Lo Scoppio del Carro
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Lo Scoppio del Carro
! ! ! Lo Scoppio del Carro Esistono tutt’oggi dei riti, delle feste a carattere religioso e pagano, che a distanza di secoli, pur rimanendo intatte nella loro scenografia, hanno perso il vero senso nascosto per le quali erano nate. Fin dall’antichità si era soliti festeggiare delle particolari ricorrenze invitando il popolo a partecipare numeroso e baldanzoso per le strade della città. Quelle solennità erano accompagnate da schiamazzi, suoni, canti ed allegria da vivere tutti insieme in un momento di rumorosa comunione. La città in quell’occasione si vestiva a festa e dai borghi vicini arrivava un buon numero di villani che si univano agli abitanti per celebrare il gioioso evento. Solo pochissimi arrivavano ad intuire che quella giornata spensierata poteva celare ben altri significati. Mentre il popolo era in grado di coglierne solo l’aspetto esteriore, per chi “sapeva”, quei festeggiamenti rappresentavano un momento molto importante per rivivere una particolare esperienza. Per lo Scoppio del Carro, nota manifestazione folkloristica che si ripete ogni anno la mattina di Pasqua, si ripropone lo stesso identico concetto. Questa cerimonia che richiama ancora nel centro di Firenze un folto numero di fiorentini e di turisti, risale a tempi molti antichi, addirittura alla prima crociata del 1097 indetta per liberare il Santo Sepolcro. Fu in quell’anno che i crociati, guidati da Goffredo di Buglione, partirono per la Terrasanta con l’arduo compito di liberare Gerusalemme dagli infedeli. Dopo due anni di strenui combattimenti, nell’estate del 1099, Gerusalemme fu finalmente espugnata e Pazzino dei Pazzi, fu il primo a piazzare l’insegna bianca e vermiglia sulle mura della città. Per quel gesto valoroso, Pazzino, discendente dalla nobile famiglia fiorentina dei Pazzi, venne premiato da Goffredo di Buglione con il dono di due schegge di pietra tolte dal Santo Sepolcro. Gli storici raccontano che dopo la liberazione di Gerusalemme, nel giorno del Sabato Santo, i crociati cominciarono ad adunarsi nella Chiesa della Resurrezione: accesero un fuoco, lo benedissero e, raccolti in preghiera, ne consegnarono a tutti una fiammella come simbolo di purificazione. Quando nel 1101 Pazzino dei Pazzi, rientrò a Firenze, fu accolto con tutti gli onori. Le due pietre rimasero in un primo momento nel Palazzo di famiglia, poi furono portate nella chiesa di Santa Maria di Sopra a Porta in Mercato Nuovo (l’antica chiesa di San Biagio) fino al 1785, anno in cui fu demolita. Da allora le sacre reliquie furono trasportate nella vicina chiesa dei Santi Apostoli dove, ancor oggi, vengono gelosamente conservate. Anche a Firenze si volle mantenere la ritualità che i crociati avevano adottato in Terrasanta ed il giorno del Sabato Santo i giovani di tutte le famiglie cominciarono a recarsi nella cattedrale dove, per l’occasione, il vescovo accendeva il “fuoco sacro” sfregando le due schegge di pietra. Ognuno, si avvicinava alla fiamma, accendeva la sua “fecellina” (o piccola torcia) e cantando laudi sfilava in processione per la città, portando quel fuoco purificatore in ogni focolare domestico. Con il tempo questa ritualità, pur mantenendo la sua insita simbologia, venne svolta in maniera differente: su di un tripode, collocato su di un carro, furono posti legni e carboni ardenti e da quel giorno il “fuoco benedetto” fu trasportato per la città e tutti potevano attingere ad esso. Con il passare del tempo si perse quest’usanza ed il momento culminate di quel rito del sabato divenne, non più la distribuzione del fuoco sacro, ma la sua accensione. E’ da questo momento che nasce la tradizione che vuole quel carro sempre più grande e pieno di ornamenti, tanto da doverlo far trainare da quattro buoi. Verso il 1300, al posto del tripode, sul carro furono sistemati dei fuochi artificiali che venivano accesi con