Il profiling dei disoccupati basato sul concetto di

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Il profiling dei disoccupati basato sul concetto di
Il profiling dei disoccupati basato sul concetto di occupabilità:
uno strumento a supporto della programmazione delle politiche attive del lavoro
Valentina Battiloro, Luca Mo Costabella
1.
Perché analizzare l’occupabilità dei lavoratori?
Nella programmazione delle politiche del lavoro un problema di particolare rilievo è, soprattutto se le
risorse impiegabili per la loro attuazione sono limitate, quello di mirare gli interventi: ha senso differenziare
i servizi a seconda delle caratteristiche dei soggetti? Su quali tipologie di potenziali beneficiari è più utile
concentrarsi? Ha senso escluderne altre?
L’attività di targeting risponde sostanzialmente a una necessità di ottimizzazione: sarebbe opportuno
destinare gli interventi ai gruppi target che ne riceveranno il beneficio maggiore (posto che l’intervento
funzioni per qualcuno), in modo da massimizzare il rapporto tra gli effetti prodotti e i costi sostenuti.
La condizione necessaria per un buon targeting è quindi conoscere quali effetti dovrebbe produrre
un intervento e per chi e, di conseguenza, che siano state svolte in passato adeguate analisi con l’obiettivo
di stimare gli effetti dell’intervento o di interventi ad esso simili. In assenza di evidenza basata sul passato, è
possibile in alternativa condurre analisi di profiling basate sull’occupabilità, individuando empiricamente
profili di potenziali beneficiari per cui si prevede un maggiore o minore successo occupazionale (per
esempio la probabilità di trovare e mantenere un’occupazione). In questo modo, soggetti con differenti
gradi di occupabilità possono essere destinati a interventi di diversa intensità.
L’attività di profiling riveste una particolare importanza anche nella definizione dei piani individuali
di attività dei servizi per l’impiego: il percorso di servizi a cui destinare ogni lavoratore preso in carico viene
definito dagli operatori dei Centri per l’Impiego a seguito di colloqui in profondità, che permettono di
definirne i punti di debolezza e le dimensioni su cui è opportuno agire. In questo caso un’analisi empirica
può fornire agli operatori uno strumento complementare ai consueti colloqui individuali, evidenziando
quali siano in media gli esiti occupazionali previsti per un lavoratore con determinate caratteristiche.
L’analisi di profiling può riferirsi a diverse popolazioni di soggetti, concentrando caso per caso
l’attenzione sulle variabili risultato di maggiore interesse. Per esempio, la probabilità di stabilizzazione per
un lavoratore precario, o la probabilità di trovare un lavoro per un disoccupato. In questo documento ci si
focalizza sui lavoratori disoccupati, affrontando il tema del profiling attraverso la descrizione di alcune
analisi condotte dall’ASVAPP nell’ambito del Laboratorio Ida Rossi (www.laboratorioidarossi.org) a
supporto della programmazione delle politiche del lavoro di alcuni Enti locali.
2.
Cos’è l’occupabilità e come si può definire
L’occupabilità rappresenta il grado di spendibilità di un individuo rispetto al mercato del lavoro: un
lavoratore è tanto più occupabile quanto migliore è la sua condizione lavorativa attesa. Se si volesse
tuttavia quantificare l’occupabilità individuale sarebbe necessario tradurre questo generico concetto in una
o più grandezze misurabili. Preso un lavoratore che sia disoccupato a una certa data, potremmo per
esempio definirne l’occupabilità come:
- la probabilità che l’individuo trovi un lavoro entro un anno;
- la probabilità che l’individuo trovi un lavoro stabile entro un anno;
- la percentuale attesa di tempo lavorato dall’individuo nell’anno successivo.
Si tratta di misure che, per quanto correlate fra loro, esprimono l’occupabilità secondo concezioni (anche
quantitative) diverse. Nel primo caso si utilizzano criteri poco stringenti: si attribuisce un alto livello di
occupabilità a chi possa trovare un lavoro entro un anno, indipendentemente dal tipo di lavoro e dalla sua
durata. Il secondo concetto è più restrittivo, e fissa l’attenzione sugli aspetti contrattuali: presuppone non
solo che si trovi un lavoro, ma che questo sia stabile. Questa seconda concezione porta a considerare non
occupabili anche persone che sono state in grado, magari con una serie di contratti a termine, di
mantenersi occupate. La terza strada è una via intermedia, e cerca di dare rilievo tanto al fatto che si sia
trovato un lavoro quanto alla regolarità della propria condizione occupazionale, senza tuttavia dipendere
strettamente dai diversi contratti di assunzione: se per due lavoratori si stimano 6 mesi di lavoro nell’anno
successivo, il primo con un contratto a tempo indeterminato, il secondo con uno o più contratti a termine,
la loro occupabilità sarà la stessa.
