LA FINESTRA DEL DIRETTORE Marzo pazzerello

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LA FINESTRA DEL DIRETTORE Marzo pazzerello
LA FINESTRA DEL DIRETTORE
Marzo pazzerello
di Pasquale Tanzini
Dopo Obama, adesso abbiamo le cinquanta sfumature
di color arancione. Anzi, nessuna sfumatura, Donald
biondo-arancio è drastico e tribunizio, dopo l’eccesso di
pragmatismo, ora è l’ora della retorica d’assalto. Come
intitolava la recente serie tv, Orange is the new Black.
Vediamo quanto tempo reggerà in equilibrio sul toro
meccanico del rodeo americano, vediamo quanto ci
mette a ruzzolare nella polvere. Sarà uno spettacolo
interessante, vale la pena di stare a guardare, non
dovrebbe durare molto, e non è solo la mia opinione.
Nel frattempo, in questi giorni, come Manzoni che
risciacquava i suoi panni in Arno, qualcuno, dalle
sponde del fiumicel che nasce in Falterona, corre in
California a cercare spunti e ipotesi alternative alla
presidenza del consiglio, alla segreteria del partito, al
modo di mettersi a fare il capopopolo, a cercare un
nuovo passaggio a nord ovest per conquistare il
consenso, assolutamente convinto che non è ancora
tempo per fare il Cincinnato, per ritirarsi nell’Aventino
della sconfitta. Tutto fa, come diceva quello che stava
pisciando in mare. Peraltro ci sono anche altri soggetti
che, come si dice, la buttano di fuori. Sindachessi (ma
era proprio necessario chiamarla sindaca, un termine
così brutto che repelle persino sentirlo pronunciare)
che ogni volta che aprono un cassetto trovano
un’assicurazione, mentre i loro mentori, i loro cani
guida, conducator, duci, arruffapopolo e burattinai o
come altro definibili, quelli che si strozzano la vena del
collo come invasati, urlando dalle piazze, o giocando a
fare le vergini dai candidi manti. Dimenticando peraltro
il metodo di riferimento culturale, perché Roma, da
GRILLO
ANNO 29 N° 2 MARZO - APRILE 2017
Aut. Trib. Firenze n° 3556 del 25.02.87
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Hanno collaborato a questo numero;
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Paoletti, Giovanni Russo, Chiara Sacchetti, Enzo Sacchetti,
Pasquale Tanzini.
La foto di copertina è di Massimo Mariottini
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“du’mila e più” anni a questa
parte, basterebbe avessero
aperto qualche libro di storia, si
governa ottemperando ad un
solo dettato: “panem et circenses”. Se dal lato proposta
della pensione di cittadinanza, proposta che neppure i
più illuminati stalinisti sovietici e cinesi mai hanno
pensato di introdurre, se questa acchiappa consenso
(Franza o Spagna…), il porre veti preventivi prima ai
giochi olimpici, tanto per perdere un’opzione di
ripartenza, poi, come negli ultimi giorni, negare il nuovo
stadio accampando paure di contaminazioni e
connessioni con l’aspetto “fognario” della gestione
degli appalti, come se fosse una novità il vedere che i
veri padroni di Roma sono “li sorci”, parenti stretti delle
“zoccole” altrimenti dette. Capisco la velleità del
donchisciottismo, onestà “pelosa” (io non accetterei
diktat di onestà da un buffone con villone al mare e
Ferrari in garage), il voler a tutti i costi “épater le
burgeois”, ma dimenticarsi che l’ottavo re di Roma è
Totti, e che quindi il remare contro uno stupido
esempio come il calcio, mettendo stizzosi puntini su
ogni ipotesi, mi pare proprio non abbiano compreso poi
nulla di come il mondo realmente va. Questo
generume, peraltro, non è in cattiva compagnia. Tutta
la sinistra (absit iniuria verbis, non vorrei che qualcuno
si offendesse), o perlomeno quelli che dicono di esserne
e sentirsene parte, mentre velenosissimi crotali
seminano panico tra le seggiole delle assemblee,
dividendo e spezzettando le platee che si
immedesimano nei nutritori di riferimento, che siano
strascinati cu li rape, pane carasau, piadine e culatelli,
quando non vino biologicomunista acido, non
pastorizzato, fatto all’antica maniera centralisticodemocratica, da velista diventato vinaio. Oppure
bistecche alla fiorentina contrapposte a ribollita (sì
perché, di piatti pronti (a vestirsi da segretario, intendo)
a volte ce ne sono più di uno per regione, i nomi li
sapete tutti, sono famosi -che tra l’altro un tempo
questo termine, famosi, indicava di cattiva fama, tanto
per andare all’incontrario anche nei concetti, sono
settimane che ci fracassano i cosiddetti, quasi quasi
meglio l’isola dei suddetti sopra. Si ribaltano, oltre ai
termini, anche i modi per stare a tavola, adesso con la
sinistra si divide e con la destra si ingozza il cibo. Non
basta scambiare le posate, ci sono le rigidità del dottor
Stranamore, in arte Matteo, o degli scatti legnosi del
braccio del capo delle guardie del dr. Frankenstein,
curatore di rivolta da dietro i baffi. Come nella parodia
del film, potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.
Vedremo come andrà a finire, questo gioco infinito del
divide per imperare. Mi pare che ce ne sia, in questo
marzo già pazzerello, di buona carne al fuoco. Tanto per
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dire, nessuno parla più del festival, il che significa
preoccupazione, al posto della chiacchiera che segna la
quaresima. Sarà per quei tre miliardi e mezzo che
dobbiamo all’Europa, e che il ministro delle finanze
Padoan, grattandosi la pera, non sa dove raccattarli.
Questo forse è un poco più importante delle bugie di
Trump, o delle palme in piazza duomo a Milano. Tutti
gridano allo scandalo per l’inserimento, le
bruciacchiature, la pubblicità che si vuol fare la
Starbucks, lo sponsor della cosa. Ne sento dire in tutti i
bar, luoghi laddove si commentano i fatti del mondo,
aggiungendo al caffè e al rumore delle slot-machines la
sagra quotidiana del luogo comune, con tutta
l’ignoranza possibile. Bah, ce ne fosse uno a sostenere
che la cosa aliena davanti al Duomo sarebbe l’albero di
Natale, dato che non fa parte della nostra cultura
religiosa, mentre le palme da duemila anni
rappresentano un simbolo di pace, di confronto. Altro
che africanizzazione di Milano. Dato che siamo vicini
anche alla domenica delle palme, chiudiamo la
parentesi. Oggi che va di moda l’antipolitica, nel senso
che è sempre andata di moda, mi piace sottoporre ai
lettori una serie di tre brevi considerazioni, delle quali
citerò i sorprendenti rispettivi autori, per scoprire che
non c’è nulla di nuovo sotto il sole, e che vale sempre il
detto “chi critica invidia, e chi biasima vuol comprare”.
Primo inciso: ”Tutto quel tramestio di voci, di frasi, di
votazioni ecc. che si chiama volgarmente “vita politica”
è una specie di grossa commedia (grossa ma di rado
grandiosa, spesso ridicola) organizzata da quelli che
hanno voglia di mangiare il meglio del pranzo senza far
vedere le zampe. La democrazia, com’è oggi nei
principali paesi del mondo, non è che un paravento
ideologico-parlamentare per ricoprire gli affari dei veri
poteri -soprattutto del Danaro, che su tutti primeggia-“
(da Giovanni Papini, scrittore fiorentino, scritto ad inizio
‘900). Passiamo al secondo inciso :“Io credo, con fede
sempre più profonda, che il Parlamento in Italia sia il
bubbone pestifero che avvelena il sangue della nazione.
Occorre estirparlo. C’è da rabbrividire al pensiero che si
trovano, in questo momento a Roma, più di duecento
deputati. E costoro tramano, brigano, ciarlano: non
hanno che un pensiero: conservare la medaglietta, non
hanno che una speranza, quella di entrare, sia pure
come la quinta ruota del carro, in qualche combinazione
ministeriale”(Benito Mussolini, 1915, allora era
socialista e giornalista). Infine, il terzo inciso: “Gli
uomini politici professionali costituiscono un gruppetto
d’una scarsa decina di migliaia di persone che tengono
a soqquadro l’Italia, litigando intorno a cinquecento
posti da deputato, quasi altrettanti di senatore (…) la
sproporzione è troppo forte. Da una parte
quarantacinque milioni di esseri umani, dall’altra
diecimila vociatori, scrivitori, sfruttatori, iettatori (…)
Noi non abbiamo bisogno che di essere amministrati,
quindi ci occorrono degli amministratori, non dei
politici”.(da Guglielmo Giannini, 1944, fondatore del
partito dell’Uomo Qualunque) Tanto per dire, del
pensiero dominante del momento, con la spinta
dell’antipolitica che ovviamente non comincia con Grillo
(e neppure finirà dopo di lui), così come l’erosione dei
confini tra populismo e democrazia, il tracollo del
politicamente corretto, questi segnali sono tutto quello
che abbiamo ereditato dalla fine del secolo passato,
dopo lo sfaldamento dei partiti, della loro classe
politica, dell’avvento dei magistrati giustizialisti, che
qualcuno hanno salvato, ma che, come Orwell
ipotizzava per i maiali, pur essendo uguali, alcuni sono
più uguali di altri. In un mondo dominato dal grande
fratello televisivo, che di Orwell ha preso anche la
fattoria per farne strame per guardoni da divano, come
possiamo sorprenderci dell’emergere di personaggi
come Donald Trump, di cui resterà aperta per anni la
discussione in chiave politica, antropologica, e
metafisica. E l’unico che aveva imbroccato questa
possibilità fu, quasi vent’anni fa, Matt Groening,
l’autore dei cartoni di Homer Simpson, che ci aveva
fatto una puntata. Noi potremo discettare,
naturalmente con cognizione di causa, anche per
merito di oltre vent’anni di indignazione sul
Berlusconismo (che non scimmiottava il fascismo) e
soprattutto, per l’anti-berlusconismo (che invece
scimmiottava l’antifascismo). Siamo (sono)stati capaci
di considerare una macchietta che fece leva
sull’ottimismo come un semplice parvenu, che invece
colmò un vuoto determinato dalla crisi dei partiti.
Sarebbe pecoreccio fare parallelismi tra la P2 e il Ku
Klux Klan, sarebbero entrambe delle forzature, ma da
qualche parte qualcuno con mentalità complottista
rumina. Però non dimentichiamo che l’imprenditore
newyorchese invece ha fatto tesoro e metabolizzato i
segnali che arrivavano di qua dall’oceano, tanto che ha
poi rovesciato l’America come un calzino, lasciando al
palo molta gente politicamente più esperta, ma
incapace di intercettare il malumore che per osmosi,
contamina tutto l’occidente.
Mentre in questa
quaresima, il nostro piccolo Napoleone rignanese, dopo
la prima grande sconfitta, invece che in purgo all’Elba
va in California, a cercare un modo per affrontare
nuove battaglie, in attesa forse di una definitiva
Waterloo, ora che si può finalmente anche arrivare con
facilità a sant’Elena ( non la Boschi, intendo l’isola). C’è
un eterno ritorno nelle cose, come i corsi e ricorsi
storici cari a Giambattista Vico, che ci portano alla
valutazione empirica del “meglio i nobili degli ignobili” e
qualcuno dovrebbe rileggere una massima di Samuel
Beckett: “- Ho provato, ho fallito. Non importa,
riproverò. Fallirò meglio”. Ma gli attributi, che sono
come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha,
non se li può evidenziare…..Speriamo di rileggerci per
cose migliori, ne abbiamo bisogno. Buona primavera ai
lettori.
