia derivante solo dagli equilibri e dai protocolli economici, mente quella che avrebbe dovuto essere la Costituzione Europea è accantonata nei cassetti, dopo che è stata respinta, per via referendaria, da alcune Nazioni una decina di anni fa, e nessuno trova più il coraggio di riproporla ai singoli paesi. Chi aveva, anche pagando un sostanzioso tributo attraverso svalutazioni e riallineamenti, creduto nella possibilità di un continente che lasciava transitare liberamente i propri cittadini, senza distinzione di lingua e di razza, che aveva respirato un’aria più cosmopolita, oggi ritrova ostacoli che si frappongono all’idea liberale e antiautoritaria che i nostri padri avevano costruito. L’Europa oggi non può più intonare l’inno alla gioia, questo sogno comincia a perdere pezzi. Per questo, anche per questo necessita resistere, occorre diventare dei nuovi partigiani. Dobbiamo resistere ad ogni forma di populismo, ogni volontà di spiriti nazionalistici, conservatori e reazionari, resistere a coloro che vorrebbero tornare nel passato, quelli che spingono verso l’uscita, per populismo e qualunquismo di comodo, minacciando un futuro migliore basato sul “tanto peggio-tanto meglio”. Abbiamo vissuto una breve stagione, certamente il futuro è carico di incognite, ma il punto di non ritorno è già lontano, alle nostre spalle, per fortuna i nostri figli, senza aver vissuto questi cambiamenti, si trovano con l’esistente sciorinato sul loro percorso formativo. Per loro, giusto per fare un esempio, il progetto Erasmus diventa un atto automatico della loro formazione, leggono un’Europa già oltre a confini e divisioni, ritengono superato il concetto di singola nazione, sono cresciuti con orizzonti più vasti, non concepiscono popoli “l’un contro l’altro armati”. Le generazioni che ci hanno preceduto emigravano per fame, per bisogno, per avere un futuro. I nostri figli non emigrano, cercano delle possibilità che non trovano qui, si guardano intorno, sono pronti a sentirsi europei, hanno il metabolismo già multiculturale, cosa che noi ancora releghiamo nel multietnico, che è cosa purtroppo ben differente. Possiamo solo cercare di sentirci a casa nostra in ogni piazza d’Europa, in ogni capitale, in ogni nazione, e sentirci cittadini uguali a quelli che ci stanno accanto, per mantenere il nostro privilegio di civiltà e di maturità sociale. La fermezza del difendere un diritto acquisito ci dà anche la serenità e la forza di mantenerlo. Stiamo vivendo tempi che hanno un orizzonte oscuro, solo difendendo il presente possiamo sperare che un patrimonio di civiltà venga preservato. Il senso dell’appartenenza ad un circolo più grande, mantenendo lo spirito patriottico ma senza scadere nell’animus nazionalistico. Il fare parte dell’Onu non ci porta senso di appartenenza (anzi, talvolta..…), essere parte dell’Europa invece sì. Certo, siamo sotto attacco, da più parti, ma siamo anche fermamente convinti di essere ancora, come lo eravamo un tempo, il faro della civiltà, la culla dell’occidente, appunto per questo dobbiamo difendere il patrimonio che ci contraddistingue. Lo fece Atene, lo fece Roma, lo ha fatto l’America, possiamo farlo come Europa. Non voglio tornare a mettere bolli e timbri sul passaporto, non voglio frontiere armate con occhiuti guardiani che stabiliscono se posso entrare o uscire da una terra che sento già che mi appartiene. Indietro non si torna. L’europeismo non può essere soltanto un osso gettato per decenza a salvaguardare le apparenze. Certamente i nuovi flussi di popoli, il terrorismo, la paura del diverso da noi, sono tutti dei componenti che vanno a limitare ogni libertà di azione, ma solo se teniamo alto il nostro essere indipendenti, se manteniamo il nostro desiderio di poterci sedere ad ogni tavolo di ogni piazza di ogni città d’Europa, sapendo di essere a casa nostra, se diventiamo partigiani di questa voglia di essere liberi, se facciamo resistenza alla voglia di disfacimento che aleggia intorno al nostro continente, potremo forse anche garantire un futuro a quelli che premono dalla periferia verso il centro, offrendo loro non solo un asilo, non solo un luogo migliore rispetto a quello che hanno lasciato, ma anche la certezza di aver trovato un continente rinnovato, un paese che ha rinunciato ai conflitti tra i popoli, un mondo che ha fatto da levatrice ad ogni altra crescita sociale, che può riappropriarsi di un nuovo indirizzo di riferimento mondiale, che tollera idee, religioni, ideali di ogni tipo, senza fondamentalismi, un paese che pone la persona al centro di ogni contesto, che ha fatto della civiltà e della democrazia il proprio biglietto da visita. 8 “L’Angolo del Libro” a cura di Lucia Bruni Henry James, “Giro di vite”, Giulio Einaudi editore, Torino, 2017, € 9,00 Scrittore sopraffino Henry James (1843-1916) ci porta nell'ambito di una cultura che vuole essere trans-nazionale. Primo dei grandi scrittori nordamericani (ma di matrice culturale europea,visto che il padre era irlandese) che lascia gli Stati Uniti per l’Inghilterra, nella convinzione che solo un soggiorno in Europa fosse capace di rafforzare la propria arte. E qui trova un'inesauribile materia narrativa nel conflitto che esplode quando uno statunitense si trova di fronte ai complessi codici delle “nostre” società. James dunque, si concentrò sui processi della coscienza e sui rapporti tra scrittura e inconscio. Da sempre attratto da storie di fantasmi, costruisce con questo romanzo breve una storia che ci regala momenti di autentica tensione. Protagonisti di “Giro di vite”, il più celebre fra le sue opere, sono Flora e Miles, due bambini perseguitati dai fantasmi di un’istitutrice e di un maggiordomo, e intrappolati in quella che potremmo definire una “tirannica atmosfera”. Ai classici motivi del racconto nero, gotico, James qui unisce una sottile indagine psicologica, consegnando al lettore uno dei più suggestivi racconti del mistero, sempre al confine fra realtà e soprannaturale. […] “Sotto l’impressione di quella perdita di cui io ero tanto fiera, egli emise il grido di una creatura scagliata oltre l’abisso, e l’abbraccio in cui lo strinsi avrebbe potuto veramente arrestarlo nella sua caduta. Lo presi, sì, lo strinsi forte … si può immaginare con quanta passione, ma prima che fosse trascorso un minuto cominciai a rendermi conto di ciò che realmente stringevo tra le braccia.” […] E’ il brano finale, che ci riserva una inquietante sorpresa. Renzo Martinelli, “Dietro la linea del fuoco”, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 2015, € 12,50 “Ho scritto la più vera pagina di guerra che abbia vissuto sin qui. Mai però, come oggi, come in questo momento, ho pensato alla insuperabile bellezza della carta bianca.” Sono parole di Renzo Martinelli (1888-1964) giornalista del quotidiano La Nazione, corrispondente dal fronte della prima guerra mondiale; dunque si capisce come agognasse la “carta bianca” per non doverci raccontare le tante barbarie a cui, suo malgrado si è trovato ad assistere e a dover commentare. Fiumi di parole sono state scritte su questo primo conflitto mondiale ma queste pagine di Martinelli hanno il merito di una verità e immediatezza, arricchita da sensibile capacità visiva e rappresentativa, che ci offre del primo anno di guerra – e del lento passaggio del protagonista dalle più lontane retrovie fino alle trincee -, una descrizione inedita, rispetto alle tradizionali pagine sulla guerra. Il libro raccoglie infatti non solo le corrispondenze del 1915, inviate dal fronte, che consentono di seguire in “presa diretta”, le vicende belliche più rilevanti, ma racconta soprattutto i sentimenti umani, la vita quotidiana dei nostri fanti, impegnati in cruente battaglie e nella dura esperienza delle trincee. Oltre al pregio di un valore giornalistico e storico notevole, il libro restituisce in pieno il significato emotivo dell’esperienza vissuta dai soldati, riferendo spesso episodi e momenti che possono sembrare irrilevanti ma che, nel loro insieme, divengono importanti, andando a costituire un contributo non trascurabile alla conoscenza della partecipazione dell’Italia alla grande guerra. 