ricettività extralberghiera nel Comune di Firenze

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ricettività extralberghiera nel Comune di Firenze
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PIANO STRUTTURALE
_______________________________________________________________________________
Struttura economica
___________________________________________________________________
Responsabile del Procedimento (fino al 01/12/2008)
Gaetano Di Benedetto
Responsabile del Procedimento (dal 02/12/2008)
Maurizio Talocchini
Progettisti
Oberdan Armanni, Marcello Cocchi, Maurizio Talocchini (fino al 01/12/2008)
Coordinamento operativo
Marcello Cocchi
Organizzazione dei dati e Supporto tecnico coordinamento operativo:
Giovanni Matarrese
La struttura economica della città nel contesto dell’area
metropolitana
0. Premessa
La struttura economica di Firenze è tuttora (i dati cui si fa riferimento sono quelli del
2004, fonte IRPET) caratterizzata sostanzialmente da due fattori, che ne definiscono
insieme la maturità e la fragilità:
- la stretta integrazione con la struttura economica della provincia;
- la dominanza delle funzioni ad alta qualificazione e a rendimento differito.
Definire il sistema economico fiorentino vuol dire prendere in considerazione i
“fondamentali” della provincia di Firenze, giacché non è possibile (e non avrebbe
senso) scindere gli elementi relativi al solo comune cittadino da tutti gli altri: ne
risulterebbe una rappresentazione distorta della realtà.
Infatti se Firenze città si presenta come polo propulsore ed esponente dell’economia
dell’area, lo fa in quanto consolidato delle attività aventi sede nella provincia di Firenze
e non nel solo comune.
Certamente nell’ambito della provincia Firenze comune ospita da sola il 40,94 per cento
delle imprese (45.540 su 111.229). Ma nel comune è veramente significativa solo la
presenza di quelle appartenenti a specifici settori:
- il commercio all’ingrosso e al dettaglio (15.557 su 33.112, 46,98%);
- gli “altri servizi” (2.176 su 4.585, 47,46%);
- l’intermediazione monetaria e finanziaria (1.532 su 2.987, 51,29%);
- la ricettività (3.033 su 5.494, 55,20%);
- le attività immobiliari, l’informatica, la ricerca (8.333 su 14.869, 56,04%);
- la sanità (227 su 395, 57,46%);
- e soprattutto l’istruzione (con 374 unità locali su 530, 70,56%).
Il rimanente delle attività di maggior rilievo è collocato prevalentemente nella
provincia:
- le imprese di trasporto (2.583 su 4.520, 57,15%);
- le imprese di costruzione e impianti (10.340 su 15.340, 67,41%);
- le manifatture (14.256 su 20.171, 70,68%);
- le aziende agricole e assimilate (6.938 su 7.657, 90,61%).
Questo conferma il carattere saliente, e peraltro immediatamente percepibile, di Firenze
come “città dei produttori di servizi”, all’interno di una provincia che è stata definita
“città dei produttori” tout court. Peraltro la straordinaria offerta di servizi che connota
Firenze ha formato oggetto di una specifica indagine nel Quadro conoscitivo del Piano
strutturale, quella sulla “qualità urbana”.
1
1. Composizione strutturale dell’economia fiorentina
Una caratteristica fondamentale della struttura economica di Firenze città è di ospitare
un numero di posti di lavoro largamente superiore alla popolazione attiva avente
residenza anagrafica a Firenze. In altri termini, una grande parte di coloro che svolgono
la loro attività lavorativa a Firenze risiedono anagraficamente fuori comune.
I posti di lavoro complessivamente registrati nel comune di Firenze al censimento del
2001 (Censimento nazionale dell’industria e servizi) erano 212.403, dei quali 144.467
per lavoratori dipendenti, 55.211 per lavoratori indipendenti, 11.591 per collaboratori
coordinati e continuativi, 1.134 per lavoratori interinali.
Le tabelle che seguono danno la ripartizione dei posti di lavoro per branca d’attività
delle unità locali che li hanno dichiarati.
2
A questi si devono aggiungere ben 31.120 “volontari”.
Dall’esame di questi dati si ottiene una rappresentazione molto efficace della struttura
dell’occupazione nella città.
Anzitutto il riparto complessivo tra posti di lavoro dipendenti (68,01%), indipendenti
(25,99%), collaboratori coordinati e continuativi (5,46%) e lavoratori interinali (0,54%),
che dà la configurazione tipica di realtà metropolitana, con una forte presenza di
lavoratori autonomi. Si deve ritenere che negli anni più recenti la percentuale di
precariato (Co.co.co e interinali) sia cresciuta.
Se esaminiamo i riparti relativi, vediamo che il “commercio” e le “altre attività
professionali e imprenditoriali”, che nel 2001 valevano il 45,84% dei posti di lavoro
(97.362), avevano una presenza di lavoratori indipendenti (36.775) pari al 66,61 del totale
della categoria, di collaboratori coordinati e continuativi (5.139) pari al 44,34% del totale
della categoria e di lavoratori interinali (630) pari al 51,05% del totale della categoria.