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I GENI DEL GENIO ROMANO
di Chiara ed Enzo Sacchetti
del Gruppo Archeologico Fiorentino DLF
Il corpo del Genio romano, formato sin dal periodo
Repubblicano da ingegneri, architetti, fabbri, falegnami,
geometri, era al servizio delle singole legioni romane,
dando loro un supporto tecnico-militare
militare a secondo del
loro fabbisogno; ne facevano parte un
Praefectus fabrum, che aveva fra i suoi
compiti quello di agevolare le unità
combattenti durante i loro riposi, con
la costruzione di campi di Marcia
(castra aestiva), oppure permanenti
(castra Hiberna), oltre a ponti, come
quello fatto edificare da Giulio Cesare
sul Reno; strade che permettevano
una maggiore rapidità per lo
spostamento dei legionari, alcune delle
quali, dopo 2000 anni, sono ancora
percorribili; macchine d’assedio e le
loro eventuali riparazioni, rampe o terrapieni, mura
attorno alle città assediate, oppure costruzione di
protezione sui confini di alcune province come il Vallo
d’Adriano, il Limes Germanico-Retico
Retico ecc.
Dobbiamo dire che anche nei periodi di pace, questi
tecnici usavano la loro esperienza per la costruzione di
acquedotti, anfiteatri,
fiteatri, ponti in muratura, dei quali
ancora qualcuno è ancora esistente, mura di protezione
per le città costruite in zone colonizzate ed altro ancora:
in entrambi questi periodi la manodopera era fornita
dagli stessi legionari.
Già dall’inizio della sua istituzione il compito fu quello di
fornire alle truppe un sicuro riparo dopo una giornata di
marcia o di combattimento per la notte; come abbiamo
visto, la sua realizzazione era affidata al Praefectus
Fabrum coadiuvato da alcuni genieri, gli Architecti detti
Immunes perché essendo degli specialisti erano esentati
dai servizi riguardanti la truppa; il Metator che
precedeva la legione e doveva trovare un luogo adatto
ove costruire il castrum, mentre il Librator si occupava
dell’orizzontalità
zontalità del campo (successivamente fu
incaricato di compiti riguardanti l’artiglieria a la
realizzazione di canali): mentre la competenza del
Mensor era quella della sistemazione delle tende ed in
seguito anche quella della riparazione delle macchine da
guerra: l’accampamento di Marcia era protetto per tutto
il suo contorno da una fossa, un agger
ed un valium,
valium ed una legione era
addestrata a costruirlo, anche sotto
attacco nemico, in circa due ore.
Durante le invasioni, i genieri romani,
dovevano costruire
costrui strade percorribili
per le truppe in poco tempo
limitandosi soltanto all’abbattimento
di alberi, rimozione di massi o a creare
passaggi percorribili scavati nella roccia
lungo i fianchi delle montagne come
avvenne durante la conquista della
Dacia, dove ancora è visibile la Tabula
Traiana,, oppure prosciugare paludi e acquitrini e, solo
dopo la colonizzazione dei luoghi si potevano anche
costruire delle grandi arterie per approvvigionare
l’esercito.
La loro capacità costruttiva è arrivata a fare tratti
stradali
radali in territori paludosi come i cosiddetti Pontes
Longi,, nella Germania Magna durante l’occupazione
romana di Augusto sotto il proconsole Lucio Domizio
Enobarbo.
Per il passaggio di grandi spazi fluviali fra riva e riva, in
alcuni casi veniva richiesto
richiest l’intervento della flotta,
mentre in altri, venivano usate delle barche affiancate e
legate fra loro, potendo quindi costruirvi sopra un
ponte.
A seconda del suo utilizzo, temporaneo o duraturo,
venivano costruiti dei ponti sia in legno che in pietra,
piet dei
primi non abbiamo traccia mentre di quest’ultimi alcuni
rimangono ancora in piedi grazie all’uso della “chiave di
volta”, un elemento architettonico introdotto dagli
Etruschi nelle loro costruzioni e usato in seguito dai
Romani e precedentemente era
er già comparso in
Mesopotamia, usato anche per costruzioni civili come
acquedotti, Colosseo, ecc.; uno degli esempi di ponti di
legno è quello fatto costruire da Giulio Cesare sul Reno,
presso Coblenzo lungo circa 500 metri e, costruito
soltanto in 10 giorni;
ni; mentre per quelli in muratura, va
ricordato quello fatto costruire da Traiano sul Danubio
nel punto nel quale il fiume è lungo 800 metri «Poggia
«
su 20 pilastri in pietra quadrangolare di 150 piedi di
altezza escluse le fondamenta e di 60 di larghezza,
questi piloni sono distanti 170 piedi l’uno dall’altro e
sono collegati da archi (da Cassio Dione, Storia Romana,
LXVIII, 13. 1-2)»,
2)», per una lunghezza complessiva di 1135
metri, mentre durante l’assedio di Acquileia da parte di
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Massimino Trace, e, con il fallito attacco alla città a
causa dell’annegamento di molti legionari durante
l’attraversamento dell’Isonzo, il genio usò delle botti da
vino unite fra loro per costruire il ponte.
Tra le molte opere d’idraulica-militare, forse la più
famosa è quella costruita da Druso, nella campagna
contro il popolo Germanico dei Frisi nel 12 a.C.,
riutilizzato in seguito da suo figlio Germanico e chiamata
“Fossa Drusi”, un canale che iniziava a nord della foce
del Reno, fino a congiungersi con lo Zuiderzee, allo
scopo di permettere alla flotta romana di raggiungere il
Mare del Nord in sicurezza e non farsi travolgere da
eventuali tempeste.
Per il controllo dei territori occupati, i romani, fin dalla
Repubblica, adottarono accampamenti semi-permanenti
detti castra Hiberna che permettevano ai conquistatori il
controllo militare e amministrativo nelle province: nel
29-30 a.C. Augusto riorganizza la difesa dell’Impero
facendo restare i legionari in modo permanente in
fortezze e forti (castra stativa) posti lungo il limes.
La struttura di queste costruzioni derivava dagli
accampamenti di Marcia ma in dimensioni ridotte, pari a
15-20 ettari, anche se fino all’89 a.C. sotto Domiziano si
trovavano lungo i confini fortificazioni doppie che
ospitavano due legioni come a Castra Vetera e a
Mongontiacum di circa 40 ettari: da Diocleziano la loro
dimensione fu ridotta dato che gli effettivi delle legioni
furono diminuiti della metà arruolando al loro posto
delle unità ausiliarie: le fortificazioni di queste unità
erano chiamate castella, ospitando, o cohors di fanteria,
o alae di cavalleria oppure cohors equitatae, composte
di unità miste con la conseguenza di spazi differenti per
il fabbisogno di ogni unità.
In queste fortezze, il genio aveva il compito della
costruzione dei baraccamenti per le truppe, il
praetorium del legatus legionis, ovvero l’alloggio del
comandante romano della legione (il nome deriva da
preator, uno dei principali magistrati repubblicani), i
principia, ossia l’insieme degli edifici militari che
costituivano il quartier generale del castrum, il
valentudinarium, l’ospedale militate, gli
hoprea, cioè i granai: oltre alla riparazione delle
macchine da guerra.
Queste fortezze erano anche fornite di alcune
fabbriche (fabricae) utili per la produzione di
armi e mattoni (le tegulae) sotto il controllo di
un magister fabricae assistito da un optio
fabricae e di un doctor fabricae.
Per la difesa dei propri confini, sulle province
da loro conquistate, costituirono delle barriere
che potevano essere costituite da un
terrapieno (ogger – di terra), oppure ad una
palizzata in legno o un muro di pietra; il tutto
protetto da un fossato antistante, come
troviamo nel Vallo di Adriano in Inghilterra, o
quello di Antonino del limes Porolissensis ecc.:
su tutto il suo percorso, una strada congiungeva, ad
intervalli regolari i castella (forti), i burci (fortini), ed
anche le turris (torrette) e le stationes (postazioni di
controllo e avvistamento).
La raffigurazione del coordinamento del confine
romano, si può vedere nella Colonna Traiana e in quella
di Marco Aurelio, dove sono rappresentate sulla riva
destra del Danubio, con una serie di posti di guardia,
forti e fortezze con delle palizzate messe per la loro
difesa e con cataste di legna e covoni di paglia, necessari
al momento del bisogno per la segnalazione di pericolo
incendiandoli.
Nei periodi di pace, i legionari, venivano utilizzati per la
costruzione di opere civili, sia in patria che nelle
province, come la costruzione di porti, acquedotti, canali
di navigazione, drenaggio di terreni, per poterli rendere
coltivabili, strade, ecc., in questo modo i soldati non
venivano pagati stando in ozio e, permetteva di tenerli
sempre in forma fisica grazie al duro lavoro che
dovevano svolgere ed evitando da parte di questi
eventuali ribellioni.
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Partigiano dell’Europa
di Pasquale Tanzini
Ogni tanto è bene anche iniziare un articolo con il farsi
delle domande, spesso anche non sapendo dove la
serie di concetti ci porterà a parare, pur intimamente
sapendo che ogni domanda potrebbe restare senza
risposta. Il tutto non ci impedisce di formularle
comunque, queste interrogazioni, spesso fatte come se
stessimo guardandoci in uno specchio. Sto conducendo
la mia personale resistenza. I partigiani scelgono come
arroccarsi, come attendere il momento, come
difendere il proprio patrimonio di libertà che
conquistano. Io cerco un modo di interpretare i segni
nel mio circostante. Sono in una piazza, sto ad un
tavolo, sorseggio una birra. Potrei essere in qualsiasi
capitale d’Europa, seduto in una Bier-stube, in un Pub,
un Bistro, una caffetteria, cambierebbe solo il
panorama (e il gusto di ciò che bevo). Chi oggi fa quello
che sto facendo io in questo momento, chi compie
questo atto di pensieroso coraggio risponde a molte
delle domande con le quali si inizia una giornata, e che
spesso alla fine restano pure inevase, perché mancano
le risposte. La nostra generazione, scimmiottando frasi
da JFK, con il non chiedersi più cosa può fare il tuo
paese per te, ma quello che noi, etc. etc., finalmente
arriviamo oggi a chiederci cosa possiamo fare per
smettere di porci domande idiote. Comunque sempre
meglio tardi che mai. Arrivo al concetto. Ci siamo fatti
delle seghe mentali, per decenni, ogni volta che si
intonava l’inno alla Gioia, tra Schiller e Beethoven,
credevamo di aver trovato la chiave di volta
dell’Europa. Una bandiera blu stellata di giallo garriva
nel vento di Bruxelles, si coronava un sogno di visionari
reduci dalle devastazioni della guerra, un popolo, una
nazione, una moneta, un passaporto. Come l’America,
come la Russia, ma noi eravamo Europa, un crogiuolo
di razze, di culture, di storia, di guerre, del dominio
dell’uno sull’altro che si stemperava nella pace, nella
tolleranza e nel rispetto reciproco. La materializzazione
si un sogno che pochi, fortunati visionari avevano
concepito per il futuro, per i loro figli e per le
generazioni successive, forti nelle loro convinzioni di
poter cambiare il mondo, forti della loro fiducia
nell’uomo. Il manifesto di Ventotene (1944), il Trattato
di Roma(1958), l’inno alla Gioia nel 1972, muro di
Berlino nel 1989, il trattato di Maastricht (1992),
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Schenghen (tutti i Paesi firmatari, dal 1990 al 1996) e
quello di Lisbona (2009). Per chi ha vissuto la
propria gioventù, fino all’età matura, attraverso
questa scansione temporale, che ha attraversato più di
una generazione, ha osservato questa lenta
palingenesi. Rispetto ad altre parti del mondo, ed
anche ad altre epoche storiche, ha vissuto una
stagione meravigliosa. Quando, non appena l’età
anagrafica lo permetteva, la logica del partire,
dell’andare, del girare il mondo e conoscerlo, si
riempivano le pagine del passaporto di visti, di timbri,
di attraversamenti di frontiere, di possesso del mondo
attraverso la conoscenza. C’era una differenza di
lingue, di culture, di economie, di moneta. E, negli anni
successivi, la progressiva scomparsa dei limiti, dei
confini, il sentirsi parte di un insieme, di qualcosa di più
grande, di un nuovo modo di rapportarsi con il mondo,
dove non c’erano più
nemici, dove ci si guardava
con occhi nuovi. Restava la
lingua, ma una moneta
comune
seguiva
la
cancellazione
delle
frontiere, la scomparsa
della dogana. La mia
generazione
ha
visto
materializzarsi il sogno dei
nostri padri, il superamento
delle differenze (e delle
diffidenze), il mettere a
regime il concetto del “mai più!”, come quello
espresso dal Papa all’ONU nel 1965, nell’appello al
mondo per il mai più la guerra. Praticamente, la
realizzazione di un sogno per quindici nazioni iniziali,
nel prosieguo quasi raddoppiate. Il poter viaggiare per
l’Europa senza un passaporto, un visto, senza controlli
alle frontiere, con una moneta unica in tasca, da
Gibilterra a Helsinki. Un continente che ritrovava,
aveva ritrovato, il suo nocciolo duro, la sua unità di
volontà culturale, segno del superamento definitivo di
ogni differenziazione, di ogni conflitto. Altri paesi ci
guardavano, molti anche da Est, dopo la
frammentazione dell’impero sovietico, individuando
un punto di riferimento, una possibilità pacifica di
progresso civile e sociale. La fine del ventesimo secolo
ha visto ciò che altre epoche storiche (e in molti paesi)
non hanno mai vissuto, delle variate condizioni di
comunicazione tra i popoli, in una raggiunta libertà
individuale, contro ogni scetticismo, e pure senza
nessun particolare compiacimento. Duecento anni fa,
su cento nazioni, una sola era in democrazia, due secoli
dopo sono 56, con 44 non ancora. Anche questo è
progresso, mi pare. Non a caso il primo ed unico
evento accaduto dalla fine della seconda guerra
mondiale è stata l’annessione forzata della Crimea da
parte della Russia, nel 2014. A parte questo caso, dopo
il secolo breve, l’Europa entrava nel terzo millennio
ancora da protagonista, protagonista di una casa
comune. Poi, in modo abbastanza brusco, ci siamo
risvegliati. Questa nostra realtà attuale pare svanire.
