pedro almodóvar - Circolo del cinema Bellinzona

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pedro almodóvar - Circolo del cinema Bellinzona
PEDRO ALMODÓVAR
Bellinzona - Locarno
20 aprile – 9 giugno 2009
PROGRAMMA
Circolo del cinema
Bellinzona
Cinema Forum ½
Circolo del cinema
Locarno
Cinema Morettina
** Sala dei congressi
Muralto
lun 20 aprile, 20.30
mar 21 aprile, 20.30
ven 24 aprile, 20.30
mar 28 aprile, 20.30
ÁTAME!
Légami!,
Spagna 1989
lun 27 aprile, 20.30
mar 5 maggio, 20.30
LA FLOR DE MI SECRETO
Il fiore del mio segreto,
Spagna/Francia 1995
lun 4 maggio, 20.30
mar 12 maggio, 20.30
CARNE TRÉMULA
Carne tremula,
Spagna/Francia 1997
ven 8 maggio, 20.30
mar 19 maggio, 20.30
HABLE CON ELLA
Parla con lei,
Spagna 2001
ven 15 maggio, 20.30
mar 26 maggio, 20.30
LA MALA EDUCACIÓN
La mala educación,
Spagna 2004
lun 18 maggio, 20.30
mar 2 giugno, 20.30
VOLVER
Volver,
Spagna 2006
lun 25 maggio, 20.30**
mar 9 giugno, 20.30
LA LEY DEL DESEO
La legge del desiderio,
Spagna 1987
MUJERES AL BORDE DE
UN ATAQUE DE NERVIOS
Donne sull’orlo di una crisi
di nervi, Spagna 1988
** Sala dei congressi
Muralto
Entrata: fr. 10.- / 8.- / 6.-
www.cicibi.ch
www.cclocarno.ch
PEDRO ALMODÓVAR
Pedro Almodóvar Caballero è nato a Calzada de Calatrava, Ciudad Real, nel 1949. Figlio di un
mulattiere (poi enologo) della Mancha, quando ha 8 anni la famiglia si trasferisce a Cáceres, dove
Pedro compie gli studi superiori. Nel 1969 va a Madrid con il fratello Agustín, e alcuni anni dopo i
due fondano la casa di produzione El Deseo S.A. Trova impiego nella compagnia dei telefoni, e
contemporaneamente intraprende una serie di attività nel settore artistico e dello spettacolo: fa
parte del gruppo teatrale Los Goliardos, scrive fotoromanzi, compone e interpreta musica con
Fabio MacNamara e scrive per la rivista “La Luna” di Madrid, centro nevralgico di quel movimento
conosciuto come la movida madrilena, creando il personaggio di Patty Diphusa. Incomincia a
girare cortometraggi in Super8 di tipo eccentrico e anticonvenzionale, ispirandosi alla cultura pop,
a motivi legati alla cultura gay e al kitsch in tutte le sue manifestazioni. (…)
Nel suo primo lungometraggio del 1979 – Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio –
Almodóvar definisce con chiarezza questo universo della movida madrilena che è un risveglio del
postmoderno in Spagna: l’universo pop, l’estetica del comico, il kitsch dei fotoromanzi, le riviste di
moda e la posta del cuore, uniti a un clima eccentrico, sempre deliberatamente volgare ed
escatologico e sempre irriverente. Le riprese, in 16mm, durano più d’un anno e in collaborazione
con il gruppo di amici che fa parte della movida. Gonfiato a 35mm, entra nel circuito commerciale
e circola in modo soddisfacente aprendo le porte all’autore. Nelle pellicole successive abbandona
la formula del puzzle o del collage e ottiene una migliore architettura della sceneggiatura,
un’ambientazione formalmente meno eccentrica e caotica, anche se le tematiche ricorrono
costantemente alla iconoclastia, come dimostra Labirinto di passioni (1982) e, soprattutto, la
commedia L’indiscreto fascino del peccato (1983) – che si svolge in un convento di monache –
dove Almodóvar sviluppa uno dei punti chiave della sua opera successiva: dirigere un piccolo
gruppo di donne che vivono in modo altalenante, con disinvoltura e passione, la propria
quotidianità colma di irriverenze, dal momento che la vita conventuale si trova unita a droghe,
allegre festicciole, canzoni e tutto quanto è divertimento. Che ho fatto io per meritare questo?