Viceversa, la pubblica amministrazione, con il 22,82% dei posti di lavoro (48.476),
aveva una presenza di lavoratori indipendenti (3.101) pari al 5,62 del totale della
categoria, di collaboratori coordinati e continuativi (2.349) pari al 20,26% del totale
della categoria e di lavoratori interinali (129) pari al 10,45% del totale della categoria.
Il settore delle costruzioni, con il 4,43% dei posti di lavoro (9.408), aveva una presenza
di lavoratori indipendenti (3.995) pari al 7,23 del totale della categoria, di collaboratori
coordinati e continuativi (325) pari al 2,80% del totale della categoria e di lavoratori
interinali (21) pari al 1,70% del totale della categoria.
Le attività di “trasformazione industriale”, con l’11,94% dei posti di lavoro (25.372),
aveva una presenza di lavoratori indipendenti (6.491) pari all’11,76% del totale della
categoria, di collaboratori coordinati e continuativi (1.243) pari al 10,72% del totale
della categoria e di lavoratori interinali (268) pari al 21,72% del totale della categoria.
3
Per converso i posti di lavoro dipendenti erano ripartiti per il 37,94% presso il
“commercio” e le “altre attività professionali e imprenditoriali”, per il 29,69% presso le
pubbliche amministrazioni, per il 12,02% presso le attività di “trasformazione
industriale”, per il 3,51% presso il settore delle costruzioni.
Molto interessante la configurazione delle “altre” attività, che offrivano il 15,40% dei
posti di lavoro (32.725), con il 16,75% dei posti di lavoro dipendenti (24.197), l’8,64%
dei posti di lavoro indipendenti (4.770), il 21,77% dei collaboratori coordinati (2.524) e
continuativi e l’8,91% dei posti di lavoro interinali (110).
L’apporto del volontariato (che aggiunge un 14,65% ai posti di lavoro remunerati) si
distribuisce in maniera caratteristica: ben il 58,23% (18.123) si dispiega in favore delle
“altre” attività, il 40,69% (12.662) appoggia l’operato delle pubbliche amministrazioni,
solo l’1,05% integra il “commercio” e le “altre attività professionali e imprenditoriali”.
La tabella seguente dà il numero ed il riparto per branca d’attività delle unità locali
esistenti alla medesima data.
Come si vede, abbiamo un riparto complessivo dei posti di lavoro per le unità locali, che
dà un numero medio di posti per unità locale di 4,47, che qualifica come piccolissima la
dimensione media delle unità locali.
In realtà, se consideriamo solo i settori del “commercio” e delle “altre attività
professionali e imprenditoriali”, tale rapporto scende a 3,24 posti di lavoro per unità,
che si avvicina al microscopico. Analoga condizione si ha per il settore delle costruzioni
con 3,01 posti di lavoro per unità.
Invece nel settore delle attività di “trasformazione industriale” il rapporto risale a 5,30
posti per unità locale e nel settore delle pubbliche amministrazioni addirittura a 12,74
posti di lavoro per unità locale, che è già un valore meno preoccupante.
Vero è che tra queste ultime ci sono unità locali molto grandi come il Comune, la
Regione, la Provincia, l’Azienda Ospedaliera e l’Università.
Quanto alla distribuzione delle unità locali in quanto tali per i diversi settori d’attività,
preme rilevare come l’incidenza della pubblica amministrazione sul totale, pari all’8%
circa delle unità, rappresenti pienamente la dimensione ‘quaternaria’ del capoluogo
regionale, con ben 3.806 unità attive.
Questo elemento va confrontato col totale delle unità locali nel settore della pubblica
amministrazione presenti in Toscana.
Il “commercio” e le “altre attività professionali e imprenditoriali” totalizzano da soli
30.002 unità locali su 47.550, ossia il 63,09% del totale, a conferma della dimensione
‘terziaria’ del capoluogo.
A questi vanno aggiunte le “altre” attività che coprono il 12,12% delle unità locali.
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Infine le attività di “trasformazione industriale” e le costruzioni raccolgono il 16.63%
delle unità, mentre l’agricoltura si limita all’1,39% delle unità locali.
Dal Censimento della popolazione del 2001 risultano dati (per verità non
completamente affidabili) sui residenti a Firenze occupati a Firenze che comunque
dimostrano l’ampiezza del divario tra posti di lavoro offerti dalla struttura economica
della città e saturazione di essi da parte della popolazione residente. Infatti gli occupati
residenti sarebbero soltanto 94.118.
Il saldo della popolazione attiva alloctona risulterebbe sbilanciato per 118.285, che
sarebbero i posti di lavoro al 2001 coperti da non residenti nel comune di Firenze.
In realtà non è così per almeno una principale ragione.