Oggi sono stati ripristinati molti controlli alle frontiere,
molti dei paesi che avevano aderito al patto di
Schenghen sono costretti a rivedere le loro condizioni.
C’è in essere un fenomeno di migrazione di stampo
biblico, un mondo di profughi, di diseredati, di gente
che fugge dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni
preme alle porte di ogni paese, di ogni nazione.
Nessuno resta escluso, i fronti sono ampi, via
Mediterraneo arrivano dall’Africa, dove le guerre
stanno riprendendo vigore su molti dei paesi che si
affacciano sull’Europa, da Est c’è un flusso che preme
per il dramma che si sta consumando in tutto il medio
Oriente, Tra lo Yemen e la Siria, che è in guerra civile,
con nel mezzo i fondamentalisti islamici, in guerre di
religione tra loro e tutti
assieme
contro
un
occidente che, dalla Grecia
all’Ungheria,
costruisce
muri di protezione per
controllare il flusso di
profughi. Tutti i paesi
diventano posti di transito,
tutti i paesi finiscono per
diventare la meta finale per
chi fugge dalla fame, dalla
morte, dalle dittature. Nei
nostri libri di storia i romani chiamavano “barbari” tutti
coloro che non erano greci o romani, e per i popoli che
migravano verso di noi, producendo quelle “invasioni
barbariche” che invece quei popoli stessi chiamavano
“lebensraum”, vale a dire ricerca di un nuovo spazio
vitale, cambiando completamente il concetto di una
serie di avvenimenti che allora cambiarono la storia
europea, durata almeno fino alla nostra ricerca della
“quarta sponda”, ai tempi dell’Impero e del fascismo.
Ma in questo inizio del terzo millennio si presenta,
oltre ai fenomeni migratori, il carico di drammi causati
dalla crisi economica, simile a quella che colpì il mondo
intero più di ottant’anni fa, riproponendo depressione
e disoccupazione. Questo, a livello economico, perché
a livello politico si riscoprono le tensioni di settant’anni
fa, con interventi violenti di controllo (Ucraina e
Crimea) che la caduta del muro di Berlino pareva aver
messo al sicuro da ogni tentativo di ingerenza e di
sopraffazione. La sommatoria di questi malesseri
sociali, ha richiuso tutto l’orizzonte europeo. Il
terrorismo islamico, le migrazioni incontrollate,
l’arrocco economico, la crisi dei rifugiati (che scuote
ulteriormente le economie nazionali), l’alimentarsi del
malessere e la richiesta di remissione di una scelta
operata guardando al progresso non ha prodotto solo
la Brexit, ma attizza fuochi separatisti, spinte
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centrifughe dalla moneta unica, nazionalismi e
populismi che dal malcontento traggono motivazioni e
spinte verso la disgregazione. L’ondata di xenofobia è
palpabile, si percepisce nelle parole e negli sguardi di
troppa gente. La nostra classe politica europea,
ipocritamente, finge che ogni problema sia derivante
solo dagli equilibri e dai protocolli economici, mente
quella che avrebbe dovuto essere la Costituzione
Europea è accantonata nei cassetti, dopo che è stata
respinta, per via referendaria, da alcune Nazioni una
decina di anni fa, e nessuno trova più il coraggio di
riproporla ai singoli paesi. Chi aveva, anche pagando
un sostanzioso tributo attraverso svalutazioni e
riallineamenti, creduto nella possibilità di un
continente che lasciava transitare liberamente i propri
cittadini, senza distinzione di lingua e di razza, che
aveva respirato un’aria più cosmopolita, oggi ritrova
ostacoli che si frappongono all’idea liberale e
antiautoritaria che i nostri padri avevano costruito.
L’Europa oggi non può più intonare l’inno alla gioia,
questo sogno comincia a perdere pezzi. Per questo,
anche per questo necessita resistere, occorre
diventare dei nuovi partigiani. Dobbiamo resistere ad
ogni forma di populismo, ogni volontà di spiriti
nazionalistici, conservatori e reazionari, resistere a
coloro che vorrebbero tornare nel passato, quelli che
spingono verso l’uscita, per populismo e qualunquismo
di comodo, minacciando un futuro migliore basato sul
“tanto peggio-tanto meglio”. Abbiamo vissuto una
breve stagione, certamente il futuro è carico di
incognite, ma il punto di non ritorno è già lontano, alle
nostre spalle, per fortuna i nostri figli, senza aver
vissuto questi cambiamenti, si trovano con l’esistente
sciorinato sul loro percorso formativo. Per loro, giusto
per fare un esempio, il progetto Erasmus diventa un
atto automatico della loro formazione, leggono
un’Europa già oltre a confini e divisioni, ritengono
superato il concetto di singola nazione, sono cresciuti
con orizzonti più vasti, non concepiscono popoli “l’un
contro l’altro armati”. Le generazioni che ci hanno
preceduto emigravano per fame, per bisogno, per
avere un futuro. I nostri figli non emigrano, cercano
delle possibilità che non trovano qui, si guardano
intorno, sono pronti a sentirsi europei, hanno il
metabolismo già multiculturale, cosa che noi ancora
releghiamo nel multietnico, che è cosa purtroppo ben
differente. Possiamo solo cercare di sentirci a casa
nostra in ogni piazza d’Europa, in ogni capitale, in ogni
nazione, e sentirci cittadini uguali a quelli che ci stanno
accanto, per mantenere il nostro privilegio di civiltà e
di maturità sociale. La fermezza del difendere un
diritto acquisito ci dà anche la serenità e la forza di
mantenerlo. Stiamo vivendo tempi che hanno un
orizzonte oscuro, solo difendendo il presente possiamo
sperare che un patrimonio di civiltà venga preservato.
Il senso dell’appartenenza ad un circolo più grande,
mantenendo lo spirito patriottico ma senza scadere
nell’animus nazionalistico. Il fare parte dell’Onu non ci
porta senso di appartenenza (anzi, talvolta..…), essere
parte dell’Europa invece sì. Certo, siamo sotto attacco,
da più parti, ma siamo anche fermamente convinti di
essere ancora, come lo eravamo un tempo, il faro della
civiltà, la culla dell’occidente, appunto per questo
dobbiamo
difendere
il
patrimonio
che
ci
contraddistingue. Lo fece
Atene, lo fece Roma, lo ha
fatto l’America, possiamo
farlo come Europa. Non
voglio tornare a mettere
bolli e timbri sul passaporto,
non voglio frontiere armate
con occhiuti guardiani che
stabiliscono se posso entrare
o uscire da una terra che sento già che mi appartiene.
Indietro non si torna. L’europeismo non può essere
soltanto un osso gettato per decenza a salvaguardare
le apparenze. Certamente i nuovi flussi di popoli, il
terrorismo, la paura del diverso da noi, sono tutti dei
componenti che vanno a limitare ogni libertà di azione,
ma solo se teniamo alto il nostro essere indipendenti,
se manteniamo il nostro desiderio di poterci sedere ad
ogni tavolo di ogni piazza di ogni città d’Europa,
sapendo di essere a casa nostra, se diventiamo
partigiani di questa voglia di essere liberi, se facciamo
resistenza alla voglia di disfacimento che aleggia
intorno al nostro continente, potremo forse anche
garantire un futuro a quelli che premono dalla periferia
verso il centro, offrendo loro non solo un asilo, non
solo un luogo migliore rispetto a quello che hanno
lasciato, ma anche la certezza di aver trovato un
continente rinnovato, un paese che ha rinunciato ai
conflitti tra i popoli, un mondo che ha fatto da
levatrice ad ogni altra crescita sociale, che può
riappropriarsi di un nuovo indirizzo di riferimento
mondiale, che tollera idee, religioni, ideali di ogni tipo,
senza fondamentalismi, un paese che pone la persona
al centro di ogni contesto, che ha fatto della civiltà e
della democrazia il proprio biglietto da visita.
8
“L’Angolo del Libro”
a cura di Lucia Bruni
Henry James, “Giro di vite”, Giulio Einaudi editore, Torino, 2017, € 9,00
Scrittore sopraffino Henry James (1843-1916) ci porta nell'ambito di una
cultura che vuole essere trans-nazionale. Primo dei grandi scrittori
nordamericani (ma di matrice culturale europea,visto che il padre era
irlandese) che lascia gli Stati Uniti per l’Inghilterra, nella convinzione che
solo un soggiorno in Europa fosse capace di rafforzare la propria arte. E qui
trova un'inesauribile materia narrativa nel conflitto che esplode quando
uno statunitense si trova di fronte ai complessi codici delle “nostre”
società. James dunque, si concentrò sui processi della coscienza e sui
rapporti tra scrittura e inconscio. Da sempre attratto da storie di fantasmi,
costruisce con questo romanzo breve una storia che ci regala momenti di
autentica tensione. Protagonisti di “Giro di vite”, il più celebre fra le sue
opere, sono Flora e Miles, due bambini perseguitati dai fantasmi di
un’istitutrice e di un maggiordomo, e intrappolati in quella che potremmo
definire una “tirannica atmosfera”. Ai classici motivi del racconto nero,
gotico, James qui unisce una sottile indagine psicologica, consegnando al
lettore uno dei più suggestivi racconti del mistero, sempre al confine fra
realtà e soprannaturale.
[…] “Sotto l’impressione di quella perdita di cui io ero tanto fiera, egli
emise il grido di una creatura scagliata oltre l’abisso, e l’abbraccio in cui lo
strinsi avrebbe potuto veramente arrestarlo nella sua caduta. Lo presi, sì, lo
strinsi forte … si può immaginare con quanta passione, ma prima che fosse trascorso un minuto cominciai a
rendermi conto di ciò che realmente stringevo tra le braccia.” […]
E’ il brano finale, che ci riserva una inquietante sorpresa.