9 DONNE NELLA STORIA ALEXANDRA DAVID NÉEL, L'ESPLORATRICE di Donatella Fabbri Alexandra David Néel, esploratrice, fotografa, orientalista e antropologa francese ha una storia talmente particolare e avventurosa da sembrare inventata: nasce nel 1868 in un paese dell'Ile de France, la sua famiglia d'origine – benestante, appartenente all'alta borghesia - è formata da una madre bigotta e da un padre anarchico, libero pensatore, di professione giornalista che ripete alla figlia “vivi la tua vita più intensamente che puoi” e di certo Alexandra, che cresce in mezzo ai libri della biblioteca paterna leggendo di tutto, incantata da Giulio Verne ma anche dai filosofi orientali, seguirà per tutta la vita questa indicazione. Il suo spirito libero e ribelle si rivela fin dall'adolescenza quando tenta più volte la fuga dalla casa paterna ma viene regolarmente riportata dai genitori. Finalmente, a diciotto anni, in sella a una bicicletta, inizia un viaggio che la condurrà prima in Spagna e poi in Francia, dove soggiorna per tre mesi a Mont-Saint-Michel. In Inghilterra, dove si trasferisce successivamente, si appassiona allo studio delle filosofie orientali e si converte al Buddhismo. La ritroviamo, qualche tempo dopo, in Francia, iscritta alla Società Teosofica allo scopo di approfondire i suoi studi sul Buddhismo tibetano mentre, in contemporanea, segue le lezioni di lingue orientali alla Sorbona. In questo periodo frequenta gli ambienti della Massoneria e dei movimenti femministi e anarchici. Nel 1890 muore la nonna materna e la sua eredità le consente di partire per un lunghissimo viaggio in India dove subisce il fascino della musica tibetana e studia le tecniche di meditazione. Ma, pur vivendo sobriamente, i soldi dell'eredità finiscono nel giro di un anno e Alexandra decide di sfruttare le sue doti canore: in gioventù aveva compiuto studi di canto lirico, la sua bella voce sembrava garantirle una carriera promettente ma il ruolo di soprano non rientrava nelle sue aspirazioni. Adesso è un mezzo per vivere e viaggiare, entra nella Compagnia Operistica del teatro di Hanoi, accetta di compiere tournées in Oriente e non solo. Non è un grandissimo talento ma ha comunque un notevole successo che le offre la possibilità di allargare la cerchia delle sue conoscenze e di intrecciare importanti relazioni sociali tanto che, nel 1901, a Tunisi le viene offerta la direzione artistica del teatro cittadino; Alexandra accetta e, in questa parentesi tunisina, incontra l'ingegnere ferroviario Philip Néel; i due vivono per quattro anni come amanti e si sposano nel 1904. Alexandra, prima del matrimonio, mette in chiaro in una lettera indirizzata al futuro marito che non vuole figli e desidera continuare a godere della massima libertà. Ma, nonostante questo singolare patto prematrimoniale, com'era prevedibile, lo spirito inquieto di Alexandra non si adatta facilmente al ménage quotidiano. Pur amando il marito, cade in depressione e, d'accordo con Philip, ricomincia a viaggiare da sola. Nel 1911 parte per un viaggio d'istruzione in India, un viaggio che doveva durare diciotto mesi e invece si protrarrà per quattordici anni. Nel Sikkim incontra, nel 1914, il giovane monaco tibetano Aphur Yongden lui ha quattordici anni e lei ne ha quarantasei - che diventerà suo figlio adottivo e l'accompagnerà nelle sue peregrinazioni, certamente il legame più forte della sua vita. È con lui che, nel 1921, travestiti da mendicanti, intraprende un viaggio che durerà anni, attraverso una Cina in piena guerra civile, diretta verso il Tibet, alla città sacra di Lhasa, a quel tempo interdetta agli stranieri, prima donna occidentale a tentare una simile impresa: raggiunta la meta, i due vi si tratteranno tre mesi in totale incognito. Nel 1925 Alexandra fa ritorno in Francia dove viene ufficializzata la sua separazione dal marito che, durante gli anni dei suoi viaggi, l'ha sempre aiutata moralmente e finanziariamente. Nel 1937 è di nuovo in Cina fino al 1942, continua a viaggiare, studiare e scrivere, trenta i libri pubblicati oltre ad alcuni fondamentali testi sul Buddhismo. Nonostante la morte di Yongden, nel 1955, sia un grande dolore, fino agli ultimi mesi della sua incredibile vita tiene conferenze e riceve riconoscimenti ufficiali sia in Francia che all'estero. Sorprende tutti quando, a cento anni compiuti, chiede il rinnovo del passaporto, progettando un nuova partenza! Morirà l'anno dopo a Digne, in Provenza, centouno anni di vita vissuta appieno. Nel 2013, per le Ed. Ali&No, l'orientalista Alessandra Bruni ha scritto un libro dal titolo Madame Tibet che racconta le tappe più importanti dell'esistenza di questa indomita e coraggiosa donna e la sua costante ricerca di una Verità che appagasse il suo spirito. 10 MAMMA, LI TURCHI di Pasquale Tanzini Erdogan, da sette o otto anni a questa parte, sta rovesciando il modello di Turchia impostato da Mustafa Kemal Ataturk allontanandosi sempre più dall’Europa, nel mentre che finge di volerne far parte. Dopo il fallito colpo di stato (ammesso che non sia stato un cavallo di troia per poter effettuare purghe a piacere, ridurre i margini di libertà e di democrazia, ripulire il paese da ogni spinta democratica e progressista, un golpe ed un contro-golpe -già preparato da tempo e con cura-, fin troppo funzionale alle intenzioni di questo satrapo) da più di un anno ormai l’orizzonte di quel paese mostra nubi sempre più scure. Il ripristino della pena di morte, in barba a convivenze e regole di civiltà occidentale, centinaia di migliaia di passaporti revocati, rimozione dei vertici militari e burocratici, (e quelli religiosi troppo tiepidi) a sessantamila professori ritirata la licenza di insegnamento, 1600 docenti universitari costretti alle dimissioni, 130 organi d’informazione serrati, tra radio e giornali, 150 giornalisti ingabbiati, 50.000 persone arrestate, altrettante licenziate, obbligo a tutti gli studiosi all’estero di rientro immediato. Insomma, la Turchia sta vivendo, oltre ai casini della guerra ed al rapporto conflittuale con la Russia, un bel clima di persecuzione interna. Ricorda molto, questa serie di eventi, la lunga serie delle purghe staliniane, ed ancora peggio le leggi razziali del ‘39, con l’eliminazione degli ebrei dall’ossatura del mondo civile di allora. Contro l’Israele odierno la Turchia peraltro sono anni che regge di balla ai paesi “sterminatori” tipo Iran e Libano e Siria, mantenendosi nell’alveo della Nato, secondo piacere. Senza interrompere la strisciante linea rossa che, partita dal genocidio di un bella fetta del popolo curdo, continua con silenziose persecuzioni delle minoranze etniche e religiose, come i massacri che il vicino califfato fa con cristiani e yazidi. C’è una, troppo spesso dimenticata e ignorata, citazione di Ataturk, degli anni ’20:“-Per quasi cinquecento anni queste regole e teorie di un vecchio arabo e le interpretazioni di generazioni di religiosi pigri e buoni a nulla hanno deciso il diritto civile e penale della Turchia. Loro hanno deciso quale forma dovesse avere la Costituzione, i dettagli della vita di ciascun turco, cosa dovesse mangiare, l’ora della sveglia e del riposo, la forma dei suoi vestiti, la routine della moglie che ha partorito i suoi figli, cosa ha imparato a scuola, i suoi costumi, i suoi pensieri e anche le sue abitudini più intime. L’Islam, questa teologia di un arabo immorale, è una cosa morta. Forse poteva andare bene alle tribù del deserto, ma non è adatto a uno stato moderno e progressista: La rivelazione di Dio! Non c’è alcun Dio! Ci sono solo catene con cui preti e cattivi governanti inchiodano al suolo le persone. Un governante che abbisogna della religione è un debole. E nessun debole dovrebbe mai governare.