3.
Come si stima l’occupabilità di un iscritto
Una volta scelta la declinazione di occupabilità più adeguata rispetto a specifiche esigenze informative, è
possibile provare a quantificarla per ogni lavoratore. Si tratta di una operazione simile a quella che viene
quotidianamente svolta, seppur in maniera non formalizzata, dagli operatori dei Centri per l’Impiego
durante i colloqui con i disoccupati. Se i primi stimano le potenzialità dei candidati (anche se non in termini
quantitativi) sulla base delle informazioni dichiarate, nel nostro caso si tratta di stimare il livello di
occupabilità (per esempio il tempo lavorato nell’anno successivo) sulla base delle caratteristiche osservabili
del lavoratore.
A questo scopo, ogni misura di occupabilità può essere definita come variabile dipendente in un
modello statistico che stabilisca una relazione tra questa e le caratteristiche individuali di un lavoratore.
Tale modello permette di stimare l’influenza di ogni caratteristica individuale, a parità di altre condizioni,
sulla misura di occupabilità considerata. Per esempio, si può stimare in che misura ci siano differenze nel
tempo di lavoro atteso tra un uomo e una donna che abbiano le stesse caratteristiche (tra cui età,
istruzione, storia professionale).
Operativamente, si tratta di osservare un gruppo di lavoratori, di cui siano note le caratteristiche e gli
esiti lavorativi sulla base dei quali si definisce l’occupabilità, e di stimare su questi il modello descritto. I
coefficienti del modello così stimato permettono di fornire a posteriori una previsione dell’occupabilità per
un dato profilo di lavoratore che abbia certe caratteristiche.
4.
Un esempio di analisi di occupabilità: l’esperienza del Laboratorio Ida Rossi
Nell’ambito del Laboratorio Ida Rossi, l’ASVAPP si è dedicata a partire dal 2007 alla stima di modelli di
profiling basati sull’occupabilità per gli iscritti ai Centri per l’Impiego del Piemonte, analizzando le
informazioni ricavabili dagli archivi del Sistema Informativo Lavoro Piemonte. Le analisi, svolte a favore di
diversi Enti locali (Provincia di Torino, Provincia di Cuneo, Agenzia Piemonte Lavoro), rispondevano di volta
in volta a differenti obiettivi, accomunati dalla necessità di produrre evidenze utilizzabili per la
programmazione di nuovi interventi di politica attiva. Una rassegna dei risultati ottenuti mette in luce una
sostanziale stabilità, nel tempo e nello spazio, delle determinanti dell’occupabilità: un confronto tra diverse
coorti di iscritti e tra diverse realtà territoriali evidenzia come i principali fattori che spiegano l’occupabilità
di un lavoratore siano sempre gli stessi, e agiscano sempre nella stessa direzione.
Si riporta a titolo di esempio un caso di analisi relativo agli iscritti ai Centri per l’Impiego della
provincia di Torino:
- si è utilizzato il flusso di iscritti ai CPI della Provincia di Torino nel 2009, e di ognuno si sono
analizzati gli esiti occupazionali a un anno di distanza dall’iscrizione;
- si sono esclusi dall’analisi i soggetti disabili, gli iscritti non disponibili al lavoro e i lavoratori in
mobilità con diritto all’indennità;
- tenuto conto delle esclusioni appena descritte, si è utilizzato un campione di circa 60.000 iscritti;
- si è ricostruita la storia lavorativa di ciascun iscritto per i due anni precedenti all’iscrizione, per
utilizzarla come predittore dell’occupabilità.
L’occupabilità è stata definita come il tempo lavorato nell’anno successivo all’iscrizione. I predittori
dell’occupabilità analizzati sono la storia lavorativa pregressa (analizzata in termini di distanza dall’ultimo
lavoro svolto, tempo lavorato nei due anni precedenti, numero di episodi lavorativi precedenti, tipologie di
contratto utilizzate), il genere, l’età, il titolo di studio, la nazionalità, il Centro per l’Impiego di iscrizione, le
qualifiche dichiarate e l’eventuale iscrizione nelle liste di mobilità.