Renzo Martinelli, “Dietro la linea del fuoco”, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 2015, € 12,50
“Ho scritto la più vera pagina di guerra che abbia vissuto sin qui. Mai però,
come oggi, come in questo momento, ho pensato alla insuperabile bellezza
della carta bianca.”
Sono parole di Renzo Martinelli (1888-1964) giornalista del quotidiano La
Nazione, corrispondente dal fronte della prima guerra mondiale; dunque si
capisce come agognasse la “carta bianca” per non doverci raccontare le
tante barbarie a cui, suo malgrado si è trovato ad assistere e a dover
commentare. Fiumi di parole sono state scritte su questo primo conflitto
mondiale ma queste pagine di Martinelli hanno il merito di una verità e
immediatezza, arricchita da sensibile capacità visiva e rappresentativa, che ci
offre del primo anno di guerra – e del lento passaggio del protagonista dalle
più lontane retrovie fino alle trincee -, una descrizione inedita, rispetto alle
tradizionali pagine sulla guerra.
Il libro raccoglie infatti non solo le corrispondenze del 1915, inviate dal
fronte, che consentono di seguire in “presa diretta”, le vicende belliche più
rilevanti, ma racconta soprattutto i sentimenti umani, la vita quotidiana dei
nostri fanti, impegnati in cruente battaglie e nella dura esperienza delle
trincee. Oltre al pregio di un valore giornalistico e storico notevole, il libro restituisce in pieno il significato
emotivo dell’esperienza vissuta dai soldati, riferendo spesso episodi e momenti che possono sembrare irrilevanti
ma che, nel loro insieme, divengono importanti, andando a costituire un contributo non trascurabile alla
conoscenza della partecipazione dell’Italia alla grande guerra.
9
DONNE NELLA STORIA
ALEXANDRA DAVID NÉEL, L'ESPLORATRICE
di Donatella Fabbri
Alexandra David Néel, esploratrice, fotografa,
orientalista e antropologa francese ha una storia
talmente particolare e avventurosa da sembrare
inventata: nasce nel 1868 in un paese dell'Ile de France,
la sua famiglia d'origine – benestante, appartenente
all'alta borghesia - è formata da una madre bigotta e da
un padre anarchico, libero pensatore, di professione
giornalista che ripete alla figlia “vivi la tua vita più
intensamente che puoi” e di certo Alexandra, che
cresce in mezzo ai libri della biblioteca paterna
leggendo di tutto, incantata da Giulio Verne ma anche
dai filosofi orientali, seguirà per tutta la vita questa
indicazione. Il suo spirito libero e
ribelle
si
rivela
fin
dall'adolescenza quando tenta più
volte la fuga dalla casa paterna
ma viene regolarmente riportata
dai genitori. Finalmente, a
diciotto anni, in sella a una
bicicletta, inizia un viaggio che la
condurrà prima in Spagna e poi in
Francia, dove soggiorna per tre
mesi a Mont-Saint-Michel. In
Inghilterra, dove si trasferisce
successivamente, si appassiona
allo studio delle filosofie orientali
e si converte al Buddhismo. La
ritroviamo, qualche tempo dopo,
in Francia, iscritta alla Società
Teosofica
allo
scopo
di
approfondire i suoi studi sul
Buddhismo tibetano mentre, in contemporanea, segue
le lezioni di lingue orientali alla Sorbona. In questo
periodo frequenta gli ambienti della Massoneria e dei
movimenti femministi e anarchici.
Nel 1890 muore la nonna materna e la sua eredità le
consente di partire per un lunghissimo viaggio in India
dove subisce il fascino della musica tibetana e studia le
tecniche di meditazione. Ma, pur vivendo sobriamente,
i soldi dell'eredità finiscono nel giro di un anno e
Alexandra decide di sfruttare le sue doti canore: in
gioventù aveva compiuto studi di canto lirico, la sua
bella voce sembrava garantirle una carriera
promettente ma il ruolo di soprano non rientrava nelle
sue aspirazioni. Adesso è un mezzo per vivere e
viaggiare, entra nella Compagnia Operistica del teatro
di Hanoi, accetta di compiere tournées in Oriente e non
solo. Non è un grandissimo talento ma ha comunque
un notevole successo che le offre la possibilità di
allargare la cerchia delle sue conoscenze e di
intrecciare importanti relazioni sociali tanto che, nel
1901, a Tunisi le viene offerta la direzione artistica del
teatro cittadino; Alexandra accetta e, in questa
parentesi tunisina, incontra l'ingegnere ferroviario
Philip Néel; i due vivono per quattro anni come amanti
e si sposano nel 1904. Alexandra, prima del
matrimonio, mette in chiaro in una lettera indirizzata al
futuro marito che non vuole figli e desidera continuare
a godere della massima libertà. Ma, nonostante questo
singolare patto prematrimoniale, com'era prevedibile,
lo spirito inquieto di Alexandra non si adatta facilmente
al ménage quotidiano. Pur amando il marito, cade in
depressione e, d'accordo con Philip, ricomincia a
viaggiare da sola. Nel 1911 parte per un viaggio
d'istruzione in India, un viaggio che doveva durare
diciotto mesi e invece si protrarrà
per quattordici anni. Nel Sikkim
incontra, nel 1914, il giovane
monaco tibetano Aphur Yongden lui ha quattordici anni e lei ne ha
quarantasei - che diventerà suo
figlio adottivo e l'accompagnerà
nelle
sue
peregrinazioni,
certamente il legame più forte della
sua vita. È con lui che, nel 1921,
travestiti
da
mendicanti,
intraprende un viaggio che durerà
anni, attraverso una Cina in piena
guerra civile, diretta verso il Tibet,
alla città sacra di Lhasa, a quel
tempo interdetta agli stranieri,
prima donna occidentale a tentare
una simile impresa: raggiunta la
meta, i due vi si tratteranno tre
mesi in totale incognito.
Nel 1925 Alexandra fa ritorno in Francia dove viene
ufficializzata la sua separazione dal marito che, durante
gli anni dei suoi viaggi, l'ha sempre aiutata moralmente
e finanziariamente.
Nel 1937 è di nuovo in Cina fino al 1942, continua a
viaggiare, studiare e scrivere, trenta i libri pubblicati
oltre ad alcuni fondamentali testi sul Buddhismo.
Nonostante la morte di Yongden, nel 1955, sia un
grande dolore, fino agli ultimi mesi della sua incredibile
vita tiene conferenze e riceve riconoscimenti ufficiali
sia in Francia che all'estero. Sorprende tutti quando, a
cento anni compiuti, chiede il rinnovo del passaporto,
progettando un nuova partenza! Morirà l'anno dopo a
Digne, in Provenza, centouno anni di vita vissuta
appieno.
Nel 2013, per le Ed. Ali&No, l'orientalista Alessandra
Bruni ha scritto un libro dal titolo Madame Tibet che
racconta le tappe più importanti dell'esistenza di
questa indomita e coraggiosa donna e la sua costante
ricerca di una Verità che appagasse il suo spirito.
10
MAMMA, LI TURCHI
di Pasquale Tanzini
Erdogan, da sette o otto anni a questa parte,
sta rovesciando il modello di Turchia impostato
da Mustafa Kemal Ataturk allontanandosi
sempre più dall’Europa, nel mentre che finge di
volerne far parte. Dopo il fallito colpo di stato
(ammesso che non sia stato un cavallo di troia
per poter effettuare purghe a piacere, ridurre i
margini di libertà e di democrazia, ripulire il
paese
da ogni spinta democratica e
progressista, un golpe ed un contro-golpe -già
preparato da tempo e con cura-, fin troppo
funzionale alle intenzioni di questo satrapo) da
più di un anno ormai l’orizzonte di quel paese
mostra nubi sempre più scure. Il ripristino della
pena di morte, in barba a convivenze e regole di
civiltà occidentale, centinaia di migliaia di passaporti
revocati, rimozione dei vertici militari e burocratici, (e
quelli religiosi troppo tiepidi) a sessantamila professori
ritirata la licenza di insegnamento, 1600 docenti
universitari costretti alle dimissioni, 130 organi
d’informazione serrati, tra radio e giornali, 150 giornalisti
ingabbiati, 50.000 persone arrestate, altrettante licenziate,
obbligo a tutti gli studiosi all’estero di rientro immediato.
Insomma, la Turchia sta vivendo, oltre ai casini della guerra
ed al rapporto conflittuale con la Russia, un bel clima di
persecuzione interna. Ricorda molto, questa serie di eventi,
la lunga serie delle purghe staliniane, ed ancora peggio le
leggi razziali del ‘39, con l’eliminazione degli ebrei
dall’ossatura del mondo civile di allora. Contro l’Israele
odierno la Turchia peraltro sono anni che regge di balla ai
paesi “sterminatori” tipo Iran e Libano e Siria,
mantenendosi nell’alveo della Nato, secondo piacere.
Senza interrompere la strisciante linea rossa che, partita
dal genocidio di un bella fetta del popolo curdo, continua
con silenziose persecuzioni delle minoranze etniche e
religiose, come i massacri che il vicino califfato fa con
cristiani e yazidi. C’è una, troppo spesso dimenticata e
ignorata, citazione di Ataturk, degli anni ’20:“-Per quasi
cinquecento anni queste regole e teorie di un vecchio arabo
e le interpretazioni di generazioni di religiosi pigri e buoni a
nulla hanno deciso il diritto civile e penale della Turchia.
Loro hanno deciso quale forma dovesse avere la
Costituzione, i dettagli della vita di ciascun turco, cosa
dovesse mangiare, l’ora della sveglia e del riposo, la forma
dei suoi vestiti, la routine della moglie che ha partorito i
suoi figli, cosa ha imparato a scuola, i suoi costumi, i suoi
pensieri e anche le sue abitudini più intime. L’Islam, questa
teologia di un arabo immorale, è una cosa morta. Forse
poteva andare bene alle tribù del deserto, ma non è adatto
a uno stato moderno e progressista: La rivelazione di Dio!
Non c’è alcun Dio! Ci sono solo catene con cui preti e cattivi
governanti inchiodano al suolo le persone. Un governante
che abbisogna della religione è un debole. E nessun debole
dovrebbe mai governare.-” Ed erano gli anni subito dopo la
prima guerra mondiale. Trovatemi un giudizio più drastico
e lapidario di questo. Forse spiega anche il perché Erdogan
sta cercando di ritrasformare e riportare la Turchia verso
uno stato islamico, e deve disfarsi di tutte le spinte
progressiste che da quasi cento anni premevano per una
dimensione europea, mentre attraverso queste attrazioni
centripete di identità islamica, risulta evidente l’effetto
“Komeini”, colui che, a furor di popolo, riportò l’Iran nel
Medioevo. Come ebbe a dire il papa emerito Benedetto
XVI: “-L’Europa non ha confini geografici, ma culturali-”
Ataturk era innamorato e seguace del fascismo, e fu capace
di utilizzare al meglio le opportunità che vedeva nelle
operazioni di politica interna del duce, addomesticandole
alla realtà del suo paese, sfruttandole per farlo uscire da
secoli di sudditanza religiosa, dal califfato che vincolava il
Medio Oriente ad un solo metodo di vita, quello religioso.
