Effetti avversi in pazienti con carenza di glucosio-6

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Effetti avversi in pazienti con carenza di glucosio-6
FARMACOVIGILANZA
Effetti avversi in pazienti con carenza di glucosio-6fosfato deidrogenasi
Introduzione
La carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi
(G6PD) a livello dei globuli rossi rappresenta una delle
più comuni carenze enzimatiche, su base ereditaria1,
con una prevalenza variabile a seconda delle aree geografiche: 60-62% tra i Curdi, 11% tra i Neri Americani,
percentuali elevate nell’area mediterranea (fino al 30%
in alcune zone della Sardegna).
Il G6PD è un enzima presente in tutte le cellule,
essenziale per la produzione di NADPH; in particolare
svolge un’importante funzione antiossidante all’interno dei globuli rossi - mediata dalla produzione di glutatione ridotto - nei confronti degli agenti ossidanti che
si formano durante i normali cicli biologici. Tuttavia,
reazioni ossidative importanti possono essere scatenate
da altri fattori, tra i quali i più comuni sono rappresentati dalle infezioni e dall’impiego di alcuni farmaci con
proprietà ossidanti.
Nel globulo rosso normale, in seguito all’esposizione a eventi ossidativi, la quantità di glucosio metabolizzato, e conseguentemente di glutatione ridotto, può
aumentare di parecchie volte garantendo una efficace
azione protettiva a livello dei gruppi sulfidrilici dell’emoglobina e della membrana cellulare. Diversamente, i
soggetti con carenza di G6PD non sono in grado di
mantenere un livello adeguato di glutatione ridotto
nelle loro emazie; di conseguenza i gruppi sulfidrilici
dell’emoglobina si ossidano e l’emoglobina tende a
precipitare all’interno della cellula (corpi di Heinz);
l’emolisi è la conseguenza ultima di questo processo.
Attualmente si conoscono oltre 400 varianti di
G6PD, di cui più di 100 caratterizzate a livello molecolare, distinte per caratteristiche biochimiche e funzionali, ed a seconda delle quali si registrano diverse
suscettibilità agli stimoli ossidativi/emolitici; inoltre,
per alcune di queste forme non sono note manifestazioni cliniche, per altre invece può insorgere crisi emolitica anche in assenza di stimoli specifici.
Tuttavia le forme più comuni sono quelle che possono dare origine a crisi emolitica, di gravità variabile, in
seguito all’esposizione ad un agente ossidativo. Tra
queste, le forme più diffuse sono la variante A- e quella mediterranea. La prima è più frequente nelle popolazioni di colore mentre la forma mediterranea prevale
nei paesi del bacino del Mediterraneo e quindi anche in
Italia. Il quadro clinico della variante mediterranea è
più grave di quello manifestato dalla variante dei neri.
Inoltre, come vedremo successivamente, vi sono dei
farmaci che sono dannosi solamente nel portatore della
variante mediterranea e non nei portatori della variante
dei neri. La variante frequente negli asiatici, Mahidol,
si comporta come quella mediterranea.
La sintomatologia clinica
Il difetto di G6PD si associa a due diversi tipi di patologia. Una di queste, la più grave, consiste in una anemia
emolitica cronica denominata anemia emolitica cronica
non sferocitica. Qust’ultima è una condizione infrequente dovuta a rare varianti che compromettono in modo
rilevante la funzione dell’enzima. Le varianti più comuni, la Mediterranea, la A- dei neri e la Mahidol del Sud
Est Asiatico si manifestano con quadri acuti legati all’intervento di fattori scatenanti ma non producono una
emolisi cronica.
I quattro quadri clinici fondamentali associati a queste varianti sono:
a. ittero neonatale;
b. anemia emolitica acuta da ingestione di fave;
c. anemia emolitica acuta da farmaci;
d. anemia emolitica acuta scatenata da infezioni e nell’acidosi diabetica.
a. Ittero neonatale
Può assumere due diversi aspetti clinici. La forma
più comune può essere considerata come una forma più
seria dell’ittero fisiologico ed è probabilmente legata al
difetto enzimatico nel parenchima epatico. In questa
forma l’ittero insorge nella 2a-3a giornata e l’anemia è
modesta.