-” Ed erano gli anni subito dopo la prima guerra mondiale. Trovatemi un giudizio più drastico e lapidario di questo. Forse spiega anche il perché Erdogan sta cercando di ritrasformare e riportare la Turchia verso uno stato islamico, e deve disfarsi di tutte le spinte progressiste che da quasi cento anni premevano per una dimensione europea, mentre attraverso queste attrazioni centripete di identità islamica, risulta evidente l’effetto “Komeini”, colui che, a furor di popolo, riportò l’Iran nel Medioevo. Come ebbe a dire il papa emerito Benedetto XVI: “-L’Europa non ha confini geografici, ma culturali-” Ataturk era innamorato e seguace del fascismo, e fu capace di utilizzare al meglio le opportunità che vedeva nelle operazioni di politica interna del duce, addomesticandole alla realtà del suo paese, sfruttandole per farlo uscire da secoli di sudditanza religiosa, dal califfato che vincolava il Medio Oriente ad un solo metodo di vita, quello religioso. Come Mussolini fece il concordato attraverso i patti lateranensi, specularmente Ataturk cavalcò il nuovo lato laicistico del suo paese, contribuendo a sganciarsi da tutte le servitù religiose e fondamentaliste, vera palla al piede per un paese in cammino verso la modernità. Turchia, qualche cifra dei tempi recenti. Cominciamo dal 1955, con la legge marziale contro gli stranieri. Poi sono venuti i colpi di stato, nel 1960, nel1971, nel 1980, nel 1993, nel 1997, nel 2007. Non male, un tempo si diceva dei messicani, che facevano le rivoluzioni ogni fine mese. Ah, dimenticavo l’ultimo, questo del 2016. Piccolo approfondimento. Nel 1960 fu un gruppo di giovani ufficiali dell’esercito, che si sollevarono per “ripristinare la democrazia” contro la corruzione e le ruberie dei governanti. Il ministro dell’interno di suicidò. Condannarono a morte il primo ministro e il presidente. Nel 1971 invece fu un “golpe” contro un governo di centro-destra, fu presentato come una risposta al caos del ’68 turco. Il golpe del 1980 fu molto violento, presentato come necessario per mettere fine agli scontri destra-sinistra, 50 giustiziati, mezzo milione di arresti, migliaia di morti in carcere, finì con lo sterminio della sinistra. Il colpo di stato del 1993, organizzato dai servizi deviati, non fu neppure annunciato. Negli interventi del 1997 e del 2007 i militari non ebbero neppure necessità di mettere in strada i carri armati, mentre cercavano di ostacolare l’ascesa del partito islamico, finirono per favorirla. Pausa geografica. La Turchia confina con 11 importanti focolai di guerra, accesi o potenziali, di tensioni e conflitti: ha 900 km di confini con la Siria, che è in guerra civile, 370 km di confine con l’Iraq, 530 km di confine con l’Iran, 270 con la Georgia, (in guerra con la Russia sei/otto anni fa), 300 km di confine con l’Armenia, 17 km con l’Azeirbajan. Come ciliegina, 2 sono i paesi dell’Unione Europa con i quali confina: 220 km il confine con la Bulgaria e 190 con la Grecia. Credo che queste cifre rendano l’idea del rilievo strategico e della capacità di pressione su quella parte di mondo. Erdogan, megalomane, ambiguo, inaffidabile. Il “Sultano” sta re-islamizzando il suo paese, sente il bisogno di ripristinare la pena di morte, limita e reprime le libertà di espressione (limitate ininterrottamente, ogni volta, da sessant’anni) di quegli “status” occidentali come libertà di stampa e di manifestazione. Nell’ultimo anno si sono succedute purghe, 10.000 poliziotti arrestati, limiti ai passaporti, divieti d’espatrio, prefetti sospesi, imam epurati, 2800 giudici mandati a casa (compresi quelli della Corte Costituzionale) insegnati, rettori, liste infinite di proscrizioni per i “laici”. Il “Sultano” neo-ottomano non considera la donna pari all’uomo, esporta armi, chiude giornali, incarcera giornalisti e scrittori, censura internet, tutte le minoranze sono discriminate, in sostanza tutti mattoni per l’edificio della re-islamizzazione, per trasformare la Turchia in una forza egemone in Medio Oriente, in un paese nel quale il guadagno medio quotidiano è di 3.50 euro al giorno. Il suo ultimo edificio costruito, il “Palazzo Bianco” è costato alle casse turche la bellezza di 800 milioni di dollari (700 milioni, in euro), ha mille stanze, 35 mila metri quadrati di moquette, un orto botanico, un parco ed un bunker anti-atomico. Il nostro palazzo Pitti (con annesso Boboli), potrebbe fare da portineria, o la residenza dei casieri.… Il nostro Erdogan parte da lontano. Nel 1970 era capo del Partito della Salvezza, partito di estremismo islamista, teocratico, similIsis, sciolto dopo il colpo militare del 1971. Riappare , Erdogan sempre leader, come partito del Welfare. Vent’anni dopo diventa sindaco di Istambul, predicando l’islamismo militante, tanto che nel 1988 finì in galera per quattro mesi per sedizione contro lo Stato, condannato ed interdetto dalla politica. Si atteggiò a martire, ma cambiò strategia, mitigando e travestendo il suo fanatismo. Cambiò ancora nome al partito, che divenne Partito della Giustizia e dello Sviluppo (sic!), si alleò col Partito laico del Popolo per superare il divieto ad una sua candidatura politica maturato con la condanna precedente. Fu eletto primo ministro nel 2003, tagliando i ponti con tutti. Prima di essere rieletto nel 2007 e nel 2011 si alleò con il leader islamista Fetullah Gulen (sì, proprio quel Fetullah Gulen oggi esule e rifugiato negli Stati Uniti, del quale chiede l’estradizione, che accusa di aver ordito l’ultimo golpe contro di lui) per una serie di purghe contro giudici, militari e giornalisti, secondo lui, per “consolidare la democrazia”. Consolidò invece il suo potere, riaccese la guerra contro i curdi in Turchia e Siria, attaccò la Russia, riprese a perseguitare gli armeni, aumentando il sostegno ai terroristi islamici in Siria, abbandonando ogni maschera democratica. Palesemente sta ridisegnando la mappa del Medio Oriente, per le sue ambizioni espansionistiche. Ha fornito armi e materiali ai terroristi, ha formato migliaia di mercenari, fornisce assistenza medica ai combattenti dell’Isis. Ha perfino abbattuto un aereo militare russo, ancora non sa quanto gli verrà a costare, questa sbruffoneria (Putin è uno che le cose se le lega la dito, e se qualcuno gli fa fuori un ambasciatore, prima o poi il