Come Mussolini fece il concordato attraverso i patti
lateranensi, specularmente Ataturk cavalcò il nuovo lato
laicistico del suo paese, contribuendo a sganciarsi da tutte
le servitù religiose e fondamentaliste, vera palla al piede
per un paese in cammino verso la modernità. Turchia,
qualche cifra dei tempi recenti. Cominciamo dal 1955, con
la legge marziale contro gli stranieri. Poi sono venuti i colpi
di stato, nel 1960, nel1971, nel 1980, nel 1993, nel 1997,
nel 2007. Non male, un tempo si diceva dei messicani, che
facevano le rivoluzioni ogni fine mese. Ah, dimenticavo
l’ultimo, questo del 2016. Piccolo approfondimento. Nel
1960 fu un gruppo di giovani ufficiali dell’esercito, che si
sollevarono per “ripristinare la democrazia” contro la
corruzione e le ruberie dei governanti. Il ministro
dell’interno di suicidò. Condannarono a morte il primo
ministro e il presidente. Nel 1971 invece fu un “golpe”
contro un governo di centro-destra, fu presentato come
una risposta al caos del ’68 turco. Il golpe del 1980 fu molto
violento, presentato come necessario per mettere fine agli
scontri destra-sinistra, 50 giustiziati, mezzo milione di
arresti, migliaia di morti in carcere, finì con lo sterminio
della sinistra. Il colpo di stato del 1993, organizzato dai
servizi deviati, non fu neppure annunciato. Negli interventi
del 1997 e del 2007 i militari non ebbero neppure necessità
di mettere in strada i carri armati, mentre cercavano di
ostacolare l’ascesa del partito islamico, finirono per
favorirla. Pausa geografica. La Turchia confina con
11
importanti focolai di guerra, accesi o potenziali, di tensioni
e conflitti: ha 900 km di confini con la Siria, che è in guerra
civile, 370 km di confine con l’Iraq, 530 km di confine con
l’Iran, 270 con la Georgia, (in guerra con la Russia sei/otto
anni fa), 300 km di confine con l’Armenia, 17 km con
l’Azeirbajan. Come ciliegina, 2 sono i paesi dell’Unione
Europa con i quali confina: 220 km il confine con la Bulgaria
e 190 con la Grecia. Credo che queste cifre rendano l’idea
del rilievo strategico e della capacità di pressione su quella
parte di mondo. Erdogan, megalomane, ambiguo,
inaffidabile. Il “Sultano” sta re-islamizzando il suo paese,
sente il bisogno di ripristinare la pena di morte, limita e
reprime
le
libertà
di
espressione
(limitate
ininterrottamente, ogni volta, da sessant’anni) di quegli
“status” occidentali come libertà di stampa e di
manifestazione. Nell’ultimo anno si sono succedute
purghe, 10.000 poliziotti arrestati, limiti ai passaporti,
divieti d’espatrio, prefetti sospesi, imam epurati, 2800
giudici mandati a casa (compresi quelli della Corte
Costituzionale) insegnati, rettori, liste infinite di
proscrizioni per i “laici”. Il “Sultano” neo-ottomano non
considera la donna pari all’uomo, esporta armi, chiude
giornali, incarcera giornalisti e scrittori, censura internet,
tutte le minoranze sono discriminate, in sostanza tutti
mattoni per l’edificio della re-islamizzazione, per
trasformare la Turchia in una forza egemone in Medio
Oriente, in un paese nel quale il guadagno medio
quotidiano è di 3.50 euro al giorno. Il suo ultimo edificio
costruito, il “Palazzo Bianco” è costato alle casse turche la
bellezza di 800 milioni di dollari (700 milioni, in euro), ha
mille stanze, 35 mila metri quadrati di moquette, un orto
botanico, un parco ed un bunker anti-atomico. Il nostro
palazzo Pitti (con annesso Boboli), potrebbe fare da
portineria, o la residenza dei casieri.… Il nostro Erdogan
parte da lontano. Nel 1970 era capo del Partito della
Salvezza, partito di estremismo islamista, teocratico, similIsis, sciolto dopo il colpo militare del 1971. Riappare ,
Erdogan sempre leader, come partito del Welfare.
Vent’anni dopo diventa sindaco di Istambul, predicando
l’islamismo militante, tanto che nel 1988 finì in galera per
quattro mesi per sedizione contro lo Stato, condannato ed
interdetto dalla politica. Si atteggiò a martire, ma cambiò
strategia, mitigando e travestendo il suo fanatismo.
Cambiò ancora nome al partito, che divenne Partito della
Giustizia e dello Sviluppo (sic!), si alleò col Partito laico del
Popolo per superare il divieto ad una sua candidatura
politica maturato con la condanna precedente. Fu eletto
primo ministro nel 2003, tagliando i ponti con tutti. Prima
di essere rieletto nel 2007 e nel 2011 si alleò con il leader
islamista Fetullah Gulen (sì, proprio quel Fetullah Gulen
oggi esule e rifugiato negli Stati Uniti, del quale chiede
l’estradizione, che accusa di aver ordito l’ultimo golpe
contro di lui) per una serie di purghe contro giudici, militari
e giornalisti, secondo lui, per “consolidare la democrazia”.
Consolidò invece il suo potere, riaccese la guerra contro i
curdi in Turchia e Siria, attaccò la Russia, riprese a
perseguitare gli armeni, aumentando il sostegno ai
terroristi islamici in Siria, abbandonando ogni maschera
democratica. Palesemente sta ridisegnando la mappa del
Medio Oriente, per le sue ambizioni espansionistiche. Ha
fornito armi e materiali ai terroristi, ha formato migliaia di
mercenari, fornisce assistenza medica ai combattenti
dell’Isis. Ha perfino abbattuto un aereo militare russo,
ancora non sa quanto gli verrà a costare, questa
sbruffoneria (Putin è uno che le cose se le lega la dito, e se
qualcuno gli fa fuori un ambasciatore, prima o
poi il conto glielo presenta). Appena prima del
colpo di stato, ha ricattato l’Unione Europea
per il controllo del flusso dei rifugiati, avendo il
fegato di riaprire le trattative ed i negoziati per
un’adesione della Turchia alla comunità
europea. E l’Europa, pressata da esodi e
migrazioni bibliche, ha aperto un tavolo. Ah,
non ho detto nulla dell’esercito, rimedio
subito. L’esercito turco, che per tradizione è
sempre stato il contropotere del governo,
protettore della laicità del paese, anche
attraverso notevoli forzature, specialmente
negli ultimi quarant’anni, adesso, dopo il fallito
colpo di stato (farsa) della primavera passata,
Erdogan, nella sua “ristrutturazione” del
potere turco, più consono alle sue ambizioni, ha nominato
consigliere speciale per la riconfigurazione dell’esercito l’ex
generale delle forze armate Adnan Tanriverdi, 72 anni. Un
particolare: era stato congedato forzatamente venti anni fa
per “troppo islamismo”, a causa degli obblighi ai gruppi di
preghiera nelle caserme, poco consoni al laico kemalismo
dell’esercito. Da qualche anno, forse in attesa di un
repechage, Tanriverdi aveva fondato un’agenzia militare
“Sadat”, una compagnia di contractor militari, per
consulenze in campo di guerra non convenzionale, con
servizi di “intelligence”, di insurrezione, di sequestri, di
sabotaggio, di operazioni di forze speciali, di
addestramento gruppi. Mi pare che le condizioni ci siano
tutte, per un bel salto all’indietro della democrazia. E
l’Europa, ha dato, l’anno passato, 3 miliardi di euro affinché
facesse da “Guardia di porta” al fenomeno delle
migrazioni, anzi direi dell’esodo biblico, forse per tacitare e
proteggere la propria coscienza eurocentrica. Ma come il
turco li abbia spesi, cosa ne abbia fatto, non è dato sapere.
Turchia, un paese democratico. Ma fatemi il piacere...
12
l’Associazione Modellismo e Storia DLF Pontassieve
In occasione di
organizza una visita aperta a tutti i Soci DLF e familiari
insieme ai modellisti dell’Associazione
12 marzo 2017
NOVITA 2017
"il mercatino del Modellista"
PROGRAMMA
Ore 7,O0 Partenza in Pullman GT dalla stazione di Pontassieve per Verona Fiere
Fermate a Varlungo (Firenze sud) - Area di servizio Autosole Firenze Nord
Ore 17,00 Partenza da Verona per il rientro.
Quota individuale di partecipazione
Soci e Familiari € 35,00 (ragazzi ridotto) (tesseramento 2017 in regola)
non Soci € 40,00
La quota comprende: viaggio in bus G.T. riservato con assicurazione, ingresso libero valido per l’intera
area fieristica, assistenza di un nostro collaboratore.
La quota non comprende: mance ed extra in genere, pranzo libero e quant’altro non menzionato ne “la
quota comprende”.
Le iscrizioni si accettano previo versamento di € 15,00 a persona (saldo sul pullman) e si chiuderanno
improrogabilmente al raggiungimento della 54ª persona.
La gita avrà luogo al raggiungimento di un minimo di 35 iscrizioni.
Per contatti:
PICCHI LAMBERTO cell. 3355423735 BENCINI MARCO cell. 3332088632
Per iscrizioni: sede Associazione martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 15.30 alle 19,00
Ass. Modellismo & Storia DLF-Pontassieve – Via Aretina 1 – 50065 Pontassieve
E-mail [email protected] web www.modellistipontassieve.com
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In posizione strategica nella vallata di Selva Alta, la struttura
alberghiera, 2 stelle, si trova a un chilometro dal centro di Selva Val
Gardena, in posizione tranquilla nella direzione dei passi, funzionale
per raggiungere gli impianti di risalita e il circuito del Sella Ronda.
L’ALPIN HAUS Smart & Family Hotel è un reale punto di riferimento
per trascorrere piacevoli vacanze.
In inverno con l’impianto di risalita FUNGEA, a soli 150 metri
dall’hotel è possibile connettersi al più grande carosello sciistico al
mondo: oltre 1.200 km di piste del circuito Dolomiti Superski.
In estate sono privilegiati i comodi sentieri collegati al percorso
pedonale che proprio dalla residenza partono per ripercorrere il
vecchio tracciato della ferrovia della Val Gardena, consentendo di
giungere piacevolmente sino ad Ortisei attraversando Selva e Santa
Cristina, lontani da rumori e traffico.
LL’’HHO
OTTEELL
Il nostro hotel dispone di camere doppie, triple e quadruple; in queste ultime, ogni camera è dotata di servizio
privato, phon e TV, alcune hanno il balcone. Gli animali di piccola taglia sono graditi ospiti per chi alloggia nelle
camere della Dependance (a circa 15 metri dal corpo centrale).
I servizi gratuiti nella nostra residenza: Wi-Fi, parcheggio non custodito riservato agli ospiti, sala deposito sci con
armadietti riscaldati, cassaforte. Spaziosa area comune interna, dedicata al tempo libero.
LLEE CCAAM
MEERREE
Dall’estate 2017 abbiamo impostato la tipologia delle camere
come segue:
ESSENTIAL - con vista lato monte e/o paese; stanza da bagno
dotata di asciugacapelli, di cassaforte e TV. Gli spazi sono stati
ottimizzati per tipologia di sistemazione, che prevedendo da due
a tre letti, anche singoli.
STANDARD - con balcone vista lato monte e/o cortile – giardino
interno; stanza da bagno dotata di asciugacapelli, cassaforte
e TV. Maggiori spazi per tipologia di sistemazione, che prevede
un letto matrimoniale e da uno a due letti singoli singoli.
COMFORT - con balcone e/o a mansarda - entrambe le
tipologie, con vista lato monte e/o paese; stanza da bagno
confortevole, dotata di asciugacapelli e set di cortesia - tutte le
camere Comfort sono privilegiate da una recente e gradevole ristrutturazione, cassaforte e TV ad alta definizione.
Diverse tipologie di sistemazione per una piacevole vacanza.
DEPENDANCE - struttura a pochi metri dal fabbricato principale, con vista lato giardino e/o cortile interno; di
dimensioni funzionali al numero degli ospiti, tutte le camere dispongono di stanza da bagno dotata di asciugacapelli,
cassaforte e TV. Nel fabbricato Dependance, sono ammessi piccoli animali.
LLAA RRIISSTTO
ORRAAZZIIO
ONNEE - Lo Staff del nostro ristorante “PLAN 45” è a disposizione per soddisfare le principali
esigenze di chi segue diete alimentari speciali, come ad
esempio la preparazione di pasti privi di glutine (prodotti
preconfezionati). A richiesta, per consentire la massima
flessibilità nell’organizzazione della propria giornata, il
nostro Staff può preparare al posto del pranzo, un
appetitoso “Packet Lunch” (attenzione in alcuni periodi, il
pranzo è garantito esclusivamente con Packet Lunch).