La seconda variante, molto rara, è una condizione
grave ed assume l’aspetto di una anemia emolitica. In
questi casi vi sono fattori scatenanti in parte noti (farmaci, infezioni, v. oltre) ed in parte ignoti.
b. Anemia emolitica acuta da ingestione di fave
I pazienti carenti di G6PD possono sviluppare anemia emolitica in seguito all’ingestione di fave o in
seguito all’allattamento al seno di madri che ne avevano ingerite. Tale patologia, denominata favismo, si presenta con maggiore gravità nei bambini o quando le
1
La carenza di G6PD è un difetto enzimatico che si trasmette con il cromosoma X e colpisce nella forma più grave i maschi emizigoti e le
femmine omozigoti; le femmine eterozigoti hanno un quadro clinico molto variabile, per lo più di minore gravità rispetto ai maschi emizigoti.
Tuttavia si possono verificare anche nelle femmine eterozigoti dei quadri seri.
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fave sono ingerite crude. Particolarmente rischiose
sono le fave piccole e fresche per la loro ricchezza di
principi dannosi. Il favismo si manifesta anche per
ingestione di fave secche e conservate in altro modo.
L’esistenza di un favismo per via inalatoria non è dimostrato.
Per ragioni non ancora ben conosciute la crisi può
colpire il soggetto predisposto anche dopo anni di ingestione di fave senza conseguenze.
La fisiopatologia della crisi, che sembra correlata
alla presenza nelle fave di divicina e isouramile, non è
stata completamente chiarita e probabilmente vede
coinvolti diversi fattori e meccanismi d’azione, talvolta non prevedibili in quanto legati alle caratteristiche
del singolo individuo.
A conferma di ciò, si sottolinea che nonostante tutte
le persone che soffrono di favismo presentino una
carenza di G6PD, buona parte dei soggetti carenti di
G6PD non è sensibile all’azione emolitica delle fave.
Non esistono criteri per distinguere questi due tipi di
carenza di G6PD.
c. Anemia emolitica acuta da farmaci
Per anni, i farmaci con proprietà ossidanti sono stati considerati la causa principale di crisi emolitiche in pazienti
carenti di G6PD (soprattutto in seguito al verificarsi di crisi
emolitiche dopo la somministrazione di antimalarici, in
particolare primachina). In conseguenza di ciò, sono stati
definiti degli elenchi di sostanze controindicate in tali soggetti, ripetutamente integrati e modificati nel tempo, a volte
anche in assenza di una chiara e certa correlazione causale
tra farmaco ed emolisi. Pur ammettendo che descrizioni di
casi singoli (es., melfalan, dimercaprolo) sono difficili da
interpretare, se dopo anni non ci sono altre conferme, appare legittimo considerare la segnalazione iniziale più come
un caso co-incidentale che eziologico.
A rendere ancor più difficile la definizione di una
lista certa di farmaci da evitare è il fatto che le potenzialità emolitiche di molti farmaci sono state sovrastimate in quanto buona parte di essi risultano impiegati
in condizioni infettive e/o influenzali che, come ampiamente dimostrato, rappresentano un importante stress
ossidativo.
A questo proposito si segnala brevemente il caso del
paracetamolo, farmaco largamente impiegato nella pratica e spesso citato tra i farmaci da evitare nei pazienti
con carenza di G6PD. In realtà si tratta di una sostanza
che, alle dosi terapeutiche e nelle forme più comuni di
carenza di G6PD, non induce emolisi.