La ragione è che la popolazione presente nel comune di Firenze è costantemente più alta
di quella residente, proprio grazie ad un rilevante numero di attivi che non hanno
acquisito la residenza in considerazione della temporaneità (più o meno lunga) del loro
impiego in città.
Abbiamo comunque una configurazione strutturale sufficientemente definita, che
qualifica il territorio comunale nel suo complesso come un attrattore di popolazione
attiva dall’hinterland, molto più di quanto non sia tributario di attivi nei confronti delle
aree viciniori (al Censimento della popolazione del 2001, ad esempio, i residenti in
Firenze con sede di lavoro fuori comune erano 25.752).
Dal punto di vista generale, la struttura economica della provincia di Firenze è parte
integrante della struttura economica della regione, come stanno a dimostrare
l’omogeneità dell’articolazione in settori produttivi, i livelli similari di valore aggiunto
maturato nelle diverse province toscane, i livelli similari dell’occupazione.
Per quanto riguarda l’articolazione in settori produttivi, la provincia di Firenze ha il
6,96% delle unità locali attive nel settore primario, il 31,97% nelle attività produttive, il
61,07% nel commercio, nei trasporti, nei servizi, nella pubblica amministrazione; nella
regione Toscana il riparto in settori produttivi presenta valori paragonabili con questi.
Per quanto riguarda il valore aggiunto realizzato, tutte le province della Toscana hanno
maturato nel 2004 un valore superiore a quello medio nazionale, con l’eccezione di
Massa e Carrara che si è tenuta al di sotto del 6,52%.
Rileva osservare come in questo quadro la cosiddetta translocalità dell’economia
fiorentina, presuntivamente libera da uno stretto legame col territorio e legata con la rete
delle transazioni internazionali, appare fortemente ridimensionata. Lo stesso turismo, ad
esempio, mitizzato come il forziere della ricchezza cittadina, può vantare a Firenze
appena il 7,97% degli addetti ad imprese locali.
Se veniamo al solo comune di Firenze, questi valori appaiono ancora enfatizzati.
La maturità della struttura economica fiorentina (comune di Firenze) è dimostrata dalla
classica suddivisione del numero degli addetti nei vari settori, che (al netto degli
impiegati nella pubblica amministrazione) vede assegnare:
- al primario soltanto il 3,87%;
- al secondario il 24,95%;
- al terziario ben il 71,18% degli occupati.
Tuttavia l’elemento che emerge è la forte presenza di una realtà economica particolare,
caratterizzata da un numero relativamente basso di addetti, dal rendimento diretto
addirittura scarso, ma dall’amplissimo coinvolgimento di soggetti destinati ad essere
5
attivi in futuro. È il variegato universo della formazione fiorentina, che nel periodo
recente ha conosciuto uno sviluppo sorprendente. Essa è rappresentata innanzitutto
dall’Università statale che, nata nel vicinissimo 1928, è giunta nel 2004 a contare
63.470 iscritti e ad espandere la propria presenza nel territorio provinciale e
interprovinciale (Empoli, Calenzano, Prato, Pistoia). In secondo luogo dalle altre
Università, italiane e straniere, che hanno aperto a Firenze una sede distaccata, e che
oggi sono ben 23. In terzo luogo dall’Istituto Universitario Europeo, che pone Firenze al
centro del sistema formativo dell’Unione Europea.
A queste presenze si aggiunge una vera nebulosa di iniziative private nel settore della
formazione complementare, attive nelle materie più diverse, dalla pratica sindacale alle
tecniche di marketing, alle lingue nazionali, alla cucina, al ballo, alle arti marziali.
Altro elemento caratteristico della struttura economica fiorentina è la capacità di
polarizzazione nelle attività più elevate, in particolare direzione, amministrazione,
consulenza, ricerca, formazione, cura.
2. Distribuzione territoriale delle attività economiche
La condizione descritta corrisponde ad una oggettiva concentrazione nel territorio
comunale di unità economiche (alcune delle quali di grande e grandissima dimensione)
soprattutto nei settori dei servizi, dell’amministrazione e della formazione, anche se
certamente non si registra più il carattere di “capoluogo pigliatutto” che la presenza
industriale aveva conferito a Firenze negli anni 50 e 60 del secolo scorso, quando il
settore della trasformazione costituiva l’asse dell’economia cittadina.
L’avvio nei decenni scorsi di un processo di decentramento delle unità locali più
complesse (l’ospedale di S. Maria Annunziata all’Antella, il Polo scientificotecnologico dell’Università degli Studi nella Piana di Sesto) ha soltanto limato qualcosa
rispetto all’assetto di equilibrio acquisito negli anni 80 e 90, con le grandi strutture
amministrative (Comune, Regione, Provincia), di servizio (complessi ospedalieri e
sanitari, teatri, attrezzature sportive), e della formazione (Università statale, altre
Università, istituti scolastici di ogni ordine e natura) saldamente localizzate in città.
Se andiamo ad analizzare per zone della città la localizzazione delle unità economiche
vediamo che si individuano nettamente alcune aree specializzate.