deflagrazioni e scoppi e l’organizzazione e l’allestimento di quell’agghindato veicolo fu per anni affidata alla famiglia dei Pazzi che se ne fece carico fino a che non venne cacciata da Firenze. In quel periodo fu mantenuta la distribuzione del “fuoco santo”, ma sparì del tutto l’idea del carro. Bisognerà aspettare la fine del 1400 per veder tornare a Firenze la famiglia Pazzi e con questa l’usanza del carro e dei fuochi artificiali. Il carro, da una struttura semplice ed un po’ traballante, passò pian piano a farsi sempre più solido ed imponente fino ad arrivare alla ripartizione (mantenuta fino ad oggi) in tre ripiani sovrapposti. Entrando in merito alla dinamica di accensione di quel “Carro trionfale”, si possono scoprire interessanti simbologie che ci ricollegano all’antica, ma sempre attuale, solennità che si nasconde dietro a questa festa. Cerchiamo adesso di ricordare la successione di quelle rituali operazioni. Il gior no del Sabato Santo, a mezzogiorno, il Carro veniva trainato da quattro candidi buoi riccamente infiorati, in piazza del Duomo tra il Battistero e Santa Maria del Fiore, di fronte alla Porta Maggiore; Gonfaloni con le insegne di Firenze, sbandieratori, suoni di tamburi, e lungo corteo, gli facevano da corteggio. Una volta staccati i buoi, veniva teso a circa 7 metri d’altezza un filo metallico che dall’Altare Maggiore della cattedrale arrivava fino al Carro. Nel frattempo dalla Chiesa dei Santi Apostoli, venivano prelevate le due schegge di pietra del Santo Sepolcro e portate, con solenne processione, all’interno del Duomo. Qui l’arcivescovo, nel momento in cui si intonava il “Gloria in excelsis Deo”, accendeva con le due pietre la miccia che correva su quel filo lungo 100 metri, sul quale era attaccato un piccolo razzo a forma di “colomba” con un ramoscello di ulivo nel becco. La “colombina”, una volta incendiata, dall’Altare Maggiore percorreva tutta la navata centrale fino al Carro ed andava a dar fuoco a girandole e mortaretti, per poi ritornare a spegnersi scorrendo lungo la cordicella tesa, a ritroso da dove era partita. Per quel breve spazio di tempo il popolo rimaneva con il fiato sospeso, perché dal buon esito della sua corsa si capiva se sarebbe stata una annata di abbondante raccolto o no. Avvenuta l’ accensione, il Carro si trasformava in un vero e proprio “carro di fuoco” ed aveva inizio un susseguirsi di esplosioni e spettacoli pirotecnici tali da farlo scomparire dietro una cortina di fumi colorati, accompagnati da grande fragore e dal suono a festa delle campane. Lo spettacolo terminava tra sibili e botti finché il fuoco arrivava alla sommità del Carro. Qui era posta una girandola che, i n c e n d i at a , c o m i n c i ava a g i r a re all’impazzata per poi aprirsi con un fragoroso scoppio in tanti petali di giglio. E’ ormai da secoli che si perpetua questo stesso rito, l’unico cambiamento di rilievo è stato nel 1959 quando fu spostato il giorno della manifestazione dal Sabato Santo alla mattina della Domenica di Pasqua. Ancor oggi, sotto gli occhi incuriositi di centinaia di persone, si rinnova una cerimonia che ha molto più da raccontare che un semplice buon auspicio per la città e per la campagna: dietro a questa solennità che mantiene un suo antico folklore, si nasconde una festa che ha un segreto significato. Va ricordato che le festività religiose, sia pagane che cristiane, s o n o s e m p re r i f e r i t e a d e i particolari avvenimenti astronomici. E’ interessante ad esempio ricordare che la festa di Pa s q u a , c o n s i d e r at a l a p i ù importante della cristianità, viene celebrata la domenica successiva alla prima Luna Piena, dopo l’Equinozio di primavera. C’è tutta una simbologia legata a questo momento astronomico. L’arrivo della primavera celebra il risveglio della natura: dal buio e dal freddo dell’inverno, dalla “morte” del seme sotto terra, si passa alla luce, al tepore dei benefici raggi del sole