conto glielo presenta). Appena prima del colpo di stato, ha ricattato l’Unione Europea per il controllo del flusso dei rifugiati, avendo il fegato di riaprire le trattative ed i negoziati per un’adesione della Turchia alla comunità europea. E l’Europa, pressata da esodi e migrazioni bibliche, ha aperto un tavolo. Ah, non ho detto nulla dell’esercito, rimedio subito. L’esercito turco, che per tradizione è sempre stato il contropotere del governo, protettore della laicità del paese, anche attraverso notevoli forzature, specialmente negli ultimi quarant’anni, adesso, dopo il fallito colpo di stato (farsa) della primavera passata, Erdogan, nella sua “ristrutturazione” del potere turco, più consono alle sue ambizioni, ha nominato consigliere speciale per la riconfigurazione dell’esercito l’ex generale delle forze armate Adnan Tanriverdi, 72 anni. Un particolare: era stato congedato forzatamente venti anni fa per “troppo islamismo”, a causa degli obblighi ai gruppi di preghiera nelle caserme, poco consoni al laico kemalismo dell’esercito. Da qualche anno, forse in attesa di un repechage, Tanriverdi aveva fondato un’agenzia militare “Sadat”, una compagnia di contractor militari, per consulenze in campo di guerra non convenzionale, con servizi di “intelligence”, di insurrezione, di sequestri, di sabotaggio, di operazioni di forze speciali, di addestramento gruppi. Mi pare che le condizioni ci siano tutte, per un bel salto all’indietro della democrazia. E l’Europa, ha dato, l’anno passato, 3 miliardi di euro affinché facesse da “Guardia di porta” al fenomeno delle migrazioni, anzi direi dell’esodo biblico, forse per tacitare e proteggere la propria coscienza eurocentrica. Ma come il turco li abbia spesi, cosa ne abbia fatto, non è dato sapere. Turchia, un paese democratico. Ma fatemi il piacere... 12 l’Associazione Modellismo e Storia DLF Pontassieve In occasione di organizza una visita aperta a tutti i Soci DLF e familiari insieme ai modellisti dell’Associazione 12 marzo 2017 NOVITA 2017 "il mercatino del Modellista" PROGRAMMA Ore 7,O0 Partenza in Pullman GT dalla stazione di Pontassieve per Verona Fiere Fermate a Varlungo (Firenze sud) - Area di servizio Autosole Firenze Nord Ore 17,00 Partenza da Verona per il rientro. Quota individuale di partecipazione Soci e Familiari € 35,00 (ragazzi ridotto) (tesseramento 2017 in regola) non Soci € 40,00 La quota comprende: viaggio in bus G.T. riservato con assicurazione, ingresso libero valido per l’intera area fieristica, assistenza di un nostro collaboratore. La quota non comprende: mance ed extra in genere, pranzo libero e quant’altro non menzionato ne “la quota comprende”. Le iscrizioni si accettano previo versamento di € 15,00 a persona (saldo sul pullman) e si chiuderanno improrogabilmente al raggiungimento della 54ª persona. La gita avrà luogo al raggiungimento di un minimo di 35 iscrizioni. Per contatti: PICCHI LAMBERTO cell. 3355423735 BENCINI MARCO cell. 3332088632 Per iscrizioni: sede Associazione martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 15.30 alle 19,00 Ass. Modellismo & Storia DLF-Pontassieve – Via Aretina 1 – 50065 Pontassieve E-mail [email protected] web www.modellistipontassieve.com 13 In posizione strategica nella vallata di Selva Alta, la struttura alberghiera, 2 stelle, si trova a un chilometro dal centro di Selva Val Gardena, in posizione tranquilla nella direzione dei passi, funzionale per raggiungere gli impianti di risalita e il circuito del Sella Ronda. L’ALPIN HAUS Smart & Family Hotel è un reale punto di riferimento per trascorrere piacevoli vacanze. In inverno con l’impianto di risalita FUNGEA, a soli 150 metri dall’hotel è possibile connettersi al più grande carosello sciistico al mondo: oltre 1.200 km di piste del circuito Dolomiti Superski. In estate sono privilegiati i comodi sentieri collegati al percorso pedonale che proprio dalla residenza partono per ripercorrere il vecchio tracciato della ferrovia della Val Gardena, consentendo di giungere piacevolmente sino ad Ortisei attraversando Selva e Santa Cristina, lontani da rumori e traffico. LL’’HHO OTTEELL Il nostro hotel dispone di camere doppie, triple e quadruple; in queste ultime, ogni camera è dotata di servizio privato, phon e TV, alcune hanno il balcone. Gli animali di piccola taglia sono graditi ospiti per chi alloggia nelle camere della Dependance (a circa 15 metri dal corpo centrale). I servizi gratuiti nella nostra residenza: Wi-Fi, parcheggio non custodito riservato agli ospiti, sala deposito sci con armadietti riscaldati, cassaforte. Spaziosa area comune interna, dedicata al tempo libero. LLEE CCAAM MEERREE Dall’estate 2017 abbiamo impostato la tipologia delle camere come segue: ESSENTIAL - con vista lato monte e/o paese; stanza da bagno dotata di asciugacapelli, di cassaforte e TV. Gli spazi sono stati ottimizzati per tipologia di sistemazione, che prevedendo da due a tre letti, anche singoli. STANDARD - con balcone vista lato monte e/o cortile – giardino interno; stanza da bagno dotata di asciugacapelli, cassaforte e TV. Maggiori spazi per tipologia di sistemazione, che prevede un letto matrimoniale e da uno a due letti singoli singoli. COMFORT - con balcone e/o a mansarda - entrambe le tipologie, con vista lato monte e/o paese; stanza da bagno confortevole, dotata di asciugacapelli e set di cortesia - tutte le camere Comfort sono privilegiate da una recente e gradevole ristrutturazione, cassaforte e TV ad alta definizione. Diverse tipologie di sistemazione per una piacevole vacanza. DEPENDANCE - struttura a pochi metri dal fabbricato principale, con vista lato giardino e/o cortile interno; di dimensioni funzionali al numero degli ospiti, tutte le camere dispongono di stanza da bagno dotata di asciugacapelli, cassaforte e TV. Nel fabbricato Dependance, sono ammessi piccoli animali. LLAA RRIISSTTO ORRAAZZIIO ONNEE - Lo Staff del nostro ristorante “PLAN 45” è a disposizione per soddisfare le principali esigenze di chi segue diete alimentari speciali, come ad esempio la preparazione di pasti privi di glutine (prodotti preconfezionati). A richiesta, per consentire la massima flessibilità nell’organizzazione della propria giornata, il nostro Staff può preparare al posto del pranzo, un appetitoso “Packet Lunch” (attenzione in alcuni periodi, il pranzo è garantito esclusivamente con Packet Lunch). IILL TTEEM MPPO O LLIIBBEERRO O - Spaziosa area comune interna, dedicata al tempo libero: due biliardi, tavolo da ping pong, calcio balilla, sala TV con angolo lettura, angolo giochi per bambini, giochi di società, scacchi e carte da gioco a disposizione. Al piano terra è attivo un servizio BAR & STUBE aperto tutto il giorno, dalle ore 07.00 e fino a tarda sera. 14 1 bassa stagione 2 media stagione PPEERRIIO ODDO O 10/06 -15/06 1 19/06 - 01/07 26/08 - 10/09 3 alta stagione 4 altissima stagione SSTTAANNDDAARRDD ee//oo EESSSSEENNTTIIAALL DDEEPPEENNDDAANNCCEE CCO ONNFFO ORRTT 48* 56** 48* 48* 2 01/07 - 29/07 53* 63** 55* 65** 57* 67** 15/06 - 19/06 3 29/07 - 12/08 19/08 - 26/08 63* 73** 65* 75** 67* 77** 4 12/08 - 19/08 68* 78** 71* 81** 74* 84** * mezza pensione / ** pensione completa SSPPEECCIIAALLEE BBAAM MBBIINNO O EESSTTAATTEE:: (dal 10/6 al 1/7) per soggiorni di minimo 7 notti (sistemazione in terzo o quarto letto): Bambini fino a 8 anni non compiuti: soggiorno gratuito; Bambini fino a 12 anni non compiuti: riduzione del 50% sul soggiorno. SSPPEECCIIAALLEE FFAAM MIIGGLLIIEE:: (non applicabile per periodo dal12/8 al 19/8): piano famiglia fino a 12 anni n.c. (2 adulti + 2 bambini fino a 12 n.c.: pagano 3 quote); Speciale famiglie fino a 16 anni n.c. (2 adulti + 2 bambini fino a 16 anni n.c. pagano 2 quote + 1 quota scontata del 50% + 1 quota scontata del 20%); Single + 1 bambino (1 adulto + 1 bambino fino a 12 anni n.c.) pagano 1 quota intera + 1 quota scontata del 30% con sistemazione in camera doppia. RRIIDDUUZZIIO ONNII IINN 33°°//44°°//55°° LLEETTTTO O:: 0-3 anni non compiuti con culla: riduzione 90%; 3-8 anni non compiuti: riduzione 40%; 8-12 anni non compiuti: riduzione 30%; 12-16 anni non compiuti: riduzione 20%; Adulti: riduzione 10%. SSCCO ONNTTII SSO OCCII DDLLFF:: Ferrovieri e Familiari (in possesso della tessera FS) 10%; Frequentatori 5% (valevole solo per il 1° e 2° letto); riduzione trattamento pernottamento e prima colazione € 6,00 sulla quota della mezza pensione; Camera singola senza supplemento. SSUUPPPPLLEEM MEENNTTII:: Camera doppia uso singola € 15,00 a notte, € 20,00 a notte nei periodi di alta ed altissima stagione; Per soggiorni inferiori a 3 notti la direzione si riserva di applicare un supplemento; Pulizia camera in caso di animali € 4,00 a notte, con sistemazione nella camere Dependance. Tassa di soggiorno: € 1,10 a notte a pax (esenti fino a 14 anni non compiuti) Alpin Haus Smart & Family Hotel - Casa Alpina Strada Plan 45, Selva Val Gardena (Bz) Tel. +39 0471 795165 - 366 7860829 - Fax +39 0471 79441 [email protected] - www.hotelalpinhaus.com [email protected] - www.hotelcasaalpina.it Hotel Casa Alpina - Alpin House Val Gardena 15 LA PITTURA FRANCESE FRA FINE ‘800 ED IL I° ‘900 MOSTRA SULL’IMPRESSIONISMO Treviso 11 aprile 2017 Un viaggio emozionante tra i dipinti e le vicende dei grandi che li hanno realizzati. Un racconto ricco di colori come la tavolozza degli artisti che hanno reso unico l’impressionismo, da Monet a Renoir, da Van Gogh Gauguin o sulle singole tematiche (il paesaggio, la notte) . Viene qui proposta la storia del movimento pittorico francese di fine ‘800 . Le 120 opere capitali (Manet, Monet, Degas, Renoir, Pissaro ed altri) suddivise in tre capitoli come una grande affascinante narrazione. La mostra d’arte più bella della stagione per festeggiare il compleanno ventennale di “ Linea d’Ombra “. Descrivere questa mostra è realmente impossibile per l’importanza di questo insieme d’arte realizzato da uno dei più grandi organizzatori di mostre d’arte Marco Goldin e Linea d’Ombra, che godono fiducia dei più grandi collezionisti privati e dei musei del mondo, dal quale possono richiedere prestigiose opere per la realizzazione delle importanti mostre del passato e del futuro. Ritrovo dei sigg. partecipanti ( vedi punti di partenza ). Ore 10.00 arrivo a Treviso - tempo a disposizione –; ore11.30 ritrovo presso la Sede mostra “ Museo di Santa Caterina” ; ore 11.45/12.00 inizio della visita guidata ; ore 13.30 termine della visita. Tempo a disposizione per uno snack . Ore 14.30 accompagnati dalla n/s guida effettueremo una passeggiata nel centro storico per apprezzare gli aspetti urbanistici / monumentali della cittadina con il passo lento di chi vuol assaporare ogni angolo con i sui scorci originali ovattati dalla tranquillità della vita cittadina. I fiumi Sile e Cagnan ,con i loro “ rivi bassi “ ,si insinuano nelle vie cittadine e riflettono i palazzi storici. Ore 17.30 circa partenza per il rientro a Firenze QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 55.00 base 35 pax, supplemento € 5.00 base 30 pax, supplemento € 10.00 base 25 pax La quota comprende : viaggio in bus G.T. riservato, visita guidata al museo, assicurazione, assistenza di un nostro collaboratore. La quota non comprende : mance ed extra in genere, pranzo libero e quant’altro non menzionato nella quota comprende. Punti di partenza : ore 6.45 Viale Europa di fronte al distributore Esso, ore 6.50 di fronte al Teatro Tenda, ore 6.55 Piazza Beccaria inizio Viale Gramsci, ore 7.00 Piazza Libertà angolo Viale Lavagnini, ore 7.05 Viale Belfiore di fronte all’edicola, ore 7.10 Piazza Giacomo Puccini di fronte all’edicola. Organizzazione Tecnica Pitti Viaggi s.r.l. 16 TUTTO LAZIO E PONZA VITERBO – ISOLA DI PONZA E SITI SCONOSCIUTI GROTTA DEI BAMBOCCI E LA CERTOSA DI TRISULTI 29 aprile – 1° maggio Sabato 29 Aprile 2017 visita Bomarzo e Viterbo Ore 10.30 circa arrivo a Bomarzo (vedi lista punti partenza) visita con guida del parco dei mostri di Bomarzo, denominato anche Bosco Sacro in provincia di Viterbo, ideato dall’architetto Pirro Ligorio nella seconda metà del 1500, un parco naturale con numerose sculture in basalto, riproducenti animali mitologici, divinità e mostri. Pranzo in ristorante. Pomeriggio dedicato alla visita della città di Viterbo con guida locale. Proseguimento per Ceprano cena e pernottamenti. Domenica 30 Aprile 2017 secondo giorno: visita alle Terre di Ulisse sull’isola di Ponza Mattino imbarco alle 8.20: incontro con l’accompagnatrice, seguirà imbarco al porto di Terracina. Partenza con motonave veloce (60' di traversata). In mattinata passeggiata nella zona del porto (il borgo di epoca borbonica). Proseguimento per un tour panoramico dell’intera isola in minibus (durata circa 60’), saranno previste alcune brevi soste “fotografiche”. Ore 13.00 Pranzo in ristorante a base di pesce bevande incluse Pomeriggio Facoltativo, giro in motobarca turistica accompagnati da marinaio-cicerone; durante il tour via mare si visiterà il versante sud dell'isola; le grotte di Pilato, i Faraglioni della Madonna e del Calzone Muto fino al vecchio faro quota € 12.00 In alternativa sarà possibile continuare la passeggiata a piedi, del porto. Nel tardo pomeriggio ore 17.00 imbarco e partenza con mezzo veloce per il viaggio di ritorno. Ore 20.00 circa rientro in hotel con cena e pernottamento a Ceprano. Lunedi 01 Maggio 2017 Ceprano Prima colazione e pranzo in hotel: ore 10.00 circa arrivo a Collepardo e visita guidata nella Grotta. Lo spettacolo delle stalattiti e stalagmiti è di un fascino ineguagliabile per la singolarità delle forme che riecheggiano figure umane ed animali. Esse furono denominate "Grotte dei Bambocci", ma sono anche conosciute con il nome di "Grotte Regina Margherita", in seguito alla visita della sovrana nel 1904. Seguirà la visita della CERTOSA DI TRISULTI. Immersa nel verde di secolari foreste, si adagia questa celebre e maestosa Certosa, fondata nel 1204 per volontà di Papa Innocenzo III e affidata, dal 1208, ai monaci Certosini (da cui il nome "Certosa"). Nel 1947 essi furono sostituiti dagli attuali monaci Cistercensi della Congregazione di Casamari. Al suo interno è possibile visitare la Chiesa con pregevoli opere d'arte e l'antica Farmacia del XVII secolo. Possibilità di acquistare i prodotti dei trappisti. La Certosa è Monumento Nazionale e custodisce anche una ricca Biblioteca statale con 25.000 volumi. Al termine della visita proseguimento per Villa Ida e pranzo tipico con prodotti locali della cucina ciociara. Ore 16.00 partenza per rientro in sede di residenza. QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 330.00 base 30 pax, Supplementi € 15.00 base 25 pax Supplemento camera singola € 35.00 La quota comprende: Trasporto in Bus G.T. , sistemazione in hotel a 3*S , pranzo e cena del primo giorno, cena del