La più evidente è costituita dalla città ospedaliera di Careggi, il cui processo di
aggregazione monofunzionale, partito negli anni Venti del secolo scorso con le strutture
attivate per far fronte agli esiti traumatici della prima guerra mondiale, non si è mai
arrestato e continua tuttora a ritmo sostenuto (emblematico il trasferimento in corso
dell’ospedale per l’infanzia Anna Meyer). Si tratta di un’enclave di circa 90 ettari, nella
quale svolgono la loro attività circa 6.000 addetti (con circa 18.000 ricoverati e
frequentatori giornalieri).
Altre concentrazioni forti rimangono quella tra l’Olmatello e il Lippi, che ospita il
Nuovo Pignone, la Centrale del Latte, il Mercato Ortofrutticolo ed una serie di unità
medie nel settore della logistica, del collettame, dei depositi; quella delle attività
ginnico-sportive al Campo di Marte (stadio di calcio, stadio di atletica, palazzo dello
Sport, piscina Costoli, campo di baseball, impianti sportivi minori);
Una concentrazione sui generis è quella museale, tra piazza San Marco e piazza Pitti
(forse la più densa concentrazione del genere in Italia), che occupa un numero di addetti
6
relativamente modesto, ma con i suoi frequentatori determina un volume di attività
correlate e complementari rilevantissimo.
Per il resto, è una caratteristica di Firenze la diffusione delle unità locali, anche di
dimensione rilevante, nel tessuto urbano, e spesso la loro frammentazione in sub-unità a
loro volta diffuse nella città.
Tra le unità di grande dimensione aventi collocazione deconcentrata (ovvero a sé stante
rispetto al complesso delle attività produttive) sono:
- le due maggiori strutture fiorentine in campo farmaceutico: l’Istituto
Farmaceutico Militare di Rifredi e la Menarini del Campo di Marte;
- un’industria vetraria dal passato travagliato, ma dal presente ricco di sviluppi in
campo internazionale, la SEVES di Castello.
Tra le unità di grande dimensione ‘frammentate’ sono tutti i maggiori Enti: il Comune,
la Regione, la Provincia, ciascuno dei quali ha sub-unità, anche per centinaia di addetti,
disseminate in quasi tutti i settori urbani.
Molto rilevanti ancora oggi sono alcune concentrazioni “miste”:
- la concentrazione di attività finanziarie, professionali e amministrative nel centro
storico e nella cintura ottocentesca adiacente (zona dei Viali);
- la concentrazione di attività logistiche, produttive, di commercio all’ingrosso e
attività affini all’Osmannoro (parte di una più ampia concentrazione
transfrontaliera che la sua espansione prevalente nel comune di Sesto
Fiorentino).
Particolarmente significative sono le concentrazioni commerciali, che hanno
validamente resistito alla sopravvenienza dei “centri commerciali artificiali”. Oltre al
centro storico (che costituisce ancor oggi la maggiore aggregazione di commercio al
dettaglio tra Roma e la Val Padana), meravigliano per la loro vitalità l’asse che va da
Santa Croce a piazza Alberti, con la propaggine di via Lanza, e il ganglio di piazza
Dalmazia.
Sono frutto di una politica di piano le nuove concentrazioni di unità locali, in corso di
realizzazione, di Novoli e di Castello.
Nella prima ha già trovato collocazione il “polo delle scienze sociali” dell’Università
statale (facoltà di Giurisprudenza, Economia e Commercio e Scienze Politiche, con una
biblioteca specializzata di rilievo europeo); a breve sarà trasferito l’intero complesso
delle attività giudiziarie (Tribunale, Corte d’Assise, Corte d’Appello, Procura della
Repubblica) e saranno create le condizioni per un addensamento significativo di attività
professionali, commerciali e ricreative.
Nella seconda è programmato il trasferimento della Regione, della Provincia, della
Scuola Sottufficiali dei Carabinieri, di un polo per l’istruzione superiore, e la creazione
di una polarità minore commerciale, ricreativa e di servizi.
L’elemento più significativo degli ultimi decenni è il sano protagonismo dei Comuni
dell’area metropolitana, che hanno dato luogo nei loro territori ad un fitto reticolo di
nuove polarità non soltanto nel settore delle attività produttive, ma anche in quello delle
attività commerciali e di servizio, e da ultimo anche nuove polarità teatrali e di attività
superiori.
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3. Istituzioni economiche
Una caratteristica abbastanza singolare di Firenze è di avere pochissime istituzioni
economiche di rango regionale, mentre ha tutte le istituzioni pubbliche e private proprie
di un capoluogo provinciale. Come se l’istituzione regionale avesse tardato finora a
concretarsi nel tessuto economico del suo capoluogo.
Se si eccettuano alcune istituzioni scientifico-professionali (ad esempio l’IRPET
(Istituto regionale per la programmazione economica in Toscana), il Collegio degli
ingegneri della Toscana, o pochi altri), le istituzioni economiche presenti a Firenze sono
tutte di rappresentanza provinciale.