(1984), primo successo di pubblico, rappresenta un cambiamento sostanziale nel suo percorso in
quanto – pur restando fedele alla vocazione per il pastiche e la mescolanza di citazioni
indiscriminate derivanti da tutta la cultura di massa, così come per i personaggi non convenzionali
– il film colloca la finzione in un clima di maggior realismo, cioè nell’ambito del sottoproletariato
urbano d’una strada periferica di Madrid, dove la prostituzione, l’emigrazione spagnola in
Germania e i problemi di integrazione della popolazione rurale nella vita cittadina sono trattati nel
contesto d’una commedia tragica. Allontanandosi temporaneamente dal genere comico, Matador
(1986), scritto in collaborazione con il romanziere Jesús Ferrero, compie un’incursione nel mondo
delle corride per ricreare una sessualità perversa e necrofila, che riappare in Parla con lei (2001).
Dal canto suo, La legge del desiderio (1987) si integra completamente al cinema con tematiche
omosessuali, anche quando il mutamento di registro avviene in una direzione tragicomica.
(Su questo film, come sui successivi, si vedano le schede qui di seguito: la rassegna comprende tutti i film
realizzati da Almodóvar da La legge del desiderio a Volver, con le eccezioni di Tacchi a spillo, 1991, Kika,
1993, e Tutto su mia madre, Oscar per il miglior film straniero nel 1999, di cui non ci è stato possibile
rintracciare gli aventi diritto. Dopo Volver, Almodóvar ha realizzato Los abrazos rotos, 2008, che dovrebbe
uscire nelle sale ticinesi in maggio, in contemporanea con la nostra retrospettiva).
(…) Oggi Almodóvar è forse il regista spagnolo più conosciuto al mondo, dopo Buñuel, e la sua
produzione, regolare anche se di certo non troppo affrettata, dimostra che ogni film costituisce
un’indagine ulteriore nella sua visione del mondo. Sebbene alcuni tra i suoi film siano criticati dal
punto di vista estetico, non c’è il minimo dubbio che Almodóvar rappresenti emblematicamente il
percorso d’un cinema che non affonda le sue radici nella letteratura quanto piuttosto nelle arti
plastiche, nella scena o anche nella cultura di massa; un cinema che nasce con il sopraggiungere
del postmoderno in Spagna, raccoglie l’eredità di Warhol e del pop e si trasforma in una indagine
che attraversa generi tanto diversi come la commedia e il melodramma, portandoli entrambi agli
estremi. Almodóvar è così riuscito a trasformarsi nella star dei suoi stessi film.
dal Dizionario dei registi del cinema mondiale, a cura di Gian Piero Brunetta, Torino, Einaudi,
2008
LA LEY DEL DESEO
La legge del desiderio, Spagna 1987
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: Angel Luis Franández; montaggio: José Salcedo; musica:
Bernardo Bonezzi (musica di repertorio: “Tango” di Igor Stravinskij, “Sinfonia n. 10” di Dimitri Sciostakovic;
canzoni: “El adios de Gloria”, Bernardo Bonezzi, “Lo dudo”, Los
Panchos, “Ne me quitte pas”, Maysa Matarazzo, “Guarda che luna”, Fred Buscagliene, “Déjame recordar”,
Bola de Nieve); interpreti: Eusebio Porcela, Carmen Maura, Antonio Banderas, Miguel Molina, Manuela
Velasco, Bibi Andersson, Fernando Guillén Cuervo, Nacho Martínez, Helga Liné, Agustín Almodóvar, Pedro
Almodóvar; produzione: El Deseo Film per Lauren Films, Madrid.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 106’
Un famoso regista gay (Poncela), legato da un rapporto quasi osmotico con la sorella Tina (Maura)
e infelicemente innamorato di Juan (Molina), ha una breve ma intensa relazione con un possessivo
Andaluso (Banderas), impossibile oggetto del desiderio di Tina e talmente geloso da uccidere
Juan.
Abbandonate le provocazioni dei film precedenti, Almodóvar costruisce un melodramma sul
desiderio e la passione che però tradisce le regole del genere: romantico e tenero malgrado la
scabrosità del tema, sfiora in più di una scena lo humour nero scivolando verso toni corrosivi e
grotteschi (come le convulsioni erotiche della scena iniziale). Grande Carmen Maura, che nella
parte dell’attrice Tina si esibisce in una singolare versione del monologo La voce umana di Jean
Cocteau. Nella colonna sonora, tra Sciostakovic e Stravinskij, anche Guarda che luna di Fred
Buscagliene. Nel ruolo dell’avvocato, Agustín Almodóvar, produttore e fratello del regista.