Per quanto riguarda l’acido acetilsalicilico, con ogni
probabilità si tratta di farmaco innocuo nel soggetto
G6PD-carente, anche se vengono segnalati rari casi di
associazione tra emolisi e somministrazione del farmaco in pazienti febbrili. Non è chiaro se la causa dell’emolisi sia il farmaco o la febbre. Ne deriva che nei casi
di assoluta necessità l’acido acetilsalicilico può essere
usato a dosi abituali con le dovute cautele. Negli altri
casi può essere sostituito come analgesico dal paracetamolo e come antinfiammatorio da altri antinfiammatori non steroidei.
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Attualmente non si dispone di test in vitro attendibili per misurare la potenziale tossicità di un farmaco
nella popolazione affetta da carenza di G6PD e quindi
nel definire una lista di farmaci potenzialmente emolitici ci si affida ad alcune delle fonti più accreditate.
Come si può osservare nell’elenco delle sostanze riportato alla fine dell’articolo, si tratta di un numero limitato di principi attivi, di cui solo alcuni antibiotici (i sulfamidici e i chinoloni) risultano attualmente di largo
impiego. Particolare attenzione deve essere posta al
profilo beneficio/rischio nel caso si renda necessario
l’impiego di alcuni antimalarici.
Anche altre sostanze non medicamentose possono
indurre anemia emolitica: es., naftalina, blu di toluidina
(impiegato in alcuni test di laboratorio) o trinitrotoluene.
In generale, si raccomanda di eseguire gli opportuni
accertamenti, tramite test di laboratorio, prima di prescrivere uno dei farmaci riportati nell’elenco finale,
soprattutto se il paziente appartiene ad un sottogruppo
di popolazione in cui la carenza di G6PD è diffusa. Si
tratta comunque di test che hanno una buona attendibilità nel caso di soggetti maschi o donne omozigoti.
Per le donne eterozigoti il test può essere falsamente
negativo, esistendo donne eterozigoti che hanno una percentuale di cellule carenti molto bassa. Queste donne possono essere identificate con l’analisi del DNA.
d. Anemia emolitica acuta scatenata da infezioni e
nell’acidosi diabetica
Crisi emolitica nei soggetti carenti di G6PD può
insorgere entro pochi giorni dall’inizio di un processo
febbrile e/o infettivo di natura virale o batterica; pur in
assenza di dati definitivi, si pensa che l’origine di tale
processo sia da attribuirsi alla formazione di agenti ossidanti nei leucociti durante il processo di fagocitosi.
Anche l’acidosi diabetica può rappresentare uno
stress ossidativo in grado di indurre crisi emolitica nei
pazienti con carenza di G6PD.
Schematicamente, le forme di emolisi acuta da farmaci, da ingestione di fave o secondarie ad infezione
sono caratterizzate da:
– febbre, dolori lombari, ittero delle mucose e della
cute, splenomegalia;
– urine ipercromiche;
– anemizzazione e pallore, astenia;
– dispnea, tachicardia. Successivamente compaiono i
primi segni di uno shock ipovolemico o di insufficienza cardiaca;
– irrequietezza e pianto nei bambini.
La terapia
La carenza di G6PD consente una vita normale e non
comporta in genere alcun disturbo, purché il soggetto
non sia esposto ad agenti ossidativi che possano dare
avvio alla reazione emolitica.
L’insorgenza di una crisi emolitica, invece, richiede
una pronta ospedalizzazione per una valutazione completa delle stato del paziente. Se l’abbassamento dei
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Conclusione
Nelle popolazioni a rischio per il difetto in G6PD,
soprattutto in Sardegna, nell’Italia Meridionale e nell’area del delta padano (province di Rovigo e Ferrara),
prima di somministrare i farmaci sotto elencati occorre
accertarsi attraverso esami appropriati che il soggetto,
sia donna che uomo, non sia G6PD carente. Alcuni farmaci, come di seguito evidenziato, sono pericolosi nel
soggetto con la variante Mediterranea ma non in soggetti con altre varianti.