ed alla “nascita” del germoglio, il risorgere di una nuova “vita”. Il giorno di Pasqua è quindi connesso con la comparsa della Luna Nuova. Novilunio, Plenilunio, Equinozi, Solstizi, sono momenti importanti da un punto di vista astronomico e le feste religiose si celebravano sempre in ricorrenza di questi particolari eventi: è come se quel giorno si aprisse una “porta”, un passaggio per consentire a chi è “pronto” (da un punto di vista spirituale) di provare quella medesima esperienza. Mentre il popolo quindi, festeggiava e guardava con trepidazione il percorso compiuto dalla colombina, soffermandosi solo sull’aspetto esteriore e superstizioso dell’avvenimento, “individui speciali” rivivevano in segreto il Mistero di quella celebrazione. Il Carro che scoppia e brucia, tirato da quattro buoni, trova analogia nelle Sacre Scritture con il Carro fiammeggiante trainato da quattro cavalli infuocati sul quale Elia s’innalzò verso il cielo. I profeti Isaia ed Ezechiele ebbero una visione simile: videro un Carro di Fuoco, sorretto dagli Angeli, con tutti i cori angelici ed il loro nome scritto in lettere ebraiche. Queste visioni profetiche (che corrispondono ad intime esperienze realizzate) riportano alla Dottrina del Carro di Fuoco e del Trono del Cielo tramandata dalla Tradizione segreta d’Israele con il termine “Merkabah”. Dietro a questo nome si cela la celebrazione di un Mistero grande, elevatissimo, parte fondamentale del Cristianesimo, che trova attinenza con l’esperienza della Trasfigurazione che Gesù, con Elia e Mosè, ebbe sul monte Tabor. Il Carro nelle antiche tradizioni sapienziali è visto come il “veicolo dell’anima spirituale” e trova relazione con il proprio “tempio” interiore. La “colombina” invece, ricorda la bianca colomba simbolo dello Spirito Santo che scende e va ad infiammare l’uomo (e la donna) che, mossi da un fuoco d’amore che non trova ostacoli, si sono volti a Dio. Lo scoppio del Carro e quello scintillio di fiammelle che da lì s’innalzano, porta con sé l’immagine dell’Iniziato che, “risorto” a nuova vita, dopo aver realizzato questa mistica esperienza, vola come la Fenice, infiammato d’Amore divino, verso il cielo. Questo patrimonio spirituale ormai si è perso, ne è rimasto solo l’aspetto esteriore che tuttavia non va trascurato: è grazie a questa rumorosa e fantasmagorica scenografia che ancor oggi si ricorda un antico Mistero cristiano che i santi di tutti i tempi hanno sperimentato. Quei fiorentini che in passato hanno soprannominato quel Carro di Fuoco, il “Brindellone”(per il suo incedere a volte incerto lungo le strade della città) sicuramente ignoravano quale importante mistica esperienza si era voluto tramandare. Anche l’accensione del fuoco il giorno del Sabato Santo aveva un suo significato molto antico e profondo, ben conosciuto e tramandato da ogni civiltà. Quando si parla di fuoco s’intende sempre un fuoco d’Amore Divino che non si dovrà mai spegnere. Se ci ricordiamo al tempo dei Romani erano le Vestali, giovani sacerdotesse istituite da Numa Pompilio, a sorvegliare che quel Fuoco Sacro continuasse perennemente ad ardere. Le “fecelline” con le quali i giovani, in un tempo lontano, si avvicinavano a quella fiamma, erano la testimonianza di un’attenzione che allora c’era per le cose sacre. Quei fuochi si portavano nelle case e lì continuavano ad ardere in ricordo di un evento straordinario: la rinascita di Gesù Cristo nel proprio cuore. Su questo argomento nel Vangelo di Luca si trova una frase sulla quale è interessante soffermarsi. E’ Gesù che parla ad i suoi discepoli e dice: “Sono venuto per portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!”. (12:49) Nella Tradizione Cristiana la fiamma, simbolo di purezza e di incorruttibilità diventa così la forza che deve far muovere i “motori a razzo” della volontà e dell’amore, per accendere, come quella “colombina”, il proprio cuore. " " " “La salita al cielo del profeta Elia”