MUJERES AL BORDE DE UN ATAQUE DE NERVIOS
Donne sull’orlo di una crisi di nervi, Spagna 1988
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: José Salcedo; musica: Bernardo
Bonezzi (canzoni: “Soy infeliz”, Lola Beltrán, “Puro teatro”, La Lupe); interpreti: Carmen Maura, Julieta
Serrano, María Barranco, Antonio Banderas, Fernando Guillén Cuervo), Rossy de Palma, Kiti Manver,
Guillermo Montesinos, Chus Lampreave, Loles Léon, Agustín Almodóvar, Francisca Caballero; produzione:
El Deseo Film, Madrid.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 95’
Abbandonata dal collega Ivan (Guillen Cuervo) nonostante aspetti un figlio, la doppiatrice Pepa
(Maura) decide di dargli la caccia. Ma le capitano tra i piedi un’amica ricercata dalla polizia
(Barranco), il figlio di Ivan (Banderas) con la sua fidanzata (de Palma) e persino una sua ex
amante (Serrano) intenzionata a ucciderlo.
Lontanamente ispirato alla Voce umana di Cocteau (di cui resta la centralità del telefono e dei
messaggi registrati), è un’irresistibile farsa degli equivoci dal ritmo indiavolato, elegante come una
sophisticated comedy hollywoodiana. Campione riconosciuto del postmoderno, Almodóvar
“ripercorre tutto lo spettro del cinema, dal più strettamente formalista al più laboriosamente triviale”
(Volpi) per fondere – con una energia e un talento istintivi ma solidi – gli elementi che formano la
composita cultura della movida madrilena, dalla pop-art al teatro da boulevard, dalla sit-com alla
moda, dai rotocalchi femminili alla pubblicità. Ne esce un ritratto irriverente e graffiante insieme
della società spagnola, come nessun altro regista – e film – è riuscito a darci. Il fratello Agustín
Almodóvar, produttore esecutivo del film, interpreta la parte di un impiegato immobiliare.
ÁTAME!
Légami!, Spagna 1989
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: José Salcedo; musica: Ennio
Morricone (canzoni: “Canción del alma”, Rafael Hernández, “Resistiré”, Carlos Toro Monitoro e Manuel de la
Calva Diego), “Celos”, Jacob Gade); interpreti: Victoria Abril, Antonio Banderas, Francisco Rabal, Loles
Léon, Jilieta Serrano, María Barranco, Rossy de Palma, Agustín Almodóvar, Francisca Caballero;
produzione: El Deseo Film, Madrid.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 101’
Dimesso dal manicomio, il giovane Ricky (Banderas) decide di trovarsi una moglie e mette gli
occhi sulla pornostar Marina (Abril): la rapisce e lei, dopo le prime resistenze, scopre le gioie
dell’anomala situazione.
Un melodramma profondamente romantico, anche se tinto di sadomasochismo: stravagante ma
meno effervescente dei film precedenti, tappa importante del regista verso un cinema più classico.
Nella porticina del farmacista il fratello di Almodóvar, Agustín, produttore esecutivo del film. La
figura di Maximo Espero, il regista in carrozzella interpretato da Francisco Rabal, è ispirata al John
Huston degli ultimi anni. Musiche di Ennio Morricone.
LA FLOR DE MI SECRETO
Il fiore del mio segreto, Spagna/Francia 1995
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: Affonso Beato; montaggio: José Salcedo; musica: Alberto
Iglesias; interpreti: Marisa Paredes, Juan Echanove, Imanól Arías, Carmen Elías, Rossy de Palma, Chus
Lempreave, Joaquín Cortés, Manuela Vargas, Kiti Manver; produzione: Agustín Almodóvar e Esther García
per El Deseo//Ciby 2000, Madrid/Parigi.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 105’
Fortunata scrittrice di romanzi rosa con lo pseudonimo di Amanda Gris, Leo Marcia (Paredes) è
invece insoddisfatta della propria vita: il marito militare (Arías) è sempre lontano, la madre e la
sorella (Lampreave e de Palma) la ossessionano, l’amica psicologa (Elías) non è poi così fidata.
Forse la soluzione è accettare l’offerta di un giornalista del Pais (Echanove) di collaborare al
quotidiano e cominciare stroncando i romanzi rosa di Amanda Gris…
Almodóvar abbandona gli eccessi camp dei suoi film precedenti a favore di una scrittura asciutta
ma piena di calore, capace di scavare dentro i desideri e i dubbi delle persone: fin dalla prima
scena (un drammatico incontro tra due medici e la madre di un paziente, che si rivela una
ingannevole messa in scena) nessuno può, o ha il coraggio di essere veramente se stesso, dalla
protagonista che vorrebbe raccontare i dolori della vita invece dei romanzi rosa fino alla domestica
(Vargas) che “dimentica” la propria bravura come ballerina di flamenco insieme al figlio (Cortés).