Bibliografia
valori di emoglobina è tale da mettere in pericolo l’ossigenazione dei tessuti, si deve procedere ad una congrua idratazione e, se necessario, a un’emotrasfusione;
possono essere necessarie più trasfusioni nei primi
giorni di ricovero.
Non è stato ancora accertato il possibile ruolo della
deferoxamina.
Nell’ittero neonatale si può rendere necessaria l’exanguinotrasfusione nei casi in cui la bilirubina raggiunga valori elevati nei primi giorni di vita (v. raccomandazioni specifiche per l’iperbilirubinemia neonatale).
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Farmaci da evitare in soggetti G6PD carenti
(da Luzzato L Glucose-6-posphate dehydrogenase deficiency and hemolytic anemia. In Nathan DG and Oskin SH
eds. “Nathan and Oskin Hematology of Infancy and Childhood”. WB Saunders Company, 1998, modificata; British
National Formulary n. 239, pagg. 417-8, marzo 2000)
Di seguito sono riportati i principi attivi da evitare in soggetti G6PD carenti, seppur con gradi di pericolosità diversi (v. Legenda). Per ogni principio attivo sono riportate le principali specialità commercializzate ad eccezione di quelle che, pur regolarmente
autorizzate, non risultano attualmente disponibili sul
mercato italiano.
Sono state prese in considerazione le specialità
somministrabili per via orale e parenterale, anche se i
principi attivi citati potrebbero in teoria essere dannosi anche nelle piccole quantità che raggiungono il circolo sistemico dopo somministrazione per uso locale
(colliri, preparazioni per uso dermatologico, ginecologico, etc.). Mancano dati precisi in tal senso.
Inoltre, non esistono documentazioni su farmaci con
salificazioni diverse o molecole strutturalmente correlate a quelle riportate; in tal caso è opportuno un atteggiamento prudenziale.
Legenda
*: farmaci da evitare in tutti i casi di difetto di G6PD
**: farmaci da evitare in soggetti G6PD carenti di origine Mediterranea, Asiatica e Mediorientale
1. In caso di necessità possono essere usate dosi ridotte sotto sorveglianza (30 mg per settimana
per 8 settimane).
2. Può essere usato, se necessario, ma sotto sorveglianza, nella malaria acuta.
3. Se somministrato in dosi elevate, può determinare emolisi anche in individui normali.
4. Dosi moderate sembrano innocue.
5. Nei casi di assoluta necessità l’acido acetilsalicilico può essere usato a dosi abituali (1g) con le dovute
cautele. Negli altri casi può essere sostituito come analgesico dal paracetamolo e come antinfiammatorio da altri antinfiammatori non steroidei.
6. 1 mg di menadiolo può essere usato nella profilassi della malattia emorragica del neonato.
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ANTIMALARICI
Primachina*,1: Nessuna specialità autorizzata in
Italia; disponibile come generico
Pamachina*: Non in commercio in Italia
Clorochina **, 2: Clorochina Bayer, Ecobi, Ifi e altri
generici
Chinina *, 2: Nicoprive, etc.
Furazolidone*: Nessuna specialità o generico per
uso sistemico disponibili in Italia.
Nitrofurazone*: Nessuna specialità o generico per
uso sistemico disponibili in Italia.
Cloramfenicolo**: Chemicetina, Chloromycetin,
etc.; disponibile anche come generico
Ac. Paraminosalicilico**: Quadrasa, Salfpas, etc.
SOLFONAMIDICI E SOLFONI
Sulfanilamide*, Sulfapiridina*, Sulfadimidina*,
Sulfisoxazolo**: Non in commercio in Italia
Sulfacetamide*: Nessuna specialità o generico per
uso sistemico disponibile in Italia.
Cotrimossazolo (sulfametossazolo + trimetoprim)*: Abacin, Bacterial, Bactrim, Bactrim perfusione, Chemitrim, Eusaprim, Gantrim, etc.
Sulfasalazina* : Salazopyrin EN etc.