IILL TTEEM
MPPO
O LLIIBBEERRO
O - Spaziosa area comune interna, dedicata
al tempo libero: due biliardi, tavolo da ping pong, calcio
balilla, sala TV con angolo lettura, angolo giochi per
bambini, giochi di società, scacchi e carte da gioco a
disposizione.
Al piano terra è attivo un servizio BAR & STUBE aperto tutto
il giorno, dalle ore 07.00 e fino a tarda sera.
14
1 bassa stagione 2 media stagione
PPEERRIIO
ODDO
O
10/06 -15/06
1 19/06 - 01/07
26/08 - 10/09
3 alta stagione
4 altissima stagione
SSTTAANNDDAARRDD ee//oo
EESSSSEENNTTIIAALL DDEEPPEENNDDAANNCCEE CCO
ONNFFO
ORRTT
48*
56**
48*
48*
2 01/07 - 29/07
53*
63**
55*
65**
57*
67**
15/06 - 19/06
3 29/07 - 12/08
19/08 - 26/08
63*
73**
65*
75**
67*
77**
4 12/08 - 19/08
68*
78**
71*
81**
74*
84**
* mezza pensione / ** pensione completa
SSPPEECCIIAALLEE BBAAM
MBBIINNO
O EESSTTAATTEE:: (dal 10/6 al 1/7) per soggiorni di minimo 7 notti (sistemazione in terzo o quarto
letto): Bambini fino a 8 anni non compiuti: soggiorno gratuito; Bambini fino a 12 anni non compiuti: riduzione del
50% sul soggiorno.
SSPPEECCIIAALLEE FFAAM
MIIGGLLIIEE:: (non applicabile per periodo dal12/8 al 19/8): piano famiglia fino a 12 anni n.c. (2 adulti + 2
bambini fino a 12 n.c.: pagano 3 quote); Speciale famiglie fino a 16 anni n.c. (2 adulti + 2 bambini fino a 16 anni n.c.
pagano 2 quote + 1 quota scontata del 50% + 1 quota scontata del 20%); Single + 1 bambino (1 adulto + 1 bambino
fino a 12 anni n.c.) pagano 1 quota intera + 1 quota scontata del 30% con sistemazione in camera doppia.
RRIIDDUUZZIIO
ONNII IINN 33°°//44°°//55°° LLEETTTTO
O:: 0-3 anni non compiuti con culla: riduzione 90%; 3-8 anni non compiuti: riduzione
40%; 8-12 anni non compiuti: riduzione 30%; 12-16 anni non compiuti: riduzione 20%; Adulti: riduzione 10%.
SSCCO
ONNTTII SSO
OCCII DDLLFF:: Ferrovieri e Familiari (in possesso della tessera FS) 10%; Frequentatori 5% (valevole solo per il 1°
e 2° letto); riduzione trattamento pernottamento e prima colazione € 6,00 sulla quota della mezza pensione;
Camera singola senza supplemento.
SSUUPPPPLLEEM
MEENNTTII:: Camera doppia uso singola € 15,00 a
notte, € 20,00 a notte nei periodi di alta ed altissima
stagione;
Per soggiorni inferiori a 3 notti la direzione si riserva di
applicare un supplemento; Pulizia camera in caso di
animali € 4,00 a notte, con sistemazione nella camere
Dependance.
Tassa di soggiorno: € 1,10 a notte a pax (esenti fino a
14 anni non compiuti)
Alpin Haus Smart & Family Hotel - Casa Alpina
Strada Plan 45, Selva Val Gardena (Bz)
Tel. +39 0471 795165 - 366 7860829 - Fax +39 0471
79441
[email protected] - www.hotelalpinhaus.com
[email protected] - www.hotelcasaalpina.it
Hotel Casa Alpina - Alpin House Val Gardena
15
LA PITTURA FRANCESE FRA FINE ‘800 ED IL I° ‘900
MOSTRA SULL’IMPRESSIONISMO
Treviso 11 aprile 2017
Un viaggio emozionante tra i dipinti e le vicende
dei grandi che li hanno realizzati. Un racconto
ricco di colori come la tavolozza degli artisti che
hanno reso unico l’impressionismo, da Monet a
Renoir, da Van Gogh Gauguin o sulle singole
tematiche (il paesaggio, la notte) . Viene qui
proposta la storia del movimento pittorico
francese di fine ‘800 . Le 120 opere capitali
(Manet, Monet, Degas, Renoir, Pissaro ed altri)
suddivise in tre capitoli come una grande
affascinante narrazione. La mostra d’arte più
bella della stagione per festeggiare il compleanno
ventennale di “ Linea d’Ombra “.
Descrivere questa mostra è realmente impossibile
per l’importanza di questo insieme d’arte
realizzato da uno dei più grandi organizzatori di mostre d’arte Marco Goldin e Linea d’Ombra, che
godono fiducia dei più grandi collezionisti privati e dei musei del mondo, dal quale possono richiedere
prestigiose opere per la realizzazione delle importanti mostre del passato e del futuro.
Ritrovo dei sigg. partecipanti ( vedi punti di partenza ). Ore 10.00 arrivo a Treviso - tempo a disposizione
–; ore11.30 ritrovo presso la Sede mostra “ Museo di Santa Caterina” ; ore 11.45/12.00 inizio della visita
guidata ; ore 13.30 termine della visita. Tempo a disposizione per uno snack . Ore 14.30 accompagnati
dalla n/s guida effettueremo una passeggiata nel centro storico per apprezzare gli aspetti urbanistici /
monumentali della cittadina con il passo lento di chi vuol assaporare ogni angolo con i sui scorci originali
ovattati dalla tranquillità della vita cittadina. I fiumi Sile e Cagnan ,con i loro “ rivi bassi “ ,si insinuano
nelle vie cittadine e riflettono i palazzi storici.
Ore 17.30 circa partenza per il rientro a Firenze
QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 55.00 base 35 pax,
supplemento € 5.00 base 30 pax, supplemento € 10.00 base 25 pax
La quota comprende : viaggio in bus G.T. riservato,
visita guidata al museo, assicurazione, assistenza di un
nostro collaboratore.
La quota non comprende : mance ed extra in genere,
pranzo libero e quant’altro non menzionato nella quota
comprende.
Punti di partenza : ore 6.45 Viale Europa di fronte al
distributore Esso, ore 6.50 di fronte al Teatro Tenda,
ore 6.55 Piazza Beccaria inizio Viale Gramsci, ore 7.00
Piazza Libertà angolo Viale Lavagnini, ore 7.05 Viale
Belfiore di fronte all’edicola, ore 7.10 Piazza Giacomo
Puccini di fronte all’edicola.
Organizzazione Tecnica Pitti Viaggi s.r.l.
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TUTTO LAZIO E PONZA
VITERBO – ISOLA DI PONZA E SITI SCONOSCIUTI
GROTTA DEI BAMBOCCI E LA CERTOSA DI TRISULTI
29 aprile – 1° maggio
Sabato 29 Aprile 2017 visita Bomarzo e Viterbo
Ore 10.30 circa arrivo a Bomarzo (vedi lista punti partenza)
visita con guida del parco dei mostri di Bomarzo, denominato
anche Bosco Sacro in provincia di Viterbo, ideato
dall’architetto Pirro Ligorio nella seconda metà del 1500, un
parco naturale con numerose sculture in basalto, riproducenti
animali mitologici, divinità e mostri. Pranzo in ristorante.
Pomeriggio dedicato alla visita della città di Viterbo con guida
locale. Proseguimento per Ceprano cena e pernottamenti.
Domenica 30 Aprile 2017 secondo giorno: visita alle Terre
di Ulisse sull’isola di Ponza
Mattino imbarco alle 8.20: incontro con l’accompagnatrice,
seguirà imbarco al porto di Terracina. Partenza con
motonave veloce (60' di traversata). In mattinata passeggiata
nella zona del porto (il borgo di epoca borbonica). Proseguimento per un tour panoramico dell’intera isola in
minibus (durata circa 60’), saranno previste alcune brevi soste “fotografiche”.
Ore 13.00 Pranzo in ristorante a base di pesce bevande incluse
Pomeriggio Facoltativo, giro in motobarca turistica accompagnati da marinaio-cicerone; durante il tour via mare
si visiterà il versante sud dell'isola; le grotte di Pilato, i Faraglioni della Madonna e del Calzone Muto fino al
vecchio faro quota € 12.00 In alternativa sarà possibile continuare la passeggiata a piedi, del porto. Nel tardo
pomeriggio ore 17.00 imbarco e partenza con mezzo veloce per il viaggio di ritorno. Ore 20.00 circa rientro in
hotel con cena e pernottamento a Ceprano.
Lunedi 01 Maggio 2017 Ceprano
Prima colazione e pranzo in hotel: ore 10.00 circa arrivo a Collepardo e visita guidata nella Grotta. Lo spettacolo
delle stalattiti e stalagmiti è di un fascino ineguagliabile per la singolarità delle forme che riecheggiano figure
umane ed animali. Esse furono denominate "Grotte dei Bambocci", ma sono anche conosciute con il nome di
"Grotte Regina Margherita", in seguito alla visita della sovrana nel 1904.
Seguirà la visita della CERTOSA DI TRISULTI. Immersa nel
verde di secolari foreste, si adagia questa celebre e
maestosa Certosa, fondata nel 1204 per volontà di Papa
Innocenzo III e affidata, dal 1208, ai monaci Certosini (da cui
il nome "Certosa"). Nel 1947 essi furono sostituiti dagli
attuali monaci Cistercensi della Congregazione di Casamari.
Al suo interno è possibile visitare la Chiesa con pregevoli
opere d'arte e l'antica Farmacia del XVII secolo. Possibilità
di acquistare i prodotti dei trappisti. La Certosa è
Monumento Nazionale e custodisce anche una ricca
Biblioteca statale con 25.000 volumi.
Al termine della visita proseguimento per Villa Ida e pranzo
tipico con prodotti locali della cucina ciociara. Ore 16.00
partenza per rientro in sede di residenza.
QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 330.00 base 30 pax, Supplementi € 15.00 base 25 pax
Supplemento camera singola € 35.00
La quota comprende: Trasporto in Bus G.T. , sistemazione in hotel a 3*S , pranzo e cena del primo giorno, cena del secondo
giorno e pranzo del terzo giorno, trasferimento a l’isola di Ponza con motonave veloce e
tour in minibus, guida a Viterbo, visite come da programma, assicurazione bagaglio, nostro accompagnatore.
La quota non comprende: ingressi, mance ed extra in genere, tutto quello non indicato nella quota comprende.
Punti di partenza : Ore 6.30 Piazza Puccini di fronte all’edicola,ore 6.35 Viale Belfiore accanto Ufficio INPS, ore 6.40 Piazza
della Libertà angolo Viale S. Lavagnini, ore 6.45 Piazza Beccaria vicino al cinema Astra, ore 6.50 di fronte al Teatro Tenda ,
ore 6.55 Viale Europa di fronte al distributore Esso.
Organizzazione tecnica Pitti viaggi
17
GRUPPO TREKKING DOPOLAVORO FERROVIARIO FIRENZE
Via G. Paisiello,131 50144 Firenze Tel 055/2609534--- www.gruppotrekking-dlf-firenze.com
[email protected] [email protected]
per informazioni e prenotazioni la sede è aperta tutti i giovedì dalle 16.30 alle 18.00
Nipozzano
verso il castello
5 Marzo 2017
Percorso: media difficoltà
Dislivello: m.600
Lunghezza: km 16
Tempo: ore 5
Trasporto: treno
Costo : soci € 3.00 – non soci € 4.00 + treno
Descrizione: Posto sulla sommità di una collina che domina la confluenza tra Arno e Sieve, a
circa 350m. di altitudine, il castello di Nipozzano già verso la fine del Trecento era stato
trasformato dagli Albizi in splendida dimora signorile, abbellita ancora nel corso dei secoli fino
all’inizio del Seicento e solo in tempi recenti (1925) è passato ai Frescobaldi.