È abbastanza singolare che non siano rappresentati a Firenze alcuni distretti toscani
aventi rilevanza economica mondiale, come il distretto laniero pratese, il distretto orafo
aretino, il distretto marmifero carrarese, il distretto conciario del Valdarno inferiore, il
distretto cantieristico versiliese, o realtà di livello nazionale come il bacino geotermico
di Larderello, il polo creditizio senese, e via elencando.
Questa carenza non colpisce tanto come miopia delle amministrazioni pubbliche, quanto
come inerzia dell’imprenditoria a tutti i livelli.
Certamente Firenze soffre di questa sua condizione di capoluogo regionale asfittico,
almeno quanto la Toscana soffre di una struttura economica acefala e depolarizzata.
4. Riqualificazione della rete ricettiva esistente
A seguito del “Piano della distribuzione delle funzioni strategiche e dei caposaldi”,
adottato dal Consiglio Comunale (D.C.C. 605 del 21/04/1999), è stato avviato il “Piano
di Settore Turismo”, approvato con provvedimento del 29/04/1999 (DGC 605/119).
Scopo del piano è stato quello di fissare i criteri quantitativi e qualitativi del fabbisogno,
della distribuzione territoriale delle strutture ricettive – considerando alcune zone sature -,
in relazione alla capacità di impresa, alle potenzialità dei crescenti flussi turistici, ecc..
ecc…
Per le strutture alberghiere di categoria alta, è stato prevista una generale riqualificazione
e omogeneizzazione dei servizi di accoglienza interni alle singole categorie di 4 e 5 stelle,
mediante consistenti ristrutturazioni e dotazioni di impianti, con particolare riferimento
alla sicurezza, aumento delle camere e abbassamento del numero medio di posti letto.
L’aumento del numero dei posti letto concessi era proporzionato a quello posseduto.
Per le strutture alberghiere di categoria più bassa nell’indagine preliminare al Piano, è
stato riscontrato un forte livello di frammentazione che non favoriva l’attività economica.
Per queste tipologie alberghiere, sono state messe a punto misure che hanno favorito gli
accorpamenti, gli ampliamenti ed i trasferimenti, limitatamente alla fine locazione.
Per le modalità di realizzazione del Piano di Settore, si rimanda alla specifica disciplina
dell’allegato alla sopraccitata Deliberazione, comprensiva della localizzazione
planimetrica della zona ritenuta satura.
Il dimensionamento stabilito per l’arco temporale di sei anni, 1999-2005, è stato di 3600
nuovi posti letto; il contingente è stato così suddiviso:
8
•
•
per le strutture alberghiere, 1500 camere (3000 posti letto);
per le strutture ricettive extralberghiere, 600 posti letto.
Il Piano di Settore, formalmente concluso nel 2005, per gli interventi operativi è ancora in
corso di attuazione e quindi un bilancio conclusivo non è ancora possibile; tuttavia si
riportano i dati che si riferiscono ai pareri favorevoli dati dall’Osservatorio del Turismo,
alle richieste degli operatori.
N° DI ATTIVITÀ ALBERGHIERE CHE HANNO OTTENUTO PARERE FAVOREVOLE
DALL’OSSERVATORIO DEL TURISMO, E CHE SONO STATE APPROVATE DALLA GIUNTA
COMUNALE:
AMPLIAMENTI:
n°
n°
n°
alberghi
camere
potenziamento medio di camere
per albergo
162
1008
6
ACCORPAMENTI
n°
alberghi
17
TRASFERIMENTI
n°
alberghi
22
NUOVI ALBERGHI
n°
n°
n°
alberghi
camere
media camere/albergo
23
467
20
I 600 posti letto destinati a campeggio non sono stati attribuiti.
A seguito dei pareri favorevoli da parte dell’Osservatorio proposto, che ha interessato
circa il 45% degli alberghi esistenti al 1998, successivamente approvati dalla Giunta
Comunale, i gestori delle strutture ricettive hanno iniziato a inoltrare progetti di
adeguamento alle disponibilità ottenute, previste dal contingente del Piano.
Attualmente un bilancio conclusivo sugli effetti del “Piano Turismo ‘99” non è ancora
possibile in quanto tutte le richieste non si sono ancora concretizzate. Tuttavia,
considerando il “Piano Turismo ‘99” quale maggiore contributo al complessivo processo
di trasformazione quali–quantitativo compreso nel periodo 1997-2007 si ottiene un
quadro comparativo tra alberghi e loro categoria di appartenenza, numero delle camere,
numero dei posti letto.