secondo giorno e pranzo del terzo giorno, trasferimento a l’isola di Ponza con motonave veloce e tour in minibus, guida a Viterbo, visite come da programma, assicurazione bagaglio, nostro accompagnatore. La quota non comprende: ingressi, mance ed extra in genere, tutto quello non indicato nella quota comprende. Punti di partenza : Ore 6.30 Piazza Puccini di fronte all’edicola,ore 6.35 Viale Belfiore accanto Ufficio INPS, ore 6.40 Piazza della Libertà angolo Viale S. Lavagnini, ore 6.45 Piazza Beccaria vicino al cinema Astra, ore 6.50 di fronte al Teatro Tenda , ore 6.55 Viale Europa di fronte al distributore Esso. Organizzazione tecnica Pitti viaggi 17 GRUPPO TREKKING DOPOLAVORO FERROVIARIO FIRENZE Via G. Paisiello,131 50144 Firenze Tel 055/2609534--- www.gruppotrekking-dlf-firenze.com [email protected] [email protected] per informazioni e prenotazioni la sede è aperta tutti i giovedì dalle 16.30 alle 18.00 Nipozzano verso il castello 5 Marzo 2017 Percorso: media difficoltà Dislivello: m.600 Lunghezza: km 16 Tempo: ore 5 Trasporto: treno Costo : soci € 3.00 – non soci € 4.00 + treno Descrizione: Posto sulla sommità di una collina che domina la confluenza tra Arno e Sieve, a circa 350m. di altitudine, il castello di Nipozzano già verso la fine del Trecento era stato trasformato dagli Albizi in splendida dimora signorile, abbellita ancora nel corso dei secoli fino all’inizio del Seicento e solo in tempi recenti (1925) è passato ai Frescobaldi. Purtroppo il castello per gran parte distrutto dalle mine nel 1944 e successivamente restaurato, conserva solo in parte le strutture originarie. Esso infatti era dominato dalla possente mole quadrilatera del cassero ricordata fino al 1371 e circondato da due giri di mura. Della dimora voluta dagli Albizi rimangono ancora vari elementi architettonici riferibili al Quattrocento. Completamente rimontata è la chiesa di S. Niccolò. Il castello rappresenta il fulcro di un piccolo borgo circoscritto da una cinta muraria. L’insediamento è tipico del periodo medievale con il cassero edificato in posizione dominante rispetto agli altri edifici, tra i quali troviamo anche la chiesa di San Niccolò, che si sviluppano lungo la strada di accesso. Programma: Ritrovo presso la farmacia della stazione di SMN alle ore 8.40 e partenza con il treno per Pontassieve alle ore 8.55¸ possibilità di salita anche alla stazione di Campo di Marte. Arrivo a Pontassieve alle ore 9.18. Dopo la sosta per la colazione inizieremo la nostra escursione. Attraverseremo il paese di Pontassieve per raggiungere via Tirolo e la percorreremo fino ad arrivare al Castello di Nipozzano che visiteremo. Ripartiti passeremo attraverso vigne e uliveti facenti parte della proprietà dei Frescobaldi. Arriveremo quindi a Diacceto dove faremo la sosta per il pranzo. Al vicino bar ci si potrà concedere un caffè. Il percorso di ritorno, ad anello, ci vedrà attraversare un fitto bosco fino al castello di Nipozzano. Quindi riprenderemo il primo tratto del percorso fino a Pontassieve. Abbigliamento: medio da trekking, scarponi, giacca a vento ecc.. Vettovagliamento: pranzo al sacco Note: per motivi tecnici non saranno ammessi animali. Il Gruppo Trekking e gli accompagnatori non assumono alcuna responsabilità nei confronti dei partecipanti per ogni eventuale incidente od infortunio che dovesse verificarsi prima, durante o dopo l’escursione per negligenza o mancato rispetto delle indicazioni fornite. Proposto da: Carlo Bisoni – Pino Celia Prenotazioni: Catia Funai 055 667110 – 328 6767781 Il Capogruppo Funai Catia 18 GRUPPO TREKKING DOPOLAVORO FERROVIARIO FIRENZE Via G. Paisiello,131 50144 Firenze Tel 055/2609534--- www.gruppotrekking-dlf-firenze.com [email protected] [email protected] per informazioni e prenotazioni la sede è aperta tutti i giovedì dalle 16.30 alle 18.00 Run…dagiata su percorso dell'annuale corsa campestre. 19 Marzo 2017 Percorso: Facile Dislivello: m. 240 Lunghezza: km 11 Tempo: ore 3.30 Trasporto: mezzi propri Costo : soci € 3,00 – non soci € 4,00 Descrizione: La Valdinievole è ricca di ville fatte costruire in passato dalle più importanti famiglie toscane a dimostrare la potenza e la ricchezza del proprietario. Un esempio di questa tradizione è Villa Bellavista considerata un tempo una delle più belle ville d'Italia. Fatta costruire alla fine del '600 da Francesco Feroni in stile Barocco Fiorentino in una tenuta di 45 poderi. Attualmente è in precarie condizioni di manutenzione. La storia della Valdinievole è legata a quella fiorentina; nella piana di Montecatini nel 1315 ebbe luogo uno scontro armato tra Firenze e l'esercito pisano-lucchese guidato da Castruccio Castracani degli Antelminelli che vinse con audace strategia. A Stignano nacque Coluccio Salutati (1331 - 1406) illustre uomo politico della repubblica fiorentina e letterato di formazione umanista. Con il Granduca Pietro Leopoldo nella seconda metà del '700 si dette inizio alla costruzione dei primi stabilimenti termali di Montecatini. Infine una curiosità culinaria, Pellegrino Artusi, padre della cucina italiana, ebbe alle sue dipendenze una donna di servizio Maria Assunta Sabatini nata vicino a Montecatini, dotata d'ingegno culinario. A lei è dedicata la ricetta n°604 "Il panettone di Marietta" del manuale artusiano "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 1891". Programma: Ritrovo in via delle Cascine angolo via Paisiello alle ore 8.15 e partenza alle ore 8.30 per l’autostrada Firenze-mare. Uscita a Montecatini e direzione Borgo a Buggiano. Sosta per la colazione e parcheggio presso la Chiesa di Santa Maria in Selva. Inizia il nostro percorso su strada asfaltata, si cammina nei pressi della Villa di Bellavista. Si costeggia il torrente Cessana e si entra nel paese di Borgo a Buggiano. Attraversato il paese e sotto il porticato dell’ ex convento, ora sede del Comune, si prende la strada per Stignano. Da Stignano si sale su asfalto verso la casa dell’Alleluia e dopo circa un chilometro si entra in un sentiero nel bosco. Dal sentiero si arriva alla località Campioni (altezza 240 mt) e su strada alla chiesetta romanica di Santo Stefano. Nel piccolo prato intorno alla Chiesa è prevista la sosta per il pranzo. Scendendo verso il paese di Colle a Buggiano ci si immette in una stradina in terra battuta e poi in sentiero CAI per arrivare al ponte di Maciste. Passato il ponte si sale leggermente per arrivare al Colle da Porta a Massa. Si attraversa il borgo con interessanti palazzi di richiamo rinascimentale per arrivare alla scenografica piazza con la Pieve di San Lorenzo. Da Colle, sulla strada asfaltata con i caratteristici tabernacoli qui chiamati "margini" si arriva allo splendido paese di Buggiano Castello (il paese degli agrumi). Si entra da una antica porta (porta di San Martino) per raggiungere il cuore medievale del paese rappresentato dal Palazzo Pretorio con la facciata ricoperta dagli antichi stemmi e, nelle vicinanze, la Chiesa di Santa Maria della Salute. Lasciato Buggiano Castello (tre sono i paesi che si fregiano dello stesso nome) si scende a Borgo a Buggiano per arrivare, in un tragitto tutto pianeggiante, al punto di partenza. Abbigliamento: medio da trekking, scarponi, giacca a vento ecc.. Vettovagliamento: pranzo al sacco Note: per motivi tecnici non saranno ammessi animali. Il Gruppo Trekking e gli accompagnatori non assumono alcuna responsabilità nei confronti