Dapsone*, 3, Sulfoxone*, 4, Glucosulfone sodico*:
Non in commercio in Italia
ANALGESICI
Acido acetilsalicilico**, 5: Acesal, Algopirina, Alka
Seltzer Euromed, Alka Seltzer, Alsogil, Alupir, Antinevralgico Knapp, Antireumina, Ascriptin, Aspegic,
Aspidol, Aspiglicina, Aspirina, Aspirina C, Aspirina
03, Aspirina 05 Fte, Aspirina 05 Mast., Aspirinetta,
Aspirinetta C, Aspro, Aspro C, Bufferin, Cafiaspirina, Cardioaspirin, Cardirene, Cemirit, Contralgen,
Doloflex, Drin, Flectadol, Geyfritz, Kilios, Migpriv,
Murri Antidolorifico, Neo Cibalgina, Neo Coricidin,
Neo Nevral, Neo Nisidina, Neo Uniplus C, Neo Uniplus, Neodone, Upsalgina, Variadol, Verdal, Viamal,
Vivin C, etc. Disponibile anche come generico.
Fenacetina**, 4: Non in commercio in Italia
CHINOLONI
Ac.nalidissico*: Betaxina, Nalidixin, Naligram,
Nalissina, Neg Gram, Uralgin, Urogram, etc.; Ac.
Nalidissico Dynacren, Ecobi, Ifi, etc.
Ciprofloxacina *: Ciproxin, Flociprin, etc.
Enoxacina*: Bactidan, Enoxen, etc.
Levofloxacina*: Levoxacin, Tavanic, etc.
Lomefloxacina*: Chimono, Maxaquin, Uniquin, etc.
Norfloxacina*: Flossac, Fulgram, Norflox, Noroxin, Sebercim, Utinor, etc.
Ofloxacina*: Flobacin, Oflocin, etc.
Pefloxacina*: Peflacin, Peflox, etc.
Rufloxacina*: Monos, Qari, Tebraxin, etc.
ALTRI ANTIBATTERICI
Nitrofurantoina*: Cistofuran, Furadantin, Furedan,
Furil, Macrodantin, Neo Furadantin, etc.; disponibile anche come generico
ANTIELMINTICI
Beta-naftolo*, Stibofene*, Niridazolo*: Non in
commercio in Italia
ALTRI
Analoghi della vitamina K*, 6: Konakion; Vitalipid, etc.
Chinidina*: Chinteina, Longachin, Naticardina,
Natisedina, Ritmocor, etc.; disponibile anche come
generico
Naftalene*: Non in commercio in Italia
Probenecid*: Disponibile come generico
Dimercaprolo*: Bal, etc.
Metiltioninocloruro*: Mictasol Bleu, etc.; disponibile anche come generico
Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina
ed emorragie gastrointestinali
La serotonina (5-idrossi-triptamina, 5-HT) è un’indolamina contenuta in neuroni specifici del sistema nervoso centrale, dove svolge un indiscusso ruolo come neurotrasmettitore, e nelle cellule enterocromaffini presenti
lungo tutto il tratto gastroenterico, così come nelle piastrine. Il ruolo fisiologico della 5-HT nell’intestino non
è a tutt’oggi ben definito. Le piastrine non producono 5HT ma catturano e immagazzinano quella che si libera
dalle cellule cromaffini. Le piastrine liberano a loro
volta 5-HT nel letto circolatorio e contengono esse stesse dei recettori del tipo 5-HT2, la cui stimolazione induBIF Mar-Apr 2000 - N. 2
ce aggregazione (1). Nel SNC la 5-HT è contenuta in
neuroni specifici che la rilasciano dalle terminazioni
nello spazio sinaptico, ove svolge il ruolo di neurotrasmettitore. La terminazione neuronale rilascia il neurotrasmettitore nella fase di depolarizzazione, la cui durata
si misura in millesimi di secondo, ed in tempi ugualmente rapidi il neurotrasmettitore fuoriuscito attiva i recettori e viene inattivato. L’inattivazione di alcune monoamine, fra cui la 5-HT, è solo funzionale e avviene tramite un
meccanismo di ricaptazione da parte delle stesse terminazioni che le hanno in precedenza rilasciate. Il mecca-
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Il British Medical Journal ha di recente pubblicato
una ricerca epidemiologica caso-controllo attuata su un
database che riporta i dati anagrafici e clinici di una