9
1997
2007
ALBERGHI
1 stella
120
68
Differenza
- 52
2 stelle
93
84
-9
3 stelle
93
137
+ 44
4 stelle
49
73
+ 24
5 stelle
6
10
+4
361
372
- 11
CAMERE
1 stella
1404
703
- 701
2 stelle
1677
1420
- 257
3 stelle
3891
4971
+ 1080
4 stelle
3957
5468
+ 1511
5 stelle
516
744
+ 228
11.445
13.306
1.861
POSTI LETTO
1 stella
2562
1518
- 1.044
2 stelle
3619
3205
- 414
3 stelle
8731
11625
+ 3254
4 stelle
8392
11994
+ 3602
5 stelle
1085
1862
+ 777
24.389
30.204
+ 6.175
Si ritiene pertanto che il dimensionamento previsto dal Piano Turismo ’99 sia stato
dimostrato.
Va inoltre considerato che i dati esposti sono comprensivi anche di quella “disciplina
transitoria” integrativa il Piano suddetto, assunta con Delibera Consiliare 364/142 del
22.12.03 in sede di verifica triennale del Piano Turismo ’99.
Con essa, per la formazione di nuove strutture alberghiere, vengono poste condizioni con
i “requisiti di qualità”, in rapporto con il rafforzamento dell’offerta ricettiva di tipo
congressuale:
- dotazione di parcheggi pertinenziali esclusivi in misura superiore ad un posto
macchina ogni tre camere;
- rapporto tra superficie utile lorda complessiva e numero delle camere non
inferiore a 60;
10
-
che gli interventi non comportino il alcun modo riduzione della funzione
residenziale nell’ambito territoriale del Centro storico A1 e A2 come definito dal
P.R.G. vigente.
Inoltre dovranno prevedere le seguenti priorità:
- l’attivazione delle nuove strutture che ricadono in zona A2 (centro storico) del
P.R.G., siano indispensabili per il recupero senza frazionamento di complessi
architettonici di particolare dimensione e unitarietà classificati secondo il P.R.G.
vigente in classe 0.1 come disciplinate dagli artt. 17 e 18 delle N.T.A.
Nel tracciare un bilancio nel decennio 1997 – 2007, si vuole ricordare che nel
quinquennio precedente al 1997, “la città non ha visto aumentare la propria capacità
ricettiva (“Gli sudi e le ricerche per i Piani di Settore in campo economico” – Edizioni
Comune Aperto – 1998 – pag. 412), se non dopo l’entrata in vigore della LR n.69
14/08/1998 relativa alle “Nuove norme in materia di disciplina e classificazione delle
strutture ricettive”.
Si può dunque affermare che il “Piano del Turismo 99” coglie una necessità in essere, che
poi proseguirà per via amministrativa oltre la scadenza programmata del Piano, attraverso
l’obbiettivo di favorire l’accorpamento di esercizi situati nello stesso edificio o il
trasferimento di esercizio in edifici più idonei, favorire l’ampliamento per aumentare la
capacità di offrire migliori servizi, favorire la riqualificazione e la qualità delle strutture.
Corrispondentemente, come riportato nella tabella, il processo di trasformazione ha
riguardato sia il numero delle camere che dei posti letto e, significativamente, la
possibilità di offrire più adeguati servizi complementari e accessori (sala colazione, aria
condizionata, ascensore, accesso handicap, qualità della reception, assistenza clienti,
ristorante, bar, sauna, ecc.).
Constatato l’avvenuto riassestamento delle strutture ricettive alberghiere con un aumento
complessivo negli ultimi 10 anni di circa 6000 posti letto (circa 3000 per quinquennio)
con particolare riferimento positivo degli esercizi di 3-4 stelle e in negativo di 1-2 stelle,
necessita evidenziare ulteriori due obiettivi.
Il primo riguarda prevalentemente se non esclusivamente le strutture alberghiere esistenti
con particolare riferimento all’area considerata a suo tempo “satura”, che necessitano di
ulteriori adeguamenti in termini di qualità di offerta sia nella fisionomia/dimensione delle
camere che nei servizi aggiuntivi e complementari all’esercizio dell’attività ricettiva.
Obiettivo che può essere prevalentemente raggiunto sia attraverso gli ampliamenti che
attraverso i trasferimenti in più idonei edifici.
Il secondo obiettivo relativo alle necessità qualitative – di fascia alta – dell’offerta
turistica, sia per il volume dell’indotto economico che si è in grado di attivare sia per la
competitività della città sul mercato internazionale.
L’apporto economico del turismo di fascia alta che si contrappone al turismo “mordi e
fuggi”, soprattutto nell’indotto, può avere la capacità di innalzare la redditività di un
intero settore su un dato territorio.
Tutto ciò nella consapevolezza che una grande città d’arte debba essere in grado di offrire
una accoglienza adeguata a tutti i target.
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Gli indicatori rilevano che nel periodo 2003-2006 per gli alberghi a 4 stelle superano gli
arrivi dei 3 stelle (41.66% a fronte del 38,7%) come per le presenze rispettivamente del
40,79% contro il 38,31%.
In valori assoluti il “sorpasso” di presenze negli alberghi a 4 stelle passa da 1.776.029
presenze del 2003 alle 2.323.477 del 2006, mentre le 3 stelle passano da 1.851.779 a
2.182.364.