Purtroppo il castello per gran parte distrutto dalle mine nel 1944 e successivamente
restaurato, conserva solo in parte le strutture originarie. Esso infatti era dominato dalla
possente mole quadrilatera del cassero ricordata fino al 1371 e circondato da due giri di
mura. Della dimora voluta dagli Albizi rimangono ancora vari elementi architettonici riferibili
al Quattrocento. Completamente rimontata è la chiesa di S. Niccolò. Il castello rappresenta il
fulcro di un piccolo borgo circoscritto da una cinta muraria. L’insediamento è tipico del
periodo medievale con il cassero edificato in posizione dominante rispetto agli altri edifici, tra
i quali troviamo anche la chiesa di San Niccolò, che si sviluppano lungo la strada di accesso.
Programma: Ritrovo presso la farmacia della stazione di SMN alle ore 8.40 e partenza con il
treno per Pontassieve alle ore 8.55¸ possibilità di salita anche alla stazione di Campo di
Marte.
Arrivo a Pontassieve alle ore 9.18. Dopo la sosta per la colazione inizieremo la nostra
escursione. Attraverseremo il paese di Pontassieve per raggiungere via Tirolo e la
percorreremo fino ad arrivare al Castello di Nipozzano che visiteremo. Ripartiti passeremo
attraverso vigne e uliveti facenti parte della proprietà dei Frescobaldi. Arriveremo quindi a
Diacceto dove faremo la sosta per il pranzo. Al vicino bar ci si potrà concedere un caffè. Il
percorso di ritorno, ad anello, ci vedrà attraversare un fitto bosco fino al castello di
Nipozzano. Quindi riprenderemo il primo tratto del percorso fino a Pontassieve.
Abbigliamento: medio da trekking, scarponi, giacca a vento ecc..
Vettovagliamento: pranzo al sacco
Note: per motivi tecnici non saranno ammessi animali. Il Gruppo Trekking e gli
accompagnatori non assumono alcuna responsabilità nei confronti dei partecipanti per ogni
eventuale incidente od infortunio che dovesse verificarsi prima, durante o dopo
l’escursione per negligenza o mancato rispetto delle
indicazioni fornite.
Proposto da: Carlo Bisoni – Pino Celia
Prenotazioni: Catia Funai 055 667110 – 328 6767781
Il Capogruppo
Funai Catia
18
GRUPPO TREKKING DOPOLAVORO FERROVIARIO FIRENZE
Via G. Paisiello,131 50144 Firenze Tel 055/2609534--- www.gruppotrekking-dlf-firenze.com
[email protected] [email protected]
per informazioni e prenotazioni la sede è aperta tutti i giovedì dalle 16.30 alle 18.00
Run…dagiata
su percorso dell'annuale corsa campestre.
19 Marzo 2017
Percorso: Facile
Dislivello: m. 240
Lunghezza: km 11
Tempo: ore 3.30
Trasporto: mezzi propri
Costo : soci € 3,00 – non soci € 4,00
Descrizione: La Valdinievole è ricca di ville fatte costruire in passato dalle più importanti famiglie toscane a
dimostrare la potenza e la ricchezza del proprietario. Un esempio di questa tradizione è Villa Bellavista
considerata un tempo una delle più belle ville d'Italia. Fatta costruire alla fine del '600 da Francesco Feroni in
stile Barocco Fiorentino in una tenuta di 45 poderi. Attualmente è in precarie condizioni di manutenzione. La
storia della Valdinievole è legata a quella fiorentina; nella piana di Montecatini nel 1315 ebbe luogo uno scontro
armato tra Firenze e l'esercito pisano-lucchese guidato da Castruccio Castracani degli Antelminelli che vinse con
audace strategia. A Stignano nacque Coluccio Salutati (1331 - 1406) illustre uomo politico della repubblica
fiorentina e letterato di formazione umanista. Con il Granduca Pietro Leopoldo nella seconda metà del '700 si
dette inizio alla costruzione dei primi stabilimenti termali di Montecatini. Infine una curiosità culinaria,
Pellegrino Artusi, padre della cucina italiana, ebbe alle sue dipendenze una donna di servizio Maria Assunta
Sabatini nata vicino a Montecatini, dotata d'ingegno culinario. A lei è dedicata la ricetta n°604 "Il panettone di
Marietta" del manuale artusiano "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 1891".
Programma:
Ritrovo in via delle Cascine angolo via Paisiello alle ore 8.15 e partenza alle ore 8.30 per
l’autostrada Firenze-mare. Uscita a Montecatini e direzione Borgo a Buggiano. Sosta per la colazione e
parcheggio presso la Chiesa di Santa Maria in Selva. Inizia il nostro percorso su strada asfaltata, si cammina nei
pressi della Villa di Bellavista. Si costeggia il torrente Cessana e si entra nel paese di Borgo a Buggiano.
Attraversato il paese e sotto il porticato dell’ ex convento, ora sede del Comune, si prende la strada per
Stignano. Da Stignano si sale su asfalto verso la casa dell’Alleluia e dopo circa un chilometro si entra in un
sentiero nel bosco. Dal sentiero si arriva alla località Campioni (altezza 240 mt) e su strada alla chiesetta
romanica di Santo Stefano. Nel piccolo prato intorno alla Chiesa è prevista la sosta per il pranzo. Scendendo
verso il paese di Colle a Buggiano ci si immette in una stradina in terra battuta e poi in sentiero CAI per arrivare
al ponte di Maciste. Passato il ponte si sale leggermente per arrivare al Colle da Porta a Massa. Si attraversa il
borgo con interessanti palazzi di richiamo rinascimentale per arrivare alla scenografica piazza con la Pieve di San
Lorenzo. Da Colle, sulla strada asfaltata con i caratteristici tabernacoli qui chiamati "margini" si arriva allo
splendido paese di Buggiano Castello (il paese degli agrumi). Si entra da una antica porta (porta di San Martino)
per raggiungere il cuore medievale del paese rappresentato dal Palazzo Pretorio con la facciata ricoperta dagli
antichi stemmi e, nelle vicinanze, la Chiesa di Santa Maria della Salute. Lasciato Buggiano Castello (tre sono i
paesi che si fregiano dello stesso nome) si scende a Borgo a Buggiano per arrivare, in un tragitto tutto
pianeggiante, al punto di partenza.
Abbigliamento: medio da trekking, scarponi, giacca a vento ecc..
Vettovagliamento: pranzo al sacco
Note: per motivi tecnici non saranno ammessi animali. Il Gruppo Trekking e gli accompagnatori non assumono
alcuna responsabilità nei confronti dei partecipanti per ogni eventuale incidente od infortunio che dovesse
verificarsi prima, durante o dopo l’escursione per negligenza o mancato rispetto delle
indicazioni fornite.
Proposto da: Marco Battistini – Rosanna Giampieri
Prenotazioni: Catia Funai 055 667110 – 328 6767781
Il Capogruppo
Funai Catia
19
BACCO, TABACCO E VENERE RIDUCONO L’UOMO IN CENERE
di Pasquale Tanzini
Noi siamo ciò che mangiamo. Il primo a dirlo fu Ludwig
Feuerbach, era il 1804. Lo zucchero fa male, è un fatto,
ora su tutte le diete è all’indice. Ma i dolcificanti sintetici
sono anche peggio. Quello di canna, poi, dato che è di
colore marrone, grande mistificazione, pare più
integrale, più biologico, quindi alla gente piace pensare
che farà meno male. Ma lo zucchero è sempre zucchero,
fa male, punto e basta, anche se è passata l’idea
alternativa. Come del resto accade ora per l’olio di
palma. Sono sicuro che pure in quello che comprerò per
il mio motore, da un lato ci sarà un banner che dirà:
senza olio di palma. Nessuno dice che al posto dell’olio
di palma (quello raffinato, che ha perso tutte le
sostanze benefiche, che viene usato come addensante
per merendine, biscotti e altro cibo confezionato) i
sostituti sono ancora peggio, sono ancora più tossici. Se
l’olio idrogenato viene ritenuto da bandire nel cibo,
quello non idrogenato è pericoloso per l’ambiente. Le
varie denominazioni fuorvianti e imprecise (oli vegetali,
grassi vegetali), sono parimenti prodotti carichi di
sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene per
l’organismo, con cibi che si deteriorano con facilità,
mentre quello di palma (oltre ad essere più digeribile,
oltre che molto più economico) resiste meglio al caldo e
al sole, quindi è un olio migliore per la corretta
conservazione dei cibi confezionati. Ma a volte, nelle
logiche di mercato, passano segnali trasversali che
condannano a priori, in nome di una salvaguardia che
sovente è solo un martellamento di lobby, una serie di
interessi economici che preme sul mercato, che imposta
strategie di comunicazione a favore di qualche prodotto
(il che spesso significa anche contro qualcun altro), che
organizza e sponsorizza eventi per bacini di utenza a
volte vastissimi, basti pensare alle olimpiadi, con gli
sponsor che basano i loro futuri guadagni sull’immagine
che ne risulta. Quindi niente più grassi saturi, ricacciati
nel buoi, adesso saranno alla striscia via altre schifezze,
forse anche peggiori. Come in politica, se si crea un
vuoto (anche artificialmente), qualcuno poi lo riempie.
Pure se i luoghi di massima produzione di olio di palma
sono Indonesia e Malesia, molti si aggrappano alla
deforestazione o cose del genere, anche per contribuire
al discredito. Ambientalismo d’accatto, come il riciclo
della carta per salvare le foreste dell’Amazzonia.
Laddove, invece che i fumi e gli scarichi delle fabbriche,
sono le scorregge dei bovini ad alimentare il buco
nell’ozono, con le centinaia di migliaia di capi allevati,
questi sì, spianando foreste per creare pascoli nuovi.
Bah. Esattamente come è accaduto per lo zucchero, ci
hanno preso per il culo per oltre settant’anni, dicendo
che il grasso era male e lo zucchero faceva bene. Per
fare un complimento a una donna, infatti, si dice “come
sei dolce”, non “come sei grassa”. Ma nell’organismo
necessitano un poco di grassi e un poco di zuccheri, nella
logica che in medio stat virtus. Nella giusta misura, tutto
è giusto e corretto. Ci sarebbe da dire molto anche sul
tabacco, dove per decenni le aziende produttrici hanno
negato che facesse male, fino al momento che non sono
più riusciti a nasconderlo, ma oggi va ancora peggio. A
parte le disgustose immagini sui pacchetti, che peraltro
non sono affatto un deterrente, ora, seguendo il vento e
il mainstream salutista, nelle sigarette tolgono la
nicotina, però le stesse ditte vendono cerotti, chewing
gum e spray a base di quella nicotina che tolgono dal
tabacco, ma che propinano, riempiendosi le tasche, a
dosi massicce e direttamente nel sangue, come
palliativo antifumo, per tamponare la caduta dei
guadagni prodotta dalla stagione salutistica attuale.
Anche se si può dire in quali anni è stato girato un film,
soltanto guardando quanto gli interpreti fumano e
come, a seguito delle tendenze del tempo,
nell’alimentazione del mito della sigaretta. Quindi piove
sempre sul bagnato, l’estrarre sangue dalle rape pare il
metodo più sfruttato dalle multinazionali per arricchirsi.
Dello zucchero, dicevamo sopra. Dei pericoli (leggi
danni) che questo produce sull’organismo se ne parla
solo ora. Fino a qualche anno fa erano solo i grassi i
cattivi per il corpo. Un americano medio, tra le schifezze
che ingurgita in un giorno, tra hamburger, salse, dolci,
condimenti vari e bibite (tutte, nessuna esclusa, siano
normal, diet, zero o gatorade vario, succhi di frutta
inclusi) si ingolla 82, diconsi ottantadue cucchiaini di
zucchero pro die, per circa 75 grammi, tre volte la
quantità necessaria giornaliera, quella raccomandata
dall’American Health Association. Ridotti i grassi, i
deretani delle donne americane, ancorché giovani, sono
esageratamente estesi. Perché? Carichi di zuccheri.