Il tempo lavorato in media da un iscritto è pari a quasi 3 mesi su 12. Questo valore medio sintetizza
un insieme di stati occupazionali segnati da una forte variabilità, che dipende in modo determinante dalle
caratteristiche dei singoli lavoratori.
Molte caratteristiche socio-demografiche hanno un ruolo marginale: a parità di altre condizioni, la
differenza di occupabilità tra un uomo e una donna è quasi nulla, e così quella tra un italiano e uno
straniero. Avere almeno un diploma di maturità comporta un tempo di lavoro atteso superiore di circa 15
giorni in un anno. Tra le demografiche, la variabile di maggiore rilievo è l’età: per un over 50 si stima un
tempo di lavoro inferiore di un mese rispetto a un under 30 con le stesse caratterisitche.
Ciò che inlfuenza maggiormente gli esiti occupazionali previsti è però la storia lavorativa precedente
all’iscrizione al Centro per l’Impiego: in generale, più ricca è la storia, migliori sono gli esiti previsti. A titolo
di esempio, un iscritto che non lavori da più di due anni avrà un tempo lavorato atteso inferiore di quasi un
mese rispetto a chi ha avuto invece almeno un’esperienza lavorativa nello stesso periodo. Il gap è quasi
doppio rispetto a una persona che non lavori da meno di sei mesi.
5.
Limiti e prospettive di miglioramento dell’analisi di occupabilità
Un approccio come quello descritto fornisce risultati la cui qualità dipende da un lato da una sensata
elaborazione e trattazione dei dati di base, dall’altro dalla ricchezza di informazioni disponibili. L’utilizzo dei
dati amministrativi (che permette una replicabilità delle analisi a costi ridotti rispetto alle rilevazioni ad hoc)
comporta di limitare l’analisi alle informazioni disponibili in tali archivi. Questi permettono di osservare con
buona completezza le storie lavorative individuali, mentre sono scarse le informazioni di carattere
demografico e sociale. La disponibilità di informazioni aggiuntive non modificherebbe drasticamente le
stime relative ai principali fattori osservabili, potrebbe però contribuire a spiegare maggiormente come
variano gli esiti lavorativi, e a definire profili di occupabilità più dettagliati. Si tratta di un risultato che può
essere perseguito da un lato attraverso la rilevazione di un maggiore ventaglio di caratteristiche durante
l’ordinario processo di raccolta di informazioni sugli iscritti, dall’altro attraverso una eventuale integrazione
delle differenti banche dati amministrative esistenti.
6.
Possibili utilizzi dell’analisi di occupabilità. Due esempi di analisi del Laboratorio Ida Rossi
a supporto della programmazione degli interventi di politica del lavoro
6.1.
Targeting degli interventi di politica attiva del lavoro basato sull’occupabilità
Un primo esempio di utilizzo delle analisi di profiling si riferisce alla programmazione di specifici interventi
di politica attiva a favore dei disoccupati, come quelli finanziati dal FSE. In assenza di evidenze sull’efficacia
di interventi simili svolti nel passato, la definizione delle categorie di beneficiari da destinare a diverse
misure si basa spesso su concezioni legate all’occupabilità, rivolgendo misure più o meno intensive a
persone che mostrano differenti gradi di debolezza rispetto al mercato del lavoro.
La caratterizzazione dei potenziali beneficiari degli interventi FSE è solitamente mutuata dai dati
ISTAT sulle forze di lavoro. Tuttavia tali dati descrivono la struttura del mercato del lavoro, ma non servono
a spiegare come gli esiti occupazionali futuri dei disoccupati siano spiegati dalle loro caratteristiche.
L’approccio proposto mira invece a studiare direttamente la relazione tra caratteristiche individuali ed esiti
lavorativi successivi.
Un esempio di questo secondo approccio è rappresentato dalle analisi svolte dal LIR nel 2008 per la
Provincia di Torino. L’obiettivo è quello di suddividere la popolazione degli iscritti ai Centri per l’Impiego
della provincia, potenziali beneficiari degli interventi, in una serie di classi omogenee rispetto
all’occupabilità stimata. La classificazione prodotta diventa strumentale alla definizione dei soggetti a cui è
destinata ogni singola misura. I profili di partecipanti individuati nei documenti programmatici non sono
tuttavia definiti ricorrendo a tutte le caratteristiche osservabili per un iscritto ai CPI, bensì distinguono tra
macro-categorie individuate sulla base di poche caratteristiche considerate di maggiore rilievo. Lo scopo
dell’analisi di occupabilità in questo caso non è tanto quello di stimare con precisione l’occupabilità di un
dato iscritto, quanto di individuarne le principali determinanti. L’analisi, condotta sui dati del SILP relativi
agli iscritti ai CPI provinciali nel triennio 2004-20061, evidenzia ancora una volta come siano età e storia
lavorativa pregressa a influenzare in modo preponderante gli esiti occupazionali successivi. I risultati
possono essere utilizzati per definire una serie di macroclassi come nella Tabella 1, fornendo indicazioni sul
grado di debolezza delle varie categorie e sulla loro consistenza numerica.