Per quanto riguarda la composizione della domanda turistica alberghiera nel 2006 a
Firenze, fatto 100 le presenze di tutte le categorie, per nazionalità, la percentuale più
elevata di soggiorno negli alberghi da 4 e 5 stelle, è quella dei giapponesi con il 65,75%,
seguiti dai cinesi con il 52,38%, gli spagnoli con il 51,08%, gli statunitensi con il 50,30%
e la Russia con il 44,87%, ecc..
Rispetto la capacità di accoglienza alberghiera viene fatta una comparazione fra la città di
Firenze e altre cinque città europee Venezia, Amsterdam, Barcellona, Monaco di Baviera,
Roma, che possono essere competitrici, considerando che le sei città sono molto
differenti fra loro ma la dimensione dell’offerta alberghiera può essere considerata simile.
Firenze che viene ricercata per la sua immagine, per il Centro Storico e la concentrazione
di musei, per meeting e convegni di lavoro, la sua collocazione centrale in
Italia, punto di riferimento per il turismo mondiale. La dotazione alberghiera è
di 372 strutture di cui 82 di 4 e 5 stelle (22%).
Venezia che ha i suoi punti di forza nell’immagine nota nel turismo mondiale, il
Carnevale e la Biennale, mentre appare limitata nella sua conformazione e
logistica per convegni e lavoro/affari. La dotazione è inferiore a quella di
Firenze con 330 alberghi di cui 66 a 4 e 5 stelle, pari al 20%.
Amsterdam simile per dimensioni ricettive a Firenze, con punti di forza per la sua
ubicazione ad occidente fra le maggiori nazioni europee, importante meta per
lavoro e affari e centri convegnistici con una dimensione alberghiera di 354
strutture di cui 101 di 4 e 5 stelle, pari al 28,53%.
Barcellona una città che si è rinnovata negli ultimi quindici anni con grande sviluppo
imprenditoriale e di lavoro/affari oltre al tradizionale flusso turistico. La città
offre 464 alberghi di cui 99 a 4 e 5 stelle, pari al 21,33% del tutto simile a
Firenze. Particolare rilevanza la presenza di alberghi di 1 e 2 stelle mentre
quelli di categoria medio-alta superano quelle di 3 stelle.
Monaco città di grande dinamismo in termini di sviluppo e innovazione, fra le maggiori
d’Europa, con particolare riferimento nel flusso di lavoro/affari, convegni,
grandi eventi, con grandi musei che ne fanno una grande città d’arte. Monaco
è dotata di 415 alberghi di cui 100 di altra categoria, pari al 24%.
Roma appare come un centro turistico a se stante sia per la dimensione della ricettività
turistica sia per la sua importanza storico-culturale, articolate in lavoro di
affari, religioso, di studio e formazione, artistico. E’ dotata di 806 alberghi, di
cui 171 di 4 e 5 stelle, pari al 21,22%.
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Per quanto riguarda il numero di posti letto nelle strutture di 4 e 5 stelle, Amsterdam
raggiunge il maggior numero con il 57,79%, Barcellona con il 56,60%, Monaco con il
51,90%, Firenze il 45,60% e Venezia il 46,92% mentre Roma con il 52,44% si avvicina
più alle altre città europee piuttosto che alla realtà nazionale.
Nei rapporti dimensionali medi delle strutture alberghiere, Firenze e Venezia soffrono
maggiormente rispetto le altre città prese in esame.
Per quanto riguarda la composizione della domanda turistico alberghiera a Firenze nel
2006 (propensione) rivolta agli alberghi di 4 e 5 stelle, sul totale degli alberghi, il
Giappone copre il 65,75% (237.770 presenze), la Cina il 52,38%, la Spagna il 51,08%,
gli Stati Uniti il 50,30% e a seguire Russia, Germania, Canada, Francia, ecc…
Dai dati viene rilevato che tra il 2003 ed il 2007 i posti letto negli hotel a 4 stelle sono
aumentati del 16,97% a fronte di un aumento di presenze del 30,82% mentre quelli a 5
stelle i posti letto sono aumentato dell’1,97% a fronte di un aumento di presenze del
20,45%.
La risposta che inoltre si rende necessaria riguarda la carenza di servizi aggiuntivi offerti,
quali i centri fitness, centri benessere, le spa, le piscine, servizi tecnologici avanzati,
collegamenti wireless ad internet, collegamenti con luoghi sportivi facilmente
raggiungibili, accesso facilitato ai musei storici ed eventi culturali unici, shopping corner
per la valorizzazione di prodotti e marchi tipici; servizi questi molto presenti nel resto
d’Europa, che annovera anche una maggiore facilità di accesso per disabili nelle strutture.
Altre carenze riguardano il sistema dei trasporti e l’accessibilità alla città nelle sue varie
forme.