dei partecipanti per ogni eventuale incidente od infortunio che dovesse verificarsi prima, durante o dopo l’escursione per negligenza o mancato rispetto delle indicazioni fornite. Proposto da: Marco Battistini – Rosanna Giampieri Prenotazioni: Catia Funai 055 667110 – 328 6767781 Il Capogruppo Funai Catia 19 BACCO, TABACCO E VENERE RIDUCONO L’UOMO IN CENERE di Pasquale Tanzini Noi siamo ciò che mangiamo. Il primo a dirlo fu Ludwig Feuerbach, era il 1804. Lo zucchero fa male, è un fatto, ora su tutte le diete è all’indice. Ma i dolcificanti sintetici sono anche peggio. Quello di canna, poi, dato che è di colore marrone, grande mistificazione, pare più integrale, più biologico, quindi alla gente piace pensare che farà meno male. Ma lo zucchero è sempre zucchero, fa male, punto e basta, anche se è passata l’idea alternativa. Come del resto accade ora per l’olio di palma. Sono sicuro che pure in quello che comprerò per il mio motore, da un lato ci sarà un banner che dirà: senza olio di palma. Nessuno dice che al posto dell’olio di palma (quello raffinato, che ha perso tutte le sostanze benefiche, che viene usato come addensante per merendine, biscotti e altro cibo confezionato) i sostituti sono ancora peggio, sono ancora più tossici. Se l’olio idrogenato viene ritenuto da bandire nel cibo, quello non idrogenato è pericoloso per l’ambiente. Le varie denominazioni fuorvianti e imprecise (oli vegetali, grassi vegetali), sono parimenti prodotti carichi di sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene per l’organismo, con cibi che si deteriorano con facilità, mentre quello di palma (oltre ad essere più digeribile, oltre che molto più economico) resiste meglio al caldo e al sole, quindi è un olio migliore per la corretta conservazione dei cibi confezionati. Ma a volte, nelle logiche di mercato, passano segnali trasversali che condannano a priori, in nome di una salvaguardia che sovente è solo un martellamento di lobby, una serie di interessi economici che preme sul mercato, che imposta strategie di comunicazione a favore di qualche prodotto (il che spesso significa anche contro qualcun altro), che organizza e sponsorizza eventi per bacini di utenza a volte vastissimi, basti pensare alle olimpiadi, con gli sponsor che basano i loro futuri guadagni sull’immagine che ne risulta. Quindi niente più grassi saturi, ricacciati nel buoi, adesso saranno alla striscia via altre schifezze, forse anche peggiori. Come in politica, se si crea un vuoto (anche artificialmente), qualcuno poi lo riempie. Pure se i luoghi di massima produzione di olio di palma sono Indonesia e Malesia, molti si aggrappano alla deforestazione o cose del genere, anche per contribuire al discredito. Ambientalismo d’accatto, come il riciclo della carta per salvare le foreste dell’Amazzonia. Laddove, invece che i fumi e gli scarichi delle fabbriche, sono le scorregge dei bovini ad alimentare il buco nell’ozono, con le centinaia di migliaia di capi allevati, questi sì, spianando foreste per creare pascoli nuovi. Bah. Esattamente come è accaduto per lo zucchero, ci hanno preso per il culo per oltre settant’anni, dicendo che il grasso era male e lo zucchero faceva bene. Per fare un complimento a una donna, infatti, si dice “come sei dolce”, non “come sei grassa”. Ma nell’organismo necessitano un poco di grassi e un poco di zuccheri, nella logica che in medio stat virtus. Nella giusta misura, tutto è giusto e corretto. Ci sarebbe da dire molto anche sul tabacco, dove per decenni le aziende produttrici hanno negato che facesse male, fino al momento che non sono più riusciti a nasconderlo, ma oggi va ancora peggio. A parte le disgustose immagini sui pacchetti, che peraltro non sono affatto un deterrente, ora, seguendo il vento e il mainstream salutista, nelle sigarette tolgono la nicotina, però le stesse ditte vendono cerotti, chewing gum e spray a base di quella nicotina che tolgono dal tabacco, ma che propinano, riempiendosi le tasche, a dosi massicce e direttamente nel sangue, come palliativo antifumo, per tamponare la caduta dei guadagni prodotta dalla stagione salutistica attuale. Anche se si può dire in quali anni è stato girato un film, soltanto guardando quanto gli interpreti fumano e come, a seguito delle tendenze del tempo, nell’alimentazione del mito della sigaretta. Quindi piove sempre sul bagnato, l’estrarre sangue dalle rape pare il metodo più sfruttato dalle multinazionali per arricchirsi. Dello zucchero, dicevamo sopra. Dei pericoli (leggi danni) che questo produce sull’organismo se ne parla solo ora. Fino a qualche anno fa erano solo i grassi i cattivi per il corpo. Un americano medio, tra le schifezze che ingurgita in un giorno, tra hamburger, salse, dolci, condimenti vari e bibite (tutte, nessuna esclusa, siano normal, diet, zero o gatorade vario, succhi di frutta inclusi) si ingolla 82, diconsi ottantadue cucchiaini di zucchero pro die, per circa 75 grammi, tre volte la quantità necessaria giornaliera, quella raccomandata dall’American Health Association. Ridotti i grassi, i deretani delle donne americane, ancorché giovani, sono esageratamente estesi. Perché? Carichi di zuccheri. Questo viene fino dagli anni 50, quando i docenti nutrizionali universitari americani erano anche sul libro 20 paga delle industrie saccarifere. Cito la notizia da un quotidiano: “Un documento del 1954 del presidente della Sugar Association suggerisce di aumentare il consumo di zucchero sostituendo i grassi.” Testualmente si legge che ”se prendiamo la dieta dell’americano medio e togliamo il 20% di calorie derivanti dai grassi e le sostituiamo con lo zucchero, il consumo medio procapite di questo aumenterà di un terzo”. Quindi mi pare superfluo pensare che spesso, per ogni proposta sulle cose del quotidiano, la mia salute vada a farsi friggere (appunto) e risulta palese che tutte le cose che apparentemente accadono in realtà siano solo meccanismi pilotati, siano solo montature operate dalle varie lobby di settore, gestite dalle grandi multinazionali, che cercano solo ed esclusivamente il guadagno. Tutto viene sacrificato sull’altare del profitto, che sia sanità (vaccini, tema attuale), che sia cibo, salute e fitness, piacere e, altra parola da far rizzare i capelli, il politicamente corretto del “sostenibile”, del sano, della “corretta” alimentazione, oltre che a quello che va di moda, secondo stagione e abitudini pilotate. Tanto per tracciare una specie di filo rosso invisibile che mette in comunicazione molte cose che avvengono in questo mondo, negli anni ’90 la Philip Morris si è comprata la Kraft, mentre recentemente la Monsanto è stata acquistata dalla Bayer. Un amalgama che non impedisce, anzi favorisce, diabete, obesità, Alzheimer, ipertensione, malattie coronariche e cancri di vario genere, in ogni forma e diffusione. Io non riesco a bere il caffè amaro, anche se, mangiando il prosciutto, lascio la striscia di grasso sul piatto, oppure metto il miele nella tisana. Ovviamente questo non mi salverà, anche se le piccole battaglie quotidiane servono a mantenersi competitivi con il modo circostante. Ormai è pure passato di moda il bere, nonostante il proliferare di nuovi vini, sempre più prodotti con sistemi articolati nel rispetto dell’ambiente, le filiere tracciabili, l’abbandono dei pesticidi, l’uso di processi sempre più omogenei e “pastorizzanti”. Rido con me stesso quando leggo