resoconto Corriere della Sera
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6 BS Cronaca di Brescia Giovedì 25 Aprile 2013 Corriere della Sera Salute e ambiente L’Enea ricorda le tante difficoltà tecniche ma avanza proposte per guarire dal Pcb Incidente a Lonato Caffaro: le bonifiche? «Solo dal 2016» Con la moto contro il trattore Muore un 45enne L’Asl avvia un orto sperimentale e studi su leucemie e linfomi Mentre a Roma ieri si firmava il via libera alla progettazione delle bonifiche del sito Caffaro, a Brescia (nel convegno organizzato dalla Cgil alla facoltà di Economia) venivano presentate inedite soluzioni su come realizzarle. In tempi non brevi: non prima del 2016. «Sogesid dovrà prima fare un’indagine sulla falda, un modello matematico dei flussi — ha spiegato il ricercatore Enea Sergio Cappucci — stilare un progetto e metterlo a gara. Ci vorranno almeno tre anni». Insomma, i ritardi burocratici sommati in dodici anni non si cancellano con un paio di tavoli tecnici. Per questo al tempo perduto si dovrebbe rispondere con un immediato patto tra istituzioni, con un concorso di idee per trovare e attuare le migliori soluzioni scientifiche a livello internazionale. Questo, per il segretario della Cgil Damiano Galletti «farebbe di Brescia un esempio virtuoso, un modello di riscatto». Se la Camera del Lavoro con una telefonata ha coinvolto l’Enea, ente che vanta competenze d’eccellenza, non si capisce come non abbiano potuto pensarci le altre istituzioni. Cappucci è cervello fine e infatti ha tracciato interessanti proposte; impossibile spostare l’enorme massa di terra avvelenata (3 milioni di metri cubi) che sta sotto l’azienda chimica di via Milano e che continua a contaminare la falda. Diseconomica anche l’eventualità di rinchiudere il cono di terra in un cappotto di cemento. L’unica strada «è quella della bar- riera idraulica che utilizzi reagenti per neutralizzare gli inquinanti» come il mercurio e i solventi. Più difficile agire sul Pcb (i resistentissimi fluidi utilizzati nei trasformatori e prodotti a Brescia fino al 1984): si potrebbero però infilare nel sottosuolo elettrodi in grado di catalizzare le molecole di policlorobifenili e portarle in superficie. Un’affascinante ipotesi di lavoro che ha un precedente in Canada. «Certo servirebbe molta ener- gia elettrica — aggiunge Cappucci — che potrebbe essere prodotta da pannelli fotovoltaici da installare sui vicini campi inquinati». Tasselli di una green economy che se applicata al risanamento ambientale di Brescia «potrebbero portare ad una nuova economia, alla creazione di posti di lavoro ed al rilancio di quelle porzioni di territorio oggi non utilizzate» ha spiegato Carmine Trecroci, docente alla facoltà di Economia. «Perché sia chiaro — ammonisce il professore — che le spese per le bonifiche sono di gran lunga inferiori ai costi sanitari e a quelli ambientali». C’è poi l’urgenza di intervenire nella bonifica dei fossi che hanno trasportato il Pcb fino a Capriano del Colle. Problema sollevato dal direttore dell’Arpa, Giulio Sesana, che parla di leggi farraginose: «ad oggi nessuno dei 57 siti inquinati di interesse nazionale è stato bonificato, è la legge che La protesta Studenti atleti: «Basta gare al campo Calvesi» I manifestanti hanno incontrato l’assessore allo sport Massimo Bianchini chiedendo l’immediato trasferimento di tutte le attività di atletica dal campo Calvesi, contaminato dal Pcb, al campo sportivo dell’Abba, «dove sarà necessario provvedere velocemente alla risistemazione della pista con l’aiuto della Provincia di Brescia». «Siamo al paradosso — affermano gli studenti — la Federazione di Atletica leggera ha annullato tutte le gare al campo Calvesi, che però continua a essere utilizzato per i campionati studenteschi e altre attività». (t. b.) non va». Forse di fronte ad un sito di interesse regionale «si sarebbe costretti ad una maggiore assunzione di responsabilità». Tante le cose da fare, pochissimi i soldi a disposizione dal 2006 (6,7 milioni) ma sbloccati solo ieri. «Somme non sufficienti per la bonifica completa dell’area» commenta l’assessore regionale all’ambiente Claudia Terzi, che ricorda «i 336 milioni messi a disposizione per l’Ilva di Taranto nonostante la situazione bresciana sia assai più seria» e promette un pressing sul governo per reperire altri fondi. La convenzione sblocca anche due progetti dell’Asl di Brescia: la realizzazione di un orto sperimentale e l’avvio di uno studio caso-controllo sui linfomi non Hodgkin e leucemie linfatiche. All’istituto agrario Pastori per 2 anni si coltiveranno insalata, pomodori, zucchine, fagiolini ed erbe aromatiche in quaranta vasi di terra al Pcb (in diverse concentrazioni) presa dal sito Caffaro. Gli ortaggi saranno poi analizzati da Asl e Istituto superiore di sanità, ricercando metalli pesanti, Pcb, diossine e composti policiclici aromatici. Lo studio su linfomi e leucemie si aggiunge a quello sul melanoma: l’obiettivo è accertare la correlazione tra esposizione al Pcb (definito dalla Iarc potente cancerogeno) e insorgenza di