vasta popolazione di soggetti seguiti da medici del servizio sanitario inglese (6). La ricerca (7) ha messo a confronto un gruppo di 1.651 pazienti con sanguinamento
gastro-duodenale e un gruppo di 10.000 soggetti scelti
per randomizzazione dal database. Il numero di soggetti che facevano uso di un SSRI (o avevano smesso il farmaco da non più di 30 giorni) risultò di tre volte superiore nel gruppo dei pazienti con sanguinamento (52/1.651:
3,1%) rispetto ai controlli (95/10.000: 0,95%). Non si
osservò alcuna differenza significativa fra i due gruppi
nelle percentuali di soggetti che facevano uso di inibitori non selettivi per la 5-HT o di altri farmaci antidepressivi. Di minore rilevanza risulta il dettaglio sui singoli
principi attivi dato il minor potere risolutivo del campione.
Gli autori hanno dato soprattutto importanza all’eliminazione di eventuali fattori confondenti. Per questo
hanno escluso dalla casistica soggetti con tumori, varici esofagee (tutti i sanguinamenti esofagei erano ugual-
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mente esclusi), malattia di Mallory-Weiss, etilismo,
epatopatie accertate e coagulopatie. La differenza
osservata fra i due campioni non era connessa con l’età
o il sesso dei soggetti. Fra i fattori di rischio aggiuntivi
per un sanguinamento del tratto gastroenterico iniziale
sono stati presi in considerazione contemporanei trattamenti con altri farmaci quali corticosteroidi, FANS e
aspirina (a dosi strettamente antiaggreganti). Calcolato il rischio aggiuntivo connesso con l’uso di due farmaci, è apparso chiaramente che il rischio da FANS si
somma semplicemente a quello minimo da inibitori
non selettivi della ricaptazione della serotonina. L’associazione FANS + SSRI o aspirinetta + SSRI porta,
invece, il rischio relativo dai valori di 3,7 (FANS da
soli) e 2,6 (SSRI da soli) a quello di 15,6.
Un solo studio di popolazione, ancorché ben condotto, non fornisce dati definitivi. Si può concludere che
la ricerca epidemiologica di BMJ conferma la bassa
incidenza di seri eventi emorragici da SSRI, ma suggerisce cautela nella scelta dell’antidepressivo da prescrivere a un paziente in trattamento cronico con FANS.
Bibliografia
nismo di ricaptazione è garantito da una proteina situata
nelle membrana neuronale (5-HT transporter, 5-HT-T)
che è stata sequenziata; successivamente è stato sequenziato anche il gene che la codifica e si è visto che esso
coincide col gene che codifica il trasportatore presente
nella membrana delle piastrine (2).
Per questi motivi i farmaci che inibiscono selettivamente la ricaptazione della 5-HT (selective serotonin
reuptake inhibitors, SSRI), ma anche gli inibitori non
selettivi (come imipramina e venlafaxina), tutti largamente utilizzati in clinica come antidepressivi, possono
ridurre il contenuto di 5-HT nelle piastrine. Quale sia
la rilevanza di questo presupposto in termini di alterazione dell’emostasi in soggetti che fanno uso di antidepressivi non è stato ancora definito. Alcuni studi condotti su un numero limitato di soggetti in trattamento
con uno SSRI, attuati nell’intento di saggiare la funzionalità piastrinica, non hanno messo in rilievo alterazioni del processo di aggregazione (3), né sono particolarmente frequenti le segnalazioni di pazienti in trattamento con uno SSRI che presentano petecchie, ematomi, o sanguinamenti in altri distretti (4, 5).
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