il termine “bio”, l’attuale presa per il culo del mondo. Ci sarebbe ma da piangere, altroché. Quando c’erano i prodotti “equi e solidali”(con l’obbligo di mangiare del cioccolato che pareva sapone) credo che la salvaguardia non sia stata per l’economia dei “campesinos”, ma per i grandi canali di distribuzione, che cavalcarono subito l’onda populista. Il mondo è sempre andato così, è sempre la chiesina a fare l’elemosina al duomo. Tra bio ed equo e solidale, tra vegetariano e senz’ olio di palma, tra slowfood, fastfood e kilometri zero (ma perché devo bere l’acqua minerale che viene dal nord se sono a sud e dal meridione se sto a nord, ma chi, se non una mente imbecille, può pensare che duri a lungo questa manfrina di transumanze di camion che scorrazzano su e giù, solo per far arricchire i soliti noti, il Bildelberg del cibo, gli Illuminati del vino, la mafia degli insaccati, la massoneria degli integratori alimentari, la Lobby del sugopronto?). Mi sono dimenticato, forse per grazia dell’ora e dell’età, il terzo elemento a dividere, nel vecchio input di saggezza popolare, Venere. Anche se forse, alla luce delle ultime notizie sul governo che finanzia luoghi di prostituzione maschile a pagamento, più che Venere, (o veneree), potrebbe trattarsi di San Sebastiano. Come sorprendersi, se, come si dice, il pesce puzza sempre dalla testa? Parimenti all’evoluzione della specie, resistono solo, con buona pace di Darwin (non sopravvive il più forte o il più intelligente, ma chi si adatta più velocemente al cambiamento), le tendenze oggi di moda, con il superamento di tutti quegli schemi cui la mia generazione era stata formata, del genere che il sesso fosse una cosa sporca e la politica invece una cosa pulita. Ci abbiamo messo più di cinquant’anni per uscire dalla legge Merlin, e che ti vedo accadere oggi? Oggi, mutatis mutandis, cioè oltre alle mutande, cambiato ciò che era doveroso cambiare, nella tardiva presa d’atto del ruolo dell’uomo, perdente su tutta la linea, ed incalzato dalle tendenze (attuali e legittime, per carità) che dettano l’agenda sessuale dell’inizio del terzo millennio, dopo il definitivo sdoganamento del modo omosessuale, oggi che il mondo si pasce di lgbt (acronimo di lesbiche, gay, bisessuali e transgender), e chiunque che sia rimasto romanticamente legato agli schemi fondamentali, il classico rapporto uomo-donna, mal sopporta il palesarsi del quotidiano outing: -“Ma tu sei normale o vai con le donne?-“ Memore ormai dei precetti iniziali (sia nella versione non lo fo per piacer mio, ma per dare un figlio a dio, oppure in quella diversa preghiera tu che hai concepito senza peccare, lasciami peccare senza concepire), per chi, come noi, che cercavano il pelo fregandocene dell’uovo, oggi che ogni cosa non può che assumere dimensioni sempre più contemplative ( sempre per ragioni di età e di scelta di campo fatta a suo tempo), in ricordo del tempo che fu, di quando si stava meglio perché si stava peggio. Polvere siamo, pulvis es, et pulverem reverteris, e polvere torneremo, cioè in quella cenere citata in esergo nel titolo dell’articolo. 21 Camping Villaggio "IL SOLE" Marina di Grosseto Tariffe Piazzole per Soci D.L.F. Stagione 2017 (14 Aprile – 17 Settembre) Locazione Piazzole: solo intera stagione: dal-14/4/2017 al 17/9/2017. INTERA STAGIONE: 14 Aprile -18 Settembre 2 - PERSONE MAX. (*) 4 - PERSONE MAX. (*) SOCI FS: IN SERVIZIO e PENSIONATI SOCI FREQUENTATORI Euro: 2.450,00 (1°Acc.€ 800,00) Euro: 2.500,00 (1°Acc.€ 800,00) Euro: 2.800,00 (1°Acc.€ 900,00) Euro: 2.850,00 (1°Acc.€ 900,00) (*) Per le persone ospiti aggiunte supplemento da pagare alla Direzione. Riconferme piazzole : Soci Fs. e Soci Frequentatori dal 27/2 al 10 marzo 2017. (date solo x il 2017) Nb: Le piazzole non riconfermate al 10 marzo 2017, restano a disposizione del D.L.F. Firenze Nuove prenotazioni: Contattare prima Capogruppo Attilio Nencetti: 329.4120523 Soci FS (in servizio e pensionati) : 20 e 21 marzo 2017. ( A seguire dopo il 22) Soci Frequentatori: dal 22 marzo 2017. Per ragioni amministrative le piazzole saranno locate solo per periodi interi. Termine ultimo 31 Marzo 2017. Soli animali ammessi: cani di piccola taglia e tenuti a guinzaglio (vedi regolamento del campeggio) Convenzione Ombrelloni Spiaggia: contattare “ BAGNO TROPICAL” Tel. 0564/34492. NB: I PREZZI NON COMPRENDONO: TESSERA DLF e TESSERA GRUPPO Modalità di pagamento: 1° Acconto: € 800,00 x 2 Pax e € 900,00 x 4 Pax alla prenotazione Pagamento da effettuare con bonifico bancario: IBAN IT34 K032 6814 3020 5290 6386 030 Banca Sella Via Gioberti (GR) intestato a : Società Cooperativa Tempo Libero - Campeggio il Sole Via Papa Giovanni, XXIII° n.45 58100 Grosseto (GR). Copia dell’avvenuto pagamento dovrà pervenire al Gruppo Campeggio Firenze: a mano presso la Sede di Via Paisiello, 131 Firenze via fax allo 055/2609555 e mail ad: [email protected] comunicando se per 2 o 4 persone al momento della riconferma ( o prenotazione) della piazzola. 2° Acconto: € 800,00 x 2 pax. e € 900,00 x 4 pax entro il 30 Giugno 2017 alla Direzione del Campeggio. Saldo : entro il 10 Agosto alla Direzione del Campeggio. Il Capo Gruppo Campeggio Attilio Nencetti Per info: Capogruppo Attilio Nencetti Cell. 329.4120523 055/2609532 - Fax. 055/2609555 E-mail [email protected] presso Camping Il Sole: inverno 0564/491573 oppure Sig. Fabio 347.3073671 Camping Villaggio "IL SOLE" Marina di Grosseto Tariffe Case mobili e Bungalow per Soci DLF Stagione 2017 (14 Aprile –17 Settembre) Convenzione Prezzi DLF Firenze Case Mobili per 4 persone: da domenica a domenica NB: IN PARENTESI SONO RIPORTATI I PREZZI CASE MOBILI CON ARIA CONDIZIONATA 14/4/-11/6 e 10/9--17/9 = 11/6-- 2/7 e 27/8--10/9 = 02/7---6/8 e 20/8---27/8 = 06/8--20/8 = € 240.00 (315,00) € 360.00 (425.00) € 525.00 (615.00) € 670.00 (755.00) Bungalow per 4 persone: da sabato a sabato 14/4 -10/6 e 9/9--17/9 10/6----1/7 + 26/8--9/9 1/7----5/8 + 19/8--26/8 5/8--19/8 = € 365.00 = € 540.00 = € 690.00 = € 840.00 I PREZZI SI INTENDONO A SETTIMANA ACCONTO CIRCA- 30% ALLA PRENOTAZIONE Persona Aggiunta: 14/4-30/6 e 27/8-17/9 = € 50.00 01/7-28/7 e 20/8-26/8 = € 70.00 29/7-19/8 = € 80.00 Pulizie finali €.36,00 da pagare alla Direzione unitamente al saldo all’arrivo. I Prezzi NON comprendono: Tessera DLF, Tessera Gruppo Campeggio, uso spiaggia. Attilio Nencetti 055/2609532 Cell. 329.412 0523 [email protected] [email protected] BAGNO TROPICAL 2017 LISTINO CONVENZIONATO PER TUTTI I SOCI : Piazzole, case mobili, bungalow D.L.F. PER PRENOTARE CONTATTARE FABIO Cell. 347.3073671 Info prenotazioni x PZ. CM. e BW. AVVISO AI SOCI DEL D.L.F. FIRENZE - Gruppo Campeggio Firenze Per l’anno 2017, sono state concordate le seguenti convenzioni: BAGNO TROPICAL: Tel. 0564/34492 (Fabio 347.3073671) Servizio Spiaggia: come da listino concordato con D.L.F. . Ingresso Piscina: Gratuito negli orari stabiliti. . Pranzi, pizzeria e asporto: minimo di spesa € 10,00 Sconto 10%. Market interno con spesa da € 5,00 a € 15,00 €. Sconto 5%. Sull’eccedenza di spesa Oltre € 15,00 € Sconto del 10%. Nb: Gli sconti saranno praticati esclusivamente su presentazione della Tessera del Gruppo Campeggio DLF Firenze. 2016 o 2017. Pensione “Il molo” Possibilità di pensione completa o mezza pensione o solo pernottamento. Per i Soci DLF. Firenze, Sconto 5% da listino della pensione Contattare Ignazio Cel.347.5990575 e mail: [email protected]