neoplasie. Per questo verranno monitorati 150 pazienti ospedalizzati per quelle terribili patologie. Il dramma L’incidente a Lonato Pietro Gorlani Aveva 45 anni il motociclista che ieri pomeriggio ha perso la vita scontrandosi con un trattore a Lonato lungo la provinciale 668. Massimo Testa, orginario della provincia di Napoli, residente a Ghedi, è morto poco dopo lo scontro. A nulla è servito il tentativo dei soccorritori di rianimarlo. Nell’incidente è rimasta ferita gravemente la convivente, Monica Savoldi, 40enne di Leno. La donna è ricoverata al Civile. L’incidente si è verificato alle 14.30. Testa, secondo la ricostruzione della Stradale di Brescia, era alla guida della sua Yamaha 750 e sfrecciava da Montichiari in direzione di Lonato. Davanti alla moto un trattore a rimorchio, condotto da un 43enne di Lonato, stava iniziando la manovra di svolta a sinistra. Il motociclista forse non si è accorto dello spostamento del mezzo agricolo e l’ha superato impattando contro la parte anteriore sinistra del rimorchio. Lo scontro è stato violento, il 45enne è finito sull’asfalto sotto le ruote anteriori del rimorchio. E per lui è stata la fine. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Sanità Rivoluzione in Ostetricia, arriva il rooming-in Il Civile sempre più casa Stanze per stare con il bebè Giuseppe sorride. Fabrizio ha ancora gli occhi lucidi. Sono i primi fortunati papà che hanno potuto seguire la nascita dei loro bambini nel nuovo spazio materno neonatale degli Spedali Civili. In una stanza ampia e confortevole, con due letti e tutte le attrezzature necessarie per i piccoli nati, mamma, padre e bimbo possono stare insieme e vivere i primi emozionanti momenti della famiglia vicini, «come a casa». Un passo epocale per la struttura ospedaliera bresciana, anche a detta di chi ogni giorno ci lavora. «Mi ricordo quando sono arrivato qui, nell’agosto del 1969 — racconta Sergio Pecorelli, rettore dell’Università degli Studi di Brescia — faceva un caldo tremendo, sono rimasto basito nel trovare degli stanzoni da 12-16 posti letto che ospitavano le neomamme». Dagli «stanzoni» alle sale rooming-in, a Brescia da oggi si nasce meglio. «In una struttura ospedaliera — ha aggiunto Pecorelli — bisogna impegnarsi a far vivere due anime: quella dell’assistenza e quella umana. Il rispetto della persona è fondamentale e l’ospedale di Brescia meritava questo spazio per il quale Cornelio Coppini (il direttore generale scomparso da poco) si è prodigato per anni». Per rooming-in s’intende un nuovo modello organizzativo che consenta la permanenza del partner vicino alla mamma durante la giornata, dalle 9 alle 21, e del bambino, 24 ore su 24. Questo modello favorisce inoltre l’inizio dell’allattamento al seno durante il ricovero ospedaliero e il mantenimento nel tempo. «Si tratta senz’altro di una trasformazione logistica organizzativa — ha sottolineato Enrico Sartori, direttore di Ostetricia e Ginecologia — ma ciò a cui noi teniamo di più è l’aspetto culturale. Con questi nuovi spazi cambia la filosofia di approccio alle nostre mamme, cambiano i loro primi momenti di vita insieme ai loro figli e ai compagni». La scheda Il progetto L’opera ha previsto la realizzazione di 33 stanze di degenza in entrambe le ostetricie del Civile (29 a due letti 4 a un letto) per un totale di 62 posti per neomamme I costi L’intervento di sistemazione dei due reparti è stato finanziato da risorse economiche proprie per un impegno che si aggira intorno al milione e mezzo di euro Due i principali interventi — in parte ancora in corso — di ristrutturazione. Al quarto piano del padiglione A ora convivono l’Ostetricia 2 e il Nido. «Sono state ricavate — ha spiegato Ezio Belleri, commissario straordinario dell’azienda ospedaliera — nelle due ali 21 stanze di degenza, di cui 19 a due posti letto e 2 a 1 posto letto per un totale di 40 posti complessivi». Ogni stanza è climatizzata, dotata di nuovi arredi e fasciatoi. All’inizio dell’ala ovest trova posto un nido più piccolo per i bimbi che necessitano cure particolari. Il secondo intervento riguarda il reparto Ostetricia 1, al sesto piano ala ovest, in cui sono state ricavate 12 stanze di degenza di cui 10 a due posti letto e 2 a un posto letto per un totale di 22 letti complessivi. L’intervento di ristrutturazione dell’ospedale, finanziato da risorse economiche proprie e utilizzando il personale di servizio, si aggira intorno al milione e mezzo di euro complessivo. «Questo segna il primo passo — ha concluso Belleri — di un percorso di modernizzazione che prevede a gennaio 2014 l’inaugurazione di tutto il complesso ostetrico-ginecologico con ambienti moderni e sale parti nuove». Uno spazio «necessario» per qualsiasi realtà ospedaliera, che ha sottolineato Pecorelli, «rientra in una politica sanitaria complessiva importante, spesso trascurata in Italia, in cui erroneamente non si è mai dato il giusto valore al dipartimento materno infantile, alla valenza di mettere al centro la donna e la coppia». Maria Zanolli © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 8863003