Tabella 1. Definizione di classi di iscritti ai CPI con differenti gradi di occupabilità.
macrotarget
condizione preiscrizione
criteri
demografici
occupabilità
media
dimensione del
flusso annuale
percentuale del
flusso totale
1
mai lavorato negli
ultimi due anni
Over 45
6%
1.300
7%
Donne under 45
15%
3.800
22%
Uomini under 45
20%
2.000
11%
Tutti
24%
1.900
11%
Over 45
37%
1.700
10%
2.1
2.2
3
4.1
4.2
mai lavorato negli
ultimi due anni
lavorato negli
ultimi due anni ma
non negli ultimi
sei mesi
lavorato negli
ultimi sei mesi
Totale
1
Under 45
43%
6.800
39%
29%
17.500
100%
Sono esclusi i lavoratori disabili, i non disponibili, gli iscritti nelle liste di mobilità.
6.2. Definizione di uno strumento previsionale a supporto degli operatori dei Centri per l’Impiego
Nel caso dei servizi per l’impiego, la stima dell’occupabilità di un lavoratore è in linea di massima una
questione affrontata in modo soggettivo: raccogliendo informazioni in fase di colloquio, e sfruttando la
propria esperienza, l’operatore ne valuta la debolezza e ne definisce il percorso di servizi più opportuno. A
questo approccio di natura soggettiva se ne può affiancare uno empirico, che quantifichi l’occupabilità del
lavoratore sulla base delle sue caratteristiche osservabili.
I due approcci sono tra loro complementari: il primo coinvolge la capacità dell’operatore di analizzare
la situazione dell’iscritto, e si fonda su un insieme di informazioni, desunte dal colloquio, parte delle quali
non sono classificabili o rilevabili negli archivi amministrativi. Il secondo sfrutta le sole informazioni degli
archivi, ma permette di analizzarle con metodi statistici opportuni per quantificare l’occupabilità attesa.
Detto in modo semplificato, gli esiti lavoratori futuri di un disoccupato si possono stimare osservando gli
esiti medi delle persone ad esso simili.
Esempio di questo secondo caso è un’attività sperimentale del Laboratorio Ida Rossi, che prevede la
creazione di un sistema previsionale per la stima in tempo reale dell’occupabilità di un iscritto a un Centro
per l’Impiego della provincia. Questo sistema è attualmente strutturato nella forma di un foglio elettronico
e può essere compilato per ogni lavoratore utilizzando le stesse informazioni desumibili dagli archivi
amministrativi (Figura 1).
Figura 1. Griglia interrogabile per la stima dell’occupabilità di un iscritto ai Centri per l’Impiego.
Sfruttando un modello per la previsione dell’occupabilità stimato in precedenza, il foglio elettronico
restituisce una previsione dell’occupabilità dell’individuo basata su quattro differenti definizioni,
confrontandola con il valore mediano della popolazione di riferimento. Nella Figura 2 sono presentate le
stime relative a un iscritto con le caratteristiche presentate nella Figura 1.
Figura 1. Stima dell’occupabilità di un iscritto ai Centri per l’Impiego.
In questo caso l’obiettivo non è quindi, come nel caso della programmazione di specifici interventi, quello di
individuare le principali determinanti dell’occupabilità, ma quello di fornirne una previsione basata su tutte
le caratteristiche osservabili. Si è già sottolineato come la bontà dei risultati dipenda da una sensata
elaborazione dei dati di base e alla loro adeguata trattazione con metodi statistici, ma in misura cruciale
(soprattutto in questo caso specifico) anche dalla ricchezza dei dati stessi. Il sistema attualmente
sperimentato riesce per esempio a spiegare una porzione contenuta della variabilità osservabile tra gli
iscritti. Se da un lato è possibile studiare modelli previsionali alternativi, dall’altro si può ipotizzare una
maggiore capacità predittiva di questo modello attingendo a un maggior numero di informazioni rispetto a
quelle attualmente disponibili.