Ne esce una giostra della vita, dove i personaggi “sono descritti come persone credibili più che
come parodiche figure di un teatro immaginario” (Aprà) e dove gli elementi tradizionali del cinema
di Almodóvar – lacrime, tradimenti, nevrosi, colori, geometrie, citazioni cinefile (dall’Appartamento
a Ricche e famose all’abbraccio tra la folla di Viaggio in Italia) – sono utilizzati in funzione
antinaturalistica.
CARNE TRÉMULA
Carne tremula, Spagna/Francia 1997
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar, Ray Loriga e Jorge Guerricaechevarría, dal romanzo Live Flesh di Ruth
Rendell; fotografia: Affonso Beato; montaggio: José Salcedo; musica: Alberto Iglesias; interpreti: Javier
Bardem, Francesca Neri, Liberto Rabal, Ángela Molina, José Rancho, Penélope Cruz, Pilar Bardem, Álex
Angulo; produzione: Agustín Almodóvar per El Deseo/Ciby 2000/France 3 Cinéma, Madrid/Parigi.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 100’
Il proletario Victor (Rabal) finisce in galera per aver costretto alla sedia a rotelle il poliziotto David
(Bardem), in realtà ferito dal collega Sancho (Sancho) durante una concitata corte alla ricca Elena
(Neri): quando uscirà di prigione, per vendicarsi diventerà l’amante della moglie di Sancho (Molina)
e manderà in crisi il matrimonio tra Elena e David.
Almodóvar mescola melodramma, commedia e noir (all’origine c’è il romanzo Carne viva di Ruth
Rendell, molto liberamente adattato) e attraverso destini incrociati e amori folli racconta il
passaggio della Spagna dalla fine del franchismo all’inizio liberatorio della movida. Ripreso da una
macchina mobilissima e ambientato in un décor dai colori accesi e caldi, un inno all’amore e
all’impossibilità di resistere alle proprie pulsioni (anche se la scena di Estasi di un delitto di Buñuel
trasmessa dalla Tv introduce una sana dimensione ironica). Geniale la scena d’apertura, con la
nascita di Victor in un autobus durante il coprifuoco (la partoriente è Penélope Cruz). Francesca
Neri recita molto meglio nella versione originale che in quella italiana, in cui si doppia da sé.
HABLE CON ELLA
Parla con lei, Spagna 2001
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: Javier Aguirresarobe; montaggio: José Salcedo; musica:
Alberto Iglesias; interpreti: Javier Cámara, Darío Grandinetti, Rosario Flores, Leonor Watling, Geraldine
Chaplin, Paz Vega, Fele Martínez, Mariola Fuentes, Chus Lampreave, Adolfo Fernández, Elena Anaya,
Loles Léon, Agustín Almodóvar, Fernando Guillen Cuervo, Pina Bausch, Caetano Veloso, José Sancho,
Marisa Paredes, Cecilia Roth; produzione: Agustín Almodóvar per El Deseo, Madrid.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 112’
Nella camera dove è ricoverata in coma la torera Lydia (Flores), il giornalista Marco (Grandinetti) fa
amicizia con l’infermiere Benigno (Cámara), che accudisce amorevolmente la ballerina Alicia
(Watling), in coma da tre anni, che ama talmente da renderla incinta: Benigno si suiciderà in
carcere e Marco, dopo la morte di Lydia, forse amerà Alicia, che si è miracolosamente svegliata
appena portato a termine il parto.
Almodóvar (premiato con l’Oscar perla sceneggiatura) bissa il successo di Tutto su mia madre,
reimpastando abilmente gli stessi furbi elementi: passioni proibite, lacrime e casi del destino. Ma la
storia struggente di un amore senza sesso (quello tra Benigno, omosessuale e feticista, e Marco,
eterosessuale e giramondo) che si incrocia con uno rovinato dal sesso (quello tra l’infermiere e la
sua malata) finisce per perdersi tra le troppe divagazioni, ora culturali (due esibizioni di Pina
Bausch, una di Caetano Veloso che canta Cuccurruccuccù Palma), ora cinefile (il viaggio di
Benigno nella vagina della donna, raccontato alla maniera del cinema muto). Col risultato che la
storia di una passione che non ha paura nemmeno della morte (e del coma) diventa un lacrimoso
incrocio di destini, naturalmente coronati dal più consolatorio lieto fine.