Inoltre l’interesse degli operatori intervistati si è rivolto ai settori degli incentivesaziendali, wellness-viaggi personalizzati, il turismo d’arte, congressuale-formativo.
Infine la crescita qualitativa dell’offerta alberghiera alta non può prescindere dalla
economia di larga scala a favore di alleanze che utilizzino strumenti di promocommercializzazione non facilmente raggiungibili dal singolo imprenditore superando,
nel settore, la antica tradizione a gestione familiare.
Elenco atti deliberativi del Piano del Turismo
N. delibera
D.C.C. n.
605/119
D.G.M. n.
853/596
D.G.M. n.
685/731
Data delib.
Oggetto delibera
29.04.99
Approvazione del Piano turistico cittadino
D.G.M. 512/390
05.06.01
D.G.M.
1276/1068
27.12.01
21.05.99
01/08/00
Osservatorio sul turismo – istituzione. Integra D.C.C.
605 del 1999.
Piano turistico cittadino – approvazione dei verbali e
graduatorie sulle domande esaminate
dall’Osservatorio sul turismo
Piano turistico cittadino – approvazione e scorrimento
della nuova graduatoria per le nuove aperture
alberghiere – integrazione. Integra D.G.M. 685 del
2000.
Piano turistico cittadino – approvazione della nuova
graduatoria per ampliamenti e nuove aperture
alberghiere – integrazione. Integra D.G.M. 512 del
2001
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D.G.M. 682/544
30.07.02
D.G.M. 42/10
21.01.03
D.G.M. 630/493
15.07.03
D.C.C. 364/142
22.12.03
D.G.M. 530/662
05.10.04
D.C.C. 8/871
D.G.M. 176/199
17.01.05
05.04.05
Piano turistico cittadino – approvazione della nuova
graduatoria per ampliamenti e nuove aperture
alberghiere. Integra D.C.C. 605 del 1999.
Piano turistico cittadino – integrazione graduatoria per
ampliamenti e nuovi insediamenti alberghieri.
Piano turistico cittadino – approvazione della nuova
graduatoria per ampliamenti e nuove aperture
alberghiere.
Piano turistico cittadino – verifica triennale e
disciplina transitoria delle strutture ricettive.
Approvazione della nuova graduatoria per
ampliamenti e nuove aperture alberghiere.
Piano turistico cittadino. Termini di scadenza.
Piano turistico cittadino. Approvazione della nuova
graduatoria per ampliamenti e nuove aperture
alberghiere.
5. Ricettività extralberghiera nel Comune di Firenze.
Un argomento a parte rispetto le previsioni del ricettivo alberghiero, riveste l’attività
extralberghiera riassunta nel sottostante specchio, attraverso la consistenza delle
rispettive tipologie, nell’anno 2007.
Strutture
Camere
Letti
Agriturismi
Alloggi
Ostelli
Affittacamere
5
15
36
91
246
484
6
204
816
298
1.239
2.443
Residenze Case per
Totale
d’epoca ferie,case aggregato
vacanze
2007
e
residence
12
88
516
117
1.793
4.052
243
3.431
8.965
Fonti:
- Analisi dell’offerta ricettiva -1997- Comune di Firenze – Assessorato
all’Economia Assessorato all’Urbanistica – Gli studi e le ricerche per i piani di
Settore in campo economico – Edizioni Comune Aperto.
- Comune di Firenze: report sulle tendenze evolutive del turismo a Firenze
(febbraio 2008).
- Studio sulla ricettività di fascia alta a Firenze: offerte attuali e potenzialità del
mercato – 25 febbraio 2007 – Promotore Comune di Firenze; consulenza tecnica:
dott. Mario Ricci – (sintesi).
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Conclusioni
L’elevato livello di integrazione della struttura economica fiorentina nell’economia della
provincia di Firenze è certamente un fattore di solidità, oltre che di equilibrio territoriale.
Potrebbe diventare un fattore di fragilità nel momento in cui il sistema economico della
provincia cominciasse a perdere di vivacità e mordente. Si sa che nella congiuntura
negativa seguita al 2001 l’economia toscana ha mostrato innegabili segni di
affaticamento.
Un secondo fattore di fragilità è la preponderante rilevanza che nel sistema economico
fiorentino ha la componente della rendita. La straordinaria disponibilità di un patrimonio
ambientale, immobiliare e artistico di indiscussa qualità, frutto di un’accumulazione
ininterrotta da quasi un millennio, accettabilmente conservato e costantemente promosso
nell’apprezzamento internazionale, costituisce una tentazione di sfruttamento senza rischi
e senza investimenti cui difficilmente una società sazia saprebbe resistere. La sicurezza
della rendita tende così a tradursi in un rinvio continuo, all’infinito, del giorno in cui
dovrà essere affrontato l’onere e il rischio dell’innovazione e dello stesso adeguamento
infrastrutturale; questa inerzia alla lunga può minare le condizioni stesse che oggi
assicurano la formazione di quella rendita.
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