Questo viene fino dagli anni 50, quando i docenti
nutrizionali universitari americani erano anche sul libro
20
paga delle industrie saccarifere. Cito la notizia da un
quotidiano: “Un documento del 1954 del presidente
della Sugar Association suggerisce di aumentare il
consumo di zucchero sostituendo i grassi.” Testualmente
si legge che ”se prendiamo la dieta dell’americano medio
e togliamo il 20% di calorie derivanti dai grassi e le
sostituiamo con lo zucchero, il consumo medio procapite di questo aumenterà di un terzo”. Quindi mi pare
superfluo pensare che spesso, per ogni proposta sulle
cose del quotidiano, la mia salute vada a farsi friggere
(appunto) e risulta palese che tutte le cose che
apparentemente accadono in realtà siano solo
meccanismi pilotati, siano solo montature operate dalle
varie lobby di settore, gestite dalle grandi multinazionali,
che cercano solo ed esclusivamente il guadagno. Tutto
viene sacrificato sull’altare del profitto, che sia sanità
(vaccini, tema attuale), che sia cibo, salute e fitness,
piacere e, altra parola da far rizzare i capelli, il
politicamente corretto del “sostenibile”, del sano, della
“corretta” alimentazione, oltre che a quello che va di
moda, secondo stagione e abitudini pilotate. Tanto per
tracciare una specie di filo rosso invisibile che mette in
comunicazione molte cose che avvengono in questo
mondo, negli anni ’90 la Philip Morris si è comprata la
Kraft, mentre recentemente la Monsanto è stata
acquistata dalla Bayer. Un amalgama che non impedisce,
anzi favorisce, diabete, obesità, Alzheimer, ipertensione,
malattie coronariche e cancri di vario genere, in ogni
forma e diffusione. Io non riesco a bere il caffè amaro,
anche se, mangiando il prosciutto, lascio la striscia di
grasso sul piatto, oppure metto il miele nella tisana.
Ovviamente questo non mi salverà, anche se le piccole
battaglie quotidiane servono a mantenersi competitivi
con il modo circostante. Ormai è pure passato di moda il
bere, nonostante il proliferare di nuovi vini, sempre più
prodotti con sistemi articolati nel rispetto dell’ambiente,
le filiere tracciabili, l’abbandono dei pesticidi, l’uso di
processi sempre più omogenei e “pastorizzanti”. Rido
con me stesso quando leggo il termine “bio”, l’attuale
presa per il culo del mondo. Ci sarebbe ma da piangere,
altroché. Quando c’erano i prodotti “equi e solidali”(con
l’obbligo di mangiare del cioccolato che pareva sapone)
credo che la salvaguardia non sia stata per l’economia
dei “campesinos”, ma per i
grandi canali di
distribuzione, che cavalcarono subito l’onda populista. Il
mondo è sempre andato così, è sempre la chiesina a fare
l’elemosina al duomo. Tra bio ed equo e solidale, tra
vegetariano e senz’ olio di palma, tra slowfood, fastfood
e kilometri zero (ma perché devo bere l’acqua minerale
che viene dal nord se sono a sud e dal meridione se sto a
nord, ma chi, se non una mente imbecille, può pensare
che duri a lungo questa manfrina di transumanze di
camion che scorrazzano su e giù, solo per far arricchire i
soliti noti, il Bildelberg del cibo, gli Illuminati del vino, la
mafia degli insaccati, la massoneria degli integratori
alimentari, la Lobby del sugopronto?). Mi sono
dimenticato, forse per grazia dell’ora e dell’età, il terzo
elemento a dividere, nel vecchio input di saggezza
popolare, Venere. Anche se forse, alla luce delle ultime
notizie sul governo che finanzia luoghi di prostituzione
maschile a pagamento, più che Venere, (o veneree),
potrebbe trattarsi di San Sebastiano. Come sorprendersi,
se, come si dice, il pesce puzza sempre dalla testa?
Parimenti all’evoluzione della specie, resistono solo, con
buona pace di Darwin (non sopravvive il più forte o il più
intelligente, ma chi si adatta più velocemente al
cambiamento), le tendenze oggi di moda, con il
superamento di tutti quegli schemi cui la mia
generazione era stata formata, del genere che il sesso
fosse una cosa sporca e la politica invece una cosa
pulita. Ci abbiamo messo più di cinquant’anni per uscire
dalla legge Merlin, e che ti vedo accadere oggi? Oggi,
mutatis mutandis, cioè oltre alle mutande, cambiato ciò
che era doveroso cambiare, nella tardiva presa d’atto
del ruolo dell’uomo, perdente su tutta la linea, ed
incalzato dalle tendenze (attuali e legittime, per carità)
che dettano l’agenda sessuale dell’inizio del terzo
millennio, dopo il definitivo sdoganamento del modo
omosessuale, oggi che il mondo si pasce di lgbt
(acronimo di lesbiche, gay, bisessuali e transgender), e
chiunque che sia rimasto romanticamente legato agli
schemi fondamentali, il classico rapporto uomo-donna,
mal sopporta il palesarsi del quotidiano outing: -“Ma tu
sei normale o vai con le donne?-“ Memore ormai dei
precetti iniziali (sia nella versione non lo fo per piacer
mio, ma per dare un figlio a dio, oppure in quella diversa
preghiera tu che hai concepito senza peccare, lasciami
peccare senza concepire), per chi, come noi, che
cercavano il pelo fregandocene dell’uovo, oggi che ogni
cosa non può che assumere dimensioni sempre più
contemplative ( sempre per ragioni di età e di scelta di
campo fatta a suo tempo), in ricordo del tempo che fu,
di quando si stava meglio perché si stava peggio. Polvere
siamo, pulvis es, et pulverem reverteris, e polvere
torneremo, cioè in quella cenere citata in esergo nel
titolo dell’articolo.
21
Camping Villaggio "IL SOLE"
Marina di Grosseto
Tariffe Piazzole per Soci D.L.F.
Stagione 2017 (14 Aprile – 17 Settembre)
Locazione Piazzole: solo intera stagione: dal-14/4/2017 al 17/9/2017.
INTERA STAGIONE:
14 Aprile -18 Settembre
2 - PERSONE MAX. (*)
4 - PERSONE MAX. (*)
SOCI FS:
IN SERVIZIO e PENSIONATI
SOCI FREQUENTATORI
Euro: 2.450,00 (1°Acc.€ 800,00) Euro: 2.500,00 (1°Acc.€ 800,00)
Euro: 2.800,00 (1°Acc.€ 900,00) Euro: 2.850,00 (1°Acc.€ 900,00)
(*) Per le persone ospiti aggiunte supplemento da pagare alla Direzione.
Riconferme piazzole : Soci Fs. e Soci Frequentatori dal 27/2 al 10 marzo 2017. (date solo x il 2017)
Nb: Le piazzole non riconfermate al 10 marzo 2017, restano a disposizione del D.L.F. Firenze
Nuove prenotazioni: Contattare prima Capogruppo Attilio Nencetti: 329.4120523
Soci FS (in servizio e pensionati) : 20 e 21 marzo 2017. ( A seguire dopo il 22)
Soci Frequentatori: dal 22 marzo 2017.
Per ragioni amministrative le piazzole saranno locate solo per periodi interi.
Termine ultimo 31 Marzo 2017.
Soli animali ammessi: cani di piccola taglia e tenuti a guinzaglio (vedi regolamento del campeggio)
Convenzione Ombrelloni Spiaggia: contattare “ BAGNO TROPICAL” Tel. 0564/34492.
NB: I PREZZI NON COMPRENDONO: TESSERA DLF e TESSERA GRUPPO
Modalità di pagamento:
1° Acconto: € 800,00 x 2 Pax e € 900,00 x 4 Pax alla prenotazione
Pagamento da effettuare con bonifico bancario: IBAN IT34 K032 6814 3020 5290 6386 030
Banca Sella Via Gioberti (GR) intestato a : Società Cooperativa Tempo Libero - Campeggio il Sole
Via Papa Giovanni, XXIII° n.45 58100 Grosseto (GR).
Copia dell’avvenuto pagamento dovrà pervenire al Gruppo Campeggio Firenze:
a mano presso la Sede di Via Paisiello, 131 Firenze
via fax allo 055/2609555
e mail ad: [email protected]
comunicando se per 2 o 4 persone al momento della riconferma ( o prenotazione) della piazzola.
2° Acconto: € 800,00 x 2 pax. e € 900,00 x 4 pax entro il 30 Giugno 2017 alla Direzione del Campeggio.
Saldo : entro il 10 Agosto alla Direzione del Campeggio.
Il Capo Gruppo Campeggio
Attilio Nencetti
Per info: Capogruppo Attilio Nencetti
Cell. 329.4120523 055/2609532 - Fax. 055/2609555 E-mail [email protected]
presso Camping Il Sole: inverno 0564/491573 oppure Sig. Fabio 347.3073671
Camping Villaggio "IL SOLE"
Marina di Grosseto
Tariffe Case mobili e Bungalow per Soci DLF
Stagione 2017 (14 Aprile –17 Settembre)
Convenzione Prezzi DLF Firenze
Case Mobili per 4 persone: da domenica a domenica
NB: IN PARENTESI SONO RIPORTATI I PREZZI CASE MOBILI
CON ARIA CONDIZIONATA
14/4/-11/6 e 10/9--17/9 =
11/6-- 2/7 e 27/8--10/9 =
02/7---6/8 e 20/8---27/8 =
06/8--20/8
=
€ 240.00 (315,00)
€ 360.00 (425.00)
€ 525.00 (615.00)
€ 670.00 (755.00)
Bungalow per 4 persone: da sabato a sabato
14/4 -10/6 e 9/9--17/9
10/6----1/7 + 26/8--9/9
1/7----5/8 + 19/8--26/8
5/8--19/8
= € 365.00
= € 540.00
= € 690.00
= € 840.00
I PREZZI SI INTENDONO A SETTIMANA
ACCONTO CIRCA- 30% ALLA PRENOTAZIONE
Persona Aggiunta:
14/4-30/6 e 27/8-17/9 = € 50.00
01/7-28/7 e 20/8-26/8 = € 70.00
29/7-19/8
= € 80.00
Pulizie finali €.36,00 da pagare alla Direzione
unitamente al saldo all’arrivo.
I Prezzi NON comprendono: Tessera DLF, Tessera Gruppo Campeggio, uso spiaggia.
Attilio Nencetti 055/2609532 Cell. 329.412 0523 [email protected] [email protected]
BAGNO TROPICAL 2017
LISTINO CONVENZIONATO PER TUTTI I SOCI : Piazzole, case mobili, bungalow D.L.F.
PER PRENOTARE CONTATTARE FABIO Cell. 347.3073671
Info prenotazioni x PZ. CM. e BW.
AVVISO AI SOCI DEL D.L.F. FIRENZE - Gruppo Campeggio Firenze
Per l’anno 2017, sono state concordate le seguenti convenzioni:
BAGNO TROPICAL: Tel. 0564/34492 (Fabio 347.3073671)
Servizio Spiaggia: come da listino concordato con D.L.F.
.
Ingresso Piscina: Gratuito negli orari stabiliti.
.
Pranzi, pizzeria e asporto: minimo di spesa € 10,00 Sconto 10%.
Market interno con spesa da € 5,00 a € 15,00 €. Sconto 5%.
Sull’eccedenza di spesa Oltre € 15,00 € Sconto del 10%. Nb: Gli sconti saranno praticati esclusivamente su
presentazione della Tessera del Gruppo Campeggio DLF Firenze. 2016 o 2017.
Pensione “Il molo” Possibilità di pensione completa o mezza pensione o solo pernottamento.
Per i Soci DLF. Firenze, Sconto 5% da listino della pensione
Contattare Ignazio Cel.347.5990575 e mail: [email protected]