LA MALA EDUCACIÓN
La mala educación, Spagna 2004
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: José Salcedo; musica: Alberto
Iglesias; interpreti: Gael García Bernal, Fele Martínez, Daniél Giménez Cacho, Javier Cámara, Leonor
Watling, Lluís Homar, Petra Martínez, Nacho Pérez, Raúl García Forneiro, Francisco Boira, Juan Fernández,
Alberto Ferreiro, Francisco Maestre, Roberto Hoyas, Sara Montiel; produzione: Agustín Almodóvar e Esther
García per El Deseo, Madrid.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 105’
Madrid, 1980: l’attore Angel Andrade (Pérez da adolescente, García Bernal da adulto) offre all’ex
compagno di collegio diventato regista Enrique Godet (Forneiro da adolescente, Martínez da
adulto) una sceneggiatura che racconta il loro legame adolescenziale, interrotto dalla gelosia di
padre Manolo (Giménez Cacho). L’amore tra i due torna a scoppiare, ma qualcosa nel passato di
Angel non convince Enrique.
Dopo due film in qualche modo rassicuranti come Tutto su mia madre e Parla con lei (in cui alla
fine le contraddizioni venivano dimenticate), Almodóvar gira un’opera meno spensierata e “alla
moda”, frammentata da continui salti temporali (che comunque non frenano l’attenzione dello
spettatore). Meno sicuro delle proprie certezze, il regista svela con più sincerità i limiti della propria
cinefilia (Sarita Montiel è la copia di una copia per travestiti, gli amati film noir un inutile specchio
della vita che non aiutano a modificare le proprie azioni), mentre il fascino dell’atto creativo
nasconde egoismo e sfruttamento. Non sono mancate le polemiche sulle passioni proibite del
prete per il suo allievo: ma la sfrontatezza ostentata dai transessuali e la crudezza (e il verismo)
con cui sono mostrati i rapporti tra omosessuali sembrano l’indicatore di una nuova coscienza, così
come il disincanto con cui è ricostruita la Spagna della movida.
VOLVER
Volver, Spagna 2006
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: José Salcedo; musica: Alberto
Iglesias; interpreti: Penélope Cruz, Carmen Maura, Lola Dueñas, Blanca Portillo, Yohana Cobo, Chus
Lampreave, Antonio de la Torre, Carlos Blanco, María Isabel Díaz, Neus Sanz, Leandro Rivera, Yolanda
Ramos, Carlos García Gambero, Raimunda Sánchez Esposito; produzione: Esther García per El Deseo,
Madrid.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 120’ (a Locarno, dvd, v.o. st. it.)
La morte del marito (de la Torre), ucciso dalla figlia Paola (Cobo) come reazione a un tentativo di
violenza, spinge Raimunda (Cruz) a rilevare il ristorante che un vicino voleva vendere,
coinvolgendo nell’impresa amiche anch’esse senza uomini; e poi, attraverso la sorella Sole
(Dueñas) e l’amica Augustina (Portillo), a recuperare il rapporto con la madre (Maura), sparita in
un incendio anni addietro.
I temi sono quelli tradizionali dell’universo almodovariano (la superiorità femminile, la solidarietà di
classe e di sesso, l’inutilità del maschio per costruire un nucleo famigliare), però distillati e
intrecciati con una maestria che lascia a bocca aperta; e che aiuta a capire che cos’è davvero un
film “alla Almodóvar”, in cui l’occhio anticipa la mente, le immagini fanno intuire quello che si
spiegherà poi e la regia precede sempre le svolte della sceneggiatura (come sempre scritta dal
regista). Come nella primissima scena (una carrellata da destra verso sinistra fra le tombe di un
cimitero, che fa entrare in campo i titoli di testa dal fondo e non dall’inizio delle parole), il film
affronta le storie dei suoi personaggi “dal fondo”, per far emergere pian piano dal passato (“volver”
dice il titolo, cioè tornare) le ragioni dei loro comportamenti, delle loro paure e delle loro nevrosi:
senza le provocazioni folkloristiche di alcuni lavori precedenti, ma con la consapevolezza che la
giostra della vita è più ironica e sorprendente di ogni immaginazione. A Cannes, premi alla
sceneggiatura e al cast femminile al gran completo. A detta del regista, per esigenze di parte la
Cruz si è solo “rinforzata” il seno, non i fianchi.
Schede sui film da:
- Il Mereghetti. Dizionario dei film 2008, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2007 (sinossi e giudizio critico);
- Pedro Almodóvar, Torino, Paravia Bruno Mondadori Editori, 2000 e alcuni numeri di “Cineforum”
(schede tecniche).
Per l’organizzazione della rassegna si ringraziano:
- Monopole Pathé Films AG, Zürich
- Frenetic Films, Zürich
- Cac-Voltaire, Genève
- Tamasa Distribution, Paris